PRIMO PIANO
CRESCE LA PRESSIONE.
CRESCERÀ
LA PROFESSIONE?
Come cambia l’internal auditing dopo l’ECIIA Conference 2009:
aspettative crescenti da parte di vertici e stakeholder, maggiore
attenzione degli organi di controllo – a seguito del recepimento
dell’ottava direttiva – e la necessità di ampliare il proprio ruolo
di advisor agli obiettivi di sostenibilità
GIOVANNI LANDOLFI
Coordinatore della rivista Internal Audit
a professione gode oggi di
un posizionamento positivo, grazie al contesto regolamentare e alle sue caratteristiche
di indipendenza, che consentono realmente di apportare nuovo valore
all’organizzazione. Ora dobbiamo cogliere questa opportunità per sviluppare il nostro potenziale, non ancora
pienamente valorizzato, soprattutto
“L
Carolyn Dittmeier, presidente AIIA
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nell’ottica di favorire quell’approccio
integrato della gestione dei rischi e dei
controlli che può consentire all’azienda di assolvere in modo ‘cost
beneficial’ tutti gli obiettivi dei processi aziendali, sia di governo sia di business. Lo scenario sta cambiando e
sono cresciute le aspettative sui controlli sia all’interno delle imprese, da
parte dei board, sia all’esterno, da par-
te degli stakeholder”. Il messaggio
con cui Carolyn Dittmeier, presidente AIIA, ha chiuso la conferenza europea 2009 dell’internal auditing
(ECIIA) apre il dibattito su come integrare i molteplici spunti emersi durante la due giorni del convegno.
Le premesse, va ricordato, erano quelle di una professione tuttora al bivio
tra un passato sicuro e ben delineato
in termini di ruoli e responsabilità,
ma schiacciato su compiti di ispezione e compliance, e un futuro – ancora incerto – proiettato verso un ruolo di consulenza strategica per il top
management, sul versante delle sinergie tra crescita e controllo dei rischi,
e per il consiglio di amministrazione,
in qualità di certificatore della bontà,
trasparenza ed efficienza dei processi
di governo aziendale. Per arrivare a
tanto, prima del congresso, il dibattito era spesso incentrato su questioni
poco avvincenti, come per esempio il
reclutamento degli internal auditor
(un ruolo che spesso è stato considerato residuale e destinato a persone
che non trovavano impiego in altre
funzioni aziendali), la formazione (con
il lento aprirsi delle università italiane a corsi e master dedicati), la relaGE N N AIO / AP R I L E 2 0 1 0
PRIMO PIANO
LEZIONI DI GOVERNANCE DAL SUDAFRICA
Institute of directors in Southern Africa, “King Report III per la
corporate governance per il Sudafrica”, Codice edizioni, Torino.
Euro 19, sconto 20% per i soci AIIA. Distribuito da: Associazione
Italiana Internal Auditors, via S. Tecla 5, Milano – www.aiiaweb.it
L’edizione italiana della terza, attesa versione del “King
Report per la corporate governance del Sudafrica” è stata
pubblicata il 17 novembre 2009 ed è in distribuzione
attraverso l’Associazione Italiana Internal Auditor.
Tra gli elementi di maggiore novità del Rapporto King vi è
l’affermazione che la governance delle relazioni con gli
stakeholder diviene compito primario del consiglio di
amministrazione e quella che Muzi Falconi definisce
“l’opzione secca per il modello inclusivo degli stakeholder,
con una assai netta affermazione che lo shareholder è uno
stakeholder come lo sono gli altri, e non più un primus
inter pares, come molte imprese hanno declinato
nell’adozione delle loro politiche di sostenibilità”. Si tratta
di previsioni che imprimono una svolta decisa nelle
politiche di governance delle imprese, che potrebbero non
essere d’accordo o non sentirsi pronte, ma che non
potranno sottrarsi al confronto.
Di seguito, l’indice del volume.
“Dopo la fine dell’apartheid, sedici anni fa, le classi
dirigenti del Sudafrica hanno applicato quel teorema
postmoderno secondo il quale le organizzazioni possono
bruciare le tappe dell’evoluzione, anziché seguirle una
dopo l’altra”. Nella sua prefazione all’edizione italiana del
III Rapporto King, Toni Muzi Falconi, uno dei padri delle
relazioni pubbliche in Italia, spiega così il ruolo
d’avanguardia del Sudafrica nell’ambito della corporate
governance, di cui il King Report è la bibbia riconosciuta
fin dalla sua prima edizione, nel 1994.
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Leadership etica e corporate citizenship
Consigli di amministrazione e consiglieri
Comitati di audit
La governance del rischio
La governance dell’it
Conformità a leggi, regole, codici e standard
Audit interno
Il governo delle relazioni con gli stakeholder
Reporting integrato e diffusione dei dati
zione con gli altri organi di controllo aziendale. L’evento allestito a Roma
ha invece rovesciato la prospettiva,
mettendo sul tavolo i grandi temi
emergenti della corporate governance e partendo da lì, da cosa serve per
realizzarli concretamente, per far
emergere gli spazi che l’internal auditing potrebbe riempire.
SOSTENIBILITÀ, MA NON SOLO
La prima domanda emersa è stata se,
come e quando togliere la questione
della sostenibilità dalla naftalina delle
buone intenzioni, per farla diventare
metro di valutazione del business e
della governance d’impresa. E non si
tratta di accademia, visto che il nuovo King Report salta il fosso delle
incertezze e impone come prassi d’eccellenza un bilancio d’esercizio che
integri i risultati finanziari, sociali e
ambientali dell’attività d’impresa. Lo
ha spiegato bene il padre del codice,
Mervyn King, arrivato a Roma appositamente per far inserire nelG E N NAIO / A P R ILE 20 1 0
Mervyn King, presidente della commissione King sulla governance
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l’agenda degli internal auditor il tema
della cosiddetta assurance degli obiettivi aziendali legati alla sostenibilità
(vedere anche intervista a pag. 12).
La conferma che non si tratta di accademia viene dalla risposta a distanza di
Massimo Capuano, secondo il quale
questo tipo di approccio è ancora prematuro per le imprese italiane (vedere intervista a pag. 16). Nel suo intervento, infatti, Capuano ha preferito
concentrarsi sulla governance dei mercati finanziari, come del resto gli imponeva il suo doppio mandato di presidente della Borsa di Milano e numero
due di quella londinese. La sua analisi
è stata molto puntuale e molto pragmatica e se Mervyn King, che è a tutti gli effetti un legiferatore della governance, aveva parlato all’aula dei guai
del pianeta, lui che rappresenta i controllori del mercato si era concentrato
sui deficit normativi emersi con la crisi. “Non servono più regole però”, ha
precisato, “bensì sistemi di controllo
più efficienti”. Il sistema delle regole
semmai va adeguato, in considerazione del fatto che sul mercato operano
attori di dimensioni diverse – e qui il
riferimento è alle PMI – cui si applicano tuttavia sempre le stesse norme,
non senza problemi e rischi di distorsioni. Come accade, per esempio,
quando le risorse destinate alla governance finiscono per essere assorbite unicamente dalla compliance. Il problema sta proprio qui, secondo
Capuano: bisogna spostare sempre più
l’attenzione dalla forma (la compliance) alla sostanza (la corporate governance).
L’IMPORTANZA DELL’ENTERPRISE
RISK MANAGEMENT
Sulla sostanza, si è espresso il panel di
esponenti europei presenti alla conferenza – tra cui i rappresentanti dei
consiglierei indipendenti in Europa,
della Commissione europea per la
corporate governance e dell’associazione italiana delle società quotate,
Assonime – che ha fatto notare come
i consigli di amministrazione, secondo le attuali direttive europee (il cui
recepimento in Italia è imminente),
sono chiamati a sorvegliare in modo
specifico i sistemi di risk management e di controllo interno, compreso l’internal auditing. Di conseguenza, sarà posta sempre più attenzione
sulle effettive modalità di valutazione,
sulla capacità di fare le giuste do-
mande e di prevedere tutti i flussi informativi necessari per assolvere al
meglio questo compito.
Sulla stessa linea Richard Chambers,
presidente e Ceo dell’Institute of
Internal Auditors, che ha spiegato come, all’indomani della Grande Crisi,
la gestione del rischio sia centrale: il
management aziendale deve farsi carico in prima persona dell’enterprise
risk management. Questo approccio,
definito e codificato dal Coso
(Committee of Sponsoring Organizations
of the Treadway Commission), non può
essere un’opzione, ma deve essere parte del dna dell’azienda. Spetta poi al
board vigilare che il management si
assuma appieno questa responsabilità
e all’internal audit garantire che
l’azienda disponga dei necessari strumenti, competenze e processi e li impieghi con efficacia. Elevando lo
sguardo dall’analisi puntuale delle
conformità alla visione d’insieme delle dinamiche aziendali.
Tornano ancora una volta due aspetti: da un lato, meno compliance per
tutti; dall’altro, un nuovo impulso sul
piano strategico. Come era già avvenuto per l’attenzione alla sostenibilità propugnata da King, anche per il
risk management, infatti, non si tratta di aggiungere o rafforzare funzioni complementari alla gestione, bensì di allargare i parametri che
contribuiscono a definire la strategia
stessa dell’impresa. Non a caso,
Chambers precisa che l’enterprise risk
management non si deve concentrare soltanto sulla mitigazione dei rischi,
ma anche sulla creazione di valore.
LEZIONI DALLA CRISI
Corrado Passera, amministratore delegato del gruppo Intesa Sanpaolo
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La realtà, naturalmente, si mantiene
sempre a distanza di sicurezza dagli
scenari ideali disegnati in powerpoint,
come si è incaricato di ricordare
Patrice Josnin, presidente del Banking
Advisory Group dell’ECIIA, presentando i risultati di una ricerca condotta tra gli internal auditor di un
campione di banche di dieci Paesi
europei: ben il 45% degli intervistati
ha ammesso che la propria banca non
dispone di un comitato di audit (peraltro considerato obbligatorio dallo
stesso Banking Advisory Group); l’11%
ha dichiarato di non avere accesso all’intero universo aziendale, restando
escluso soprattutto da aree quali la
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governance (!), le risorse umane e –
guarda caso – le politiche retributive;
mentre soltanto il 42% ha asserito di
adottare, nella propria attività di auditing, un approccio risk based.
Gli spazi di miglioramento quindi
non mancano e si è fatto carico di
enumerarli l’amministratore delegato
del gruppo Intesa-Sanpaolo, Corrado
Passera, intitolando il suo intervento
“Lezioni dalla crisi”. “Una lezione
l’abbiamo imparata”, ha esordito
Passera: “la cooperazione internazionale e gli interventi monetari dei governi hanno rappresentato la risposta
giusta alla crisi, scongiurando il rischio del protezionismo. Ma in molte altre aree, le soluzioni ottimali non
sono ancora state identificate, vuoi
perché le radici della crisi sono ancora
da chiarire, vuoi perché alcuni problemi non sono ancora emersi nella
loro interezza, vuoi per la complessiUna tavola rotonda durante l’ECIIA Conference 2009
tà delle questioni in campo.
Le lezioni rilevate da Passera toccano
cinque aspetti: regole, mercati, superti di controllo”, ha spiegato Passera, arRICOSTRUIRE LA FIDUCIA
visione, dimensioni, controlli.
rivando a contarne 100 negli Usa,
La sintesi finale spetta a Carolyn
Sulle regole, “abbiamo imparato che
cui si aggiungono, in Europa, 57 auDittmeier: “Anche la corporate goalcune norme importanti semplicetorità di supervisione, 27 Banche
vernance ha avuto qualche responsamente mancavano”. Tuttavia, adesso
Centrali e la Bce.
bilità nella crisi finanziaria ed ecoguardiamoci bene dal produrre voluSistemato il tema della supervisione, si
nomica. I board sono sotto
mi di codici e leggi, perché quello che
passa ai controlli sulle imprese: “Oggi
osservazione e sotto pressione per miserve è definire alcune elementari reabbiamo un quadro di controlli artigliorare la trasparenza e l’efficacia dei
gole di base: “L‘Italia ha attraversato
colato e funzionale, ma dobbiamo
processi decisionali e di controllo. Lo
meglio di altri Paesi la crisi, perché le
chiederci se livelli di controllo così
stesso vale per l’internal audit. La conbanche italiane sono state ben gestispecializzati non comportino il riferenza 2009 ha messo l’accento su
te e perché Banca d’Italia ha fatto rischio di perdere di vista il quadro
processi di controllo capaci di andare
spettare le regole di base sui livelli di
complessivo e i rischi più gravi, che
oltre i confini dei singoli Stati. Oggi
indebitamento, sui requisiti
i mercati sono oggetto di
di capitale e sui profili di riparticolare attenzione da
La crescita e la diversificazione
schio, contrariamente a
parte degli investitori, e gli
quanto avvenuto, per esem- non rappresentano un valore in quanto tali. investitori operano su scapio, negli Stati Uniti e in
la globale. La capacità di
La complessità ha un costo e,
Gran Bretagna”. Peraltro, gli
allineare azioni e strumenti
oltre un certo limite, quel costo supera
stessi requisiti patrimoniali
di controllo dei rischi al
vanno gestiti con intelligencontesto economico e poil beneficio derivante dalle sinergie
za, ha ammonito Passera,
litico generale è un obietperché una rigidità eccessiva, a frontivo ambizioso ma imprescindibile,
spesso sono rischi sistemici interni
te di situazioni diverse (“Una banca
perché nel prossimo futuro potrà aiuall’impresa, in particolare nel settore ficommerciale è ben altra cosa rispettare chi è responsabile del governo
nanziario”.
to a una investment bank”) comported’impresa a evitare le ricadute di criInfine, ha concluso Passera, “Una delrebbe effetti negativi.
si improvvise. Per questo, occorre dele lezioni più importanti che abbiamo
“Sui mercati, abbiamo verificato che
finire una vision di lungo periodo
imparato dalla crisi riguarda la dicertamente non si autoregolano” e
per il settore dell’internal auditing,
mensione delle imprese: la crescita e
che sono fortemente interconnessi,
capace di guardare verso soluzioni sila diversificazione non rappresentaquindi è necessario rafforzare gli orcure e affidabili, che sappiano contrino un valore in quanto tali.
ganismi di controllo e supervisione.
buire a ricostituire la fiducia degli
Dobbiamo riconoscere che la com“Ma occorre anche avviare un prostakeholder e a creare condizioni faplessità ha un costo e, oltre un certo
cesso di superamento della frammenvorevoli di crescita e produttività per
limite, quel costo supera il beneficio
tazione che riguarda quegli stessi enle imprese”. derivante dalle sinergie”.
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