Applicazioni della Trigonometria - www.liceisgv.it/docenti/baldi - Creative Commons (by-nc) Gabriele Baldi
Applicazioni della Trigonometria
0. Un po’ di storia…
La parola trigonometria deriva dal greco: µέτρον “metron” che significa misura e τρίγωνοσ
“trigonos” che significa tre angoli: misura di un triangolo, studio dei suoi elementi, angoli e lati, e
delle relazioni tra questi. Lo studio della trigonometria non è il solo studio di triangoli, ma è un
campo che spazia dall’astronomia all’ottica, dalla topografia, all’acustica, all’astronomia, etc.
Il termine trigonometria fu dato nel 1595 dal matematico tedesco Bartolomeus Pitiscus, in un libro
che aveva intitolato “Trigonometria, ovvero un trattato breve e intelligente sulla risoluzione dei
triangoli”. Per molti secoli la trigonometria dovette i suoi progressi quasi esclusivamente all’opera
di grandi astronomi e geografi, questo anche perché fenomeni celesti quali le fasi lunari, l’alternarsi
di notte e dì, sono fenomeni che non sfuggivano neppure all’osservatore più distratto. Due sono gli
astri che, per la loro grandezza, avevano impressionato: il Sole e la Luna. Quanto distavano dalla
Terra? Quanto erano grandi? È con queste domande che ha inizio l’astronomia e quindi la
trigonometria.
Le primordiali idee della trigonometria possono essere ricondotte alla civiltà egizia, come ad
esempio si evince dal papiro di Rhind (1650 a.C.), che riporta problemi relativi all’inclinazione
delle facce delle piramidi. La nascita di questa scienza è tuttavia da attribuirsi ad Ipparco di Nicea
(180-125 a.C. ca., il quale, seguendo la tradizione babilonese, misura la circonferenza in 360° e
costruisce le prime tavole trigonometriche) e a Claudio Tolomeo (II secolo d.C., astronomo greco
vissuto ad Alessandria d’Egitto, il quale scrive il trattato “Almagesto”, opera fondamentale di
trigonometria, che, tradotta in latino, verrà studiata fino al Medioevo).
Contributi notevoli furono poi portati dagli Arabi, dal matematico tedesco Johann Müller (14361476), detto Regiomontano, al quale si deve l’opera “De triangulis omnia modis libri quinque”, del
1464, che costituisce il primo libro interamente dedicato alla trigonometria, da Copernico (14731543), Tycho Brahe, i quali erano intenti a descrivere e prevedere con sempre maggior accuratezza i
fenomeni celesti, anche per un più esatto e comodo calcolo di longitudini e latitudini.
Altri risultati per lo sviluppo della trigonometria sono stati ottenuti da J. Rhaeticus (1514-1576), F.
Viète (1540-1603), J. Napier (1550-1617), J. Kepler (1571-1630) e Leonhard Euler (1707-1783):
quest’ultimo considerò la trigonometria come una parte dell’analisi e introdusse le notazioni
abbreviate per le funzioni trigonometriche (sin, cos, tan, etc.), che ancor oggi usiamo.
Lo sviluppo dell’algebra (dalla fine del ‘500 in poi) ha quindi portato i matematici ad unificare varie
scoperte di trigonometria fatte in epoche diverse, mettendo in luce quelle idee fondamentali che
illuminano tutta una teoria. Sono queste idee, oggi applicate, che aiutano a risolvere un gran numero
di problemi, dalla topografia all’acustica, dall’elettronica all’economia.
0.1 Eratostene di Cirene e il meridiano terrestre.
Siamo nel III secolo a.C. ed il greco Eratostene (276-194 a.C. ca.), astronomo, matematico,
geografo e poeta, esegue una celeberrima misura della lunghezza del meridiano terrestre.
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Eratostene era venuto a conoscenza che il giorno del solstizio d’estate a mezzogiorno i raggi solari
erano quasi esattamente perpendicolari a Siene (attuale Assuan, in Egitto): infatti aveva sentito,
probabilmente dai racconti dei mercanti, che in quella città, in quell’istante, il fondo di uno stretto e
profondo pozzo risultava illuminato, ovvero che il sole passava quasi esattamente per lo zenit.
Eratostene attese il solstizio d’estate ad Alessandria (sempre in Egitto, distante 5000 stadi = 890km
da Siene, preso lo stradio pari a 178m), ove egli lavorava come responsabile della biblioteca
cittadina, osservando che in quel momento i raggi solari formavano con la verticale un angolo pari a
1/50 dell’angolo giro1: si accorse infatti che l’ombra di un’asta verticale piantata in terra non si
accorciava mai fino a diventare nulla.
Visto che Siene e Alessandria si trovano all’incirca sullo stesso meridiano2, gli 890km di distanza
rappresentano 1/50 del meridiano stesso (circonferenza terrestre), che risulta pari a 890*50 =
44500km, da cui il raggio di 7082km: questo valore è circa il 10% in eccesso a quello oggi
accettato3, ma è di assoluto rilievo se si considera l’epoca in cui è stato ottenuto.
0.2. Aristarco di Samo e la distanza Terra-Sole.
Siamo ancora nel III secolo a.C., in Grecia, e Aristarco di Samo (310-230 a.C. ca.), appassionato
studioso del cielo, sostenitore del sistema eliocentrico, riesce a fissare il rapporto tra le distanze
medie Terra-Sole e Terra-Luna. Egli pone il seguente problema: “quando la Luna si presenta come
una perfetta mezzaluna4, l’angolo fra le visuali del Sole e della Luna è inferiore ad un angolo retto
per un trentesimo di quadrante5: quanto è più lontano dalla Terra il Sole rispetto alla Luna?”
L’angolo misurato da Aristarco, formato dalle semirette TL (Terra-Luna) e TS (Terra-Sole) è ampio
90°-3°=87°. Il problema può essere schematizzato col triangolo LTS (Luna-Terra-Sole) di cui si
conosce l’angolo LTˆS = 87° , triangolo evidentemente rettangolo in L perché la Luna appare
illuminata esattamente per metà; il problema consiste nella determinazione del rapporto tra
1
TL
l’ipotenusa TS e il cateto TL . Si ha evidentemente TL = TS ⋅ cos LTˆS ⇒ TS =
cos LTˆS
( )
( )
ovvero TS = 19.1 ⋅ TL . Aristarco trova quindi che il Sole è circa 19 volte più lontano della Luna.
Osservazione: le misure attuali più accurate forniscono LTˆS = 89°51' , che portano a TS = 382 ⋅ TL .
La notevole differenza è dovuta al fatto che, essendo LTˆS prossimo ad un angolo retto, piccoli
errori sulla sua misura portano a grandi variazioni del reciproco del coseno (ovvero della secante).
1
La cinquantesima parte dell’angolo giro è pari a 7.2°.
In realtà sono separate da 3° di longitudine.
3
Il raggio medio terrestre è pari a 6371km.
4
Ciò accade quando è in quadratura, ossia quando è illuminata per metà.
5
Un quadrante misura 90°; un trentesimo di quadrante corrisponde pertanto ad un angolo ampio 3°.
2
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1. Altezza di una torre e distanza da essa.
Problema: determinare l’altezza h di una torre e la distanza x da essa. Occorrente: goniometro per
misurare α e β , metro per misurare a (distanza tra due punti distinti, accessibili all’osservatore).
Dai triangoli rettangoli risulta il seguente sistema:
 h
 h
 a + x = tan α  a + x = tan α

h 
h
 tan α ⇒
⇒
= tan α ⇒ h =  a +
 h

h
h
tan
β



= tan β  x =
a+
tan β
 x
tan β

 tan α 
 1
tan α
1 
⇒ h1 −
 = a ⋅ tan α ⇒ h ⋅ tan α ⋅ 
−
 = a ⋅ tan α ⇒
tan β
 tan α tan β 
 tan β 
a
a
h
a
1
=
⋅
⇒ h=
. Segue inoltre che x =
⇒ x=
.
1
1
tan β
1
1
tan
β
tan
β
−
−1
−
tan α tan β
tan α
tan α tan β
Se ad esempio è α = 30° , β = 33° , a=12m si ha h=62m e x=96m. Osservazione: se la base della
a
1
torre è accessibile, si può misurare a da questa ⇒ x → 0 e β → 90° ⇒
→0 ⇒ h=
1
tan β
tan α
⇒ La misura dell’altezza si riduce a: h = a ⋅ tan α .
⇒ h = a ⋅ tan α + h
2. Altezza di una montagna.
Problema: determinare l’altezza h di una montagna, riferita al piano orizzontale ABH su cui è
collocato l’osservatore. Con riferimento alla figura, siano: α = CAˆ H , β = ABˆ C , γ = ACˆ B ,
ϕ = CAˆ B , b = CA , c = AB , h = CH . Occorrente: goniometro per misurare α , β e ϕ , metro per
misurare c (distanza tra due punti distinti A e B, accessibili all’osservatore). Applicando il teorema
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dei seni al triangolo ABC si ha:
b
c
=
ed, essendo γ = 180° − β − ϕ ⇒ sin γ = sin (β + ϕ ) e
sin β sin γ
sin β
⋅ c . Il triangolo ACH è rettangolo in H quindi h = b sin α ⇒
sin (β + ϕ )
sin α ⋅ sin β
h=
⋅ c . Se ad esempio è α = 45° , β = ϕ = 88° , risulta h=1216m. Osservazione: questo
sin (β + ϕ )
metodo si differenzia dal precedente (“altezza di una torre e distanza da essa”) perché non richiede
che i punti A e B siano allineati col punto H, come invece è richiesto nel metodo precedente. Questo
maggior grado di libertà lo si paga però dovendo effettuare quattro misure ( α , β , ϕ e c) invece
che tre ( α , β ed a).
quindi
b=
3. Distanza da un punto inaccessibile (all’osservatore) ma visibile.
Problema: determinare la distanza OP = x tra il punto d’osservazione O e un punto P inaccessibile
ma visibile. Occorrente: goniometro per misurare α e β , metro per misurare a (distanza tra il
punto di osservazione O ed un punto A, entrambi accessibili all’osservatore).
Si individua un punto di riferimento R e un punto A sul segmento OR; sia OA = a . Essendo
δ = 180° − β , risulta sin δ = sin β . Essendo poi γ = 180° − α − δ = 180° − α − (180° − β ) = β − α ,
a
x
a
x
=
=
⇒
⇒
risulta sin γ = sin (β − α ) . Per il teorema dei seni si ha:
sin γ sin δ
sin (β − α ) sin β
sin β
x=
⋅a .
sin (β − α )
4. Distanza tra la Terra e la Luna
Problema: trovare la distanza di un punto A della Terra (punto accessibile) da un punto L
inaccessibile, ma visibile, quale può considerarsi la Luna. A tal fine si potrebbe usare il metodo
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precedente (“distanza da un punto inaccessibile all’osservatore, ma visibile”), però, trattandosi di
una distanza piuttosto grande (qualche centinaia di migliaia di chilometri), conviene prendere sulla
Terra una base di parecchi chilometri, per avere angoli di visuale non troppo piccoli.
Si consideri pertanto come base la corda AB che sottenda un arco di meridiano terrestre nel cui
piano (piano meridiano) vi sia anche il punto L che rappresenta la Luna, come in figura.
Si procede alla misura delle latitudini6 λ1 e λ2 dei punti B ed A, da cui ACˆ B = λ1 + λ2 . Applicando
2
il teorema di Carnot al triangolo isoscele7 ABC, risulta AB = r 2 + r 2 − 2r 2 cos ACˆ B e quindi
(
)
AB = r 2 [1 − cos(λ1 + λ2 )] . Inoltre, essendo α=β ed anche α + β + λ1 + λ2 = 180° , si ha
λ +λ
α = β = 90° − 1 2 . Nei punti A e B, oltre a misurare le latitudini λ1 e λ2 , si procede anche alla
2
misura degli angoli α ′ e β ′ che la Luna forma con la verticale locale. Risulta quindi
LAˆ B = 180° − α − α ′ e LBˆ A = 180° − β − β ′ . Del triangolo ABL si conoscono quindi un lato e i due
angoli adiacenti ad esso: risolvendolo si ottiene la distanza AL di circa 384100km.
Osservazione: applicando il risultato già trovato (si veda “Aristarco di Samo e la distanza TerraSole”), si ottiene che il Sole è distante dalla Terra 384100·382=147000000km circa.
5. Intensità della somma (vettoriale) di due forze.
Problema: determinare l’intensità della somma tra due forze complanari F1 e F2 . Quantità note: α
(angolo tra F1 e F2 ), F1 e F2 (intensità rispettivamente di F1 e F2 ). Quantità incognita: F3
(intensità di F3 = F1 + F2 ). Costruendo il parallelogramma in figura risulta α + β + α + β = 360° ⇒
α + β = 180° ⇒ β = 180° − α
⇒
cos β = − cos α . Per il teorema di Carnot si ha:
2
2
2
2
2
2
2
F3 = F2 + F1 − 2 ⋅ F2 ⋅ F1 ⋅ cos β = F2 + F1 + 2 ⋅ F2 ⋅ F1 ⋅ cos α ⇒ F3 = F1 + F2 + 2 ⋅ F1 ⋅ F2 ⋅ cos α .
6
Ad esempio con osservazioni astronomiche, riferendo gli angoli ad uno stesso astro.
Si consideri per semplicità AC = CB = r , raggio medio terrestre, pari a 6371km. Conoscendo l’andamento del
geoide terrestre si può tener conto del fatto che la Terra è meglio approssimata da un ellissoide piuttosto che da una
7
sfera, per cui, in generale, AC può esser leggermente diverso da
ricavati col teorema dei seni.
CB . In tal caso α e β possono ad esempio essere
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6. Intensità delle componenti di una forza lungo due direzioni assegnate.
Problema: determinare le intensità delle componenti Fx e Fy ( Fx = AB e Fy = AD = BC
rispettivamente) di una forza F lungo due assegnate direzioni x e y, con le quali F forma i due
Fx
F
, con
=
angoli α e γ . Applicando il teorema dei seni al triangolo ABC risulta:
sin γ sin Bˆ
sin γ
Fx
F
Fx =
⋅F .
=
B̂ = 180° − α − γ
⇒ sin Bˆ = sin (α + γ ) ⇒
⇒
sin (α + γ )
sin γ sin (α + γ )
Analogamente, sempre utilizzando il teorema dei seni, si ottiene Fy =
sin α
⋅F .
sin (α + γ )
7. Distanza tra due punti accessibili (all’osservatore) ma inaccessibili tra loro.
Problema: determinare la lunghezza del segmento AB quando sia impossibile una misura diretta.
Occorrente: goniometro per misurare α , metro per misurare OA e OB (distanze tra un punto di
osservazione O ed i due punti A e B, entrambi accessibili all’osservatore). La soluzione è
un’applicazione diretta del teorema di Carnot:
2
2
2
2
AB = OA + OB − 2 ⋅ OA ⋅ OB ⋅ cos α
⇒
2
AB = OA + OB − 2 ⋅ OA ⋅ OB ⋅ cos α .
8. Guida radar di un missile.
Nella guida radar di un missile antiaereo, la stazione radar da terra (R) deve valutare in ogni istante
la distanza tra l’aereo (A) da colpire e il missile (M), nonché l’angolo di rotta γ che il missile deve
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tenere per raggiungere il bersaglio A. Il radar misura la distanza RA radar–aereo, quella RM
radar–missile e l’angolo α tra queste due direzioni.
Problema: determinare la distanza AM aereo–missile e l’angolo γ = RMˆ A . Per determinare AM
2
2
si applica il teorema di Carnot: AM = RA + RM − 2 ⋅ RA ⋅ RM ⋅ cos α . Una volta nota AM si
 RA ⋅ sin β 
RA
AM
 . Se ad
può applicare il teorema dei seni per determinare γ:
⇒ γ = arcsin
=

sin γ sin β
 AM 
esempio è RA = 12km , RM = 20km e β = 65° , risulta AM = 18.4km e γ = 36° .
9. Radiogoniometro.
Il radiogoniometro è uno strumento molto utile nella navigazione marittima e viene usato per
determinare la direzione da cui proviene un segnale radio. Ad esempio, nel caso in cui accada che
una nave C si trovi in difficoltà, essa invia un segnale radio omnidirezionale; il segnale viene
ricevuto da due capitanerie di porto, A e B, che distano tra loro 400 km in linea d’aria. Con il
radiogoniometro le due capitanerie rilevano gli angoli α=110° e β=50° indicanti le direzioni
d’arrivo del segnale. Problema: quanto dista la nave C da A e da B?
Schematizzando il problema con il triangolo ABC, risulta γ=180°–α–β=20°; inoltre è BC = a ,
sin α
sin β
a
b
c
c e AC =
c . Con i valori numerici di
=
=
AC = b ed anche
⇒ BC =
sin γ
sin γ
sin α sin β sin γ
cui sopra risulta BC = 1099km e AC = 896km . Osservazione: intersecando le due circonferenze
centrate in A e B, di raggi rispettivamente b ed a, si può risalire alla posizione in mare della nave.
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10. Distanza tra due punti inaccessibili ma visibili all’osservatore (problema di Hansen).
Peter Andreas Hansen (1795–1874) astronomo danese, direttore dell’osservatorio di Seeberg e di
Gotha, si occupò di meccanica celeste, studiando in particolare il moto della luna e le relative
perturbazioni. Si occupò anche di questioni topografiche, ponendo il seguente problema:
determinare la distanza AB = x tra due punti A e B visibili all’osservatore, ma inaccessibili.
Occorrente: goniometro per misurare α , β , δ , γ , metro per misurare a (distanza tra i punti D e C,
entrambi accessibili all’osservatore). Siano BC = z e AC = y . Applicando il teorema dei seni al
y
a
a
=
=
,
da
cui
triangolo
ACD
risulta:
sin (α + β ) sin (180° − α − β − γ ) sin (α + β + γ )
sin (α + β )
y=
⋅ a . Applicando ancora il teorema dei seni al triangolo BCD risulta:
sin (α + β + γ )
z
a
a
sin β
⋅ a . Disponendo ora di y e z
=
=
, da cui z =
sin β sin (180° − β − γ − δ ) sin (β + γ + δ )
sin (β + γ + δ )
in funzione delle sole quantità note, si può applicare il teorema di Carnot al triangolo ACB:
x 2 = y 2 + z 2 − 2 yz cos δ , da cui ricavare x:
x = a⋅
sin 2 (α + β )
sin 2 β
sin (α + β ) ⋅ sin β ⋅ cos δ
+
−2
.
2
2
sin (α + β + γ ) sin (β + γ + δ )
sin (α + β + γ ) ⋅ sin (β + γ + δ )
11. Distanza dell’orizzonte marino e angolo di visuale (elevazione) del cielo.
Si consideri un punto d’osservazione O (occhi di una persona, …) da cui si guarda verso l’orizzonte
del mare (punto D sulla circonferenza terrestre c di centro C e raggio r, individuato dalla retta
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tangente d condotta per O alla circonferenza stessa). Con riferimento alla figura siano
r = CB = CD =6371000m (raggio medio terrestre), h = OB , x = OD . Problema: determinare la
distanza x dell’orizzonte marino dall’osservatore; determinare inoltre l’ampiezza dell’angolo di
elevazione 2 β entro il quale il cielo è visibile (ovvero entro il quale il cielo risulta sopra
l’orizzonte; in figura è indicato il semiangolo β ).
Il triangolo OCD risulta rettangolo in D per costruzione, per cui (teorema di Pitagora):
(r + h )2 = x 2 + r 2 ⇒ r 2 + h 2 + 2rh = x 2 + r 2 ⇒ x = h 2 + 2rh . Essendo poi β + DOˆ C = 180° e
α + DOˆ C = 90° , sottraendo membro a membro risulta β − α = 90° ⇒ β = α + 90° . Inoltre è
tan α =
h
h
 h 
x
 h 
 x
⇒ α = arctan  = arctan  1 + 2   e quindi 2β = 180° + 2 ⋅ arctan  1 + 2   .
r
 r  
 r  
r
 r
 r
Ad esempio, se h=1.8m (uomo in piedi), risulta x=4789m e 2 β = 180.1°; se invece h=8m (cima
dell’albero di una barca a vela), risulta x=10096m e 2 β = 180.2°. Osservazione: si nota quindi che
per altezze ragionevoli (anche fino a qualche km dal suolo) la porzione di cielo vista è sempre circa
un angolo piatto, mentre salendo anche di poco la distanza dell’orizzonte aumenta sensibilmente.
12. Angolo di inclinazione critico su piano inclinato con attrito radente statico.
Quando due corpi sono a contatto, il coefficiente di attrito statico µ S esprime il rapporto tra la forza
di attrito statico FS che si oppone al movimento reciproco dei due corpi e la forza normale Fn
F
esercitata dalla superficie di un corpo su quella dell’altro, ovvero µ S = S . Sperimentalmente si
Fn
osserva che tale coefficiente dipende dalla natura delle due superfici che sono a contatto, ma è
indipendente dalla loro area. Problema: dato un oggetto di massa m poggiato su un piano inclinato
di pendenza θ e coefficiente di attrito radente statico µ S , quale è l’angolo critico θ C oltre il quale
l’oggetto inizia a muoversi?
Scomponendo la forza peso mg nelle sue componenti normali (asse y) e tangenziali (asse x) al
piano si ha: Fn = mg ⋅ cosθ e Ft = mg ⋅ sin θ . La forza di attrito statico vale quindi
FS = µ S ⋅ Fn = µ S ⋅ mg ⋅ cosθ . L’angolo critico θ C è quell’angolo per cui FS uguaglia Ft , perché
aumentando θ oltre tale limite risulta Ft > FS e il corpo inizia a muoversi. Per cui
µ S ⋅ mg ⋅ cosθ C = mg ⋅ sin θ C ⇒ µ S ⋅ cos θC = sin θC ⇒ θC = arctan(µ S ) . Ciò offre, tra l’altro, un
metodo estremamente semplice per misurare indirettamente µ S : per misurare θ C è sufficiente
aumentare θ fino al punto in cui l’oggetto inizia a muoversi, da cui poi calcolare µ S = tan (θ C ) .
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13. Pendenza topografica e pendenza stradale.
b
a
α
c
Il termine pendenza è usato per indicare il grado di ripidità o di inclinazione di una strada o di un
tratto di percorso. La pendenza di una strada è segnalata dai cartelli di pericolo (quelli triangolari),
che la indicano con una percentuale. La pendenza topografica pT è, per definizione, il rapporto tra
il dislivello a (cateto verticale) e la distanza orizzontale c (cateto orizzontale) tra due punti, ovvero
a
a
pT =
e pT % = ⋅ 100 . Si osservi che il contachilometri di un’auto indica la distanza
c
c
effettivamente percorsa che è la distanza inclinata b (ipotenusa). Per questo si definisce anche la
a
a
pendenza stradale p S come il rapporto tra a e b, ovvero p S =
e p S % = ⋅ 100 . Problema:
b
b
determinare pT e p S in funzione dell’angolo α di inclinazione della strada.
Si osserva subito che la pendenza topografica pT corrisponde, per le proprietà del triangolo
rettangolo, al coefficiente angolare della retta giacente sull’ipotenusa, ovvero pT = tan α , mentre
la pendenza stradale p S è il seno dello stesso angolo, ovvero p S = sin α . Nella figura che segue
sono riportati gli andamenti di pT % = 100 ⋅ tan α e p S % = 100 ⋅ sin α in funzione dell’angolo α da
0° a 45°.
Sui cartelli stradali di pericolo è indicata la pendenza p S e non la pT , in modo che l’automobilista,
se ad esempio legge una pendenza del 10%, sa che ogni 1000m percorsi (ovvero b=1000m) è salito
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di 100m (ovvero a=100m). Si osservi anche come, per le pendenze tipicamente in gioco in Italia,
non ci sia grossa differenza tra pendenza topografica e pendenza stradale: sostituendo si ha infatti
che p S = pT ⋅ cos α , da cui si nota che, per piccoli angoli d’inclinazione α, le pendenze p S e pT
hanno circa lo stesso valore8.
14. Un problema di statica.
Un lampione per illuminazione pubblica, di massa m=10kg, è applicato a una parete con due aste
rigide di massa trascurabile AB e BC come in figura di sinistra, formanti un telaio rigido fissato in
A, in B e in C. Siano ABˆ C = 20° e ACˆ B = 90° . Problema: determinare le forze che le due aste
esercitano sul muro nei punti A e C.
FA
A
FB
B
B
C
FC
FP
Essendo il sistema in equilibrio (punto B fermo), deve esistere in B una forza FB in intensità pari
alla forza peso FP del lampione ed opposta a quest’ultima: FB = FP = m ⋅ g =10*9.81=98.1N.
Risulta evidente che, sotto l’azione della forza peso FP , l’asta AB è tesa mentre l’asta CB è
compressa, ovvero l’asta AB tira il punto B verso il punto A, mentre l’asta CB spinge il punto B
lontano dal punto C; risulta altresì evidente che, essendo le due aste rigide, le loro azioni sul punto
B possono essere dirette solo lungo gli assi delle due aste stesse: siano esse FA e FC . La geometria
(triangoli rettangoli) e l’equilibrio imposto in B portano al diagramma della figura di destra9, da cui
emerge che FA , FC e FB sono rispettivamente ipotenusa, cateto lungo e cateto corto. Pertanto:
FA =
FB
=286.8N e FC =
FB
=269.5N. Le azioni FA e FC che le due aste applicano
sin ABˆ C
tan ABˆ C
in B sono a loro volta sostenute dalle reazioni vincolari della parete sulle aste stesse: tali reazioni
saranno pertanto uguali in direzione e intensità e opposte in verso. Si conclude allora che l’asta AB
esercita una trazione (diretta obliquamente 20° verso il basso) al muro nel punto A di intensità pari
a 286.8N; l’asta BC esercita una compressione (diretta orizzontalmente) sul muro nel punto B di
intensità pari a 269.5N.
(
)
(
)
15. La legge della rifrazione di Snell.
La legge di Snell descrive le modalità di rifrazione (ovvero la deviazione) di un raggio luminoso nel
passaggio tra due materiali aventi indici di rifrazione diversi; prende il nome da uno dei suoi
scopritori, il matematico e astronomo olandese Willebrord van Roijen Snell (1580-1626). L’indice
di rifrazione n di un materiale è definito dal rapporto tra le velocità c e v che la luce ha,
c
rispettivamente, nel vuoto e nel materiale stesso: n = . L’indice di rifrazione è legato alla densità
v
del materiale, per cui più un materiale è denso e minore è la velocità della luce v in esso: nel vuoto
8
9
Per piccoli valori di α la funzione cosα vale infatti circa 1; ciò è vero con buona approssimazione per α<20°.
Si veda anche il precedente “intensità delle componenti di una forza lungo due direzioni assegnate”.
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si ha densità nulla, per cui risulta sempre v<c ovvero n>1. Ad esempio l’acqua ha indice di
rifrazione molto più alto di quello dell’aria, mentre questa ultima ha circa lo stesso del vuoto10.
Problema: dati due materiali con indici di rifrazione n1 e n2 diversi, interfacciati in y=0, quale è il
percorso che segue un raggio luminoso per andare da un punto A=(0,h) posto nel primo materiale
ad un punto B=(d,-k) posto nel secondo materiale? La risposta può essere cercata facendo
riferimento al principio di Fermat: “il percorso fra due punti preso da un raggio di luce è quello che
è attraversato nel minor tempo”, ovvero la luce compie percorsi di minimo tempo fra due punti
arbitrariamente scelti nello spazio11.
Tra le possibili traiettorie (1, 2, 3, etc. in figura), il problema si riduce quindi a cercare un punto
C=(x,0) posto sull’interfaccia tale che la somma dei tempi t AC per andare da A a C e t CB per andare
da C a B sia minima. Poste v1 e v 2 le velocità nei due materiali, si ha12: t AC =
CB
=
v2
(d − x )2 + k 2
h2 + x2
+
v1
x
(d − x )2 + k 2
t CB =
v2
v2
d−x
AC
=
v1
h2 + x2
e
v1
, e quindi deve essere minima, al variare di x ∈ [0, d ] , la quantità
. Applicando i metodi dell’analisi13 si giunge alla equazione
−
= 0 . Posti θ i e θ R gli angoli (di incidenza e rifrazione) che i
v1 h 2 + x 2 v 2 (d − x )2 + k 2
segmenti AC e CB formano rispettivamente con la retta normale all’interfaccia, dai teoremi sui
sin θ i sin θ R
x
d−x
triangoli rettangoli risulta
= sin θ i e
= sin θ R ⇒
−
=0 ⇒
v1
v2
h2 + x2
(d − x )2 + k 2
sin θ i sin θ R
−
= 0 ⇒ n1 ⋅ sin θ i = n2 ⋅ sin θ R , che è la legge di Snell: quando la luce si trasmette da
c
c
n1
n2
10
L’aria ha un indice di rifrazione di circa 1.0003, mentre l’acqua ha un indice di circa 1.33; ciò significa che in aria la
luce viaggia ad una velocità che è circa il 99.97% di quella nel vuoto, mentre in acqua è il 75.19%.
11
Il principio di Fermat è oggi stato esteso, affermando che il percorso ottico è stazionario, ovvero che la traiettoria
percorsa da un raggio di luce è quella che richiede un tempo minimo o massimo (e non necessariamente minino).
12
Applicando lo stesso principio di Fermat ad un singolo materiale omogeneo, si ottiene che la luce si muove di moto
rettilineo uniforme, da cui la legge s=vt, con s spazio, v velocità, t tempo.
13
Va imposta nulla la derivata parziale rispetto alla variabile x.
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un mezzo all’altro, essa sceglie il percorso per il quale gli angoli di incidenza e rifrazione sono
legati dalla relazione trovata.
Nota: anche il matematico francese René Descartes derivò, quasi nello stesso periodo e
indipendentemente, la stessa legge; per questo essa è anche nota come legge di Snell-Descartes.
Osservazione: la legge di Snell è fondamentale ad esempio in ottica, per il calcolo di tutte le lenti,
sia esse convergenti o divergenti, oppure in fenomeni che si osservano quotidianamente, come ad
esempio l’arcobaleno o quello mostrato nella figura che segue.
Nel punto di contatto con l’acqua la cannuccia sembra piegata, a causa della rifrazione della luce tra
l’acqua e l’aria. Osservando il disegno sulla destra, il rettangolo scuro rappresenta la posizione vera
della cannuccia appoggiata nel bicchiere, mentre il rettangolo chiaro ne rappresenta la posizione
apparente. Si noti che la fine (X) sembra essere in (Y), una posizione meno profonda di (X).
Curiosità: in una analogia proposta dal fisico americano Richard Feynman, la regione a indice di
rifrazione più basso è rappresentata da una spiaggia, mentre la regione a indice di rifrazione più alto
dal mare; il modo più rapido per raggiungere una persona che sta affogando da parte di un bagnino
che si trova sulla spiaggia è correre lungo un percorso che segue la legge di Snell.
Questo documento è stato scritto da Gabriele Baldi e rilasciato in data 12/5/2009 con licenza Creative Commons
(www.creativecommons.it) “Attribution Non-Commercial (by-nc)”; è reperibile all’url www.liceisgv.it/docenti/baldi; un
ringraziamento a Carmela Genzano per le utili indicazioni.
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