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2004 GIUGNO n. 6
Cosa si aspetta l’Africa
Ha bisogno di persone amiche
to scrivendo da Bujumbura, capitale del Burundi.
Quando arriva
qualche giornale italiano o
europeo, d’istinto vado a
vedere se parla dell’Africa.
Devo confessare che la
speranza è ormai poca; non
dico di vedere
che si parli
del Burundi,
delle sue speranze o miserie, ma neppure dell’Africa. L’Africa approda sulla nostra
stampa italiana, e quindi alla no-
Santuari di pace 6 - Guadalupe, Messico
S
stra coscienza di cittadini, tutt’al
più quando succede qualcosa di
enorme o quando viene ucciso
un italiano. E vi resta lo stretto
necessario, per poi dare spazio
ad altre notizie…
Africa da compatire?
Quanto alle riviste missionarie, si deve ammettere, pur con
qualche buona eccezione, che
spesso di Africa si parla per provocare la compassione oppure
per fare del trionfalismo. Questo
genere di informazione comincia a darmi la nausea.
È ora che cerchiamo di comprendere quello che l’Africa sta
vivendo, quello che essa cerca e
vuole, e non quello che noi vogliamo farle cercare. Non sarebbe meglio fare dei discorsi più
coraggiosi e domandarci perché
l’Africa è finita in queste condizioni? Perché essa si trova alla
deriva dei continenti e dell’attenzione del mondo?
Un’informazione superficiale
infatti permette ai mali dell’Africa di continuare ad esistere, a tutto vantaggio di coloro che continuano a pescare nel torbido.
Una specie di malasanità
“L’Africa va male”, si dice, “e
non riuscirà mai a decollare”.
L’ho letto da poco in un libro che
vorrebbe essere serio. E la terapia? “L’Occidente deve farsi carico di questo problema”.
A volte sembra di essere davanti a un malato, al quale neppure si chiede come sta. L’attenzione del medico è presa tutta e
PENTOLE SENZA COPERCHI
Come fare per uscire
ra adesso e quando voi
leggerete queste mie righe, può essere successo di tutto, in meglio o in peggio. Come voi, anch’io ho riflettuto e
pregato molto in queste settimane drammatiche. Non posso
fare a meno di esprimere il
mio stato d’animo: sono sconvolto, quasi sconfitto dalla spirale della violenza nel mondo
e dalla messa in scena dell’orrore. Non tanto per le foto e
le immagini, ma per le persone
che nelle immagini appaiono
e per tutte le altre che restano invisibili.
Una catena di montaggio vera e propria. Non si può restare
nel pentolone dei rifiuti. O si
esce al più presto, o si finisce
per essere stritolati dal macinatutto della …nettezza. Dire
che “non sapevo” non vale. È
una gran bufala; sono bugie
…umanitarie.
È la guerra stessa a produrre
l’orrore. Ha affermato recentemente il cardinale Martini: “Sono cose orrende, ma le deviazioni erano già implicite nell’indole della guerra. Quando si
mette mano alla guerra, si creano le condizioni perché l’uomo
(e la donna!) scateni il peggio
di sé, lo si lascia in balia dell’i-
T
p. MARCELLO STORGATO, sx
nimicizia per l’altro uomo”. Tutto questo è vero in occidente e
in oriente, al nord e al sud, in
ogni parte del mondo. Credo
che abbiamo tutti da imparare
da queste storie di orrore e vergogna, che vengono da lontano e che sono l’aberrazione di
ogni civiltà e senso civico.
Già Pilato sapeva usare la tortura come espediente, tanto per
dare una lezione… che fa bene
a tutti, anche a chi colpe non
ha. I soldati hanno fatto la loro
parte, con la tortura e l’interrogatorio …a mosca cieca: l’avevano bendato. “Ecco l’uomo!”.
Pilato sperava nella pietà; ma il
sangue fa venire altra sete, e
dopo la tortura non restava che
la condanna a morte.
Anche la chiesa cattolica ha
utilizzato largamente la tortura per difendere la verità divina e
domare l’errore diabolico, certo!
- durante il lungo periodo dell’inquisizione. Così anche gli islamici, dalle origini ad oggi, hanno continuato ad applicare la sacra legge della shari’ah per torturare e punire al taglione. E così anche altri imperi e poteri…
Ci sono voluti otto secoli
perché la chiesa, per voce di
Papa Wojtyla, chiedesse pubblicamente perdono per gli or-
rori dell’inquisizione. Non possiamo aspettarci che oggi si
chieda subito perdono per i
nuovi orrori commessi. Fatto
sta che la tortura resta un’ignominia inaccettabile, chiunque e dovunque la compia. E
le ferite resteranno sanguinanti ancora per secoli. Speriamo solo che non portino in
cancrena l’umanità.
Per noi missionari una cosa
è certa: l’annuncio del vangelo di Gesù ai popoli del mondo
ci diventa sempre più difficile.
Come faranno a prenderci sul
serio e a credere nell’amore e
nella fraternità, quando tutto
sembra dimostrare il contrario?
Ma proprio per questo, siamo
più che mai convinti che il
mondo abbia ancora più bisogno di missionari che annunciano il vangelo di Cristo a tutti, cristiani e non cristiani.
“Occorre avere il coraggio di
pensare pensieri nuovi per uscire da situazioni bloccate - afferma ancora il card. Martini.
Per uscire è necessario un sussulto di intelligenza e un grande dono della grazia”.
Per fortuna, il diavolo fa le
pentole, non i coperchi. Perciò
ci rimane la speranza che, usci
re si può!
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p. GABRIELE FERRARI, sx
solo dalla malattia. Senza scambiare neppure un’occhiata fraterna e comprensiva con l’ammalato, il medico scrive una facile ricetta e, “avanti un altro”.
Questa è ciò che noi chiamiamo malasanità e contro di essa
giustamente ci lanciamo. Ebbene, io ho l’impressione che l’Africa la trattiamo proprio così.
La gente vive di speranza
In Burundi mi rendo conto che
- malgrado tutto il male che si
vede e che non si vede, ma che
esiste - la gente vive ancora di
speranza. C’è in atto un processo
sicuramente positivo. Un processo che potrebbe anche andar male, ma che proprio per questo
chiede di essere sostenuto nelle
sue possibilità positive. Ma chi
si sogna di parlarne e di parlarne
bene? A forza di vivere in mezzo
agli assassini, alle devastazioni e
ai tradimenti, finiamo per non vedere più la nostra missione che
è quella di scoprire il bene e di
sostenerlo, per farlo crescere,
perché si affermi e porti frutto.
È necessario ricordare che
l’Africa, proprio perché ha sofferto e soffre ancora e ancora paga tutti i conti delle scelte sbagliate dei grandi di questa terra,
ha non solo il diritto di essere
ascoltata, ma anche la possibilità di indicare quelle strade che
non devono essere più prese; ha
il diritto e il dovere di offrire al
mondo quei valori che essa ancora conosce e pratica.
La terapia del cuore
Ogni tanto salta fuori qualcu-
no che preconizza per
l’Africa
una terapia nuova,
che è poi
così vecchia: “È ora
di finirla con
«l’Africa agli
africani». Ci
vuole una
nuova
colonizzazione,
pur senza gli eccessi di
quella
passata”.
Ovvio.
Ma è proprio questo ciò di cui
l’Africa ha bisogno? No di certo.
L’Africa ha bisogno di persone
amiche, che rispettino e stimino
questa gente, che non si propongano come salvatori, ma che permettano veramente all’Africa di
sedersi, senza complessi, nel
consesso delle nazioni. L’Africa
d’oggi ha bisogno di gente che
si preoccupi sinceramente del
suo futuro; che prima di formulare la diagnosi, la terapia e la
prognosi, le voglia bene.
Non è di medici e di salvatori,
neppure di grandi programmi di
riforma che l’Africa ha bisogno,
ma di amici e di amiche che sinceramente cerchino il suo futuro, che l’ascoltino e le parlino
con il cuore in mano, certamente prima di mettere mano al portafoglio.
Nostra Signora di Guadalupe, patrona
del Messico e di tutta l’America latina,
è il simbolo dell’incontro fecondo tra
fede cristiana e popoli indigeni. “Regina della pace, salva i popoli dalle
guerre, dall’odio e dalla sovversione”.
2004 giugno n.
ANNO 57°
6
2
Elezioni saveriane
3
La missione rinnova la chiesa
4/5
Il rovescio della medaglia 6
Una famiglia missionaria
Carisma della missione: prima i lontani!
In Italia, Congo, Stati Uniti e le saveriane
La missione dei saveriani in America latina
Missionari saveriani per la pace
Foto di G. Carrara
Notizie
stimoli
proposte
per gli amici
dei missionari
BURUNDI
CAMERUN
CIAD
CONGO R. D.
MOZAMBICO
SIERRA LEONE
2004 GIUGNO
2004 GIUGNO
V I TA S AV E R I A N A
MISSIONE E SPIRITO
L’ICONA DELLA MISSIONE
ra i due, forse la forza trainante eri proprio tu, Priscilla, dato che sei quasi sempre
nominata per prima. Eravate comunque in sintonia, in una vita a
dir poco movimentata. Tuo marito Aquila era giunto dalla Turchia a Roma, e forse lì vi eravate
conosciuti e amati. Espulsi nel
49, insieme ad altri “seguaci di
un certo Cresto”, come scrive
Svetonio, avete preso di nuovo
la via dell’est. Non vi siete persi
d’animo e avete impiantato una
piccola impresa familiare, di fabbricatori di tende.
Un apostolo in casa. Eravate
gli unici cristiani nella grande,
ricca, corrotta città di Corinto.
Quando Paolo arrivò a Corinto,
vi era sembrato di rivedere uno
di casa. Non era in gran forma, a
dire il vero, dopo la delusione di
Atene: “Ti sentiremo un’altra
volta”, gli avevano detto. Non ci
è difficile pensare che tu, Priscilla, l’avrai rifocillato con una
buona cucina. Seduta accanto ad
Aquila, avrete ascoltato a lungo
T
l’apostolo mentre raccontava le
coraggiose avventure della predicazione del vangelo.
Stessa casa, stesso mestiere.
A Paolo non pareva vero che voi
faceste il suo stesso mestiere. La
vostra casa divenne la sua, il vostro lavoro il suo. Il sabato però
nella sinagoga parlava ai giudei
e poi si rivolse ai greci. Una piccola comunità si era venuta formando nella vostra casa. Nell’anno e mezzo passato con Paolo, chissà quante cose poteste
meglio comprendere. Forse
anche lui imparò meglio da
voi la forza e il conforto di
quella carità che poi descrisse con gli accenti
della concretezza.
Poi Paolo si era rimesso in viaggio, e voi due
con lui, fino a Efeso. Vi
aveva lasciato, rassicurato, in quella giovanissima
comunità. Anzi, era proprio
a casa vostra che i cristiani
si radunavano, assidui nell’ascoltare la Parola e nella frazione
TERESINA CAFFI, mM
del Pane. E quando giunse Apollo, entusiasta ma poco informato
riguardo a Cristo, l’avete accolto, istruito e, insieme ai fratelli
cristiani, raccomandato alle altre comunità della Grecia.
Stesso carisma missionario.
Vita tribolata la vostra, non solo
movimentata. Alla fine, eravate
di nuovo tornati a Roma. E Paolo
proprio a voi aveva inviato un sa-
A Corinto, Paolo trovò Aquila, un giudeo arrivato dall’Italia con la
moglie Priscilla, in seguito all’ordine di Claudio che allontanava da
Roma tutti i giudei. Poiché erano del medesimo mestiere, Paolo si
stabilì nella loro casa e lavorava fabbricando tende. Ogni sabato
discuteva nella sinagoga e cercava di persuadere giudei e greci...
Poi Paolo s’imbarcò per la Siria, in compagnia di Priscilla e Aquila.
Giunsero a Efeso, dove lasciò i due coniugi, e scese ad Antiochia. A
Efeso arrivò anche Apollo, un giudeo colto, ammaestrato nella via
del Signore e pieno di fervore. Parlava e insegnava esattamente ciò
che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di
Giovanni. Priscilla e Aquila lo ascoltarono, poi lo presero con sé e gli
esposero con maggiore accuratezza la via di Dio.
Atti 18,1-27
luto e un grazie speciale: “Salutate Priscilla e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù; per salvarmi la vita essi hanno rischiato
la testa, e ad essi non solo io sono
grato, ma tutte le chiese dei gentili”.
Attorno alla vostra casa
romana, nelle Catacombe
che portano il nome di
Priscilla, sono ancora radunati i resti di tanti seguaci di Cristo, in attesa
della resurrezione. Non ci
è rimasta una sola parola
di voi. Ma ci è rimasta la
vostra esistenza, modello
di famiglia-chiesa: quella
maternità e paternità estesa,
che ha ristorato gli apostoli e
dato consistenza a giovani an-
nunciatori. Voi siete la prima comunità mista, di apostoli e laici,
accomunati dallo stesso carisma
missionario.
Attraverso voi noi rendiamo
omaggio ai tanti sposi, alle tante
case che si aprono per gli apostoli, che li ristorano nei viaggi,
che li prendono a cuore quando
sono anziani, che li esortano e
illuminano senza demolirli, con
affetto discreto e ristoratore, nella comune passione del regno.
Che sarebbe anche oggi la
chiesa senza l’umanità delle famiglie che vanno incontro al
don, al vescovo, ai soli per il Regno, per restituire in esperienza
di calore e di fraternità la comunità che essi annunciano?
Arte paleocristiana. Firenze, Museo Bargello: i coniugi attorniati dagli apostoli
IL CARISMA DELLA MISSIONE
PRIMA I LONTANI!
CHIAMATI ALLA MISSIONE
Missionario, solo e con tutti
p. ALFIERO CERESOLI, sx
I trionfi di Cristo tra i popoli non-cristiani preparano i trionfi della fede in mezzo a noi.
beato Guido Conforti
a dolcezza e l’amabilità del beato Guido sono diventate
proverbiali. Erano le caratteristiche della sua personalità e
del suo modo di fare. Ma egli era anche un profeta. L’annuncio di
Cristo a tutte le genti, oltre i confini della diocesi, è uno degli
spazi ecclesiali affidati alla sua profezia. Nella missione “ad gentes” la sua figura s’ingigantisce e diventa profeticamente dura.
A Ravenna, dove certamente non mancavano parrocchie senza
sacerdote e dove la diserzione dalla pratica religiosa era crescente,
il profeta Conforti non si piega sui suoi problemi. Provoca e proclama: “Con la misura della quale ci saremo valsi verso degli altri,
con la stessa saremo noi pure trattati dal Giudice dei vivi e dei
morti. Tolga il Cielo che a noi, per la nostra insensibilità, accada
quello che viene minacciato nel santo vangelo: ‘A voi sarà tolto il
regno di Dio e sarà dato ad altri che lo faranno fruttificare’. Allontaniamo da noi una tale sventura, la più funesta di quante ci
potessero incogliere”.
Come sfuggire a questa sventura? Aumentando il nostro “ardore” per la missione, mettendo nell’agenda della chiesa locale i problemi di tutte le chiese e l’annuncio del vangelo
oltre i confini del proprio territorio; impegnando le nostre comunità a lavorare seriamente perché “in tutte le lingue e in tutte le
direzioni, s’inneggi da tutti i popoli al Dio tre
volte santo”. Conforti difende una logica che è
diversa dal sentire comune: “La fede prospera
e vigoreggia fra coloro che si adoperano a farne sentire i benefici effetti a coloro che non la
posseggono”.
Ho sentito ripetere mille volte: prima rendiamo solida la fede delle nostre comunità, dei nostri fedeli, poi… le
missioni! Il vescovo Conforti non è d’accordo: avremo qualche successo qui da noi, se faremo crescere la fede altrove. Prima gli altri!
Il Vaticano II prende decisamente posizione per questa linea di
pensiero e d’azione: “La grazia del rinnovamento non può avere
sviluppo alcuno nelle comunità, se ciascuna di esse non allarga
la vasta trama della sua carità sino ai confini della terra, dimostrando per quelli che sono lontani la stessa sollecitudine che ha
per coloro che sono i propri membri” (Ad gentes 37). Senza condizionali: non può avere sviluppo alcuno…
Convegni, documenti, programmi pastorali, commissioni… Tutto bene, tutto bello; ma… nessun sviluppo! E per coloro che temono che traduttore possa essere traditore, il latino è ancora più
forte e deciso: Crescere nequit! Niente da fare; senza le missioni la
fede se ne va!
L
2
FRANCESCO GRASSELLI
adre Romano Bottegal,
nato a San Donato di Lamon nel 1921, a 25 anni diventò
prete della diocesi di Belluno.
Don Albino Luciani, il futuro
Papa, era stato suo vicerettore in
seminario. Qui aveva maturato
la vocazione alla vita contemplativa, ma il suo vescovo,
mons. Girolamo Bordignon, non
gli aveva accordato il permesso
per entrare in trappa.
Tuttavia, un mese prima di diventare sacerdote, obbedendo a
“un impulso dello Spirito Santo”, scriveva a Roma: “Questo
mio ideale spero raggiungerlo tra
breve, appena ordinato sacerdote,
il 29 giugno; passati 15 giorni in
famiglia, sarebbe nei miei voti
essere accettato”. Alla fine di luglio era già nell’abbazia cistercense alle Tre Fontane di Roma.
Dopo alcuni anni dedicati alla
propria formazione di monaco e
poi alla formazione di altri monaci come priore e maestro di
noviziato (1946-1961), fu inviato in Terra Santa per rafforzare
la comunità del monastero di Latroun. Già aveva in cuore il passaggio dalla vita monastica a
quella eremitica, che realizzò in
Libano dal 1965 al 1978, anno
della sua morte.
P
L’eremita missionario. Specialmente in questi anni la sua
fu una vita di grande povertà, di
estrema penitenza, di continua e
sublime preghiera. Ma volle che
fosse anche vita di missione. Ne
parlava così in una lettera alla
sorella: “Sono più che contento.
Qui dovrei svolgere un’opera di
missione tra i musulmani: vivere
non lontano da loro, più povero
di loro, aiutarli amandoli, dimostrando che l’amore, la gioia non
sta nell’avere tanto denaro, nelle
comodità. Come dappertutto, così anche qui occorre venire ai
fatti: mostrare che si vuole loro
bene, che si fa loro del bene…
Allora il loro cuore si apre e una
luce giunge a loro. Voglia il Signore che io svolga questa missione il meglio possibile. Non
dirmi, quindi, di tornare a Roma, di farmi curare… Anzitutto
bisogna vedere ciò che dispone
la Provvidenza. È chiaro che, almeno per ora, il Signore vuole
che stia qui. E se egli vuole che
stia qui, provvederà per la vita e
per la morte. Tutte e due sono
buone”.
Solitudine per la comunione. Della vita di Gesù, per impulso dello Spirito, padre Romano scelse questo aspetto: Nazaret o la notte sul monte. In tutta la sua vita c’è una sete di solitudine e di comunione: solitudine come condizione della comunione. È la solitudine dell’uomo
di Dio, che sta con Dio per poter
stare con tutti i figli di Dio,
INTENZIONE MISSIONARIA
E PREGHIERA DEL MESE
Perché nei Paesi dell’Asia la libertà religiosa, diritto fondamentale d’ogni essere umano,
sia sempre più rispettata.
Signore, dammi un cuore
grande per amare; allarga il
mio cuore fino ai confini del
mondo, perché possa amare
tutti, come li ami tu, che hai
dato la vita per noi.
ovunque siano dispersi e “nascosti” nel mondo. Solitudine
missionaria”, perché da essa si
esercita quell’attrazione di cui
Gesù aveva detto: “Quando sarò sollevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32).
Le squadre di servizio si rinnovano
Foto di Marcello Storgato
Aquila e Priscilla, coniugi per Cristo
Elezioni regionali… saveriane
LA PAROLA
La nuova squadra direzionale dei saveriani in Italia: (da sinistra)
p. Mario Ughetto, p. Mario Menin, p. Carlo Pozzobon, p. Sergio Boscardin,
p. Pierluigi Felotti; lo Spirito Santo li accompagni nel servizio
27 aprile è stata
M artedì
eletta la nuova squadra
direttiva dei missionari saveriani
in Italia per il prossimo quadriennio. Superiore regionale è
padre Carlo Pozzobon, eletto a
grandissima maggioranza. Subito dopo la votazione, padre Lazzarini, consigliere generale e
presidente dell’assemblea, ha rivolto al neo eletto la domanda
formale: “Avendo raggiunto la
maggioranza assoluta, chiedo a
p. Carlo Pozzobon se accetta
l’incarico che il Signore gli affida per il bene della Congregazione”. Padre Carlo ha espresso
il suo consenso: “Pur nella consapevolezza dei miei limiti, ho
fiducia sull’aiuto del Signore.
Sperando nella collaborazione di
tutti i confratelli, in spirito di ser-
vizio alla missione di annuncio
del vangelo, accetto la responsabilità che mi è affidata”. Un
grande applauso è risuonato nell’aula, mentre padre Agostino
Rigon, superiore regionale per
gli ultimi otto anni, è andato ad
abbracciare padre Carlo. Subito
dopo, fratel Vincenzo Asolan ha
cinto il nuovo superiore con il
grembiule del servizio cristiano.
Padre Pozzobon è un esperto
animatore vocazionale e ben conosciuto nelle pontificie opere
missionarie, specialmente per il
suo intenso rapporto con l’Infanzia missionaria; ha una conoscenza notevole della lingua tedesca e ha il carisma di intrattenere un rapporto fraterno e amichevole con tutti.
Ad accompagnare il nuovo su-
RICORRENZE SAVERIANE
p. MARCELLO STORGATO, sx
periore è stato eletto padre Mario Menin, formatore dei teologi
saveriani a Parma, professore di
teologia dogmatica e missiologia
a Reggio Emilia e direttore della
rivista missionaria “Ad Gentes”,
pubblicata dall’EMI di Bologna.
Come Consiglieri sono stati
eletti padre Mario Ughetto,
giovane saveriano laureato in
scienze dell’educazione a Roma,
formatore dei novizi saveriani ad
Ancona e impegnato nell’animazione missionaria giovanile;
padre Sergio Boscardin, con
lunga esperienza missionaria in
Amazzonia e attualmente rettore
della comunità saveriana di Ma-
I delegati al Capitolo dei saveriani in Italia, nella chiesa di San Pietro in Vincoli (Ravenna), durante la Messa.
Al centro, il candelabro con le cinque lampade, simbolo delle cinque caratteristiche dei missionari saveriani
CONGO: NUOVA DIREZIONE SAVERIANA
50° - PADRE UCCELLI VERSO LA BEATIFICAZIONE
Amore fino al martirio
p. GUGLIELMO CAMERA, sx
Tutto è preghiera? Si dice
spesso, nel mondo missionario,
che anche la vita apostolica può
essere preghiera. E a noi laici altrettanto spesso dicono che anche la vita di famiglia, il lavoro,
le opere di carità possono essere
preghiera. Ma la
preghiera
è
sempre stare
con Dio, parlare con Lui, accogliere la sua
Parola e il suo
Spirito. Tutto
è preghiera,
se tutto è
questo! E allora sono
forse necessarie, per
tutti, notti di
orazione e
tempi di
Nazaret. Altrimenti ci si disperde e nessuna
comunione sussiste. Dobbiamo
mantenere questo centro, perché
la missione parte da lì.
Altrettanto bello è pensare che
i missionari anziani, i malati, i
“pensionati della vita” e noi tutti, nei momenti di solitudine e
d’impotenza, possiamo stare al
centro della missione, se rimaniamo inseriti, come una spina
nella corrente, nell’amore di Dio
per il mondo.
La prima preoccupazione di padre Pietro Uccelli nell’attività missionaria è l’amicizia con Cristo, fino alla più intima
identificazione con lui. Il suo motto rimane “o farmi santo o
morire”.
In una lettera dalla Cina egli comunica la sua gioia di stare “fisicamente” con Gesù: “Ho la bella sorte di dormire in
sagrestia, presso Gesù sacramentato, e immagini come
mi ci posso trovare. Desidero rimanere sempre qui,
perché una stanza migliore, né io né altri me la
saprebbe trovare, neppure nei palazzi reali.
Quante comodità mi offre sempre il Signore
perché faccia del bene!”.
L’Eucaristia è presenza del Cristo vivo, ma
è anche una celebrazione della vita del missionario. In lui, Cristo si offre ancora con
un atto di amore. Il martirio ne è conseguenza logica: “Vorrei proprio che venisse
l’ora di morire per il Signore. ‘Sangue per
sangue; vita per vita’ - diceva il martire Perboyre. Così voglio ripetere anch’io nella santa Messa e spesso durante il giorno: ‘sangue
per sangue; vita per vita’. Morire martire! Oh
che bella sorte sarebbe la nostra! Che dire a
questo proposito? Solo questo: “Signore, tu sei
la mia speranza”.
Per padre Uccelli il martirio non era una prospettiva lontana. Solo pochi anni prima, c’era stata la rivoluzione dei
boxers con migliaia di martiri cinesi. Varie volte egli stesso si
era trovato a fronteggiare situazioni disperate, soprattutto nell’ambito della guerra civile e nei frequenti assalti dei
briganti, in cerca di mezzi di sopravvivenza. Il rischio della
morte violenta era sempre dietro l’angolo.
Cristo crocifisso diventa allora il modello vivo di amore e il
missionario sente di doverlo seguire in tutto, condividendone i sentimenti di amore e di perdono: “Gesù crocifisso è
la nostra guida, il nostro amico e il nostro premio. Quando le
tribolazioni e le croci sono tali e tante da avvilirci, prendiamo
in mano il santo Crocifisso, baciamo quelle piaghe adorate, meditiamo quanto è dolce patire con Gesù. Fin da questo
momento vi dico che se mai qualcheduno mi manda all’altro
mondo - vi dico che gli perdono di gran cuore alfine di imitare nostro Signore Gesù Cristo che, al momento di spirare,
perdonava e pregava per i suoi crocefissori”.
Vincoli (Ravenna), dal 18 al 30
aprile. Vi hanno partecipato 26
delegati eletti dai 155 missionari che vivono nelle 17 comunità
sparse in Italia e i 5 membri della direzione precedente.
Per la prima volta nella storia
della famiglia saveriana, è stato
allestito un sito web “riservato”
ai saveriani; per la prima volta,
inoltre, ogni giorno è stato preparato un comunicato informativo
sui lavori e sulle discussioni dell’assemblea. I comunicati sono
stati poi inviati via internet e via
fax a ogni comunità saveriana in
Italia e ai superiori delle missioni
saveriane nel mondo, in modo
che tutti i saveriani potessero essere tenuti continuamente aggiornati. Incaricati della comunicazione erano il diacono messicano Gabriel Arroyo e il direttore
di “Missionari Saveriani”.
Foto di Marcello Storgato
Una famiglia missionaria
comer in Sardegna; padre Pierluigi Felotti, missionario in Bangladesh, da anni impegnato nel
segretariato unitario di animazione missionaria (SUAM) e attualmente rettore della comunità
saveriana di Reggio Calabria.
Padre Lazzarini, a nome della
direzione generale dei saveriani,
si è congratulato con i delegati capitolari per il clima di grande condivisione e serenità e per lo spirito di discernimento con cui sono
state condotte le elezioni della
nuova direzione regionale. A nome della Congregazione, ha poi
ringraziato padre Agostino Rigon
e i consiglieri della direzione precedente, per la dedizione con cui
hanno servito la famiglia saveriana durante lo scorso quadriennio.
L’assemblea capitolare dei saveriani in Italia si è tenuto nella
casa saveriana di San Pietro in
La nuova squadra del Congo: (da sinistra) p. Faustino Turco, p. Giuseppe
Dovigo, p. Gianni Brentegani, p. Mario Pedrotti, p. Giuseppe Musafiri
Il 27 aprile scorso, durante
l’assemblea elettiva alla quale
ha partecipato anche il superiore generale p. Rino Benzoni, è stata eletta la direzione
dei saveriani che lavorano in
Congo. Ecco la nuova squadra:
padre Gianni Brentegani è il
superiore, coadiuvato da p.
Giuseppe Dovigo; consiglieri
per i vari settori di attività missionaria sono p. Gianni Pedrotti, p. Faustino Turco e il saveriano congolese Giuseppe Musafiri.
Alla riunione capitolare, tenuta a Bukavu dal 23 al 30
aprile, hanno partecipato 18
delegati dei saveriani che lavorano in cinque diocesi del
Congo. Sono stati approvati
anche due documenti che riguardano l’animazione missionaria e la formazione di giovani che desiderano diventare
saveriani. Scrive padre Dovigo:
“Nonostante il degrado sociale
e politico di questi anni, siamo
convinti che i giovani congolesi sono in grado di accogliere
la chiamata di Dio per un vero servizio alla chiesa universale. Questa è la meravigliosa
forza dello Spirito!”.
SAVERIANE: NUOVA
DIREZIONE ITALIANA
Anche le missionarie di Maria “saveriane” in aprile hanno
eletto la nuova direzione: Ester
Perego è la delegata direttrice
e Giovanna Meana è la vice;
consigliere sono Piera Grandi,
Letizia Manis e Lidia Vermi.
Le saveriane, fondate da madre Celestina Bottega
e da padre Giacomo
Spagnolo, condividono lo stesso carisma
del beato Conforti
per la missione alle
genti. Hanno in Italia
cinque comunità a
Parma, Milano, Venezia, Roma e Oristano.
Sr. Ester Perego
USA: NUOVA DIREZIONE SAVERIANA
Anche i saveriani negli Stati
Uniti hanno eletto il gruppo direttivo. Il superiore p. Ivano
Marchesin è “riconfermato”: significa che aveva fatto bene;
suo vice è p. Alfredo Turco (fratello del Turco eletto in Congo!). Come consiglieri sono stati eletti il saveriano congolese
p. Pasquale Kasanziki, lo statu-
nitense p. Adolfo Menendez e
p. Aniello Salicone.
Negli USA almeno qualcosa
deve essere big, bigger, the
biggest (grande, più grande,
il massimo!). Ebbene, padre
Aniello è in assoluto il pezzo
grosso e peso massimo tra
tutti i saveriani oggi … al governo.
La nuova squadra degli Usa: (da sinistra) p. Pasquale Kasanziki, p. Aniello
Salicone, p. Ivano Marchesin, p. Adolfo Menendez, p. Alfredo Turco
3
2004 GIUGNO
2004 GIUGNO
IL CARISMA DELLA MISSIONE RINNOVA LA CHIESA
LA MISSIONE IN AMAZZONIA
LA MISSIONE IN COLOMBIA
LA MISSIONE DEI SAVERIANI IN AMERICA LATINA
p. PINO LEONI, sx
pagina a cura di p. MARCELLO STORGATO, sx
inceramente, sento sempre più il bisogno di cambiare.
La missione la posso servire meglio se cambio io, se
io mi converto. Più i missionari si convertono, più la missione è meglio servita.
C’è sempre da ricominciare, da tornare alle origini. Fare
in modo che sia Gesù il missionario presente in me e nella comunità, in Amazzonia e nel resto del mondo.
S
La missione forma i missionari
Per il missionario c’è sempre una tentazione in agguato:
quella di credersi il protagonista della missione; quella di
pensare che è lui a fare la missione. Da una parte è vero, perché non c’è missione senza missionari. Ma io sono convinto
che siamo noi i primi ad avere bisogno della missione. È la
missione che forma i missionari.
Credo che tutti noi missionari possiamo arricchirci con le
ricchezze che incontriamo nel servire la missione. Perché noi
siamo servi della missione; e dobbiamo servirla insieme, come comunità. Questa è la grande conversione che ci viene richiesta.
La missione ci cambia nella misura in cui noi missionari ci
sentiamo sì portatori di un dono, ma nella reciprocità. Quando cioè ci mettiamo in atteggiamento di ascolto e accettiamo
lo scambio. Vero missionario non è chi sa formulare belle
teorie, ma chi crede veramente e sente profondamente la presenza di Cristo. Chi vuole portare Cristo in mezzo agli altri,
deve essere disposto a convertirsi insieme a loro.
principale obiettivo è il primo annuncio. Per dedicarci all’annuncio in modo fruttuoso abbiamo bisogno di incontrarci
spesso per aiutarci a riscoprire e sentire profondamente la
nostra identità, a vivere gli atteggiamenti che ci caratterizzano e a metterci continuamente al servizio degli altri. In sintesi, nella misura in cui noi ci unifichiamo attorno alla nostra
identità, potremo dare un servizio migliore alla missione.
Ma c’è anche un’altra strategia: pianificare gli impegni e le
scadenze per non rimanere nel vago. In questo modo, alla fine di un periodo stabilito, si può fare un bilancio del lavoro
svolto e poi continuare il cammino oppure ricominciare altrove, facendo tesoro dell’esperienza fatta. Infatti non possiamo cristallizzarci in una situazione o in un luogo. Per di
più, noi siamo sempre ospiti e non dobbiamo imporre il dono
che portiamo.
Non possiamo essere dei “solisti”
Pur tenendo presente che ognuno ha il suo stile e che per
cambiare occorrono tempi abbastanza lunghi, è più facile
cambiare se siamo d’accordo su una scelta concreta e cerchiamo di arrivarci gradualmente. Inoltre, se noi siamo individualisti, se ogni missionario che arriva cambia impostazione, chi ne soffre di più è la gente.
Nella chiesa brasiliana noi abbiamo un contributo da dare,
secondo il carisma che la famiglia saveriana ha ricevuto. Almeno in teoria, siamo tutti convinti che dovremmo lavorare insieme, come comunità. Il carisma infatti non è proprietà privata. Dobbiamo insistere su questo aspetto nei ritiri spirituali e negli incontri, in modo che cresca la consapevolezza comunitaria.
Vita spirituale e aggiornamento
L’anno scorso abbiamo fatto una settimana di esercizi spirituali con p. Stefano Raschietti, che ci ha presentato la spiritualità missionaria con profondità e competenza. È stata davLe nostre strategie missionarie
Anche noi saveriani abbiamo bisogno di convergere verso vero una bella settimana e ci ha aiutato molto. Erano con noi
obiettivi ben definiti e non generici. Naturalmente, il nostro anche le missionarie saveriane. Ci siamo sentiti parte di una
stessa famiglia e responsabili dello stesso carisma.
Questi incontri sono sempre utili e ci fanno bene.
Anche il periodo di vacanza che ogni missionario ha ogni quattro anni,
può essere sfruttato meglio. È necessario per riposare, per ritrovarsi con
la propria famiglia, gli
amici, i benefattori. Ma
dovrebbe essere anche
l’occasione per fare almeQuasi tutti i saveriani che lavorano nella regione settentrionale del Brasile, radunati per una settimana di no un bel mese di aggioresercizi spirituali ad Abaetetuba. C’erano anche le saveriane che nella foto non compaiono
namento con i saveriani
che vengono da altre missioni. Così cerchiamo di sfruttare
in modo creativo il tempo di vacanza, approfittandone per riflettere,
pregare, verificare noi stessi e per
p. PINO, sx
incontrarci con i fratelli della stessa famiglia misIn generale, ogni attività missionaria, anche di tipo più strettamente pastorale, desionaria. ve adeguarsi alla realtà locale. Il modo di affrontare i problemi cambia a seconda del-
GRUPPI DEL VANGELO E GIUSTIZIA
le esigenze della gente.
el 2001, in Messico, l’assemblea generale dei missionari saveriani ha
pubblicato il documento intitolato “La missione dei saveriani all’inizio
del terzo millennio” e ha dato indicazioni per fare un progetto strategico
di missione. Si richiede a tutta la Congregazione di puntare verso l’unica direzione per cui siamo missionari: il primo annuncio ai non
cristiani, uscendo, anche geograficamente, dal proprio paese di
origine.
Per noi è normale, quindi, essere impegnati nell’attività
missionaria diretta. Ma la Congregazione deve anche garantirsi una continuità. Lo fa con l’animazione vocazionale e la formazione dei giovani, futuri missionari.
Per tutti i Paesi dell’America latina, i saveriani hanno
fatto una scelta verso cui cercano di dirigersi:
“Continuare nel passaggio progressivo dall’attività
pastorale all’animazione missionaria vocazionale, anche
se non sembra possibile un generale immediato sganciamento dalle parrocchie”.
N
Foto di MArcello Storgato
Padre Pino, romagnolo, in Brasile da oltre trent’anni, ha una
ricca esperienza missionaria. È un patito dell’evangelizzazione, sempre in mezzo alla gente, simpatico e allegro. Attualmente è superiore dei 45 saveriani che lavorano nel Brasile settentrionale, sparsi in 4 diocesi.
Durante la CoSuMa, la Conferenza dei Superiori Maggiori dell’agosto 2003, intervistando i superiori saveriani
del Messico, Colombia, Amazzonia e Brasile, ho avuto modo di constatare che i saveriani stanno già lavorando con
convinzione in questa direzione. Gli articoli di questo paginone
lo dimostrano. Spero che siano convincenti anche per i lettori di
“Missionari Saveriani”.
LA MISSIONE IN MESSICO
LA VOCAZIONE MISSIONARIA
Nella famiglia saveriana si sta bene
p. LUIGINO MARCHIORON, sx
Padre Luigino, giovane saveriano padovano, da due anni è il
superiore dei circa 50 saveriani impegnati in Messico. Ci
racconta perché i giovani diventano saveriani e come avviene l’attività formativa.
n Messico noi saveriani abbiamo parecchi animatori
vocazionali e sono tutti giovani sacerdoti. Purtroppo
pochi hanno fatto l’esperienza della missione.
I
Come fate ad avvicinare i giovani?
Orientare i giovani nella vocazione è una grande sfida: significa accompagnare l’individuo in un cammino di responsabilità personale. I messicani, infatti, rispondono molto facilmente alle iniziative collettive. Ma per favorire il discernimento vocazionale occorre stare con il singolo giovane, capire la sua storia e l’ambiente da cui proviene; occorre entrare in contatto con la realtà familiare e sociale, umana e religiosa di ciascuno di essi.
Stiamo lavorando molto in questa direzione, in modo che i
nostri animatori diventino sempre più esperti nell’incontro
personale con i giovani e sappiano utilizzare gli strumenti psicologici e pedagogici più adatti. Abbiamo organizzato il primo incontro
Comunità di base
In 34 anni di lavoro in missione, ho avuto la fortuna di veder nascere tanti gruppi del
vangelo. Alcuni di essi hanno già festeggiato i 25 anni e continuano la loro attività. Nei
gruppi le persone si riuniscono, leggono e meditano il vangelo. Molte parrocchie e diocesi preparano piccole guide per gli incontri. Dobbiamo impegnarci di più sulle comunità di base. Io sono convinto che se le persone si incontrano veramente attorno alla parola di Dio, le comunità di base sono efficaci, anche se il sacerdote non può essere
presente.
L’impegno per la giustizia
Nelle varie diocesi, i saveriani si sono messi a disposizione per svolgere servizi e attività di animazione che toccano anche il campo della giustizia. In ogni area c’è una persona che si occupa dei problemi, forma un gruppo di persone sensibili e coordina gli
sforzi per giungere insieme a una soluzione. In tutta la regione l’esempio più forte è
quello portato avanti dall’équipe della giustizia, in cui i saveriani p. Primo Battistini e
p. Adriano Sella sono impegnati a tempo pieno.
Nel Parà settentrionale è molto acuto il problema della terra, legato anche ai latifondi e alle occupazioni. La gente si sente abbandonata e trova appoggio nelle équipe che si occupano di giustizia e diritti umani, con persone autorevoli e competenti. Al
nord, attorno alla grande città di Belém, molti problemi sono legati alla disoccupazione;
ma di questi si occupano i movimenti sindacali. Ad Abaetetuba, invece, il problema
maggiore consiste nell’educazione e nella formazione.
4
I superiori dei saveriani in America Latina (da sinistra): p. Luigino (Messico), p. Natalio (Brasile sud),
p. Pino (Amazzonia) e p. Mario (Colombia), in agosto 2003
continentale di animazione missionaria vocazionale. Vi hanno
partecipato tutti i saveriani che lavorano in questo ambito in
Brasile, Amazzonia, Colombia, Messico e Stati Uniti. Hanno
riflettuto proprio sui contenuti e gli strumenti utili al promotore vocazionale per avvicinare i giovani che sono nella fase di
ricerca.
Cosa attira i giovani a diventare saveriani?
Spesso la risposta dei giovani messicani è immediata. Sono
attratti molto dallo spirito di famiglia; vi trovano un ambiente fecondo ed educativo. Lo vivono come una grande possibilità di crescita. Non che gli altri missionari non ce l’abbiano.
Certo è che lo spirito di famiglia caratterizza non solo il contenuto della spiritualità saveriana, ma anche le sue manifestazioni più immediate, vivaci e dirette. Il giovane se ne rende subito conto ed è particolarmente colpito da questo modo
di vivere comunitario semplice, fraterno e spontaneo.
E il centro di animazione missionaria?
Il Centro Xavier, famoso in tutto il Messico, è il nostro centro di animazione missionaria. Vi lavorano p. Tiberio Munari,
p. Raffaele Piras e il saveriano messicano p. Alberto Morales
che ha studiato scienze delle comunicazioni. Lavoreranno insieme su un progetto a tappe, in varie fasi. Stiamo cercando di
fare in modo che l’annuncio del vangelo, con qualunque mezzo avvenga - un giornalino o un libro, un semplice dépliant o
una proposta educativa più articolata - sia fatto in modo adatto e comprensibile al pubblico per il quale è destinato.
Il centro si occupa anche della produzione e diffusione di libri. Vogliamo aprirci a tematiche più direttamente missionarie.
Ad esempio, vorremmo aiutare le parrocchie ad essere sempre
più attente ai valori della mondialità.
p. MARIO MULA, sx
La proposta vocazionale
Padre Mario, missionario sardo, è stato superiore in Colombia, dove 15 saveriani lavorano in quattro diocesi.
p. NATALIO FORNASIER, sx
I missionari saveriani sono in Brasile da più di 50 anni. L’anno scorso abbiamo pubblicato le tappe più importanti della
loro presenza. Padre Natalio, superiore fino a pochi mesi fa,
spiega cosa si propongono di fare i sessanta saveriani in otto
diocesi brasiliane.
nche noi in Colombia abbiamo raggiunto una coscienza molto più nitida di quello che dobbiamo fare:
abbiamo potenziato l’animazione missionaria vocazionale.
In ogni comunità un saveriano si occupa di questo a tempo
pieno e vogliamo reimpostare anche le parrocchie secondo
questo criterio.
A
l Brasile è un grande Paese cattolico, ma ha ancora bisogno di essere profondamente evangelizzato. Attualmente noi saveriani siamo in Brasile soprattutto per l’animazione missionaria e per la proposta vocazionale. Il lavoro pastorale nelle parrocchie, oltre a darci un sostegno economico,
ci permette di accogliere e formare i giovani brasiliani per la
missione.
Siamo qui per aprire la chiesa del Brasile alla missione
universale e perché la chiesa brasiliana prenda sul serio l’impegno di annunciare Gesù Cristo ai non cristiani, anche fuori
dal proprio territorio, nonostante la scarsità di sacerdoti. Nessuna chiesa può sottrarsi a quest’impegno.
Il Brasile sta prendendo coscienza della necessità di uscire
dai propri confini. Il tema del convegno missionario nazionale
dell’anno scorso era significativo: “Chiesa del Brasile, la missione è la tua vita”. Qualche vescovo ci chiede di aiutare la
chiesa ad aprirsi verso il mondo intero. Abbiamo bisogno di
centrare maggiormente l’obiettivo.
I
Come fate a ingaggiare i giovani?
I contatti con i giovani avvengono attraverso le comunità parrocchiali e nelle diocesi dove noi siamo presenti. È
un cammino nuovo, iniziato da poco,
non solo per noi ma anche per tutta la
chiesa colombiana. In questo momento
in Colombia non c’è nessun altro istituto missionario che esplicitamente e
così direttamente faccia animazione
missionaria vocazionale. A questo impegno vocazionale ci stiamo attrezzando anche con mezzi moderni. Abbiamo iniziato il giornalino “Misioneros
Javerianos de Parma” proprio per entrare in contatto con molta più gente,
e soprattutto con la gioventù. Con la
collaborazione di padre Fiorenzo Raffaini, di Videomission di Brescia, abbiamo fatto anche un video vocazionale. S’intitola “Que chevere ser misioneros! - Che bello essere missionari!”,
ed è molto apprezzato dai giovani.
La missione senza compromessi
Per attuare quest’obiettivo di apertura della chiesa brasiliana alla missione, dobbiamo impegnarci di più.
Prima di tutto, dobbiamo diventare santi, altrimenti non riusciamo a trasmettere né il messaggio evangelico né il carisma
missionario. Secondo, dobbiamo dire chiaramente ai brasiliani che il nostro carisma è quello di uscire, di andare altrove,
di annunciare il vangelo oltre la cultura e i confini del proprio
Paese. Stiamo insistendo molto su questo punto nella pastorale, nell’animazione vocazionale e nella formazione. Sembra
che qualcosa stia cambiando: chi sceglie di diventare saveriano sa che sarà missionario fuori dal Brasile.
Per quanto riguarda l’attività parrocchiale, non dobbiamo
mai perdere di vista l’obiettivo: far sì che le nostre parrocchie diventino vere parrocchie missionarie, cioè esempio e
modello di come una parrocchia può realmente vivere la missione alle genti.
I saveriani messicani sono un bel numero!
Sono già 120 i saveriani messicani, di cui 40 sono giovani in
formazione. Questo è un fatto positivo di grande speranza,
non solo dal punto di vista numerico. Le grandi doti di sensibilità e di intuizione che caratterizzano i messicani sono una
ricchezza per la missione e per tutta la congregazione.
Dobbiamo fare di tutto per creare quel clima fraterno e libero che fa sentire ciascuno a suo agio e lo incoraggia a dare
il meglio di sé. Dobbiamo abituarci ad accettare le diversità, a
convivere nella fiducia reciproca e ad apprezzare i valori culturali altrui. Per questo occorre un buon esercizio di maturità
psicologica e una buona dose di ottimismo.
Avete anche una teologia internazionale…
A Città del Messico i saveriani hanno una delle loro teologie internazionali: una comunità di giovani saveriani di varie nazionalità, che si preparano al sacerdozio. Io sono convinto che la capacità di vivere con persone di cultura diversa
contribuisce notevolmente alla formazione. Questi giovani
giungeranno in missione più preparati, più convinti e allenati
ad accogliere le sfide che il futuro riserverà loro.
Una vocazione attraente
IL BRASILE PER IL MONDO
Prepariamo le nuove
generazioni di
persone responsabili
Cosa dite ai giovani per invogliarli?
Noi proponiamo ai giovani la vocazione missionaria in modo diretto, facendo capire loro che se vengono con noi saveriani dovranno uscire dalla Colombia, lasciare la propria terra. È una vocazione dura e cruda come impatto. Se da un certo punto di vista spaventa, dall’altro attrae i giovani a fare
una scelta di donazione completa.
Abbiamo il primo missionario saveriano colombiano, con
una storia tutta particolare. Era un giovane brillante, di razza
negra, della parrocchia di Buenaventura e aveva il sogno di diventare saveriano. Era entrato in seminario e avrebbe avuto
una buona prospettiva come sacerdote diocesano. Invece, ha
lasciato tutto per venire con noi. Ha fatto il noviziato in Messico, ha studiato il francese a Parigi e ora è missionario in
Congo. È padre Gerardo Pretel.
Foto di Angelo Costalonga
Non più da soli, ma insieme
MISSIONARIO È BELLO!
LA MISSIONE IN BRASILE
Foto di Angelo Costalonga
LA MISSIONE CONVERTE IL MISSIONARIO
COSA FANNO DI SPECIALE
I SAVERIANI
p. MARIO MULA, sx
“Chiesa del Brasile, la missione è la tua vita”
L’animazione vocazionale nelle parrocchie
In varie parrocchie organizziamo tutti gli anni una settimana di animazione missionaria vocazionale. Accostiamo soprattutto i giovani. Parliamo con loro della missione e della
vocazione missionaria. La sera si organizzano incontri anche
con gli adulti, cercando di far capire che anche loro sono responsabili per suscitare le vocazioni.
Facciamo questo lavoro sempre in équipe, composto generalmente da due saveriani e due saveriane. In futuro parteciperà anche qualche laico, perché appaia che tutti sono chiamati alla missione, anche se in modi diversi.
Sono interessanti le iniziative portate avanti nella parrocchia
dove lavora p. Dante Volpini. Tutte le comunità che compongono la parrocchia si attivano per sostenere i missionari in
Mozambico e per aiutare i giovani che studiano per diventare
saveriani. Ogni anno, inoltre, organizzano un festival della
canzone missionaria. In questa parrocchia i cristiani stanno
formandosi a una mentalità veramente aperta al mondo. In Colombia c’è un forte contrasto tra la situazione
così drammatica a livello sociale e umano, con la guerriglia e la violenza, e la tranquillità della chiesa che
continua nella sua opera normale, in una realtà che
normale non è. Noi missionari abbiamo sentito il bisogno di reagire. La nostra non è una presa di posizione, ma un’azione di cambiamento ispirata dal vangelo. Stiamo preparando le nuove generazioni perché
siano composte di persone responsabili, che non accettino determinate situazioni e aprano gli occhi alla
realtà così com’è, fatta di ingiustizie, corruzione, denaro facile attraverso il narco-traffico.
Stiamo passando da una pastorale tradizionale a
una pastorale più evangelizzatrice. Nel lavoro pastorale
quindi scegliamo stili evangelizzatori. Stiamo puntando, ad esempio, sulle comunità ecclesiali di base, sulla
formazione dei leader, sulla responsabilità dei laici.
Nelle piccole comunità, sparse nel territorio della
parrocchia, cerchiamo di riunire i cattolici che vivono vicini. A volte sono dieci o quindici, ma si incomincia da
un nucleo. Non sono semplici gruppi di preghiera. Certo, pregano anche; ma si basano soprattutto sulla vita
cristiana: studiano la parola di Dio, partecipano alle
celebrazioni settimanali, gestiscono i servizi sul territorio con attenzione alle necessità della gente.
È un tessuto che va creandosi lentamente, poco a
poco. Dopo 4 secoli di mentalità sacramentale, cambiare è difficile; ma rappresenta anche una sfida bella
e interessante. Questo richiede a tutti noi saveriani un
cambiamento di mentalità e di approccio. Devo dire
che dovunque c’è molta vivacità ed entusiasmo.
5
2004 GIUGNO
2004 GIUGNO
IL MONDO IN CASA
SUD/NORD NOTIZIE
Sempre più grande
e diversa
Il 1 maggio dieci nuovi Paesi sono entrati a far parte dell’Unione Europea e della Nato. Appare
strano che le merci possano circolare da subito, mentre i lavoratori dovranno aspettare ancora due anni “in quarantena”.
Tanto ricca, tanto povera.
Denis Viénot, presidente di Caritas Europa, ha presentato al
Parlamento europeo un rapporto
dal titolo: “La povertà in Europa: il bisogno di politiche orientate alla famiglia”. Dallo studio
emerge che la povertà può essere
una condizione momentanea nella vita delle persone oppure cronica da cui è difficile uscire. L’indigenza diventa così terreno fertile per droga, alcolismo o altre
dipendenze che a loro volta sono causa di impoverimento. Tra
le priorità il presidente di Caritas Europa ha indicato politiche
di accoglienza e assistenza all’infanzia, ai “bambini di strada”
Europa: il rovescio della medaglia
soprattutto nei Paesi dell’Est,
maggior impegno per l’assistenza a domicilio e una politica europea per la riunificazione delle
famiglie di immigrati.
L’Aids contagia l’Est. Un
rapporto del Programma delle
Nazioni Unite per lo sviluppo
(Undp) ha evidenziato un aumento della diffusione del virus
Hiv nei Paesi dell’Europa orientale. Nella sola Russia al primo
di febbraio erano 264 mila le
persone infette, ma l’epidemia
cresce in Bielorussia, in Ucraina, Estonia, Lettonia e Moldavia. “Solo lo sviluppo completo
della democrazia nei Pesi dell’Est è in grado di proteggere i
diritti delle persone colpite dal
virus” ha detto il direttore dell’Undp, Malloch Brown.
Armi e guadagno
Cresce l’esportazione di armi. Uno studio del Sipri, l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma, ha rivelato
che nel mercato mondiale degli
armamenti nel 2003 il giro d’affari dell’Unione europea ha superato quello degli Stati Uniti. I
membri della Ue detengono ormai oltre un quarto del mercato,
con un volume di esportazioni di
circa quasi 5 miliardi di dollari.
Gran Bretagna, Francia e Germania hanno oltre l’80% del giro
d’affari continentale. L’esportazione bellica italiana nel 2003 ha
registrato un aumento delle nuove autorizzazioni di quasi il 40%
nonostante la legge 185 che prevede il divieto di esportazione di
prodotti bellici a Paesi in guerra,
sotto embargo internazionale per
il mancato rispetto dei diritti
umani o che spendono più per le
armi che per il proprio sviluppo.
È accaduto così che la Cina, sotto embargo Ue, sia il terzo miglior partner dell’Italia.
L’export di armamenti continua a rappresentare una quota rilevante del Pil dei Paesi industrializzati. Lo stock globale di
armi continua a crescere, l’anno
scorso si contavano almeno 639
milioni di armi leggere. È stato
riscontrato, inoltre, che in Europa
i 15 Paesi dell’Unione Europea
detengono da soli 84 milioni di
armi da fuoco, che l’80% di questo totale è nelle mani di civili e
che il numero di armi detenute
illegalmente supera quello delle
armi legalmente in circolazione.
La diffusione di armi leggere
ha un impatto forte in caso di
guerra aperta anche sullo sviluppo del Paese. Si può avere, infatti, una perdita diffusa di personale in settori vitali dell’economia, una paralisi dell’industria e
dei cicli di colture, un aumento
dei costi legati alle cure dei feriti. Ad andare in tilt, a scapito del-
MISSIONI NOTIZIE
Diritti violati
Vietnem: cristiani in fuga.
Molti cristiani indigeni abitanti
degli altipiani del Vietnam centrale, stanno fuggendo nella vicina Cambogia dopo la recente
ondata di repressioni. Nel frattempo, l’Alto Commissariato
delle Nazioni Unite per i rifugiati ha dovuto chiudere il proprio ufficio nel nord della Cambogia. L’accoglienza per queste
persone ora diventa più difficile. Gran parte di questi indigeni
sono cristiani protestanti; da 30
anni subiscono espropri di terre e
persecuzioni religiose. Il governo vietnamita non riconosce i loro diritti perché li considera “nemici dello stato” essendosi
schierati con gli Stati Uniti durante la guerra del Vietnam.
Cina: la Pasqua del vescovo. Mons. Giulio Jia, vescovo cinese non riconosciuto dal governo, è stato rilasciato dopo dieci
giorni di detenzione. Gli era stato
permesso di portare con sé i libri
liturgici e l’occorrente per celebrare la Messa nella stanza dell’albergo dov’era in isolamento.
“È stata dura celebrare la liturgia
della settimana santa e della Pasqua senza i miei fedeli e i miei
sacerdoti” ha dichiarato mons.
Giulio al suo rilascio. “L’unica
cosa che potevo fare era pregare e
aspettare con pazienza”.
6
Cristiani martirizzati. Due
missionari evangelici statuniten-
si, Warren e Dona Pett, sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco
da un gruppo di uomini armati
non identificati nel nordovest
dell’Uganda. I due missionari lavoravano come insegnanti per
l’organizzazione non governativa
“Here is life”.
In Pakistan, un giovane cattolico di 19 anni, Javed Anjum, è
stato ucciso da estremisti islamici dopo 5 giorni di atroci torture
inflitte per convertirlo. Il caso ha
suscitato le proteste della comunità cristiana che ha deciso di citare in corte i responsabili. La
partecipazione di alcuni ragazzi
islamici al digiuno quaresimale e
la condivisione di una giornata
di digiuno durante il ramadan da
parte degli allievi cristiani sono
la dimostrazione di come la comunità cristiana in Pakistan si
sia sempre dimostrata aperta al
dialogo con l’Islam.
Non solo numeri
La chiesa Cattolica cresce
nel mondo. Secondo l’ultima
edizione dell’Annuario Statistico
(2002) edito dall’Editrice vaticana, negli ultimi 25 anni il numero
dei battezzati ha avuto un incremento del 151% in Africa. Meno accentuato il progresso in
America e in Asia. Dalla distribuzione dei cattolici battezzati
nelle varie aree geografiche emerge che il continente America raccoglie il 50% dei cattolici del
mondo, mentre l’Europa si ferma
al 26%. Nonostante questi dati,
la distribuzione del clero tra i
continenti è caratterizzata da una
forte prevalenza di sacerdoti europei. Il numero complessivo di
sacerdoti ha subito una flessione,
in modo particolare in Europa;
sono invece aumentati i sacerdoti locali in Asia, Africa e America.
Corea del Sud: laici forza
evangelizzatrice. Sono oltre
130.000 i cattolici coreani all’estero, una vera e propria forza
evangelizzatrice presente in 60
Paesi. Fra loro vi sono 172 sacerdoti e 121 suore. Oltre la metà dei cattolici coreani all’estero
vive in Nord America. Queste cifre testimoniano la vitalità e la
forza missionaria della chiesa
coreana. Il laicato cattolico, in
modo particolare, è un esempio
di vivacità, dinamismo, maturità
e capacità di evangelizzare.
Ruanda: appello del Papa.
“Sono trascorsi dieci anni da
quando in Ruanda scoppiarono
l’intera popolazione, sono anche
i servizi sanitari ed educativi e il
sistema dei trasporti.
Sudan, Uganda, Ruanda, Burundi e Congo e altri sei Paesi
della regione dei Grandi Laghi
hanno firmato a Nairobi un’intesa
per la messa al bando della fabbricazione illegale, del traffico,
del possesso e dell’abuso delle
armi leggere e di piccolo calibro.
In Liberia prosegue il disarmo delle fazioni liberiane, ma
non basta. “Per una pace vera occorre andare oltre e affrontare i
nodi politici ed economici che
sono alla base della lunga crisi
liberiana”. Lo ha affermato p.
Mauro Armanino, missionario
nel Paese africano. Liberia, Costa
d’Avorio, Sierra Leone, Guinea,
sono tutte crisi legate le une alle
altre e alimentate dalle stesse reti di traffici e complicità internazionali. “Le armi qui sono arrivate in container scaricati da
mercantili, non con la piroga. Vi
sono grandi organizzazioni criminali che trafficano in armi,
droga, legname e diamanti e che
alimentano i conflitti africani per
perpetuare i loro traffici. È ora
che la comunità internazionale
s’occupi di questo problema se
vuole affrontare alla radice le
cause delle guerre africane”.
Mine. Il governo tedesco ha
contribuito allo sminamento del
territorio della Guinea Bissau.
Lo ha fatto attraverso la Caritas e
l’organizzazione “Humaid”, fondata dal 1999 da un gruppo di
reduci di guerra guineiani e specializzata nello sminamento. Dal
2000 ad oggi “Humaid” ha distrutto 2.494 mine e oltre 14 mila ordigni inesplosi. Dal 1998 la
Caritas Germania è tra i partner
maggiori della rete di solidarietà
che aiuta la Caritas della Guinea.
L’obiettivo fissato per il 2004 è
quello di dichiarare la capitale
Bissau libera dalle mine per poi
procedere a liberare da questa
minaccia anche l’interno del
Paese.
IL BILANCIO
C.S.A.M. R.I. 50127 - Bilancio d’esercizio
al 31.12.2003 in forma abbr. ex art. 2435 bis C.C
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MESSAGGI DALLE CHIESE
MISSIONARI SAVERIANI PER LA PACE
Noi Missionari Saveriani d’Italia ci sentiamo in comunione con tutti i
missionari e le missionarie che operano nel mondo intero. Preoccupati per le drammatiche situazioni di tanti popoli per i quali dedichiamo la vita intera per vocazione, facciamo nostre le parole del Papa
nella Giornata mondiale per la pace 2004: “Per il cristiano proclamare
la pace è annunciare Cristo che è la nostra pace; è annunziare il suo
vangelo, che è vangelo della pace; è chiamare tutti alla beatitudine
di essere artefici di pace”.
Queste parole sacre interpellano noi missionari e l’intera società
umana per essere veri costruttori di pace in mezzo all’umanità ferita, attraverso un impegno instancabile e univoco a favore della giustizia e
della pace.
Esprimiamo il nostro “no” a ogni guerra, a ogni forma di oppressione e terrorismo, a ogni facile e indiscriminato commercio di armi.
Conflitti armati, ormai cronici, hanno soltanto causato milioni di vittime in tanti Paesi d’Africa, d’America latina, d’Asia e in Medio Oriente.
È ora di fare un’inversione di marcia, per dare spazio al dialogo e alla
non violenza, per la riconciliazione dei popoli nell’equità.
Siamo convinti, noi Missionari, che le Nazioni Unite e l’Unione Europea debbano assumere responsabilmente la loro funzione mediatrice e pacificatrice nei conflitti in corso.
Richiediamo perciò ai responsabili anche della nostra Italia, al governo e all’opposizione indistintamente, un forte e deciso impegno a livello politico e diplomatico a favore di una soluzione dei conflitti, per
una convivenza dei popoli e per il rispetto dei diritti umani.
Esortiamo i massmedia a non prestarsi al gioco dei poteri e dell’audience, ma ad essere attenti alle situazioni dei popoli, facendo emergere con trasparenza la verità dei fatti, dei comportamenti e degli interessi che soggiacciono a tutti i conflitti.
Siamo solidali con tutte le famiglie, italiane e di ogni altra nazionalità, che sono in attesa di riabbracciare i propri figli, mentre esortiamo i giovani a scegliere impieghi lavorativi “civili” e che non comportano impiego o produzione di armi.
Nella fede affidiamo le sorti dell’umanità al Padre universale, mentre
preghiamo Cristo Crocifisso che si è fatto obbrobrio dell’umanità per
portare la riconciliazione nelle coscienze e restituire ai popoli la speranza di formare una sola famiglia.
gravi scontri tra hutu e tutsi, culminati nel genocidio, in cui vennero barbaramente uccise centinaia di migliaia di vittime. A
voi, care popolazioni, capi reli-
DIALOGO E SOLIDARIETÀ
giosi e civili, e a tutti voi che
nella comunità internazionale,
vi impegnate generosamente per
portare la pace nell’amata Regione dei Grandi Laghi, io dico:
non vi scoraggiate! Siate costruttori della civiltà dell’amore, animati dalla parola del Salvatore. Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio”.
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ESERCIZIO
ESERCIZIO
SAVERIANI IN CIELO
P. GIUSEPPE MILAN, SX
P. SERAFINO CALZA, SX
Il Signore
della vita ha
chiamato a
sé padre Giuseppe Milan.
Da alcune
settimane si
trovava all’ospedale
maggiore
di Parma ed è deceduto il 14
maggio scorso.
I funerali si sono svolti lunedì 17 maggio, il giorno del suo
85mo compleanno, nel santuario del beato Conforti a
Parma.
Padre Giuseppe era nato a
Poleo di Schio, in provincia di
Vicenza. Era entrato tra i saveriani all’età di 25 anni e fu missionario in Sierra Leone per più
di trent’anni, dal 1956 al 1998.
Si distingueva per il suo portamento nobile e gentile con tutti. In Sierra Leone si era preso
cura degli handicappati, ciechi
e lebbrosi.
Mentre stiamo andando
in stampa, riceviamo la
notizia della
morte di un
altro grande
pioniere della missione
saveriana in
Sierra Leone: padre Serafino Calza. Avrebbe compiuto 88
anni alla fine di maggio, ma il
18 maggio, è deceduto all’ospedale dei fatebenefratelli di
Lunsar, dove era stato ricoverato da due giorni per curare
una broncopolmonite.
Originario di Castelvetro, in
provincia di Piacenza, ha fatto
parte dei primi saveriani giunti
in Sierra Leone, dove ha lavorato, con un entusiasmo sempre rinnovato, praticamente
per tutta la vita. Padre Serafino
è stato sepolto sotto le palme
della casa saveriana di Makeni,
in terra africana.
LETTERE AL DIRETTORE
p. Marcello Storgato
MISSIONARI SAVERIANI
Via Piamarta 9 - 25121 Brescia
E-Mail: [email protected]
Pagina web: saveriani.bs.it/missionari_giornale
MISSIONARI E
CITTADINI VERI
Caro direttore,
siamo stupiti del clamore che si sta verificando intorno alla notizia del sequestro dei lavoratori italiani
in Iraq e nel contempo siamo molto vicini alle loro famiglie con le quali condividiamo ansie ed angosce,
perché nel 1999 abbiamo vissuto la stessa triste esperienza.
Quando nostro figlio, missionario saveriano, è stato sequestrato dai ribelli in Sierra Leone, abbiamo
trascorso giorni veramente terribili che abbiamo potuto sopportare solo con la vicinanza ed il sostegno
di tante persone amiche.
In quel frangente lo Stato e le sue istituzioni, i grandi conduttori della televisione, i mass media in generale,
ad eccezione di quelli locali, non hanno dato molto risalto a questo fatto, benché oltre ai sei missionari saveriani fossero state rapite anche sei suore di Madre Teresa e più di una decina di lavoratori indiani.
Certo non si trattava di italiani veri in quanto molte persone erano extracomunitarie e i saveriani, si sa,
sono cittadini del mondo che però sanno aiutare la gente bisognosa senza ricevere un compenso, se
non quello del Signore.
Mi spieghi, per favore, la motivazione del diverso interessamento per due casi, a nostro avviso, simili.
Cordiali saluti.
Emi e Giuseppe, Toscolano, BS
Cara Emi, caro Giuseppe,
grazie per avermi inviato questa vostra lettera, che mi ha fatto riandare con la mente e con il cuore a quei tempi così angosciosi e drammatici. Li abbiamo vissuti insieme, voi genitori e
noi missionari, perché tutti - voi lo sapete bene - ci sentiamo della stessa famiglia. Proprio per questo, come voi scrivete, siamo
capaci di comprendere l’angoscia e le paure di ogni nuovo rapito, di ogni torturato, di ogni persona vittima dei conflitti armati. Ma veniamo ai tre aspetti importanti da voi toccati.
1. I mass media dovrebbero dare informazioni, approfondire situazioni, aiutare gli spettatori a seguire e comprendere, dare voce alle cause giuste… Purtroppo oggi sono pochi i pro- Fr. Guglielmo e p. Girolamo alla Messa di
ringraziamento, dopo la liberazione
grammi che svolgono un lavoro serio. Spesso mirano a fare spettacolo, a creare la notizia piuttosto che dare informazione. Alla
fine, il danno è più del guadagno. Più che il chiasso, è efficace l’azione diretta e discreta.
2. L’azione deve essere iniziativa degli organismi competenti, soprattutto a livello diplomatico e di contatto. A volte lo fanno; altre volte meno. Molto dipende dalla disponibilità delle persone che occupano un
incarico. C’è da dire che non è mai facile seguire casi come rapimenti e sequestri. Io sono convinto, tuttavia, che la migliore iniziativa sia sempre quella preventiva. Creare e mantenere il più possibile rapporti
di pacifica convivenza e di buon vicinato, è sempre più efficace che correre dietro ai ladri! Purtroppo, la
diplomazia non sempre apprezza le cose facili.
3. Gli italiani veri: chi sono? Spero che i missionari e le missionarie siano tra i migliori italiani, in qualunque parte si trovino. Valgono molto, per quello che sono e per quello che fanno per il bene dell’umanità,
anche se non curano gli interessi di compagnie, banche o imprese. Ormai ci hanno “sequestrato” perfino
il linguaggio: gli eserciti vanno in “missione di pace”; i militari sono “soldati di pace”… A noi missionari, tutt’al più, chiamano “pacifisti”, come dire …poveri illusi.
Non ci resta che sperare nell’aiuto del Signore, che è vicino a coloro che a lui si affidano:
a noi figli vostri; a voi nostri familiari; ai popoli che amiamo fino a dare la vita.
p. Marcello, sx
SOLIDARIETÀ
CON I MISSIONARI BURUNDESI
PICCOLI PROGETTI
La diocesi di Gitega in Burundi, che nel 1999 ha festeggiato i cento anni dall’inizio dell’evangelizzazione,
ha abbondanza di religiosi e religiose, missionari laici e
sacerdoti diocesani. Per questo, il vescovo, mons. Ruhuna, ha preso un’iniziativa sorprendente: mandare
alcuni sacerdoti della chiesa locale in aiuto a diocesi
africane più povere di personale.
Dopo la tragica morte di mons. Ruhuna, ucciso nel
1996, mons. Simone Ntamwana ha portato avanti il
progetto del suo predecessore ed ha inviato i primi
due sacerdoti in missione in una diocesi del Camerun,
priva di clero.
Così sono partiti per Ngaunderé don Jean Kadende
e don Claver Basikusankana, mentre un terzo si sta
preparando a partire.
La chiesa di Gitega ha coinvolto tutti i cristiani, raccogliendo il necessario per pagare il biglietto e per le
necessità dei primi sacerdoti missionari, ma avrebbe
bisogno anche di altri mezzi. Ci rivolgiamo a tutti i
lettori di “Missionari Saveriani” chiedendo loro di dare una mano per poter consolidare e allargare questa
iniziativa missionaria africana. Il progetto è stato suggerito da padre Rino Benzoni, superiore generale dei
saveriani.
3/2004 – MAKENI
Aule per la Scuola Conforti
Nella località “Mile 91” in Sierra Leone,
occorre ampliare la Scuola Secondaria Vescovo Conforti, per soddisfare alle richieste di educazione della gioventù. Occorrono sette aule e il mobilio scolastico, per
una spesa complessiva di 50.000,00 euro.
La scuola è importante!
• Responsabile del progetto è il vescovo saveriano mons. Giorgio Biguzzi
•••
4/2004 – CAMERUN
Con i missionari burundesi
La diocesi di Gitega in Burundi ha inviato
tre sacerdoti a Ngaunderé, in Camerun,
una chiesa povera di clero. I sacerdoti hanno bisogno di aiuto e mezzi per realizzare
la loro missione e far sì che l’iniziativa possa continuare. Chiediamo volentieri una
mano...
• Responsabile del progetto è mons.
Simone Ntamwana, vescovo di Gitega,
Burundi
Chi desidera partecipare alla realizzazione
di questi progetti, può utilizzare l’accluso
Conto corrente postale, oppure può inviare l’offerta direttamente al C/c.p. 00204438,
intestato a:
Procura delle Missioni Saveriane,
Viale S. Martino 8 - 43100 PARMA
Mons. Ntamwana (a destra) con suore e sacerdoti missionari
Si prega di specificare l’intenzione
e il numero di Progetto sul C/c.p. Grazie.
2004 GIUGNO
ALZANO
24022 ALZANO L. BG - Via A. Ponchielli, 4
Tel. 035 513343 - Fax 035 511210
E-mail: [email protected] - C/c. postale 233247
Con la stoffa del missionario
La visita gradita di Leonardo
n pomeriggio d’inverno,
con il cielo grigio, stavamo discutendo dei soliti problemi che non si sa bene come risolvere. Chi più chi meno, un
po’ di grattacapi ce li hanno tutti, anche noi missionari.
Suona il campanello della porta.
Andiamo ad aprire. Si presenta
davanti a noi
un ragazzo.
Era solo. O
meglio, lo
dirà lui stesso, c’erano
anche altri
U
Leonardo, tredici anni, e tanto
spirito missionario
ragazzi fino a poco prima; ma solo lui ha avuto il coraggio di giungere alla porta della casa dei missionari e suonare, mentre gli altri
erano filati via.
Un ospite con il
cuore di amico
Si presenta. “Mi chiamo Leonardo, ho tredici anni, frequento
la scuola Paolo VI. Vengo da
Agri, una frazione di Alzano
Lombardo. Sono entrato da poco
nel gruppo missionario Belem”.
Poi continua dicendo che è emozionato e che il cuore gli batte
forte. Desidera parlare con alcuni missionari veri.
Padre Marino ed io ci guardiamo in faccia e, stupiti per questo
inatteso ospite, lo invitiamo ad
entrare. Si siede e si rilassa, mentre continua a parlare come una
macchinetta inarrestabile. Il suo
volto esprime soddisfazione, i
suoi occhi sono raggianti. Leonardo ci parla dei suoi amici, del-
p. SILVANO DA ROIT, sx
la scuola, dei suoi interessi, delle
cose belle della vita, della sua famiglia, del suo impegno di chierichetto, della sua fede, del gruppo missionario che ha cominciato a frequentare…
Il discorso fila via veloce, senza intoppi, toccando tanti argomenti. In pochi minuti ci ha comunicato una serie impressionante di notizie, che lo riguardano
in prima persona, come se fossimo degli amici che da tanto tempo non vedeva. Sembrava desiderasse condividere tutto con noi.
Il pukur in Bangladesh
Presi alla sprovvista da così
tanta fiducia e amicizia, simpatia
e semplicità, lo ascoltiamo con
vivo interesse. Aveva letto un articolo dove si parlava del “pozzo
di Ryan” - il bambino che aveva raccolto 25.000 dollari per
costruire un pozzo in Uganda e Leonardo si è messo in testa di
fare altrettanto.
Lettera aperta a Leonardo
…e ai ragazzi come lui
aro Leonardo, condivido le
tue idee sul mondo e sulla
società di oggi. Sai, una cosa mi
ha colpito in particolare: tu non ti
lamenti delle cose storte che vedi
attorno, ma cerchi di darti da fare
per cambiare in meglio e costruire un mondo migliore di quello
nel quale viviamo.
C
8
Non siamo programmati
Purtroppo, come dici tu, tanti
giovani corrono qua e là, si sfiorano, non si salutano, sono chiusi
nei loro pensieri, nei loro studi, nei
loro mondi di sensazioni e di interessi. Ci sono momenti nella vita
in cui non si può andare avanti in
automatico, come se fossimo programmati dal computer della società. In quei momenti, frasi come “ho sempre fatto così” o “lo
fanno tutti” non bastano più.
Allora diventa necessario fermarsi e guardarsi dentro, fare pulizia di tante cose inutili e scegliere qualcosa per cui valga la
pena spendere la propria vita in
un progetto personale. Solo questo ti dà la forza di andare avanti.
Nei momenti in cui siamo maggiormente in crisi e in difficoltà, si
aprono delle possibilità inaspettate e si presentano occasioni formidabili che ci aiutano a crescere.
Certamente bisogna avere le
idee chiare e farsi le domande
giuste: Sei tu che guidi la tua vita,
oppure ti mascheri sotto la scusa
di quello che dicono gli altri? Che
giova guadagnare il mondo intero
se poi uno rovina se stesso?
Qualche buon consiglio…
Caro Leonardo, il motivo per
cui ti scrivo è questo. Mi sembra
di aver capito che tu stai cercando
i veri valori della vita. Posso darti qualche buon consiglio? Guarda con ottimismo a coloro che vivono attorno a te, cominciando
dai familiari, amici e compagni.
Continua ad apprezzare tutti i loro piccoli gesti che servono ad
aiutare e incoraggiare, a creare fiducia e dare speranza. Continua a
compierli anche tu senza scorag-
padre SILVANO
giarti. Di queste cose noi tutti abbiamo bisogno.
Vedi Leonardo, quando Dio ti
ha creato, ha pronunciato su di
te una Parola d’amore e tu sei
nato per realizzarla. Quella Parola è la chiave della tua vita; è
la chiave della tua felicità. Quando io avevo la tua età, ho avuto
la fortuna di intuire che per me
significava fare il missionario e
ne sono davvero felice! Ti scrivo
per dirti che, tra le possibilità di
vita che si aprono davanti a te,
c’è anche questa. Penso di essere autorizzato a farlo, visto che
sono un missionario e mi sembra di capire che anche tu hai
…la stoffa per diventarlo. Leonardo e Sara, con la loro bancarella solidale, per aiutare i missionari
Dopo aver spiegato la sua idea
ai genitori e agli amici, tra cui il
professor Paolo insegnante di religione, ha iniziato a raccogliere dei soldi. In pochi mesi ha
messo insieme una cifra considerevole che vuole destinare alle
missioni, con l’intenzione di fare del bene. Vorrebbe che questa
sua prima offerta andasse per costruire un “pukur” in Bangladesh, dove lavora padre Enzo
Valoti, un saveriano di Alzano
che Leonardo conosce bene. Il
pukur è una grande riserva di acqua piovana a cielo aperto, come ce ne sono a migliaia in tutto
il territorio del Bengala.
Le mani speciali di Sara
Leonardo ci ha raccontato in
che modo si è procurato il denaro. Innanzitutto ha usato i suoi
risparmi; poi le mance ricevute
a Natale dai parenti; qualcosa
hanno dato i genitori; altro è venuto dai compagni di scuola che
lo hanno aiutato. Ci parla con riconoscenza di una sua deliziosa
amica, Sara: “ha due mani speciali con le quali costruisce oggetti molto belli da vendere e il
ricavato va per le missioni”. In
futuro vorrebbe aiutare altri missionari. Per questo è venuto da
noi a chiederci se ci sono altri
progetti da sostenere.
Noi gli facciamo vedere il nostro mensile “Missionari Saveriani”, dove ogni mese vengono
segnalati progetti concreti portati avanti dai saveriani. Considerato che sono ragazzi, suggeriamo loro che potrebbero impegnarsi ad aiutare altri ragazzi
meno fortunati di loro.
Un desiderio del cuore
Leonardo ci dice che si è sentito accolto calorosamente e che
è stato molto felice di aver fatto
la nostra conoscenza. Ripete che
è felice di poter fare qualcosa
per le missioni. Anche noi siamo molto contenti che Leonardo, insieme agli amici, aiuti le
missioni con i progetti; ma nel
nostro cuore è nato un desiderio:
che donasse se stesso, diventando missionario. È chiedere troppo al Signore? A noi sembra di
no. Per questo l’abbiamo detto
anche a Leonardo, perché ci
pensi un po’.
PROSSIMI APPUNTAMENTI
Per i giovani
Ritiro: domenica 27 giugno, ore 14,30
“Missione: sulla stessa barca con Pietro”
DIO NON PRODUCE IN SERIE!
S. DA ROIT
I soldi raccolti da Leonardo serviranno a costruire una riserva d’acqua in
Bangladesh, dove è missionario p. Enzo Valoti (nella foto)
Noi siamo abituati alle cose fatte in serie; Dio no! Dio progetta
ognuno di noi in modo originale. Ogni persona è un dono di Dio,
creato dalle sue mani piene d’amore. Fin dalla nascita, siamo fatti in
modo tale che abbiamo dentro tutto quello che ci serve per poter superare i problemi e vivere felici per tutta la vita. Ognuno di noi può essere davvero felice solo se scopre il pensiero di Dio quando l’ha messo
al mondo e cerca di viverlo. Ci sono tanti modi per vivere la propria vita secondo il pensiero di Dio e aiutando gli altri.
Il desiderio della felicità è dentro ciascuno di noi. Purtroppo molti
fraintendono la felicità e la riducono al piacere o al risultato immediato. Una volta raggiunto l’obiettivo, sono risucchiati in una spirale insaziabile che crea dipendenza, delusione e solitudine. Tante cose che
noi intendiamo come felicità non hanno nulla a che fare con essa e
vanno nella direzione opposta: creano infelicità.
È necessario diventare liberi, distaccarsi da ciò che non vale, imporsi una certa disciplina, sottoporsi al lento e graduale esercizio della
crescita spirituale e umana che il vangelo di Gesù Cristo ci indica. Bisogna smettere di adorare se stessi ed il proprio piccolo mondo. Allora tante cose perdono il loro fascino. Quando ci lasciamo illuminare da
Dio, riusciamo a scoprire i veri tesori della vita.
2004 GIUGNO
BRESCIA
25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9
Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781
E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259
Sui pedali per aiutare gli altri
Un atleta bresciano davvero speciale
ngiolino Tomasi è un maestro di tennis, ha 37 anni
e una passione: la bicicletta. In
sella alla sua mountain bike ha
partecipato ad alcune gare
“estreme” per la lunghezza del
percorso e le condizioni am-
A
Angiolino Tomasi in Alaska
bientali. Durante la preparazione di questi appuntamenti ha incontrato tante persone, che sono
diventate importanti per la sua
vita non solo di atleta. L’abbiamo intervistato.
Come sei passato dal tennis
alla bicicletta?
Mio padre era allenatore di
una squadra ciclistica. Voleva
che corressi in bici e diventassi
un campione. Ma mi è stato
talmente addosso che io, invece, ho scelto di giocare a tennis. La cosa è iniziata con semplicità, contro i muri di una
chiesa. Poi mia madre mi ha
iscritto a un corso; mi sono trovato bene e ho continuato.
L’anno in cui mio papà è morto
ho cominciato a correre in bici
e in seguito è nata quest’idea
dell’avventura.
Un’oasi dello spirito
Incontro di preghiera a San Cristo
GRUPPO RnS
utto ha avuto inizio durante una passeggiata per la
stradina che da Santa Giulia porta verso il Castello. Eravamo in
cerca di una chiesetta dove poter
fare un cammino di preghiera
con i giovani. È così che siamo
capitati, quasi per caso, al portone del complesso di San Cristo
e abbiamo conosciuto i missionari saveriani.
T
Rinnovamento
nello Spirito
Grazie alla loro accoglienza abbiamo iniziato ad incontrarci mensilmente. I due chiostri e la cappella dei missionari ci hanno permesso di gustare un clima di raccoglimento che favorisce la preghiera e la condivisione, in pieno
centro storico e con il vantaggio
di arrivare in macchina direttamente sul posto.
8
Attualmente questa esperienza
coinvolge tutto il nostro gruppo
del Rinnovamento nello Spirito,
che si raduna ogni giovedì. Un
paio di volte al mese s’incontra,
per momenti di condivisione e
lavoro, anche la comunità Agape, un piccolo gruppo di fratelli
e sorelle che, sempre nel cammino del Rinnovamento nello
Spirito, sono impegnati nel campo dell’evangelizzazione.
A volte organizziamo giornate di incontro con gruppi di giovani provenienti anche da fuori
Brescia, come a dicembre,
quando le sorelle della Fraternità Tenda di Dio hanno incontrato una ventina di giovani di
Como.
Un incontro del gruppo Rinnovamento nello Spirito in casa dei saveriani
DIEGO PIOVANI
Ma perché hai scelto le gare
“estreme”?
Sono sempre stato attratto da
questi pionieri che giravano il
mondo a piedi, in bici e mi dicevo: “Prima o poi farò anch’io
qualcosa del genere”. Sono sempre stato un esploratore; e anche
un solitario. L’idea del viaggio
estremo, per quanto mi riguarda, è
nata da una forte insicurezza. Si
è trattato di una forma di riscatto
per non essere riuscito a sfondare
come professionista nel tennis.
Poi hai incontrato il missionario Enzo Missoni…
Mi sono accorto negli ultimi
anni, durante le competizioni in
Australia e Nuova Zelanda, che
una grossa componente del mio
fattore agonistico cominciava a
venire meno. Non avevo più voglia di gareggiare per un trofeo.
Ci sentiamo a casa
Ogni volta che oltrepassiamo
il portone, in macchina o a piedi,
la sensazione è di sentirci a casa; la sensazione di una silenziosa accoglienza paterna, segno
della Provvidenza del Padre che
si rende visibile a noi nel concreto. Siamo particolarmente
grati per l’ospitalità di padre Rosario e di tutti i saveriani della
comunità.
È bello riscoprire la possibilità di una comunione semplice,
forse fatta di poche parole, ma
che si vive nei fatti.
Per noi, sono le porte della
chiesa che si aprono per accoglierci, proprio attraverso quelle
di una casa che ha già una storia
secolare e importante, prima come monastero, poi come seminario diocesano, e che continua
ad averla come comunità di missionari impegnati nella diffusione dei valori evangelici in Italia
e in tutto il mondo.
Luogo di spiritualità
Da quest’anno ci riuniamo in
un ampio salone al primo piano,
dopo aver attraversato tutto il
chiostro interno; da qui si gode
un bellissimo scorcio della città
sottostante e anche verso il verde che circonda il Castello, situato appena più in alto.
Confessiamo un nostro segreto desiderio: che la chiesa di
San Cristo venga riaperta al
pubblico, non solo come monumento d’arte, ma come luogo
della spiritualità cristiana e missionaria, così da incoraggiarci a
riscoprire più in profondità la
bellezza della nostra fede e storia cristiana.
Sentivo il desiderio rendermi utile, ma non sapevo come.
Lo stesso anno in cui mi stavo
allenando per la gara in Alaska
ho conosciuto Enzo Missoni,
missionario laico che lavora in
Burkina Faso, fondatore del
Centro Oasis. Parlando con lui,
mi è venuta l’idea di far arrivare
alcune biciclette in Africa. Gli
ho chiesto se mille sarebbero state sufficienti per coprire le esigenze della sua missione e di altri villaggi vicini, e da lì è nata la
nostra collaborazione.
Come hai conosciuto i missionari saveriani?
Ero venuto a vedere la mostra
sugli indio kayapò e avevo
espresso il desiderio di fare del
volontariato, per un paio di mesi, in Indonesia. Poi ho chiesto se
era possibile montare un documentario sulla missione di Koudougou dove opera Enzo Missoni, per mostrarlo negli oratori e
nelle scuole elementari. In questo modo ho conosciuto p. Fiorenzo Raffaini, direttore di Videomission, che mi ha fornito le
attrezzature per il viaggio in Alaska. Inoltre, padre Rosario, rettore dei saveriani di Brescia, ha
messo a disposizione il garage
per la raccolta delle bici che sono
custodite in vari posti della città.
Come sta andando il progetto delle bici?
Sta andando bene, anche se allenandomi molto non ho tempo
per seguirlo come vorrei. Per
questo ho affidato il progetto all’associazione “Cuore estremo
onlus” da me fondata e che ha
sede a Brescia.
Si tratta di biciclette che i bre-
Alcune delle mille biciclette che
Angiolino porterà in Burkina Faso
sciani tenevano nelle loro cantine, ancora funzionanti. A giugno
partiranno per il Burkina Faso.
Una signora finanzierà per metà il viaggio in container, che
costa quasi 7.000,00 euro; sto
cercando finanziatori per l’altra
metà. Impiegheranno un mese e
mezzo ad arrivare; ci vorrà un
altro mese per sdoganarle. Io
partirò in settembre, in bicicletta,
e dovrei riuscire a far coincidere
il mio viaggio con la distribuzione di tutto il carico. Non sarà
una gara; la vivrò con i miei ritmi, senza pensare di essere in
competizione con qualcuno.
Insomma, ti piace fare da
testimonial!
Sì, mi piacerebbe poter focalizzare la mia attenzione su un’unica
missione ed aiutarla. Vorrei anche
poter continuare a viaggiare molto, senza per questo perdere di vista ciò che accade nella nostra città. È bello poter contribuire a migliorare, almeno un po’, le condizioni di vita degli abitanti dei luoghi che vado a visitare.
LE NOZZE D’ORO DEI TAINI
Sabato 1° maggio sono successe tante cose. Una è stata particolarmente intima e familiare, ed è successa nella casa dei missionari saveriani
a Brescia. Ettore e Domenica Taini hanno celebrato le Nozze d’oro.
A far corona, c’erano i figli e i nipotini, gli amici e le amiche più intime, i missionari e padre Walter, tornato apposta dal Brasile. C’era anche
il Gruppo missionario di Rezzato, in cui mamma Domenica è stata attiva da sempre, accompagnato da un’amica speciale e coraggiosa, la signora Alma e le sue quattro figlie.
“Una grande e felice sorpresa”, dice commossa mamma Domenica.
“Dopo 50 anni, rivivere quel giorno lì, con i figli e i nipoti e i missionari e gli amici, è stata per noi due una grande emozione. E poi il padre
Walter che ha voluto benedire di nuovo, proprio lui nostro figlio, gli
anelli del nostro matrimonio… Insomma, il Signore ci ha accontentati in
pieno. Adesso non si può fare altro che andare avanti, giorno per giorno, ringraziando Dio e pregando perché tutti possiamo vivere felici e in
santa pace”.
A nome di tutti i familiari e amici dei missionari bresciani e a nome degli indio kayapò, auguri agli sposini!
2004 GIUGNO
CAGLIARI
09121 CAGLIARI CA - Via Sulcis, 1
Tel. 070 281310 - Fax 070 274419
E-mail: [email protected] - C/c. postale 12756094
Un anno di attività missionaria
Il bilancio della comunità di Cagliari
anno di attività pastorale
missionaria è iniziato a
metà settembre con due corsi di
spiritualità missionaria organizzati nella casa saveriana di Cagliari e nella parrocchia di S. Gregorio. In agosto era stato mandato a tutte le animatrici e agli animatori un invito: “Si avvicina la
buona tradizione di settembre: è
utile e bello raccoglierci dopo le
vacanze, per un tempo di intimità
con il Signore”.
Padre Stanislao Pirola, venuto da Parma, e padre Filiberto
Corvini, rettore della comunità
saveriana, hanno orientato la riflessione sul tema, “Chiamati al
servizio del Regno”.
L’Ottavario dei defunti
Dal 19 al 26 novembre si è tenuto l’Otto dies a sas animas.
Questa pia e tradizionale pratica è stata celebrata con grande
solennità grazie alla grande collaborazione di animatori e animatrici che, non solo hanno partecipato numerosi alle celebrazione di suffragio per i nostri cari defunti, ma hanno anche saputo convincere tanti parenti e
amici a unirsi a loro nella preghiera. I saveriani hanno presieduto all’Eucaristia e spiegato la
Parola di Dio ai presenti.
Festa dell’amicizia
e saluto a p. Ercole
Il 12 ottobre 2003 si è svolta
la festa dell’amicizia. In questa
giornata abbiamo avuto l’opportunità di salutare e ringraziare
padre Ercole Marcelli per la sua
presenza attiva e la sua fedele testimonianza di animatore e rettore della nostra comunità saveriana di Cagliari negli ultimi tre
anni. Forse anche per questo motivo, la partecipazione alla festa è
stata più numerosa del solito: sa-
I ritiri spirituali
per Natale e Pasqua
Sono stati due i ritiri in preparazione al Natale. Con l’Avvento, la chiesa ci invitava a porci
in ascolto di Cristo, maestro ed
evangelizzatore, per riscoprire il
volto di Dio in tutta la novità che
Gesù ci ha fatto vedere ed incontrare. Ci ha aiutato nella riflessione p. Arduino Rossi.
In marzo abbiamo celebrato il
tempo “favorevole” della Quaresima che ci invitava alla conver-
L‘
lutare chi parte è un gesto di
amicizia.
p. ARDUINO ROSSI, sx
A conclusione di un anno pastorale molto intenso la comunità
saveriana di Cagliari riassume le attività organizzate dai missionari
all’interno della diocesi o ospitate nella casa di via Sulcis. È un
modo per “ripassare” con la memoria tutti gli appuntamenti di
cui anche “Missionari Saveriani” ha dato notizia in questi mesi.
sione e a un serio cambiamento
di vita. I padri Antonio e Arduino
ci hanno aiutato a riflettere sulla
parabola del figlio prodigo: un
invito accorato di tornare nelle
braccia misericordiose di Dio Padre. La presenza di padre Luigi
Menegazzo (vicario generale dei
saveriani) è stato provvidenziale
soprattutto per le sue parole, brevi ma profonde, che ci hanno a
aiutato a capire meglio il senso
della parabola.
La porta sempre aperta
Con animo lieto abbiamo ospitato vari gruppi durante il corso
dell’anno. Le porte della nostra
casa si sono aperte ai seminaristi di liceo e di teologia per i loro
incontri mensili di formazione o
per giornate di ritiro spirituale.
Don Mario Secci, parroco di
Sant’Ambrogio e vicario della
Forania di Monserrato (CA), ha
scelto la nostra casa per gli incontri dei parroci della zona. Ci
siamo sentiti onorati di offrire loro ospitalità e di condividere il
pranzo, come segno di fraternità
sacerdotale. Il primo incontro è
stato solennizzato dalla presenza del nuovo arcivescovo di Cagliari mons. Giuseppe Mani. Animatrici e amici della parrocchia di Pabillonis
al ritiro spirituale per la Pasqua
Padre Giuseppe Lorenzato è tra Andrea e Ivan,
due giovani amici che hanno partecipato al ritiro spirituale
in preparazione alla Pasqua
Il cuore giovane della missione
Tre partecipanti
alla giornata di Spiritualità
(14 marzo) in preparazione
alla Pasqua;
in totale erano presenti
140 persone
Agnese Lampis di Arbus, nel giorno di spiritualità, dà il
benvenuto a Edoardo, un giovane studente bengalese
CAMPI MISSIONARI - ESTATE 2004
• 23 - 27 agosto - Macomer (NU)
SEGUIMI! SEGUITEMI!
Campo di riflessione per delegate, donne e uomini
aperti alla missione
Le persone interessate possono mettersi in contatto
con p. Dino Marconi, Tel. 0785 70120
I chierichetti della parrocchia
di San Pietro a Pirri:
gioia della comunità
parrocchiale,
speranza per la chiesa e
vivaio di vocazioni
• 28 giugno - 4 luglio - Macomer
(NU)
UN CUORE PER IL MONDO... E LA CASA SI RIEMPIE DI VITA
per ragazzi di 2a - 3a media e 1a superiore
• 6 - 11 luglio - Macomer
(NU)
CAMPI DI VOLO, ...NATE PER VOLARE!
Animatrici missionarie
non più... giovanissime,
ma ancora attive
nell’animazione
missionaria delle
parrocchie;
siamo davvero riconoscenti
per la loro dedizione
8
per ragazze di 2a, 3a media e 1a superiore
• 12 -18 luglio - Macomer (NU)
OGNUNO AL SUO POSTO! …IL MIO QUAL È?
per ragazzi e ragazze di 2a, 3a e 4a superiore
• 26 - 31 luglio - Iglesias (CA)
“ECCO, STO ALLA PORTA E BUSSO”
Campo di lavoro per giovani 18 - 28 anni
I ragazzi possono mettersi in contatto con
• p. Alfonso e p. Piero, Tel. 0785 70120 - [email protected]
Le ragazze possono mettersi in contatto con
• sr. Jeannette e sr. Piera, Tel. 0783 72578 - [email protected]
2004 GIUGNO
CREMONA
26100 CREMONA CR - Via Bonomelli, 81
Tel. 0372 456267 - Fax 0372 39699
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00272260
In missione a settant’anni
Padre Lino Maggioni è in Burundi
adre Lino Maggioni, chi
non lo conosce? Ha girato
mezzo mondo, mezza Europa e
l’Italia intera. Sarebbe troppo lungo descrivere le tappe dei suoi
spostamenti; forse neppure lui saprebbe farne un elenco preciso.
Si sa che viene da Colognola
di Bergamo, dov’è nato l’8 gen-
P
Padre Lino Maggioni
p. SANDRO PARMIGGIANI, sx
naio 1934. È entrato tra i saveriani a Pedrengo (BG) quando
aveva ventun’anni. Dopo aver
fatto il noviziato a San Pietro in
Vincoli (RA), è diventato saveriano il 12 settembre 1958. A
Parma ha frequentato i quattro
anni di studi teologici ed è stato
ordinalo sacerdote nel 1964, a
trent’anni compiuti.
Da allora, di padre Lino si sono …perse le tracce. Il caro padre Vanzin, di venerata memoria,
diceva: “I saveriani, appena sentite la parole di Gersù sul monte
Tabor, Andate in tutto il
mondo…, sono partiti di corsa
senza perdere un istante e senza
ascoltare il seguito di quello che
stava dicendo; e non si sono più
fermati. Anche adesso sono in giro da qualche parte del globo terrestre!”. Di padre Lino si può dire lo stesso: non si è mai fermato.
Il grazie del Papa
Padre Lino è stato missionario
per alcuni anni in Congo. Di
quell’epoca è famosa la cartolina
che qui riportiamo, stampata in
migliaia di copie. Richiamato
dall’Africa, per un decennio ha
fatto il maestro dei novizi saveriani ad Ancona. In seguito è passato a lavorare come animatore
per le pontificie opere missionarie in tutta Italia. Alla fine del
suo mandato decennale, ha ricevuto il grazie dal Papa stesso. Per
padre Lino è stato un momento
di grande commozione!
La corsa del nostro missionario non si ferma. Raggiunge Parigi, dove per sei anni è superiore dei saveriani che studiano il
francese prima di partire per le
missioni; transita per Piacenza,
anche qui con il ruolo di superiore, e finalmente approda a
Dammi un cuore, Signore
Una preghiera e un’invocazione
n cuore grande per amare,
pronto a lottare, a soffrire e
morire con te. Così inizia il canto L’uomo nuovo che da giorni
mi martella nella mente, in questo mese dedicato al sacro Cuore
di Gesù, di cui si celebra la festa
il 18 giugno. Il Cuore trafitto per
amore che ha versato fino all’ultima goccia di sangue per noi.
U
Sentirsi uomini nuovi
Il canto è stupendo. La musica
ancor più delle parole. Mi fa
sentire, o almeno mi sembra, di
esser davvero un “uomo nuovo”.
E non per merito mio, ma di Colui che “mi ha amato e si è dato
a me”, come esclama san Paolo.
Mi viene in mente l’antica profezia di Ezechiele (36,24-28) in
cui Dio stesso promette al suo
popolo: “vi darò un cuore nuovo,
metterò dentro di voi uno spirito
8
Padre Sandro Parmiggiani
p. S. PARMIGGIANI, sx
nuovo”.
Ecco il miracolo che solo Dio
poteva fare, e lo ha fatto per mezzo di Gesù che con la sua crocifissione ha vinto la morte, con la
sua risurrezione ci ha dato una vita nuova e con la Pentecoste ha
effuso su di noi il suo Spirito.
Un cuore santo...
Da qui nasce il cuore nuovo,
il cuore grande. Un cuore ben diverso da quello di carne, un muscolo fragile che può ammalarsi e
fermarsi per sempre, se non viene
curato tempestivamente. Io sono
esperto in questa materia, avendo avuto un infarto a 28 anni,
quando ero da poco arrivato in
Bangladesh. Ho dovuto lasciare
la missione e perfino la speranza
di tornarvi, essendo costretto a
convivere con i disturbi dei cardiopatici. Sono passati quarant’anni; ho cercato di vivere il più
normalmente possibile, lavorando come una persona sana.
Agli inizi della malattia pregavo per guarire, per riavere un
cuore sano. Poi ho imparato ad
accettarmi così com’ero, chiedendo al Signore di darmi piuttosto un cuore santo, un cuore
davvero nuovo, un cuore come
il suo. Allora non importa più
dove sono, se qui in Italia o nel
terzo mondo. Non importa più
quello che faccio, se sono direttore spirituale o animatore dei
giovani o economo della comunità o incaricato del ministero e
“Signore, allarga il mio cuore fino
ai confini del mondo”
dell’animazione missionaria.
Non importa più se sono malato
o sano, se sono vecchio o giovane. Importa una cosa soltanto:
avere un cuore buono, un cuore
fedele, un cuore simile a quello
di Gesù.
… fino ai confini del
mondo
Solo così si è missionari autentici. E lo si è per sempre. Perché ciò che conta è amare, e l’amore è eterno, come insegna la
bibbia: “Dio è amore, e chi sta
nell’amore sta in Dio e Dio in
lui”. E allora ripeto la preghiera
di Haguenin, l’apostolo dei girovaghi, che scrissi sull’immaginetta della prima Messa, quasi
43 anni fa: “Vorrei, o Signore,
non pensare che agli altri. Allarga il mio cuore fino ai confini
del mondo, perché possa accogliere tutto il dolore degli uomini. Fa pesare sul mio cuore, fino al tormento, l’ansia quotidiana per la salvezza di tutti”. La famosa foto-cartolina del giovane padre Lino in Congo
Cremona come economo e animatore missionario. Vi resta fino al febbraio scorso, quando dai
superiori ottiene la grazia di ripartire per l’Africa.
In Burundi,
un’altra avventura
Questa volta non è stato il
Congo, suo primo amore, ad accogliere padre Lino, ma il Burundi: un Paese che è ancora un
campo minato e dove continua
l’era dei martiri. Qui lo scorso
dicembre è stato ucciso il nunzio mons. Courtney. C’è timore
per tanti altri missionari e missionarie che potrebbero fare la
stessa fine.
A Bujumbura padre Lino sarà
più al sicuro: vive all’interno del
grande centro giovanile di Kamenge. Ma chi riuscirà a tenerlo
fermo? Non è un uomo da stare
in ufficio ad aspettare i clienti!
Certamente visiterà tutte le missioni, organizzerà incontri con i
sacerdoti africani e con i gruppi
missionari.
Grazie di tutto
e tanti auguri!
È giusto ringraziare p. Lino
per l’anno che ha trascorso a
Cremona, dove ha lavorato con
grandissima generosità, soprattutto nella mostra sugli indio
kayapò, tenutasi a San Vitale
per circa un mese con la collaborazione del centro missionario, del centro pastorale, dell’ufficio Migrantes, con i rispettivi direttori don Natalino,
don Enrico, don Mario, e con
l’aiuto instancabile del nostro
gruppo di giovani animatori. In
pochi mesi p. Lino ha conosciuto tutte le persone più importanti della città, dal vescovo
al prefetto, dal sindaco al presidente della provincia.
Ha visitato la diocesi in lungo e in largo, trovando il tempo
anche per andare in Argentina,
in Spagna e in Francia: un’attività quasi frenetica per un uomo della sua età. Grazie di cuore, p. Lino, per tutto quello che
hai fatto in così poco tempo,
mentre la nostra casa era tutta
sottosopra per i lavori di trasloco
e di restauro.
Avremmo voluto che restassi
con noi ancora per molto tempo a insegnarci il tuo modo di
fare animazione missionaria, coinvolgendo il più possibile la
chiesa locale. Grazie, e tanti auguri per il tuo nuovo lavoro nella nuova missione.
L’UOMO NUOVO
L’uomo nuovo creatore della storia,
costruttore di nuova umanità.
L’uomo nuovo che vive l’esistenza
come un rischio che il mondo cambierà.
L’uomo nuovo che lotta con speranza
nella vita cerca verità.
L’uomo nuovo non stretto da catene,
l’uomo libero che esige libertà.
L’uomo nuovo che più non vuol frontiere,
né violenze in questa società.
L’uomo nuovo a fianco di chi soffre
dividendo con lui il tetto e il pane.
Dammi un cuore, Signor,
grande per amare.
Dammi un cuore, Signor,
pronto a lottare con te.
2004 GIUGNO
DESIO
20033 DESIO MI - Via Don Milani, 2
Tel. 0362 630591 - Fax 0362 301980
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200
Lance trasformate in palme
Una gioia così grande da scoppiare!
Padre Modesto Todeschi è un saveriano trentino, missionario in
Burundi. Ci ha scritto per raccontarci la sua domenica delle
palme.
l documento “Chiesa in
Africa” cita la profezia di
Isaia: “È tempo che i popoli
I
Padre Modesto, autore dell’articolo
p. MODESTO TODESCHI, sx
spezzino le loro spade per farne
vomeri e le loro lance per farne
falci!”. Mi colpisce sempre questo mutare dell’animo umano.
La storia insegna. Ma la tentazione torna e sembra essere una
malattia cronica. Si passa in
fretta da “osanna, osanna” a
“crocifiggilo, crocifiggilo!”.
Si potrebbe dire che le palme
si trasformano in lance. In realtà,
si può anche dire il contrario. Si
può sperare che le lance si trasformino in palme.
Un tendone per tetto
La domenica delle palme ero
a Gishingano, una comunità periferica della missione. Conoscevo un po’ la zona perché nove anni fa ci andavo abbastanza
frequentemente per incontrare,
incoraggiare, celebrare. Nel ‘95,
infatti, la guerra aveva distrutto il popoloso quartiere di Kamenge e diversa gente si era rifugiata proprio lì. Ma poi la
guerra era arrivata anche a Gishingano.
Le scuole elementari sono
state distrutte due volte, e ora
resta solo qualche rudere. I
banchi degli scolari sono stati
usati come legna da ardere,
scoraggiando il desiderio di riprovare a ricominciare. La
chiesetta, già vecchia e mal
messa, è rimasta scoperta perché hanno portato via le lamiere; adesso è coperta con un tendone, ma la struttura è diventata fragile per le piogge.
Il fruscio della gioia
A Gishingano, quest’anno, ho
goduto profondamente nel vedere che, in una zona tanto dilaniata, la chiesa era piena zeppa e
c’era una gioia indescrivibile,
stupenda, da scoppiare! E le palme? C’erano quasi più palme
che persone. E quando, alla benedizione, le hanno alzate, non
si vedeva più nessuno: solo rami di palma. E si sentiva un fruscio pieno di gioia.
Mi veniva spontaneo dire a
tutta quella gente: “Nonostante
Dammi un cuore, Signore
Una preghiera e un’invocazione
n cuore grande per amare,
pronto a lottare, a soffrire e
morire con te. Così inizia il canto L’uomo nuovo che da giorni
mi martella nella mente, in questo mese dedicato al sacro Cuore
di Gesù, di cui si celebra la festa
il 18 giugno. Il Cuore trafitto per
amore che ha versato fino all’ultima goccia di sangue per noi.
U
Sentirsi uomini nuovi
Il canto è stupendo. La musica
ancor più delle parole. Mi fa sentire, o almeno mi sembra, di esser
davvero un “uomo nuovo”. E non
per merito mio, ma di Colui che
“mi ha amato e si è dato a me”,
come esclama san Paolo. Mi viene in mente l’antica profezia di
Ezechiele (36,24-28) in cui Dio
stesso promette al suo popolo: “vi
darò un cuore nuovo, metterò
dentro di voi uno spirito nuovo”.
Ecco il miracolo che solo Dio
poteva fare, e lo ha fatto per mezzo di Gesù che con la sua crocifissione ha vinto la morte, con la
sua risurrezione ci ha dato una vita nuova e con Ia Pentecoste ha
effuso su di noi il suo Spirito.
8
Un cuore santo...
Da qui nasce il cuore nuovo, il
cuore grande. Un cuore ben di-
p. S. PARMIGGIANI, sx
verso da quello di carne, un muscolo fragile che può ammalarsi
e fermarsi per sempre, se non
viene curato tempestivamente. Io
sono esperto in questa materia,
avendo avuto un infarto a 28 anni, quando ero da poco arrivato
in Bangladesh. Ho dovuto lasciare la missione e perfino la
speranza di tornarvi, essendo costretto a convivere con i disturbi
dei cardiopatici. Sono passati
quarant’anni; ho cercato di vivere
il più normalmente possibile, lavorando come una persona sana.
Agli inizi della malattia pregavo per guarire, per riavere un
cuore sano. Poi ho imparato ad
accettarmi così com’ero, chiedendo al Signore di darmi piuttosto un cuore santo, un cuore
davvero nuovo, un cuore come il
suo. Allora non importa più dove
sono, se qui in Italia o nel terzo
mondo. Non importa più quello
che faccio, se sono direttore spirituale o animatore dei giovani o
economo della comunità o incaricato del ministero e dell’animazione missionaria. Non importa più se sono malato o sano,
se sono vecchio o giovane. Importa una cosa soltanto: avere un
cuore buono, un cuore fedele, un
cuore simile a quello di Gesù.
“Signore, allarga il mio cuore fino
ai confini del mondo”
… fino ai confini
del mondo
Solo così si è missionari autentici. E lo si è per sempre.
Perché ciò che conta è amare, e
l’amore è eterno, come insegna
la bibbia: “Dio è amore, e chi
sta nell’amore sta in Dio e Dio
in lui”. E allora ripeto la preghiera di Haguenin, l’apostolo
dei girovaghi, che scrissi sull’immaginetta della prima Messa, quasi 43 anni fa: “Vorrei, o
Signore, non pensare che agli
altri. Allarga il mio cuore fino
ai confini del mondo, perché
possa accogliere tutto il dolore
degli uomini. Fa pesare sul mio
cuore, fino al tormento, l’ansia
quotidiana per la salvezza di
tutti”.
Si vedevano solo palme; si sentiva solo il fruscio della gioia
tutte le prove e sofferenze, nonostante questo duro calvario, i
vostri giovani sono segno vivo
di speranza e di risurrezione”.
Sembrava già Pasqua. C’era fretta di celebrare la Pasqua. Come
non pensare che dove c’erano
tante lance ci possono essere tante palme?
“I vostri figli
sono anche miei”
I bambini di Kamenge non mi
conoscevano, dal momento che
erano passati nove anni. La catechista Imelda mi presentava
come una persona conosciuta,
perché due volte ero fuggito con
loro durante i bombardamenti.
Ricordava che avevo comprato
le banane per i bambini, mentre
salivamo verso la parte più alta
della montagna per metterci in
salvo. In quel momento ho provato tanta gioia.
Anch’io ho un ricordo particolare, perché proprio lì una
volta, durante le prime comunioni, avevo rischiato di essere
fatto fuori. L’avevo scampata
per miracolo: altri giovani erano arrivati a combattere contro
quelli che volevano finirmi. Ricordo che mi chiesero: “Ma come hai fatto a passare? Come
mai rischi tanto per noi?”. Spontaneamente risposi: “Come po-
trei parlarvi di Dio se non sapessi sperimentare un po’ la vostra vita e il vostro rischio? Se
avessi moglie e figli me lo impedirebbero. Ma dato che la mia
famiglia siete voi, i vostri figli
sono anche miei. Perciò, eccomi!”.
Ci fu un applauso spontaneo,
indimenticabile. Non poteva certo esserci una dimostrazione più
bella del valore missionario del
celibato.
Figli della risurrezione
La festa delle palme con questi vecchi ricordi aveva un sapore intenso e stupendo. Dico ancora grazie al Signore che mi ha
dato il privilegio e la gioia di poter essere missionario. La gioia,
la luce di quei volti, la sorpresa
di ritrovarci insieme e di avere
questi ricordi in comune, mi
fanno capire che vale la pena di
essere, di osare e di sentirsi “figli
della risurrezione”.
La testimonianza delle danze,
dei canti, delle corali dei cristiani di Gishingano sono davvero
una dimostrazione che la Pasqua
è vera e che la risurrezione porta
i suoi frutti, nonostante le guerre,
le lance e le spade. Diventino
palme anche le mitragliatrici e i
revolver. E sarà pace, a Kamenge e nel mondo.
L’UOMO NUOVO
L’uomo nuovo creatore della storia,
costruttore di nuova umanità.
L’uomo nuovo che vive l’esistenza
come un rischio che il mondo cambierà.
L’uomo nuovo che lotta con speranza
nella vita cerca verità.
L’uomo nuovo non stretto da catene,
l’uomo libero che esige libertà.
L’uomo nuovo che più non vuol frontiere,
né violenze in questa società.
L’uomo nuovo a fianco di chi soffre
dividendo con lui il tetto e il pane.
Dammi un cuore, Signor,
grande per amare.
Dammi un cuore, Signor,
pronto a lottare con te.
2004 GIUGNO
FRIULI
33100 UDINE UD - Via Monte S. Michele, 70
Tel. 0432 471818 - Fax 0432 44185
E-mail: [email protected] - C/c. postale 210336
Camerun: dormire sotto i cartoni
Missionario tra i ragazzi di strada
Padre Armando Coletto, friulano di Fagagna, è missionario in
Camerun. Ci ha mandato un
racconto della sua esperienza
con i più deboli: i bambini.
hi arriva per la prima volta a Yaounde, capitale del
Camerun con più di un milione
di abitanti, resta colpito dalla
quantità di gente che cammina
per strada. Molti vendono qualcosa: frutta, vestiti, orologi, libri… Gran parte di queste persone sono giovani, ragazzi e ragazze. Infatti, più del cinquanta
per cento della popolazione ca-
C
Padre Armando incontra i
responsabili di comunità
merunese è al di sotto dei vent’anni: la maggior parte si trova concentrata nelle otto maggiori città del Paese. Questo fatto ha impressionato anche me,
quando sono arrivato qui 13 anni fa. Mai avrei immaginato che
nei mesi successivi mi sarei trovato anch’io... in strada.
Il letto di cartoni
Ricordo come fosse oggi
quella sera, verso le nove. Ero
seduto sulla soglia di un magazzino con quattro o cinque
ragazzi di strada che mi ronzavano attorno. Parlavamo di tutto e di niente, scherzavamo,
perché prima di tutto bisogna
fare amicizia, creare un rapporto di fiducia.
A un certo punto i ragazzini
scompaiono per riapparire dopo qualche minuto con alcuni
grossi cartoni in mano: era il loro letto per la notte. Stanchi,
avevano deciso di andarsene a
cercare il loro rifugio abituale
in qualche angolo un po’ riparato, stendendo una parte dei
cartoni a terra e tirando sopra il
proprio corpo il resto, come fosse una coperta.
p. ARMANDO COLETTO, sx
Il cerchio di Yves
Avevo scoperto che un missionario francese, piccolo fratello del vangelo, faceva quel
lavoro già da molti anni. Fu lui,
Yves, che mi avviò a quell’avventura. Mi dissi: “Questo è
proprio un lavoro missionario:
Gesù che va incontro a quelli
che sono disprezzati dalla società; le braccia amorose di
Dio! Un modo di dire la Bella
Notizia senza far prediche...”.
Attorno a Yves c’era già un
cerchio di persone, giovani e
meno giovani, laici e religiosi,
che davano un po’ del loro tempo per reintegrare i ragazzi in
famiglia e in società. Non feci
altro che introdurmi in quel cerchio, approfittando del fatto che
non avevo ancora impegni fissi.
Anzi, alcuni dei nostri giovani
studenti saveriani che vivevano
con noi e si preparavano alla vita missionaria, accettarono di
partecipare a quest’avventura e
cominciarono a uscire la notte
per incontrare i ragazzi.
Svegli, duri e fedeli
Quando un ragazzino - a volte anche di 7-8 anni - arriva in
Il cuore giovane della missione
Un gruppo di giovani
si prepara per un
“viaggio missionario”;
anche il gioco serve
a trasmettere
un messaggio
e imparare a vivere
gli uni accanto agli altri
Padre Armando con alcuni ragazzi della “Casa della Speranza”
strada dopo aver abbandonato
la famiglia, viene “arruolato”
da una banda di ragazzi più
grandi di lui che gli offrono protezione in cambio di …servizi.
Il bambino deve passare una fase di iniziazione in cui deve dimostrare di essere adatto alla vita di strada: sveglio, duro, fedele alla banda. Esistono vere e
proprie sedute di tortura a cui i
ragazzi vengono sottoposti. Se
sono giudicati maturi, sono integrati nella banda.
Diverse volte ci è capitato di
dover portare all’ospedale, in
piena notte, uno di questi giovani con il cranio aperto o un
braccio sanguinante o l’orecchio
a penzoloni. I più grandi si affrontano, soprattutto quando sono drogati o ubriachi, con coltelli o vetri di bottiglia. La strada è il regno del più forte!
La casa della speranza
Yves mi chiese di occuparmi,
una o due volte la settimana, di
una “stanza di accoglienza” ben
attrezzata. C’erano grandi im-
magini alle pareti per far passare certi messaggi ai ragazzi, alcune panche per sedersi, un servizio bar per offrire acqua colorata e zuccherata agli onorevoli ospiti e perfino una televisione. Accettai volentieri.
Una notte arrivano tre ragazzini che conoscevamo bene, con
un bambino di circa otto anni.
Dicono di averlo trovato che vagabondava da qualche parte e
che bisognava che mi occupassi
di lui perché era troppo giovane. Probabilmente la vera ragione era un’altra: si erano resi
conto che non avrebbe potuto
sostenere i rigori della strada.
A stento il bambino mi ha
detto il suo nome; per il resto
non sono mai riuscito a capire
da dove venisse e come era finito in strada. L’ho portato alla
“Casa della Speranza”, dove
sono accolti i ragazzi che decidono di lasciare la strada e rientrare in famiglia. Anche per
questo nuovo ospite il viaggio
di ritorno verso una vita norma
le era cominciato.
Anche la signora Nella ha
deciso di andare in pensione.
Per tanti anni ha tenuto
in ordine i missionari:
puliti, stirati e profumati.
Il suo regno era il guardaroba.
A lei il nostro più sentito:
Grazie di cuore!
TESTARDAGGINE E SPERANZA
p. ARMANDO COLETTO, sx
Giovani coppie che frequentano
la nostra comunità;
anche i piccoli si lasciano
contagiare dallo spirito
missionario…
e sembra che siano tutti convinti
I giovani cercano insieme
il modo per mettere
in pratica quello
che hanno imparato
e ne discutono tra loro
8
Devo ammettere che ci ho messo molto tempo per capire un po’ il
mondo della strada. Soprattutto per capire le ragioni di questo fenomeno così drammatico che, in questi ultimi anni, ha cominciato a
preoccupare perfino il governo. Molti camerunesi non conoscono l’esistenza del problema oppure lo sottovalutano.
Noi missionari ci domandiamo: da dove vengono tutte queste centinaia di ragazzi e di giovani che hanno rotto con le famiglie, per vivere di espedienti nelle strade delle grandi città del Camerun? Meravigliarsi di trovare questi ragazzi in strada serve a poco; soprattutto non risolve il problema.
Come per il viandante ferito dai ladroni sulla strada verso Gerico, bisogna fare qualcosa. “Va, e fa anche tu lo stesso”, questo è l’atteggiamento suggerito da Gesù: agire. E agire con prontezza e larghezza di spirito, come il samaritano. Il vangelo lascia supporre che il samaritano compassionevole sia riuscito a salvare la vita del malcapitato.
Nel nostro caso, non sempre ci riesce di far uscire dalla strada i nostri
giovani amici; ma tentiamo con testardaggine e speranza. Il vangelo
ce lo chiede. L’uomo ce lo chiede.
Missionari e missionarie, battezzati e gente di buona volontà, insieme, in uno dei tanti posti dove il volto di Cristo si nasconde sotto i
tratti a volte poco attraenti dei ragazzi di strada: tentiamo e ritentiamo. Non possiamo lasciarli morire per strada!
2004 GIUGNO
MACOMER
08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9
Tel. 0785 70120 - Fax 0785 70706
E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084
Gli anni d’oro del missionario
Intervista a padre Gaetano Perlini
adre Gaetano Perlini, tra tutti i saveriani, è il numero 200. Sta
per compiere 95 anni e li porta bene, grazie a Dio. È stato
missionario in Cina e Giappone. L’abbiamo intervistato mentre passeggiava per i viali della Casa Madre dei saveriani a Parma, dove
sta trascorrendo gli anni d’oro della missione.
P
Cosa fanno i missionari saveriani in Giappone?
Molto del nostro lavoro di missionari si svolge a livello culturale;
ad esempio, nel settore scolastico, negli
asili infantili
e anche nelle
università. I
saveriani lavorano anche
nella pastorale
missionaria e
sono promotori dei valori del
dialogo interreligioso e culturale. Io ho
lavorato cinquant’anni in
Giappone. I
primi anni ho
Padre Gaetano Perlini mentre
celebra la Messa a Parma
lavorato fra gli ammalati negli
ospedali, poi nelle parrocchie.
Qui in Italia, ho l’occasione di
seguire spiritualmente alcuni
giapponesi immigrati. A questo
proposito mi piace ricordare che
a Noceto di Parma, non molto
tempo fa, ho benedetto il matrimonio di una ragazza giapponese che si è specializzata sulla filosofia di sant’Agostino e ora,
dopo il periodo di maternità, ha
deciso di insegnare.
Sei stato un pioniere…
Sono stato il primo missionario saveriano che a Macao, allora territorio portoghese, ha avuto
il permesso di entrare in Giappone, grazie all’interessamento
del nunzio apostolico di allora.
Era difficile avere il permesso
per entrare. I missionari e i cittadini espulsi dalla Cina erano
visti con sospetto dall’amministrazione americana che control-
a cura di: p. DINO MARCONI, sx
lava il Giappone.
Ti ricordi ancora della missione in Cina?
Noi missionari saveriani abbiamo lavorato nelle diocesi di
Loyang, Cheng-chow, nella provincia dell’Honan occidentale.
Durante la seconda guerra mondiale, gli ultimi tre anni della nostra permanenza in Cina, abbiamo aperto una nuova missione a
Ichun, nella provincia di Kiangsi,
dove ho lavorato anch’io. Ora è
una zona militare e non può essere visitata dal pubblico. Loyang è una località interessante,
poco distante dal grande Fiume
Giallo; era caratterizzata dai
campi agricoli disposti a terrazza.
abrizio Marrone e Rosanna Fredda, due giovani coniugi di Macomer che fanno parte del Laicato saveriano, hanno
lasciato casa e lavoro e sono partiti per Parma, il 10 marzo scorso. Sono il primo nucleo di un
progetto nuovo: la formazione
della fraternità laicale saveriana, per prepararsi meglio alla
missione e a un modo nuovo di
fare animazione missionaria. Fabrizio continuerà un lavoro nel
settore caseario del parmigiano,
anche perché in Emilia non c’è
…il pecorino.
F
8
Una casa di fraternità
Rosanna e Fabrizio abiteranno in una casa lasciata in dono
che diventerà il centro di preparazione alla missione dei laici
saveriani, basato sulla fraternità
tra le persone. La casa diventerà
un luogo di formazione in un
rapporto di fiducia e di familiarità che permette di affrontare le
sfide quotidiane della vita.
La casa della fraternità ospiterà i laici che andranno in missione e quelli che dalle missioni
ritornano. Qui potranno essere
accolti, ad esempio, Giovanna e
Paolo Volta quando avranno concluso il loro impegno nella missione di Goma in Congo, dove
stanno collaborando al progetto
la casa dei bambini. Il progetto
si occupa di curare i bambini denutriti per tre mesi e poi li segue
nei loro villaggi. Ma a causa della guerra, ora deve seguire anche le piccole vittime innocenti
del conflitto armato.
Anche le missionarie laiche
che hanno lavorato a Curitiba in
Rosanna e Fabrizio hanno presentato il loro progetto missionario ai
saveriani riuniti in Capitolo
to personalmente il fondatore dell’Istituto missionario saveriano,
il beato Guido Maria Conforti.
Padre Gaetano, il segreto di
una lunga vita?
Da buon parmense ho sempre
cantato la “Forza del destino” di
Verdi, che conosco a memoria.
E poi c’è lo sport! Da giovane
missionario, quando andavo alla
questua del riso per mantenerci,
ho pedalato in bicicletta da Piacenza a Novara…
Tu hai conosciuto il Conforti?
Essendo nato a Noceto, nella
diocesi di Parma, sono stato cresimato proprio da mons. Guido
Conforti. Ormai sono rimasto fra
i pochissimi che hanno conosciu-
Padre Perlini (primo a sinistra) in Cina, davanti al palazzo imperiale
Sei più tornato in Cina?
Una quindicina di anni fa ho
avuto l’opportunità di fare una visita con i padri saveriani Timolina, Zamparo, Wang e Manni. Abbiamo potuto vedere due località della nostra missione in Cina.
Della cattedrale di Cheng-chow,
bombardata durante la guerra dai
giapponesi, è rimasto solo il piazzale con le rovine. Dalle arcate
I compagni del seminario di Cuglieri, dove ha studiato il compianto padre
Valter Giua, missionario in Giappone, hanno festeggiato i cinquant’anni di
Messa nella casa saveriana
Laici per la missione
Il carisma saveriano condiviso
del seminario distrutto i cristiani
sono riusciti a costruire una chiesetta per pregare. Abbiamo incontrato il vescovo della chiesa
patriottica, i seminaristi e le suore Giuseppine. Tutte erano vestite in abiti cinesi.
p. DINO MARCONI, sx
Brasile, in collaborazione con Rete Speranza, nella difesa dei diritti sociali e sanitari della donna
potranno trovare nella fraternità
di Parma un punto di riferimento.
Un luogo per accogliere
e formare
I laici saveriani sono come
una famiglia allargata: partecipano alla missione dei saveriani
consacrati e si mettono al servizio della chiesa per educare alla
missione. L’annuncio del vangelo compete a tutti i cristiani: laici e religiosi. Gli uni e gli altri
operano in modo diverso, nella
chiesa e nella società, ma ispirati dallo stesso carisma saveriano per la predicazione del vangelo alle genti.
La fraternità laicale saveriana
potrà diventare luogo di formazione e preparazione dei laici saveriani che vogliono vivere l’ideale missionario in famiglia,
nella professione, nel servizio
pastorale, nell’impegno per la
pace e la giustizia. La spiritualità dei saveriani, infatti, è “fare
del mondo una sola famiglia”,
secondo l’esortazione del fondatore, il beato Conforti.
Andrea Rossi
(a destra)
e Gabriel Arroyo,
il 14 marzo scorso
hanno deciso di
essere saveriani
per tutta la vita
ESTATE 2004: CAMPI MISSIONARI
• 23 - 27 agosto - Macomer (NU)
SEGUIMI! SEGUITEMI!
Campo di riflessione per delegate, donne e uomini
aperti alla missione
Le persone interessate possono mettersi in contatto
con p. Dino Marconi, Tel. 0785 70120
• 28 giugno - 4 luglio - Macomer
(NU)
UN CUORE PER IL MONDO... E LA CASA SI RIEMPIE DI VITA
per ragazzi di 2a - 3a media e 1a superiore
• 6 - 11 luglio - Macomer
(NU)
CAMPI DI VOLO, ...NATE PER VOLARE!
per ragazze di 2a, 3a media e 1a superiore
• 12 -18 luglio - Macomer (NU)
OGNUNO AL SUO POSTO! …IL MIO QUAL È?
per ragazzi e ragazze di 2a, 3a e 4a superiore
• 26 - 31 luglio - Iglesias (CA)
“ECCO, STO ALLA PORTA E BUSSO”
Campo di lavoro per giovani 18 - 28 anni
I ragazzi possono mettersi in contatto con
• p. Alfonso e p. Piero, Tel. 0785 70120 - [email protected]
Le ragazze possono mettersi in contatto con
• sr. Jeannette e sr. Piera, Tel. 0783 72578 - [email protected]
2004 GIUGNO
MARCHE
60129 ANCONA AN - Via del Castellano, 40
Tel. 071 895368 - Fax 071 2812639
E-mail: [email protected] - C/c. postale 330605
SAVERIANI MARCHE
L’album di una vita missionaria
Sacerdozio d’oro di padre Tassi
adre Piermario Tassi, 75
anni, è restio a parlare di
sé e delle sue emozioni, ricordando il 50° anniversario dell’ordinazione presbiterale. Forse trova difficoltà a esprimere
ciò che prova nel cuore, dopo
una vita così intensa. Passato ormai qualche giorno dalla ricorrenza, busso e entro nella sua camera. È alla scrivania, davanti a
un bell’album fotografico giapponese, con copertina in legno
laccato e carillon. Incuriosito, e
senza prendere appunti per non
destare sospetti, incomincio a
P
Padre Piermario (a destra) con
p. Vagni, coetanei... di missione
fargli qualche domanda. E padre
Piermario, con molta semplicità, comincia a raccontare di sé,
mostrandomi le fotografie.
Che bell’album di foto!
C’è tutta la mia vita, dai primi anni a quando ero studente e
poi gli anni della vita missionaria. Vedi, questo è il mio paese
Poggio San Marcello, in provincia di Ancona; il santuario della
Madonna del Soccorso con l’Istituto saveriano aperto nel 1925
dal nostro fondatore, il beato
Conforti. Santuario e Istituto furono un dono di mons. Costantino Bramati, allora rettore del
santuario. La mia casa natale è
a cento metri di distanza dall’Istituto. Posso dire di essere nato
dai saveriani...
È la tua famiglia?
Sì, questa è la mia famiglia: papà Secondo, mamma Lidia, tre
sorelle e quattro fratelli. Papà mi
ricordava gli incontri avuti con il
beato Conforti. Lui era custode
del santuario e quindi aveva modo
a cura di: p. MARIO UGHETTO, sx
di avvicinarlo e di parlargli ogni
volta che veniva. Mi raccontava
che era una persona dal portamento nobile, con una cordialità
delicata. Nella sua ultima visita,
nell’agosto del 1931, papà aveva
anche avuto l’occasione di presentargli i suoi quattro figli maschi e il beato Conforti ci aveva
accarezzato e benedetto. Io avevo allora solo due anni. Forse è
nata proprio lì la mia vocazione.
Di quattro, il Signore ha
chiamato te!
Sono le solite scelte di Dio,
per i più piccoli, i più fragili…
Vedi, questo è l’interno del santuario - aggiunge indicando
un’altra fotografia. Sopra l’altare in marmo bianco di Carrara
c’è la statua della Madonna del
Soccorso. È da lei, diceva papà,
che aveva ottenuto il privilegio
di avere un figlio missionario.
E questo giornale cos’è?
È l’articolo che p. Paolo Illuminati ha pubblicato su “Missionari Saveriani” nel maggio
DIARIO DELLA CHIESA
Domenica 18 aprile si è svolto
a Senigallia il Convegno missionario regionale delle Marche,
sul tema: “Missionarietà a misura di mondo”. Ci siamo domandati: quanto sono missionarie le nostre parrocchie? Al Convegno hanno partecipato anche i
gruppi che si radunano dai saveriani di Ancona.
ll’apertura dei lavori del
Convegno è stata lanciata
una domanda provocatoria: le
parrocchie sono veramente un
segno di carità, di accoglienza,
di apertura, di ascolto degli altri
o, al contrario, sono divenute
fabbriche di gelo, luoghi dove
vengono solo erogati servizi ai
parrocchiani?
A
8
Aprirsi al mondo…
Gli interventi principali erano
affidati a don Vincenzo Solazzi,
parroco a Fano, e a don Marco
Presciutti, missionario fidei donum in Brasile, che hanno messo
in evidenza alcuni punti essenziali nella vita della chiesa.
Secondo don Vincenzo, noi
E tutte queste lettere?
È la corrispondenza con le benefattrici che, come mamme e
sorelle, mi hanno seguito nel lavoro missionario. Ricordo le sorelle Rina e Stella Moretto di
Bassano del Grappa: una insegnava alle elementari e l’altra
gestiva un negozio. Nel 1980
hanno inviato per i bisognosi
delle missioni il denaro messo
da parte per la ristrutturare la loro vecchia casa; a Natale del
Padre Piermario Tassi il giorno
della sua ordinazione (3 aprile
1954) con papà Secondo, custode
del santuario di Poggio San
Marcello, e il resto della famiglia
1985 mi hanno fatto avere altri
dieci milioni, frutto di tante loro
rinunce; hanno dato tutto per la
missione.
Padre Tassi ha ancora tante altre foto del Congo, ma non ne
vuole parlare. Vedo che i suoi
occhi diventano lucidi e non insisto. Dopo una lunga pausa, mi
dice: “Come vedi, devo la vocazione e la missione a tante persone: a Dio e alla Madonna, al
beato Conforti, alla grande fede
dei genitori, alla preghiera e generosità di tanti benefattori”. SPAZIO GIOVANI
Le “fabbriche di gelo”
Parrocchie da… scongelare
del 1954 in occasione della mia
prima Messa a Poggio San Marcello. C’è scritto, tra l’altro: “La
storia della bella vocazione del
p. Mario, si può definire la storia
di un grazioso santuario e del
suo fedelissimo e affezionato custode Tassi Secondo”. Sì - continua a raccontare padre Piermario
dopo un attimo di commozione e
di silenzio - io devo la mia vocazione e la mia perseveranza alla comunione quotidiana, al rosario attorno al focolare e all’esempio dei miei genitori. Mi sono stati sempre vicini, soprattutto nei 34 difficili anni di missione in Congo. Ma un grazie va
anche alle sorelle e ai fratelli; da
loro ho ricevuto sempre incoraggiamento e accoglienza, anche nei momenti più difficili.
MARCO GASPARINI
dobbiamo essere capaci di sognare una parrocchia aperta al
mondo ed essenzialmente ministeriale, dove i laici hanno un
ruolo fondamentale, e non più
marginale, nella pastorale e nell’organizzazione della comunità. Don Marco ha sostenuto che
essere chiusi nei confronti del
mondo è fuori dal normale; non
si può restare chiusi in se stessi.
Solo la parrocchia aperta a tutti è
una parrocchia normale.
…lontano e vicino
Un secondo tema proposto agli
oltre 100 delegati provenienti da
tutte le Marche, è stato quello dei
laici missionari: singoli e famiDon Vincenzo Solazzi e don Marco
Presciutti al convegno missionario
glie che partono per la missione,
disposti a creare una fraternità
missionaria con i sacerdoti e i religiosi a servizio del vangelo.
Il convegno è proseguito con
la riflessione in gruppi su aspetti molto concreti, ad esempio:
come si comportano i mass media verso i problemi dei paesi
poveri? Quanto spazio viene dato all’informazione sulle missioni? Come favorire la convivenza e il dialogo tra religioni e culture? Quali stili di vita aiutano a
cambiare la società?
Una mostra missionaria
Il centro missionario di Senigallia, per l’occasione, ha allestito una mostra interessante per
illustrare le esperienze di missione più significative realizzate nella Regione Marche. Una
sintesi del materiale raccolto è
stata pubblicata in un opuscolo
che presenta e spiega la mostra.
Si sta pensando di valorizzare
l’opuscolo, pubblicandolo insieme agli Atti del Convegno.
Ci auguriamo che il messaggio
di Senigallia riesca ad aprire un po’
di più le porte dei nostri cuori, delle nostre chiese, delle nostre parrocchie. Perché entri il calore del
mondo intero. Anche le “fabbriche di gelo”, ogni tanto, hanno bisogno di essere …scongelate! ESTATE 2004: CAMPI MISSIONARI
Ecco le iniziative che svolgeremo
per rinvigorire lo spirito missionario:
SONO BELLI I PIEDI DEL MESSAGGERO
per giovani di 20 - 30 anni
11 - 18 luglio Missionari Saveriani (Ancona)
Per i giovani che vogliono sperimentare lo stile e
la spiritualità missionaria, e conoscere meglio
noi saveriani, proponiamo una settimana di cammino nell’entroterra marchigiano. Vivremo momenti di preghiera e di ascolto della Parola, gusteremo la bellezza della natura, dell’amicizia e
dell’incontro con la gente. Soprattutto sperimenteremo la semplicità e la gioia dello stile
missionario, fatto di cammino e di fraternità…
I giovani possono mettersi in contatto con
• p. Mario, e-mail: [email protected]
• p. Emanuele, e-mail: [email protected]
Tel. 071 895368
CONVIVENZA DEI LAICI SAVERIANI
20 al 27 agosto Istituto Santa Zita di Offagna
La nascente esperienza del laicato missionario sta trovando anche nelle Marche qualche giovane coppia desiderosa di donare la vita per la
missione. Il gruppo dei Laici Saveriani vivrà l’annuale Convivenza vicino a noi per vivere insieme un tempo di comunione e fraternità, di preghiera e di riposo.
Gli interessati possono mettersi in contatto con
• Alessandro Tel. 071 7107641; 349 0580330. e-mail: [email protected]
CONVIVENZA PARROCCHIALE
24 - 31 luglio Sassoferrato (AN)
Tre gruppi parrocchiali ripeteranno anche quest’anno la settimana di
convivenza, lavoro e riflessione.
I ragazzi possono mettersi in contatto con
• p. Emanuele, Tel. 071 895368 e-mail: [email protected]
• Natascia Tel. 333 2540817
2004 GIUGNO
PARMA
43100 PARMA PR - Viale S. Martino, 8
Tel. 0521 990011 - Fax 0521 960645
E-mail: [email protected] - C/c. postale 153437
Il sogno dei giovani teologi
Il trasloco nella sede rinnovata
Un desiderio del
beato Conforti
Il beato Conforti aveva sem-
pre desiderato che i suoi studenti potessero studiare teologia in
Casa Madre, con insegnanti saveriani e diocesani. Un desiderio che non riuscì a realizzare.
Per diversi decenni gli studenti
saveriani frequentarono la teologia nel seminario diocesano, finché nel 1949 la comunità teologica fu trasferita a Piacenza. Nove anni dopo, essendo aumentato notevolmente il numero dei
teologi, si decise il ritorno dello
studentato nella Casa Madre di
Parma, che era stata ampliata.
Tutti i corsi erano in casa, con
professori eccellenti, saveriani e
diocesani. Il desiderio del fondatore si era concretizzato.
Nel 1977 l’Istituto teologico
saveriano ottenne l’affiliazione
all’università Urbaniana di Roma, con la possibilità di conferire il baccellierato. Era un riconoscimento della serietà della
scuola teologica dei saveriani,
con la sua impronta fortemente
missionaria. Allora frequentavano i nostri corsi anche altri reli-
giosi: benedettini, betharramiti,
cappuccini, stimmatini, le saveriane e gli stessi seminaristi della diocesi. Sono stati anni memorabili!
Teologi …pendolari
Nel frattempo, era iniziato il
calo delle vocazioni e il numero
degli studenti cominciò a ridursi
notevolmente. Ci si domandava:
vale la pena continuare? Dopo
lunga riflessione, nel 1994 fu deciso di chiudere l’Istituto teologico saveriano di Parma e mandare gli studenti saveriani a Reggio Emilia per frequentare le lezioni. Da allora, i teologi partono
al mattino e tornano il pomeriggio, come tanti altri studenti in
Italia e nel mondo.
Non tutti erano d’accordo con
quella decisione e, ancora oggi,
qualcuno si chiede se sia stata la
scelta giusta. Ma ormai la Congregazione si era orientata ad
avere varie comunità di teologia,
una per continente, con studenti
di varie nazionalità, in modo da
Il servitore della mensa
L’economo fr. Angelo Fumagalli
on si pensa spesso a chi
procura il cibo e si occupa dell’economia familiare. A
pensarci bene, ogni giorno deve
compiere tanti piccoli miracoli.
Se poi questa persona deve occuparsi dell’economia di una comunità …di frati, allora i miracoli da fare per accontentare tutti sono così tanti, che a scriverli
non basterebbe un libro.
Il personaggio di turno, in via
di beatificazione, è fratel Angelo
Fumagalli, il nostro economo in
Casa Madre. Gli vogliamo dedicare due righe, con una cornice
di grande riconoscenza.
N
Il servitore
della mensa
Tra i testi di
spiritualità buddista in Giappone, ne troviamo
uno che insegna come si
deve
8
Fratel Angelo Fumagalli, economo
della Casa Madre a Parma
p. GANRIU, sx
preparare e servire il cibo ai monaci che si dedicano agli esercizi ascetici. Indica anche con quale spirito e atteggiamento del
cuore, si deve fare questo lavoro.
Il titolo del testo è “Tenzo
Kyoukun”, che tradotto significa
insegnamento del servitore della
mensa. Il manuale è stato scritto
da Dogen, un maestro zen buddista vissuto 800 anni fa. Il servizio alla mensa dei monaci viene qualificato come un cammino ascetico, una liberazione da
tutto ciò che condiziona il cuore
di una persona. Attraverso il servizio umile si scoprono le ragioni della felicità.
Ha il cuore illuminato
Alcuni brani del manuale sembrano proprio descrivere la figura del nostro economo come servitore della mensa. Eccone uno:
“Il lavoro del servizio a mensa
è un compito prezioso, perché
chi lo compie con cuore pieno
di misericordia può raggiungere
l’illuminazione”. Dunque, non
servono ore e ore di zazen, né
grandi sacrifici e restrizioni; basterebbe servire a mensa per diventare illuminati!
Anche se non viviamo in
Giappone e non siamo buddhisti, gli insegnamenti di Dogen
possono far bene anche a noi.
Possiamo scoprire che il cuore
di chi si occupa della mensa di
famiglia, oggi come tanti secoli
fa, è sempre lo stesso: un cuore
profondamente religioso.
Fate così anche voi
Lo stesso insegnamento ci viene dai grandi maestri di spiritualità cristiana: san Benedetto raccomandava di “pregare e lavorare”; san Francesco incoraggiava
ad essere umili, laboriosi e felici.
Più ancora, il nostro Maestro
Gesù, con il grembiule del servitore, ha lavato i piedi ai discepoli e ha chiesto a tutti noi di fare come lui.
Altri fratelli saveriani vivono
in Casa Madre: Raumer aiuta
l’economo; Scintu coltiva l’orto; Cesani aiuta in portineria;
Passuello e Menici assistono i
malati; Saderi e Gelsomini preparano tutto per la Messa…
Quando vedo i loro volti sorridenti, mi tornano in mente le parole del servitore della mensa e
ringrazio il Maestro Gesù, perché questi fratelli cercano di fare
proprio …come lui.
Servendo gli altri con semplicità e amore, il nostro cuore si
illumina e tutta la famiglia si riempie di gioia.
La nuova sede dello studentato teologico internazionale saveriano di
Parma a lavori quasi ultimati
favorire l’adattamento interculturale dei giovani saveriani. Prima, la maggior parte degli studenti era di origine italiana. Oggi a Parma siamo 21 studenti
provenienti da otto nazioni: Bangladesh, Brasile, Camerun, Congo, Indonesia, Italia, Messico e
Spagna.
Il trasloco pasquale
A fianco della Casa Madre,
una palazzina che dà proprio su
Viale San Martino, era stata la
sede dello CSAM, il Centro saveriano di animazione missionaria, fino al 1992 quando le attività del Centro furono trasferite
a Brescia.
Foto Storgato
l trasloco dello Studentato teologico internazionale
alla sua nuova sede è un sogno
che molti studenti di teologia
hanno avuto da anni. È toccato
proprio a noi realizzarlo e ne siamo felici. Per capire il significato di questo sogno, è bene andare un po’ dietro negli anni e ripercorrere un cammino che ha
avuto varie tappe.
Il 1994 è stato l’ultimo anno
di attività dell’Istituto teologico
saveriano di Parma. Da allora era
sorta negli studenti di teologia
l’idea di abitare una casa che
permettesse una migliore gestione della vita comunitaria. Il numero degli studenti era diminuito e la Casa Madre era un ambiente molto grande, in cui era
facile disperdersi. L’ideale era
avere una sede staccata, ma vicina, con un po’ di autonomia,
per crescere meglio…
I
AUGUSTO RAMOS sx
Questa palazzina è stata ristrutturata e resa idonea per una
comunità di studenti. C’è voluto
un anno e mezzo di lavoro, ma
ormai ci siamo! Pasqua è la festa
del passaggio! E proprio dopo
Pasqua, anche noi abbiamo fatto
il …passaggio nella nuova casa.
Una situazione ideale, perché così noi giovani studenti continuiamo a restare nella nostra Casa Madre (e la sentiamo proprio
nostra!), pur vivendo in uno spazio che ci consente di gestire in
modo autonomo la nostra vita di
comunità. Speriamo così di diventare veri missionari, come li
voleva il beato Conforti, e di realizzare meglio il suo sogno. IL GRANELLO DI RISO
p. P. MOIOLI, sx
Il servizio è una caratteristica che accomuna tutti coloro che amano
e gustano la vita, giovani ed anziani, in ogni religione vera. Il testo
buddista di “L’insegnamento del servitore della mensa” dice:
“Il servitore della mensa lava il riso e prepara le verdure con grande
impegno. Non può fare questo lavoro con trascuratezza o disattenzione, né fare alcuni lavori con più attenzione e altri meno. Si compiono le cose bene quando non si lascia concludere ad altri nessun tipo di lavoro. Questo è il vero compito del servitore della mensa”.
“Un discepolo si stava esercitando nel lavoro di servire a mensa. Un
giorno, mentre stava pulendo il riso, fu improvvisamente interrogato
dal maestro: “Che cosa fai?”. Il discepolo rispose che stava cercando di
pulire il riso dalla sabbia, ma purtroppo aveva lasciato cadere un granello di riso con la sabbia. Il maestro continuò: “Come potranno vivere i tuoi fratelli se agisci in questo modo?”. Il discepolo si sentì umiliato
e di nascosto raccolse il granello di riso caduto e lo ripose nella pentola.
Allora il maestro riconobbe che il discepolo aveva ottenuto l’illuminazione”.
L’attenzione al granello di riso è il messaggio centrale di questo testo antico. Quel granello è ogni istante della vita. La Via, il cammino
spirituale non è così complesso come forse abbiamo pensato. Facciamo
un passo avanti ogni volta che raccogliamo un granello di riso caduto
per rimetterlo nella pentola della vita. Vivendo gli uni al servizio
degli altri, preparando le
cose necessarie alla vita
quotidiana, percorriamo
la Via illuminata. Mentre ricordiamo Colui
che ha detto: “Io sono la Via”.
L’illuminazione
si ottiene
vivendo gli uni
al servizio degli altri
2004 GIUGNO
PIACENZA
29100 PIACENZA PC - Stradone Farnese, 11
Tel. 0523 321710 - Fax 0523 320804
E-mail: [email protected] - C/c. postale 12252292
Lance trasformate in palme
Una gioia così grande da scoppiare!
Padre Modesto Todeschi è un saveriano trentino, missionario in
Burundi. Ci ha scritto per raccontarci la sua domenica delle
palme.
l documento “Chiesa in
Africa” cita la profezia di
Isaia: “È tempo che i popoli
I
Padre Modesto, autore dell’articolo
p. MODESTO TODESCHI, sx
spezzino le loro spade per farne
vomeri e le loro lance per farne
falci!”. Mi colpisce sempre questo mutare dell’animo umano.
La storia insegna. Ma la tentazione torna e sembra essere una
malattia cronica. Si passa in
fretta da “osanna, osanna” a
“crocifiggilo, crocifiggilo!”.
Si potrebbe dire che le palme
si trasformano in lance. In realtà,
si può anche dire il contrario. Si
può sperare che le lance si trasformino in palme.
Un tendone per tetto
La domenica delle palme ero
a Gishingano, una comunità periferica della missione. Conoscevo un po’ la zona perché nove anni fa ci andavo abbastanza
frequentemente per incontrare,
incoraggiare, celebrare. Nel ‘95,
infatti, la guerra aveva distrutto il popoloso quartiere di Kamenge e diversa gente si era rifugiata proprio lì. Ma poi la
guerra era arrivata anche a Gishingano.
Le scuole elementari sono
state distrutte due volte, e ora
resta solo qualche rudere. I
banchi degli scolari sono stati
usati come legna da ardere,
scoraggiando il desiderio di riprovare a ricominciare. La
chiesetta, già vecchia e mal
messa, è rimasta scoperta perché hanno portato via le lamiere; adesso è coperta con un tendone, ma la struttura è diventata fragile per le piogge.
Il fruscio della gioia
A Gishingano, quest’anno, ho
goduto profondamente nel vedere che, in una zona tanto dilaniata, la chiesa era piena zeppa e
c’era una gioia indescrivibile,
stupenda, da scoppiare! E le palme? C’erano quasi più palme
che persone. E quando, alla benedizione, le hanno alzate, non
si vedeva più nessuno: solo rami di palma. E si sentiva un fruscio pieno di gioia.
Mi veniva spontaneo dire a
tutta quella gente: “Nonostante
Dammi un cuore, Signore
Una preghiera e un’invocazione
n cuore grande per amare,
pronto a lottare, a soffrire e
morire con te. Così inizia il canto L’uomo nuovo che da giorni
mi martella nella mente, in questo mese dedicato al sacro Cuore
di Gesù, di cui si celebra la festa
il 18 giugno. Il Cuore trafitto per
amore che ha versato fino all’ultima goccia di sangue per noi.
U
Sentirsi uomini nuovi
Il canto è stupendo. La musica
ancor più delle parole. Mi fa sentire, o almeno mi sembra, di esser
davvero un “uomo nuovo”. E non
per merito mio, ma di Colui che
“mi ha amato e si è dato a me”,
come esclama san Paolo. Mi viene in mente l’antica profezia di
Ezechiele (36,24-28) in cui Dio
stesso promette al suo popolo: “vi
darò un cuore nuovo, metterò
dentro di voi uno spirito nuovo”.
Ecco il miracolo che solo Dio
poteva fare, e lo ha fatto per mezzo di Gesù che con la sua crocifissione ha vinto la morte, con la
sua risurrezione ci ha dato una vita nuova e con Ia Pentecoste ha
effuso su di noi il suo Spirito.
8
Un cuore santo...
Da qui nasce il cuore nuovo, il
cuore grande. Un cuore ben di-
p. S. PARMIGGIANI, sx
verso da quello di carne, un muscolo fragile che può ammalarsi
e fermarsi per sempre, se non
viene curato tempestivamente. Io
sono esperto in questa materia,
avendo avuto un infarto a 28 anni, quando ero da poco arrivato
in Bangladesh. Ho dovuto lasciare la missione e perfino la
speranza di tornarvi, essendo costretto a convivere con i disturbi
dei cardiopatici. Sono passati
quarant’anni; ho cercato di vivere
il più normalmente possibile, lavorando come una persona sana.
Agli inizi della malattia pregavo per guarire, per riavere un
cuore sano. Poi ho imparato ad
accettarmi così com’ero, chiedendo al Signore di darmi piuttosto un cuore santo, un cuore
davvero nuovo, un cuore come il
suo. Allora non importa più dove
sono, se qui in Italia o nel terzo
mondo. Non importa più quello
che faccio, se sono direttore spirituale o animatore dei giovani o
economo della comunità o incaricato del ministero e dell’animazione missionaria. Non importa più se sono malato o sano,
se sono vecchio o giovane. Importa una cosa soltanto: avere un
cuore buono, un cuore fedele, un
cuore simile a quello di Gesù.
“Signore, allarga il mio cuore fino
ai confini del mondo”
… fino ai confini
del mondo
Solo così si è missionari autentici. E lo si è per sempre.
Perché ciò che conta è amare, e
l’amore è eterno, come insegna
la bibbia: “Dio è amore, e chi
sta nell’amore sta in Dio e Dio
in lui”. E allora ripeto la preghiera di Haguenin, l’apostolo
dei girovaghi, che scrissi sull’immaginetta della prima Messa, quasi 43 anni fa: “Vorrei, o
Signore, non pensare che agli
altri. Allarga il mio cuore fino
ai confini del mondo, perché
possa accogliere tutto il dolore
degli uomini. Fa pesare sul mio
cuore, fino al tormento, l’ansia
quotidiana per la salvezza di
tutti”.
Si vedevano solo palme; si sentiva solo il fruscio della gioia
tutte le prove e sofferenze, nonostante questo duro calvario, i
vostri giovani sono segno vivo
di speranza e di risurrezione”.
Sembrava già Pasqua. C’era fretta di celebrare la Pasqua. Come
non pensare che dove c’erano
tante lance ci possono essere tante palme?
“I vostri figli
sono anche miei”
I bambini di Kamenge non mi
conoscevano, dal momento che
erano passati nove anni. La catechista Imelda mi presentava
come una persona conosciuta,
perché due volte ero fuggito con
loro durante i bombardamenti.
Ricordava che avevo comprato
le banane per i bambini, mentre
salivamo verso la parte più alta
della montagna per metterci in
salvo. In quel momento ho provato tanta gioia.
Anch’io ho un ricordo particolare, perché proprio lì una
volta, durante le prime comunioni, avevo rischiato di essere
fatto fuori. L’avevo scampata
per miracolo: altri giovani erano arrivati a combattere contro
quelli che volevano finirmi. Ricordo che mi chiesero: “Ma come hai fatto a passare? Come
mai rischi tanto per noi?”. Spontaneamente risposi: “Come po-
trei parlarvi di Dio se non sapessi sperimentare un po’ la vostra vita e il vostro rischio? Se
avessi moglie e figli me lo impedirebbero. Ma dato che la mia
famiglia siete voi, i vostri figli
sono anche miei. Perciò, eccomi!”.
Ci fu un applauso spontaneo,
indimenticabile. Non poteva certo esserci una dimostrazione più
bella del valore missionario del
celibato.
Figli della risurrezione
La festa delle palme con questi vecchi ricordi aveva un sapore intenso e stupendo. Dico ancora grazie al Signore che mi ha
dato il privilegio e la gioia di poter essere missionario. La gioia,
la luce di quei volti, la sorpresa
di ritrovarci insieme e di avere
questi ricordi in comune, mi
fanno capire che vale la pena di
essere, di osare e di sentirsi “figli
della risurrezione”.
La testimonianza delle danze,
dei canti, delle corali dei cristiani di Gishingano sono davvero
una dimostrazione che la Pasqua
è vera e che la risurrezione porta
i suoi frutti, nonostante le guerre,
le lance e le spade. Diventino
palme anche le mitragliatrici e i
revolver. E sarà pace, a Kamenge e nel mondo.
L’UOMO NUOVO
L’uomo nuovo creatore della storia,
costruttore di nuova umanità.
L’uomo nuovo che vive l’esistenza
come un rischio che il mondo cambierà.
L’uomo nuovo che lotta con speranza
nella vita cerca verità.
L’uomo nuovo non stretto da catene,
l’uomo libero che esige libertà.
L’uomo nuovo che più non vuol frontiere,
né violenze in questa società.
L’uomo nuovo a fianco di chi soffre
dividendo con lui il tetto e il pane.
Dammi un cuore, Signor,
grande per amare.
Dammi un cuore, Signor,
pronto a lottare con te.
2004 GIUGNO
PIEMONTE
e LIGURIA
16156 GENOVA PEGLI GE - Viale Modugno, 39
Tel. 010 6969140 - Fax 010 6967910
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00303164
Il piacere di riposare in vacanza
Per rilassare il corpo e fortificare l’anima
gnuno di noi, in qualsiasi
situazione si trovi nella vita e qualunque professione svolga, prova a volte un po’ di stanchezza, causata dallo “stress” e
O
Il tempo libero sia impiegato anche
per la lettura e la meditazione
dai molti impegni della concitata vita moderna. Tutti attendiamo giustamente l’arrivo del periodo di ferie per assaporare un
riposo che ci consenta di ricaricare …le batterie del corpo e
dello spirito.
Qualcuno potrebbe pensare
che la chiesa e i sacerdoti non
mostrino interesse verso questa
dimensione della vita normale,
fatta di lavoro e di riposo. Invece, i nostri pastori spirituali
ci offrono alcuni orientamenti
anche su questo aspetto della
vita dei cristiani. È un argomento trattato in vari documenti della chiesa. Se n’è occupato persino il concilio Vaticano II. Ispirandomi proprio al
concilio, desidero condividere
con voi alcuni pensieri e suggerimenti che riguardano il nostro tempo libero.
p. MARIO TOGNALI, sx
Tempo per risanare
il corpo e lo spirito
Nel documento “La Chiesa
nel Mondo”, dopo aver ricordato
che la famiglia nella sua missione educatrice deve orientare i figli ad un corretto uso dei nuovi
mezzi di comunicazione per raggiungere una visione culturale
universale, i vescovi continuano
dicendo:
“La diminuzione più o meno
generalizzata del tempo di lavoro fa aumentare di giorno in
giorno le possibilità culturali per
molte persone. Il tempo libero
sia impiegato per distendere lo
spirito, per fortificare la sanità
dell’anima e del corpo mediante
attività e studi di libera scelta,
mediante viaggi in altri paesi (turismo responsabile), con i quali
si affina e si arricchisce lo spirito grazie alla reciproca cono-
Una gran bell’avventura
Seguire Cristo per la missione
nche se il cognome di famiglia è diffuso in tutt’Italia, sono un giovane sardo, originario di Birori, in provincia di
Nuoro. Scrivo su questa pagina
destinata agli amici dei saveriani
del Piemonte e della Liguria, per
obbedire alla richiesta insistente
di un comune amico: p. Giuseppe
Marzarotto. Ho conosciuto padre
Giuseppe in Sardegna quando io
ero ancora bambino, e mi ha
chiesto di scrivere due righe sulla
mia esperienza vocazionale.
A
8
Missionario a vita
Il 14 marzo scorso, nel santuario
del beato Conforti a Parma, ho solennemente promesso di vivere in
povertà, castità e obbedienza per
tutta la vita nella famiglia saveriana e la domenica successiva, 21
marzo, sono stato ordinato diacono. In settembre, per grazia di Dio,
diventerò sacerdote missionario.
San Paolo afferma: “sono stato
conquistato da Gesù Cristo”.
Queste sue parole sono una sintesi degli avvenimenti della mia
breve storia personale, specialmente in questi ultimi tempi. Alcuni mi dicono che sto sprecando
la mia vita; altri credono che io
abbia scelto di essere missionario
perché non ho trovato la donna
da sposare... Sono risposte umane ad una realtà che totalmente
umana non è: la vocazione a seguire Cristo nella vita missionaria. Anche la vocazione alla vita
missionaria fa parte del grande
ANDREA ROSSI, sx
mistero della vita cristiana!
Sono felice!
Nessuna apparizione, nessun
angelo, nessun miracolo… Nella
semplicità della vita quotidiana
e nel confronto con la sua Parola,
mi sono lasciato condurre da Lui
intuendo la strada verso cui mi
portava. Dio mi ha fatto capire
che ha un progetto su di me. Con
senso di responsabilità, io ho accettato il suo progetto; e ne sono
felice. La strada è ancora lunga;
sono solo all’inizio di una grande
avventura. Però so che il Signore,
che ha iniziato in me la sua opera, la porterà a compimento.
Per fare una scelta del genere
non occorre essere super uomini;
non occorre avere qualità ad effetti speciali, essere già perfetti e
santi. Basta cercare di essere fedeli alla fedeltà di Dio. Dio è
sempre fedele alla sua promes-
sa. È fedele nella chiamata sempre, anche quando noi non lo
siamo nella risposta.
Un pizzico di pazzia…
Non so perché il Signore abbia scelto me come collaboratore della sua missione per fare del
mondo una sola famiglia. So solo che non l’ha fatto per i miei
meriti o la mia santità, ma che
mi ha scelto gratuitamente, per
amore. Perciò, dal più profondo
del mio essere, lo ringrazio per il
dono gratuito e prezioso della
vocazione missionaria.
Io ho messo solo quel po’ di
coraggio e di sana pazzia, che mi
hanno fatto fare il primo passo
per abbandonarmi alle sue mani.
E poi la fede è una delle poche
certezze che ho: Dio è fedele nel
suo amore come una mamma.
Questo mi dà speranza, quando
penso al mio futuro.
Andrea Rossi (primo a sinistra), giovane saveriano sardo, fa il diacono
a p. Giancarlo Lazzarini, vicario generale dei saveriani
Le vacanze servono anche per ritrovare il benessere fisico e spirituale
scenza, e anche mediante esercizi e manifestazioni sportive
che giovano a mantenere l’equilibrio dello spirito anche nella
comunità e offrono un aiuto per
stabilire fraterne relazioni fra le
persone di tutte le condizioni, di
nazioni o di stirpi diverse. I cristiani collaborino dunque affinché le manifestazioni e attività
culturali collettive, proprie della nostra epoca, siano impregnate di spirito umano e cristiano”
(G.Sp.1524).
Tempo per curare
la vita familiare
Desidero sottolineare anche un
secondo aspetto, sempre ispirandomi ai documenti del concilio.
Il tempo libero, oltre ad essere
speso per fortificare le dimensioni umane e spirituali, deve essere utilizzato anche per la vita
familiare e religiosa:
“Pur applicando all’attività di
lavoro, con doverosa responsabilità, tempo ed energie, tutti i
lavoratori debbono però godere
di sufficiente riposo e tempo libero che permetta loro di curare
la vita familiare, culturale, sociale e religiosa. Anzi debbono
avere la possibilità di dedicarsi
ad attività libere che sviluppino
quelle energie e capacità, che
non hanno forse modo di coltivare nel loro lavoro professionale” (G.S. 1547).
Con l’anima riposata
Forse questi orientamenti
possono sembrare difficili da
realizzare nella realtà della vita
di ogni giorno. Tuttavia, spetta
a noi saper gestire la vita con
equilibrio per il nostro bene fisico e spirituale, organizzando
le nostre vacanze e il nostro
tempo libero. Pensandoci bene
prima, possiamo trovare il modo per ristabilire le nostre forze: non solo quelle del corpo e
della mente, ma anche quelle
dell’anima. Quando l’anima è
forte e riposata, anche il corpo
e la mente si stancano di meno!
Al mio fraterno augurio perché possiate organizzare in questo modo il vostro periodo di riposo estivo, aggiungo il saluto
dei missionari saveriani di Genova Pegli, accompagnato dalla
nostra costante preghiera per tutti voi.
UN LIFTING ALLA NOSTRA CASA
p. ANTONIO BENETTI, sx
Avremmo voluto aspettare tempi migliori per realizzare alcuni lavori di manutenzione nella nostra
casa saveriana di Pegli. Ma dato che
il tetto aveva delle perdite, i cornicioni stavano cedendo, l’intonaco
delle pareti era ormai scrostato, le
ringhiere erano arrugginite… allora
ne abbiamo approfittato per fare,
in varie tappe, una ristrutturazione
della facciata e delle stanze.
I lavori sono durati alcuni mesi,
essendoci stato di mezzo l’inverno,
e grazie alla grande abilità dei muratori e dei pittori, la casa saveriana
La casa saveriana di Pegli durante
è stata rimessa un po’ a nuovo. A
i lavori di ristrutturazione
Dio piacendo, per alcuni anni, non
dovrebbe aver bisogno di altri interventi.
Il nostro sincero grazie va anche a voi, amici e benefattori, che con il
vostro sostegno ci venite incontro e aiutate con tanta generosità. Se
avete occasione di passare per Viale Modugno 39, venite a trovarci.
Ne saremmo davvero felici. Restiamo uniti nella preghiera e nell’amore alle missioni. Grazie.
2004 GIUGNO
REGGIO
CALABRIA
89055 GALLICO SUPERIORE RC - Via Rimembranze
Santuario Madonna della Grazia
Tel. 0965 370304 - Fax 0965 373137 - E-mail: [email protected] - C/c. postale 10444891
Un quadro della mostra
“Calvario per i
bambini di guerra”,
nel Parco della
Mondialità
Il calvario dei bambini in guerra
Storie vere dalla Sierra Leone
l parco della mondialità
di Gallico, ho accompagnato vari gruppi a visitare la
mostra “Calvario per i bambini
di guerra”. Mentre parlavo mi
venivano in mente le storie di
tanti piccoli amici, soprattutto
dell’Africa, che sono stati costretti a soffrire la guerra, ma
non l’hanno voluta fare. Sono
storie vere.
Nanasi Kisala ha 19 anni. In
un mondo normale sarebbe un
giovane con una vita davanti,
impegnato a studiare e a costruirsi un futuro, con tanti sogni e progetti nel cassetto. Ma il
Congo non è un Paese normale…; è un Paese in guerra. I giovani come Nanasi non conoscono la scuola, ma le armi; vengono arruolati nell’esercito o nelle
bande di ventura e sono costretti a uccidere.
Cercami un amico…
Sullai era un giovane delle
scuole superiori. Suo padre era
muratore. Spesso lo avevamo
chiamato alla missione per lavorare. Frequentava una chiesa
protestante ed era un uomo onesto; per non fare cose contro coscienza, era pronto a pagare di
persona. Noi lo aiutavamo volentieri dandogli lavoro e pagando la retta scolastica per suo figlio.
Un giorno ricevo una lettera di
Sullai. Mi scrive che i ribelli erano arrivati, avevano ucciso suo
padre e un fratello più giovane.
Scrive che lui vuole continuare
negli studi, ma che non sa più a
chi rivolgersi e chiedere aiuto.
Aggiunge: “Aiutami tu, per la
scuola e per la vita. Cerca un
buon amico che possa pensare a
me”. Caro Sullai, guardati attor-
Missionario in ritardo
mente, per raggiungere le diverse comunità sparse in un raggio
di 60 chilometri, facevo uso di
una camionetta pick-up. Ma
quando le strade di terra battuta
subivano erosioni o non erano
collegate da ponti, non mi rimaneva che andare a cavallo, il
mezzo di trasporto più comune
da quelle parti.
In vista della fattoria, i ragazzi
più generosi mi venivano incontro per scortarmi fino al luogo
della riunione. Ricordo che non
ero sempre in orario; ma per fortuna la mancanza di puntualità
non è mai stato un problema. Da
quelle parti, la gente non ha fretta e ti aspetta per ore, cantando
al ritmo di qualche chitarra.
CARI AMICI,
Ringrazio padre Ercole per la
disponibilità con cui ha seguito la
mostra “Calvario per i bambini di
guerra” e per aver averci raccontato le esperienze dei ragazzi della Sierra Leone.
Grazie anche a padre Flavio per
aver condiviso con tutti noi la “nostalgia” che sente ancora forte per
il Brasile.
Nel riquadro in basso, proponiamo il volantino del grande avvenimento giovanile che si terrà a
Gallico nel mese di luglio. Invitiamo i giovani a partecipare.
p. Pierluigi, sx
A
…la gente aspetta e canta
aguapita, in lingua tupì, significa pantera rossa. È
un piccolo municipio di dodicimila abitanti, fondato cinquant’anni fa da immigrati e altra
gente in cerca di terre da coltivare. Si trova a settecento chilometri a ovest di San Paolo, sulla
linea del tropico, verso il confine
con il Paraguay. Qui ho passato
la maggior parte dei miei anni di
vita missionaria in Brasile.
J
Sole e polvere rossa
I pionieri, molti dei quali italiani, con il fuoco e una tenace
opera di bonifica, hanno trasformato quelle terre incolte in floride piantagioni di caffè, soia, cotone e canna da zucchero. Con
la gente, sono arrivati anche i
missionari, con l’intento di favorire l’incontro tra le diverse razze
8
p. ERCOLE MARCELLI, sx
p. FLAVIO BACCHIN, sx
e la nascita di comunità fraterne.
La maggior parte delle abitazioni è fatta di legno, con assi accostate in verticale, pavimento in
cemento o terra battuta, poche
suppellettili e rare comodità.
Spesso mancano sia la luce che
l’acqua, sostituite dal lume a petrolio e dall’acqua non sempre
limpida di qualche invasatura, dove normalmente si fa il bagno e si
abbevera il bestiame. Tanto sole e
tanta polvere rossa, ti danno l’impressione di essere capitato proprio nell’ambiente caratteristico
dei vecchi film di cowboy.
A cavallo, senza fretta
Questo è stato l’ambiente nel
quale, per una decina d’anni, ho
avuto la cura pastorale di due
parrocchie distanti trenta chilometri una dall’altra. Normal-
Padre Flavio, missionario alla John Wayne
Una riserva di ostie
Gli incontri erano sempre ben
organizzati dallo zelo e dalla responsabilità dei ministri che,
nonostante il duro lavoro nelle
piantagioni, trovavano il tempo
per preparare i canti, fare la lista
delle intenzioni per la preghiera,
fare il catechismo ai piccoli, preparare gli adulti alla benedizione del matrimonio e i genitori al
battesimo dei figli. Lasciavo
sempre una riserva abbondante
di ostie consacrate affinché la domenica potessero ancora radunarsi per la celebrazione della
Parola, portare la comunione ad
ammalati e anziani e vivere con
il sostegno della fede.
Sono andato a fare del bene, e
mi rendo conto di averne anche
ricevuto tanto. Per questo, sento ancora molta saudade do Brasil - per chi non avesse capito:
sento ancora molta nostalgia del
Brasile.
no. Bussa ancora
alla porta della missione; ci sono sempre persone buone che aiutano!
La piaga tropicale
Alpha Sesay abitava
appena fuori dal recinto della missione a Makeni. Alla
gamba destra aveva una piaga tropicale che guariva e poi
si riapriva. Era un ragazzo intelligente e voleva andare a
scuola. Suo padre, forse alcolizzato, era incapace di
provvedere a suo figlio e veniva spesso a pregarci di aiutarlo. L’abbiamo aiutato a pagare la scuola e a curare la
piaga. Poi parlai con padre
Bepi Berton, direttore del
progetto delle famiglie che
ospitano bambini bisognosi di
assistenza, perché accettasse il
ragazzo.
Alpha fu curato e frequentò la
scuola, finché non venne la tempesta scatenata dai ribelli. Tanti
bambini furono rapiti, costretti
a drogarsi, a uccidere persone e
a distruggere cose. Alpha si salvò, ma perse suo padre. Ha ancora bisogno di aiuto.
curai
che frequentasse
la scuola regolarmente.
Quando
fummo costretti ad
abbandonare la missione perché
stavano per
arrivare i ribelli, Giovanni si accodò a noi.
Lo lasciammo in un villaggio
dove avrebbe trovato protezione. Ma era molto triste nel vederci andar via.
Ero già in Italia da un anno
quando ricevetti una sua lettera.
Ero felice, perché sapevo che
aveva superato i tempi terribili
dei ribelli. Nella lettera mi ringraziava per quello che i missionari avevano fatto per lui.
Il grazie di Giovanni
Giovanni era un ragazzo che
aveva subito privazioni e traumi
in famiglia. Quando si presentò
la prima volta alla missione aveva un’aria spaurita. Lo feci entrare e gli diedi da mangiare.
Tornò ancora e mi chiese di aiutarlo perché voleva andare a
scuola. Gli dissi che avrei pagato la tassa scolastica, e mi assi-
Nelle mani di Dio
Cari amici della Sierra Leone,
mi sento piccolo di fronte a voi,
che avete sofferto tanto e che
ora, con tutta la buona volontà,
state tentando di ricostruire la
vostra nazione. Non sono più in
mezzo a voi, ma il parlar di voi
in ogni occasione è già una gioia
e uno stimolo ad affidarvi nelle
mani di Dio.
CONVEGNO GIOVANILE MISSIONARIO
Invitiamo i giovani dai 18 ai 28 anni,
in particolare del centro-sud Italia,
al convegno giovanile missionario
“OLTRE LA CHAT
L’INCONTRO”
dal 21 al 25 luglio
presso i Missionari Saveriani
a Gallico Superiore (R.C.)
L’obiettivo è riflettere sull’impegno di incontrare l’altro per imparare ad ascoltare, dialogare e insieme costruire
un cammino di fraternità, di condivisione e di missione. Lo stile del
convegno sarà all’insegna della preghiera, della riflessione, delle testimonianze, della festa.
Per informazioni chiedere a:
padre Giovanni, Salerno: Tel. 349 7754907 - [email protected]
padre Pierluigi, Reggio C.: Tel. 347 0463535 - [email protected]
padre Nicola, Taranto: Tel. 339 1100734 - [email protected]
2004 GIUGNO
ROMA
00165 ROMA RM - Via Aurelia, 287
Tel. 06 39366929 - Fax 06 39366925
E-mail: [email protected] - C/c. postale 45206000
Cinquant’anni in Sierra Leone
“Sono pronto a ripartire ancora”
Padre Nazzareno Bramati, a Roma per un periodo di riposo e di
cure, ha approfittato per celebrare il 50° anniversario di vita
missionaria in Sierra Leone. Ottant’anni a novembre, ma non
sembra abbia
l’intenzione di fermarsi...
Padre Nazzareno durante la Messa
per il suo 50° anniversario d’Africa
p. NAZZARENO BRAMATI, sx
ingrazio il Signore per tutti i benefici che ha dato a
me e a voi. Lo ringrazio, in modo particolare, per il dono della
vocazione missionaria.
La vocazione vuol dire chiamata. Il Signore chiama chi vuole. Il Signore chiama sempre e
ovunque; chiama a tutte le età.
Mi ha chiamato a seguirlo, non
solo come cristiano e religioso,
ma anche nella predicazione del
vangelo. È una grande grazia rispondere alla chiamata del Signore, ma non
tutti lo fanno. Se uno non
è pronto ad abbracciare
tutto quello che il Signore
gli offre, facilmente rifiuta la chiamata e l’offerta.
R
Siamo inviati speciali
Il giorno di Pasqua, il
Signore risorto appare nel
cenacolo dove gli apostoli
erano riuniti a porte chiuse. Disse loro: “Come il
Padre ha mandato me, così
io mando voi”. Il Padre ha man-
dato suo Figlio in questo mondo
proprio per salvare noi peccatori,
non per condannarci. E il Signore ha mandato gli apostoli nel
mondo a fare quello che aveva
fatto lui, che è morto e risorto per
noi. Quella degli apostoli non è
stata un’iniziativa personale.
A noi è stato detto di fare la
stessa cosa: andare e predicare
il vangelo a tutti. Se i missionari
non seguono questa strada, non
sono più fedeli a Cristo. Non è
un’iniziativa personale, ma un
dovere dato alla persona che ha
deciso, con la forza della grazia,
di seguire il Signore.
Per il primo annuncio
Noi missionari andiamo a fare
il primo annuncio del vangelo a
chi non lo conosce ancora. Che
cosa significa? Prima di tutto, è
un invito: “Pentitevi e cambiate
vita, miglioratela!”. Il primo annuncio è dato a tutti, piccoli e
grandi, nessuno escluso. Troviamo chi è aperto e chi è chiuso;
chi è pronto e chi no; chi non ne
Dammi un cuore, Signore
Una preghiera e un’invocazione
n cuore grande per amare,
pronto a lottare, a soffrire e
morire con te. Così inizia il canto L’uomo nuovo che da giorni
mi martella nella mente, in questo mese dedicato al sacro Cuore
di Gesù, di cui si celebra la festa
il 18 giugno. Il Cuore trafitto per
amore che ha versato fino all’ultima goccia di sangue per noi.
U
Sentirsi uomini nuovi
Il canto è stupendo. La musica
ancor più delle parole. Mi fa sentire, o almeno mi sembra, di esser
davvero un “uomo nuovo”. E non
per merito mio, ma di Colui che
“mi ha amato e si è dato a me”,
come esclama san Paolo. Mi viene in mente l’antica profezia di
Ezechiele (36,24-28) in cui Dio
stesso promette al suo popolo: “vi
darò un cuore nuovo, metterò
dentro di voi uno spirito nuovo”.
Ecco il miracolo che solo Dio
poteva fare, e lo ha fatto per mezzo di Gesù che con la sua crocifissione ha vinto la morte, con la
sua risurrezione ci ha dato una vita nuova e con Ia Pentecoste ha
effuso su di noi il suo Spirito.
8
Un cuore santo...
Da qui nasce il cuore nuovo, il
cuore grande. Un cuore ben di-
p. S. PARMIGGIANI, sx
verso da quello di carne, un muscolo fragile che può ammalarsi
e fermarsi per sempre, se non
viene curato tempestivamente. Io
sono esperto in questa materia,
avendo avuto un infarto a 28 anni, quando ero da poco arrivato
in Bangladesh. Ho dovuto lasciare la missione e perfino la
speranza di tornarvi, essendo costretto a convivere con i disturbi
dei cardiopatici. Sono passati
quarant’anni; ho cercato di vivere
il più normalmente possibile, lavorando come una persona sana.
Agli inizi della malattia pregavo per guarire, per riavere un
cuore sano. Poi ho imparato ad
accettarmi così com’ero, chiedendo al Signore di darmi piuttosto un cuore santo, un cuore
davvero nuovo, un cuore come il
suo. Allora non importa più dove
sono, se qui in Italia o nel terzo
mondo. Non importa più quello
che faccio, se sono direttore spirituale o animatore dei giovani o
economo della comunità o incaricato del ministero e dell’animazione missionaria. Non importa più se sono malato o sano,
se sono vecchio o giovane. Importa una cosa soltanto: avere un
cuore buono, un cuore fedele, un
cuore simile a quello di Gesù.
“Signore, allarga il mio cuore fino
ai confini del mondo”
… fino ai confini
del mondo
Solo così si è missionari autentici. E lo si è per sempre.
Perché ciò che conta è amare, e
l’amore è eterno, come insegna
la bibbia: “Dio è amore, e chi
sta nell’amore sta in Dio e Dio
in lui”. E allora ripeto la preghiera di Haguenin, l’apostolo
dei girovaghi, che scrissi sull’immaginetta della prima Messa, quasi 43 anni fa: “Vorrei, o
Signore, non pensare che agli
altri. Allarga il mio cuore fino
ai confini del mondo, perché
possa accogliere tutto il dolore
degli uomini. Fa pesare sul mio
cuore, fino al tormento, l’ansia
quotidiana per la salvezza di
tutti”.
Padre Nazzareno con un gruppo di bambini in Sierra Leone
vuol sapere e chi è indifferente
perché non capisce. La buona
novella è per tutti, anche se non
tutti la accettano con gioia.
Compito del missionario è anche quello di “tirar su” questa
gente e far loro capire il vangelo
attraverso la carità, la scuola, l’istruzione. L’educazione umana
e lo sviluppo sono cose importanti e fanno parte dell’attività
missionaria. Come possono capire il vangelo dell’amore se noi
non dimostriamo il vangelo con
le opere della carità?
Seminare bene
Qualcuno ha accusato i missionari di curare troppo il lavoro
nelle scuole. Ma la formazione
è importante per diventare cittadini e cristiani responsabili. Nessun agricoltore semina a vanvera. Il seminare è per raccogliere, non per disperdere il seme. Il
terreno va preparato con l’istruzione scolastica e con il catechismo. Con gli aiuti che riceviamo, sosteniamo la scuola e l’istruzione dei giovani, che altrimenti non ce la farebbero a causa della povertà delle famiglie.
Il vangelo va spiegato in modo
spicciolo perché sia alla portata
di tutti. Tutto aiuta per poterlo
recepire e mettere in pratica. L’istruzione è importante per preparare la strada alla fede che entrerà nei cuori attraverso l’ascolto della Parola di Dio.
La goccia di miele
Io non ho dato mai la fede a
nessuno, perché la fede è un dono del Signore. I missionari, i sacerdoti, i genitori e gli insegnanti preparano la strada all’annuncio del Signore. A questo lavoro il Signore mi ha chiamato e
da 50 anni ho cercato di farlo
sempre. Che metodo ho usato?
San Francesco di Sales diceva:
“Si prendono più mosche con
una goccia di miele che con un
barile di aceto”. Con l’amore si
aprono le strade più impossibili
e si ottiene quello che si vuole.
La Sierra Leone è detta la
“tomba dell’uomo bianco”. La
vita è in mano a Dio. Il Signore
sa quando è ora di finire. Da parte mia, io sono pronto a ripartire
e ricominciare a preparare la
strada perché la fede entri nei
cuori di tanti fratelli e sorelle nel
mondo.
L’UOMO NUOVO
L’uomo nuovo creatore della storia,
costruttore di nuova umanità.
L’uomo nuovo che vive l’esistenza
come un rischio che il mondo cambierà.
L’uomo nuovo che lotta con speranza
nella vita cerca verità.
L’uomo nuovo non stretto da catene,
l’uomo libero che esige libertà.
L’uomo nuovo che più non vuol frontiere,
né violenze in questa società.
L’uomo nuovo a fianco di chi soffre
dividendo con lui il tetto e il pane.
Dammi un cuore, Signor,
grande per amare.
Dammi un cuore, Signor,
pronto a lottare con te.
2004 GIUGNO
ROMAGNA
48020 S. PIETRO in VINCOLI RA - Via Angaia, 7
Tel. 0544 551009 - Fax 0544 551811
E-mail: [email protected] - C/c. postale 13591482
Quaresima, tempo forte
Le attività in casa saveriana
on spaventatevi, cari amici. Non vogliamo proporvi
una quaresima nel mese di giugno! Non è compito del cronista
fare certe proposte. Semplicemente desidero far conoscere alle tante persone e comunità che
ci seguono con amore, le attività
che si sono tenute durante questo
periodo e rendervi partecipi.
N
Tre mesi di intensa attività
I mesi di febbraio e marzo sono stati particolarmente intensi
sia per la nostra casa saveriana,
sia per i missionari della comunità. Di alcune attività della casa avete
già letto nelle pagine interne del giornale di aprile.
• Dal 17 al 19 febbraio c’è stato il raduno dei trentuno delegati
Lavoro è
salute:
p. Vincenzo
p. AGOSTINO CLEMENTINI, sx
al capitolo dei saveriani in Italia, che si è poi tenuto dal 18 al
30 aprile scorso.
• Dal 1° al 6 marzo abbiamo
ospitato il convegno europeo degli animatori missionari e vocazionali, un appuntamento di interesse vitale per quella che potremmo chiamare l’Unione Europea Saveriana.
• Nel mese di marzo la nostra
casa ha accolto ospiti ben conosciuti e sempre graditi, per i loro
periodici ritiri spirituali: le suore
oblate salesiane; le parrocchie
della Pianta di Forlì e di San
Paolo di Ravenna; l’assemblea
della CIMI e del SUAM, sigle
che significano Conferenza degli Istituti Missionari in Italia e
Segretariato Unitario di Animazione Missionaria.
Il lavoro per il regno di Dio
Se la casa ha sentito il passaggio della quaresima, anche i missionari si sono sentiti utili: con-
La giornata missionaria saveriana
a terza domenica di quaresima, nella parrocchia di
San Giovanni Battista Cappuccinini di Forlì, è stata celebrata la
Giornata missionaria saveriana.
L’hanno fortemente voluta il parroco don Lucio ed il suo vice
don Guglielmo. Fa parte del programma pastorale della parrocchia; e per questo merita la nostra attenzione.
8
Un’esperienza recuperata
Il Concilio ha detto che tutta
la chiesa, e perciò ogni parrocchia, è missionaria. Tutti continuano a ripeterlo, ma purtroppo
questo tipo di “giornate” sono
quasi scomparse. Invece don Lucio, parroco dal ‘69, e don Guglielmo, vice parroco dal ’67, ci
tengono ancora a questa buona
abitudine. Non sono certo sacerdoti pre-conciliari; anzi, appena
ti avvicini alla loro parrocchia
senti subito che è un insieme di
famiglie che fanno comunità attorno alla chiesa e che questa comunità si sente cellula della
grande famiglia cristiana.
Eppure i due sacerdoti hanno
La casa di San Pietro in Vincoli è aperta a tutti; basta collaborare, alla fine di ogni banchetto, per il ristabilire ordine e pulizia. Da sinistra, i padri Tognali di Genova, Colasuonno di Brescia, Menin di Parma e Andreolli di Desio sembra che l’abbiano
capito.
• Il 3 aprile gli ex allievi salesiani di Forlì hanno concluso gli
appuntamenti quaresimali in casa saveriana.
Una parrocchia speciale
L
fessioni a ritmo serrato, celebrazione di Messe, veglie di preghiera, stazioni vicariali, benedizione delle case… A tutto questo va aggiunta l’animazione
missionaria fuori zona: una settimana di padre Giorgio in Calabria e tre settimane del sottoscritto in Sardegna.
Se è vero che per tutti il lavoro
è salute, speriamo che il lavoro
per il regno di Dio sia benedizione per chi lo riceve e per chi
lo compie.
A. C.
insistito ad avere un missionario
in parrocchia e hanno messo anche una precisa condizione: “I
nostri cristiani sanno già tutto
sulla teologia missionaria; tu
parla solo della tua esperienza
missionaria”.
Tutti felici perché…
Il missionario accetta invito e
condizioni. Alla fine, il parroco
ha manifestato la sua soddisfazione dicendo: “Grazie per averci messo al corrente delle tue numerose esperienze; nelle cinque
omelie non ti sei mai ripetuto”.
Dopo queste parole il vecchio
missionario reduce, è felice. Dalle testimonianze raccolte si è
convinto che anche la migliore
parrocchia missionaria ha bisogno di qualcosa che soltanto lui
può dare.
E solo lui godrà, fino alla
commozione, quando vengono a
dirgli: “Noi siamo i genitori di
Ombretta, missionaria a Khulna
in Bangladesh, dove lavorano i
saveriani... Noi siamo i pronipoti del beato Fogolla, vescovo
missionario in Cina, a cui il bea-
to Conforti affidò i suoi primi
saveriani partenti... Io sono Frassinetti, secondo cugino dei due
saveriani Enrico e Mario di Dovadola... Presto ci laureiamo e
l’anno prossimo ci sposeremo;
come potremo renderci utili almeno per tre mesi in una missione?”.
Il centuplo assicurato
Ha ragione don Lucio: i cristiani chiedono testimonianze, e
per questo egli sa anche darne.
Di soldi, a differenza del passato, il missionario non ne ha chiesti, soprattutto per il pudore imposto da quelle grosse cifre
esposte all’ingresso della chiesa: “per restauri…; per mutuo
decennale…; per prestito quinquennale...”.
Eppure, ringraziando, il missionario ha potuto dire: “Se Gesù è di parola quando assicura il
centuplo, quei vostri debiti dovrebbero presto scomparire”.
Dal sorriso delle tante persone
presenti alla Messa vespertina
celebrata dal parrocchiano don
Alessandro, professore all’università Gregoriana, mi è sembrato che volessero dirmi: “Siamo tutti d’accordo”.
Grazie, parrocchia Cappuccinini di Forlì.
Dal 9 al 16 marzo, abbiamo avuto l’assemblea annuale degli
economi delle comunità saveriane in Italia. Nella fotografia,
li vedete soddisfatti in gruppo. La divina Provvidenza continua ad assisterci in tanti modi e la nostra riconoscenza va anche
a tutti voi.
SAVERIANI NELLA CHIESA LOCALE
Il secondo articolo dello statuto per i saveriani che lavorano in Italia
dice così:
“Chiamati dallo Spirito a vivere l’urgenza della missione alle genti, i
saveriani in Italia si sentono parte viva della chiesa italiana, che è responsabile della missione. Essi partecipano al cammino pastorale della
chiesa, vivono il proprio carisma in spirito di comunione ecclesiale e
di reale collaborazione”.
Ben lo sanno i parroci, che possono sempre chiedere ai missionari
di aiutarli nel loro lavoro pastorale, durante tutto l’anno. E i missionari
sono ben felici di mettersi a disposizione, soprattutto per l’animazione
missionaria e vocazionale, per incontri di spiritualità e per la direzione
spirituale dei fedeli.
Un esempio. In quaresima c’è una pratica molto sentita dai fedeli e
impegnativa per il pastore: invece di attendere i fedeli in chiesa, egli va
a trovarli in casa per la benedizione. Per il missionario questo “andare”
è l’espressione più autentica del suo carisma. Lo hanno potuto sperimentare le parrocchie della Fratta di Forlì e di Santa Maria della Speranza di Cesena. Per un mese intero p. Giuseppe
Bardelli è stato felice di andare di casa in casa, a
portare la benedizione di Dio.
2004 GIUGNO
SALERNO
84135 SALERNO SA - Via Fra G. Acquaviva, 4
Tel. 089 792051 - Fax 089 796284
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00205849
Lance trasformate in palme
Una gioia così grande da scoppiare!
Padre Modesto Todeschi è un saveriano trentino, missionario in
Burundi. Ci ha scritto per raccontarci la sua domenica delle
palme.
l documento “Chiesa in
Africa” cita la profezia di
Isaia: ”È tempo che i popoli
I
Padre Modesto, autore dell’articolo
p. MODESTO TODESCHI, sx
spezzino le loro spade per farne
vomeri e le loro lance per farne
falci!”. Mi colpisce sempre questo mutare dell’animo umano.
La storia insegna. Ma la tentazione torna e sembra essere una
malattia cronica. Si passa in
fretta da “osanna, osanna” a
”crocifiggilo, crocifiggilo!”.
Si potrebbe dire che le palme
si trasformano in lance. In realtà,
si può anche dire il contrario. Si
può sperare che le lance si trasformino in palme.
Un tendone per tetto
La domenica delle palme ero
a Gishingano, una comunità periferica della missione. Conoscevo un po’ la zona perché nove anni fa ci andavo abbastanza
frequentemente per incontrare,
incoraggiare, celebrare. Nel ‘95,
infatti, la guerra aveva distrutto il popoloso quartiere di Kamenge e diversa gente si era rifugiata proprio lì. Ma poi la
guerra era arrivata anche a Gishingano.
Le scuole elementari sono
state distrutte due volte, e ora
resta solo qualche rudere. I
banchi degli scolari sono stati
usati come legna da ardere,
scoraggiando il desiderio di riprovare a ricominciare. La
chiesetta, già vecchia e mal
messa, è rimasta scoperta perché hanno portato via le lamiere; adesso è coperta con un tendone, ma la struttura è diventata fragile per le piogge.
Il fruscio della gioia
A Gishingano, quest’anno, ho
goduto profondamente nel vedere che, in una zona tanto dilaniata, la chiesa era piena zeppa e
c’era una gioia indescrivibile,
stupenda, da scoppiare! E le palme? C’erano quasi più palme
che persone. E quando, alla benedizione, le hanno alzate, non
si vedeva più nessuno: solo rami di palma. E si sentiva un fruscio pieno di gioia.
Mi veniva spontaneo dire a
tutta quella gente: “Nonostante
Dammi un cuore, Signore
Una preghiera e un’invocazione
n cuore grande per amare,
pronto a lottare, a soffrire e
morire con te. Così inizia il canto L’uomo nuovo che da giorni
mi martella nella mente, in questo mese dedicato al sacro Cuore
di Gesù, di cui si celebra la festa
il 18 giugno. Il Cuore trafitto per
amore che ha versato fino all’ultima goccia di sangue per noi.
U
Sentirsi uomini nuovi
Il canto è stupendo. La musica
ancor più delle parole. Mi fa sentire, o almeno mi sembra, di esser
davvero un “uomo nuovo”. E non
per merito mio, ma di Colui che
“mi ha amato e si è dato a me”,
come esclama san Paolo. Mi viene in mente l’antica profezia di
Ezechiele (36,24-28) in cui Dio
stesso promette al suo popolo: “vi
darò un cuore nuovo, metterò
dentro di voi uno spirito nuovo”.
Ecco il miracolo che solo Dio
poteva fare, e lo ha fatto per mezzo di Gesù che con la sua crocifissione ha vinto la morte, con la
sua risurrezione ci ha dato una vita nuova e con Ia Pentecoste ha
effuso su di noi il suo Spirito.
8
Un cuore santo...
Da qui nasce il cuore nuovo, il
cuore grande. Un cuore ben di-
p. S. PARMIGGIANI, sx
verso da quello di carne, un muscolo fragile che può ammalarsi
e fermarsi per sempre, se non
viene curato tempestivamente. Io
sono esperto in questa materia,
avendo avuto un infarto a 28 anni, quando ero da poco arrivato
in Bangladesh. Ho dovuto lasciare la missione e perfino la
speranza di tornarvi, essendo costretto a convivere con i disturbi
dei cardiopatici. Sono passati
quarant’anni; ho cercato di vivere
il più normalmente possibile, lavorando come una persona sana.
Agli inizi della malattia pregavo per guarire, per riavere un
cuore sano. Poi ho imparato ad
accettarmi così com’ero, chiedendo al Signore di darmi piuttosto un cuore santo, un cuore
davvero nuovo, un cuore come il
suo. Allora non importa più dove
sono, se qui in Italia o nel terzo
mondo. Non importa più quello
che faccio, se sono direttore spirituale o animatore dei giovani o
economo della comunità o incaricato del ministero e dell’animazione missionaria. Non importa più se sono malato o sano,
se sono vecchio o giovane. Importa una cosa soltanto: avere un
cuore buono, un cuore fedele, un
cuore simile a quello di Gesù.
“Signore, allarga il mio cuore fino
ai confini del mondo”
… fino ai confini
del mondo
Solo così si è missionari autentici. E lo si è per sempre.
Perché ciò che conta è amare, e
l’amore è eterno, come insegna
la bibbia: “Dio è amore, e chi
sta nell’amore sta in Dio e Dio
in lui”. E allora ripeto la preghiera di Haguenin, l’apostolo
dei girovaghi, che scrissi sull’immaginetta della prima Messa, quasi 43 anni fa: “Vorrei, o
Signore, non pensare che agli
altri. Allarga il mio cuore fino
ai confini del mondo, perché
possa accogliere tutto il dolore
degli uomini. Fa pesare sul mio
cuore, fino al tormento, l’ansia
quotidiana per la salvezza di
tutti”.
Si vedevano solo palme; si sentiva solo il fruscio della gioia
tutte le prove e sofferenze, nonostante questo duro calvario, i
vostri giovani sono segno vivo
di speranza e di risurrezione”.
Sembrava già Pasqua. C’era fretta di celebrare la Pasqua. Come
non pensare che dove c’erano
tante lance ci possono essere tante palme?
“I vostri figli
sono anche miei”
I bambini di Kamenge non mi
conoscevano, dal momento che
erano passati nove anni. La catechista Imelda mi presentava
come una persona conosciuta,
perché due volte ero fuggito con
loro durante i bombardamenti.
Ricordava che avevo comprato
le banane per i bambini, mentre
salivamo verso la parte più alta
della montagna per metterci in
salvo. In quel momento ho provato tanta gioia.
Anch’io ho un ricordo particolare, perché proprio lì una
volta, durante le prime comunioni, avevo rischiato di essere
fatto fuori. L’avevo scampata
per miracolo: altri giovani erano arrivati a combattere contro
quelli che volevano finirmi. Ricordo che mi chiesero: “Ma come hai fatto a passare? Come
mai rischi tanto per noi?”. Spontaneamente risposi: “Come po-
trei parlarvi di Dio se non sapessi sperimentare un po’ la vostra vita e il vostro rischio? Se
avessi moglie e figli me lo impedirebbero. Ma dato che la mia
famiglia siete voi, i vostri figli
sono anche miei. Perciò, eccomi!”.
Ci fu un applauso spontaneo,
indimenticabile. Non poteva certo esserci una dimostrazione più
bella del valore missionario del
celibato.
Figli della risurrezione
La festa delle palme con questi vecchi ricordi aveva un sapore intenso e stupendo. Dico ancora grazie al Signore che mi ha
dato il privilegio e la gioia di poter essere missionario. La gioia,
la luce di quei volti, la sorpresa
di ritrovarci insieme e di avere
questi ricordi in comune, mi
fanno capire che vale la pena di
essere, di osare e di sentirsi “figli
della risurrezione”.
La testimonianza delle danze,
dei canti, delle corali dei cristiani di Gishingano sono davvero
una dimostrazione che la Pasqua
è vera e che la risurrezione porta
i suoi frutti, nonostante le guerre,
le lance e le spade. Diventino
palme anche le mitragliatrici e i
revolver. E sarà pace, a Kamenge e nel mondo.
CONVEGNO GIOVANILE MISSIONARIO
Invitiamo i giovani dai 18 ai 28 anni,
in particolare del centro-sud Italia,
al convegno giovanile missionario
“OLTRE LA CHAT
L’INCONTRO”
dal 21 al 25 luglio
presso i Missionari Saveriani
a Gallico Superiore (R.C.)
L’obiettivo è riflettere sull’impegno di incontrare l’altro per imparare ad ascoltare, dialogare e insieme costruire
un cammino di fraternità, di condivisione e di missione. Lo stile del
convegno sarà all’insegna della preghiera, della riflessione, delle testimonianze, della festa.
Per informazioni chiedere a:
padre Giovanni, Salerno: Tel. 349 7754907 - [email protected]
padre Pierluigi, Reggio C.: Tel. 347 0463535 - [email protected]
padre Nicola, Taranto: Tel. 339 1100734 - [email protected]
2004 GIUGNO
TARANTO
74020 LAMA TA - Via Tre Fontane, 15
Tel. 099 7773186 - Fax 099 7772558
E-mail: [email protected] - C/c. postale 10423747
La fede non è venuta meno
Prosegue l’intervista a p. Sanfelice
ubblichiamo la seconda
parte dell’intervista a p.
Carmelo Sanfelice, missionario
saveriano che ci ha aggiornato
sulla situazione del
Congo nella pagina di aprile
di
questo
giornale. Il
Paese africano è tuttora dilania-
P
Uno dei numerosi ragazzi congolesi
costretti a impugnare il fucile
a cura di p. ANGELO BERTON, sx
to da sanguinose guerre tra etnie
diverse per la conquista del territorio e con il concorso di interessi stranieri.
Si sente parlare spesso di
tutsi. Chi sono?
I tutsi sono una popolazione di
origine nilotica, non molto numerosa. Sono arrivati negli altipiani dell’Uganda, Burundi,
Rwanda e Congo fin dai tempi
antichi, risalendo il fiume Nilo e
portando con sé il bestiame. Si
sono stabiliti sulle alture tropicali della zona in cui escono le acque sorgive del grande fiume Nilo. A quell’altitudine, il clima è
perennemente primaverile e le
mandrie possono trovare pascoli
sempre freschi.
Nella zona, vivono anche altre popolazioni antiche, originarie del luogo. In Congo ci
sono più di 200 etnie importanti, in gran parte derivanti dal
ceppo bantu. Quasi il 75 per cento della popolazione è cristiana,
tra cattolici e protestanti. C’è an-
che una piccola minoranza di
musulmani, ma gli altri seguono
pratiche religiose tradizionali.
In che zona del Congo lavorano i saveriani?
Noi saveriani lavoriamo soprattutto nella regione del Kivu,
al confine con il Burundi e il
Ruanda. Proprio in questa regione, chiamata dei Grandi Laghi,
nel 1995 ebbe inizio la cosiddetta guerra dei Banyamulenge.
Questa guerra si trasformò presto in guerriglia, con tre gruppi
di guerriglieri che si combattono tra loro per interessi economici e per conto di padroni diversi. Cercano la supremazia su
questo territorio perché è ricchissimo di minerali.
In questo drammatico contesto di vita martoriata, la popolazione del Kivu è arrivata allo
stremo della sopportazione. La
gente è in continuo stato di assedio e deve continuamente fuggire da un posto all’altro, per
cercare di sopravvivere.
Dammi un cuore, Signore
Una preghiera e un’invocazione
n cuore grande per amare,
pronto a lottare, a soffrire e
morire con te. Così inizia il canto L’uomo nuovo che da giorni
mi martella nella mente, in questo mese dedicato al sacro Cuore
di Gesù, di cui si celebra la festa
il 18 giugno. Il Cuore trafitto per
amore che ha versato fino all’ultima goccia di sangue per noi.
U
Sentirsi uomini nuovi
Il canto è stupendo. La musica
ancor più delle parole. Mi fa sentire, o almeno mi sembra, di esser
davvero un “uomo nuovo”. E non
per merito mio, ma di Colui che
“mi ha amato e si è dato a me”,
come esclama san Paolo. Mi viene in mente l’antica profezia di
Ezechiele (36,24-28) in cui Dio
stesso promette al suo popolo: “vi
darò un cuore nuovo, metterò
dentro di voi uno spirito nuovo”.
Ecco il miracolo che solo Dio
poteva fare, e lo ha fatto per mezzo di Gesù che con la sua crocifissione ha vinto la morte, con la
sua risurrezione ci ha dato una vita nuova e con Ia Pentecoste ha
effuso su di noi il suo Spirito.
8
Un cuore santo...
Da qui nasce il cuore nuovo, il
cuore grande. Un cuore ben di-
p. S. PARMIGGIANI, sx
verso da quello di carne, un muscolo fragile che può ammalarsi
e fermarsi per sempre, se non
viene curato tempestivamente. Io
sono esperto in questa materia,
avendo avuto un infarto a 28 anni, quando ero da poco arrivato
in Bangladesh. Ho dovuto lasciare la missione e perfino la
speranza di tornarvi, essendo costretto a convivere con i disturbi
dei cardiopatici. Sono passati
quarant’anni; ho cercato di vivere
il più normalmente possibile, lavorando come una persona sana.
Agli inizi della malattia pregavo per guarire, per riavere un
cuore sano. Poi ho imparato ad
accettarmi così com’ero, chiedendo al Signore di darmi piuttosto un cuore santo, un cuore
davvero nuovo, un cuore come il
suo. Allora non importa più dove
sono, se qui in Italia o nel terzo
mondo. Non importa più quello
che faccio, se sono direttore spirituale o animatore dei giovani o
economo della comunità o incaricato del ministero e dell’animazione missionaria. Non importa più se sono malato o sano,
se sono vecchio o giovane. Importa una cosa soltanto: avere un
cuore buono, un cuore fedele, un
cuore simile a quello di Gesù.
“Signore, allarga il mio cuore fino
ai confini del mondo”
… fino ai confini
del mondo
Solo così si è missionari autentici. E lo si è per sempre.
Perché ciò che conta è amare, e
l’amore è eterno, come insegna
la bibbia: “Dio è amore, e chi
sta nell’amore sta in Dio e Dio
in lui”. E allora ripeto la preghiera di Haguenin, l’apostolo
dei girovaghi, che scrissi sull’immaginetta della prima Messa, quasi 43 anni fa: “Vorrei, o
Signore, non pensare che agli
altri. Allarga il mio cuore fino
ai confini del mondo, perché
possa accogliere tutto il dolore
degli uomini. Fa pesare sul mio
cuore, fino al tormento, l’ansia
quotidiana per la salvezza di
tutti”.
Padre Carmelo Sanfelice celebra la Messa in una piccola comunità congolese
Si parla poco di queste tragedie…
Sia noi che la popolazione abbiamo subito impotenti questa
guerra devastante, davanti al silenzio dell’opinione pubblica internazionale. È stato difficile
creare un canale informativo perché non sempre queste notizie
riescono a guadagnare l’attenzione dei mezzi d’informazione.
Purtroppo si tende a ignorare le
notizie dell’Africa o comunque a
non darvi il risalto che invece
meritano.
Insistendo con lettere e racconti dei fatti, abbiamo ottenuto
un po’ più di attenzione almeno
da parte del Vaticano, riuscendo
a far comprendere che cosa stava
succedendo in Congo. A Natale
del 1998, il vescovo di Bukavu
scrisse una lettera aperta ai vescovi americani perché si rendessero conto di ciò che stava
accadendo. Il Congo stava diventando un territorio da conquistare per rendere sicura la
presenza delle multinazionali.
Quella lettera provocò qualche
reazione positiva.
Come vive la gente?
La popolazione continua a vivere secondo l’antico proverbio
africano: “Quando due elefanti
si battono nella foresta, chi ci va
di mezzo è l’erba”. Gli elefanti
sono coloro che fanno la guerra;
mentre l’erba è la popolazione,
che ne subisce le conseguenze
ed è arrivata ormai a un grave
stato di miseria.
Proprio dove lavoriamo noi saveriani, in tutta la zona di Uvira,
la gente non può andare nei
campi a lavorare perché tutte le
strade sono infestate dalle incursioni dei guerriglieri. Anche quel
poco che riescono a coltivare
spesso diventa oggetto di saccheggi da parte dei ribelli e anche dei soldati dell’esercito, che
non sono pagati e si arrangiano
come possono.
Dove trovano la forza per
resistere?
Noi missionari abbiamo almeno una consolazione: quella di
vedere che questa povera gente
riesce a vivere il dramma della
guerra e delle sue dolorose conseguenze con la forza della fede. Veramente, la loro fede non è
venuta meno.
Anche le feste liturgiche sono
per loro un motivo di fraternità e
di gioia. È meraviglioso vedere
che, nel bisogno, questi sfortunati sanno aiutarsi gli uni gli altri
e sanno consolarsi reciprocamente davanti alle difficoltà comuni.
CONVEGNO GIOVANILE MISSIONARIO
Invitiamo i giovani dai 18 ai 28 anni,
in particolare del centro-sud Italia,
al convegno giovanile missionario
“OLTRE LA CHAT
L’INCONTRO”
dal 21 al 25 luglio
presso i Missionari Saveriani
a Gallico Superiore (R.C.)
L’obiettivo è riflettere sull’impegno di incontrare l’altro per imparare ad ascoltare, dialogare e insieme costruire
un cammino di fraternità, di condivisione e di missione. Lo stile del
convegno sarà all’insegna della preghiera, della riflessione, delle testimonianze, della festa.
Per informazioni chiedere a:
padre Giovanni, Salerno: Tel. 349 7754907 - [email protected]
padre Pierluigi, Reggio C.: Tel. 347 0463535 - [email protected]
padre Nicola, Taranto: Tel. 339 1100734 - [email protected]
2004 GIUGNO
22038 TAVERNERIO CO - Via Urago, 15
Tel. 031 426007 - Fax 031 360304
E-mail: [email protected]
C/c. postale 267229; Banca Raiffeisen, Chiasso C/c.p. 69-452-6
TAVERNERIO
Dio ha bisogno degli uomini
Silenzio di Dio e solidarietà umana
il titolo di un grande film
francese del passato: “Dio
ha bisogno degli uomini”. Ed è
proprio così: Dio ha bisogno degli uomini e non degli angeli per
salvare l’uomo. Per questo ha inviato il suo Figlio, che si è fatto
uomo per salvare l’uomo.
Possiamo estendere questa
verità affermando che anche
l’uomo ha bisogno del suo fratello per salvarsi. È la legge universale che coinvolge tutta l’umanità nel disegno salvifico di
Dio. È lui che salva, ma lo fa
chiedendo la cooperazione dell’uomo, avendolo coinvolto nel
suo disegno di salvezza. Non si
tratta di un coinvolgimento soltanto spirituale, fatto di sospiri e
di preghiere. La salvezza infatti
è per l’uomo intero: spirito e
corpo. L’anima che non muore
e il corpo mortale, destinato a
risorgere.
È
Rispondetemi!
Spesso mi viene rivolta la domanda: dov’è Dio? Rimane ancora impassibile, guardando verso questo mondo che Lui ha
creato, dove ha voce soltanto chi
parla di guerra, di distruzione, di
terrorismo? Questa domanda
non deve essere rivolta a me che
credo, perché io ho la risposta,
nel mio cuore e nella mia mente.
Sono io invece che mi rivolgo
a coloro che hanno posto la loro
fiducia nell’uomo e chiedo loro:
dov’è l’uomo in tutto questo male che sta sommergendo il mondo? Dov’è quest’uomo nel quale
voi affidate la salvezza? Non è
forse lui che distrugge, che uccide, che odia e fa del nostro
mondo un inferno, che vi rende
spaesati e infelici? Rispondete!
Diamo voce a Dio
“Dio è morto!” - si è gridato
p. FRANCO BERTAZZA, sx
in un canto di qualche anno fa. Il
Papa ha parlato del silenzio di
Dio, che nasconde il volto e non
parla più. Oggi, il suo silenzio è
più forte della parola. È un silenzio di condanna?
Non lo so. So che in questo
momento noi dobbiamo dare a
Lui voce, mente, cuore e coraggio. Dio ha bisogno della nostra
fede, del nostro amore per vincere l’indifferenza, l’odio, la fame, l’ingiustizia.
Cari amici, non chiudiamoci
su noi stessi e sulle nostre preoccupazioni. La generosità apra il
nostro animo verso i bisognosi
e verso coloro che donano la
propria vita per alleviare le necessità dei fratelli. I missionari
donano la vita, ma possono aiutare soltanto se qualcuno li aiuta.
Hanno bisogno di voi, come Dio
ha bisogno di noi, per aiutare e
salvare l’umanità.
Incontri in casa nostra
La signora Antonietta,
dopo oltre 40 anni
di lavoro servizievole,
ci lascia definitivamente.
Ha trascorso le sue giornate e la sua
vita in lavanderia e in cucina,
servendo con amore
e abilità missionari
e giovani studenti.
I “suoi” missionari
la porteranno sempre
nel cuore.
Grazie,
mamma Antonietta!
La nuova cucina, più adatta a servire i partecipanti agli incontri. Ora la signora Maria può preparare oltre 150 pasti. I complimenti non vanno certo alle pentole e ai fornelli, ma a lei!
Nel periodo prima della Pasqua, molti gruppi di amici sono venuti nella nostra comunità per incontri di preghiera e per esercizi spirituali. Due meritano un ricordo speciale.
Giovani volontari dell’istituzione “Nostra Famiglia”; hanno trascorso tre giorni nella nostra casa aiutando i disabili con amicizia e affetto. Da alcuni anni vengono per trovare tra noi un
ambiente di serenità, di amicizia e di pace. Sarete sempre i
benvenuti. Grazie per il buon esempio che date.
Mons. Angiolino, amico e benefattore dei saveriani, con i familiari dei sacerdoti comaschi. Per tre
giorni hanno pregato e si sono preparati alla Pasqua, facendo diventare la nostra casa una
“casa di preghiera”. Grazie di cuore.
LA SOLIDARIETÀ EUCARISTICA
Insieme ai missionari saveriani
I missionari saveriani propongono due modi per esprimere la solidarietà
eucaristica con i nostri cari, vivi e defunti, e con l’umanità intera.
La Messa perpetua
Con l’iscrizione alla Messa perpetua si partecipa dei frutti della santa
Messa che viene celebrata ogni giorno nel santuario del beato Conforti,
a Parma. L’iscrizione si accompagna, di solito, con un’offerta libera.
Intenzioni per la Messa
8
Gli adulti di una parrocchia di Saronno con il loro parroco, per una giornata di ritiro spirituale diretto da padre Franco. Come missionari ci proponiamo di offrire un respiro di spiritualità missionaria, oltre che diffondere la conoscenza dell’istituto saveriano. Per continuare l’attività missionaria in Italia e nel mondo, non basta la simpatia; c’è bisogno di generosità personale, fino a
dare la propria vita.
È possibile inoltre chiedere ai saveriani che, nella celebrazione della
Messa quotidiana, preghino per un defunto, per una persona malata o
per altre intenzioni personali. L’offerta è a sostegno dei missionari e del
loro servizio di amore ai più bisognosi.
Per comunicare le vostre intenzioni potete scrivere a:
Missionari Saveriani
Via Urago 15 - 22038 Tavernerio CO
Tel. 031 426007 - Fax 031 360304
2004 GIUGNO
VICENZA
36100 VICENZA VI - Viale Trento, 119
Tel. 0444 288399 - Fax 0444 288376
E-mail: [email protected] - C/c. postale 13616362
“Andate da Giuseppe”
Padre Uccelli e il suo economo
on l’apertura
del processo
diocesano
per la beatificazione del
servo di Dio
p. Pietro Uccelli, promossa da mons.
Pietro Nonis
vescovo emerito di Vicenza,
i resti dell’esile
missionario, dormiente
da
mezzo secolo
chiuso
nel marmo, hanno subito
un brusco ri-
C
sveglio. È stata effettuata, infatti,
la ricognizione della salma.
La catena di devoti costantemente accorsi, i lumini accesi, le
continue suppliche deposte ai
suoi piedi con le grazie ricevute,
attestano una seconda vita.
Un binomio inseparabile
Nel cinquantesimo anniversario dalla scomparsa del servo di
Dio, vogliamo onorare anche il
suo straordinario protettore san
Giuseppe: un binomio inseparabile.
Padre Uccelli scoprì la grandezza di questo santo in Cina
quando, di passaggio a Shanghai, aveva avvicinato un certo
signor Lo-Pahong, proprietario
delle centrali elettriche della città. Costui aveva affidato le sue
attività a san Giuseppe e investì
p. GIOVANNI ZALTRON, sx
tutti i suoi proventi in opere di
carità.
Dopo 14 anni di vita missionaria in Cina, padre Pietro venne
richiamato in Italia dal beato
Conforti, che gli affidò la numerosa famiglia di allievi missionari a Vicenza nel 1919. Trovatosi solo e con grossi problemi
finanziari, escogita un trucco
vincente, nominando san Giuseppe economo della casa, come
aveva fatto l’amico cinese.
Il famoso piattino con
chicchi di grano e riso
Così scrive a Melania, sua sorella spirituale: “San Giuseppe
è l’economo di questa casa, e vedesse come provvede bene!”.
Una signora, parlando del famoso piattino collocato davanti alla
statua di san Giuseppe con chic-
Due saveriani d’oro
Padre Giacomo e padre Giulio
i presentiamo due saveriani vicentini: padre Giacomo Peruzzo, di Montepulgo di
Malo, e p. Giulio Mattiello, di
Altavilla. Hanno festeggiato cinquant’anni di sacerdozio.
L’ordinazione risale al 4 aprile
1954, nella chiesa di santa Chiara a Piacenza. A ordinarli sacerdoti era mons. Faustino Tissot,
un saveriano missionario in Cina
nel 1926, vescovo di Chengchow, poi espulso nel 1953 dal
regime comunista.
V
Padre Giacomo,
ideatore di presepi
L’avvenimento ha avuto luogo
a Montepulgo, un pugno di case
sul colle, tra boschi e dirupi testimoni della nascita di p. Giacomo. La chiesa di recente costruzione, ariosa e ornata di marmi,
ha attirato, grazie all’iniziativa del
parroco, i parenti e la comunità
intera dei saveriani di Vicenza.
p. G. ZALTRON, sx
Padre Giacomo, sfuggito alla
leva di guerra del 1944 era diventato studente saveriano. È stato l’ideatore dei presepi missionari, fantastici per movimenti e
giochi di luce e famosi dal nord
al sud dell’Italia. I primitivi delle
isole Mentawai in Indonesia lo
“inghiottono” per 40 anni. È stato pioniere del vangelo, costruttore di chiese, di dispensari, di
scuole d’arti e mestieri e anche
esperto in barconi a motore.
Padre Giulio, il laureato
Padre Giulio aveva incominciato provando il “gusto” di superiore nella comunità saveriana di Cremona, prima di toccare
la terra infuocata della Sierra
Leone. In seguito aveva svolto
vari incarichi in Italia e ottenuto
una laurea in filosofia all’università di Pavia e una seconda
laurea in teologia all’università
pontificia di san Tommaso a Ro-
La torta del 50° di sacerdozio per p.
Giacomo (a sinistra) e p. Giulio
ma. Fu poi rettore, per ben vent’anni, della chiesa di santa
Chiara a Piacenza.
I due saveriani veterani, ancora pieni di spirito missionario,
hanno trovato casa nel nostro
nuovo stabile di viale Trento. La
coppia in festa comunica la gioia
e l’esultanza ai tanti amici e ai
lettori amanti delle missioni, che
hanno seguito i due araldi con
affetto e generosità. Padre Giacomo e padre Giulio affidano
tutti alla bontà del Signore, con
fervida preghiera.
Padre Guglielmo Camera durante la celebrazione in onore di san Giuseppe
chi di frumento, grano e riso, ricorda le parole di p. Uccelli:
“Ecco tutto quello che mi occorre - le confidava il servo di Dio.
Io lo metto davanti a Lui e Lui
ci pensa”.
La cronistoria della casa di Vicenza è abbellita dalla fiaba vera
del piattino con richieste d’ogni
specie e le immancabili risposte
dello straordinario economo
(giunsero perfino botti di vino!).
San Giuseppe non era solo
economo. Padre Pietro lo proponeva ai suoi allievi come esempio limpido di fede e obbedienza, di purezza e umiltà; lavoratore instancabile, pronto a soccorrere ad ogni pericolo. Scopriva che san Giuseppe era stato il
primo missionario, perchè aveva portato Gesù in Egitto “e
chissà quanti egiziani avrà convertito sotto le piramidi”…
“Siate con noi lungo la via”
La statuina in terracotta divenne una calamita per Vicenza
e dintorni; un invito alla preghiera fiduciosa, tramite il servo di Dio, per ogni necessità spirituale e materiale. Decine di fedeli l’hanno visitata ogni giorno. “Andate da san Giuseppe invitava il padre. Lui capisce tutto; vedrete, vi aiuterà”. Quante
persone sono arrivate dal servo
di Dio con l’ansia nel cuore e sono uscite dalla saletta di san Giu-
seppe rasserenate. Il fenomeno
si ripete ancora nella nostra chiesetta di san Pietro d’Alcantara,
dove il famoso binomio si trova
ancora riunito.
Rimane leggendaria la silhouette del padre sulla bici - pizzetto bianco e rosario in mano mentre si recava in visita agli
ammalati, ai poveri, ai benefattori. Prima di partire, sostava un
momento davanti alla statuetta,
faceva il segno della croce e poi
andava fiducioso: “Gesù, Giuseppe, Maria siate con noi lungo la via”.
Attendiamo una conferma
A fine marzo, nel salone dei
missionari saveriani di Vicenza,
alcune centinaia di fedelissimi
uniti a testimoni al “processo”,
hanno assistito alla concelebrazione presieduta dal postulatore
saveriano, padre Guglielmo Camera. La figura di padre Pietro
aleggiava nei richiami dell’oratore alla devozione per san Giuseppe. Padre Guglielmo ha concluso la celebrazione con una riflessione: “È sempre il Signore
che, attraverso i suoi amici,
esaudisce le suppliche e opera
prodigi. San Giuseppe è un potente intercessore; ma senza la
fede di p. Uccelli, probabilmente niente sarebbe capitato. Attendiamo da Roma la conferma”.
DAMMI UN CUORE, SIGNOR
L’uomo nuovo creatore della storia,
costruttore di nuova umanità.
L’uomo nuovo che vive l’esistenza
come un rischio che il mondo cambierà.
L’uomo nuovo che lotta con speranza
nella vita cerca verità.
L’uomo nuovo non stretto da catene,
l’uomo libero che esige libertà.
L’uomo nuovo che più non vuol frontiere,
né violenze in questa società.
L’uomo nuovo a fianco di chi soffre
dividendo con lui il tetto e il pane.
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Parenti, amici e la comunità saveriana di Vicenza festeggiano p. Giacomo e p. Giulio
Dammi un cuore, Signor,
grande per amare.
Dammi un cuore, Signor,
pronto a lottare con te.
2004 GIUGNO
ZELARINO
30174 ZELARINO VE - Via Visinoni, 16
Tel. 041 907261 - Fax 041 5460410
E-mail: [email protected] - C/c. postale 228304
La vita ha senso se si ama
La giornata per i missionari martiri
p. FRANCO LIZZIT sx
schermo, mentre
una voce fuori campo ne leggeva le testimonianze. Trenta
persone hanno ap-
a giornata a ricordo dei
missionari martiri sta entrando nella mentalità della chiesa veneziana. Molte persone, laici, sacerdoti e religiose provenienti da diverse
parrocchie della
terraferma, erano presenti nel
duomo di Mestre per la veglia di preghiera,
la sera del 24 marzo scorso.
L
peso ad una croce,
posta ai piedi dell’altare, il nome di
altrettanti testimoni
del vangelo uccisi
nel 2003.
Tra i presenti, venuti dalla parrocchia
di santa Cristina, a
Quinto di Treviso,
c’erano anche la mamma e i parenti di
suor Gina Simionato, delle dorotee di Venezia,
martirizzata in Burundi quattro anni
fa. Un fratello ha or-
Una croce di nomi
Facevano da sfondo le fotografie della volontaria
Annalena Tonelli,
del vescovo Michael Courtney,
del padre saveriano Giovanni Didonè e
del dottor
Carlo Urbani. Le loro immagini erano
proiettate
su
uno
Una ragazza del gruppo di Catene sistema la croce con i nomi dei martiri
Un pezzo di cuore
Vi racconto la vocazione
l 14 marzo scorso ho promesso davanti a Dio e alla
chiesa di essere missionario per
tutta la vita nella famiglia saveriana. Una settimana dopo, il giorno 21, sono stato ordinato diacono. Ho avuto la grazia di vivere
questi momenti importanti con i
miei genitori e i miei fratelli, che
sono venuti dal Messico per l’occasione. Padre Franco mi ha chiesto di raccontare com’è nata la
mia vocazione. Lo faccio volentieri, perché la vocazione missionaria è un grande dono di Dio.
I
8
GABRIEL ARROYO, sx
L’estate più bella
Sono nato in un piccolo paese
tra le montagne, nel Messico
settentrionale. Tutto ebbe inizio
quando avevo 9 anni. Un gruppo di missionari vicentini, sacerdoti e studenti, venne in paese a farci visita durante l’estate. Parroco del paese era un mio
zio. Aveva invitato i missionari
a fare con noi quest’esperienza,
per ravvivare la pastorale e la
catechesi, per formare un gruppo di giovani, un coro e i diversi servizi sociali. Tuttora, dopo
Gabriel con mamma e papà, nel giardino della casa saveriana di Zelarino
nato la croce con il nome della sorella martire, che portava nel suo
cuore.
La forza del vangelo
Nella sua riflessione p. Marcello Storgato, missionario saveriano, ha sottolineato che l’annuncio del vangelo spesso diventa denuncia nei confronti di istituzioni umanamente potenti, ma che
non rispettano la dignità di ogni
persona. Allora “la chiesa non
può non parlare”, anche a rischio
di subire violenza e ritorsione.
A questo punto la veglia è diventata preghiera nel cimitero di
Madrid, nei cimiteri della Palestina, dell’Iraq dell’Africa…
Perché tutti i popoli sappiano di
essere figli di un unico Dio e
non ci sia più fame, né guerra,
né morte nel mondo.
Il vicario generale mons. Beniamino Pizziol, ha presieduto la
veglia e ha portato il saluto del
patriarca di Venezia. Prendendo
spunto dalla croce, ha detto che
non sono i martiri a renderla gloriosa; ma è la croce a dare la forza ai martiri. È la forza nuova del
23 anni, la traccia di quell’esperienza è rimasta fondamentale per la vita della nostra comunità.
È stata l’estate più bella della
mia infanzia, ma anche la più
dolorosa; perché tutto, con la fine dell’estate, doveva finire. Ricordo di aver pianto molto. Anche da parte della gente, quante
lacrime, quanti abbracci, quante
richieste: “rimanete con noi, vi
faremo una casa…”.
Pezzo per pezzo
Era il dolore del mio popolo,
della mia gente per i missionari, che senza aver ricevuto niente
ci avevano dato tutto. “Dio aveva visitato il suo popolo”- questa era la testimonianza più forte
e più chiara, mai sentita prima
di allora; era Gesù che ci aveva
visitato con i suoi missionari.
Ma loro dovevano partire per
continuare il lavoro missionario
in altri luoghi.
Con quella partenza, i missionari hanno portato via un pezzo
del mio cuore. Ma io sono rimasto con un pezzo del loro cuore;
un pezzo di cuore missionario,
donato nella semplicità di una
vita condivisa con gli altri, con i
lontani, con i bisognosi, con i
poveri.
È questo pezzo di cuore che
oggi mi ha spinto a donare tutta
la mia vita alla missione nella
famiglia saveriana.
vangelo che va annunciato a tutti e
che tutti possiamo e dobbiamo
annunciare. La
chiamata al
martirio in
queste persone è cominciata il giorno
del battesimo e
si è sviluppata
nella testimonianza della vita
di ogni giorno.
Farne memoria
non significa
solo ricordarli,
ma rivivere i
loro atteggiamenti. Significa vivere ogni giorno la novità di vita
del battesimo sull’esempio di Gesù, al servizio di ogni uomo.
Servire è amare
La volontaria laica Annalena
Tonelli, martire in Somaliland a
60 anni, nella sua ultima testimonianza ha detto: “Partii per
l’Africa a venticinque anni, decisa a gridare il vangelo con la
mia sola vita. Dopo trentatre anni brucio ancora dal desiderio di
continuare a gridarlo così, fino
alla fine. La vita ha un senso solo se si ama. Nulla ha senso al
di fuori dell’amore. Solo l’amore libera l’uomo da tutto ciò che
lo rende schiavo; solo l’amore fa
respirare, crescere, fa sì che noi
non abbiamo più paura di nulla,
che noi porgiamo la guancia allo
scherno e alla battitura di chi ci
colpisce, che noi rischiamo la vita, che tutto crediamo, soppor-
Il fratello di suor Gina Simionato
mette il nome di un martire
sulla Croce
tiamo, speriamo. Ed è allora che
la nostra vita diventa degna di
essere vissuta”.
Il dottor Carlo Urbani è morto
di contagio in Vietnam, mentre
combatteva il morbo della Sars.
La sua fedeltà ad un impegno
cristiano è riassunta in una lettera ai suoi amici: “È incredibile
cosa possa fare il panico, il terrore, la disperazione. Ma è altrettanto incredibile la potenza
del calore umano, della vicinanza di un uomo ad un altro uomo”.
Continuare il ricordo
All’uscita della chiesa, i giovani della parrocchia di Catene,
che con cura e professionalità
avevano preparato e guidato la
veglia, hanno distribuito un segnalibro-ricordo, con un messaggio riassunto in queste parole: “Servire è amare, come Gesù,
servo per amore”.
CAMPO MISSIONARIO ESTATE 2004
25 luglio - 1 agosto a Ceggia, Venezia
per giovani di 18 - 28 anni
VOGLIA DI VIVERE
servizio e fraternità tra i più soli
con le missionarie saveriane
informazioni:
sr. Lidia, Tel. 02 29406786 - sr. Letizia, Tel. 0421 329252
DAMMI UN CUORE, SIGNOR
L’uomo nuovo creatore della storia,
costruttore di nuova umanità.
L’uomo nuovo che vive l’esistenza
come un rischio che il mondo cambierà.
L’uomo nuovo che lotta con speranza
nella vita cerca verità.
L’uomo nuovo non stretto da catene,
l’uomo libero che esige libertà.
L’uomo nuovo che più non vuol frontiere,
né violenze in questa società.
L’uomo nuovo a fianco di chi soffre
dividendo con lui il tetto e il pane.
Dammi un cuore, Signor,
grande per amare.
Dammi un cuore, Signor,
pronto a lottare con te.
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giugno 2004 - Missionari Saveriani