QUANDO L’IMPORTANTE NON E’ PARTECIPARE,
MA VINCERE
Considerazioni sul doping nella pratica sportiva.
Federica Gobbi* e Antonio Mosti**
(* Sociologa, collaboratrice Osservatorio Dipendenze Patologiche ** Direttore SERT Città di Piacenza
Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze Patologiche – AUSL Piacenza)
“… nelle gare…quando il fine della vittoria viene fatto consistere nel vincere il gioco anziché
nel vincere secondo le regole del gioco,implicitamente si viene a premiare
l’uso di mezzi che sono tecnicamente efficienti sebbene illegittimi. …
l’importanza attribuita alla meta
ha talmente attenuato la soddisfazione deviante dalla pura e semplice partecipazione all’attività competitiva,
che soltanto un risultato positivo fornisce una gratificazione
(Merton R.K., 1957, pag.304)
DOPING E SPORT
Il doping è un fenomeno complesso alla cui diffusione hanno contribuito diversi fattori
"sociali" e motivazioni- individuali: diventare “famosi”, fare più soldi, ma anche
semplicemente edonismo, aumento dell’autostima, starebbero alla base di quel grande
commercio di sostanze, che diventa poi, rischio per la salute. Quando lo sport perde il
proprio carattere ludico-ricreativo, alla ricerca esclusiva della performance, la necessità di
incrementare il rendimento atletico fomenta l’insidia del doping.
Tale problema solleva allora questioni relative alla salute pubblica, legate alla conoscenza
dei rischi, agli effetti sul corpo, all’espropriazione del sé e alla questione della
contrapposizione tra naturale ed artificiale (Laure, 2004).
E’ di primaria importanza il diritto alla salute, prefiggendosi l’obiettivo dell’integrità fisica e
psicologica dell’atleta. Le sostanze vietate portano a conseguenze negative per la salute,
sono causa di gravi disturbi circolatori, possono portare all’insorgere di tumori,
ipertensione e tantissimi altri disturbi, basta sottolineare che trattandosi di farmaci o
droghe, gli effetti non possono essere che nocivi. Anche gli equilibri psicologici possono
essere compromessi, poiché quasi tutte queste sostanze hanno effetti psicotropi, che
alterano il normale funzionamento celebrale (Crocetti Bernardi, anno pubblicazione non
reperito).
ORIGINI DEL TERMINE
Il termine doping deriverebbe da dop1, che convenzionalmente si riferirebbe ad una
bevanda alcolica usata come stimolante durante alcune danze cerimoniali delle tribù Zulu
Sudafricane del XVIII secolo (Lippi G., e al., 2008).
Nl 1889 la parola dope apparve nel Dizionario Inglese che designava una “preparazione a
base di narcotici per migliorare le performances nelle corse dei cavalli” (Higgins, 2006).
La parola si ritrova anche nel Dizionario Francese Larousse del 1907 con la definizione
seguente
“ far uso di sostanze stimolanti o di qualsiasi sostanza che modifica o esalta certe
proprietà, prima di presentarsi ad un esame a ad una prova sportiva” (Langeron, 2010).
1
Dop, in Boero, significherebbe “pozione”
1
Oggi, quando si parla di Doping, s’intende il ricorso all’uso non terapeutico di sostanze
chimiche e metodi illeciti, non giustificati da condizioni patologiche, al fine del
miglioramento delle prestazioni muscolari, psicofisiche e biologiche dell’organismo
(Rosano, 2004; Vigarello, 2000, Mastrobattista L., 2008)2
LA STORIA
L’uso di sostanze nella pratica sportiva e non, ha una storia molto antica (Laure, 2004) ed
il concetto di doping fa riferimento a fenomeni e comportamenti relativi alla storia, alla
cultura e alla società stessa (Canali, 2001).
Secondo gli studi dell’Antropologia Culturale, uno dei tratti distintivi dell’essere umano,
sarebbe la tendenza al controllo e alla manipolazione del proprio corpo, dei propri
comportamenti e degli stati psico-fisici.
In ciò sta l’essenza/l’elemento centrale di numerose e fondamentali realtà antropologiche
tra cui “l’esperienza e la pratica medica; l’uso di farmaci e sostanze psicoattive; gran parte
delle espressioni rituali e delle tecniche di comunicazione col sacro; le forme di
addestramento alla caccia, alla guerra; l’uso del corpo - quindi della sua forma manipolata
- come strumento di identificazione e comunicazione sociale” (Corradini Broussard D.,
1995).
In quasi tutte le civiltà, attività simili alle nostre gare e giochi sportivi erano parte
integrante di manifestazioni sacre o religiose. Così, pur in forme diverse, il doping ha
“accompagnato” l’evoluzione dell’uomo sin dall’alba della cultura. Non è un caso che la
storia del doping inizi con la storia delle attività legate all’uso della forza fisica.
Nell'antichità erano conosciute e usate sostanze naturali che producevano effetti particolari
sull'organismo e venivano considerate come sostanze magiche, segni della divinità e
ritenute essenziali per l’espletamento di particolari riti (Laure, 1995).
E’noto come nell’Egitto e nella Mesopotamia del 4000 a.C, venissero somministrate ai
soldati prima delle battaglie, oppioidi in associazione all’alcol e sostanze a base di frutta,
piante e radici, o di origine animale.
Dagli antichi testi medici emerge che, nella cultura occidentale, la pratica di aumentare le
prestazioni atletiche con mezzi non fisiologici inizierebbe proprio con la nascita delle
Olimpiadi (776 a.C.- 393 a.C.).
Celebri autori come Ippocrate, Galeno, Plinio il Vecchio ed il Giovane parlano dell’utilizzo
di decotti di equiseto3, di funghi, di mandragora4, di noce di vomica5 e di testicoli di toro
per aumentare la forza tra gli atleti greci e romani. (Laure, 1995 e Langeron, 2010)6.
Nell’America pre-colombiana, durante la dominazione Azteca, gli Indio masticavano foglie
di coca per sostenere le fatiche fisiche e i guerrieri facevano uso di funghi allucinogeni,
2
La prima definizione ufficiale di doping adottata dal Comitato Internazionale Olimpico (C.I.O.) risale al 1963 e recita:
“Il doping è la somministrazione ad un soggetto sano o l’utilizzazione fatta dal soggetto stesso, con qualsiasi altro
mezzo, di una sostanza estranea al suo organismo. E questo con il solo scopo di aumentare artificialmente e in maniera
sleale le prestazione del soggetto in occasione della sua partecipazione ad una competizione”.
3
L’equiseto o “coda cavallina”, è una pianta da sempre molto utilizzata nella tradizione erboristica popolare. Le sue
proprietà ne suggeriscono l'impiego soprattutto come rimineralizzante dei tessuti e come diuretico
4
Pianta con proprietà anestetiche ed alla quale si accreditavano anche virtù afrodisiache
5
Bacca ricca di stricnina che a bassissimi dosaggi produce spiccati effetti eccitatori
6
Laure (1995) riporta che era in uso cucinare i testicoli di toro al fine di un maggior apporto di testosterone all’atleta.
Inoltre, tra gli sportivi greco-romani era molto in voga assumere l’hydromele, una bevanda alcolica fermentata a base di
foglie di salvia, miele e acqua.
2
peyote, guarana, ayahuaska7 prima di andare in battaglia. (Laure, 1995; Bourrg, 1999;
Bozzonet, 1996; Bauman, 2006).
Mentre gli Indigeni del Gabon usavano il khat8, il caffè, le radici d'Iboga9 e la noce di
kola10 che permettevano di compiere sforzi fisici eccessivi senza percepire alcuna fatica.
Ma, solo all’epoca dell’Olimpismo moderno (Atene 1896)11 si arriva ad assumere
sostanze con un ben preciso effetto farmacologico stimolante (caffeina e
stricnina) o analgesico (alcool, cocaina) (Casavola, 2010).
Secondo Laure (2004) proprio dagli inizi del XIX secolo al 1960, gli sviluppi della scienza e
della biotecnologia avrebbero favorito “[…] la nascita dell’industria chimica dello sport
[…]”, che portò a introdurre sul mercato, sostanze sempre più diversificate. Ed è a questa
epoca che, secondo l’autore, si potrebbe attribuire la nascita del doping sportivo moderno.
L’eroina e la morfina fanno la loro prima apparizione, e proprio a quest’ultima, viene
attribuito il primo decesso accertato per doping nella storia dello sport
professionistico. Infatti, il ciclista gallese ventinovenne Arthur Linton12, morì per crisi
cardiaca due mesi dopo la gara Bordeaux-Parigi del 1886 (Guerreschi, Garnier, 2008).
Nel XX° secolo gli interessi economici legati allo sport diventarono sempre più esasperati:
lo sport risultò un vero affare per chi lo gestiva e per chi lo praticava con successo.
Il fenomeno “doping” prese vita in modo massiccio.
Così, nel 1904 ad Atene, nel corso della prima Maratona delle Olimpiadi dell’era moderna,
l’americano Thomas Hicks, dopo aver vinto la prova, venne colto da grave malore per aver
usato solfato di stricnina proprio durante la prova.
Nel 1910, si registrò un anomalo caso di doping: negli Stati Uniti, il pugile James J.
Jeffries, mandato k.o. al 16° round da Jack Johnson, dichiarò che il suo thè era stato
drogato. Era il primo caso attestato di doping al contrario: dare a un atleta una
sostanza per farlo rendere di meno e per diminuirgli le capacità fisiche (Laure, 2004).
La prima segnalazione di caso mortale per doping in Italia risale al 1949: il ciclista
Alfredo Falsini morì al termine della Milano-Rapallo, per intossicazione da amfetamine
(Marena G., 1986).
Inoltre, ai Giochi Olimpici di Roma del 1960 morirono: il ciclista danese Knutiensen, per
eccesso di amfetamine, e l’ostacolista Dick Howard, per overdose di eroina.
INTERPRETAZIONE PSICO-SOCIOLOGICA DELLE MOTIVAZIONI AL DOPING
In base agli studi condotti dalle Scienze Sociali, il doping, potrebbe essere interpretato
come risultato dell’intreccio di aspetti socio ambientali, emotivi, psicosociali, e valutato
come comportamento deviante plurimotivato13. Secondo la definizione di Olivenstein
7
Estratto da una liana di derivazione andina, contiene triptamina endogena allucinogena
Arbusto le cui foglie contengono un alcaloide ad azione stimolante che può dare dipendenza
9
Arbusto con proprietà allucinogene
10
Frutto che dà un senso di euforia
11
L’Olimpismo moderno nasce dall’opera del francese de Coubertin che considerava la pratica sportiva come
“movimento corporeo sostenuto dall’assiduo esercizio di energia sovrabbondante” fino alla definizione finale di
“qualcosa che coinvolge l’esercizio muscolare basato sul desiderio di progresso e talvolta implicante il rischio.
12
Pare che il ciclista usasse un farmaco chiamato trimetil (composto da stricnina, cocaina ed etere)
13
Con il termine di Devianza si intende un “atto o comportamento o espressione (anche verbale) del membro
riconosciuto di una collettività che la maggioranza dei membri della collettività stessa, giudicano come uno scostamento
o una violazione più o meno grave, sul piano pratico o su quello ideologico, di determinate NORME o ASPETTATIVE o
8
3
(1989) la complessità del fenomeno del doping sta nel fatto che: “[…] è l’incontro di
una personalità, di un prodotto e di un momento socioculturale”.
Le Scienze Sociali hanno cercato di formulare alcune ipotesi che cercano di spiegare il
senso dell’uso sociale di queste “droghe della stimolazione”14 dove l’individuo, non cerca
di fuggire dalla realtà (come nel caso dell’uso di eroina), o aumentare il proprio piacere
sensuale (come nel caso dell’ecstasy o della cannabis). Si tratterebbe al contrario, di
integrarsi in una società considerata come un mondo concorrenziale fatto di prove da
superare.
Il doping nello sport sarebbe solo un aspetto particolare di questa questione che si
inserisce in un sistema di norme sociali, morali, sportive e giuridiche (Gasparini, 2004).
Il doping è una costruzione sociale che presenta caratteristiche differenti rispetto agli
altri fenomeni sociali poiché, parte del suo oggetto, resta nell’ombra: i ricercatori infatti,
ignorano l’ampiezza reale del fenomeno, poiché si ritrovano di fronte a difficoltà di
analisi/conteggio, legate ovviamente ad un’attività che è illegale (Gasparini, 2004).
Prima di tutto è una scelta sociale. E’ la scelta di una società materialistica “della
performance”. Si ricorre al doping per “esistere” agli occhi degli altri (o ai propri occhi),
perché mancano punti di riferimento, quindi si è disposti a fare qualsiasi cosa pur di
caricare il corpo.
Basandosi sugli studi della Sociologia Interazionista (Mead,1957), Brissonneau e Sallé
(2005, 2004) correlano il doping alla consacrazione della performance come nuovo
modello sociale dove, la competizione è l’essenza e il risultato, è ciò che premia.
I lavori condotti da J. Coakley (1991) e Hughes (1990) distinguano due forme di
devianza nello sport. La loro ipotesi si basa sull’idea che la devianza degli sportivi non
sia il risultato della loro alienazione e nemmeno il frutto di un rifiuto dei valori e delle
norme veicolate dalla società15. Al contrario, le differenti forme di devianza constatate
sarebbero il prodotto dell’accettazione completa e non critica, così come l’applicazione
totale del sistema dei valori dello sport “etico”. Questo sistema di valori è strutturato
tramite 4 criteri che definiscono “l’ideal tipo”16 dello sportivo (Coakley, Hughes, op.cit.
308):
1) il senso del sacrificio: l’atleta deve essere pronto a qualsiasi sacrificio per i bisogni
della squadra o della competizione (valorizzazione del sacrificio)
2) ricerca perenne della vittoria, fine ultimo che si cerca di raggiungere
3) rischi legati alla pratica sportiva (ferite, distorsioni, sofferenza)
4) non accettare mai i limiti delle proprie capacità
CREDENZE che essi giudicano legittime, o a cui di fatto aderiscono, ed al quale tendono a reagire con intensità proporzionale al loro
senso di offesa […]”. (Gallino L., 1994)
14 Sfortunatamente, con il doping come con la droga, si è sempre perdenti. La diade performance/doping causa
un’addiction, (adductus) una sorta di schiavitù che porta ad un’incarcerazione del sé e talvolta ad un comportamento
autodistruttivo.
15
Vedere anche Luchen G(2000). Doping in sport as deviant behaviour, in Coakley J., Dunning E(dir)Handbook of
sport studies, London, Sage, 461-476
16 (Weber M., 1922) Per Weber un ideal tipo (o tipo ideale) è una costruzione teorica che in sé contiene i dati storici e
contingenti di determinati fenomeni, le cui relazioni e conseguenze sono riconducibili ad un unico modello con il quale
è possibile comprendere i tratti essenziali di una realtà storico-sociale. Spesso è un termine estratto dal suo contesto
culturale e/o storico che, applicato a realtà diverse, permette di individuare tratti comuni. Sono esempi di tipi ideali i
concetti di autorità, potere, feudalesimo, etica protestante.
4
In questa prospettiva, che sia in allenamento o in competizione, viene a ripudiare i propri
limiti psichici e fisici.
Hughes e Coakley avanzano allora l’ipotesi che i comportamenti devianti degli sportivi
potrebbero essere interpretati come prodotto dell’accettazione eccessiva di questo
sistema normativo particolare e di un’applicazione totale dei valori che lo sport
promuove; si parla quindi di una sorta di “devianza positiva” perché porta all’eccesso il
desiderio di conformità verso i 4 criteri dello sport. Lo sportivo non vede questo
comportamento di iper conformismo come deviazione dalla norma; al contrario, essi
s’impegnerebbero nella devianza positiva per “rispettare” i criteri sportivi. Così, da una
parte consolidano la loro integrazione nel mondo sportivo e dall’altra, avranno maggiori
chance di essere riconosciuti come pari.
Un’altra interpretazione sociologica di rilievo è quella di Ehremberg (1998), Yonnet (1998),
Queval (2004), che vedono il ricorso agli stimolanti chimici come l’effetto del culto
dell’aspetto fisico portato all’estremo.
Ricorrere al doping sembrerebbe iscriversi/posizionarsi in una logica culturale, sociale ed
economica che risponde a due imperativi intimamente legati e dettati dalla nostra
società occidentale.
Da una parte, la preoccupazione della performance che caratterizza la condotta
umana in diversi settori della vita economica, sociale, affettiva, sessuale 17. Secondo questi
autori nell’essere e nell’apparire starebbe il nuovo imperativo sociale.
Dall’altra, esisterebbe una credenza secondo la quale non si può essere performanti, senza
far ricorso ai farmaci e ad un aiuto esterno artificiale. Si tratterebbe di una sorta
d’ideologia della performance che porta a pensare che la forza, la salute, la potenza,
non si raggiungono unicamente con l’allenamento o il rispetto degli stili di vita sani.
DIMENSIONI DEL FENOMENO DOPING IN ITALIA
Dagli studi condotti a livello nazionale non è possibile riuscire a quantificare il fenomeno
doping poiché si tratta di una pratica illecita e sottaciuta: i dati epidemiologici
rappresentano solo quella parte di realtà rilevata in ambienti ufficiali (Leone, Fumagalli,
2006, e Reporting System Doping Antidoping 2011).
Dal 2003, il Ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali, sta cercando di compiere
un’attività di monitoraggio capillare, tramite il lavoro della Commissione di Vigilanza ed il
controllo del Antidoping (CVD), che svolge la maggior parte dei controlli su Atleti
appartenenti alle diverse Federazioni Sportive.
Come emerge dal Reporting System-Doping Antidoping 201118 tra il 2003 ed il 2011 i
controlli condotti sugli Atleti, sono passano da 740 casi nel 2003 a 1676 nel 2011, con un
incremento netto del 55,8%. Tra i 1676 atleti controllati, 52 sono risultati positivi ai
test antidoping (3,1%), con la prevalenza di 44 maschi positivi (3,6%) doppia rispetto alle
8 femmine (1,6%).
Per il 2011, le positività rilevate nei campioni analizzati sono state 80: le sostanze
maggiormente utilizzate risultavano essere i diuretici (con una percentuale del 25%, pari a
20 positività), gli anabolizzanti (con una percentuale del 20%, pari a 16 positività), i
17
Ad esempio, con la farmacologia dell’umore diventa possibile gestire il proprio rapporto con il mondo (avere l’umore
che conviene alla situazione, ecc.
18
In tale lavoro di ricerca, la fonte dei dati relativi al fenomeno doping, tiene conto di una delle poche analisi condotta a
livello nazionale da parte del Ministero della Salute: Reporting System,Doping Antidoping.
5
derivati della cannabis (con una percentuale del 17,5%, pari a 14 positività) e gli
stimolanti (con una percentuale del 16,3%, pari a 13 positività).
Dall’analisi effettuata è emerso che le positività ai controlli rilevate tra il 2003 e il 2011 ha
subìto un incremento del 40% e la sostanza maggiormente rilevata è rappresentata dai
derivati della cannabis (con 120 positività negli 8 anni di anali).
LEGISLAZIONE E DOPING
Il doping è una minaccia diretta per la salute degli sportivi, ma anche per lo sport e tutti i
suoi valori: etici, educativi, culturali ed economici, a favore dei “commercianti
dell’immagine”che vedono nel fatto sportivo, un prodotto ed una risorsa di profitto. Il
doping è un atto illecito e un reato, diventato oggetto della legislazione.
In Italia la lotta al doping inizia nel 1961 quando fu aperto a Firenze il primo Laboratorio
europeo di analisi anti-doping attivato dalla Federazione Internazionale di Medicina
Sportiva (FMSI).
Nel 1967 il Concilio Europeo creò il primo documento di condanna dell’uso di sostanze
dopanti nello sport, inteso come “[…] pratica inaccettabile sia dal punto di vista etico che
di tutela della salute” e fornì una definizione aggiornata della fattispecie (Altopiedi, 2007).
19
In tale periodo si affermò anche il Comitato Olimpico Internazionale (C.I.O.) al quale
fu assegnato la guida della politica anti doping del Movimento Olimpico e l’esecuzione dei
primi test anti doping20. Il CIO stilò la prima lista delle classi di sostanze dopanti vietate,
che comprendeva solamente stimolanti e narcotici.
Nel 1971, fu promulgata una legge n.1099 che sanzionava “gli atleti partecipanti a
competizioni sportive, che impiegano, al fine di modificare artificiosamente le loro energie
naturali, sostanze che possono risultare nocive per la loro salute”. Tale legge puniva sia
chi faceva uso di sostanze proibite, sia chi le distribuiva agli atleti. Ma in Italia la
repressione dell’uso del doping inizia nell’anno 1971 con la promulgazione della legge
n°1099 la quale puniva gli atleti che per “modificare artificialmente le loro energie naturali”
facevano uso di “sostanze che possono risultare nocive”, demandando però al Ministero
della Sanità di individuare esattamente quali fossero tali sostanze.
Alla luce dei diversi scandali accaduti tra il 1988 ed il 199921, il C.I.O. convocò a Losanna,
la prima Conferenza Mondiale contro il doping, dalla quale scaturì, l'organo del
C.I.O., che regolamenta l'attività antidoping, cioè il World Anti Doping Agency
(W.A.D.A, Agenzia Mondiale Anti-Doping). Il W.A.D.A è un’organizzazione internazionale
indipendente creata per promuovere, coordinare e supervisionare la lotta contro il
doping nello sport: ogni anno redige la lista completa delle sostanze dopanti e
delle metodiche proibite ed alla quale, ogni Comitato Olimpico Nazionale, è tenuto a
sottostare.
19
Il Consiglio Europeo (Risoluzione 67-12 del 20 giugno 1967) definì il doping come “ somministrazione a, o l’uso da
parte di, persone sane, con qualunque metodo, di agenti estranei all’organismo, o di sostanze fisiologiche in quantità
eccessive o introdotte per vie analoghe, al solo scopo di accrescere con artifici o con mezzi sleali la prestazione di una
persona che partecipa ad una gara”
20
(Altopiedi, 2007) I primi test (per la ricerca delle anfetamine) furono condotti nel 1968 in occasione dei delle
Olimpiadi invernali di Grenoble ed in quelle estive di Città del Messico.
21
ai Giochi Olimpici di Seul (1988) fu squalificato per anabolizzanti il canadese Ben Johnson, che vinse la medaglia
d'Oro nei 100 metri piani; nel 1994 ai Giochi Asiatici di Hiroshima, 11 sportivi cinesi furono squalificati 7 nuotatori
risultati positivi ai controlli; nel 1999 durante il Tour de France si verificò il famoso “Caso Festina” (doping di
squadra); sempre nel 1999 la squalifica di Pantani dal Giro d’Italia
6
In Italia un passo importante nella lotta contro il doping (è stato compiuto) con
l’approvazione della legge n. 376 del 14 dicembre del 200022 -Disciplina della tutela
sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping- in cui si sancisce che il
fenomeno doping è un problema riguardante non solo l’etica sportiva, ma anche la salute
pubblica, per questo la lotta al doping esula dall’ambito ristretto del mondo sportivo per
divenire tema di politica e di interesse pubblico. La legge sancisce che l’attività
sportiva non può essere svolta con l’ausilio di tecniche, metodologie o sostanze
di qualsiasi natura che possano mettere in pericolo l’integrità psicofisica
dell’atleta.
Con l’entrata in vigore della Legge si è assistito ad un notevole inasprimento della lotta al
doping.
Composta da dieci articoli, ha come obiettivo primario quello di far sì che l’attività sportiva
sia essenzialmente finalizzata “alla promozione della salute individuale e collettiva”, in
conformità al “rispetto dei principi etici e dei valori educativi richiamati dalla Convenzione
contro il doping fatta a Strasburgo il 16 novembre1995 n. 522” (art. 1, comma 1).
L’elemento innovativo della legge 376 sta nell’introduzione di una fattispecie penale
di doping (l’art. 9)23: ad essere sanzionati sono sia i trafficanti, somministratori e
spacciatori di sostanze, ma anche gli atleti stessi (Altopiedi, 2007). La legge 376 ha un
forte limite poiché è rivolta a reprimere il doping delle grandi competizioni, con scarsi
riferimenti al doping praticato in contesti che esulano dalle competizioni sportive
(dilettanti, palestre, circoli sportivi), nonostante la sua crescente diffusione.
La legge 376 ha portato alla costituzione presso il Ministero della Sanità, di un organo
nuovo, super partes la “Commissione per la Vigilanza ed il controllo sul doping”
(CVD), alla quale viene affidato il compito di classificare farmaci, sostanze o pratiche
costituenti doping e di inserirli in apposite tabelle da aggiornare periodicamente (art. 3).
La Commissione è composta da Rappresentanti dei Ministri della Sanità e dei beni e le
attività culturali, da membri del Coni e da rappresentanti di categorie sportive e mediche
(art.
3
commi
3
e
4).
Le attività principali della Commissione consistono in:
-predisposizione
e
revisione
delle
classi
delle
sostanze
dopanti;
-determinazione dei casi, dei criteri e delle metodologie dei controlli anti-doping;
-effettuazione dei controlli anti-doping e di quelli di tutela della salute, in gara e fuori gara;
-promozione di campagne di informazione per la tutela della salute nelle attività sportive e
di prevenzione del doping (Altopiedi, 2007).
22
La legge 376 del 2000 entrò in vigore nel gennaio del 2001
L Chi somministra o assume farmaci dopanti rischia una condanna da tre mesi a tre anni di carcere unitamente ad una
multa per un importo che va da 2.500 a 50 mila euro e pene sono aumentate se da ciò deriva un danno per la salute, se
le sostanze proibite sono somministrate ad un minorenne e se il fatto è commesso da un componente o da un dipendente
del CONI ovvero di una federazione sportiva nazionale, di una società, di un’associazione o di un ente riconosciuti dal
CONI
(art.
9
comma
3).
Inoltre, i medici che praticano il doping rischiano la condanna all’interdizione temporanea dall’esercizio della
professione
(art.
9
comma
4).
Con la sentenza di condanna è sempre ordinata la confisca dei farmaci, delle sostanze farmaceutiche e delle altre cose
servite
o
destinate
a
commettere
il
reato
(art.
9
comma
6).
Chiunque commercia i farmaci e le sostanze farmacologicamente o biologicamente attive ricompresi nelle classi di cui
all’art. 2, comma 1, attraverso canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico, dalle farmacie ospedaliere, dai dispensari
aperti al pubblico e dalle altre strutture che detengono farmaci direttamente, destinati alla utilizzazione sul paziente, è
punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 5 mila a 75 mila euro (art. 9 comma 7) [*].
23
7
Successivamente, nel marzo 2003 a Copenaghen l’Italia sottoscrisse la Dichiarazione sulla
lotta al doping nello sport24, impegnandosi ad accettare il Codice Mondiale Antidoping,
elaborato dall’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA-AMA). La Dichiarazione aveva come
obbiettivi:
- a riconoscere e sostenere il ruolo del WADA-AMA nell’attività di contrasto al doping
- sostenere il Codice Mondiale Antidoping del WADA-AMA
- promuovere la cooperazione intergovernativa per l’armonizzazione delle Politiche e
Pratiche Antidoping.
Nel 2005, si arrivò alla redazione in ambito dell’UNESCO, dell’International Convention
Against Doping in Sport che dava un’investitura ufficiale alla WADA e al Codice Mondiale
Antidoping che recepiva al suo interno l’elenco delle definizioni e delle violazioni
antidoping. Con essa, divengono internazionalmente vincolanti per gli Stati partecipanti, la
lista delle sostanze e dei metodi proibiti e gli standards approvati dal WADA (l’elenco
aggiornato dei Paesi che hanno partecipato è consultabile su http://www.wada-ama.org)
(Leone L., senza riferimento dell’anno di pubblicazione).
ESISTE UN PROFILO PSICOLOGICO DEL “DOPATO”? UNA RICERCA.
Non esiste a tutt’oggi una letteratura internazionale sufficiente circa i fattori di rischio
specifici ed in particolare non sono stati identificati univoci elementi psicologici e/o
psicopatologici che risultino caratteristici e correlabili al rischio di doping.
Lo scorso anno, il Ser.T di Piacenza, ha collaborato con i Ser.T di Alessandria Novi–Ligure,
Manfredonia e l’Università di Foggia, allo studio sperimentale multicentrico: “Studio di
alcuni fattori psicopatologici e motivazionali connessi a comportamenti dopanti in campioni
di popolazioni cliniche afferenti ai Ser.T, e non cliniche praticanti attività sportive non
agonistiche”, promosso dal Ministero della Salute e Politiche Sociali ed approvato dalla
Commissione per la Vigilanza ed il Controllo sul Doping (CVD).
Il gruppo di ricerca ha inteso tale studio come passo di sensibilizzazione verso il fenomeno
Doping, realtà complessa e diffusa tra individui che praticano sport, a livello agonistico
(vedasi ultime Olimpiadi) e amatoriale e tra i frequentatori delle palestre. Per questo
motivo, quando si parla di Doping, si intende un fenomeno sociale stratificato. E proprio
nelle categorie “secondarie” di sportivi parrebbe esserci il maggior numero di consumatori,
sui quali non è possibile alcuna forma di controllo (Rosano, 2004; Vigarello, 2000,
Mastrobattista L., 2008)25.
METODOLOGIA E STRUMENTI
Il principio che ha ispirato la ricerca è stato quello di indagare il fenomeno doping da una
prospettiva diversa da quella tipicamente medica o pre-clinica, che focalizzasse
24
Alla Dichiarazione parteciparono 186 Paesi
25
La prima definizione ufficiale di doping adottata dal Comitato Internazionale Olimpico (C.I.O.) risale al 1963 e
recita: “Il doping è la somministrazione ad un soggetto sano o l’utilizzazione fatta dal soggetto stesso, con qualsiasi
altro mezzo, di una sostanza estranea al suo organismo. E questo con il solo scopo di aumentare artificialmente e in
maniera sleale le prestazione del soggetto in occasione della sua partecipazione ad una competizione”.
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l’attenzione sugli aspetti intrapsichici e motivazionali che sottendono alle scelte
potenzialmente predittive di comportamenti dopanti.
Gli strumenti utilizzati dai ricercatori hanno trovato il loro fondamento nella teoria che sta
alla base del Modello del Colloquio Motivazione al Cambiamento (W.R. Miller e S.
Rollnik): all’interno di una interazione, ovvero di un colloquio, si possano trovare frasi
espresse dal paziente/utente che indicano affermazioni di differente valore rispetto a un
cambiamento comportamentale specifico ( in questo caso l’utilizzo di sostanze dopanti).
Si è deciso di strutturare lo studio atto a verificare se vi fossero correlazioni tra
dimensioni psicopatologiche e motivazione in campioni di popolazioni diverse.
Lo studio è stato condotto reclutando dalla popolazione generale, le seguenti tipologie di
individui:
1. campione della popolazione clinica afferente ai SERT (TD) composto da 150 utenti
2. campione (campione di controllo-CC) della popolazione generale non praticante
attività sportiva agonistica organizzata (UN) composto da 150 studenti universitari
3. campione di popolazione praticante attività sportiva agonistica (SP) composto
da 150 sportivi
Ciascuna provincia partecipante allo studio (Piacenza, Alessandria, Foggia) ha concorso
con 50 soggetti alla composizione per ciascun campione.
Inoltre, sono stati presi in considerazione ulteriori campioni con funzione di controllo per
ciascuna delle categorie e province di appartenenza per realizzare confronti con la
popolazione sperimentale-clinica costituita precedentemente.
In particolare si sono definiti 3 gruppi
1. Operatori SERT
2. Docenti universitari
3. Organizzatori sportivi
ciascuno composto da 30 persone afferenti in egual misura dalle tre province partecipanti
allo studio, per un totale di 90 soggetti.
La procedura di reclutamento ha previsto l'inclusione nel campione di soggetti che
afferivano in un dato periodo di tempo ad una struttura Ser.T., ad un corso di studi
universitario e ad una Società sportiva in ciascuna delle tre Province campione
considerate.
A tutti i soggetti candidati all'analisi sperimentale, ovvero con un'età compresa tra 18 e 35
anni, maschi e aventi un livello d'istruzione di scuola media superiore o professionale.
Si è proceduto alla somministrazione di 3 questionari:
- uno di natura socio-anagrafica, utile a stabilire le caratteristiche di base dei soggetti
reclutati, nonché il livello di conoscenza posseduto in generale sul fenomeno del doping: il
PEAS di Petroczi, validato a livello internazionale
-per sondare i tratti personologici, è stato scelta la versione italiana del BIG FIVE-2
(BFQ-2)26;
26 Versione a cura di Caprara G.V, Barbaranelli C., Borgogni L., Vecchione M (2010)
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-per sondare gli aspetti motivazionali si è deciso di costruire uno strumento che
identificasse due aree di comportamento ben determinato:


INFORMARSI SUL DOPING
CONTRASTARE IL DOPING
Lo strumento si è fondato sostanzialmente su due questionari:
DARN27 [l’espressione di desideri (Desire), abilità (Ability), ragioni (Reason) e bisogni
(Need)] e CAT [definisce affermazioni correlate al cambiamento del comportamento.
Queste ultime espressioni sono affermazioni di impegno (Commitment), di attivazione
(Activation) e di azione (Taking step)].
Si è scelto quindi di rappresentare le varie dimensioni del DARN-CAT con risposta ad
affermazioni specifiche, graduata su scala likert-like a 7 punti; la scala utilizzata ha cercato
di descrivere sia la parte positiva che la parte negativa (motivazionale inversa) della
dimensione. Tale strumento era determinante per la valutazione della Readiness to
Change (Disponibilità al Cambiamento) rispetto a comportamenti dopanti.
ALCUNI RISULTATI PRELIMINARI
I dati raccolti sono stati sottoposti a verifica statistica (descrittiva ed inferenziale) ed
analizzati dal punto di vista qualitativo dato che sono stati sondati gli atteggiamenti, le
credenze, le opinioni, le motivazioni verso il Doping da parte dei 3 campioni analizzati.
Il dettaglio dei risultati della ricerca nei tre territori è in corso di pubblicazione, pertanto, in
accordo con gli altri Autori, esponiamo qui alcune osservazioni che riteniamo interessanti e
che derivano da una prima analisi.
In generale, dall’analisi delle Correlazioni condotte sui diversi campioni delle 3 province è
emerso che:
1)
gli utenti Ser.T manifestano scarsa attitudine e/o attivazione ad “informarsi” sul
doping
2)
gli sportivi sono invece molto interessati ad informarsi
3)
gli universitari (CC) esprimono quasi indifferenza sia nell’informarsi che nel
contrastare il doping.
Passando poi nello specifico della nostra realtà territoriale, possiamo osservare che
Piacentini si differenziano in parte in quanto danno/attribuiscono punteggi (nei
questionari) molto bassi alle domande relative al Darn (Informarsi sul Doping) e
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Il DARN include: esempio: rispetto al Doping ho buone ragioni per… informarmi (ITEMS: ho assolutamente
svantaggi, Ho svantaggi, Forse ne avrei degli svantaggi, Non so se ne avrei vantaggi oppure no, Forse ne avrei degli
vantaggi, Ne avrei dei vantaggi, Avrei moltissimi vantaggi).
Il CAT include: esempio: rispetto al Doping ho buone ragioni per…. contrastarlo (ITEMS: ho assolutamente
svantaggi, Ho dei svantaggi, Forse ne avrei degli svantaggi, Non so se ne avrei vantaggi oppure no, Forse ne avrei degli
vantaggi, Ne avrei dei vantaggi, Avrei moltissimi vantaggi).
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d'indifferenza nel caso delle Cat (Contrastare il Doping): ciò potrebbe essere interpretato
come incapacità, scarsa volontà o interesse o assenza di bisogno ad informarsi sul doping.
Considerando le tre categorie di riferimento è emerso che:
1)
gli Utenti Ser.T sono più predisposti ad acquisire informazioni sulle sostanze dopanti
(DARN) ma evidenziano poco interesse a contrastarne l’uso (CAT). Inoltre, in base ai dati
relativi al questionario con i tratti di personalità (BIG FIVE), emerge che gli Utenti Ser.T
manifestano una percezione negativa di sé ed una bassa auto-stima;
2)
gli Sportivi risultano essere gli unici a mostrare la volontà di volere maggiori
informazioni sul doping e di contrastarlo. Dall’analisi preliminare emergerebbe però una
non elevata auto-stima e una bassa percezione di sé;
3) gli Universitari risultano essere poco interessati ad avere informazione o a contrastare
il doping. Il campione mantiene una situazione di generale indifferenza verso il fenomeno.
L’analisi delle risposte agli items inerenti le dimensioni personologiche evidenzierebbero
tuttavia un’elevata percezione di sé ed un’elevata auto-stima.
Complessivamente si è notato che al crescere della stabilità emotiva c'è un lieve aumento
dell'attitudine all'informarsi sul Doping.
Al crescere del livello di Apertura mentale si denota soprattutto una crescita del DARN
(Informarsi sul Doping ) piuttosto che del CAT. (Contrastare il Doping).
Si è altresì osservato che nelle tre realtà oggetto di studio, dall'analisi delle matrici di
correlazioni è emerso che l'unica categoria tra quelle esaminate che presenta correlazioni
positive è quella utenti Ser.T.
I dati più significativi sono risultati:
gli utenti Sert tendono a fornire risposte/punteggi elevati alle seguenti affermazioni:
“ Il doping è necessario per essere competitivi ”
” I media interpretano in maniera esagerata la questione del doping ”
“ I media dovrebbero occuparsi meno di doping ”
“ Affidarsi al doping non significa barare perché tutti lo fanno”.
Ulteriori necessarie ricerche saranno un’occasione per approfondire le suggestioni emerse
su un tema tanto attuale e per aprire nuovi orizzonti sulle questioni della prevenzione e
della promozione di stili di vita salutari.
(Bibliografia su richiesta: [email protected])
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