Le Quetzalitas, giovani donne e madri
in Guatemala
la domenica mattina di buon’ora la casa del Movimento,
a Città del Guatemala, si riempie di giovani donne
e numerosi bambini e bambine: i loro figli
sono le Quetzalitas (*) che si incontrano per:
- stare insieme
- parlare dei loro problemi di donne e madri
- mangiare
- trascorrere il giorno in un luogo protetto e amichevole
----------(*) ll quetzal è l’uccello colorato simbolo del Guatemala e di di libertà
Fuori la città è quella di sempre:
violenta, pericolosa e inquinata
Nel patio di questa vecchia casa
i bambini e le bambine possono giocare e divertirsi
guardati con amore dalle giovani madri
• le giovani madri hanno dai 17 ai 26 anni
• qualcuna di esse ha già 3 o 4 figli
• la loro storia è molto simile a quella di
milioni di altre ragazze delle grandi città
- dell'America latina
- dell'Africa
- dell'Asia
- dell'Europa più povera
• già ad 8/10 anni si sono ritrovate a vivere
nella strada
• dopo essere fuggite da una misera casa
dove degrado e violenza (anche sessuale)
segnavano le loro giovani vite
• nella strada hanno trovato altre come loro
• per sopravvivere e affrontare insieme
la solitudine e l'esclusione sociale
si sono unite in gruppi, in bande
per racimolare il poco denaro per sfamarsi
imparano
• a chiedere l'elemosina
• a fare piccoli furti
• a prostituirsi (spesso costrette)
molte di loro hanno inalato colla e solventi
che consentono loro di tollerare più facilmente:
• il freddo della notte, la solitudine
• la violenza diffusa, l'indifferenza della società
quando la morte violenta o precoce
non riesce a stroncarli
dimostrano la capacità di sognare
una vita ed un mondo diversi
ecco le parole dette da alcune di loro
"Sono contenta di essere incinta
perché volevo un maschietto...
e cambierò quando nascerà
o prima che nasca"
(18 anni)
"Non dico che deve vedere la vita colore rosa
perché nella vita se non si soffre non è vita,
però che la veda in un altro modo,
che sia un uomo o una donna di buon avvenire
in questo mondo"
(18 anni)
"Ora mi sono messa a pensare
che un figlio ha bisogno di tanto affetto,
perché è un essere umano,
che uno tira al mondo,
anche se loro non lo chiedono,
uno li tira al mondo senza volere.....
Loro quando stanno così,
come il bambino qui (indica la pancia),
già guardano, già pensano...."
(15 anni)
Testimonianza di Elisabetta
nel suo ultimo giorno di vita
raccolta dal Mojoca
(MOvimento JOvenes de la CAlle)
Città del Guatemala
21 aprile 2005
“mi sono stancata di questa vita di strada
mi chiamo Elizabeth
ho 17 anni
sono nata non so dove
non ho conosciuto mia madre
da quando ho memoria
i miei fratelli mi maltrattavano
e mi facevano molto male”
“ho lasciato la mia casa a otto anni
me ne sono andata sulla strada nel mio stesso quartiere
mi sono messa con degli amici di una banda giovanile
loro si sono presi cura di me
mi davano da mangiare
una ragazza mi faceva la doccia
con loro mi sentivo bene
finché non è arrivato un giorno un uomo
molto grande, chiamato “veterano”
che mi ha violato”
“allora ho deciso di andarmene da quel posto
verso i 15 anni mi sono inserita
nel gruppo di strada della “Bolivar”
lì ho trovato amici
che mi hanno fatto sentire bene
mi sono messa con un ragazzo
per sentirmi protetta e amata
ma anche lui abusava di me”
“ho iniziato a fare uso del solvente
mi aiutava a dimenticare quello che mi succedeva
per questo aumentavo sempre di più il mio consumo
Io non volevo restare lì
un giorno ho approfittato della distrazione
del mio compagno, lo stupratore, per svignarmela
mi sono nascosta in un istituto per un buon tempo
ma non ce la facevo
non riuscivo a vivere senza la droga
e la libertà che avevo sempre cercato”
“scappando dall’istituto dovevo tornare in strada
ma non volevo più andare alla Bolivar
perché sapevo che mi sarei di nuovo trovata
con l’uomo dal quale ero scappata
sono andata nella 18a strada
in quel gruppo ho trovato tanti amici
nella mia stessa situazione
che volevano dimenticare il loro passato
che volevano vivere nella libertà”
“del gruppo faceva parte una donna adulta
che aveva un piccolo bambino
il bambino mi è piaciuto molto
mi sono presa cura di lui per quattro mesi
come se fosse mio figlio
la madre mi pagava con delle droghe, con il crack
senza rendermene conto, mi ci sono attaccata
e a poco a poco mi sono distrutta sempre di più”
“mi sono innamorata di Giovanni, il mio compagno
un giorno gli ho detto che
ero stanca di tutto questo e che non volevo stare lì
perché in quel gruppo come negli altri ho sofferto
sono stata violentata da alcuni uomini
ora mi sento molto sporca e questa vita non è più vita
ora che condivido la mia vita con Giovanni
ho deciso che non voglio stare più lì
di non consumare più droghe
anche se questo è molto difficile
perché quando vedo farlo, mi viene voglia”
“tre giorni fa sono arrivate le mie amiche del MOJOCA
ci hanno invitato a frequentare la casa
ho avuto questo desiderio
alla casa del MOJOCA
mi sono sentita bene
mi sono lavata
mi sentivo in un posto sicuro
un posto dove qualcuno si prende cura di me
mi chiede come mi sento
mi ascolta
mi chiede dei miei sogni
e io li condivido”
ha scritto la coordinatrice del Movimento
“Elizabeth si sentiva così bene
che aveva deciso di iniziare il processo educativo del movimento
non si sa perché, ma non voleva uscire dalla casa,
voleva restare lì
ma il suo compagno fece molta pressione
ha dovuto salutare gli amici e amiche del MOJOCA
con la promessa di tornare il giorno dopo
senza sapere che quella notte
avrebbe lasciato finalmente la strada”
Elizabeth ha lasciato la strada per sempre
quella stessa notte è stata assassinata
da un uomo infuriato a cui lei si negò
Il tipo arrabbiato e ferito nel suo ego
prese un arma di assalto chiamata AK47
utilizzata dai sicari, un arma che si utilizza nell’esercito
e senza parole sparò a bruciapelo al gruppo di 9 giovani
che dormono nella 7° avenida e 18 calle della zona 1
annientando la vita di Elizabeth
con 10 proiettili nelle sue parti vitali
e ferendo Giovanni al polmone destro
oggi lui si dibatte tra la vita e la morte
l’unica prova è un documento con fotografia e indirizzo
oltre un tesserino
che identifica l’individuo come un poliziotto privato
le sue orme
una camicetta del MOJOCA piena di sangue
in una grande pozzanghera di sangue ancora fresco
e un “poncho” con il quale si coprono i ragazzi
Elizabeth non sarà più sulla strada
oggi è in un posto migliore
dove non ci sarà più chi abusi di lei ora che è libera
• L'associazione "Las Quetzalitas" nasce nel 1994
• è un gruppo di auto-aiuto di sole ragazze
(alcune decine)
• decidono di uscire dalla strada, e affrontano
insieme i problemi della nuova vita:
casa, lavoro, figli, marito e violenza
Le Quetzalitas costituiscono il primo gruppo
autogestito del movimento
la maggior parte delle ragazze è madre di 2-3 figli,
sostenuti con una borsa di studio che permette:
• alle madri di lavorare
• ai figli, di uscire dal circolo vizioso
dell’analfabetismo e dell’ignoranza
ai bambini delle Quetzalitas, circa una cinquantina,
va mensilmente un piccolo sostegno economico
che serve per pagare l’asilo nido o la scuola materna
la psicologa del Movimento organizza con loro
seminari attinenti la loro condizione
molti seminari sono centrati
sul rapporto madre-figlio
in un ciclo chiamato “cura con affetto”
per le Quetzalitas è molto utile
incontrarsi ogni quindici giorni
realizzando in questo modo l’auto-aiuto
il gruppo delle Quetzalitas è stato il nucleo originario
del più ampio Movimento Giovani della Strada
(Mojoca) che a città del Guatemala ha contattato
più di un migliaio di giovani provenienti dalla strada
ogni giorno 60-70 giovani frequentano la casa
dell’amicizia dove:
• usufruiscono dei servizi igienici e delle docce
• vengono serviti pasti caldi
• vengono svolti corsi di istruzione e di apprendistato
(laboratori di pasticceria, falegnameria, taglio e cucito)
Il Mojoca è appoggiato dalle
Reti di amicizia con le ragazze e i ragazzi di strada,
sviluppatasi in Belgio e in Italia.
La Rete di amicizia Italiana che prende il nome di
Amistrada
con raccolta fondi e autofinanziamento
copre circa metà delle spese del Mojoca,
che ammontano a circa 400.000 euro l’anno
per informazioni:
• consultare il sito in quattro lingue: www.amistrada.net
• utilizzare l’indirizzo e-mail [email protected]
• scrivere/telefonare a Comitato di Gestione di Amistrada:
via Ostiense 152/b, 00154 Roma,
tel 334-2185468
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