Civile Sent. Sez. 1 Num. 25658 Anno 2014
Presidente: FABRIZIOFORTE
Relatore: DI AMATO SERGIO
SENTENZA
sul ricorso 23610 2007 proposto da:
-
CENTRAUTO S.R.L. (c.f.
00456030733),
in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO
109,
presso lo
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Data pubblicazione: 04/12/2014
STUDIO AVV. SEBASTIO GIOVANNA, rappresentata e
difesa dall'avvocato SEBASTIO ATTILIO, giusta
2014
procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
1838
contro
4
FALLIMENTO
MONTUSAL
SERVICE
S.R.L.
(C.F.
a
1
00250330735),
in
persona
del
Curatore
dott.
STANISCI LUCA, elettivamente domiciliato in ROMA,
LUNGOTEVERE FLAMINIO 60, presso l'avvocato LONGO
RUGGERO, rappresentato e difeso dall'avvocato
PIETRO MONOPOLI, giusta procura in calce al
- controri corrente -
avverso la sentenza n. 69/2007 della CORTE
D'APPELLO DI LECCE - SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO,
depositata il 04/04/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 31/10/2014 dal Consigliere
Dott. SERGIO DI AMATO;
udito, per il controricorrente, l'Avvocato R.
LONGO, con delega, che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
l'accoglimento del primo motivo, assorbiti gli
altri motivi.
/
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
controricorso;
/
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Ritenuto in fatto e in diritto
- che, con sentenza del 4 aprile 2007, la Corte di
appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, confermava
la sentenza in data 17 gennaio 2001 con la quale il
Tribunale di quest'ultima città aveva accolto la domanda
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
proposta dal curatore del fallimento della s.r.l. Montusal
Service (dichiarato il 19 luglio 1997) intesa ad ottenere
la revoca, ai sensi dell'art. 2901 c.c. dell'atto,
risalente ai primi mesi del 1994, con cui la società poi
fallita aveva venduto alla s.r.l. Centrauto un autoveicolo;
- che, in particolare, la Corte di appello osservava
quanto segue: l) lo stato di insolvenza della s.r.l.
Montusal risultava dal fatto che la società alla data del
31 marzo 1994 era debitrice della Banca Popolare di Taranto
per un importo di oltre un miliardo di lire, rimasto
pressoché invariato sino alla dichiarazione di fallimento,
mentre non risultava l'esistenza di suoi crediti verso
terzi ed il capitale sociale ammontava a lire 95.000.000=;
2) nella specie non era necessaria la prova dell'esistenza
e dell'ammontare di crediti preesistenti alla vendita né la
prova che dopo di essa il patrimonio del debitore era
divenuto insufficiente a soddisfare tali crediti; nella
specie, infatti, ricorreva una ipotesi di dolosa
preordinazione diretta a pregiudicare la garanzia generica
del credito. In tal senso deponeva sia la parziale
coincidenza della compagine sociale della s.r.l. Montusal
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Service e della s.r.l. Centrauto, sia il fatto che
quest'ultima era socia della prima, sia la mancata risposta
della convenuta all'interrogatorio formale, sia infine il
suo complessivo comportamento processuale caratterizzato
dal disinteresse per il giudizio di primo grado nel quale
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era rimasta contumace e non era comparsa neppure per
rendere l'interrogatorio formale;
- che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per
cassazione la s.r.l. Centrauto, deducendo: l) la violazione
degli artt. 183, 184, 345, 324 o 346, 112 c.p.c. poiché la
Corte di appello aveva accolto una domanda che era stata
formulata soltanto nella comparsa conclusionale e nella
memoria di replica del giudizio di appello; solo in quella
-
.
sede, infatti, il fallimento aveva prospettato per la prima
volta che la vendita impugnata era stata dolosamente
preordinata a frodare i futuri creditori, mentre sino ad
allora aveva prospettato soltanto il pregiudizio arrecato
alle ragioni dei creditori da una vendita posta in essere,
quando la società era già insolvente, con la consapevolezza
del pregiudizio da parte tanto del debitore quanto del
terzo; 2) violazione degli artt. 2697, 2901 c.c. e
dell'art. 116 c.p.c. nonché vizio di motivazione poiché la
Corte di appello aveva accolto la domanda malgrado il
curatore non avesse offerto non solo la prova
dell'esistenza di creditori anteriori all'atto impugnato,
ma neppure di creditori successivi e neppure dell'evolversi
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in peggio del patrimonio del debitore, non valutato nella
sua effettiva consistenza, ma solo sotto l'irrilevante
profilo del rapporto tra il capitale sociale e l'ammontare
di un debito; 3) violazione degli artt. 2697 c.c. e 116
c.p.c. nonché vizio di motivazione poiché il carattere
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pregiudizievole dell'atto era stato desunto dal fatto che
la vendita era intercorsa tra società aventi base sociale e
amministrazione collegate, senza che l'attore avesse
offerto la prova dell'effettiva portata pregiudizievole, da
valutare tenendo conto anche dei possibili vantaggi
infragruppo; 4) violazione degli artt. 116 e 232 c.p.c.
poiché erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto
rilevante la mancata risposta all'interrogatorio formale,
considerato che lo stesso era stato deferito al legale
rappresentante di altra società (la s.r.l. EMMETI) e
verteva su circostanze estranee alla causa; inoltre,
erroneamente la sentenza impugnata aveva dato rilievo alla
contumacia della s.r.l. Centrauto nel giudizio di primo
grado, mentre aveva trascurato di considerare il
comportamento della curatela che aveva deferito
interrogatorio formale a soggetti estranei alla lite, aveva
inammissibilmente esibito in appello documenti nuovi ed
aveva mutato linea difensiva;
che il fallimento resiste con controricorso,
illustrato anche con memoria;
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- che il primo motivo è fondato; invero, se l'azione
revocatoria ha per oggetto atti posteriori al sorgere del
credito, ad integrare l'elemento soggettivo del
consillum
fraudis è sufficiente la semplice conoscenza nel debitore e
nel terzo acquirente del pregiudizio che l'atto arreca alle
anteriori al sorgere del credito, è richiesta, quale
condizione per l'esercizio dell'azione medesima, oltre
all'eventus damni,
la dolosa preordinazione dell'atto da
parte del debitore al
fine di
compromettere il
soddisfacimento del credito futuro e, in caso di atto a
titolo oneroso, la partecipazione del terzo a tale
pregiudizievole programma (v. e plurimis
-
Cass. 9 maggio
2008, n. 11577; Cass. 21 settembre 2001, n. 11916). Ciò
comporta che la prospettazione dell'anteriorità, ovvero
della
posteriorità
del
credito,
dispositivo, muta radicalmente il
thema probandum
rispetto
all'atto
thema decidendum ed il
della proposta azione revocatoria,
dovendosi nell'un caso allegare e provare il dolo generico,
e cioè la mera consapevolezza, da parte del debitore e del
terzo, del danno che derivava dall'atto dispositivo, e
nell'altro, invece, la ricorrenza del dolo specifico, e
cioè la consapevole volontà del debitore e del terzo di
pregiudicare le ragioni del creditore futuro. Ne consegue
l'inammissibilità del mutamento di domanda (Cass. 29 maggio
2013, n. 13446);
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
ragioni del creditore, laddove, se essa ha per oggetto atti
- che gli altri motivi sono assorbiti
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti
gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al
motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di
distaccata di Taranto in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 31
ottobre 2014.
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Cass. Civ., I, 04.12.2014, n. 25658