UFFICIALI SVEDESI DELLE GALERE NEL MEDITERRANEO DEL XVIII SECOLO MIKKO HUHTAMIES Galere russe nel Golfo di Finlandia Dopo aver battuto i Turchi ad Azov, lo zar Pietro il Grande fondò San Pietroburgo nel 1703 – una svolta epocale nella regione baltica – e creò un’armata insulare di navi a remi, varando una nuova flotta di galere, la Flotta baltica, seconda dopo la Flotta d’Azovz.(1) Il principale nemico dopo i Turchi era, ancora una volta, la Svezia. Durante la Grande Guerra del Nord (1700-1720) i Russi tentarono di penetrare nell’arcipelago finlandese, che da sempre proteggeva la Finlandia, che allora era la parte orientale dell’impero svedese, come una barriera naturale. Il comandante veneziano della flotta baltica delle galere, indicato come Ivan (Giovanni) Botzis, un uomo il cui passato rimane largamente oscuro, ebbe un ruolo cruciale nelle operazioni. Con le sue galere Botzis operò nel 1712, così da infiltrarsi nell’arcipelago finlandese per aiutare le forze terrestri ad occupare la Finlandia. Due anni più tardi, la flotta russa delle galere colse (1) E.J. Phillips, The Founding of Russia’s Navy. Peter the Great and the Azov Fleet 1688-1714, Westport, Praeger, 1995, p. 39-44, 113, 117; D.G. Harris, Fredrik Henrik af Chapman. Den förste skeppsbyggnadsarkitekten och hans verk, Stoccolma, 1998, p. 25 sg.; J. Glete, “Den ryska skärgårdsflottan”, su Skärgårdsflottan. Uppbyggnad, militär användning och förankring i det svenska samhället 1700-1824, Falun, 2000, p. 78-88. Gli Svedesi avevano già ad Hanko una flotta di nove galere; cfr. G. Åselius, “Venäjän merimahdin synty”, in O. Manninen (a cura di), Suomalaisten suuret taistelut. Ruotsin, Venäjän ja itsenäisen Suomen riveissä, Helsinki, 2007, p. 284-292. 55 M. Huhtamies - Ufficiali svedesi delle galere nel Mediterraneo del XVIII secolo una completa vittoria sugli Svedesi nei pressi della penisola di Hanko.(2) La Grande Guerra del Nord fu una catastrofe per la Svezia. La cosiddetta Era di Grandezza (1620-1720) era chiaramente finita a causa di consistenti perdite territoriali – un terzo del regno – nel Baltico e nella Finlandia orientale. A dispetto delle traversie del periodo d’occupazione dopo la guerra, “la Grande Collera”,(3) uno dei risultati positivi della sconfitta fu che la difesa della zona cuscinetto orientale del Regno di Svezia, la Finlandia, fu migliorata significativamente per la prima volta. Negli anni ’20 del 1700, fu varato un vasto programma difensivo. Nel 1721 un’appena creata Commissione dell’Ammiragliato (Amiralitetskomission) preparò un piano che prevedeva, fra le altre cose, la creazione di una flotta di 70 nuove galere. Al principio del XVIII secolo, il principale sistema di raccolta delle informazioni su argomenti tecnici nella maggior parte dei Paesi europei consisteva nel viaggiare, vedere e memorizzare. Non era difficile. Le frontiere erano perlopiù aperte e le forze armate europee di allora erano multiculturali e internazionali. Per di più le informazioni divenivano un conveniente oggetto di scambio per molti Paesi, come l’Olanda. La prassi normale in Svezia, un Paese dallo scarso livello di conoscenze tecnologiche, consisteva nel mandare all’estero ufficiali capaci di disegnare, stabilire contatti e capire qualcosa delle questioni tecniche estere. La missione Nell’ottobre del 1722 l’ammiragliato svedese ordinò ai capitani Abraham Falkengren (1686-1752), Gustav Ruuth (1697-1757) e al costruttore navale Karl Falck (?-?) di fare un viaggio nel Mediterraneo per acquisire esperienza sull’arte della guerra con le galere. I tre vennero informati che dovevano in(2) O. Nikula, Svenska skärgårdsflottan 1756-1791, Karlskrona, 2008, p. 1 sg. (3) La Grande Collera, in finlandese Isoviha, è il termine con cui, nella storia della Finlandia, si indica il periodo dell’invasione e dell’occupazione russa dal 1714 al trattato di Nystadt del 1721, che mise fine alla Guerra Nordica. Dopo la sconfitta subita dagli Svedesi a Storkyro nel febbraio del 1714, la Finlandia fu occupata, ma reagì con una vera e propria guerra partigiana contro le truppe del principe Golytsin. I Russi risposero duramente, specie nel triennio 1714-1717, con saccheggi, violenze e massacri. Non meno di 5000 finlandesi furono uccisi e oltre 10 000 vennero portati via come schiavi. A queste disgrazie si sommò una pestilenza che decimò la già ridotta popolazione finnica, mentre i contadini cercavano rifugio nei boschi e chi poteva fuggiva in Svezia (N.d.T.). 56 Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Giugno 2013 Nel Golfo di Finlandia le galere di tipo mediterraneo dovevano navigare in un ambiente completamente diverso, in un labirinto di rocce e scogli. Questa carta nautica di Jonas Hahn, del 1750, traccia molto bene i passaggi rocciosi della penisola di Porkkala, a ovest di Helsinki, nel Golfo di Finlandia. La parte destra della mappa rappresenta il punto più stretto del Golfo di Finlandia, tra la Finlandia e l’Estonia. (Immagine per cortesia del Krigsarkivet di Stoccolma, Sjökartverket, hydrografiska kartor) dagare sulla “gallernas rättä beskaffenhet”, che è un’espressione difficile da tradurre, ma che pressappoco significa “scoprire la prassi o la corretta condotta da seguire nella guerra fatta con le galere”;(4) fu usata anche la frase gallere wetenskap (“conoscenza della galera”). Il fine era, in breve, quello di scoprire come costruire e utilizzare una galera e indagare come ciò si faceva negli Stati marittimi del Mediterraneo. Le esperienze fatte dalla missione dovevano poi essere applicate nel Golfo di (4) Oltre a questa missione, ci furono diversi altri ufficiali e commissioni svedesi nel Mediterraneo, particolarmente nella prima metà del XVIII secolo; vedi Amiral Carl Tersmedens memoarer. I främmande land II. I sammandrag utgifna af Nils Erdman, Stoccolma, 1915, p. 127-286; O. Nikula, op. cit., p. 108, 112 e 118 sg. 57 M. Huhtamies - Ufficiali svedesi delle galere nel Mediterraneo del XVIII secolo Finlandia. L’obbiettivo finale era quello di creare una flotta insulare, un corpo volante (corps volantes), che potesse operare nell’arcipelago a supporto delle forze terrestri e che doveva essere sostenuta dalla Marina (flotta). L’idea era di creare una difesa su tre livelli: le forze di terraferma, la flotta dell’arcipelago nel centro e la Marina sul fianco meridionale. La missione viaggiò attraverso l’Europa, via Berlino, Dresda, Augusta, Bolzano e Trieste, e arrivò a Venezia nel 1722. Gli Svedesi passarono quattro anni nel Mediterraneo, e osservarono a fondo le galere e gli arsenali di Francia (a Marsiglia e Tolone), Venezia, Malta, Stati Pontifici, Impero Ottomano (a Costantinopoli) e Toscana. La missione terminò nel settembre del 1726. Di ritorno, Falkengren e Ruuth – Falck era rientrato un po’ prima – viaggiarono attraverso la Francia, dove visitarono i cantieri a Rochefort, e l’Inghilterra. Entrambi scrissero dettagliati rapporti di circa 200 pagine complessive, e Falkengren disegnò anche illustrazioni di installazioni portuali e dettagli tecnici. Falck invece, probabilmente più un uomo d’azione che uno scrittore, osservò e memorizzò principalmente ciò che vide, e redasse un rapporto di poche pagine. Questo lavoro è basato soprattutto su di esse.(5) L’osservazione e il disegno negli arsenali I principali argomenti d’indagine della missione erano tecnici, logistici e organizzativi. Furono poste varie domande. In primo luogo: com’era organizzato l’approvvigionamento del materiale da costruzione, e in che tipo di ambienti erano costruite le galere? Quali erano i metodi dei costruttori navali? Secondo: come operava in mare la squadra delle galere, in che modo erano reclutati e nutriti gli uomini, e come era finanziato tutto ciò? Terzo: come si sarebbe dovuta condurre, far navigare e manovrare una galera? Gli Svedesi vollero provare la vita a bordo d’una galera, con centinaia di condannati incatenati o forzati acquistati. Sfortunatamente, però, i rapporti non dicono quasi nulla a proposito di questi interessanti dettagli, perché gli ufficiali svedesi ebbero poche o nessuna opportunità di osservare le orribili condizioni di vita dei forzati o di vivere con loro su navi affollate e puzzolenti. (5) La principale fonte archivistica per quest’articolo è Krigsarkivet (Archivi di Guerra svedesi), Stoccolma, Amiralitetskollegium. Kansliet, serie G I. Reseberättelser och militära avhandlingar 1726-1771. Falkengren, Ruuth, Falck. 58 Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Giugno 2013 I rapporti non dicono nulla nemmeno a proposito della progettazione navale, e questo è comprensibile. Gli arsenali non erano i posti giusti per apprendere la progettazione e l’ingegneria navale. I centri per l’apprendimento della progettazione di navi moderne erano i cantieri d’Inghilterra e, da un punto di vista teorico, di Francia. Il ruolo di Pierre Bouguer (16981758), il suo contributo (Traité du navire) alla teoria della dérive (deriva) e il suo apporto come inventore del metacentro stavano divenendo cruciali nella progettazione navale.(6) La standardizzazione molto sviluppata, ad esempio nell’Arsenale di Venezia, era un altro fattore che si celava dietro il generale conservatorismo che ostacolava la creatività. Le costruzioni navali erano basate su metodi vecchi, o anche antichi. Gli arsenali erano posti in cui semplicemente si copiava, non in cui acquisire metodi per una progettazione navale innovativa. Nelle osservazioni negli arsenali, i visitatori svedesi poterono vedere come erano fatte le costruzioni.(7) La tecnologia altamente avanzata dei cantieri e dei materiali degli arsenali francesi e italiani – col loro immagazzinamento subacqueo dei tronchi, la fluida organizzazione degli approvvigionamenti e la divisione del lavoro – era qualcosa di nuovo per i visitatori dal Nord. Il cuore della produzione, negli arsenali, era una linea di montaggio di componenti standardizzati e intercambiabili. Dopo un viaggio le galere erano alate dal mare su scivoli, gli alberi venivano abbassati e l’equipaggiamento immagazzinato, tutti dettagli che furono ammirati dagli Svedesi. Secondo Abraham Falkengren, a Marsiglia “le galere francesi sono costruite in bacini coperti. Ci sono quattro di questi tipi di bacini”. (6) Bouguer ebbe una connessione indiretta con la Svezia e la Finlandia. Fu membro della spedizione geodetica di de la Condamine in Perù negli anni ’30, e scrisse il suo Traité du navire nel 1737-1739, mentre l’altra delle due commissioni, quella di Maupertuis, era incaricata della catena di misurazione e triangolazione a Tornio, in Finlandia, così da determinare la forma della Terra. L.D. Ferreiro, Ships and Science. The Birth of Naval Architecture in the Scientific Revolution, 1600-1800, Cambridge, Massachusetts, p. 19 e 227-232. P. Bouguer, Traité du navire, de sa construction, et de ses mouvements, Paris, 1746. La deriva ha un’importanza notevole negli stretti passaggi dell’arcipelago finlandese. La scarsa prestazione delle derive laterali era in molti casi una delle ragioni principali degli urti in costa. Grazie alle grosse derive laterali delle navi ordinarie con un alto bordo libero, i legni a remi lunghi erano più adatti ai passaggi fra gli scogli. (7) Vedi anche R. Crowley, Empire of the Sea: The Final Battle for the Mediterranean, 1521-1580, London, 2008, p. 101-103. 59 M. Huhtamies - Ufficiali svedesi delle galere nel Mediterraneo del XVIII secolo Una questione centrale era l’origine dei materiali. Gli Svedesi stavano pianificando la loro flotta di galere, e volevano sapere dove gli Stati marittimi trovassero il loro legname e la canapa, perciò Falkengren e Ruuth non riferirono nulla riguardo al legno delle alberate, perché sapevano da dove veniva. Il pino e il larice – il faggio era usato per i remi – arrivava dalla zona baltica, soprattutto da Svezia e Finlandia, via Riga, in navi olandesi. Ad ogni modo l’origine della canapa – anche quella un prodotto prevalentemente d’origine baltica – fu scoperta; secondo Falkengren, arrivava a Marsiglia dalla Linguadoca grazie ad alcuni imprenditori. La canapa era un elemento essenziale, era necessaria per il sartiame, le cime e i cavi da rimorchio, il cordame e le micce per i cannoni. Esistevano cime differenti per fini diversi (ad esempio per gli ancoraggi).(8) La canapa era per prima cosa raccolta nei magazzini reali, dove era ispezionata dai capitani di porto. La produzione di funi era una tecnica specializzata in cui i Francesi erano all’avanguardia.(9) Descrivendo l’Arsenale di Venezia all’ammiragliato, Falkengren scrisse: “I materiali sono comperati da commissionari che lavorano per lo Stato. Le galere veneziane e tutte le altre navi appartenenti allo Stato sono costruite nell’Arsenale sotto un tetto, con legno che viene da Trieste in Istria”. Secondo Falkengren, le galere erano costruite da una forza lavoro permanente, complessivamente di circa 2500 uomini, che quasi tutti lavoravano nell’Arsenale fin dal loro apprendistato. Nonostante fosse una terra di foreste, la Svezia nel XVIII secolo stava già restando indietro agli Stati marittimi nella tecnologia del legno. I vascelli svedesi avevano vita breve, ma gli Svedesi impararono il metodo di far durare il legno più a lungo conservandolo in acqua. “Nell’Arsenale di Venezia il legno prima d’usarlo è conservato in acqua per tre o quattro anni per levargli la rigidezza”, scrisse Falkengren. Erano adoperati chiodi di ferro e bulloni ufficialmente marcati. Quando Falkengren visitò l’Arsenale di Venezia nel 1723 e nel 1724 c’erano otto galere nuove, sette vecchie e due galeazze più piccole sugli scali del bacino, e spiegò il sofisticato metodo d’alaggio delle galere veneziane. Le galere potevano essere riparate e “la chiglia tolta dall’acqua” (8) D. Goodman, Spanish naval power, 1589-1665. Reconstruction and defeat, Cambridge, 2002, p. 138-140. (9) H.L. Duhamel du Monceau, Traité de la fabrique des manoeuvres pour les vaisseaux ou l’arte de la corderie perfectionenné, Paris, 1747/1769. Il libro era noto anche in Finlandia, nella zona di Helsinki area. Henrik-database, vedi http://dbgw.finlit.fi/henrik/index.php 60 Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Giugno 2013 Sistema per misurare la resistenza delle funi. Tavola del Traité de la fabrique des manoeuvres pour les vaisseaux ou l’arte de la corderie perfectionenné, di Duhamel du Monceau, del 1769. (Foto di M. Huhtamies) anche in mare, coll’aiuto di un’altra galera affiancata e usando i cannoni come pesi. Per i lavori maggiori, però, le navi andavano portate in Arsenale. In Toscana le galere erano costruite a Pisa, anche là in ambienti coperti. Da Pisa le galere erano trasportate lungo l’Arno a Livorno. Dal porto di Livorno, le galere incrociavano lungo le coste della Sardegna e della Corsica. Il legno veniva dagli Appennini, e anche in Toscana era ammorbidito in acqua da quattro a quattordici anni; più a lungo vi stava, meglio era. Falkengren riportò pure disegni delle sale e delle infrastrutture acquatiche per i tronchi. A differenza di altri Stati, il fasciame delle galere toscane era fatto di pino, e Falkengren riferì che il legname veniva da Malta,(10) la canapa e i viveri dalla (10) Essendo Malta pressoché priva di boschi, e poiché la Sicilia era in condizioni di poco migliori, i Maltesi, quantomeno nel secolo prima, avevano importato legname dalla Spagna, profittando dei piani di rimboschimento messi là in atto dal XVI secolo, per cui il legno proveniente da Malta in origine era probabilmente spagnolo, e i Medici lo comperavano a Malta per non avere seccature coll’Impero, da vent’anni in pessimi 61 M. Huhtamies - Ufficiali svedesi delle galere nel Mediterraneo del XVIII secolo Sicilia e dalla Calabria, ma la tela, che era formalmente comperata a Pisa, veniva in realtà fatta a Malta. I tronchi per gli arsenali erano abbattuti in novembre o dicembre, o, per come la mette Falkengren, “quando il sole è nel Capricorno”. Benché si adoperassero metodi di costruzione moderni, il periodo dei tagli era basato sull’antica astrologia. In breve, c’erano un periodo giusto e sbagliato per tagliare gli alberi.(11) Si credeva che solo il legno tagliato in novembre non marcisse. Quando le galere erano finite, erano lasciate sugli scali finché serviva. “Le navi e le galere sono pronte per la guerra in tre mesi”, riferì Gustav Ruuth. Una galera nel dettaglio Una galera era una complessa macchina da guerra, un ibrido fra una nave di linea e una lunga nave a remi.(12) Era impiegata nella guerra anfibia, il che significava che il comandante d’una galera doveva conoscere a fondo le battaglie navali tradizionali e le tattiche d’abbordaggio, come pure il comando delle manovre a vela e a remi. Manovrare un vascello con più di 100 rematori per assalire una nave avversaria non era un compito facile; anche in mani capaci, la galera manovrava bruscamente. In generale le galere erano poco marine e dipendevano dalle basi di rifornimento.(13) Per di più, il procedimento di costruzione era altrettanto complesso. I viaggiatori poterono osservare i lavori di costruzione delle galere molto da vicino. Le galere erano simili, il che indicava che la loro costruzione si era diffusa da Stato a Stato con solo piccole variazioni. Le misure delle parti da poppa a prua (ad esempio fasciame e tavolame di chiglia) erano date con l’accuratezza d’un quarto di pollice. Da Marsiglia Falkengren diede le misure esatte d’una galera da 29 paia di remi:(14) era 173 piedi e 4 pollici svedesi rapporti diplomatici con la Spagna (N.d.T.). (11) D. Goodman, p. 109-111. (12) Dallo sviluppo delle cosiddette Galere rinascimentali, cfr. A. Konstam, Renaissance War Galley 1470-1590, Oxford, 2002. F. Chapin Lane, Venetian Ships and Shipbuilders of the Renaissance, Baltimore & London, 1992, p. 1-34. (13) R. Crowley, op. cit., p. 83 sg. (14) Per paio di remi si intendono non i remi appaiati e scalati come nell’antichità o nel Rinascimento, ma il remo di destra e quello di sinistra, per cui 29 paia di remi significa che la nave aveva 29 remi a destra e 29 remi a sinistra (N.d.T). 62 Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Giugno 2013 Una galera del XVIII secolo dall’Enciclopedia di Diderot. Le galere avevano un pescaggio ridotto ed erano facili da manovrare nelle strettoie dal basso fondale dell’arcipelago finlandese. (Foto di K. Timonen, Biblioteca nazionale, Helsinki) da prua a poppa, e larga a mezza nave 21 piedi e 8 pollici. Ce n’era pure una versione più piccola con 26 paia di remi, la cui lunghezza era 156 piedi e la cui larghezza era di 19 e 9 pollici. Le dimensioni delle galere a Venezia erano praticamente le stesse, ma di poco inferiori: 170/150 piedi per 28 e 25 paia di remi. Il pescaggio era di otto piedi e sei pollici svedesi, o circa tre metri e mezzo. Le galere toscane avevano praticamente le stesse dimensioni: 179/159 piedi; larghezza 21/20, pescaggio 8, e 28 e 26 paia di remi; e a Malta 179/159; 22/21, pescaggio 9, per 29 e 26 paia di remi. Le galere maltesi erano le più grandi, perché erano adoperate di più in mare aperto. I remi erano generalmente lunghi circa 50 piedi ed erano usati coll’aiuto d’una maniglia per far presa su di essi. Il peso e i materiali delle ancore, i vari tipi di vele (dalla più grande alla più piccola: marabutin, mizaine, voilette) e la lunghezza delle cime delle manovre erano riportate con precisione. Le galere francesi avevano una cima d’ancora di circa 200 m, il che indicava che erano capaci d’ancorarsi su una profondità di circa 100-150 m, che è molto maggiore che nel Baltico. La profondità media del Mediterraneo è di circa 1400 m, nel Baltico è di soli 63 M. Huhtamies - Ufficiali svedesi delle galere nel Mediterraneo del XVIII secolo A fronte: Una pagina del rapporto di Abraham Falkengren, in cui sono descritti i segnali delle galere veneziane. Le fiamme avevano significati differenti a seconda della parte dell’attrezzatura in cui erano messe. (Rapporto Falkengren, in Amiralitetskollegium, kansliet serie G I; per cortesia del Krigsarkivet, Stoccolma) 70. Le galere avevano una scelta di vele diverse per differenti condizioni atmosferiche, da quelle per i venti leggerissimi a quelle per le tempeste. Ogni galera aveva un tendone che era fatto di pelle di camoscio e tela. Nelle galere francesi la tela che copriva la puppen (la tettoia posteriore) era rossa. La piattaforma di tiro a forma di castello, rambatten (la rembata) a prua era coperta con teli rossi dai bordi gialli. Il tendone era il solo riparo dell’equipaggio dal sole e dalla pioggia, ma normalmente era usato solo in porto. Tendoni e teli erano usati per proteggere l’equipaggio quando una galera attaccava una nave, di solito muovendo contro la sua poppa, poco armata. Le cime erano fatte di un intreccio di canapa e cotone, e la loro forza era misurata con prove di trazione. Le cime delle galere veneziane erano un po’ più sottili di quelle delle francesi, perché la canapa, che arrivava da Bologna a Venezia, era migliore di quella della Linguadoca, diceva Falkengren, il quale dava pure il numero di pistole, moschetti, granate (nell’insieme 350, fra palle di pietra e di vetro). Il vetro era un mezzo efficace per impedire gli abbordaggi degli uomini scalzi. E per lo stesso fine erano adoperati pure l’olio, i “razzi”, ecc. A Marsiglia Falkengren riuscì a esaminare l’interno d’una galera e riportò dettagliate descrizioni e dimensioni delle cabine (la taverne, chambre des voiles, chambre du Paillot, etc.) sotto il ponte. Anche le armi furono descritte nei particolari. Furono descritti i segnali e disegnate a colori le bandiere di segnalazione, come pure furono riportati e illustrati il modo d’avanzare e l’orde de battailles. Insomma, gli Svedesi poterono avere una dettagliata visione di una galera, in cui praticamente nulla rimase oscuro. La galera, un microcosmo della società Una galera di 170 piedi aveva un equipaggio di circa 500 uomini, che formavano un insieme variegato e multiculturale. Il corpo delle galere francesi, per esempio, comprendeva neri africani, Irochesi americani e Zingari.(15) A Venezia e negli altri Stati marittimi italiani i rematori erano chiamati la (15) J. Marteilhe, Galley Slave, Barnsley, Seaforth Publishing, 2010, p. 8. 64 Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Giugno 2013 65 M. Huhtamies - Ufficiali svedesi delle galere nel Mediterraneo del XVIII secolo ciurma, che consisteva in cosiddetti volontari galliotti, buona voglie, carcerati cristiani (forzati), molti dei quali, nella flotta francese, Ugonotti, e schiavi turchi. Le condizioni di lavoro erano in qualche modo differenti. I volontari ingaggiati non erano incatenati. Quando un nuovo rematore arrivava a bordo d’una galera, un ex galeotto poteva pagarsi il ritiro dal servizio. Il denaro necessario doveva essere risparmiato sulla paga giornaliera in soldi. Non tutti i galeotti potevano vivere così spartanamente da rendere questo possibile, e il risultato era un servizio a vita. Nei casi in cui un galeotto disertava, gli altri dovevano pagare il suo debito. I rematori che sedevano più vicini alla corsia, la passerella centrale, avevano il lavoro più duro, e ricevevano solo poco più di salario (un mezzo soldo in più al giorno) di quelli seduti accanto a loro. Prevalentemente si adoperavano per quel faticoso posto robusti schiavi turchi. Naturalmente i prigionieri e gli schiavi non ricevevano nulla, tranne le frustate. C’era sempre la possibilità d’un ammutinamento dovuta al gran numero di rematori, e le armi da fuoco non venivano date all’equipaggio. Il cibo era il carburante delle galere. Il nutrimento di centinaia di uomini (spisordning) venne descritto in dettaglio. Una galera di 400-500 uomini aveva sostanzialmente maggiori problemi di vettovagliamento di una nave di linea che aveva un equipaggio minore. I rematori ricevevano solo una monotona dieta di base, come pane, fagioli e riso; mentre gli ufficiali avevano carne, pesce e formaggio. C’erano cibi come riso e acciughe che non erano comuni in Svezia. Riguardo al vino, Falkengren scrive che non era servito ai rematori in porto; e in mare non prima che venisse dato un apposito segnale. Oltre ai rematori, una galera aveva una moltitudine di vari ufficiali e cariche.(16) Una galera francese da 29 paia di remi aveva 139 ufficiali(17) (a Venezia gli ufficiali di grado più elevato erano scelti a sorte) così come il resto del personale, per esempio i piloti, i consilieris, i temuti argousin – aguzzini – cioè i sottufficiali responsabili degli schiavi, i sadici comites e souscomites (16) Per uno sguardo d’insieme della vita e dei ruoli gerarchici e delle cerimonie su una galera, si veda C. Gozzi, Memorie inutili, 2 vol. Torino, UTET, 1923, vol. I, p. 43 seg., edizione inglese Memoirs, vol. I, London, 1890, p. 213-221. (17) Va tenuto conto del fatto che all’epoca in alcune Marine erano considerati ufficiali tutti coloro che non erano marinai semplici, dividendoli in ufficiali e bassi ufficiali, gli odierni sottufficiali (N.d.T). 66 Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Giugno 2013 Le galere, con centinaia di uomini, avevano una limitata capacità di trasporto di cibo e bevande e necessitavano di punti d’appoggio. Nel 1747 iniziò la costruzione di Sveaborg, che divenne la più importante base navale del Golfo di Finlandia. Oggi Sveaborg (in finlandese Suomenlinna) è una delle più importanti attrazioni turistiche e fra i patrimoni mondiali dell’umanità dell’UNESCO. (Dipinto di E. Martin, in un’immagine della Ehrensvärd Society) (comiti e sottocomiti, che frustavano gli schiavi), chirurghi, carpentieri, macellai – c’erano pecore e maiali vivi a bordo – cuochi, mastri remieri, servitori di cabina, pasticceri, bottai, mozzi, ecc.) oltre ai rematori. Secondo le eccezionali memorie di un forzato ugonotto, Jean Marteilhe, una galera particolarmente famigerata era La Palme (di base a Ostenda e a Dunkerque)(18) col suo malvagio aguzzino. Era pulita ogni giorno, mentre la (18) I Francesi avevano galere pure a Ostenda e a Dunkerque, da dove attaccavano 67 M. Huhtamies - Ufficiali svedesi delle galere nel Mediterraneo del XVIII secolo maggior parte delle galere lo erano una volta a settimana. Le punizioni venivano inflitte con la maggior crudeltà, e l’applicazione delle regole da parte dell’aguzzino era frequentemente basata su false denunce. Le galere erano prigioni galleggianti.(19) La maggior parte degli uomini viveva sul ponte, ma gli ufficiali avevano le loro cabine sotto di esso. Non c’era un luogo particolare per gli ammalati nei porti. A Marsiglia, negli anni ’20, i malati erano piazzati in una galera radiata che si chiamava Invincible. I condannati e gli schiavi francesi, toscani e maltesi erano impiegati in bagnes (bagni), stabilimenti di tipo carcerario per condannati e Turchi, che Falkengren disegnò ma in cui non gli fu consentito entrare. Gli uomini facevano diversi lavori d’artigianato e portavano avanti un commercio su piccola scala. Oltre che nei bagni, gli invalidi erano tenuti in scafi prigioni.(20) I limiti dello spionaggio Oltre a prender note sugli arsenali, Falkengren fece alcuni disegni, mentre Falck cercava di comprarne di originali, che in seguito spedì all’ammiragliato. Non c’è indicazione che abbia spedito modelli in legno di galere in Svezia, il che è comprensibile per ragioni pratiche, poiché erano grossi e costosi.(21) Gli uomini poterono anche misurare, piuttosto liberamente, i vascelli negli arsenali. Per di più era possibile, quantomeno per un esperto costruttore navale come Falck, misurarli approssimativamente coll’aiuto dei piedi, dei gomiti e degli occhi. Anche se Falkengren poté fornire le misure esatte degli scafi e delle cime, le ampie vele furono impossibili da misurare: “Io ho visto le dimensioni delle vele, ma non posso per ragioni pratiche presentare misurazioni esatte”, scrisse. Benché gli Svedesi sembrino aver avuto un accesso abbastanza libero alle basi militari, c’erano, comunque, alcuni limiti. In alcuni casi le misurazioni non vennero fornite. All’Arsenale di Venezia le misurazioni fatte da sé non furono permesse, nonostante Falkengren dica che lui quantomeno ebbe le navi inglesi e olandesi sfruttando i bassofondi sabbiosi; J. Marteilhe, op. cit., p. 77 (“La Palme”) e p. 87 (“banchi di sabbia”). (19) J. Marteilhe, Galley Slave, a cura e con note di V. McInerney, Barnsley, Seafarers Voices, 2010; T. Sanders, A most lamentable Voyage made into Turkey. (20) Bamford, p. 235. (21) Cfr. L.D. Ferreira, op. cit. 68 Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Giugno 2013 Galere francesi a Marsiglia coi loro nomi e dimensioni espresse in piedi. (Rapporto Falkengren. Amiralitetskollegium, kansliet serie G I; immagine per cortesia del Krigsarkivet, Stoccolma) il permesso di farne: “Io non potei ottenere una licenza di fare ciò, nonostante i procuratori Emo e Priuli volessero darmela, ci sarebbe voluta la volontà del Gran Consiglio ”. Nell’arsenale della Toscana, ad ogni modo, Falkengren ebbe il permesso “dalla città di Firenze” di prendere misure. In generale, gli Svedesi poterono raccogliere la maggior parte delle informazioni dagli arsenali di Marsiglia, Venezia e Toscana. L’apertura della Francia non è sorprendente, visto che i due Paesi erano alleati, ma fu in qualche modo più ridotta, anche se non vietata, nella Civitavecchia pontificia e nella più ostile Costantinopoli, dove il porto e i vascelli poterono solo essere osservati a distanza – forse dalla zona di Galata.(22) Questa deduzione si basa sulla lunghezza dei rapporti: sono più dettagliati e comprensivi da Marsiglia, meno da Civitavecchia e Costantinopoli. Una visita alle installazioni navali sulla costa barbaresca(23) era allettante ma fuori (22) Dal XVI secolo gli stranieri risiedevano nella zona di Galata, oltre il Corno d’Oro, da dove potevano facilmente osservare gli arsenali della città, R. Crowley, op. cit., p. 101. (23) Così era definita la costa nordafricana sotto la giurisdizione delle tre reggenze di Tripoli, Tunisi e Algeri, note per essere dedite alla pirateria (N.d.T.). 69 M. Huhtamies - Ufficiali svedesi delle galere nel Mediterraneo del XVIII secolo Bandiere veneziane dalla parte del rapporto d’Abraham Falkengren sull’Arsenale. Nella colonna di sinistra Falkengren scrive a proposito del reclutamento dell’equipaggio delle galere. (Rapporto Falkengren, in Amiralitetskollegium, kansliet serie G I; immagine per cortesia del Krigsarkivet, Stoccolma) questione. L’unico modo di visitare quei capisaldi pirateschi era di andarci come prigionieri di guerra e, in verità, c’erano schiavi svedesi che lavoravano nei bacini d’Algeri. L’altra possibilità di vedere quei luoghi ostili era di prender parte a una spedizione navale. In pratica sia Falkengren sia Ruuth pensarono di unirsi a un’incursione navale francese in Nord Africa, ma non se ne fece nulla per via delle formalità per ottenerne il permesso. Ci sono indicazioni che anche il denaro fu adoperato. Secondo Ruuth, “era difficile per uno straniero ottenere informazioni a causa delle leggi restrittive della Repubblica Veneziana”, d’altra parte Falkengren indica che dovette usare il denaro per ricevere informazioni: “In molti posti non era facile per uno straniero far domande, perché la gente è sospettosa”. Aggiunse che 4000 talleri svedesi d’argento (equivalenti a 13 anni di paga d’un capitano) non 70 Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Giugno 2013 erano abbastanza per le spese relative allo spionaggio. Certo, vivere, viaggiare e comperare piani e documenti nel Mediterraneo era costoso, e di tempo in tempo vennero chiesti invii di denaro alla Corona svedese.(24) Gli ufficiali svedesi stabilirono rapporti con la più alta e scelta società locale – fra cui ufficiali d’alto grado, consoli, ambasciatori, cavalieri e gran maestri – e presero parte a cene, partite a carte, ricevimenti e mascherate.(25) Anche la lingua era una barriera fino a un certo punto. Quando Ruuth visitò l’arsenale toscano, un costruttore navale locale gli diede alcune informazioni. È ovvio che questo venne fatto in italiano grazie a un interprete. Gli Svedesi conoscevano il francese, la lingua franca, ed è possibile che parlassero un po’ d’inglese, ma non l’italiano. Questo è dimostrato dal fatto che solo pochi vocaboli italiani, ognuno terminus technicus, furono usati nei rapporti, per esempio bagnio, galliotti, fortzati, galleazza. È probabile, comunque, che gli uomini abbiano imparato un po’ d’italiano durante la loro missione. La commissione diede pure un contributo alla diffusione della cultura mediterranea in Svezia, anche se questo non si verificò veramente fino al regno di Gustavo III (1746-1792) alla fine del secolo. Incrociare in mare I due Svedesi erano molto interessati a imparare a far navigare una galera. “Far andare una galera a vela o a remi è assai differente dal far navigare una nave e non può essere imparato solo guardando”, asseriva Ruuth. La miglior occasione per fare questa esperienza fu nel viaggio a Malta, che aveva galere in continuo pattugliamento in mare aperto. Nel luglio del 1723 Ruuth e Falkengren si imbarcarono a Venezia su una fregata inglese, che stava andando a Malta via Ancona. Il viaggio iniziò dopo otto giorni in attesa dei venti favorevoli e, secondo Ruuth, fu “fatto con venti variabili e tempo instabile”. Falkengren dice che Venezia aveva 12 galere in mare contemporaneamente. In Ancona gli Svedesi videro due galere veneziane comandate dal “Capitan de Golfo” M. Grimani.(26) Falkengren (24) BSRP 6.5.1741., s. 318. Borgarståndets riksdagsprotokoll från frihetstidens början på Riksgäldskontorets uppdrag utgivna av Nils Staf 7:1 Protokoll 1740-1741. Stockholm, 1975. (25) Amiral Carl Tersmeden ..., cit., II, p. 182. (26) In realtà Capitano in Golfo, che comandava la cosiddetta Guardia in golfo, cioè la squadra delle galere stanziata a Corfù a protezione dell’Adriatico (N.d.T.). 71 M. Huhtamies - Ufficiali svedesi delle galere nel Mediterraneo del XVIII secolo Ordine di battaglia delle galere e delle galeazze nella battaglia navale di Corfù del 1716. (Rapporto Falkengren, in Amiralitetskollegium, kansliet serie G I; immagine per cortesia del Krigsarkivet, Stoccolma) notò che sulla fiancata sinistra erano armate con pezzi di fiancata. Questa precauzione era stata presa in caso d’attacco di pirati, perché i pirati di solito attaccavano dal lato mancino. La fregata arrivò alla Valletta alla fine di luglio. In porto gli Svedesi videro una squadra delle galere di Malta che entrava per rifornirsi. Volevano salire su una di esse, ma risultò difficile perché un generale maltese di nome Nezelroos(27) sottolineò che gli Svedesi erano protestanti. Dopo negoziati e coll’aiuto del locale console inglese, il Gran Maestro don Antonio Emanoel di Vilhena permise loro di salire su una galera. I viaggiatori, inoltre, ebbero la promessa che si sarebbe loro insegnato a far navigare e manovrare una galera. Ovviamente un po’ di denaro deve aver cambiato di mano per ottenere questo. La galera cogli Svedesi a bordo partì da La Valletta, diresse su Capo Pas- (27) Si dovrebbe trattare del tedesco Filippo Guglielmo conte von Nesselrode e Reichenstein, Gran priore dell’Ordine di Malta e duca von Heitersheim (N.d.T.). 72 Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Giugno 2013 sero e, passando Siracusa, si ancorò ad Augusta. Gli Svedesi vennero portati a vedere le rovine del famoso terremoto e maremoto del 1693, che aveva distrutto praticamente tutta la parte orientale della Sicilia. Il giorno dopo in mare la galera incontrò due galere dirette a Civitavecchia con 50 schiavi turchi “come regalo al Papa”. Per poter raggiungere l’Italia, gli Svedesi trasbordarono su una di queste galere, la Santa Maria, comandata dal capitano Grismani e continuarono verso l’Italia. Fecero una certa esperienza delle cattive condizioni del mare. Una delle due galere, il San Johannes Magistrale, comandata dal capitano Cavaleante, ruppe una grossa boma di legno lunga circa 100 piedi al trinchetto. Durante questo passaggio, gli ospiti poterono anche indagare i limiti delle prestazioni delle galere, quando erano obbligate a lasciare la navigazione a vela a causa del vento troppo forte. Quando il vento si calmò, il viaggio continuò attraverso lo Stretto di Messina, e finalmente le galere si ancorarono per la notte vicino a Monte Datello, sulla costa della Calabria. Dalla Calabria le navi continuarono remando controvento e contro la corrente – gli Stretti sono gli unici posti del Mediterraneo dotati di forti correnti – verso la costa calabrese e il Mar Tirreno. Le navi proseguirono per Messina, un importante presidio a custodia dello Stretto. Gli Svedesi ne visitarono il porto. La città era, secondo Ruuth, in condizioni assai cattive a causa dell’ultimo assedio, ma la fortezza di San Salvatore era intatta. A Messina videro due navi imperiali provenienti da Trieste. Da Messina passarono Stromboli e giunsero a Milazzo. “Lo stesso giorno avemmo un rilevamento di Capo Campanella NNO sei miglia di fronte a noi”, scrisse Ruuth, il che implica che i viaggiatori facessero anche alcune esercitazioni nautiche. Dopo aver passato il Vesuvio, le galere si ancorarono a Pozzuoli. Gli uomini non avevano alcuna idea che ci fossero due città antiche sotto le ceneri del Vesuvio. A Pozzuoli Ruuth lasciò le galere e visitò Napoli, una metropoli di 200 000 abitanti. Riguardo alla città non riportò nulla, scrivendo solo laconicamente che vide due vascelli da guerra imperiali da 60 cannoni e quattro galere nel porto. L’arsenale conteneva due galere, che erano praticamente finite. “Non c’erano sostanziali differenze fra loro e le galere maltesi”, riportò. Verso Costantinopoli A Napoli Ruuth e Falkengren acquisirono un nuovo passaporto dal locale viceré e si diressero per terra a Civitavecchia. Là videro “cinque galere, che 73 M. Huhtamies - Ufficiali svedesi delle galere nel Mediterraneo del XVIII secolo erano arrivate alcuni giorni prima con una barca turca catturata”. Per ufficiali protestanti sembra essere stato assai facile avere informazioni sulle galere del Vaticano. “Il Governatore Baitto Feretti (28) era assai desideroso di mostrarci l’arsenale e i magazzini”, scrisse Ruuth. Ad ogni modo ci sono solo poche righe riguardo a Civitavecchia. Da Civitavecchia gli Svedesi si spostarono in Toscana. Nell’arsenale locale videro tre nuove galere in bacino “che stavano per essere vendute alla Savoia, perché potevano più facilmente comprarle che costruirle”, dice Ruuth. Da Civitavecchia Ruuth e Falkengren si erano imbarcati sulla fregata San Franciscus e avevano proceduto per NNO verso Livorno, dove avevano potuto “di nuovo avere un po’ d’esercizio sulle attrezzature delle galere”. Ancor più importante fu il fatto che riuscirono a ottenere importanti informazioni finanziarie, cioè l’intero bilancio (in svedese staat), le paghe, ecc. della flotta delle galere toscane. Non è stato possibile copiare tutti quei dati senza fonte, che indicano fosse stata una documentazione scritta. Da Livorno i due si imbarcarono sulla fregata olandese Sorruier alla volta di Smirne. Durante il viaggio passarono per Corfù, il principale caposaldo rimasto alla Repubblica di Venezia nell’Adriatico. A Corfù gli Svedesi videro cinque galere comandate dal Provveditore General Cornaro e due nell’isola di Zante. L’enorme e potentemente armata galea generalizia veneziana, la bastarda, l’unica con 30 paia di remi, era anch’essa di base a Corfù. C’erano poi tre galleazzas (galeazze) più piccole (circa 148 piedi) a Corfù, due sulla costa della Dalmazia e due galere che incrociavano in permanenza nel Golfo.(29) Da Smirne i viaggiatori presero una fregata inglese, The Asia, comandata dal capitano Richard Temes, diretta a Costantinopoli. Non c’erano galere ottomane da vedere per mare, a causa della pace fra la Repubblica di Venezia e gli Ottomani. Nel porto di Costantinopoli videro però 16 galere turche nello Stretto del Bosforo: “Le dimensioni e la maniera in cui sono costruite sono le stesse delle galere italiane, l’unica differenza è che hanno alberi più corti, che possono (28) In realtà dovrebbe essere stato il cavaliere di Malta Francesco Maria Ferretti. Da dove salti fuori e che voglia dire “Baitto” non si sa, a meno che non sia un’errata trascrizione della parola francese Baille (balivo), nel qual caso si tratterebbe dello zio del precedente, cioè di Camillo Ferretti, cavaliere di Malta e balivo del Regno di Napoli, che morì nel 1733 e all’epoca poteva non essersi ancora ritirato a Roma (N.d.T.). (29) Fino almeno alla fine della Repubblica, nel 1797, l’Adriatico era noto, anche internazionalmente, come Golfo di Venezia (N.d.T.). 74 Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Giugno 2013 Bandiere delle galere toscane nel rapporto d’Abraham Falkengren dal Mediterraneo negli anni ’20 del 1700. Nella colonna di sinistra Falkengren descrive i bagni dei forzati e gli stabilimenti in cui le ciurme delle galere vivevano e lavoravano. (Rapporto Falkengren, in Amiralitetskollegium, kansliet serie G I; immagine per cortesia del Krigsarkivet, Stoccolma) essere abbassati in caso di tempesta e poi alzati di nuovo. Le galere sono costruite in locali coperti, di cui in tutto ne hanno 60”, riportò Ruuth nel suo diario. Ruuth fece un’osservazione importante notando un gruppo di galere più piccole, conchebacher – brigantini a remi – con 12-16 remi, che erano adoperate come naviglio da approvvigionamento, ricognizione e per rimorchiare le galere più grandi. Da Costantinopoli Ruuth tornò a Venezia con un mercantile armato veneziano. A Venezia furono messi in quarantena per due settimane perché si credeva fossero stati infettati. In generale, le malattie erano l’unica vera minaccia per i viaggiatori nelle città portuali del Mediterraneo. Ad ogni modo non erano limitate al Mediterraneo, ma diffuse nelle città svedesi e finlandesi attraverso le navi mercantili. 75 M. Huhtamies - Ufficiali svedesi delle galere nel Mediterraneo del XVIII secolo Missione compiuta I rapporti di Falkengren, Ruuth e Falck costiuirono la base per l’aggiornamento delle conoscenze della guerra con le galere in Svezia. Quegli uomini divennero le figure chiave della flotta svedese dell’arcipelago: Falkengren e Ruuth furono nominati ammiragli (schoutbynachts), e Falck lavorò come principale costruttore navale. Nel 1726 fu costruita in Svezia una galera in stile veneziano – seguendo i piani comperati da Falck – seguita da una in stile genovese pochi anni più tardi. Inoltre l’ammiragliato diede ordine di modificare alcune delle già esistenti galere, anche quelle costruite da Falck, in accordo colle sperimentazioni mediterranee. Nel 1730 la Gref Sparre, una galera di 22 paia di remi, fu costruita secondo lo stile (maner) italiano. Nel 1734 in Svezia c’erano complessivamente 21 galere. Nello stesso anno fu varato un grosso programma per le galere, che includeva mezze-galere, la versione nordica delle galeazze. Una mezza galera aveva una lunghezza di 74 piedi, una larghezza di 13 e un pescaggio di 4 e 75, ed era da 16 a 18 paia di remi.(30) Tecnicamente le galere costruite in Svezia negli anni ’30 e ’40 del 1700 furono adattate alle condizioni del Golfo di Finlandia. Erano a fondo piatto e più piccole delle galere mediterranee costruite a forma di caravella. La dimensione più importante era il pescaggio, che fu notevolmente ridotto. Il numero di rematori fu anch’esso diminuito. Le galere operanti sui bassi fondali dell’arcipelago finlandese non potevano portare tanti cannoni quanto le loro colleghe meridionali, e la potenza di fuoco fu garantita con un’innovazione nordica, la chiatta cannoniera (skottpråm, flottpråm). Era una goffa imbarcazione pienamente attrezzata, a remi e dal fondo piatto, che era normalmente rimorchiata da una o due galere, e aveva approssimativamente le dimensioni di una galera.(31) (30) O. Nikula, op. cit., p. 108 sg. (31) KrA, Svenska örlogsfartyg, Flottpråm Pålsundet, costruita nel 1727, 160 piedi svedesi, larghezza 20 piedi, cannoni: 8 da 18 libbre, 12 da 12 libbre, uomini: 110. Skottpråm Hercules costruita nel 1739, 132 piedi, larghezza 37, pescaggio 9, cannoni: 20 da 24 libbre, 2 da 3 libbre, 2 cannoncini, nichakor, uomini: 250. Un’immagine di una skottpråm di Gilbert Sheldon (1753), è in KrA, ritningar omslag 75 IV b 4. I Russi temevano queste navi dal consistente volume di fuoco e le chiamavano “diavoli del mare” (Sjöspöket). T. Tiburtius, Historia om Finska kriget åren 1741 och 1742, Stockholm, 1817, p. 77 e 125. A proposito delle difficoltà di alare queste navi si veda KrA, Sjöexpeditioner. Loggböcker, Chefsoch styrmansjournaler 1741:2. Ormen. 76 Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare - Giugno 2013 Oltre al fatto che poteva essere facilmente adattata alle condizioni della Svezia, c’erano diverse ragioni tecniche che l’avevano determinata. Aveva un pescaggio ridotto, non necessitava d’un equipaggio addestrato per manovrarla ed era assai facile ed economica da costruire. Al costo d’una singola nave di linea era possibile equipaggiare una flottiglia di galere. La galera era leggera e poteva essere, almeno in linea di principio, alata a terra adoperando scali d’alaggio (drager). Questo era un elemento cruciale, specialmente nel caso delle mezze galere sui laghi interni e sui fiumi. Nel secolo XVIII il Baltico fu l’unico mare in cui le galere ebbero un ruolo dominante nella guerra navale e combatterono la loro ultima battaglia nel Golfo di Finlandia durante le guerre napoleoniche. Grazie alle peculiari condizioni naturali del Golfo di Finlandia, gli Stati marittimi mediterranei furono per gli Svedesi ancora una volta la principale zona d’interesse nel campo delle innovazioni navali, in un mondo in cui l’attenzione sulla progettazione della nave tonda atlantica si era spostata nei cantieri di Francia e d’Inghilterra. 77