Questa presentazione è quello che sono oggi, di
quello che vivo e ho vissuto, e dell’amore che
porto alla persona amata.
Valentino Patussi
Massa 2013
L’ETICA DELLA COMUNITA’
Dal Club Alcologici Territoriali alla comunità sociale
Superare l’etica dell’obbedienza verso l’etica della
corresponsabilità
L’ETICA DELLA COMUNITA’
Nessuna società può sopravvivere senza un
codice morale fondato su valori compresi,
accettati e rispettati dalla maggioranza dei
suoi membri. Niente di simile esiste più oggi.
Jacques Monod “Pour une etique de la connaisance”, 1989
L’ETICA DELLA COMUNITA’
La posizione di Vladimir Hudolin
“Tutta la società si trova in una crisi profonda
che non può essere risolta con una
proclamazione ecologica formale. Bisogna
coltivare l’amicizia, l’amore, la solidarietà, la
convivenza armoniosa, la compartecipazione
(condivisione)”
V. Hudolin, 1994
L’ETICA DELLA COMUNITA’
“Un esempio tragico: la guerra”
• Il tabù della guerra, cioè il divieto assoluto di
ricorrere alla guerra, all’uccisione di massa dei propri
simili, non è iscritto nel nostro genetico come accade
per gli altri animali sociali (Conrad Lorenz).
• La gran parte dei nostri codici di condotta morale
sono scritti nel nostro patrimonio culturale (Jacques
Monod).
• Se vogliamo la pace dobbiamo cambiare la nostra
cultura e scrivere con caratteri più indelebili il rifiuto
della guerra nel nostro codice morale.
L’ETICA DELLA COMUNITA’
ancora sulla guerra
• Negli ultimi anni la “civiltà” occidentale ha inventato
l’assurdo morale della “guerra umanitaria”, che permette di
invadere paesi sovrani in aperta violazione del diritto
internazionale dietro la cortina fumogena della
“solidarietà” internazionale.
• Come è possibile che la nostra cultura, il codice etico delle
nostre comunità possa permettere un tale assurdo ?
L’ETICA DELLA COMUNITA’
l’etica dell’obbedienza
• Nel dopoguerra lo psicologo sociale Stanley Milgram
volle dimostrare che persone come Eichmann,
impiccato a Norimberga per aver mandato a morte nei
lager nazisti milioni di ebrei, zingari, omosessuali,
comunisti e malati di mente, erano frutto di culture
non fondate sull’ individualismo e l’indipendenza di
giudizio.
• Eichmann si descriveva come un “buon padre di
famiglia”, che non aveva nulla contro gli ebrei, che
aveva “solo eseguito gli ordini”. Ciò è molto
inquietante per l’opinione pubblica occidentale.
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Guerra civile
Guerra lampo
Guerra fredda
Guerra santa (crociate)
Guerra mondiale
Guerra giusta
Guerra preventiva
Missione di pace
……………..
Ordine del giorno dei cappellani militari
Pubblicato su La Nazione del 12 Febbraio 1965
Nell’anniversario della conciliazione tra la Chiesa e lo Stato italiano, si sono
riuniti ieri, presso l’Istituto della Sacra Famiglia in via Lorenzo il Magnifico, i
cappellani militari in congedo della Toscana. Al termine dei lavori, su proposta
del presidente della sezione don Alberto Cambi, e stato votato il seguente
ordine del giorno:
"I cappellani militari in congedo della regione Toscana nello spirito del recente
congresso nazionale dell’associazione svoltosi a Napoli, tributano il loro
riverente e fraterno omaggio a tutti i caduti per l’Italia auspicando che abbia
termine, finalmente, in nome di Dio, ogni discriminazione e ogni divisione di
parte di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le divise che morendo si
sono sacrificati per il sacro ideale di Patria. Considerano un insulto alla
patria e ai suoi caduti la cosiddetta obiezione di coscienza che,
estranea al comandamento cristiano dell’amore, e espressione di
viltà".
L’assemblea ha avuto termine con una preghiera di suffragio per tutti i caduti.
Lettera di Don Milani ai Cappellani militari
È troppo facile dimostrare che Gesù era contrario alla violenza e che per se non accettò
nemmeno la legittima difesa.
Mi riferirò piuttosto alla Costituzione.
Articolo II. " L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri
popoli... ".
Articolo 52. " La difesa della Patria e sacro dovere del cittadino ".
Misuriamo con questo metro le guerre cui e stato chiamato il popolo italiano in un secolo di
storia Se vedremo che la storia del nostro esercito e tutta intessuta di offese alle Patrie
degli altri dovrete chiarirci se in quei casi i soldati dovevano obbedire o obiettare quel
che dettava la loro coscienza. E poi dovrete spiegarci chi difese più la Patria e l’onore
della Patria: quelli che obiettarono o quelli che obbedendo resero odiosa la nostra Patria
a tutto il mondo civile? Basta coi discorsi altisonanti e generici. Scendete nel pratico. Diteci
esattamente cosa avete insegnato ai soldati. L’obbedienza a ogni costo? E se l’ordine era il
bombardamento dei civili, un’azione di rappresaglia su un villaggio inerme, l’esecuzione
sommaria dei partigiani, l’uso delle armi atomiche, batteriologiche, chimiche, la
tortura, l’esecuzione d’ostaggi, i processi sommari per semplici sospetti, le decimazioni
(scegliere a sorte qualche soldato della Patria e fucilarlo per incutere terrore negli altri
soldati della Patria), una guerra di evidenti aggressioni, l’ordine d’un ufficiale ribelle al
popolo sovrano, le repressioni di manifestazioni popolari?
Eppure queste cose e molte altre sono il pane quotidiano di ogni guerra
• ……se non volete onorare la sofferenza degli obiettori, almeno
tacete! Auspichiamo dunque tutto il contrario di quel che voi
auspicate: auspichiamo che abbia termine finalmente ogni
discriminazione e ogni divisione di Patria di fronte ai soldati di
tutti i fronti e di tutte le divise che morendo si son sacrificati
per i sacri ideali di Giustizia, Libertà, Verità. Rispettiamo la
sofferenza e la morte, ma davanti ai giovani che ci guardano
non facciamo pericolose confusioni fra il bene e il male, fra la
verità e l’errore, fra la morte di un aggressore e quella della sua
vittima. Se volete diciamo: preghiamo per quegli infelici
che, avvelenati senza loro colpa da una propaganda d’odio,
si son sacrificati per il solo malinteso ideale di Patria
calpestando senza avvedersene ogni altro nobile ideale
umano.
• Lorenzo Milani sac.
Ill.mo Signor
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DI FIRENZE
…….Come Ella può constatare, signor Procuratore, era un documento sobrio,
estremamente efficace, tutto pervaso di genuino sentimento cattolico e di fervido
amore per l’Italia, per quella Italia che tali nostri sacerdoti e commilitoni hanno
servito umilmente in pace ed in guerra, stando sempre e coraggiosamente vicino a
noi nell’ombra del pericolo, e confortando l’estremo, tragico trapasso di tanti e tanti
Caduti, od addirittura sacrificandosi nell’adempimento del loro arduo e nobile
compito di fede e di amore.
…….sporgono formale denuncia contro l’autore dell’articolo, don Lorenzo
Milani, e contro il direttore della rivista "Rinascita", perché la S. V. possa procedere
nei loro confronti a norma di legge. Altra denuncia sporgono contro i firmatari della
lettera pubblicata sullo stesso numero di "Rinascita" e recante il titolo "Non è viltà
l’obiezione di coscienza".
Siamo certi, illustre signor Procuratore, che Ella vorrà ripristinare, attraverso
la Sua azione di Magistrato, il diritto offeso. Tale nostra denuncia non e
provocata da un sentimento di rancore, ma solo dal perenne rispetto che sentiamo
di dovere ai nostri inobliabili Caduti, per la memoria dei quali noi sopravvissuti
ricordiamo l’aureo ed ammonitore verso di un genio della poesia italica, le cui ceneri
riposano qui in Firenze nel Tempio di S. Croce: "Ove fia santo e lacrimato il sangue
per la Patria versato". Con viva deferenza.
Don Milani ai Giudici
Barbiana, 18 ottobre 1965
• ….Siamo dunque tragicamente nel reale. Allora la guerra difensiva non esiste più.
Allora non esiste più una "guerra giusta" ne per la Chiesa ne per la
Costituzione.
A più riprese gli scienziati ci hanno avvertiti che è in gioco la sopravvivenza della
specie umana. (Per esempio Linus Pauling premio Nobel per la chimica e per la pace).
E noi stiamo qui a questionare se al soldato sia lecito o no distruggere la specie
umana?
Spero di tutto cuore che mi assolverete, non mi diverte l’idea di andare a fare l’eroe in
prigione, ma non posso fare a meno di dichiararvi esplicitamente che seguiterò a
insegnare ai miei ragazzi quel che ho insegnato fino a ora. Cioè che se un ufficiale
darà loro ordini da paranoico hanno solo il dovere di legarlo ben stretto e
portarlo in una casa di cura. Spero che in tutto il mondo i miei colleghi preti e
maestri d’ogni religione e d’ogni scuola insegneranno come me. Poi forse
qualche generale troverà ugualmente il meschino che obbedisce e così non
riusciremo a salvare l’umanità.
Non è un motivo per non fare fino in fondo il nostro dovere di maestri. Se non
potremo salvare l’umanità ci salveremo almeno l’anima.
L’ETICA DELLA COMUNITA’
l’etica dell’obbedienza
• Gli esperimenti di Milgram dimostrarono come
soggetti normali obbedirono agli ordini di infliggere
scosse elettriche a una vittima non consenziente a cui
chiaramente provocavano sofferenza. I soggetti
obbedirono a questi ordini anche se non erano
obbligati a farlo.
• La loro obbedienza distruttiva non era dovuta a
difetti personali, a spietato disinteresse per la vittima
o al sospetto che l’esperimento fosse truccato. Le
norme sociali li facevano obbedire.
L’ETICA DELLA COMUNITA’
l’etica dell’obbedienza
• Ancora oggi è prevalente la norma sociale
dell’obbedienza all’autorità, cioè la
convinzione diffusa secondo cui gli individui
devono obbedire a chi è dotato di autorità
legittima.
• Su questo si fonda il concetto della normalità
come conformismo (vedi il “bere moderato”:
“bevo perché così fanno tutti” “…..il branco”).
OBBEDIENZA
Eichmann
“Ho fatto il mio
dovere.
Non sono
responsabile” :
Etica della responsabilità =
Etica globale della società tecnologica
Il "senso di responsabilità" dell'uomo nei confronti del destino
della natura si configura come "nuova etica“. Nuovo è infatti il
rapporto che l'uomo tecnologico ha con la natura, diventata
oggetto non soltanto di trasformazione, ma di possibile totale
distruzione.
Il concetto di responsabilità è concepito come impegno morale
e civile nei confronti degli esseri, ma anche delle cose,
compreso il nostro pianeta.
Gli esseri viventi sono fini a se stessi, ma solo l’uomo può
essere responsabile anche per loro. Soltanto chi detiene una
responsabilità (ha cura di qualcosa) può anche agire in modo
irresponsabile.
L’ambivalenza della tecnica
La tecnica è neutrale ma il suo utilizzo non lo è.
L’energia atomica potentissima risorsa energetica è altrettanto
un potente strumento di sterminio come le bombe di Hiroshima e
Nagasaki.
La riflessione sull’uso della tecnica si accompagna a quella della
nostra responsabilità per le generazioni future, che rischiano di
vivere in ambienti sempre più a “rischio”.
Questo è un problema che riguarda l’etica e la politica.
Perché l’etica della responsabilità?
Scienza e Guerra
Altre volte nella storia gli uomini di scienza - da Archimede a Leonardo, fino a
Fritz Haber - avevano prestato il proprio sapere alla causa bellica, ma il
progetto Manhattan (1942) rappresentò un salto di qualità: non solo per le
dimensioni colossali dell'impresa (oltre 5000 persone vi presero parte), ma per il
travisamento collettivo del senso etico, per l'entusiasmo irresponsabile con il
quale si riempirono lavagne e lavagne di calcoli come se la progettazione di un
ordigno nucleare rientrasse nella normale routine di lavoro scientifico. Le foto
che ritraggono questi scienziati giovani e famosi - Fermi, Oppenheimer, Segrè,
Hans Bethe, Victor F. Weisskopf, Carl David Anderson - tranquilli e sorridenti
davanti al laboratorio di Los Alamos o in gita domenicale sulle montagne del
New Mexico, con gli occhiali da sole e l'aria del turista che si gode un meritato
riposo, sono la testimonianza tragica della ragione scientifica svuotata di ogni
principio etico. Così come tragiche, e sconvolgenti, sono le parole con le quali
Fermi, in una lettera ad Amaldi del 28 agosto 1945 [A, pp. 158-160] - poche
settimane dopo le stragi di Hiroshima e Nagasaki - commenta il suo lavoro a
Los Alamos: "…è stato un lavoro di notevole interesse scientifico e l'aver
contribuito a troncare una guerra che minacciava di tirar avanti per mesi o
per anni è stato indubbiamente motivo di una certa soddisfazione".
La raccomandazione di Fermi e
degli altri leader del progetto
convinse i membri dell'Interim
Committee che approvarono
all'unanimità i seguenti
provvedimenti:
1) la bomba dovrà essere usata
contro il Giappone al più presto;
2) dovrà essere usata su un
doppio bersaglio, cioè su
installazioni militari o impianti
bellici circondati o adiacenti ad
abitazioni;
3) dovrà essere usata senza
preavviso sulla natura dell'arma.
I ragazzi di via
Panisperna.
Da sinistra:
Oscar D'Agostino,
Emilio Segre,
Edoardo Amaldi,
Franco Rasetti ed
Enrico Fermi
6 agosto 1944, ore 8 e 15
circa. Il bombardiere B29
Superfortress Enola
Gay "sgancia" sul
Giappone, su Hiroshima
per la precisione "Little
Boy", nome gentile per
indicare la prima bomba
atomica ad essere
utilizzata in guerra. Il
colonnello Paul Tibbets
saluta dal cockpit
dell'Enola Gay prima di
decollare per
il bombardamento di
Hiroschima.
L'equipaggio dell'Enola Gay nella missione del 6
agosto 1945 era composto da dodici persone:
Colonnello Paul Tibbets, pilota
Capitano Robert A. Lewis, copilota
Maggiore Thomas Ferebee, bombardiere
Capitano Theodore Van Kirk, navigatore
Tenente Jacob Beser, contromisure radar (l'unico a volare
anche nel bombardamento di Nagasaki)
Capitano William Sterling "Deak" Parsons, responsabile
armamenti
Sottotenente Morris R. Jeppson, assistente del responsabile
armamenti
Sergente Joe S. Stiborik, radar
Staff Sergeant Robert Caron, mitragliere di coda
Sergente Robert Shumard, assistente ingegnere di volo
Private First Class Richard Nelson, operatore radio
Technical Sergeant Wyatt Duzenberry, ingegnere di volo
Alla fine, a Hiroshima le vittime accertate
della bomba atomica furono 221.823, con
quelle che hanno perso la vita per i danni
provocati dalle radiazioni nucleari. "Non
sono orgoglioso di aver ucciso quelle
persone - ha detto Tibbets anni fa, in
un'intervista - ma sono orgoglioso di
essere partito dal niente, aver pianificato
l'intera operazione ed essere riuscito ad
eseguire il lavoro perfettamente. La notte
dormo bene".
Alle 8 e un quarto del 16
Agosto 1945 l'ordigno
detona a circa 600 metri dal
suolo, altezza che permette
di generare il massimo
potenziale distruttivo. Tre
giorni dopo è il turno di
Nagasaki. Le conseguenze
dell'esplosione credo che
siano chiare a tutti, più di
200000 morti e 176000
senzatetto, alcuni sono
sopravvissuti.
Eatherly volò sulla città per 15 minuti, durante i quali il vento spazzò via le
nuvole. Le condizioni gli parvero allora ideali e trasmise quindi il seguente
messaggio in codice all'"Enola Gay": "Stato del cielo su Kokura coperto. Su
Nagasaki coperto. Su Hiroshima sereno, con visibilità dieci miglia sulla quota
di tredicimila piedi". La scelta era fatta, dopodiché si allontanò in fretta come gli
fu ordinato. Lui stesso ignorava la potenza dell'ordigno: era infatti convinto che
quella fosse una missione come tante altre. Dalla sua posizione rimase
terrorizzato dall'esplosione e vide sparire Hiroshima dentro una nube gialla.
Solo al suo ritorno alla base di Tinian seppe della devastazione e della
grande perdita di vite umane causate dallo scoppio.
Questo è il racconto del pilota Claude Eatherly: "Ho volato su Hiroshima per
15 minuti per studiare i gruppi di nuvole; Il vento le spingeva
allontanandole dalla città. Mi pareva il tempo e il luogo ideale, così
trasmisi il messaggio in codice e mi allontanai in fretta come mi era stato
detto, ma non abbastanza. La potenza della bomba mi terrorizzò.
Hiroshima era sparita dentro una nube gialla".
Claude Eatherly chiese di essere
congedato.
Si meravigliarono un po' tutti:
come poteva bruciarsi un futuro
pieno di promesse? Gli offersero
237 dollari di pensione al mese. Li
rifiutò. Siccome rifiutare non è
consentito dal regolamento,
dispose che andassero a
beneficio dell'associazione per le
vedove dei caduti in guerra. Tornò
nel Texas.
Era nervoso, magro: non rideva
più. La notte aveva gli incubi e si
svegliava gridando "Gettatevi,
gettatevi: arriva la nuvola gialla!".
Quattro anni così. Per la moglie
un vita d'inferno.
Poi, nel 1950, i familiari lo
convinsero a farsi ricoverare
nell'ospedale psichiatrico di Waco.
Nella primavera del 1959, il filosofo
tedesco GuntherAnders venne a
conoscenza del caso Eatherly e pose
inizio a un rapporto epistolare con
l'aviatore, ricoverato a Waco, per
aiutarlo ad uscire da quella condizione.
I contatti divennero più intensi con il
tempo e i due si incontrarono qualche
anno dopo. Anders suggerì all'ex pilota
di scrivere una lettera di scuse in cui
descriveva il suo dolore, il suo rimorso
e la sua vita dopo quella ricognizione. I
superstiti di quell'inferno gli risposero
che in fondo lui era solo un'ennesima
vittima di Hiroshima. L'ex pilota si
sentì più sollevato dopo essersi
riappacificato con Hiroshima e visse
meglio fino alla sua morte.
Lettera 2 a Gunther Anders
12 giugno 1959
Dear Sir,
molte grazie della Sua lettera, che ho ricevuto venerdì della scorsa settimana.
Dopo aver letto più volte la Sua lettera, ho deciso di scriverLe, e di entrare eventualmente in corrispondenza con Lei, per discutere di quelle cose che entrambi,
credo, comprendiamo. Io ricevo molte lettere, ma alla maggior. parte non posso nemmeno rispondere. Mentre di fronte alla Sua lettera mi sono sentito costretto a
rispondere e a farLe conoscere il mio atteggiamento verso le cose del mondo attuale.
Durante tutto il corso della mia vita sono sempre stato vivamente interessato al problema del
modo di agire e di comportarsi. Pur non essendo, spero, un fanatico in nessun senso, né dal
punto di vista religioso né da quello politico, sono tuttavia convinto, da qualche tempo, che la
crisi in cui siamo tutti implicati esige un riesame approfondito di tutto il nostro schema di valori
e di obbligazioni. In passato, ci sono state epoche in cui era possibile cavarsela senza porsi
troppi problemi sulle proprie abitudini di pensiero e di condotta. Ma oggi è relativamente chiaro
che la nostra epoca non è di quelle. Credo, anzi, che ci avviciniamo rapidamente a una
situazione in cui saremo costretti a riesaminare la nostra disposizione a lasciare la
responsabilità dei nostri pensieri e delle nostre azioni a istituzioni sociali (come partiti politici,
sindacati, chiesa o stato). Nessuna di queste istituzioni è oggi in grado di impartire consigli
morali infallibili, e perciò bisogna mettere in discussione la loro pretesa di impartirli.
L'esperienza che ho fatto personalmente deve essere studiata da questo punto di vista, se il
suo vero significato deve diventare comprensibile a tutti e dovunque, e non solo a me.
Se Lei ha impressione che questo concetto sia importante e più o meno conforme al Suo stesso pensiero, Le proporrei di cercare insieme di chiarire questo nesso di
problemi, in un carteggio che potrebbe anche durare a lungo.
Ho l'impressione che Lei mi capisca come nessun altro, salvo forse il mio medico e amico.
Le mie azioni antisociali sono state catastrofiche per la mia vita privata, ma credo che,
sforzandomi, riuscirò a mettere in luce i miei veri motivi, le mie convinzioni e la mia filosofia.
Gunther, mi fa piacere di scriverLe. Forse potremo stabilire, col nostro carteggio, un'amicizia fondata sulla fiducia e sulla
comprensione. Non abbia scrupoli a scrivere sui problemi di situazione e di condotta in cui ci troviamo di fronte. E allora Le
esporrò le mie opinioni.
RingraziandoLa ancora della Sua lettera, resto il Suo
Claude Eatherly.
Il 13 gennaio 1961 Gunther Anders scrisse una Lettera Aperta al presidente Kennedy
nella quale, a proposito del "caso Eatherly" dichiarava quanto segue:
"Quando affermiamo d’essere solo degli ingranaggi inconsapevoli del sistema e
consideriamo totalmente giustificata la frase: abbiamo solo fatto ciò che fecero anche gli
altri, cancelliamo la libertà della decisione morale, trasformiamo la
parola libero dell’espressioneil mondo libero nel termine più vuoto e ipocrita.
Temo che non abbiamo saputo evitare questo rischio. La grandezza di Eatherly consiste
appunto nell’aver avuto il coraggio di smascherare il problema, sottraendolo dalla
perversione morale dominante. Eatherly proclama:
quello a cui ho solo partecipato è anche qualcosa che ho fatto; oggetto della mia
responsabilità non sono solo i miei atti individuali, ma anche quelli a cui ho preso
parte; la domanda della nostra coscienza non è soltanto: Cosa dobbiamo fare? Ma
anche: a cosa e fino a che punto dobbiamo partecipare? (...) Comportarsi in modo
irreprensibile nella vita privata non è gran cosa, dato che in questa sfera è l’abitudine
che si sostituisce normalmente alla coscienza. E’ invece nel confronto con il sottile
terrore della partecipazione che si rende necessaria una autentica autonomia morale e un
forte valore civico. (...) In genere il sistema esime tutti - compreso coloro che lo dirigono e
i suoi proprietari - da ogni responsabilità, in modo che alla fine nessuno assuma mai
responsabilità alcuna, e l’unica cosa che resta è la terra carbonizzata delle vittime e la
radiante buona coscienza degli stolti."" (Lettera Aperta, p. 187)
Quasi tutti i piloti ed i militari che hanno collaborato a
vecchi e nuovi massacri di guerra (tra gli atroci
bombardamenti ricordiamo quelli di Dresda e
Coventry durante la seconda guerra mondiale, ma ci
sarebbero anche quelli della Cambogia o del Vietnam in
tempi più recenti) preferiscono invece giustificare il proprio
operato come etico e patriottico, o si giustificano (né più e
né meno dei criminali nazisti) con la scusa di avere
obbedito a degli ordini.
Anche Franco Rasetti non solo Einstein, Fermi e von Neumann,
“Franco Rasetti fu l'unico che si rifiutò di collaborare al progetto della bomba a fissione
per ragioni morali" . Rifugiatosi in Canada, aveva impiantato un laboratorio per svolgere
ricerche prima in fisica nucleare e successivamente sui raggi cosmici. Contattato per entrare a
far parte di un gruppo di fisici britannici che sarebbero poi stati assorbiti nel progetto
Manhattan, declinò l'offerta: "ci sono poche decisioni mai prese nel corso della mia vita scrive Rasetti - per le quali ho avuto un minor rimpianto. Ero convinto che nulla di buono
avrebbe potuto scaturire da nuovi e più mostruosi mezzi di distruzione, e gli eventi
successivi hanno confermato in pieno i miei sospetti. Per quanto perverse fossero le
potenze dell'Asse, era evidente che l'altro fronte stava sprofondando a un livello morale
(o immorale) simile nella condotta della guerra, come testimonia il massacro di 200000
civili giapponesi a Hiroshima e Nagasaki". Del tutto "disgustato per le ultime applicazioni
della fisica", Rasetti decise di abbandonare la fisica e dedicarsi a ricerche di biologia e geologia
(e divenne un grande specialista, pubblicando memorie di paleontologia e una grande
monografia sulla flora alpina). La condotta di Rasetti fu quasi messa in ridicolo da molti suoi
colleghi: Amaldi in una lettera a Fermi del 5 luglio 1945 parla di "un particolare processo
di isolamento psichico del nostro amico" e sollecita Fermi ad intervenire per
costringerlo a dimettersi dalla cattedra di spettroscopia che ancora occupava a Roma
("non vediamo la ragione di avere un professore di spettroscopia che abita a circa 6000 miglia
cercando trilobiti"). Eppure Rasetti aveva le sue buone ragioni: come scrive in una lettera a
Enrico Persico "tra gli spettacoli più disgustosi di questi tempi ce ne sono pochi che
uguagliano quello dei fisici che lavorano nei laboratori sotto stretta sorveglianza dei
militari per preparare mezzi più violenti di distruzione per la prossima guerra".
…affermazioni contenute in una lettera che il commissario
dell'Ilva, Enrico Bondi, ha inviato al presidente della Regione
Puglia, Nichi Vendola, nonché all'Arpa Puglia, all'Ares Puglia e
all'Asl di Taranto, con la quale contesta sia il collegamento fra
inquinamento del siderurgico e casi di tumore a Taranto collegamento evidenziato nelle relazioni consegnate dai periti alla
magistratura -, sia l'introduzione della Valutazione del danno
sanitario nell'Autorizzazione integrata ambientale dell'Ilva.
Nella nota si legge: «È erroneo e fuorviante attribuire gli
eccessi di patologie croniche oggi a Taranto a esposizioni
occupazionali e ambientali occorse negli ultimi due
decenni». L'aumento dei tumori ai polmoni sarebbe dovuto
al consumo di sigarette e di alcol: «È noto che a Taranto scrivono i tecnici - città portuale, la disponibilità di
sigarette era in passato più alta rispetto ad altre aree
del Sud Italia dove per ragioni economiche il fumo di
sigaretta era ridotto fino agli anni '70».
il dossier firmato dai consulenti dell’Ilva Paolo Boffetta, Carlo La
Vecchia, Marcello Lotti e Angelo Moretti, ” 2013
Questa mancanza di
immaginazione, che
si traduce nella buona
coscienza del
colonnello Thibbets o
dell’irreprensibile
funzionario Eichman,
Anders la chiama
agnosia.
"Credo che l’immoralità o la colpa della
nostra epoca", dichiarava il già citato
Anders in un’intervista del 1979, "non
stiano nella sensualità, nell’infedeltà,
nella disonestà, nella relativizzazione dei
valori e nemmeno nello sfruttamento, ma
nella mancanza d’immaginazione“.
L’ETICA DELLA COMUNITA’
l’etica della responsabilità
• La norma dell’obbedienza all’autorità implica
che l’autorità sia responsabile, dato l’enorme
potere che ha.
• Gli psicologi sociali parlano anche della norma
della responsabilità sociale, che ci esorta a non
danneggiare gli altri, anzi ad aiutarli,
Specialmente se ne hanno bisogno.
L’ETICA DELLA COMUNITA’
l’etica della corresponsabilità
• Il punto di vista dei Club va oltre le conclusioni della
psicologia sociale
• Non c’è solo la responsabilità sociale contrapposta
all’obbedienza.
• Esiste la norma che tutti siamo responsabili di tutti e
quindi degli stili di vita prevalenti e di quello che
fanno le autorità.
• La solidarietà sociale è una indicazione etica che va
oltre i concetti di aiuto e di volontariato.
Assioma generale dell’etica della responsabilità
“In avvenire deve esistere un mondo adatto ad essere
abitato”
Imperativo etico
“Agisci in modo che le conseguenze delle tue azioni siano
compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana
sulla terra.”
Hans Jonas
L’ETICA DELLA COMUNITA’
la posizione di Vladimir Hudolin
“I programmi per i problemi alcolcorrelati e
complessi devono attenersi a una etica del
lavoro che richiede la responsabilità non solo
verso gli individui, ma anche verso le famiglie,
le comunità e la società intera, e che richiede
una ecologia e una giustizia sociale”
V. Hudolin, 1994
Niente innovazione senza democrazia
• Le Associazioni possono generalizzarsi solo all’interno
di una rete in cui ogni Club è un nodo attivo, autonomo
e non asservito alle logiche di potere purtroppo oggi
prevalenti nelle Associazioni. Queste stesse possono
diventare strutture di servizio come dovrebbero essere
solo se si concepiscono come uno dei tanti nodi della
rete e non come un livello sovraordinato ai Club e che
decide per loro.
SOLIDARIETA’
“SOLIDARIETA’” …parola che attualmente
riecheggia ovunque, parola nobile che
mira toccare la sensibilità delle persone
alla quali ci si rivolge, ma di cui si abusa
in modo sistematico quando si tratta di
fare appello alla generosità pubblica nella
forma di contributi in denaro o quando si
giustifica la propria partecipazione
obbligata sotto forma di tasse, imposte
prelievi fiscali o altri diversi balzelli…
. I più deboli, da parte loro,
nella stessa linea di
solidarietà, non adottino un
atteggiamento puramente
L’esercizio della solidarietà
passivo o distruttivo del
all’interno di ogni società è tessuto sociale, ma pur
rivendicando i loro legittimi
valido, quando i suoi
componenti si riconoscono diritti , facciano quanto loro
spetta per il bene di tutti. I
tra di loro come persone.
gruppi intermedi, a loro
Coloro che contano di più,
disponendo di una porzione volta, non insistano
più grande di beni e di servizi egoisticamente nel loro
particolare interesse, ma
comuni, si sentano
responsabili dei più deboli e rispettino gli interessi degli
siano disposti a condividere altri.
Sollecitudo Rei Socialis
quanto possiedono
Lettera Enciclica di Giovanni Paolo II
Si tratta innanzitutto dell’interdipendenza,
sentita come sistema determinante di
relazioni nel mondo contemporaneo,nelle sue
componenti economiche, culturali, politiche e
religiose assunte come categorie morali.
Quando l’interdipendenza viene così
riconosciuta, la correlativa risposta come
atteggiamento morale e sociale, come virtù, è
la solidarietà. Questa dunque non è un
sentimento di vaga compassione o di
superficiale intenerimento per i mali di tante
persone, vicine o lontane.
• Le vere trasformazioni si attuano insieme
“standoci dentro” e sviluppando la stessa
corresponsabilità e partecipazione
• La comunità deve essere informata e formata
• Non basta la sola assistenza: un problema
sociale disatteso deve essere affrontato anche
cercando di arrivare a coglierne le cause e le
responsabilità che siano in capo a persone e a
istituzioni che hanno il potere e il dovere di
risolverle
• Occorre riconoscere con spirito critico le risorse e
le capacità (le forze e i limiti) del singolo, della
famiglia e della comunità nell’assumere impegni
e svolgere compiti concreti. Patussi - Adattamento da Lobby e Advocacy - Caritas
• La presenza e l’assunzione di responsabilità nella
comunità si costruisce attraverso un processo lungo e
complesso fatto di piccole vittorie, condivisione dei
risultati, riconoscimento dei fallimenti.
• Avere sempre di mira:
 la pace
 l’amore
 la verità
 la conscenza
 l’equo accesso alle risorse
 il diritto alle libertà individuali
 la garanzia dei diritti umani
 il diritto alla pace e al benessere
 la lotta alla povertà
 la possibilità per tutti di scegliere e di determinare la propria
vita, individuale e collettiva
Patussi - Adattamento da Lobby e Advocacy - Caritas
Al contrario, è la
determinazione ferma e
perseverante di impegnarsi
per il bene comune: ossia
per il bene di tutti e di
ciascuno, poiché tutti siamo
veramente responsabili di
tutti. Tale determinazione è
fondata sulla salda
convinzione che le cause
che frenano il pieno
sviluppo siano quella brama
del profitto e quella sete del
potere di cui si è parlato”
SPIRITUALITA’ ANTROPOLOGICA
• Solidarietà
Intesa non come aiuto ma come compartecipazione e
cooperazione.
• Spiritualità Antropologica
L’uomo non può essere immaginato senza spiritualità
perché l’uomo si basa su valori che ha sempre
posseduto come un suo codice interno di regole e di
comportamento.
• Ecologia sociale
Non basta a proteggere solamente la natura animata o
inanimata, ma anche l’uomo e le sue caratteristiche
spirituali.
SPIRITUALITA’
“Fra gli altri disturbi che possono essere constatati nella complessità dei
problemi alcolcorrelati e multidimensionali ed in generale nei disagi
del comportamento, il più costante è il disagio spirituale.
In questo disagio vedo i problemi provocati dalla non accettazione di
se stessi, del proprio comportamento e del proprio ruolo nella
comunità della cultura sociale esistente e nella prevalente giustizia
sociale.
Questo disagio è accompagnato da un senso di impotenza davanti al
problema e l’impossibilità di capirlo ... affrontarlo.
Se la spiritualità è vista come l’insieme della nostra cultura in questo
momento nella nostra comunità locale, nella società in generale e sul
pianeta intero, questo disagio può essere presente in maniera
particolare in molti settori: emozionale, politico, religioso, ecc.”
modificato V.Hudolin, Assisi 1994
Spiritualità Antropoiogica
“La spiritualità antropologica attuale (o cultura sociale) nel
mondo lascia molto a desiderare: basti vedere l’aumento
dell’uso delle sostanze psico-attive, dei problemi alcolcorrelati
e complessi, il terrorismo, le guerre continue, la mancanza di
giustizia sociale e molti altri problemi.
Noi dei club alcologici territoriali dobbiamo prendere parte ad
iniziative volte a migliorare la vita nelle nostre famiglie e nelle
nostre comunità.”
V. Hudolin, Grado 1996
CLUB E SPIRITUALITA’
In senso generale, lottando per i diritti umani
fondamentali, per la solidarietà, l’amicizia e l’amore,
cercando di accettare la diversità e la convivenza e
imparando a promuovere la pace e la giustizia sociale, i
club alcologici territoriali fanno tutto il possibile per
proteggere i valori spirituali, che sono specifici della
specie umana e che la vedono integrata con tutte le altre
creature che la circondano.
“ è giunta l'ora di un nuovo adattamento della
specie al suo ambiente [...]. [I nuovi scienziati] ci
hanno fatto capire la necessità di costruire una
"comunità creaturale": noi abbiamo sempre
parlato di una comunità fra gli uomini, ma la
nuova comunità dev'essere quella fra tutte le
creature. La nuova etica si rivela come una
“spiritualità naturale“ ….. la cui origine è nella
comunione fra tutte le creature che si rivela alla
coscienza che ha preso atto delle interconnessioni
che legano l'uomo all'uomo e l’ambiente
all’uomo.
Amore
…..l’amore non si può ridurre a un sentimento
che va e viene. Esso tocca, sì, la nostra
affettività, ma per aprirla alla persona amata
e iniziare così un cammino, che è un uscire
dalla chiusura nel proprio io e andare verso
l’altra persona, per edificare un rapporto
duraturo;
l’amore mira all’unione…..
Lumen Fidei Enciclica della fede 2013
Amore e verità
…..l’amore ha bisogno di verità. Solo in quanto è
fondato sulla verità l’amore può perdurare nel tempo,
superare l’istante effimero e rimanere saldo per
sostenere un cammino comune. Se l’amore non ha
rapporto con la verità, è soggetto al mutare dei
sentimenti e non supera la prova del tempo.
L’amore unifica tutti gli elementi della nostra persona e
diventa una luce nuova verso una vita grande e piena.
Senza verità l’amore non può offrire un vincolo solido,
non riesce a portare l’“io” al di là del suo isolamento, né
a liberarlo dall’istante fugace per edificare la vita e
portare frutto
.
Lumen Fidei Enciclica della fede 2013
Amore e Conoscenza
«amor ipse notitia est»
• l’amore stesso è una conoscenza, porta con sé
una logica nuova. Si tratta di un modo
relazionale di guardare il mondo, che diventa
conoscenza condivisa, visione nella visione
dell’altro e visione comune su tutte le cose.
Lumen Fidei Enciclica della fede 2013
Nella vita non ci sono spettatori
“L’empatia significa non solamente etica,
come qualche volta viene definita, ma la
possibilità dello sviluppo di
comunicazione e dell’interazione profonda
umana, una possibilità di accettare l’altro
e di poter comprendere la sua
sofferenza…
L’empatia può essere imparata e sviluppata
da tutti, sarà differente da uno ad un altro.
E’ necessario accettare tutti, nonostante il
loro comportamento.”
Vl. Hudolin, Assisi 1993
“Tutti noi non lavoriamo solamente per
l’astinenza, ma per la famiglia, per la
sobrietà, per una vita migliore, per una
crescita e maturazione e infine per la pace.
La pace non può essere conquistata se prima
di tutto non siamo in grado di averla dentro
di noi: una pace nel cuore, una possibilità di
riguadagnare la gioia di vivere, la
riapropriazione del proprio futuro, un
superamento, una trascendenza da se stessi
(anche attraverso la meditazione)”
“I Club hanno il compito di discutere di più del
futuro, della della gioia di vivere,
trascendendo la realtà che spesso trascina
verso il passsato”
Vl.Hudolin, Grado 1996
MEDITARE ?
Dizionario: Fermare la mente su qualcosa, attentamente e
a lungo; ed è più che riflettere
Ai Club Alcologico Territoriale
• ci si ferma, sedendosi in cerchio
• si parla uno alla volta di quello che ciascuna famiglia sta
vivendo, condividendo le esperienze
• si offre a tutti la possibilità di parlare
• lo si fa uno alla volta con calme (1h 30s)
• quanto viene detto non esca dal Club
•… …
Da questo si deduce che un clima di amicizia e di fiducia
favorisce la meditazione e la possibilità di trascendenza.
COSA NON FAVORISCE LA
MEDITAZIONE?
• Giudicare
• Lasciarsi sommergere dal mare delle nostre
preoccupazioni …
TUTTI SULLO STESSO PIANO. Le famiglie
sono accomunate dallo stesso problema e
quindi nessuno può mettersi al di sopra
degli alti, ma offrire la propria esperienza.
Nel presentarla c’è l’occasione per visitarla
e gioire del cambiamento fatto.
La dimensione etica del club….
“E’ una cosa da tempo dimenticata: creare
dei legami”
L'etica nell'approccio ecologicosociale
DAL CLUB ALLA COMUNITÀ
Come può il Club trasferire il proprio codice
etico al resto della comunità?
Attraverso…
• la testimonianza dei membri del Club
(comportamento osservabile)
• l’Interclub
• i Corsi di sensbilizzazione
• la Scuola Alcologica Territoriale di III° modulo
• la collaborazione con le istituzioni
• la collaborazione con le altre realtà della società
civile (volontariato, auto-aiuto, cooperative, etc…)
• la cooperazione e la solidarietà nel mondo
Perché starci dentro:
“I problemi degli altri sono uguali ai miei.
Sortirne insieme è la politica, sortirne da
soli è l’avarizia”.
Don Milani
“La politica è la più alta forma di carità”.
Paolo VI
Carità come “gratuità” con cui ci si vuole
mettere al servizio degli altri, del bene di
tutti, cioè della comunità.
per tessere proposte capaci di perseguire
il bene comune.
Compartecipazione
• I tre figli di un ricco mercante arabo ricevono in eredità dal padre 17
cammelli da ripartire tra loro nel seguente modo: metà al primo figlio,
un terzo al secondogenito e un nono all’ultimo nato. La spartizione
sembra impossibile senza tagliare in varie parti almeno un cammello. I
tre ragazzi decidono allora di rivolgersi a un vecchio e saggio giudice.
•
- “La divisione sarà fatta equamente. Permettete che aggiunga
temporaneamente un altro cammello ai vostri, il mio. In questo modo
disponiamo di 18 cammelli. Secondo la volontà di vostro padre - dice
rivolgendosi al primogenito - tu che sei il più grande avresti dovuto
ricevere la metà: così prendine 9. A te, invece – rivolgendosi verso il
secondo figlio – prendine 6. Quanto a te - dice rivolgendosi all’ultimo
figlio - ti toccherebbe un nono dell’eredità, eccotene due.
• Il giudice si riprese il sua cammello e riprese la sua strada.
Parabola del Buon Samaritano
Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova:
“Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?”.
Gesù gli disse: “Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi
leggi?”.
Costui rispose: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo
cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e
con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te
stesso”. E Gesù: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai”.
Ma quegli, volendo giustifìcarsi, disse a Gesù: “E chi è il mio
prossimo?”
Gesù riprese: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico
e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e
poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso un
sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando
Io vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in
quel luogo, lo vide e passò oltre.
lnvece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli
accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino,
gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi caricatolo
sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese
cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li
diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che
spenderai in più te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di
questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è
incappato nei briganti?
Quegli rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”.
Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso”.
(Luca 10;25;37)
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Etica - Valentino Patussi