Istituto Comprensivo “Spano- De Amicis” – Plesso Via Piceno - CAGLIARI
Testimonianze dai campi
Le parole dei deportati
27 gennaio 2010
GIORNATA DELLA MEMORIA
Anno Scolastico 2009/2010
Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche
dell'Armata Rossa, nel corso
dell'offensiva in direzione di Berlino,
arrivarono presso la città polacca di
Oświęcim (nota con il nome tedesco di
Auschwitz), scoprendo il suo tristemente
famoso campo di concentramento e
liberandone i pochi superstiti.
La scoperta di Auschwitz e le
testimonianze dei sopravvissuti
rivelarono compiutamente per la prima
volta al mondo l'orrore del genocidio
nazista.
Il 27 gennaio il ricordo della Shoah, cioè
lo sterminio del popolo ebreo, è
celebrato anche da molte altre nazioni
così come stabilito dall'ONU, in seguito
alla risoluzione 60/7 del 1º novembre
2005.
Ecco una cartina con tutti i campi di
concentramento nazisti in Europa:
Gandhi a Hitler
Se non saranno i britannici, sarà qualche altra
potenza a migliorare il vostro metodo e a
battervi con le vostre stesse armi. Non
lascerete al vostro popolo un’eredità di cui
potrà andare fiero. Non potrà andare
orgoglioso raccontando atti crudeli, anche se
abilmente preparati. Vi chiedo dunque in
nome dell’umanità di cessare la guerra.
Elie Wiesel, da La notte.
« Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha
fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte
sprangata.
Mai dimenticherò quel fumo.
Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi
trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto.
Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia
Fede.
Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per
l’eternità il desiderio di vivere.
Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la
mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto.
Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere
quanto Dio stesso. Mai. »
Wiesel fu rinchiuso ad Auschwitz all'età di 15 anni)
Voi che vivete sicuri nelle
vostre tiepide case , Voi
che trovate tornando a
casa cibi caldi e visi amici:
Primo Levi
Considerate se questo è un
uomo
Che
Che
Che
Che
lavora nel fango
non conosce pace
lotta per mezzo pane
muore per un sì o per
un no
Considerate se questa è
una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di
ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il
ventre
Come una rana d’inverno
Meditate che questo è
stato: Vi comando queste
parole. Scolpitele nel
vostro cuore…
Il tramonto di Fossoli.
Io so cosa vuol dire non tornare.
A traverso il filo spinato
Ho visto il sole scendere e morire;
Ho sentito lacerarmi la carne
Le parole del vecchio poeta:
“Possono i soli cadere e tornare:
A noi, quando la breve luce è spenta,
Una notte infinita è da dormire”.
Questa poesia, trovata sui muri del campo di
concentramento di Terezìn, in Cecoslovacchia,dove
morirono 15.000 bambini ebrei (ne sopravissero solo
100) è scritta da un ragazzino ebreo
E’ più di un anno che vivo al ghetto,
nella nera città di Terezìn,
e quando penso alla mia casa so bene di che si tratta
O mia piccola casa, mia casetta,
perchè m’hanno strappato da te,
perchè m’hanno portato nella desolazione,
nell’abisso di un nulla senza ritorno?
Oh, come vorrei tornare
a casa mia, fiore di primavera!
Quando vivevo tra le sue mura
io non sapevo quanto l’amavo!
Ora ricordo, quei tempi d’oro:
presto ritornerò, ecco già corro
Per le strade girano i reclusi
e in ogni volto che incontri
tu vedi che cos’è questo ghetto,
la paura e la miseria.
Squallore e fame, questa è la vita
che noi viviamo quaggiù,
ma nessuno si deve arrendere:
la terra gira e i tempi cambieranno.
Che arrivi dunque quel giorno
in cui ci rivedremo, mia piccola casa!
Ma intanto preziosa mi sei
perché mi posso sognare di te.
Piero Terracina
Era una fila interminabile, uomini donne e tanti bambini
che venivano inviati ogni giorno alle camere a Gas. Vi
rendete conto di cosa significa vivere in quelle
condizioni? Giorno e notte uscivano fumo e fiamme dai
forni crematori.. con scintille ben visibili. Era una fila
interminabile di uomini di tutte le regioni d'Europa..
che erano figli, sorelle, padri, madri, tutti con una
propria vita, tutti che dovevano ugualmente morire.
Auschwitz era il posto dove chi sopravviveva, veniva
privato di ogni diritto. Non poteva avere ricordi, anche
il ricordo dei familiari, il senso della famiglia veniva
schiacciato dall'esigenza di sopravvivere."
La cosa più grave è stata l'indifferenza vista negli
altri, che non fecero caso a questi treni merce
riempiti all' inverosimile, dove uomini donne e
bambini furono rinchiusi sette giorni, senz'acqua
in mezzo ai loro escrementi. Nelle stazioni
nessuno che li degnasse di un solo sguardo,
anche distratto. Tutto nella indifferenza.
Nessuno fece nulla.
Piero ad un certo punto si ferma. Dice: "non vi
racconto le altre sofferenze perché secondo me,
esiste un limite alla credibilità dell'orrore".
Ad Auschwitz ho visto morire 9000 zingari in
una notte. Famiglie che vivevano insieme nel
campo affianco al mio separati da fili spinati
elettrificati, loro avevano tutti i capelli,
cantavano, c'era gioia nel loro campo, ..eppure
è bastata una notte.. e dopo il silenzio.. tutto il
loro blocco era stato evacuato. Quella notte in
9000 erano stati mandati nelle camere a gas.
Per fare spazio ad altri prigionieri... Ogni giorno
non sapevi se saresti stato tu il prossimo
…Funzionava così ad Auschwitz.
Mattia Alberto Ansaldi
Una mattina avevo trovato il mio vicino di
castello - perché si dormiva in due, erano i castelli da
tre piani ed eravamo in sei, cioè due per piano defunto, aveva un maglione addosso, glielo ho tolto e
ovviamente me lo sono messo. Nel contempo ho
preso anche la sua razione di pane che davano al
mattino, non avendolo ancora dichiarato morto,
perché la fame era la prima cosa. Nella galleria di S.
Valentin, un italiano mi vede questo maglione
addosso e mi dice: “Se mi dai quel maglione, io te lo
vendo e ti do tre filoni di pane!”. Puoi capire! Ho
accettato al volo, mi ha detto “però mi devi dare il
maglione adesso perché io devo portarlo fuori e poi ti
porto il pane”. Devo ancora vederlo adesso.
Ugo Zappa
Quello che ci ha colpito erano le docce,
perché gli anziani del campo ci hanno avvicinato
e ci hanno detto “attenzione alle docce, lì dentro
gasano gli ebrei. Se voi non siete ebrei, ma siete
partigiani non vi fanno niente”.
Poi altra spiegazione degli anziani “là in
fondo c'è il blocco 22, dei moribondi. Fra qualche
giorno, quello che vi danno da mangiare non
basterà, avrete fame. Andate vicino ai moribondi
e prendetegli pure il cibo, a loro non serve più”
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- G. Spano