La Sirena è un simbolo vario che rappresenta:
l’ideale della bellezza
femminile
David Delamare
Splash- una Sirena a
Manhattan
Pubblicità
l’oscura minaccia
dietro allettanti
apparenze
Fisiologo
Latino
l’impossibilità
di amare
Andersen
Wilde
Böcklin
Klimt
Ungaretti
Uscita
Bibliografia
Il tema della sirena vista come
ideale di bellezza femminile
caratterizza un’ intera sezione
della produzione di David
Delamare, pittore nostro
contemporaneo nato in
Inghilterra e trasferitosi poi negli
Stati Uniti; i quadri dipinti intorno
al 1992 con l’acrilico su tela, ci
presentano splendide creature
che con la loro bellezza
illuminano il paesaggio
circostante.
Specchio della natura, le Sirene
ne rappresentano la distaccata
perfezione e la capacità
generatrice.
Con la loro trasposizione sui grandi schermi, le Sirene furono epurate
da tutti i contenuti più significativi e validi divenendo il mero
stereotipo della donna bella ma vuota, così vuota da doversi affidare
all’uomo-eroe per sopravvivere.
L’esempio più calzante è “Splash- una
sirena a Manhattan” di Ron Howard. La
biondissima e bellissima sirena
Madison, divenuta caso clinico, sta per
essere vivisezionata… entra in scena
l’eroe: Allen, innamorato di Madison,
gioca il tutto per tutto per salvarla… la
seguirà nel fiume Hudson e vivranno
felici e contenti.
Il potere di catalizzare l’attenzione viene sfruttato anche dalle più
attuali tecniche pubblicitarie che usano le Sirene per sedurre,
incantare e attrarre.
Al contrario di quelle omeriche, però, non fanno deviare dalla rotta di
navigazione anzi convogliano sulle vie del consumo; non cantano
melodie, ma decantano prodotti spacciandoli per ciò che di
indispensabile manca per ottenere la felicità.
Divengono il simbolo della perfezione
da raggiungere ad ogni costo,
perfezione ormai imposta dallo
stereotipo femminile degli anni
Novanta: fisico splendido, viso
proporzionato e attraente, una
moderna Itaca per le donne che
affrontano l’odissea del vivere
quotidiano; in balìa di un mare in
tempesta, sempre di più al centro
dell’attenzione, cercano rassicurazioni
diventando un’ ennesima copia di un
modello universalmente accettato...
Nel capitolo 13 del Fisiologo Latino6 (VIII-IX secolo), traduzione del
Fisiologo in lingua greca con l’aggiunta di qualche variante, le sirene
“sono creature mortali che, grazie ad una straordinaria soavità di
suoni, fanno addormentare i marinai affascinandoli le orecchie e i
sensi.
Allora, quando li vedono sopiti in un sonno profondo, li assalgono e
dilaniano le loro carni fino alla morte.
Così quelli che si dilettano nei
divertimenti del teatro, rapiti dal vizio
delle tragedie e delle commedie, sono
dissoluti in un sonno profondo e sono
fatti preda dei vizi, loro avversari” .
Divenute sbranatrici demoniache, le
Sirene vengono definite “antiche
meretrici che portavano alla rovina i
passanti: a costoro si dice causavano
naufragio. Si dice che avevano ali e
artigli, perché l’amore vola e ferisce, e
che dimoravano fra le onde, perché le
onde crearono Venere”
In “La calma del mare”
(1887) di Arnold Böcklin,
la Sirena distesa sullo
scoglio volge lo sguardo
lontano, indifferente al
tritone mortole accanto.
Lo sguardo che
oltrepassa la realtà del
momento, la bocca
piegata in un lievissimo
sorriso misto tra
malvagità e
soddisfazione, gli occhi
sbarrati del tritone,
creano un senso di
angoscia, disgusto, quasi
simbolo di un erotismo
perverso e fatale.
Nelle ripetute variazioni sul tema, Klimt pone l’accento su aspetti
differenti della medesima figura: in Pesci d’argento (1899), nello
sguardo subdolo e nei corpi tubolari come serpenti è messa in rilievo la
qualità demoniaca dell’abitatrice del mare, mentre in Pesci d’oro (19011902) è più scoperto il richiamo erotico e le provocanti Sirene lanciano
verso lo spettatore uno sguardo provocante e tentatore.
Il più significativo, a mio
parere, risulta però “Bisce
d’acqua II”: nella
composizione impostata in
orizzontale si allungano i
corpi delle Sirene, depurate
da ogni riferimento
iconografico classico o
moderno; di esse rimane
infatti solo la divina bellezza,
il carattere ammaliatore e
uno sguardo che non lascia
intendere nulla di positivo.
Tra il ’19 e il ’25 Ungaretti scrisse “Sirene”:
Funesto spirito
che accendi e turbi amore
affinché io torni senza requie all’alto
con impazienza le apparenze muti,
e già, prima ch’io giunga a qualche
meta, non ancora deluso
m’avvicini ad un altro sogno.
Uguale a un mare che irrequieto e
blando
da lunge porga e celi
un’isola fatale,
con varietà d’inganni
accompagni chi non spera, a morte.
La sirena non è solo un inerte residuo di classicismo, ma una
simbolica incarnazione dell’ispirazione, che innamora e costringe il
poeta a inseguirla, lo invita ad un viaggio periglioso per mare e
prima che egli giunga a qualche approdo concreto gli porge una
funesta illusione di un’isola mitica a cui approdare.
Ne “La Sirenetta” l’eccezionalità
della figura della Sirena è
accompagnata dal forte desiderio di
normalità, così forte da spingere la
creatura a rinnegare la propria
condizione per essere amata e
accettata; ma purtroppo fingere di
essere qualcosa di diverso da quello
era non portò la sirenetta alla
felicità, bensì alla morte.
In the short story “The Fisherman
his Soul”, the young creature
becames both the symbol of
everythig we can have only in
exchange for sorrow and pain,
and the symbol of everythig can
be the reason of our ruin.
BIBLIOGRAFIA:
M.Lao ,Il libro delle Sirene, Roma, Di Renzo Editore, 2000.
M.Corti, Il canto delle sirene, Milano, Tascabili Bompiani, 2001.
A.Cremonini, Andersen novelle, Milano, AMZ, 1966.
ARTe dossier, numero206, dicembre 2004.
SITOGRAFIA:
http://kidslink.bo.cnr.it/irrsaeer/bestiario/
http://freeweb.supereva.com/apollas.freeweb/index.htm?p
http://www.storiamedievale.net/
http://usuarios.lycos.es/grupoelron3/studies15.html
http://www.liberologico.com/_cdnapoli/case_studies/gruppo03.html
http://digilander.libero.it/letteratura/Novecento/Ungaretti/index.htm
Uscita
Scarica

Uscita