LE MAESTRE DELLE SCUOLE DI MONTAGNA,
FRA TURNO OVER ESASPERATO,
RISCHIO DI FUGA E PRESIDIO DEL TERRITORIO
Michela Zucca
Servizi cultural
Obiettivi
•Individuazione dei problemi legati al turn over degli insegnanti, in
maniera tale da favorire la permanenza sul territorio dei maestri e delle
maestre, per rafforzare la continuità didattica nelle scuole di montagna e,
in questo modo, elevare la qualità dell’insegnamento.
•Individuazione della tipologia di insegnante che più facilmente potrebbe
fermarsi su un territorio di montagna, per poter elaborare e calibrare una
serie di offerte di servizi professionali e alla persona che riducano il turn
over.
•Inclusione sociale degli insegnanti all’interno della comunità locale che
si porrebbe come una vera comunità di accoglienza nei confronti di
persone che vengono dall’esterno e che possono avere problemi di
adattamento in contesti estranei.
•Individuazione di linee di intervento adattabili ed estendibili a livello
nazionale a tutti i territori.
Michela Zucca
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Scuole coinvolte
Provincia di Savona
In montagna
Bormida (Sv)
(64 insegnanti su 50 anni)
Sulla costa
Scuola elementare Villapiana di Savona (Santuario)
(75 insegnanti su 50 anni)
Provincia di Imperia
In montagna
Perinaldo
(50 insegnanti su 50 anni)
Sulla costa
Pompeiana
(56 insegnanti su 50 anni)
Michela Zucca
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Insegnanti coinvolti: 245
Di montagna: 114
Di costa: 131
Si tratta di un campione significativo
dal punto di vista statistico numerico,
distribuito su un intervallo temporale rilevante,
che scorre per 50 anni,dal 1951 al 2001,
che rappresenta una fase sufficientemente
lunga per valutare i cambiamenti
anche di medio periodo.
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METODOLOGIA
Si è adottata una metodologia mista, sociologica (analisi dei dati
quantitativi) e antropologica (interviste con le maestre e sopralluoghi
in campo). La ricerca è stata condotta sugli insegnanti delle quattro
scuole di Bormida, Savona-Santuario, Perinaldo, Pompeiana, dal 1951
al 2001, esaminando il periodo di permanenza “medio” e “lungo” degli
insegnanti, e, per ciascuno di loro, esaminandone il profilo personale e
la permanenza sul territorio, per verificare se poteva esistere una
tipologia di professionista che più facilmente si fermava in territorio di
montagna. Sono state condotte anche delle interviste alle “maestre
storiche”, in modo da delineare il cambiamento di ruolo della figura
dell’insegnante, e la differenza nelle modalità di formazione e di
approccio al lavoro.
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Il ruolo tradizionale degli insegnanti nelle scuole di montagna
La scuola, nei villaggi alpini, è sempre stata ritenuta essenziale: tutti i
bambini e le bambine andavano a scuola, almeno fìno alla terza
C’erano maestri di stalla, i “barba” e, quando non c’era proprio nessuno,
si obbligava il parroco a far scuola
Nei paesi piccoli, esisteva la “casa delle maestre”: pagata dal Comune,
offriva la possibilità di alloggio alle insegnanti che venivano da fuori,
non erano sposate e quindi non possedevano un’abitazione propria.
In casi estremi, veniva permesso loro di dormire nella scuola stessa; o
venivano ospitate dalle famiglie: ma si partiva già dal presupposto che
non dovevano pagarsi un affitto
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La maestra, assieme alla levatrice, nei paesi di montagna (ma non
solo…..) rappresentava una figura importante di riferimento
Insegnare era una delle professioni femminili socialmente approvate, un
mezzo di promozione per tante famiglie che affrontavano disagi e
sacrifici per mandare le proprie figlie in collegio dalle monache in città
perché potessero frequentare, e rientrare a casa con un lavoro sicuro.
L’insegnante conosceva tutti, e bene, da vicino: i bambini perché li
teneva in classe, per anni, e di ognuno sapeva la sua storia; i genitori
perché si rivolgevano a lei per ogni tipo di consiglio, si confidavano in
cerca di un parere di qualcuno “studiato”, che potesse vedere al di là
della frazione di nascita….
Spesso poi, la maestra era originaria del posto, quindi era imparentata
con tutti; e se non lo era, di solito lo diventava presto, perché si sposava
con un ragazzo del paese che la faceva diventare parte della famiglia
allargata
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In molti casi, era la stessa maestra del paese
che cercava di “allevarsi un erede”:
individuava la sua allieva più brava e,
nelle ultime classi delle elementari o alle medie, la
faceva andare a casa sua ad aiutarla a correggere
i compiti, e poi anche in classe,
in maniera tale che cominciasse
ad “imparare il mestiere”.
La ragazzina si sentiva valorizzata,
sapeva che aveva trovato un’alleata
nella richiesta di andare avanti con gli studi.
Nel frattempo imparava ad assumere il proprio
ruolo.
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Di frequente, era la maestra – o il maestro –
che assolvevano anche alla funzione di
“intellettuale organico del posto”:
erano loro che raccoglievano le testimonianze
di storia locale, intervistavano i vecchi,
catalogavano le tradizioni, facevano lavorare i
bambini (gli facevano fare le “ricerche”)
perché le leggende, i proverbi, i modi di dire,
le antiche forme di ritualità non andassero perdute,
trasformandosi in veri e propri archivi viventi
di storia locale. Di solito, i testi di storia del paese
sono stati scritti proprio dai maestri che sono
rimasti ad insegnare a scuola magari per decenni.
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Il Comune e la comunità stessa capivano
chiaramente quanto fosse essenziale
avere un insegnate nella scuola del paese:
la maestra trovava facilmente alloggio
fra le famiglie, si creavano amicizie,
c’era la “casa delle maestre”
e, in situazioni di emergenza,
si dormiva direttamente in aula:
tutte cose che oggi sembrano impossibili,
perché il ruolo professionale è stato svalutato,
i rapporti interpersonali si sono inariditi,
fra enti pubblici non esiste comunicazione….
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Il problema del turn over nelle scuole di montagna
Non va oltre un anno di insegnamento nella stessa scuola più del
42% degli insegnanti a Perinaldo, del 44,5% a Pompeiana, del 53%
al Santuario di Savona, del 75% a Bormida.
Non concludono neanche un ciclo di 5 anni il 76% degli insegnanti di
Perinaldo, l’80,9% di quelli del Santuario di Savona, l’83,8% delle
maestre di Pompeiana, l’88,8% di quelle di Bormida.
Chi si ferma per più di 9 anni (ovvero termina 2 cicli di
insegnamento elementare) è una ristretta minoranza: siamo al 7,8%
alla scuola del Santuario di Savona, al 7,5% della scuola di Bormida,
al 6,9% della scuola di Pompeiana, al 4% della scuola di Perinaldo.
In questa situazione, tranne che per alcune eccezioni, si cambia,
quando va bene, una maestra all’anno, più le supplenti e quelle che
non accettano l’incarico
Michela Zucca
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Si nota una differenza fra la scuola del Santuario e
le altre: perché la percentuale di insegnati che
hanno scelto di fermarsi per più di 9 anni è la più
alta, ed è quasi doppia rispetto a quella di
Perinaldo, probabilmente l’istituto più
“montanaro” di tutti. Si evince, quindi, un
peggioramento del servizio scolastico, per quanto
riguarda il turn over degli insegnati, man mano che
ci si allontana dai centri maggiori.
Inoltre, per quanto riguarda la continuità didattica,
tranne che per la scuola di Savona, la situazione
negli ultimi dieci anni di rilevazione dei dati tende a
peggiorare.
Michela Zucca
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Dai dati sulle residenze e i luoghi di nascita
si evince che sono pochissimi gli insegnanti
“stanziali” che provengono da lontano:
anche se hanno dovuto subire vari
trasferimenti nel corso della loro carriera
professionale, quelli che poi si fermano per
almeno cinque anni provengono dai dintorni.
Ovvero, per sostenere la continuità didattica,
bisogna fare in modo di favorire la stanzialità
delle risorse umane, e di agevolare
il soggiorno a chi arriva da fuori.
Michela Zucca
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GRAZIE
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