VISITA D’ISTRUZIONE BISCEGLIE 7 maggio 2010 Classi III sez. D – E Anno scolastico 2009 - 2010 VISITA DELLE GROTTE DI S. CROCE Venerdì 7 maggio 2010 durante la visita di istruzione presso la grotta di Santa Croce a Bisceglie, la prima cosa che la guida ci ha mostrato è stata una grotta che è stata abitata in passato da una tribù di uomini di Neanderthal, detti Homo Sapiens. Nel 1934 Saverio Majellaro ha scoperto questa grotta ricoperta d’erba e di terra, cercando la tomba dei tre santi protettori di Bisceglie. Un anno dopo la terra e l’erba sono state tolte dando la luce a questa grotta. Sulla parete ancora oggi si notano un po’ scolorite le immagini dipinte dei tre santi protettori del paese con dietro una croce. Appena entrati, la guida ci ha fatto vedere l’azione di un fiume che ha levigato perfettamente la pietra della volta della grotta facendo perfettamente vedere la traccia che il vortice delle acque vi ha lasciato. Al centro della grotta abbiamo notato su una roccia l’impronta di una stuoia che forse conteneva dei semi: gli uomini portavano agli dei il raccolto per non farli arrabbiare. La guida della grotta ci ha detto che gli uomini primitivi vivevano vicino all’entrata della grotta perché avevano paura del buio. Proseguendo la visita nella caverna si sentiva sotto le nostre scarpe una terra argillosa e la guida ci ha fatto notare il livello del pavimento sul quale all’inizio degli scavi si appoggiavano i piedi per scavare: con gli scavi è stata tolta molta terra penetrata nella grotta con le infiltrazioni d’acqua. Infine abbiamo notato una stalagmite, che si era formata in milioni e milioni di anni. Miliardi di goccioline si erano unite e asciugate e avevano depositato del calcio formando la stalagmite. IL LABORATORIO DELLE ARMI E DEGLI UTENSILI Durante la visita d’istruzione abbiamo fatto un laboratorio dove ci hanno spiegato come erano realizzate e come utilizzavano le armi gli uomini di Neanderthal. La prima arma che ci ha mostrato la guida è stata l’ascia, che era formata da un bastone di legno legato ad un selce con nervi di animali o fili vegetali. Questa arma serviva all’uomo per cacciare animali da una certa distanza. Poi abbiamo visto l’arpione, formato da un bastone e dalle corna di cervo, che veniva utilizzato per pescare o per infilzare in tre punti diversi animali grandi come i mammut. IL LABORATORIO DELLE PIETRE FOCAIE Nella giornata in cui abbiamo visitato le grotte di S. Croce abbiamo partecipato al laboratorio delle pietre focaie. In questo laboratorio abbiamo osservato vari tipi di pietre focaie. Abbiamo sentito dire dalla guida che gli uomini primitivi che abitavano quella grotta usavano come pietra focaia il diaspro rosso. Invece quasi tutti gli altri uomini primitivi usavano la selce. Gli uomini primitivi dell’Africa usavano il quarzo rosa che ora si usa per ottenere gioielli. L’uomo del Paleolitico per accendere il fuoco usava la selce scura e le fibre vegetali, che uniti formavano un metodo veloce per ottenere il fuoco. E infine abbiamo visto altri due tipi di pietra focaia: l’ossidiana, che è una pietra nera che si trova vicino ai vulcani, e la pirite di ferro che è una pietra scura con dei brillantini che sono delle particelle di ferro. IL LABORATORIO DELL’ARCHETTO Durante la visita alle grotte di S. Croce abbiamo partecipato al laboratorio per capire come usare un metodo antico degli uomini di Neanderthal per accendere il fuoco. L’istruttore ci ha spiegato come l’uomo antico accendeva il fuoco. Ci ha fatto prendere un bastoncino appuntito e l’abbiamo intorcigliato al filo di un archetto. Abbiamo preso uno strofinaccio, l’abbiamo piegato bene e l’abbiamo messo alla fine del bastoncino che ruotava sul legno di un tavolo provocando calore e combustione. Dopo che l’istruttore ha finito di spiegare l’esecuzione dell’accensione del fuoco, sono state formate coppie in cui uno doveva mantenere lo strofinaccio sul bastoncino e l’altro doveva far rotolare il bastoncino con l’archetto. Qualche coppia di bambini è riuscita a provocare la combustione facendo uscire dalla punta del bastoncino del fumo e del puzzo di bruciato. Ma quanta fatica! IL LABORATORIO DELL’ARGILLA Durante la visita alle grotte di S. Croce a Bisceglie abbiamo fatto dei laboratori, uno di essi riguardava la lavorazione dell’argilla. L’istruttore ci ha spiegato come si modella l’argilla: si prende la terra argillosa come quella della grotta, la si lavora un po’, poi viene messa molta acqua e la si lascia asciugare. Poi bisogna vedere se è un po’ dura. L’istruttore ci ha spiegato come si fanno i vasi di terra cotta: bisogna fare due colombini, cioè dei rotolini di argilla (come si fa per preparare le orecchiette o i taralli), con questi bisogna fare due girelle e strisciare il dito inumidito per unirle e togliere il segno di unione. Poi si possono mettere delle decorazioni come pietrine, foglie o fare delle incisioni con dei rametti. Infine si lascia asciugare e indurire fino a quando l’argilla diventa grigio chiaro e le decorazioni cadono lasciando l’impronta, oppure si può cuocere finché diventa marrone. Dopo questo laboratorio siamo passati alla costruzione di una collana con una conchiglia, uno spago e dei nodini di paglia. Abbiamo infilato nello spago la conchiglia e i nodini di paglia. Quando li inserivamo, dovevamo fare dei nodi per bloccare i nodini di paglia e la conchiglia. LABORATORIO DELLA SCHEGGIATURA DELLA SELCE Gli uomini, oltre ad accendere il fuoco con la selce, hanno imparato a scheggiarla meglio per realizzare le punte delle armi. Per scheggiare la pietra, usavano cinque modi diversi. Il primo metodo per scheggiare la selce era il modo diretto: consisteva nel prendere un ciottolo di fiume o di mare e scheggiare con esso il pezzo di selce. Il secondo metodo era quello indiretto, che si effettuava mettendo la selce sopra una base di legno e con un corno di cervo, che si posizionava sulla selce, si batteva con il legno finché si ottenevano pezzi di selce. Il terzo modo era quello ad incudine: si prendeva la selce e la si batteva fortemente per terra o su una roccia dura, finché la selce si rompeva in piccoli frammenti. Il quarto modo per scheggiare la selce era quello bipolare: si metteva la selce su una base e poi con un percussore si batteva sulla selce finché non si ottenevano schegge di selce. L’ultimo metodo era quello a pressione che consisteva nell’appoggiare la selce per terra e mantenerla con i piedi, poi con un robusto ramo trovato per terra si spingeva con la propria forza muscolare sulla selce, finché si otteneva la forma di selce che si voleva.