LA CITTA’ NELL’ERA DELLA CONOSCENZA:
UN SISTEMA TERRITORIALE IRRAGIONEVOLE
Giuseppe Dematteis
Politecnico di Torino
1. Quello che le città sono sempre state
(sebbene se ne parli solo ora)

“ispessimenti cognitivi del territorio”
(Varaldo, 1991)
e in particolare:

nodi di relazioni capaci di combinare tra loro risorse
cognitive “immobili” interne (significati, simboli, identità,
saperi, professionalità, auto-organizzazione ecc.) e risorse
cognitive “mobili” di provenienza esterna
1. Quello che le città sono sempre state
(sebbene se ne parli solo ora)
perciò:

integratori territoriali dinamici e moltiplicatori cognitivi
dunque:
sistemi territoriali molto particolari. Perché:

geograficamente e socialmente “rari”

potenzialmente innovatori (città creative)

dominanti (metro-polis = città madre, matrice, “città
come principio” di C. Cattaneo)
2. Le città nell’era della conoscenza:
che cosa cambia?
L’effetto ICT:
“ispessimenti cognitivi” localizzati
vs.
flussi cognitivi globali
La conoscenza come merce:
“informazione regolatrice” (Raffestin, 1995) e sociale,
produttrice di beni comuni relazionali (Storper, 1997) e di
valori d’uso locali
vs.
“informazione funzionale” produttrice di beni e servizi
knowledge intensive destinati al mercato globale
2. Le città nell’era della conoscenza:
che cosa cambia?
L’effetto della competizione globale:
“chiusura operativa” (la città identitaria)
vs.
“apertura funzionale” (l’entrepreneurial city)
Il problema:
la città continuerà ad essere un tipo particolare di sistema
territoriale (regolatore, creativo, dominante)
oppure
diventerà un semplice nodo di interconnessione (hub
cognitivo) di reti globali?
3. La città incubatrice di innovazioni derivanti
dall’ibridazione di conoscenza contestuale e
conoscenza generale
La produzione di conoscenza è un processo circolare
(Rullani, 2004):


non è solo fatta di ricerca e di conoscenza generale e
astratta o di high-tech
si realizza combinando le conoscenze formali generali
(teoriche e applicate) e le conoscenze pratiche
contestuali degli utilizzatori e dei consumatori
3. La città incubatrice di innovazioni ottenute
attraverso l’ibridazione di conoscenza
contestuale e conoscenza generale
Oggi le città sono gli integratori territoriali del circuito globale
della conoscenza.
Ciò richiede:

particolari dotazioni infrastrutturali per la mobilità interna ed
esterna della conoscenza e dei suoi portatori
 istituzioni
ad hoc (esempi: Sciences centres, Iba-Emscher Park
nella Ruhr, Lasipalatsi a Helsinki, ecc.)
 molteplicità
culturale (“The «other» as culture”, S. Sassen) e
cultura cosmopolita
 capacità
 nuova
di apprendimento riflessivo
“informazione regolatrice” per produrre valori (economici,
culturali, sociali) utilizzando la conoscenza come mezzo e come
materia prima
4. Il ruolo strategico dei milieu urbani
Il milieu urbano è:



un “milieu creativo”: “place (…) that contains the necessary
preconditions (…) to generate a flow of ideas and inventions (Landry,
2000)
un luogo di accumulo di “capitale creativo” (Florida, 2003)
un sistema complesso di relazioni e interazioni che generano giochi
a somma positiva: tra imprese, servizi, capitali di rischio, media,
economie informali, istituzioni pubbliche e private, comunità di artisti,
associazioni, reti sociali, saperi diffusi, culture….
Più il milieu urbano è “spesso” e più produce innovazioni, dovute a:



effetti sistemici non intenzionali (emergenze: p. es. i cluster di
“industrie culturali” nelle grandi città)
effetti (voluti e non) di strategie pubbliche e miste (p. es. agenzie di
sviluppo)
effetti (voluti e non) di strategie di imprese e di reti di imprese
4. Il ruolo strategico dei milieu urbani
Il milieu creativo urbano è un ambiente stimolante, ma
non confortevole:



non è quello della comunità omogenea e pacificata
è strutturalmente instabile: sede di conflitti, di
“distruzione innovativa”, di rischi voluti e di possibili
fallimenti
è un luogo di incertezze
5. La città irragionevole:
identità, cooperazione, competizione
“La persona ragionevole si adatta al mondo; quella
irragionevole insiste nell’adattare il mondo a sé. Perciò tutti i
progressi dipendono dalla persona irragionevole.” (G. B.
Shaw)
5. La città irragionevole:
identità, cooperazione, competizione
“La città ragionevole si adatta al mondo; quella irragionevole
insiste nell’adattare il mondo a sé. Perciò tutti i progressi
dipendono dalla città irragionevole.” (G. B. Shaw,
parafrasato)
5. La città irragionevole:
identità, cooperazione, competizione



Per svolgere il suo ruolo di integratore territoriale
(ibridazione e moltiplicazione della conoscenza) la città
deve essere un sistema funzionalmente aperto e
operativamente chiuso, cioè auto-organizzatore (identità
come organizzazione interna)
la città deve “avere sia ali che radici” (U. Beck, 2003)
chiusura operativa = la città reagisce agli stimoli competitivi
esterni secondo proprie regole interne (non si adatta
soltanto all’ambiente, ma cerca di adattare l’ambiente a
sé):
5. La città irragionevole:
identità, cooperazione, competizione

dialettica dell’aperto-chiuso

marketing urbano
vs.
vantaggio competitivo assoluto (Krugman)







ipermobilità del capitale globale
vs.
necessità di “ancoraggi” (Veltz)
conoscenza funzionale (produzione di merci da esportare)
vs.
conoscenza regolatrice e sociale (produzioni di qualità della vita locale)
competizione globale, iperconnessione e frammentazione dei territori
vs.
coesione territoriale, governance orizzontale e multiscalare, policentrismo
6. Idee ragionevoli per la città irragionevole

Government



vs.
Governance
governance interna
governance multilivello
Politiche di milieu




la città molteplice (Amin e Graham, 1978): culturalmente e
funzionalemente diversificata
la città del “disordine benevolo” (Buiatti, 2004)
la città dello spessore relazionale e istituzionale
la città saggiamente egoista: il benvivere locale come principio
6. Idee ragionevoli per la città irragionevole

Politiche di coesione interna: promuovere la chiusura operativa
 costruire l’attore collettivo (Bagnasco e Le Galès, 1997)
 predisporre l’armatura istituzionale (agenzie di sviluppo, centri di
ricerca e formazione, sciences centres, mostre, festival della
conoscenza...)
 mettere in rete i progetti (piani strategici)
 pianificazione come apprendimento sociale (J. Friedmann):
dialogica e performativa
vs. gerarchica e conformativa

Politiche di rete urbana: promuovere l’apertura funzionale e il
policentrismo (SSSE, 1999):
 networking passivo e attivo
 policentrismo a scala locale e regionale (il falso problema delle aree
metropolitane)
 policentrismo a scala europea: il grappolo di città (Kunzman e
Wegener, 1991)
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Presentazione di Dematteis