L’Unità d’Italia
IL RISORGIMENTO
Cos’è il Risorgimento italiano?
 Con Risorgimento la storiografia si riferisce al
periodo della storia d'Italia durante il quale la
nazione italiana conseguì la propria unità nazionale,
riunendo in un solo Stato il Regno d'Italia e gli stati
preunitari.
 Sebbene non vi sia consenso unanime tra gli storici,
la maggior parte di essi tende a stabilire l'inizio del
Risorgimento, come movimento, subito dopo la fine
del dominio Napoleonico e il Congresso di Vienna nel
1815, e il suo compimento fondamentale con
l'annessione dello Stato Pontificio e lo spostamento
della capitale a Roma, nel febbraio 1871.
Mappa preunitaria
della penisola italiana
La “primavera dei popoli” e la
Prima guerra d’Indipendenza
Le cinque giornate di Milano - Dipinto di Baldassarre Verazzi
Cca succede ‘o quarantotto!
 Gli anni 1847-1848, la cosiddetta "Primavera dei popoli",
videro lo sviluppo di vari movimenti rivoluzionari in tutta
Europa; rivolte scoppiarono in Francia, nello Stato di
Baden, in Germania, e in seguito in tutti gli stati tedeschi; i
tumulti si estesero anche in Austria, in Ungheria, in Polonia.
 Questi moti furono repressi secondo gli schemi della
Restaurazione, tranne che in Francia, dove re Luigi Filippo
Borbone d'Orléans cedette il trono a Luigi Napoleone, che,
dopo quattro anni, diventerà Napoleone III imperatore dei
francesi. Questi eventi francesi provocarono la fine degli
equilibri politici esistenti in Europa dal Congresso di Vienna,
modificando le alleanze fra gli stati.
I sovrani concedono la
Costituzione
 Nel Regno delle Due Sicilie, continuava invece una forte
repressione politica: nel 1844, ad esempio, i giovani fratelli
Attilio (1810–1844) ed Emilio Bandiera (1819–1844),
disertori della marina austriaca, furono fatti fucilare dal re
Ferdinando II per aver tentato una spedizione di tipo
mazziniano in Calabria, che causò una rivolta
indipendentista in Sicilia. La rivolta si propagò anche a
Napoli e costrinse il sovrano a promulgare l'11 febbraio del
1848 una costituzione simile a quella francese del 1830. Gli
altri sovrani italiani dovettero seguire rapidamente
l'esempio di Ferdinando II: Leopoldo II di Toscana concesse
uno Statuto dopo pochi giorni, il 4 marzo Carlo Alberto
promulgò lo Statuto albertino e il 14 marzo fu la volta dello
Stato Pontificio.
La prima guerra d’Indipendenza
 In Italia il 1848 fu segnato dalla decisione da
parte del Regno di Sardegna di farsi promotore
dell'unità italiana. Primo passo in tal senso fu la
Prima Guerra d'Indipendenza, anti austriaca,
scoppiata in occasione della rivolta delle Cinque
giornate di Milano (1848). Tale guerra, condotta
e definitivamente persa da Carlo Alberto a
seguito della sconfitta nella Battaglia di Novara,
si concluse con un sostanziale ritorno allo statu
quo ante e la salita al trono di Vittorio Emanuele
II a seguito dell'abdicazione del padre.
Il “decennio di preparazione”
 Nei dieci anni successivi alla sconfitta riprese inizialmente vigore
il movimento repubblicano mazziniano, che promosse una serie
di insurrezioni, tutte fallite.
 Quelle che più impressionarono l'opinione pubblica italiana ed
europea furono l'episodio dei martiri di Belfiore (1852), strascico
repressivo austriaco contro le ribellioni avvenute negli anni
precedenti nel Regno Lombardo Veneto, e la disastrosa
spedizione di Sapri (1857), nel Regno delle Due Sicilie, conclusasi
con la morte di Carlo Pisacane e dei suoi 23 compagni, massacrati
dai contadini assieme ad altri patrioti liberati all'inizio della
spedizione dal carcere di Ponza. Fortemente impressionò la
borghesia italiana anche la rivolta milanese del 6 febbraio 1853
che condotta con spirito mazziniano, ossia confidando in una
spontanea
partecipazione
popolare
e
addirittura
nell'ammutinamento dei soldati ungheresi dell'esercito austriaco,
fallì miseramente nel sangue.
La “realpolitik”
 Nel 1850 Camillo Benso conte di Cavour entra nel
governo piemontese: inizialmente come ministro
per il commercio e l'agricoltura, divenendo poi anche
ministro delle finanze e della Marina; infine è primo
ministro il 4 novembre 1852. Fin dall'inizio come
ministro del commercio intraprende un'azione che
punta a molteplici accordi con le nazioni europee ed
approfondisce i contatti viaggiando nell'estate del
1852 ed incontrando a Londra il Ministro degli Esteri
inglese a Parigi Luigi Napoleone ed il ministro degli
esteri francese. Per cui ben presto la politica dei
contatti e degli accordi di Cavour fu ammirata in
Europa, perché mirava a preparare una solida rete di
intese "per una grande operazione nazionale".
La Seconda guerra d’Indipendenza
Napoleone III
Alla ricerca del “casus belli”
 Il biennio 1859-1860 costituì una nuova fase decisiva per il
processo d'unificazione, caratterizzato dall'alleanza tra la Francia
di Napoleone III e il Regno di Sardegna siglata con gli accordi di
Plombieres del 21 luglio 1858, che però non prevedevano ancora
la completa unità italiana estesa a tutta la penisola.
 Il 10 gennaio 1859 Vittorio Emanuele II, inaugurando i lavori del
Parlamento subalpino, pronunciò un famoso discorso dicendo:
«Noi non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti
d'Italia si leva verso di noi»; frase che esprimeva un'accusa di
malgoverno austriaco sugli italiani ai quali il re sabaudo si
proponeva come loro soccorritore e una velata ricerca di "casus
belli": elemento quest'ultimo necessario poiché, secondo gli
accordi, Napoleone III sarebbe entrato in guerra solo in seguito
ad un attacco austriaco al Piemonte.
Arriva l’ultimatum dell’Austria
 Nel frattempo Garibaldi veniva autorizzato a
condurre apertamente una campagna di
arruolamento di volontari nei Cacciatori delle
Alpi,
una
nuova
formazione
militare
regolarmente incorporata nell'esercito sardo.
L'Austria colse nelle parole del sovrano
piemontese e nel riconoscimento ufficiale dei
volontari agli ordini del noto rivoluzionario
mazziniano Garibaldi, che veniva stanziato ai
confini del Lombardo-Veneto, una provocazione
e una sfida.
Iniziano gli scontri
 Dopo mesi, durante i quali sembrava non volesse accadere
nulla, giunse l'ultimatum austriaco al Piemonte con
l'ingiunzione di disarmare l'esercito e i volontari. Cavour in
risposta all'intimazione austriaca dichiarò di voler resistere
all'«aggressione» e a fine aprile giunse la dichiarazione di
guerra degli austriaci che attaccarono il Piemonte
attraversando il confine sul fiume Ticino (26 aprile).
 Il 12 maggio 1859 l'alleato francese Napoleone III, secondo
gli accordi convenuti, entrò in guerra al comando
dell'Armée d'Italie. Seguì nel periodo maggio-giugno una
serie di vittorie franco-piemontesi, ma con molte perdite,
mentre i Cacciatori delle Alpi al comando di Garibaldi dopo
aver preso Varese, Bergamo, Brescia continuavano ad
avanzare verso il Veneto.
A Villafranca si firma
un armistizio

A questi avvenimenti, che sconvolgevano gli accordi di Plombieres sulla
spartizione degli stati italiani, si aggiunsero il malcontento dell'opinione
pubblica francese per l'alto numero di morti nella guerra in Italia e
l'opposizione dei cattolici francesi che vedevano realizzarsi i loro timori
per la perdita dell'autonomia papale. Per cui, Napoleone III firmò un
armistizio (luglio 1859) con l'imperatore Francesco Giuseppe d'Asburgo
che concedeva ai Piemontesi la sola Lombardia in cambio
dell'abbandono delle terre già occupate nel Veneto e della rinuncia a
soddisfare le richieste di annessioni.
 Vittorio Emanuele accettò le condizioni di pace e ritirò i commissari regi
dalle città di Firenze, Parma, Modena, Bologna dove però i governi
provvisori si opponevano alla restaurazione ipotizzando anche una forza
militare comune di difesa, mentre le truppe papaline riprendevano
militarmente il controllo dell'Umbria ribellatasi. Ma Cavour colse
l'occasione delle mutate condizioni offrendo a Napoleone III la Savoia e il
Nizzardo in cambio dell'Emilia e della Toscana che, con il consenso della
Francia, tramite i plebisciti dell'11 e 12 marzo 1860, entrarono a far parte
del Regno di Sardegna.
La Spedizione dei Mille e la
proclamazione del Regno d’Italia
Giuseppe Garibaldi
 Ulteriore passo verso l'unità fu la spedizione "dei Mille"
garibaldini in Sud Italia. Quest'ultima era formata da
poco più di un migliaio di volontari provenienti in
massima parte dalle regioni settentrionali e centrali
della penisola, appartenenti sia ai ceti medi che a quelli
artigiani e operai; fu l'unica impresa risorgimentale a
godere, almeno nella sua fase iniziale, di un deciso
appoggio delle masse contadine siciliane, all'epoca in
rivolta contro il governo borbonico e fiduciose nelle
promesse di riscatto fatte loro da Garibaldi. «Il profondo
malcontento delle masse popolari delle campagne e
delle città, sebbene avesse le sue radici nella miseria e
quindi nella struttura di classe della società, si rivolgeva
contro il governo prima ancora che contro le classi
dominanti».
L’Italia si ricompone
 Mentre Garibaldi avanzava da sud, in agosto insorse la Basilicata
arrivando ad avere un governo provvisorio che rimase in carica
fino all'ingresso di Garibaldi a Napoli(7 settembre 1860). Le
truppe di Vittorio Emanuele II entravano nello Stato della Chiesa
scontrandosi il 18 settembre con l'esercito pontificio nella
Legazione delle Marche, a Castelfidardo, dove ottennero la
vittoria che portò poi all'annessione di Marche ed Umbria. Solo
dopo questa vittoria si poté pensare alla proclamazione del
Regno d'Italia in quanto fu possibile unire politicamente le regioni
del nord e del centro, confluite nel Regno di Sardegna in seguito
alla seconda guerra d'indipendenza, alle regioni meridionali
conquistate da Garibaldi, definitivamente sottratte ai Borbone e
simbolicamente consegnate al Regno d’Italia e ai Savoia nello
storico incontro di Teano, il 26 ottobre del 1860.
Terza guerra d’Indipendenza
 Quando Vittorio Emanuele II divenne re
d'Italia e fu proclamata la nascita del Regno, il
17 marzo 1861, il processo di unificazione
nazionale non poteva considerarsi definitivo,
poiché, da un lato, il Veneto, il Trentino e
Trieste appartenevano ancora all'Austria e
dall'altro Roma era saldamente nelle mani del
Papa. Così, nel 1866 avvenne la terza guerra
d'indipendenza.
Italia e Prussia contro l’Austria
 Le crescenti tensioni fra Austria e Prussia per la
supremazia in Germania (sfociate infine nel 1866
nella guerra austro-prussiana) offrirono al
neonato Regno d'Italia l'opportunità di effettuare
un consistente guadagno territoriale a spese
degli Asburgo. L'8 aprile 1866 il Governo Italiano
(guidato dal generale Alfonso La Marmora)
concluse una alleanza militare con la Prussia di
Otto von Bismarck, grazie anche alla mediazione
della Francia di Napoleone III. Si era creata,
infatti, un'oggettiva convergenza fra i due Stati
che vedevano nell'Impero Austriaco l'ostacolo ai
disegni di unificazione nazionale.
 Il 16 giugno 1866 la Prussia iniziò l'ostilità contro
alcuni principati tedeschi alleati dell'Austria
 La cessazione delle ostilità venne sancita con
l'Armistizio di Cormons, il 12 agosto 1866,
seguito il 3 ottobre 1866 dal trattato di Vienna.
 Secondo i termini del trattato di pace, l'Italia
guadagnò Mantova e l'intera antica terraferma
veneta (che comprendeva l'attuale Veneto e il
Friuli occidentale). Rimanevano in mano
austriaca il Trentino, il Friuli orientale, la Venezia
Giulia e la Dalmazia.
Roma era ancora dei papi
 Seppure alla proclamazione del Regno d'Italia
fosse stata indicata Roma come capitale del
nuovo Stato, la città rimaneva la sede dello Stato
Pontificio, ridotto ormai al solo Lazio e sotto la
protezione delle truppe francesi, che più volte
respinsero i tentativi del governo italiano di
impadronirsi della città. Finché, una azione
energica di truppe italiane, con bersaglieri e
carabinieri in testa, il 20 settembre 1870, riuscì a
entrare dalla breccia di Porta Pia nella capitale.
Roma, capitale del Regno
 Dopo il plebiscito del 2 ottobre 1870 che sancì
l'annessione di Roma al Regno d'Italia, nel giugno del
1871 la capitale d'Italia, già trasferita, secondo la
Convenzione di settembre (1864), da Torino a
Firenze, divenne definitivamente Roma.
 Papa Pio IX, che si considerava prigioniero del nuovo
Stato italiano, reagì scomunicando Vittorio
Emanuele II e proibendo ai cattolici di partecipare
attivamente alla vita politica italiana; e questa
esclusione durò per un cinquantennio e si risolse in
modo definitivo solo con i Patti Lateranensi, del
1929. Ma questa è già un’altra storia.
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