Dott. Massimiliano Marzocca
Psicologo
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www.massimilianomarzocca.it
Cell 347.0747411
L’immersività del videogioco:
“being there” e azione virtuale
Cognizione:
ragionamento, memoria, pensiero
Sono fenomeni invisibili alla coscienza.
Ciò non significa che i videogame agiscano ad
un livello «Inconscio»,ma sicuramente nella
interazione con essi si attivano processi di
cui non si ha percezione cosciente.
Esempio:
Immaginate di giocare al vostro videogioco
preferito, qualunque esso sia.
Sapete elencare ogni singolo tasto che è stato
premuto sulla tastiera o, in alternativa, ogni
singolo comando inviato tramite il joypad?
No...la stessa cosa accade quando digitate
parole sulla tastiera. Conoscete la posizione
dei tasti ma non sapreste riprodurre con
esattezza un disegno di tutti presenti sulla
periferica.
Tale fenomeno ha a che fare con
l’immersività
Immersività
Ogniqualvolta il videogioco funziona, e
sperimentate un piacevole e diretto flusso di
intenzione-azione, la tastiera o il joypad
sembrano scomparire dalla vostra percezione e
la vostra attenzione è totalmente assorbita dalle
vostre azioni nel mondo virtuale e dalle relazioni
dello stesso.
La sensazione di essere lì tende a venire
meno in tre casi:

quando qualcosa di esterno vi distrae dal
gioco

quando sbagliate tasto, o il gioco per
qualche motivo non funziona come
dovrebbe

quando
vi
mettere
a
riflettere
consciamente su cosa sta accadendo
Processi socio-ambientali e
videogiochi
Nel mondo reale e nella normale
comunicazione tra persone, alcuni fenomeni
si manifestano con regolarità.
Uno di questi è la modificazione della
distanza interpersonale.
I partecipanti adattano continuamente la propria
posizione a quella dell’altro.
Questo fenomeno di reciprocità, che avviene in
modo inconsapevole, è stato definito come una
forma di risposta automatica, low-level di influenza
sociale.
Il mantenimento di una corretta distanza
interpersonale sembra manifestarsi allo stesso modo,
anche nei videogiochi MMORPG; quando un party
(gruppo di personaggi-avatar) elabora una strategia
prima di affrontare una quest del gioco, è facile
vedere i singoli avatar disposti a cerchio, oppure
distinguere il leader in una posizione sopraelevata.
Party Ultima Online
Ciò che si intende mettere in luce è la
pervasività di alcune norme sociocomunicative, che tendono a manifestarsi
anche nei mondi virtuali.
Processi socio-ambientali e
videogiochi
l’effetto Proteus
Yee e Bailenson (2007), ispirandosi alla figura
mitologica del dio Proteo, hanno coniato il
termine Proteus effect per indicare le
modalità in cui le caratteristiche dell’avatar
modificano il comportamento dell’utente
all’interno del mondo virtuale.
Utenti che impersonavano avatar attraenti
mostravano maggiore disponibilità a rivelare
informazioni su se stessi in una
conversazione e risultavano più sicuri
nell’interazione.
Gli utenti di avatar particolarmente alti
tendevano a effettuare scelte più aggressive
e autoritarie in un compito virtuale di
negoziazione.
L’effetto Proteus è strettamente legato ad
alcuni concetti:
- l’autodeterminazione:
il
comportamento che mettiamo in atto può
influenzare i nostri processi cognitivi e la
percezione che abbiamo di noi stessi
- la profezia che si auto-avvera: il modo
in cui pensiamo di apparire agli altri influenza
i nostri atteggiamenti e le nostre credenze
L’effetto Proteus mette in luce come tali
meccanismi si instaurino anche all’interno
dei mondi virtuali condivisi, laddove è la
scelta e/o l’utilizzo di un avatar a configurarsi
come
comportamento
comunicativo
fondamentale.
Immersività e presenza
Immersione: è un concetto utilizzato per
descrivere la capacità di sistemi virtuali di
simulare la realtà dei loro contenuti.
Viene definita come il grado in cui gli utenti
sono circondati e coinvolti da informazioni
percettive simulate digitalmente.
Consiste nella possibilità del medium di
consegnare una inclusiva, estensiva, complessa e
vivida illusione di realtà ai sensi dell’utente.
E’ legata a un fenomeno eminentemente
psicologico, riferito
alla
percezione
soggettiva: quando un ambiente virtuale è
adeguatamente immersivo, noi utenti
possiamo sentirci presenti in esso.
E’ un’evoluzione del concetto di telepresenza,
termine coniato da Marvin Minsky nel 1980
per identificare l’esperienza psicologica che
caratterizza gli utenti che utilizzano
teleoperatori.
Un teleoperatore è una macchina che può
essere comandata a distanza da un utente
umano.
Minsky si era reso conto che gli utenti di
teleoperatori esperivano un’importante
modifica del loro vissuto psicologico,
avvertendo l’impressione di essere, tramite
la macchina, nel luogo ove essa si muoveva e
agiva, rispondendo ai comandi, in aggiunta
alla locazione dove si trovava effettivamente
il loro corpo.
La più totale immersione sensoriale non è
necessariamente una garanzia perché si
instauri un senso di presenza nell’ambiente
virtuale, o perché tale senso di presenza si
presenti alla percezione in modo più o meno
consistente ed efficace.
Teorie sul senso di presenza
Le prime attestazioni del sense of presence o, meglio,
della media presence non approfondiscono la
natura psicologica del fenomeno, considerandolo una
mera conseguenza secondaria della funzionalità delle
tecnologie: il realismo grafico dell’ambiente mostrato,
la sofisticatezza degli input sensoriali che esso è in
grado di consegnare alla percezione dell’utente e la
puntuale responsività dei comandi fanno sì che la
persona, oggetto passivo della fruizione, venga
efficacemente “ingannata” dalla tecnologia e
percepisca il prodotto digitale come un elemento del
mondo reale.
Concezione percettiva o
gestaltica
(Slater, 2002)
Il contenuto della nostra percezione non
consiste in una ricezione passiva di stimoli
bensì nel risultato di un processo di
strutturazione che tende a costruire una
forma integrata e distinguibile.
Tipico è il riferimento alle
illusioni ottiche.
In essa è possibile vedere una giovane ragazza con il volto rivolto verso sinistra o
un’anziana signora a capo chino.
Per Slater, la sensazione di presenza in un
ambiente virtuale emerge da un processo di
questo tipo, per cui l’utente riceve due
diversi flussi sensoriali, uno proveniente
dall’ambiente reale e uno dal mondo virtuale
in cui è immerso.
Se l’utente giunge a “preferire” quella
proveniente dall’ambiente virtuale, può
sentirsi presente in esso.
Davanti a un’illusione ottica gestaltica la
percezione di un’immagine è rigidamente
esclusiva dell’altra (non posso percepire la
giovane donna e la signora anziana nello
stesso istante), mentre nel caso della
virtualità l’impressione del “being there”
non esclude la coscienza della reale
locazione del proprio corpo.
Teorie Agentive
Zahorik e Jenison (1998)
Gli studi del senso di presenza nel contesto
dei videogiochi tendono a priviegiare le
teorie agentive, considerando il grado del
senso di presenza sperimentato in un
ambiente come equivalente al numero di
azioni efficaci sperimentate nell’ambiente
stesso.
L’accoppiamento tra azione e percezione
permette all’utente di sentirsi o meno in un
luogo.
Muovendosi e agendo nello spazio, egli
percepisce le proprie azioni dispiegarsi
intorno a sé e condurre alle conseguenze
attese: ciò gli permette di localizzarsi
intuitivamente nell’ambiente.
L’anello di congiunzione tra la percezione e
l’azione consiste nella affordance (Gibson,
1979): indica le proprietà degli oggetti che
promuovono il loro possibile utilizzo (una
maniglia è l’affordance che promuove l’apertura di una porta,
mentre il manico di una tazzina è l’affordance che ne
promuove la prensione).
Negli ambienti, reali e/o virtuali, sono
sempre presenti queste proprietà e la loro
immediatezza è fondamentale perché
l’utente
percepisca
la
responsività
dell’ambiente alla sua azione.
Esempi delle affondance sono facilmente
rilevabili nei first person shooter, che
spesso fanno incontrare il giocatore con
variegate tipologie di nemici che richiedono
strategie differenti per essere sconfitti.
Alle concezioni agentive è acrivibile un limite
concettuale: se il sentirsi presenti in un luogo
dipende dal successo esperito dalle azioni,
ciò significa che è impossibile “sapere dove si
è” fin quando un’azione completa non è
stata portata a termine.
Ovvero: non è possibile avvertire il senso di
presenza finché non ho praticamente
sperimentato e portato a termine quella
azione.
Per rispondere a questa obiezione, Riva
sviluppa...
Teoria intenzionale della presenza
(Riva, 2008-2009)
Il vissuto di presenza segue l’impressione di
poter attuare le proprie intenzioni nell’ambiente
medesimo.
L’utente percepisce l’ambiente, e ancor prima di
agire, sente di poter instaurare con esso una
relazione nell’immediato, attraverso le risorse
che la mente, il corpo e l’eventuale mediazione
tecnologica mettono a sua disposizione.
Senso di presenza e variabili
secondarie
Variabili riferibili all’utente
Variabili proprie del medium stesso
Lo stato psichico dell’utente ha mostrato
in numerose ricerche importanti effetti
sulla qualità del senso di presenza
esperito.
L’utente non costituisce il referente passivo
dell’esperienza virtuale bensì instaura con
essa una relazione attiva ove la sua
predisposizione può svolgere un ruolo
fondamentale.
La qualità della fruizione è influenzata da
fattori attentivi e motivazionali: l’effettivo
interesse della persona modula il suo
atteggiamento così come l’eventuale
esperienza pregressa nell’utilizzo di quella
stessa tecnologia.
Variabili riferibili all’utente:
I^ variabile


hard gamers (giocatori esperti)
casual gamers
(giocatori occasionali)
o
non-gamers
Variabili riferibili all’utente:
2^ variabile
Il senso di presenza che un soggetto può
sperimentare in un ambiente virtuale ha
mostrato moderate correlazioni con
differenze individuali, in particolare con la
tendenza del singolo individuo alla
“sospensione dell’incredulità”.
Sospensione dell’incredulità
Ovvero la capacità di un individuo, di
sospendere le prorie facoltà critiche, di
realismo, a volte di logica, al fine di godere di
uno spettacolo e «per il bene del
divertimento»
Variabili riferibili al medium:
- la forma del medium (gli aspetti tecnici e
grafici): il realismo pittorico di un ambiente
virtuale contribuisce a generare l’illusione
percettiva di un luogo reale
- la ricchezza sensoriale: si riferisce al
numero di canali sensoriali stimolati e
all’accuratezza delle rappresentazioni
Elementi importanti risultano essere:
- risposta temporale del sistema ai
comandi dell’utente
- la larghezza del campo visivo che la
tecnologia può stimolare (monitor vs hmd)
Elementi importanti risultano essere:
- la larghezza del campo visivo che la
tecnologia può stimolare (monitor vs hmd)
Altre variabili
- Contenuto: le persone possono riportare
di aver vissuto un maggior senso di presenza
a motivo dei caratteri fortemente emotivi
dell’esperienza, o grazie a importanti
informazioni a proposito del luogo in cui si
trovavano
La variabile di contenuto può anche riferirsi
alla presenza percepita di altri
nell’ambiente virtuale.
La presenza di qualcun’altro nel videogame
influenza profondamente il mio stato
emotivo, determinando così un maggiore
senso di presenza.
Social presence
Presenza sociale
le altre persone sono presenti con noi
all’interno dell’ambiente.
Social presence nelle realtà vituali:
- il successo di un MMORPG dipende in
gran parte dal fatto che riconoscere gli altri
giocatori e relazionarsi, collaborare e
competere con loro siano attività ben
supportate dal gioco stesso
- è possibile sperimentare un vissuto di
presenza sociale anche in riferimento a
figure digitali che non rappresentano utenti
reali (personaggi non giocanti)
Biocca e Harms (2002)
I fattori che influenzano l’impressione di
“essere qui con altri” sono:

consapevolezza sensoriale degli altri: la
rappresentazione
degli
altri
innesca
un’impressione sensoriale dell’altro che
esiste all’interno di un continuum (minimaintensa)

coscienza
reciproca:
l’utente
è
consapevole dell’altro, e l’altro è consapevole
dell’utente

accesso all’intelligenza: la presenza
sociale viene attivata quando l’utente ritiene
che un soggetto in un ambiente mostri
intelligenza nelle sue reazioni all’ambiente
stesso e all’utente

rilevanza
della
relazione
interpersonale: influisce sulla distanza
avvertita tra l’utente e l’altro, nel senso della
qualificazione affettiva

intimità e immediatezza: fa riferimento a
un particolare stato cognitivo in cui gli
individui si sentono più o meno direttamente
“presenti” nell’interazione, e nello specifico
all’interno del processo mediante il quale i
rapporti vengono creati

comprensione reciproca: la definizione di
presenza sociale sottolinea la capacità di
proiettare un senso di sé attraverso i limiti di
un medium

impegno comportamentale: la presenza
sociale implica la negoziazione efficace di un
rapporto attraverso un interdipendente,
interattivo scambio di comportamenti
Il concetto di flow
Perché un videogiocatore non riese a staccare gli
occhi dallo schermo?
Quali sono le radici psicologiche di tale
esperienza?
Perché, invece, alcuni videogiochi ci annoiano o ci
lasciano addirittura indifferenti?
La scoperta del flow
Mihaly Csikszentmihalyi, iniziando il
proprio operato negli anni ‘70, a contatto
con molti artisti. Si era accorto di come,
indipendentemente dal fatto che per molti di
essi le opportunità di ascesa sociale o
economica fossero assai ridotte, la passione,
la dedizione e la gioia per il proprio lavoro
rimanessero pressoché invariate nel tempo.
C’era qualcosa di irrinunciabile nel processo
creativo stesso che li spingeva a continuare:
la possibilità di perdersi in una bolla senza
tempo e di entrare in pieno contatto con le
proprie composizioni, accedendo a uno stato
di piena fluidità (to flow ossia scorrere, fluire)
della coscienza in cui mente e corpo
lavorano all’unisono in perfetta armonia.
Parlare di flow significa dunque fare
riferimento a un’esperienza di totale
concentrazione, dedizione e divertimento in
una particolare attività.
L’assorbimento nell’attività è talmente
intenso che ad essa dedichiamo tutte le
nostre risorse mentali. È infatti, soltanto in
un secondo momento che ci si può rendere
conto del fatto che qualcosa di straordinario
si sia appena verificato.
Il flow si caratterizza per due aspetti
fondamentali:
- è uno stato universale: attestato in
contesti, culture e momenti molto diversi fra
loro. Può essere esperibile da bambini, giovani,
adulti ed anziani.
- diventa protagonista di un processo di
selezione psicologica: al fine di massimizzare
le possibilità di una sopravvivenza fisica e
mentale fortemente improntata al benessere, gli
individui devono cercare di riprodurre nel
tempo le situazioni che sono fonte di piacere e
soddisfazione.
Il flow agisce come imbuto esperenziale,
facendoci assaporare concretamente quali
siano queste esperienze, aiutandoci ad
identificarle fra le numerose stimolazioni cui
siamo esposti e spingendoci ad esserne
nuovamente protagonisti.
Il gioco, e di conseguenza il videogioco, sono
contesti particolarmente in grado di favorire
il nostro ingresso nello stato di flow.
Quando giochiamo non siamo forse talmente
immersi nell’attività ludica da perdere la
cognizione del tempo e di quanto accade
intorno a noi?
Quando giochiamo abbiamo la possibilità di
immergerci in un cerchio magico, uno spazio
protetto, capace di garantire elevati livelli di
sicurezza psicologica e di stimolare,
attraverso il divertimento e la motivazione
intrinseca, il desiderio di sperimentare e la
curiosità.
Il
gioco
rappresenta
un’esperienza
estremamente appagante e gratificante in cui
i confini tra lo spazio dell’azione e
dell’intenzione, così come quelli temporali, si
fanno sempre più sfumati.
Ne risulta uno stato di profonda
concentrazione in cui la paura del fallimento
lascia spazio alla gioia e al piacere di fare.
Alto
CHALLENGE
ANSIA
FLOW
Basse
SKILL
Alte
SKILL
APATIA
NOIA
Basso
CHALLENGE
Le dimensioni del flow
Lo stato di Flow può essere analizzato
facendo riferimento a nove dimensioni
fondamentali.
1. Equilibrio fra challenge (sfide)
e skill (abilità)
L’attività nella quale il soggetto è coinvolto deve
essere sufficientemente sfidante e stimolante,
mettendo alla prova la capacità che questi
percepisce di avere.
In caso contrario, a fronte di un’eccessiva
discrepanza fra le richieste del compito e le skill
percepite, la persona può esperire ansia, apatia
oppure noia.
2. Unione fra azione e coscienza
La mente e il corpo funzionano all’unisono.
Fenomeno molto comune in persone
particolarmente creative: artisti, scrittori e
musicisti che riescono ad integrare lo
scorrere delle loro idee con il flusso
dell’inchiostro, delle pennellate o delle note.
Il
fatto
che
il
videogiocatore abbia
una percezione di
assoluta fluidità e
naturalezza
non
significa però che
l’attività non implichi
alcuno sforzo: al
contrario,
essa
richiede
molte
energie e impegno
assoluto.
3. Mete chiare
Il videogioco deve constantemente indicare
all’utente un percorso d’azione chiaro e
contrassegnato da tappe specifiche.
I generi che lavorano con grande efficacia su
questo aspetto sono le simulazioni.
es. The Sims: all’inizio della partita ciascun
giocatore ha a disposizione una specifica
quantità di denaro che deve impiegare per
acquistare un appezzamento di terra.
4. Feedback immediato
Il soggetto è in grado di sapere se si è mosso
correttamente o meno, e quindi di intuire
quali modificazioni apportare alla sua
condotta.
5. Concentrazione sul compito
L’immersione nell’attività è tale che tutto il
resto perde la sua importanza: ci
dimentichiamo di quello che ci circonda e le
interferenze esterne non ci condizionano.
6. Senso di controllo
Il videogiocatore si sente l’assoluto
protagonista delle proprie azioni.
7. Perdita di auto-consapevolezza
La fluidità della coscienza può essere
talmente intensa da determinare una
scomparsa del controllo consapevole.
8. Destrutturazione del tempo
Lo scoccare delle ore e dei minuti nella
realtà è assoggettato ad un orologio
interiore, completamente adattato ai nostri
ritmi.
9. Esperienza autotelica
Un’esperienza è favorita da un’autentica
motivazione interna e dalla possibilità di
rintracciare nell’attività un straordinario
senso di divertimento, piacevolezza e
appagamento.
Networked flow
Sensazione di essere con altri sé all’interno
di un ambiente, sia esso reale o virtuale,
risultato della capacità di riconoscere
intuitivamente nell’ambiente le intenzioni
altrui.
L’emergenza di un flow condiviso all’interno del
gruppo si stabilisce attraverso 6 fasi:

incontro

riduzione delle distanze: in termini sia
spaziali che affettivi

liminalità o azione parallela: i soggetti
orientano se stessi e il gruppo appena nato in
una direzione ben precisa (il gruppo inizia a
percepire un’intenzionalità comune, assumendo
un’identità distinta da quella degli altri gruppi
presenti nel contesto)

networked flow: il gruppo sperimenta
pienamente il nuovo contesto d’azione

networked flow - creazione di un
artefatto: il potenziale creativo del gruppo
si esplicita nella creazione di un artefatto

networked flow - applicazione
dell’artefatto alla realtà sociale
Il fenomeno di networked flow interessa i
videogiochi dal punto di vista dell’azione
condivisa ove l’artefatto, culmine dell’attività
creativa del gruppo, coincide primariamente
con le strategie messe in atto dai giocatori.
Un networked flow mediato è senz’altro
possibile nel contesto del MMORPG, ove i
giocatori spendono diverse abilità d’azione a
partire dalle caratteristiche dei loro avatar
nell’ambiente.
GTP – Game Transfer Phenomena
Il videogioco genera in noi vissuti particolari,
ovvero ci garantisce peculiari esperienze
senza che ce ne rendiamo necessariamente
conto: quanto appreso nel videogioco, si
trasla all’interno della realtà.
Angelica Ortiz de Gortari (2011)
Elementi dei videogiochi possono essere
associati con elementi del mondo reale, con
l’effetto che questi ultimi generano
automaticamente pensieri, sensazioni e
comportamenti specifici nei giocatori.
Il coinvolgimento operato dai videogiochi nei
confronti dei giocatori avviene a tre livelli:
1) comportamentale: nei termini di
ripetitivi pattern di comportamenti appresi
dai giocatori per cui la frequenza, la durata
e la quantità di tali azioni divengono abituali
2) emozionale: riferito all’investimento
personale e alla partecipazione in prima
persona nel gioco che altera attivamente lo
stato emotivo del giocatore
3) percettivo: legato alla varietà di stimoli
sensoriali prodotti dal virtuale che,
promuovendo una potente concentrazione,
portano a esperienze quasi dissociative
I tre tipi di coinvolgimento videoludico
concorrono a generare l’apprendimento di
elementi associabili all’esperienza reale, per
cui le meccaniche del videogioco ritornano
alla mente quando si affrontano problemi e
stimoli nella vita quotidiana.
“La gravity gun di Half Life. Mi piacerebbe poterla
usare spesso. Per esempio quando vorrei qualcosa
dal frigo e non ho voglia di alzarmi per andare fin
là”
(Simon, 15 anni)
“Giocavo a Tomb Ryder e potevo raggiungere gli
oggetti con il rampino di Lara e quando ho visto
una ciotola nella nostra dispensa che non arrivavo
a prendere…ho desiderato di avere quel rampino,
così l’avrei raggiunta”
(Eva, 16 anni)
“Il pensiero è saltato fuori nella mia mente, così: oh,
pensa se fossi in grado di usare i miei poteri
telecinetici per spostare questa macchina, così da
andare avanti col mio motorino”.
(Anton, 15 anni)
“Se esco di casa dopo aver giocato ad Assassin’s
Creed…guardo i muri e gli edifici e penso…oh, mi
sembra di poterli scalare, perché quando sono nel
gioco posso correre e saltare e arrampicarmi in
fretta…e questo mi segue fino alla vita reale!”
(Leo, 17 anni)
Fenomeni simili appaiono evidentemente
legati alle affordance, ovvero le opportunità
d’azione che impariamo a percepire negli
oggetti.
Un muro è normalmente un oggetto che
non rappresenta affordance di scalata; ma se
abbiamo fatto l’esperienza di scalarne molti,
indipendentemente dal fatto che ciò che sia
accaduto davvero o solo in un gioco,
percepire una parete diventa un’esperienza
del tutto nuova.
Game Transfer Phenomena
Importante indicatore di quanto l’esperienza
virtuale può essere efficace nel modificare la
percezione delle nostre capacità…se non le
nostre capacità effettive.
Scarica

being there e azione virtuale.