PAUL-MARIE
VERLAINE
30/03/1844
08/01/1896
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Sara, De Marco Kevin, Infantino
1844 nasce un poeta...
E' il 1844 quando a Metz nasce un poeta, il suo nome è Paul Marie Verlaine,
appartenente ad una famiglia borghese, studia verso il collegio Institution Landry
(1850). Nel 1862 consegue il baccalaureato in lettere, decidendo successivamente
di iscriversi alla facoltà di giurisprudenza, dopo gli studi trova impiego al comune.
Verlaine era un abituario frequentatore dei caffè e salotti letterari parigini. Nel
1866 collaborò al primo Parnasse Contemporaine ( 3 volumi collettivi di poesie )
pubblicando successivamente i poemi Saturnini; poesia che mette in luce la sua
malinconia, la fatalità e la negatività interna del suo essere. Le sue poesie
subiscono molto l'influenza di altri poeti, tra questi Boudlaire, poeta che segue
come lui il movimento decadentista.
Un triangolo amoroso...
Ha solo 17 anni Paul Verlaine quando incontra Arthur Rimbaud. Tra i due
nasce presto una relazione: Verlaine è presentiment colpito dallo charme
del ragazzo ma è anche dibattuto tra l'amore che prova per la moglie, e la
passione dilaniante per il giovane amico.
Agli inizi della relazione comunque le cose tra i due procedono bene: questi
trascorrono gran parte del loro tempo assieme, ma questa loro relazione è
uno dei grandi scandali dell'epoca, e anche la vita familiare di Verlaine ne è
turbata: vittima di maltrattamenti da parte del marito, spesso ubriaco, la
moglie Mathilde finisce per scappare con il figlio.
egli rimase molto abbattuto dall'accaduto e cerca conforto in Rimbaud, ma
è ancora troppo legato alla moglie e le promette di cambiare vita e lasciare
definitivamente Rimbaud.
Quest'ultimo amareggiato dalla scelta di Verlaine decide di rifarsi una vita
viaggiando per il mondo; prima di partire riprende contatti con Verlaine
avvisandolo della sua scelta, finendo per scappare insieme.
La moglie di Verlaine li raggiunge a Bruxelles per riprendersi il marito ma lui
la rifiuta, così ferita e arrabbiata torna a Parigi e chiede la separazione dal
coniuge
Il triangolo continua...
Quando Verlaine viene informato della decisione della moglie riprende il
vizio dell'alcool, Rimbaud vedendo il comportamento inadeguato e violento
che aveva assunto il compagno decide di scappare.
Verlaine solo e abbandonato decide di riconcigliarsi con la moglia, ma
questa rifiuterà.
Verlaine nella più completa disperazione scrive una lettera alla madre nella
quale menziona l'idea del suicidio, questo porta la madre ad avvisare
Rimbaud e raggiungere insieme Verlaine.
Verlaine e Rimbaud riprovano una nuova relazione che però continua ad
avere alti e bassi, portando a liti frequenti fino a quando una sera Verlaine
spara a Rimbaud ferendolo e portandolo a denunciarlo.
Solo dietro le sbarre...
Sebbene Rimbaud avesse dichiarato di non voler denunciare il suo "amico"
per essere stato ferito, Verlaine viene ugualmente condannato per il reato
di sodomia, scontando 2 anni di prigione, dove scriverà una delle suo opere
più importanti intitolata "Mes Prisons", romanzo che parla della sua vita in
carcere, dove racconta tutto se stesso.
Arriva la fine...
Nel 1885 ufficialmente divorzia dalla moglie, purtroppo continua a essere
schiavo dell'alcool e in un momento di pazzia cerca di strangolare la madre
finendo nuovamente in carcere. Dal 1887 Verlaine cade nella miseria più
totale inoltre le sue condizioni di salute vanno peggiorando aggravate
dall'alcool e da una malattia venerea presa andando con molte prostitute,
finisce i suoi mesi di vita passandoli tra i caffè e gli ospedali, in questo
periodo scrive poesie fortemente erotiche, nel 1894 viene eletto principe
dei poeti insieme a una piccola somma di denaro, morirà a Parigi nel 1896 di
polmonite.
Da: Dédicaces
A Arthur Rimbaud
MORTEL, ange ET démon, autant dire Rimbaud,
Tu mérites la prime place en ce mien livre,
Bien que tel sot grimaud t'ait traité de ribaud
Imberbe et de monstre en herbe et de potache ivre.
Les spirales d'encens et les accords de luth
Signalent ton entrée au temple de mémoire
Et ton nom radieux chantera dans la gloire,
Parce que tu m'aimas ainsi qu'il le fallut.
Les femmes te verront, grand jeune très fort,
Très beau d'une beauté paysanne et rusée,
Très désirable d'une indolence qu'osée!
L'histoire t'a sculpté triomphant de la mort
Et jusqu'aux purs excès jouissant de la vie,
Tes pieds blancs posés sur la tête de l'Envie.
Da: Dédicaces - Traduzione
A Arthur Rimbaud
Mortale, angelo E démone, vale a dire Rimbaud,
tu meriti il primo posto in questo mio libro,
benché uno sciocco imbrattacarte t'abbia trattato da debosciato
imberbe e mostro in erba e studente ubriaco.)
Le spirali d'incenso e gli accordi di liuto
segnalano il tuo ingresso nel tempio della memoria
e il tuo nome radioso canterà nella gloria,
perché mi hai amato come bisognava.
Le donne ti vedranno gran giovanotto forte,
bellissimo d'una bellezza contadina ed astuta,
molto desiderabile, di un'indolenza audace!
La storia ti ha scolpito trionfante sulla morte
e fino ai puri eccessi amante della vita,
poggiati i bianchi piedi sulla testa dell'Invidia!
languore
Io sono l'Impero alla fine della decadenza,
che guarda passare i grandi Barbari bianchi
componendo acrostici indolenti in aureo stile
in cui danza il languore del sole.
L'anima solitaria soffre di un denso tedio.
Laggiù, si dice, lunghe battaglie cruente.
Oh, non potervi, così debole nei miei lenti desideri,
oh, non volervi fiorire un po' quest'esistenza!
Oh, non volervi, non potervi un po' morire!
Ah, tutto è bevuto! Batillo, hai finito di ridere?
Ah, tutto bevuto, tutto mangiato! Più nulla da dire!
Solo, una poesia un po' sciocca da gettare nel fuoco,
solo, uno schiavo un po' frivolo che vi trascura, solo,
una noia di chissà cosa che vi affligge!
languore
Questa famosa lirica venne pubblicata per la prima volta sulla rivista Il gatto nero
nel 1883. Fu subito interpretata come il manifesto del nascente Decadentismo.
Schema metrico: sonetto di 14 versi raggruppati in 2 quartine e 2 terzine.
Spiegazione parola per parola del testo
Sono l'impero: io sono (cioè mi sento) come l'impero romano nella sua fase più
tarda, subito prima del disfacimento.
Barbari bianchi: gli invasori germanici erano di carnagione chiara.
Acrostici: giochi di parole, nell'acrostico le lettere iniziali di ogni verso, se lette di
seguito, formano parole di senso compiuto. Dunque non compone più vera poesia,
perché non ha più niente da dire.
Il languore del sole... d'oro: un tramonto rosso fuoco, bellissimo nei suoi colori. Il
poeta lo contempla da lontano, proprio come da lontano osserva l'invasione dei
barbari, cioè la vita che avanza.
Batillo: un celebre attore di Alessandria d'Egitto, caro a Mecenate. Più che citare un
personaggio storico, il poeta allude a una generica figura di artista dell'antichità.
Tutto è bevuto, tutto è mangiato!: non solo il poeta ha già consumato e
sperimentato tutto; più in generale, l'impero improduttivo ha sperperato ogni sua
ricchezza, mentre i barbari stanno portando via quanto è rimasto.
Tesdio: in francese ennui, è la noia esistenziale. Richiama il languore del v. 4 e
lo spleen di Baudelaire.
languore
Analisi del testo e commento
Languore divenne immediatamente celebre, perché sintetizzava con efficacia il diffuso
senso di decadenza che circolava nella cultura dell'epoca. La condizione
contemporanea viene paragonata a quella dell'impero romano intorno al IV-V secolo
d.C., all'epoca cioè delle invasione barbariche; un'età proverbialmente di crisi e
sfinimento.
La sofferenza nasce non da un evento preciso, ma, come dice il titolo, da un
indeterminato languore, al quale il poeta non sa come reagire e da cui anzi si sente
attratto. Su di lui pesa un'invincibile pigrizia, una specie di paralisi, che però, benché
dolorosa, viene percepita come inevitabile: la storia e la vita si svolgono altrove; qui, nel
luogo e nel tempo in cui vive il poeta, le cose vanno così e non ci si può far nulla.
Il poeta si sente estenuato anche perché gli pare impossibile fare nuove esperienze:
ormai ha provato tutto (Tutto è bevuto, tutto è mangiato!, v. 11), anche in senso
intellettuale. Il pensiero, la poesia sono infatti presentati come un gioco (comporre
acrostici indolenti, v. 3), raffinato, sì, ma inutile, privo di effetti sull'esistenza comune.
Perciò, alla fine, non rimane che lasciarsi andare, abbandonarsi al tedio (v.14).
Il fascino delle poesie di Verlaine dipende anche da una raffinatissima musicalità, che in
traduzione purtroppo si perde. Il poeta ha scelto una forma chiusa e classica come il
sonetto, per costruire una scena apparentemente oggettiva, in ciò simile alle
rappresentazioni dei parnassiani. Ma qui Verlaine usa un quadro esterno per rendere
un sentimento interiore, una condizione soggettiva, sentita però come rappresentativa
dello stato d'animo della prima generazione decadente.
Arte Poetica (Paul Verlaine)
La musica prima di tutto
e dunque scegli il metro dispari
più vago e più lieve,
niente in lui di maestoso e greve.
Occorre inoltre che tu scelga
le parole con qualche imprecisione:
nulla di più amato del canto ambiguo
dove all’esatto si unisce l’incerto.
Son gli occhi belli dietro alle velette,
l’immenso dì che vibra a mezzogiorno,
e per un cielo d’autunno intepidito
l’azzurro opaco delle chiare stelle!
Perché ancora bramiamo sfumature,
sfumatura soltanto, non colore!
Oh! lo sfumato soltanto accompagna
il sogno al sogno e il corno al flauto!
Fuggi più che puoi il Frizzo assassino,
il crudele Motteggio e il Riso impuro
che fanno lacrimare l’occhio dell’Azzurro,
e tutto quest’aglio di bassa cucina!
Prendi l’eloquenza e torcigli il collo!
Bene farai, se con ogni energia
farai la Rima un poco più assennata.
A non controllarla, fin dove potrà andare?
O chi dirà i difetti della Rima?
che bambino stonato, o negro folle
ci ha fuso questo gioiello da un soldo
che suona vuoto e falso sotto la lima?
E musica, ancora, e per sempre!
Sia in tuo verso qualcosa che svola,
si senta che fugge da un’anima in viaggio
verso altri cieli e verso altri amori.
Sia il tuo verso la buona avventura
spanta al vento frizzante del mattino
che fa fiorire la menta ed il timo...
Il resto è soltanto letteratura.
Arte Poetica (Paul Verlaine)
La poesia viene scritta nel 1874 e pubblicata nel 1882 su "Paris Moderne". Il critico Charles Morice, che poi
diverrà suo amico, lo critica per l’ermetismo e il disprezzo della rima.
È un chiaro manifesto di una poetica che contesta le convenzioni letterarie comunemente accettate ("aglio di
bassa cucina", 20). Questa una poesia programmatica avrà una profonda risonanza sugli sviluppi della poesia
simbolista. Verlaine sistematizza idee e pratiche di rottura dei canoni poetici già emerse nelle opere precedenti.
Positivamente, egli ricerca
a) una poesia capace di risolvere la parola in musica verbale evocativa (intento che troverà in Italia un grande
continuatore in D'Annunzio): ad esempio, si teorizza l’uso di sillabe dispari che dà il tono musicale.
b) l'ambiguo che sconvolga le intenzioni definitorie del lettore (6), del suggestivo "gli occhi deliziosi dietro veli, la
grande luce tremula del mezzogiorno" (9-10), dell'imprevisto, dello sfumato ("la cosa che s'invola", 30).
La poesia deve evocare, spingere al di là verso mondi nuovi. La dissoluzione della realtà contingente suggerisce
una nuova rivelazione delle cose ("la cosa che dilegua"; la fuga dell’anima irrequieta verso "altri cieli, altri amori"):
una realtà diversa che né la ragione, né i sensi o il sentimento, viziati dalla convenzione, possono cogliere. La
poesia diviene "la buona avventura" (33) che tende all' "Azzurro" (19), la riscoperta del mondo nella luce
mattutina d’una ritrovata infanzia, d’un contatto elementare con la vita.
Solo questa poesia - musica è capace di ricreare "l’essenza viva", mutevole e impalpabile, del soggetto,
ondeggiante fra l’anima e le cose.
In questa ascesi poetica occorre liberarsi di vecchi inutili armamentari. In concreto, egli rifiuta
a) la poesia chiara, la classica nitidezza delle immagini;
b) la rima eccessivamente elaborata, tipica dei parnassiani e di ogni classicismo, che con la sua precisione nelle
cadenze è incompatibile col fluttuare del sogno
c) l’altisonante "eloquenza" romantica che attribuisce alla poesia una funzione ideologica, come espressione
propagandistica di contenuti edificanti, morali, patriottici, ecc.). A essere condannati sono anche gli effetti "forti" e
troppo rozzi della comicità.
Canzone d’autunno(Paul Verlaine)
I lunghi singulti
dei violini
d'autunno
mi lacerano il cuore
d'un languore
monotono.
Pieno d'affanno
e stanco, quando
l'ora batte
io mi rammento
remoti giorni
e piango.
E mi abbandono
al triste vento
che mi trasporta
di qua e di là
simile ad una
foglia morta.
Il passare del tempo, il ricordo dei remoti giorni e la
consapevolezza della precarietà della condizione
dell'uomo, quasi foglia morta in balia del vento, sono i
temi di questa lirica.
Ma tutto ciò è detto con quell'abbandono malinconico,
con quella languida leggerezza di toni e soprattutto
con quella fluida musicalità, le caratteristiche di fondo
della poesia di Verlaine.
La poesia ha diverse impressioni, rese attraverso un
linguaggio metaforico. Così il soffiare dei venti
autunnali si trasforma nel suono di un violino
percepito come un singhiozzo, capace di mordere il
cuore con il suo languore : ogni verso determina una
pausa nel ritmo che risulta spezzato, come
singhiozzante.
L’immagine finale della foglia morta, che vaga spinta
dal vento, riproduce con evidenza figurativa questo
procedere del discorso poetico.
Canzone d’autunno(Paul Verlaine)
Chanson d'automne
Les sanglots longs
Des violons
De l'automne
Blessent mon coeur
D'une langueur
Monotone.
Tout suffocant
Et blême, quand
Sonne l'heure,
Je me souviens
Des jours anciens
Et je pleure
Et je m'en vais
Au vent mauvais
Qui m'emporte
Deçà, delà,
Pareil à la
Feuille morte
https://www.youtube.com/watch?v=ct_V1LxnBRA
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PAUL-MARIE VERLAINE 30/03/1844 08/01/1896