P
a
n
c
r
a
z
i
o
Che cos’ è?
Il pancrazio è un antico sport da combattimento,
un agone atletico, che faceva parte dell'atletica
pesante di origine greco antica e consisteva in un
misto di lotta e pugilato.
Questa disciplina era un insieme di tecniche prese
dalla lotta e dal pugilato e adattate ad un nuovo
sistema di combattimento.
Inoltre erano inserite tecniche sviluppate solo per
questo contesto, le Pankration techne, che
davano modo di fluire durante l'azione totale e
permettere l'uso di qualsiasi abilità che in uno sport
totale è ed era ritenuto essenziale.
Infatti caratteristica originale era il poter
combattere a tutti i livelli di altezza e a tutte le
distanze.
Fino all'arrivo contemporaneo delle nuove
discipline come il vale tudo prima e le arti marziali
miste poi, il pancrazio fu l'unico "sport" da
combattimento totale dell'umanità.
Come funzionava il
Pancrazio?
Gli incontri di pancrazio venivano effettuati a mani nude.
Scena di un pancrazio: l'arbitro punisce con una frusta un atleta che tenta di accecare
l'avversario.
Non c'erano né round e né limiti di tempo, si combatteva fino alla resa di uno dei
due che poteva essere per cedimento, per il classico ko o dichiarata dallo stesso atleta,
che onorava, quando poteva fisicamente, il vincitore mostrando la sconfitta alzando
l'indice in su verso l'arbitro.
Talvolta e non di rado un atleta si ritirava per timore di scontrarsi con qualche campione
che vinceva senza "sporcarsi di sabbia", l'Akoniti.
Una delle storie più famose è quella di Arrachione che spezzo la caviglia, ma nel farlo
morì soffocato proprio mentre l'avversario si arrendeva; i giudici furono costretti a
decretarlo vincitore da morto.
Neanche il ring (o la gabbia) come lo concepiamo noi era presente ma sia le gare, che
gli allenamenti, si svolgevano in uno spazio con sabbia predisposto nello stadio o nella
palestra chiamato Skamma, questo attutiva tra l'altro le cadute e dava maggior stabilità
nelle tecniche effettuate in piedi.
Alcuni atleti divennero talmente importanti e famosi che le loro imprese arrivarono oltre
le frontiere dei territori del mondo greco-romano, come fu' per il campione Polidamante
di Scotussa.
Polidamante di Scotussa
Viene ricordato per essere stato il vincitore di Pancrazio nella 93esima
olimpiade (408 a.C.).
Le gesta eroiche di questo campione arrivarono anche in Persia,
dove Dario II lo invitò alla città di Susa, nemica acerrima della Grecia, per farlo
sfidare da tre combattenti persiani, chiamati gli "immortali" per la loro forza
ed astuzia.
Per il mondo greco, combattere al di fuori delle competizioni regolamentari
atletiche, era una cosa impensabile, non concepibile, ma i persiani
che non vedevano di buon occhio il mondo della palestra (come descritto
da Luciano nell'Anacarsi) volevano uno scontro cruento, violento fino alla
morte, al di fuori da ogni regola di gara.
Polidamante che aveva vinto centinaia di incontri, accettò senza batter ciglio e
si presentò al combattimento (chiese solo di essere pagato profumatamente),
dove affrontò tutti e tre, con poco tempo per riposare tra uno e l'altro
"incontro".
Ne ammazzo' due e fece scappare l'ultimo combattente in preda alla paura;
tutti i persiani rimasero sconvolti da tale potenza e da tali conoscenze.
La visione atletica e dell'allenamento greco incominciò così ad incuriosire
anche popoli nemici o lontani ed arrivare, come nel caso di Alessandro in
Grande, sino alla lontana India dove l'importazione di questa nuova realtà fece
nascere le prime pratiche agonali indiane.
Un “immortale” persiano
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