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Corporate governance nel modo
Prof. Renato Ruffini
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• Il termine corporate govenance è utilizzato
con con differenti accezioni al fine di:
– ADEGUARSI ALLE DIFFERENTI REALTA’
– AZIENDALI OGGETTO DI ANALISI
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Paesi anglo americani
• La corporate governance rappresenta il modo con cui le
imprese sono dirette e controllate affinché l’attività
aziendale crei valore per gli azionisti, facendo sì che
l’impresa ed i soggetti che la gestiscono, attuino in
maniera onesta e trasparente le leggi, rendendo conto
del loro operato agli azionisti
CORPORATE GOVERNANCE
come strumento per raggiungere l’obiettivo prima
indicato, tramite l’insieme
di relazioni, formali ed informali, intercorrenti tra
l’Alta direzione, membri del
Consiglio di amministrazione ed azionisti
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Tedeschi
• Il concetto di corporate governance include caratteri sia
formali (cioè il coinvolgimento di entrambi gli organi di
amministrazione) che sostanziali, in quanto fa riferimento
alle relazioni non solo fra il management e il Consiglio di
Amministrazione ma anche fra tutti gli altri stakeholder
fra cui i dipendenti e creditori dell’azienda
Americani
Qualora si faccia riferi-mento
ad altri stakeholder, il loro
ruolo è sempre secondario e
strumentale rispetto a quello
degli azionisti
Tedeschi
I creditori e le banche
esercitano una influenza
rilevante sul governo
aziendale
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• Le società per azioni tedesche si caratterizzano per:
– la netta separazione tra le funzioni gestionali svolte
dal Vorstand (Consiglio di Amministrazione) e quelle
di controllo affidate all’Aufsichtsrat (Consiglio di
Sorveglianza);
– l’assemblea, quale organo degli azionisti, nomina i
membri dell’organo di controllo, i quali nominano,
controllano e consigliano il Vorstand;
– la legislazione tedesca presuppone il principio
collegiale nei processi decisionali dell’organo
amministrativo;
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Paesi Latini
• Forte è l’influenza anglo americana circa il
concetto di corporate governance
Sistema tipico di Paesi quali Francia, Italia,
Spagna, Portogallo e Grecia, con le seguenti
caratteristiche:
•grande presenza di imprese familiari presenza di
azionisti di riferimento che limitano ’autonomia del
management
•mercati borsistici sottosviluppati
•il ruolo della banche e dei lavoratori nella
gestione aziendale non è così forte come nel
•sistema renano
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Italia
Corporate governance come “il sistema delle regole
secondo le quali le imprese sono gestite e controllate”
il riferimento ad altre categorie di stakeholder che non
siano azionisti è effettuata in maniera strumentale per
argomentare che la creazione di valore per gli azionisti
si ripercuote positivamente sugli altri stakeholder
aziendali
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Francia
• Le problematiche di corporate governance
sono focalizzate sui rapporti tra Alta
Direzione, Consiglio di Amministrazione ed
azionisti, tuttavia è evidenziato il fatto, a
differenza della concezione americana,
che il Consiglio di Amministrazione deve
far sì che l’impresa persegua l’interesse
sociale e non solamente la creazione di
valore per gli azionisti
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Olanda
• Ibrido tra concezione anglo-americana e
tedesca
da concezione anglo-americana:
corporate governace inteso come il modo in cui
l’impresa viene diretta e come il sistema che
determina l’esercizio del potere, della
responsabilità da parte dei
soggetti coinvolti nel sistema aziedale
da concezione tedesca: l’interesse degli azionisti
deve essere bilanciato con gli interessi degli altri
stakeholder aziendali
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Approfondimento Francia
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introduzione
• In Francia, il processo di privatizzazione avviato verso la fine degli
anni ’80 e l’apertura del mercato di Parigi agli investitori stranieri
hanno favorito il rapido sviluppo di un nuovo azionariato, in parte più
esperto di quello precedente circa le regole e il funzionamento dei
CdA delle società quotate e che ha avanzato istanze di maggiore
trasparenza.
• Il Conseil National du Patronat Francais e l’Association Francaise
des Entreprises Privees hanno costituito un Comitato con l’obiettivo
di esaminare i principi fondamentali inerenti la composizione, le
attribuzioni e le modalità di funzionamento dei CdA.
• Gli esiti dei lavori del Comitato sono contenuti nel Rapporto Vienot, il
quale si profila più come uno strumento di indirizzo per gli operatori
che come una serie di suggerimenti al legislatore.
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La missione e le compentenze del CDA – gli obiettivi dell’azienda
Mentre nei paesi anglosassoni particolare enfasi viene posta sull’obiettivo
della massimizzazione del valore delle azioni, in Francia si assegna un
primario rilievo all’obiettivo della realizzazione dell’interesse dell’impresa.
• Questo, tuttavia, piuttosto che delineare due concezioni differenti e
inconciliabili, configura due orientamenti con sfumature diverse:
– l’interet social, infatti, non può essere inteso in un’ottica tendente al
disconoscimento del mercato da realizzarsi mediante un rigido
controllo dell’economia;
– è, invece, il principio verso il quale i dirigenti societari e tutti gli
amministratori devono orientare il proprio operato e che impone loro di
rispettare in tutte le circostanze un interesse più ampio di quello di cui
sono diretti portatori.
• Sulla base di queste considerazioni, il Comitato ha ritenuto opportuno
soffermarsi due temi fondamentali:
– i rapporti tra Cda e assemblea degli azionisti;
– i rapporti tra amministratori e mercato.
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• Il primo argomento riguarda importanti problematiche attinenti al governo
dell’impresa in quanto, come ha correttamente evidenziato la dottrina,
esistono almeno tre tipologie di azionisti, ciascuna delle quali ha proprie
caratteristiche e obiettivi:
– gli azionisti-imprenditori;
– gli azionisti-risparmiatori;
– gli azionisti-speculatori.
• Secondo il Comitato, il Cda, che rappresenta collettivamente l’assemblea
degli azionisti, risponde collegialmente dell’esercizio delle sue funzioni di
fronte ad essa, verso la quale assume ex lege obblighi fondamentali per la
gestione dell’impresa:
– deve convocare l’assemblea e fissare l’ordine del giorno;
– nominare e revocare il presidente e i direttori generali;
– controllare la loro attività mediante l’esame della relazione sulla
gestione annuale e del bilancio d’esercizio.
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Aldilà dello stretto rispetto degli obblighi legali nei confronti degli
azionisti, il Comitato ritiene che il CdA di una società quotata sia
investito di una responsabilità particolare nei confronti del mercato.
• Sotto tale profilo, è al presidente che spetta il compito di assicurare
in via continuativa l’informazione al mercato;
al CdA, invece, compete tale incombenza in occasione della
presentazione dei conti semestrali o annuali e delle operazioni di finanza
straordinaria: in ogni caso deve essere salvaguardata la qualità
dell’informazione e garantita la sua chiarezza e affidabilità al fine di
evitare che essa possa costituire una fonte di inganno per gli investitori.
• Nell’ottica della trasparenza, il Comitato ritiene che il CdA debba
rendere pubblico il proprio parere circa le condizioni in cui si svolgono le
operazioni concernenti i titoli dell’azienda. Appare perciò corretto che i
membri del CdA manifestino le loro opinioni, ad esempio, sull’opportunità
per le società di portare a termine un’offerta pubblica di acquisto che
veda coinvolte le proprie azioni.
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Il presidente del cda
La disciplina dei poteri del CdA e del presidente soggiace a due
ordini di critiche:
– l’ambiguità della ripartizione delle competenze tra i due organi
– l’eccessivo potere che può scaturire dal cumulo, consentito dalla
legge, delle cariche di presidente e di direttore generale.
• Per ciò che concerne il primo aspetto, la normativa francese lascia
adito a diverse interpretazioni:
– una parte della dottrina ritiene che il Consiglio e il presidente
siano entrambi investiti dei poteri più estesi per agire in ogni
circostanza a nome della società;
– un’altra sostiene che solo il CdA abbia la vocazione a prendere
collegialmente le decisioni che riguardano la direzione dell’impresa
e che appartengono per natura a coloro nel cui nome e sotto il
controllo si svolge la gestione.
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Il Comitato, perciò, considera positivamente che venga lasciata ampia
facoltà al Consiglio di ripartire le competenze al suo interno ai fini di un
corretto funzionamento degli organi sociali dell’impresa in ragione
dell’irripetibilità del sistema aziendale e delle varietà di circostanze in cui si
può svolgere la sua gestione.
• Resta beninteso che tale ampia facoltà implica per il Consiglio dei limiti e
degli obblighi : la stessa chiara definizione della strategia non basta a
garantire una corretta gestione e deve essere accompagnata da un’efficace
informazione nei confronti degli azionisti e del mercato in genere.
• A tal fine, il Comitato attribuisce al presidente l’elaborazione della strategia
dell’impresa da sottoporre alla decisione del Consiglio, cui spetta anche di
esaminare e prendere le determinazioni in merito alle operazioni di
importanza strategica, sia in modo diretto mediante riunioni in seduta
plenaria, sia a seguito delle indicazioni di un comitato interno appositamente
creato che può invocare la riunione del CdA in qualunque momento lo
ritenga necessario.
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Per quanto riguarda le cariche di direttore generale e di presidente,
il Comitato, premesso che tali uffici sono stati tenuti distinti in
Francia fino all’ultima guerra, quando, proprio per porre termine a un
insoddisfacente funzionamento del sistema, fu deciso di prevedere
la possibilità dell’unione, osserva che la dissociation presenta senza
dubbio dei vantaggi allorquando gli amministratori che svolgono
funzioni esecutive nell’impresa costituiscono una frazione
importante,ma non preponderante del Consiglio.
• D’altronde, il CdA risponde collettivamente dell’operato di coloro che
svolgono entrambe le funzioni di fronte all’assemblea degli azionisti,
cosicché tanto la responsabilità degli insuccessi quanto i meriti dei
risultati positivi, sia nell’ambito direzionale, sia in quello del
controllo, vengono assunti insieme dal presidente e dal CdA.
• E’ noto, infatti, come l’attività di gestione e l’attività di controllo
abbiano carattere unitario, per cui al Consiglio spetta di istituire il
sistema organizzativo che ritiene più appropriato allo scopo di
svolgere la totalità delle sue mansioni.
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La composizione del cda – principi generali
Al Consiglio è assegnata la missione di raggiungere l’obiettivo dell’interesse
comune e tutti i membri sono chiamati a rispondere in via solidale del suo
eventuale mancato raggiungimento.
• Allo stesso modo, ciascun amministratore deve essere considerato il
rappresentante degli azionisti ed è tenuto a comportarsi di conseguenza
nell’esercizio delle sue funzioni, salvo rispondere personalmente delle
proprie azioni.
• Peraltro, il Comitato avverte che il CdA di una società quotata ha anche
l’obbligo di suscitare la fiducia del mercato, cosicché appare necessario
che esso si interroghi sull’equilibrio della sua composizione e di quella dei
comitati che vengono istituiti al suo interno al fine di assumere le decisioni
appropriate a rassicurare gli azionisti e il mercato che la sua missione si
adempie con l’indipendenza e l’obiettività necessarie.
• Il CdA deve interrogarsi sull’opportunità di nominare uno o più
amministratori indipendenti e di limitare il numero dei mandati
reciproci.
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La composizione del CdA – Gli amministratori indipendenti
• L’amministratore indipendente si delinea come una presenza spogliata
di qualsiasi interesse diretto o indiretto nei confronti della società
appartenenti al gruppo di cui faccia parte, cosicché appare più degli altri
in grado di partecipare con obiettività e imparzialità ai lavori del Consiglio.
In questo senso, egli:
– non può essere né un dipendente della società, né il suo
presidente, né un amministratore con funzioni esecutive;
– non deve aver ricoperto altre cariche nell’azienda per un periodo di
almeno tre anni;
– non deve essere un azionista importante della società o un suo
partner commerciale o finanziario;
– non può avere alcun legame di qualsiasi genere con i detti soggetti.
• Il Comitato ritiene opportuno che i CdA delle società quotate prevedano
la presenza di almeno due amministratori indipendenti, pur lasciando a
ciascun organo il compito di ricercare l’equilibrio ottimale della sua
composizione.
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In piena coerenza con l’impostazione delineata, il Comitato non ha
reputato auspicabile la scelta di inserire nel Consiglio i rappresentanti di
tutte le categorie di interessi specifici al fine di evitare che esso diventi il
luogo dove si affrontano tutti gli interessi particolari, invece di dare
rappresentazione collettiva all’assemblea degli azionisti.
• In particolare, per ciò che concerne i dipendenti della società, il Comitato
ha ritenuto sufficienti le previsioni della legge francese, che già attribuisce
alle imprese la possibilità di inserire tra i membri dei CdA persone
nominate da dipendenti in possesso di azioni dell’azienda.
• Per limitare l’autonomia del management aziendale, il Comitato ha
stimato che la migliore soluzione per tentare di dare una rappresentanza
specifica delle minoranze consista nel nominare più amministratori
indipendenti, ritenendo che essi possano costituire una garanzia
dell’obiettività delle deliberazioni del Consiglio.
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La composizione del CdA – Le partecipazioni incrociate e gli
amministratori comuni a più società
Il Comitato sostiene che il CdA, in sede di esame dell’equilibrio ottimale della
sua composizione, debba stabilire con particolare attenzione il numero
massimo dei mandati reciproci consentiti ai suoi membri.
• Del resto, la presenza di figure comuni nel CdA di più società costituisce una
possibile fonte di collusione, ingenerando nel migliore dei casi dubbi e
incertezze circa l’obiettività delle decisioni intraprese dagli organi in questione.
• Peraltro, tale problematica coinvolge l’intera procedura di nomina dei membri
del Consiglio, nella quale gioca un ruolo determinante attraverso la
cooptazione dei suoi componenti e la loro proposizione all’assemblea degli
azionisti.
• Attualmente, la scelta degli amministratori e l’attribuzione dei mandati
societari segue generalmente procedimenti informali, con un sistema che non
garantisce che vengano considerati adeguatamente gli elementi che
concorrono alla realizzazione di un’equilibrata composizione del Consiglio.
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Poiché la mancanza di una procedura formalizzata induce gli investitori a supporre
che il presidente giochi un ruolo preponderante nell’individuazione dei membri del
consiglio, il Comitato raccomanda la costituzione di un comitato di selezione
degli amministratori all’interno del consiglio stesso oppure didelegare tale compito al
comitato di remunerazione.
• L’organo di selezione, in analogia con quanto stabilito anche in altri Paesi,
dovrebbe essere composto da tre a cinque membri (di cui uno scelto tra gli
amministratori indipendenti) aventi il compito di proporre al Consiglio i nomi dei
soggetti idonei.
• Nelle intenzioni del Comitato, il comitato di selezione dovrebbe supplire anche in
caso di mancanza imprevista del presidente del CdA. Sotto tale profilo, il comitato di
selezione potrebbe costituire l’organo adatto a proporre al Consiglio le modalità di
successione del suo presidente al fine di rassicurare il mercato sulle continuità
delle decisioni del vertice aziendale.
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Il funzionamento del CdA
•
Il Comitato rileva che ciascun Consiglio ha l’obbligo di informare gli azionisti sulle
deliberazioni prese al fine di assolvere il proprio compito istituzionale e ritiene che
esso si debba anche interrogare periodicamente sull’adeguatezza della sua
organizzazione e delle sue modalità di funzionamento rispetto alla funzione
assegnatagli.
•
Per questo si suggerisce l’adozione di una maggiore formalizzazione della
procedura di formulazione delle deliberazioni, il cui momento decisivo è
rappresentato dalle riunioni del Consiglio.
•
In generale, è stato stimato che in media i CdA delle società quotate francesi si
riuniscono tre o quattro volte l’anno, per una durate complessiva di circa dieci ore
effettive.
•
Gli atti di rilevanza esterna del Consiglio sono costituiti dalle deliberazioni che, in
base al principio della trasparenza, devono essere chiare. Tali atti, insieme all’iter
che ha portato alla loro formazione, devono essere contenuti nel verbale delle
sedute, che ha funzione di riassumere il dibattito sviluppatosi durante la riunione
e di precisare il contenuto delle decisioni prese.
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•
Il Comitato suggerisce di redigere il verbale d’assemblea in modo tale da
menzionare succintamente le questioni o le riserve sollevate nel corso della
riunione, senza, tuttavia, appesantirne il contenuto con inutili dettagli.
• In base agli elementi del verbale e ai flussi informativi provenienti dal top
management, il Consiglio può, infine, svolgere l’ulteriore compito di
controllare l’efficacia delle decisioni assunte.
•
Infine, il Comitato sostiene che, a prescindere dai soggetti incaricati di
fornire i dati necessari, gli amministratori devono essere dotati in tempo utile
di un dossier che illustri i punti che figurano all’ordine del giorno e che
abbisognano di un’analisi particolareggiata o di una riflessione preliminare.
•
Chiunque non venga messo nelle condizioni di deliberare a causa della
carenza di informazioni, deve immediatamente darne notizia al Consiglio ed
eventualmente richiedere espressamente la documentazione necessaria.
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Il funzionamento del CdA – I comitati specializzati
interni
•
•
•
•
•
Sebbene ciascun Consiglio possa costituire al proprio interno comitati
specializzati in linea con le circostanze legate alla situazione peculiare delle
società cui appartiene, tuttavia esso non può delegare a tali collegi ridotti il
potere di rappresentare l’azienda,
restando, dunque, collettivamente responsabile dell’espletamento della
propria mission.
Il Comitato, raccomanda a ciascun Consiglio di dotarsi di almeno un
comitato di selezione degli amministratori, di un comitato di remunerazione
e di un comitato addetto all’informativa d’impresa, nonché di tenere
informati gli azionisti nel corso dell’assemblea generale annuale,
dell’esistenza di tali comitati oltre che del numero
delle riunioni che essi tengono nel corso dell’anno.
Il comitato di remunerazione, che ha l’incarico di proporre le forme di
remunerazione degli amministratori e di predisporre il piano di emissione
delle azioni a favore dei dipendenti della società, è già presente nella
maggior parte delle società quotate francesi. Peraltro, la sua composizione
è sovente criticata in quanto formato da un numero eccessivo di
amministratori comuni a più società.
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•
Il Comitato addetto all’informativa d’impresa ha il duplice compito di
presiedere alle operazioni di controllo di gestione e di verificare la chiarezza
e la completezza delle informazioni da fornire al mercato, contenute in
documenti aventi ad oggetto la singola azienda o il gruppo all’interno del
quale essa opera.
•
Inoltre, nel il Rapporto si sostiene la necessità di sottoporre tutto il
personale che si occupa dell’elaborazione e del controllo dei conti a
periodici incontri con il comitato in questione, affinché esso possa
relazionare in modo completo sulle problematiche relative all’informativa
d’impresa di fronte al CdA al completo.
•
Il Comitato stima opportuno diffondere rapidamente presso le società
quotate l’istituzione del suddetto organo interno al Consiglio, suggerendo di
porre particolare attenzione alla sua composizione, che dovrebbe prevedere
la presenza di almeno tre membri, di cui almeno uno scelto tra gli
amministratori indipendenti, fermo restando la necessità che non vi siano
comunanze di mandati tra gli amministratori di più società
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Il funzionamento del CdA – La charte de
l’administrateur
•
La charte de l’administrateur, redatto dal Comitato, non riveste carattere
tassativo, ma costituisce un esempio di buona pratica professionale.
•
Il Comitato raccomanda a tutti gli amministratori, prima di accettare
l’incarico, di assicurarsi della completa conoscenza degli obblighi generali e
particolari attinenti alla sua mansione.
•
Anche quando l’amministratore fa parte dell’azionariato della società, egli è
tenuto a rappresentare l’assemblea degli azionisti nel suo complesso.
Una particolare enfasi il Comitato riserva agli obblighi di natura informativa
dei consiglieri, i quali sono tenuti ad informarsi costantemente e possono
chiedere al presidente tutti i dati indispensabili a fornire un apprezzabile
apporto alle decisioni.
•
•
Infine, devono mantenere il segreto d’ufficio e devono monitorare l’attività
dei membri del Consiglio assicurandosi che siano in grado di portare a
termine il proprio compito.
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Limiti della soluzione francese ai problemi connessi
alla CG
•
La scelta del Comitato di creare cultura generando un dialogo aperto con le
imprese senza imporre dall’alto regole dettagliate ha suscitato anche
perplessità da più parti, destando il sospetto che i suggerimenti così
proposti risultino alquanto deboli e avulsi dal sistema normativo francese.
•
In particolare, è stato osservato che la mancata previsione di momenti di
verifica del rispetto delle disposizioni contenute nel Rapporto, anche ad
opera delle società di revisione, nonché l’assenza di vere e proprie
sanzioni, rischiano di svuotare il documento di qualsiasi valenza pratica.
•
Un’ulteriore categoria di critiche al Rapporto Vienot si riferisce all’assenza di
distinzioni circa le aziende che dovrebbero sottostare alle sue direttive, da
effettuare sulla base dell’appartenenza a classi dimensionali. In particolare,
il numero di amministratori indipendenti non doveva essere espresso in
valore assoluto (almeno 2), ma in percentuali differenziate, a seconda della
dimensione delle società, sul novero totale del CdA.
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•
In merito alle competenze del CdA, dopo aver sgomberato il campo da
alcuni equivoci collegati al rapporto con l’assemblea degli azionisti, il
Comitato ha ritenuto opportuno investire gli amministratori dell’opportunità
di manifestare il proprio pensiero in occasione, ad esempio, di un’offerta
pubblica di acquisto che coinvolga le azioni della società, può prestarsi a
facili abusi e strumentalizzazioni, rischiando di creare elementi di turbativa
per il mercato, invece di concorrere ad una sua maggiore trasparenza.
•
Sebbene il presidente del CdA rappresenti una figura molto discussa nel
diritto societario francese, il Rapporto non sembra riuscito a risolvere i
problemi legati all’ambiguità del suo ruolo nel consiglio e all’eccessivo
potere derivante dal cumulo delle cariche di presidente e direttore generale.
•
In particolare, l’attribuzione al presidente della facoltà di elaborare le
strategie da sottoporre alla decisione del Consiglio appare una risposta
inadeguata alle esigenze di un maggiore bilanciamento dei poteri all’interno
dell’organo.
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•
Per ciò che concerne la composizione dell’organo di governo delle imprese, il
documento focalizza l’attenzione sull’opportunità di nominare uno o più amministratori
indipendenti nonché di limitare il numero dei mandati reciproci.
•
Tuttavia, è opportuno sottolineare che l’introduzione della figura dell’amministratore
indipendente può assicurare il miglioramento della qualità delle deliberazioni solo se
viene accompagnata da una precisa formulazione delle sue funzioni all’interno del
Consiglio.
•
In caso contrario i consiglieri indipendenti potrebbero svolgere un ruolo insignificante
nei processi di governance, in quanto sarebbero esclusi dalla gestione dell’impresa e,
quindi privi delle informazioni necessarie per fornire un apporto importante alle
decisioni del
consiglio.
•
•
•
La proposta di limitare il numero di mandati reciproci dei mandati reciproci e di
istituire comitati di selezione per la cooptazione di nuovi membri del Consiglio o per la
sostituzione del presidente può essere giudicata positivamente, sebbene la
delicatezza della materia richiederebbe un rapido intervento legislativo piuttosto che
una raccomandazione priva di contenuto coercitivo.
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• Particolare attenzione merita l’ultima parte del documento, dove è
presentata la charte de l’administrateur, la cui formalizzazione
realizza l’obiettivo di assicurare maggiore trasparenza, aumentando
la fiducia del mercato.
• Al riguardo, non può non rivelarsi che tale “carta” si caratterizza per
una eccessiva “timidezza”, dovuta alla circostanza che essa
costituisce il risultato dell’iniziativa delle sole associazioni industriali,
le quali si sono poste l’obiettivo di rispondere alle esigenze degli
operatori, senza stravolgere il sistema vigente, ed evitando di
imporre eccessive responsabilità a carico dei membri dei Consigli di
amministrazione delle società quotate.
• In conclusione, si può affermare che l’esperienza francese, al pari di
quella anglosassone, può fornire significativi elementi di riflessione
ai fini di una complessiva riforma del sistema di corporate
governance in Italia.
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Caso Giappone
cenni sulla Cina
Prof. Renato Ruffini
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Relationship based approach
I paesi asiatici sono ricchi di diversità culturale con
differenti strutture politiche e sociali
Molti di questi paesi stanno sivluppando il loro processo di
sviluppo istituzionale
Molti di questi paesi hanno sistemi di corporate governance
che sono essenzialmente basati sulle relazioni
interpersonali, spesso che coinvolgono famiglie,
creditori, fornitori e i maggiori clienti, In questi sistemi
tutto ciò è rinforzato da una stretta relazione con il
regolatore pubblico
Un modello basato sulla relazione per condurre il business
contrasta con il modello ruled based che predomina nei
paesi industriali occidentali.
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Controllo delle famiglie
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• Tutto ciò dipende anche dal fatto che nelle
economie asiatiche vi è ancora una
considerevole concentrazione di capitale
• Vi è una bassa separazione tra proprietà e
controllo
• Vi sono forti relazioni informali tra imprese
e strakeholder
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Debolezza dei meccanismi di
governance
• Da alcuni decenni si sono stabiliti i necessari meccanismi
istituzionali per una corretta corporate governance, ma di fatto sono
più formali che reali
• CDA
– Il cda spesso è puramente nominale
– Spesso i componenti non esecutivi non hanno chiaro il ruolo
– Sono nominati dal maggiore azionista senza tenere conto delle
minoranze
– La trasparenza è minima
• Finanza
– Le banche e le altre istituzioni finanziarie hanno un ruolo centrale nel
finanziare le imprese (in malaysia per esempio ’85% dei capitali era
assicurato dalle banche fino al 1997)
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Sviluppo economico e corporate
governance
– Dal 1965 al 1990 le 23 economie dell’est asia
si sono sviluppate molto più velocemente di
tutte le altre
– A fronte di questo sviluppo i meccanismi di
governo delle imprese sono restati deboli
sotto molti aspetti…
– Tutto ciò fino alla crisi finanziaria del 1997
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La crisi finanziaria
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Le riforme
• Le riforme in riferimento alle c.g. si sono sviluppate
in modo diverso nei diversi paesi, tuttavia i principi
e gli obiettivi di tutte le riforme sono stati:
• Assicurare una chiaro ed efficace controllo
finanziario all’interno delle imprese
• Sviluppare un monitoraggio ed un controllo esterno
sviluppando il quadro giuridico, le agenzie
regolatorie
• Attivare programmi di formazione e sviluppo tesi ad
incoraggiare la comprensione delle problematiche e
delle procedure della corporate governance
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L’esempio del giappone
• Ci sono stati 4 fattori istituzionali critici per
comprendere il sistema delle imprese in J:
– Il sistema finanziario basato sulla banca (Keiretsu)
piuttosto che sul mercato dei capitali
– Le politiche governative sono fortemente difensive
delle imprese nazionali (incoraggiano l’oligopolio)
– Ci sono barriere all’entrata delle compagnie straniere
– Il mercato del lavoro in J si distingue per impiego a
vita e forte collaborazione con il management
Questi fattori incentivavano il management giapponese
a sviluppare strategie di lungo termine basate sulla
qualità dei prodotti. Ciò modificava le logice di c.g
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• Il cda ha un ruolo di supporto strategico e
spesso è composto principalmente dal
management con più leadership
• È molto numeroso (20/fino a 40 persone) con le
conseguente necessità di fare un comitato
esecutivo
• Gli auditor sono scelti dagli azionisti e devono
essere esterni, con significativi poteri. Spesso
però sono dipendenti dei principali partner
dell’impresa
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proprietà
•
•
•
Le banche hanno consistenti quote di proprietà delle imprese
A seguito della crisi finanziaria la composizione azionaria si è
modificata sostanzialmente (fino al 22% nel 2005)
La stabilità degli azionisti ha dato stabilità alle aziende e i manager
hanno ricercato lo sviluppo piuttosto che l’utile a breve
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• Il ruolo della main bank è centrale per la
c.g. giapponese. Come maggiori creditori
e maggiori azionisti la main bank sviluppa
il controllo in tre modi:
– Ex ante: monitorando le decisioni di
investimento attraverso le richieste di prestiti
– Interim: monitorando le performance del
business esaminando il cash flow e i conti
– Ex post: valutando le performance finanziarie
intervenendo in caso di difficoltà
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cambiamento
•
•
Nel momento in cui gli investitori istituzionali hanno ridotto il loro portafoglio
l’influenza degli investitori esteri è aumentata inducendo cambiamenti nella
governance
Per esempio Soni ha ristrutturato il cda portandolo da 38 componenti a 10 di cui 3
indipendenti.
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•
•
A partire dal 2000 il governo giapponese ha cominciato a modernizzare la
normativa e le imprese si stanno muovendo verso il modello di governance
aglosassone.
Il vecchio sistema sussiste ancora e molti lo considerano migliore…
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CINA
• Ci sono 5 tipi di imprese
– Statali
– Piccole imprese locali
– Joint ventures
– Imprese a proprietà straniera
– Imprese cinesi quotate
Le imprese stati tendono ad essere più autonome dal governo.
Le imprese locali sono molto numerose,di piccole dimensioni
molto legate al territorio. I confini tra proprietà pubblica e privata
sono molto labili, I diritti di proprietà sono il frutto di processi
negoziali tra comunità centrale e regionale e privati.
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C g.
• La CG concerne principalmente le grandi imprese pubbliche
• Comincia a svliupparsi una regolazione legate
• È stato prodotto un codice di c.g. dalla China securitier regulatory
commission.
• Le performance delle imprese sono generalmente basse in quanto i
manager non hanno forti incentivi a massimizzare il valore
• I cda hanno poca influenza le pricipali decisioni vengono prese in
modo informale, il potere di controllo è ancora degli azionisti di
maggioranza e delle agenzie governative
• Le imprese quotate sono classificate in A (solo per investitori interni),
B (compagnie domestiche in cui possono investire anche gli
stranieri) H ( compagnie domestiche quotate a Hong Kong).
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\
• La bank of Chine raccomanda
– Alleggerire l’impatto negativo delle imprese
statali nella disciplina del mercato e sulla
capacità di regolazione dello stato
– Costruire investitori istituzionali per favorire
l’attivismo degli azionisti
– Rafforzare il suole delle banche,accrescere i
diritto dei creditori in caso di defalut, con
l’opzione delle banche di intervenire nella
ristrutturazione
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Corporate governance nel modo Prof. Renato Ruffini