La “crisi” della Fisica Classica
Alcune situazioni sperimentali in cui la Fisica “Classica" fallisce:
Effetto fotoelettrico
Linee spettrali atomiche
Radiazione di corpo nero
Proprietà ondulatorie degli elettroni
Le risposte della meccanica quantistica:
Energia del fotone
Impulso del fotone
Lunghezza d’onda di
una particella
Principio di
indeterminazione
Funzione d’onda
Equazione di Schrödinger
1 – LA RADIAZIONE DI CORPO NERO
“Radiazione di Corpo Nero” o di "cavità” si
riferisce ad un oggetto che assorbe tutta la
radiazione incidente su di esso e ri-irraggia
energia che è caratteristica del suo solo sistema
irraggiante, e non dipende dal tipo di radiazione
incidente. L’energia irradiata può essere
considerata come prodotta da onde stazionarie,
o modi risonanti,della cavità che irraggia fuori.
Esempio di corpo nero emittente è la fornace in cui l’
energia entra da un piccolo foro e viene assorbita dalle
pareti della fornace che si riscaldano ed emettono
radiazione
La radiazione di Corpo Nero
La teoria dell’elettromagnetismo di Maxwell consente di calcolare la quantità di radiazione
emessa al variare della frequenza considerando I diversi modi in cui è possibile ubicare
un’onda elettromagnetica entro la cavità . Nella seconda figura da sinistra si vedono 4
modi diversi: 2 λ , 3/2 λ , λ , λ /2 …
Corpo nero
modi di radiazione
La quantità di radiazione emessa
in una certa banda di frequenze
dovrebbe essere proporzionale al
numero di modi in quella banda.
Secondo la Fisica Classica tutti i
modi hanno la stessa probabilità
di essere prodotti, ed il numero di
modi possibili nella cavità cresce
con il quadrato della frequenza.
Tuttavia, la continua crescita
di energia emessa con la
frequenza (denominata
"ultraviolet catastrophe") non
avviene. La Natura è più
saggia !
La nascita della Meccanica Quantistica
L’espressione quantistica della energia media per modo si ottiene partendo dalla
ipotesi di Planck: tutta la radiazione elettromagnetica è quantizzata e l’emissione
avviene per “quanti di energia”, che chiamiamo fotoni. Il quanto di energia di un
fotone è dato dal prodotto della costante di Planck h per la sua frequenza.
Questa quantizzazione implica che un fotone di luce, di data frequenza e
lunghezza d’onda, ha una energia quantistica fissata. Per esempio, un fotone di
luce blu, che ha una lunghezza d’onda di 450 nm, avrà sempre una energia di
2.76 eV. Tutta la luce blu è formata da fotoni di questa energia, e trasporta
energia in multipli di 2.76 eV. Non si può avere un mezzo fotone blu.
Energia massima e minima, Meccanica Quantistica e
Meccanica Classica
La frequenza disponibile è continua, senza
limiti superiori o inferiori; quindi non vi alcuna
restrizione circa la possibile energia di un
fotone. Per quanto riguarda le energie alte,
un limite pratico è semplicemente dovuto alla
difficoltà di trovare meccanismi per la
creazione di fotoni ad altissima energia. I
fotoni di bassa energia invece abbondano;
tuttavia, quando si scende sotto il limite delle
frequenze radio, le energie dei fotoni sono
così piccole, confrontate con le energie
termiche a temperatura ambiente, che non si
potranno mai isolare come singole entità
quantizzate. Si perdono semplicemente nella
energia di fondo presente. In altre parole, nel
limite di basse frequenze la trattazione della
radiazione elettromagnetica si fonde con la
descrizione classica ed una trattazione
quantistica non è più necessaria.
2000 K
1750 K
1500 K
1250 K
l (mm)
2 – L’EFFETTO FOTOELETTRICO
Gli aspetti incomprensibili
dell’effetto fotoelettrico quando si
incominciò ad osservarlo erano:
1. La luce rossa non provoca
emissione di elettroni, qualunque
sia la sua intensità!
2. Una debole luce violetta causa
l’emissione di pochi elettroni, ma la
loro energia cinetica è maggiore di
quella ottenuta con luce più intensa
di frequenza minore!
Le caratteristiche dell’effetto fotoelttrico
erano in netta contraddizione con le
predizioni della Fisica Classica. La
spiegazione dell’effetto segnò uno dei
passi fondamentali verso la Teoria dei
Quanti.
3. Gli elettroni vengono emessi
immediatamente - nessun ritardo!
4. Un aumento della intensità
della luce causa un aumento del
numero di fotoelettroni, ma non
della loro energia cinetica!
L’effetto fotoelettrico
L’analisi dei dati dell’effetto fotoelettrico mostrò
che l’energia degli elettroni emessi era
proporzionale alla frequenza della luce incidente.
Ciò mostrava che qualunque “cosa” estraesse gli
elettroni dal metallo aveva un’energia
proporzionale alla frequenza della luce. Il fatto
sorprendente che l’energia dei singoli elettroni
fosse indipendente dalla energia totale della luce
incidente (cioè l’intensità), mostrava che
l’interazione della luce con il metallo deve essere
come quella di una singola particella che cede la
sua energia all’elettrone. Ciò è consistente con
l’ipotesi di Planck, da lui applicata al problema
della radiazione del Corpo Nero, secondo cui la
luce è formata da quanti discreti (fotoni), ciascuno
con energia: hν
Sul collettore appariranno fotoelettroni se l’energia dei fotoni è maggiore del lavoro di estrazione
qVo , e cioè se i fotoni hanno una frequenza ν > νo frequenza di soglia.
Lestrazione  qVo
E  hν  hvo
Se i fotoni hanno una frequenza maggiore di quella di soglia, l’energia cinetica massima degli
elettroni che colpiscono il collettore, in base al principio di conservazione dell’energia, sarà data
dalla relazione :
Ec  h  h
I fenomeni luminosi più comuni possono essere spiegati e descritti mediante
la natura ondulatoria della luce. Invece, l’effetto fotoelettrico suggerisce una
natura corpuscolare della luce.
3- IL PROBLEMA DEGLI SPETTRI ATOMICI
Negli anni alla fine del 1800, si osservò che la luce
emessa da gas luminosi non mostrava una distribuzione
continua di lunghezze d’onda, ma formava un insieme
discreto di colori, diversi per i vari gas.
Helium spectrum
Queste "linee spettrali" si disponevano in una serie
regolare e si giungerà ad interpretarle come transizioni tra
livelli atomici di energia. Allora, rappresentavano un
grosso problema per la Fisica Classica. Si sapeva che
particelle cariche accelerate emettono onde
elettromagnetiche, e ci si aspettava che orbite di elettroni
intorno ai nuclei fossero instabili, in quanto, a causa della
perdita di energia elettromagnetica emessa, sarebbero
stati attratti dal nucleo. Non si poteva trovare alcun
modello classico che portasse ad orbite stabili degli
elettroni.
Il modello atomico di Bohr segnò il passo fondamentale
verso una moderna teoria atomica. Il punto fondamentale
fu il postulato che il momento angolare è quantizzato,
permettendo di ottenere solo specifici livelli di energia.
Hydrogen spectrum
1
1  n , n interi
 RH  2  2  1 2
l
 n1 n2  (n1  n2 )
1
RH, costante di Rydberg
= 1.097 10–7 m–1
Atomo di idrogeno
La spiegazione dello spettro dell’atomo di H è riposta nel
modello atomico di Bohr con le orbite elettroniche quantizzate:
emissione/n=
assorbimento
n=4
assorbimento
n=3
13.6 eV
n=2
Balmer
(V)
instabile
elettrone
12.8 eV
12.1 eV
10.2 eV
Lyman
(UV) n=1
nucleo
stabile
Spettro emissione dell’idrogeno
Linee spettrali nel visibile dell’Elio
Linee spettrali nel
visibile del Neon
Linee spettrali nel visibile del mercurio
l = 435.835 nm (blu), 546.074 nm (verde), 576.959
nm e 579.065 nm (giallo-arancio).
4 - L’ esperienza di Rutherford
•
•
•
•
•
•
Nel 1907 non c’era ancora la tecnologia necessaria a creare proiettili dell’energia
necessaria, ma Rutherford usa ciò di cui dispone: i decadimenti di sostanze radioattive.
Nel famoso esperimento da lui diretto, le particelle alfa (nuclei di atomi di elio, emessi da
una sorgente radioattiva) vengono dirette contro una sottile lamina d’oro.
Con un cristallo scintillante è possibile osservare le particelle alfa deviate dal fascio, a
diversi angoli da esso.
Se gli atomi sono formati da un “panettone” carico positivamente in cui alloggiano gli
elettroni, le pesanti particelle alfa dovrebbero attraversare la lamina quasi indeflessi .
Invece, i suoi assistenti Geiger e Marsden scoprono che in rari casi le particelle alfa
subiscono deflessioni a grande angolo, alcune addirittura rimbalzando indietro!
Nasce il modello atomico planetario di Rutherford!
5 - IL MODELLO ATOMICO DI BOHR
Nel modello di Bohr, la conservazione dell’energia viene combinata con la
quantizzazione del momento angolare, per ottenere un’espressione dei livelli
quantizzati di energia.
F=ma=v²/r = Felettrica
T = mv²/2
La quantizzazione del momento angolare
Secondo il modello di Bohr le orbite degli elettroni atttorno al nucleo sono stazionarie,
contrariamente a quanto affermato dalla teoria elettromagnetica, secondo quest’ultima
l’elettrone in moto accelerato attorno al nucleo (moto circolare), perde energia per
irraggiamento. La condizione di stazionarietà delle orbite elttroniche Bohr la ricava dal
seguente ragionamento:la lunghezza d’onda associata all’elettrone è data dalla relazione:
l
h
h

p mv
(Relazione di De Broglie)
a cui si unisce la condizione di stazionarietà:
lunghezza della circonferenza =
numero intero di lunghezze d’onda :
2 r  nl
Queste due condizioni si
combinano per dare l’espressione
quantizzata del momento angolare
per l’elettrone in orbita:
L  mvr 
hr
l

hr
nh

 n
2 r n 2
Quindi L non solo è conservato (non dipende dal tempo), ma è costretto ad assumere valori
discreti, multipli di h/2π secondo il numero quantico n. Questa quantizzazione del momento
angolare è un risultato fondamentale e può essere usato per determinare I raggi e le energie
delle orbite di Bohr.
Combinando l’espressione dell’energia totale con la quantizzazione del momento
angolare, Bohr fornisce le espressioni per i raggi e le energie delle orbite degli elettroni:
energia cinetica
dell’elettrone
espressa in
funzione del
momento
angolare
uso della
condizione di
quantizzazione
energia cinetica
orbitale
Dove r è il raggio
dell’orbita
elettronica attorno
al nucleo e Z il
numero dei protoni
da queste espressioni si ricava:
13.6 eV 2

Z
2
n
a0 = 0.529 10–10 m = raggio di Bohr
Con n = 1,2,3,…
l’espressione di E ci da i
diversi livelli energetici
Livelli di energia dell’atomo di idrogeno
I livelli di energia dell’atomo di idrogeno sono in accordo con quelli del modello di Bohr.
La descrizione usuale è quella di una struttura ad orbite (o gusci), con ogni orbita
associata ad uno dei valori del numero quantico principale n.
La descrizione dell’atomo tramite le orbite del modello di Bohr è una utile visualizzazione;
non bisogna tuttavia dimenticare che, come risulterà dalla Meccanica Quantistica, i concetti
di orbita e raggio orbitale saranno sostituiti da concetti quali la distribuzione di probabilità di
posizione.
Il modello di Bohr prevede che gli elettroni occupino una delle possibili orbite
quantizzate, senza emissione di onde elettromagnetiche. L’emissione avviene quando
l’elettrone passa da un’orbita all’altra; in questa transizione avviene l’emissione di un
fotone di energia pari alla differenza di energia tra le due orbite.
h  E2  E1
Dall’espressione dei livelli quantizzati di energia si ha
1
me4  1
1 
1 
h 
 2   13.6  2  2  eV
2 2  2
8 0 h  n1 n2 
 n1 n2 


Questa relazione può essere scritta come  h 
con
hc 

l
me4
RH 
2
8 0 ch3
RH  1.097 107 m1
Spiegazione dello
spettro dell’atomo
di H col modello
atomico di Bohr:
Spettro di H:
I limiti del modello di Bohr
Anche se il modello di Bohr rappresentò un passo avanti fondamentale
verso la costruzione della teoria quantistica degli atomi, non rappresenta in
realtà la corretta descrizione teorica della natura delle orbite elettroniche.
Le sue principali lacune sono:
1. Non permette di capire perché certe linee spettrali sono più luminose di
altre. Non vi è alcun meccanismo che permetta di calcolare la probabilità di
transizione tra livelli atomici.
2. Il modello di Bohr considera gli elettroni come pianeti in miniatura, in
rotazione intorno al nucleo con un ben preciso raggio ed impulso. Questo
viola il principio di indeterminazione, secondo cui posizione ed impulso non
possono essere esattamente determinati contemporaneamente.
3. Il modello di Bohr non fornisce previsioni corrette per gli atomi con molti
elettroni.
Il modello di Bohr ci fornisce un modello concettualmente semplice e
fondamentale delle orbite e delle energie degli elettroni atomici. I dettagli
dello spettro e della distribuzione di cariche sono ottenibili solo dai calcoli
della Meccanica Quantistica e dell’equazione di Schrödinger..
6 LA NATURA ONDULATORIA DELL’ELETTRONE
Giovane studente a Parigi, Louis DeBroglie aveva appreso la relatività e l’effetto
fotoelettrico. Quest’ultimo evidenziava la natura corpuscolare della luce, da sempre
considerata un fenomeno ondulatorio. Egli si chiese se gli elettroni ed altre "particelle"
potessero a loro volta esibire proprietà ondulatorie. Questo condurrà ad una nuova teoria.
La conferma dell’ipotesi di DeBroglie arrivò grazie
all’esperimento di Davisson- Germer. Esso mostrò
figure di interferenza – in accordo con la lunghezza
d’onda di DeBroglie – per l’urto di elettroni su
cristalli di nickel.
LA DIFFRAZIONE CON ELETTRONI
Quando i raggi X sono deflessi dal reticolo cristallino, si
osservano picchi di intensità finale corrispondenti alla
condizione di Bragg, secondo cui si hanno massimi quando
la differenza di cammino di due raggi è uguale ad un
multiplo intero della lunghezza d’onda. Da tale formula,
conoscendo d e misurando theta, si ricava lambda.
Davisson e Germer utilizzando un fascio di elettroni su
cristalli di nichel, ottennero queste figure di interferenza.
Variando il potenziale di accelerazione si modificava la
quantità di moto degli elettroni. La misura della lunghezza
d’onda degli elettroni era in accordo con l’ipotesi di
D.Broglie.
L’esperimento di DavissonGermer dimostrò che anche gli
elettroni presentano fenomeni
ondulatori, in accordo con la
lunghezza d’onda di DeBroglie:
lunghezza d’onda di
un elettrone di
quantità di moto p
La lunghezza d’onda di DeBroglie
7 . DUALISMO ONDA PARTICELLA
La luce consiste di particelle o di onde? La risposta dipende dai tipi di fenomeni che si
osservano:
Fenomeno
Può essere spiegato in termini
di onde
Può essere spiegato in termini
di particelle
Riflessione
Rifrazione
Interferenza
Diffrazione
Polarizzazione
Effetto fotoelettrico
Compton scattering
I più comuni fenomeni luminosi osservati possono essere spiegati come fenomeni ondulatori;
l’effetto fotoelettrico e lo scattering Compton suggerirono una natura particellare per la luce.
Lo stesso dualismo onda-particella fu osservato anche per gli elettroni !
8 – IL PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE
La dualità onda-particella e la relazione di De Broglie aiutano a comprendere tale principio.
Man mano che si scende verso dimensioni atomiche, non è più valido considerare una
particella come una sfera rigida, perché più piccole sono le dimensioni e più “ondosa” essa
diviene. Non ha più senso dire che si conoscono precisamente la posizione e l’impulso di
tale particella, infatti nel momento che andiamo a misurare la quantità di moto della
particella, interagendo con un fotone, la sua traiettoria è cambiata...
L’incertezza della quantità di moto
dell’elettrone lungo l’asse x sarà:
q x  qsen ' 
h
l
sen '
Per effetto della diffrazione sarà impossibile ubicare
esattamente l’elettrone entro la larghezza dell’oculare,
l’incertezza della sua posizione x sarà data dalla
larghezza della frangia centrale dell’immagine di
diffrazione attraverso una fenditura :
x 
Quindi il prodotto dell’incertezza sulla quantità di
moto per l’incertezza sulla posizione sarà allora:
q x x 
h
l
sen '
l
sen '
h
l
sen '
Il principio di indeterminazione
In generale : la posizione e l’impulso p (quantità di moto) di una particella non
possono essere misurati simultaneamente con precisione arbitraria. Il prodotto
delle incertezze delle due misure ha un minimo. Lo stesso principio vale per la
misura contemporanea di energia e tempo.
Questo principio non riguarda il limite proprio degli strumenti di misura, o
limiti derivanti dalla accuratezza dei metodi sperimentali. Deriva dalle
proprietà ondulatorie intrinseche alla descrizione quantistica della natura.
Anche con strumenti e tecniche perfetti, questa incertezza rimane, intrinseca
alla natura delle cose.
In base al principio di indeterminazione un singolo elettrone può essere rivisto
come pacchetto d’onda localizzato in un Δx:
Le incertezze di Δx e Δp sono date
dalla relazione :
x  p 

2
Calcolo della energia di particelle confinate in un atomo o in un nucleo
E’ l’energia tipica
degli elettroni nelle
orbite atomiche
E’ l’energia tipica dei protoni o neutroni
nel nucleo, ed anche l’energia
trasportata dalle particelle alfa quando
sono emesse da un nucleo radioattivo.
9 - La funzione d’onda




Le proprietà della funzione d’onda :
contiene tutte le informazioni fisiche

|Ψ(x)|2=Ψ(x)Ψ(x)*
 sempre positiva
se la particella esiste, la probabilità
totale di trovarla è 1 :
 * dV  1

è continua (insieme alla sua derivata)
permette il calcolo del valore medio
di qualunque grandezza fisica
misurabile.
Ψ(x) è sia
positiva che
negativa
Ogni particella è rappresentata da una funzione d’onda Ψ (x,t) tale che Ψ Ψ* è
la densità di probabilità di trovare la particella nel punto x al tempo t.
La funzione d’onda è soluzione dell’equazione di Schrödinger. Questa
equazione gioca lo stesso ruolo della legge di Newton e della conservazione
dell’energia nella Meccanica Classica, cioè predice il comportamento futuro di
un sistema dinamico.
10 - I POSTULATI DELLA MECCANICA QUANTISTICA
A - Il postulato della Funzione d’Onda:
Associata ad ogni particella che si muove in un campo di forze conservative vi
è una funzione d’onda, la quale determina tutte le informazioni ottenibili sul
sistema.
•Ad ogni sistema fisico formato da una particella è associata una funzione d’onda.
• Questa funzione d’onda permette di ottenere tutte le informazioni possibili sul sistema. La
funzione d’onda è descritta da variabili complesse.
• Un numero complesso può essere scritto nella forma a+ib oppure a-ib con a,b reali e
i=√-1, a+ib e a-ib sono numeri complessi coniugati ed il loro prodotto fa a²+b².
•Il prodotto della funzione ψ con la sua funzione complessa coniugata ψ*specifica la
vera probabilità fisica di trovare la particella in un certo stato.
 ( x, t )
È solo una funzione matematica priva di
un immediato significato fisico
 ( x, t ) ( x, t )
*
E’ la densità di probabilità di
trovare la particella nel punto di
coordinata x , all’istante t
Probabilità in Meccanica Quantistica
La vera probabilità di trovare la particella è data dal prodotto della funzione
d’onda (che può essere un numero complesso) con il suo complesso
coniugato; il risultato è sempre un numero reale .
Poiché la probabilità totale di trovare la particella da qualche parte deve
essere = 1, la funzione d’onda deve essere normalizzata. Cioè la somma
delle probabilità, estesa a tutto lo spazio, deve essere 1. Ciò si esprime
tramite l’integrale:


dV

1

dV  dx dy dz 
Volume infinitesimo
*
La richiesta di avere funzioni d’onda normalizzabili svolge un
ruolo molto importante nella ricerca delle soluzioni
dell’equazione di Schrödinger. Ad esempio, si può trovare che
solo certi valori dell’energia permettono di ottenere soluzioni
normalizzabili.
Una particella libera e l’equazione di Schrödinger
L’equazione di Schrödinger non può essere dedotta; la sua validità viene dal
confronto con i dati sperimentali. La naura ondulatoria di un elettrone è chiaramente
confermata da esperimenti come quello di Davisson-Germer. Ciò fa sorgere la
domanda: “Cosa è questa natura ondulatoria?". La risposta, a posteriori, è che
questa natura ondulatoria si manifesta attraverso la funzione d’onda dell’elettrone. La
soluzione dell’equazione di Schrödinger per una particella libera è un’onda piana, la
quale contiene la relazione di deBroglie per l’impulso e di Planck per l’energia.

h
2
Le funzioni d’onda
•Il principio di indeterminazione dice:
λ = h / mv
•l’energia cinetica: E = ½ m v² ed
mv=√ 2mE
λ = h / √ 2mE
• quanti modi per sistemare un’onda
nella scatola? Risposta : nλ/2 = L
• sostiutendo nell’ultima eq. rossa λ si
ha: ½ n h √ 2mE = L ed elevando al
quadrato si ricava l’energia E :
E
L
n=4
2λ
n=3
3λ/
2
En = n² ( h² / 8 m L² ) cioè:
1. E  n 2 E
n
1
2.
1/ 2
2
L
 n ( x)    sin
n
x
L
 2 ( x)
n=2
λ
n=1
λ/
2
Probabilità di
trovare la
particella ai diversi
valori di x:
Calcolo dei livelli energetici degli elettroni
confinati in una buca di potenziale
∞


U(x)   0


x0
0x L
x L
∞
x  0 

x  L 
U
0
En 
L
x
eV
eV
L=1 Å
800
8
600
6
400
4
E 2  E1 112eV
200
l(1.12eV ) 
12398
1.12
c


hc
E

l(112eV ) 
E
8mL2
n2
E 2  E1 1.12eV
2
6.62  1034  3  108
h2
L=10 Å
Å  11000Å  1.1 mm
l
 (x)  0

12398
E (eV )
Å
12398
112
Å  110Å
B - Operatori in Meccanica Quantistica : Principio di corrispondenza
Associato ad ogni grandezza misurabile di un sistema fisico vi è un operatore quantistico.
In Meccanica Quantistica si descrivono i sistemi fisici mediante onde (la funzione d’onda),
piuttosto che tramite particelle il cui moto e la cui dinamica possono essere descritti con
precisione dalle equazioni deterministiche della Fisica di Newton. Questi operatori
possono essere rappresentati in vari modi. Alcuni sono elencati qui di sotto:.
In questa rappresentazione (detta di Schrödinger) degli operatori, le posizioni e le loro
funzioni non cambiano, mentre gli impulsi diventano derivate rispetto alla posizione.
L’operatore dell’energia (Hamiltoniano) contiene derivate rispetto allo spazio ed al tempo.
C - L’ EQUAZIONE DI SCHRODINGER
L’energia cinetica e potenziale sono trasformate nell’operatore Hamiltoniano, che agisce sulla
funzione d’onda per generarne l’evoluzione nello spazio e nel tempo. L’equazione di
Schrödinger dà l’energia quantizzata del sistema (i possibili valori di E) e la forma della
funzione d’onda, a partire dalla quale altre proprietà fisiche possono essere calcolate.
Equazione di Schrödinger
Per una particella che si muove
lungo la dimensione x, con
energia E e con potenziale V(x)
l’equazione di Schrodinger sarà:
h d  (x)
 2
 V (x) (x)  E (x)
2
8 m dx
2
Erwin Rudolf Josef Alexander Schrödinger
Vienna 12 Agosto 1887 – Vienna 4 Gennaio 1961
Nobel per la Fisica 1933


2
 (x) è la funzione d’onda che
descrive la particella ed è la
soluzione di questa equazione
differenziale.
11. Il Principio di Complementarità
Vediamo ora come la meccanica quantistica ha superato il
dualismo onda particella nato dalla relazione di De Broglie
… quindi entriamo nella discussione sul principio di
COMPLEMENTARITA’
Riflessione
Rifrazione
Interferenza
Diffrazione
Polarizzazione
Effetto fotoelettrico
Compton scattering
ESPERIMENTO DELLA DOPPIA
FENDITURA : PROIETTILI
 I proiettili arrivano sempre a blocchi,
identici e distinti – COMPORTAMENTO
CORPUSCOLARE
 N12 = N1 + N2
Non si ha interferenza
ESPERIMENTO DELLA DOPPIA
FENDITURA: ONDE D’ACQUA
 L’ intensità può assumere qualsiasi valore;
non possiede una struttura a “blocchi” –
COMPORTAMENTO ONDULATORIO
 I12  I1 + I2
Si ha interferenza
MATEMATICA DELL’ INTERFERENZA
Interferenza costruttiva
I1 = |ψ1|2
I12 = |ψ1 +
,
ψ2|2
Interferenza distruttiva
I2 = |ψ2|2
= |ψ1|2 + |ψ2|2 + 2 |ψ1| |ψ2| cos q
ESPERIMENTO della DOPPIA
FENDITURA con ELETTRONI
 Gli elettroni arrivano sempre in granuli,
tutti identici tra loro
 P12  P1 + P2
P1
1
2
Si ha interferenza
P2
P12
OSSERVAZIONE degli elettroni attraverso una
SINGOLA FENDITURA
1
2
 Gli elettroni osservati risultano essere
passati o dal foro 1 oppure dal foro 2
 P12 = P1 + P2
Non si ha interferenza
P12
E’ possibile stabilire con esattezza da quale fenditura siano passati?
“E’ impossibile ideare un esperimento in grado di determinare da
quale foro sia passato l’elettrone che allo stesso tempo non
perturbi l’elettrone sufficientemente da distruggere l’interferenza”
PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE
di HEISENBERG

x p 
2
SIMULAZIONE della DIFFUSIONE di ELETTRONI attraverso DUE FENDITURE
La figura di interferenza si forma lentamente, man mano che, uno per volta,
gli elettroni si accumulano sullo schermo.
500 elettroni (simul.)
1500 elettroni (simul.)
2500 elettroni (simul.)
Non si può affermare che ciascun elettrone passa o nella fenditura in alto o
in quella in basso. Quando anche l’altra fenditura è aperta, essa influenza in
modo complicato la distribuzione risultante sullo schermo: alcuni punti (ad
esempio al centro) ricevono molti più elettroni a causa dell’interferenza
costruttiva; altri punti, per interferenza distruttiva, ne ricevono meno.
PRINCIPIO DI COMPLEMENTARITÀ: In ogni esperimento una
particella manifesta o proprietà corpuscolari oppure ondulatorie, e
ciascun comportamento esclude l’altro. L’interferenza (natura
ondulatoria) si manifesta ogni volta che i due eventi sono possibili e
indistinguibili. Essa scompare (si manifesta la natura corpuscolare)
non appena diventa possibile, anche solo in principio, distinguere i
due eventi.
Il principio di complementarità è compatibile chiaramente col
PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE: Non si può misurare nello stesso
momento con arbitraria precisione la posizione e la quantità di moto di una
particella :
xp 
2
Infatti la luce “misura” la posizione dell’elettrone con una incertezza ∆x ≈ l 
lunghezza d’onda della radiazione usata. Tale localizzazione produce una incertezza
nel momento ∆px = h/l.
l grande: non si distingue dove passa l’elettrone, ma ∆px è piccola e non distrugge la
figura d’interferenza (predomina il comportamento ondulatorio);
l piccola: la posizione dell’elettrone è determinata con alta precisione, ma esso
acquista una grande quantità di moto trasversale e di conseguenza la figura di
interferenza è distrutta (predomina il comportamento corpuscolare).
12 - L’atomo di idrogeno
La soluzione dell’equazione di
Schrödinger per l’atomo di
idrogeno si ottiene più facilmente
usando coordinate polari sferiche e
separando le variabili, così che la
funzione d’onda è rappresentata
dal prodotto:
La separazione conduce a tre
equazioni separate per le tre variabili
spaziali, e le loro soluzioni portano ai
tre numeri quantici associati con i
livelli di energia dell’atomo di idrogeno.
I numeri quantici per l’atomo di idrogeno
La soluzione dell’equazione di Schrödinger per l’atomo di idrogeno richiede di imporre la
condizione che le funzioni d’onda siano normalizzabili. Queste soluzioni, per le tre funzioni
separate delle tre variabili, possono esistere soltanto se certe costanti che appaiono nelle
equazioni assumono valori interi. Ciò porta ai numeri quantici dell’atomo di idrogeno:
H nlm  En nlm
En  
13.6
eV
2
n
n = principal quantum number
L2 nlm  l (l  1) 2 nlm
l = orbital quantum number
Lz nlm  ml  nlm
ml = magnetic quantum number
Il modello vettoriale per il momento angolare orbitale
Il momento angolare orbitale per un elettrone atomico
può essere visualizzato mediante un modello
vettoriale, nel quale il vettore momento angolare
effettua un moto di precessione intorno ad una
direzione fissa nello spazio. Mentre la lunghezza del
vettore ha il valore indicato, solamente un massimo di
l unità of ħ può essere misurato lungo una certa
direzione, dove l è il numero quantico orbitale.
Anche se lo si definisce "vettore", il momento
angolare orbitale in Meccanica Quantistica è un
tipo speciale di vettore; infatti la sua proiezione
lungo una direzione nello spazio è quantizzata, con
valori che differiscono di una unità ħ. Il diagramma
mostra che i possibili valori del “numero quantico
magnetico" ml (for l =2), sono
ml  2,  1, 0, 1, 2
Lo spin dell’elettrone
Lo spin di un elettrone, s = 1/2, è una proprietà
intrinseca degli elettroni. In aggiunta al momento
angolare orbitale gli elettroni posseggono un momento
angolare intrinseco, caratterizzato dal numero quantico
1/2. In analogia al momento angolare orbitale, si ha:
s = ½ “spin su”
s
=
– ½ “spin giù”
I due stati di spin, “su" e “giù“, permettono di avere due elettroni per ogni insieme degli
altri numeri quantici
Pertanto i numeri quantici divengono 4 :
n, l , ml , s
13 - Il Principio di Esclusione di Pauli
Due elettroni in un atomo non possono avere gli stessi numeri
quantici.
Questo è un esempio di un principio generale che si applica non solo
agli elettroni, ma anche a tutte le altre particelle di spin semi-intero
(fermioni). Non si applica alle particelle di spin intero (bosoni). Quindi 2
elettroni possono avere stessi numeri quantici n,l,ml, ma diverso spin!
L’ esperimento di Stern-Gerlach ha verificato il principio di Pauli:
fascio di
particelle con “spin” 1/2
sorgente
“calda”
Fn
Per ciascuna particella del fascio la componente del momento angolare lungo una
qualsiasi direzione assume solo due valori :
s   / 2
s   / 2
Funzione d’onda di Scroedinger
La probabilita’ di trovare una particella in
una piccola porzione di volume e’
proporzionale al quadrato del modulo della
funzione d’onda 
Orbitali Atomici
Orbitale
2s dell’
idrogeno
Lez. 7
51
Orbitali
Rappresentazione
tridimensionale
delle
distribuzioni di
probabilità per gli
orbitali s p d
Riempimento degli orbitali
•
•
•
•
•
•
H
He
Li
Be
B
C
1s
1s2
1s2
1s2
1s2
1s2
2s
2s2
2s2
2s2
2px
2px2
14 - La Tabella Periodica degli Elementi
I numeri quantici associati agli elettroni atomici, insieme al principio di esclusione di
Pauli, forniscono le proprietà fondamentali per la costruzione delle strutture atomiche e
la comprensione della Tabella Periodica degli Elementi.
Per un dato numero quantico principale n, vi sono 2n2 diversi stati possibili
(con la stessa energia).
L’ordine di occupazione dei livelli di energia atomici da parte degli elettroni avviene a
partire da quelli di energia pù bassa, e prosegue consistentemente con il principio di
Pauli. L’indicazione dei livelli segue lo schema della notazione spettroscopica.
Tavola periodica degli elementi
Proprietà degli Atomi
Energia di ionizzazione
Lez. 7
56
Proprietà degli Atomi
Elettronegativita' degli elementi :
I
II
III
IV
V
VI
VII
Be
B
C
N
O
F
H
2,20
Li
0,97 1,47
2,01 2,50 3,07 3,50 4,10
0.94 1,46
2,01 2,63 2,33 3,17 3,91
Na
Al
Mg
Si
P
S
Cl
1.01 1,23
1,47 1,74 2,06 2,44 2,83
0,93 1,32
1,81 2,44 181 2,41 3,00
Dai livelli discreti alle bande
Metalli
isolanti
Semiconduttori
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