PARTE PRIMA:
L’INTERVENTO
STRAORDINARIO
(1950 ca. -1975 ca.)
1. IL PRIMO TEMPO DELL’INTERVENTO
STRAORDINARIO
ANNI CINQUANTA:
 RIFORMA AGRARIA
 POLITICA DI INFRASTRUTTURAZIONE
(Cassa del Mezzogiorno, 1951)
 Sviluppo di un’industria manifatturiera leggera
LEGGE PASTORE (634/1957):
SVILUPPO CONCENTRATO O PER POLI

Individuazione di “aree di sviluppo industriale”

Politica degli INCENTIVI
2.
•
•
•
•
•
•
L’INDUSTRIALIZZAZIONE
Investimenti dall’esterno:
delle PP. SS. e dei grandi gruppi privati (soprattutto 1969-73)
SETTORI PRIVILEGIATI:
siderurgia,
raffinazione petroli
petrolchimica
chimica primaria
meccanica
elettronica
INVESTIMENTI (FISSI LORDI) INDUSTRIALI (PROCAPITE in lire 1963)
Sud e isole
Centro-Nord
1951
7.806
25.394
1961
21.371
53.751
1971
59.981
49.975
3. MODERNIZZAZIONE COME RISOLUZIONE
DELLA QUESTIONE MERIDIONALE
• da una società agraria ad una industriale
•
rurale
urbana
•
tradizionale
moderna
•
comunità
individualismo/collettiv.
•
statica
dinamica
• basata su quello che uno è
su quello che
uno fa
• solidarietà di tipo verticale solidarietà di tipo
orizzontale
4.
LA POLEMICA
SULLE CATTEDRALI NEL DESERTO
• Politica dell’industrializzazione per poli:
grandi impianti industriali concentrati 
fertilizzazione progress. del territ. circostante
• Straordinario processo di modernizzazione:
il Sud si mantiene agganciato all’Europa,
ma non colma il divario con il Centro-Nord
• Soprattutto, tipo di sviluppo
- non auto-propulsivo
- che non risolve il problema occupazionale
5.
Sviluppi inattesi, conseguenze non volute
• Straordinario mutamento strutturale dell’economia
mondiale DURANTE IL DECENNIO SETTANTA
(crisi del petrolio, avanzata Paesi in via di sviluppo, ecc.)
• Il saldo occupazionale non dipende dalla creazione
di forza lavoro stabile e moderna
• Ma: sviluppo reti trasporto e omologazione dei
modelli di consumo  integrazione nel mercato
nazionale  crisi industria tradizionale Sud
• Polemica sulle cattedrali nel deserto, quindi,
probabilmente falsa
6. Il circolo vizioso della politica
dei poli industriali
• Perché lo sviluppo industriale non è riuscito a
propagarsi?
• Perché le stesse condizioni che assicurano
il successo di un polo industriale
- il minimizzare la dipendenza dall’area
circostante fanno sì che non riesca a fertilizzare il contesto
in cui si inserisce.
7. Circolo vizioso – causalità circolare
IL PROBLEMA DEI NEGRI IN AMERICA (Myrdal 1957)
• “I pregiudizi dei bianchi,
che hanno come conseguenza la discriminazione sotto
vari aspetti contro i negri,
e il basso tenore di vita della popolazione negra
sono l’uno causa dell’altro.
• Se uno dei due fattori si modifica,
ciò deve portare ad un cambiamento anche dell’altro
e origina un processo cumulativo di interaz. reciproca,
nel quale la modificazione di un fattore verrebbe
accentuata dalla reazione dell’altro fattore,
e così di seguito in senso circolare”.
PARTE SECONDA:
SVILUPPO LOCALE E
PROGRAMMAZIONE
NEGOZIATA
(1995 ca. - )
8.
GLI INGREDIENTI DELLA SVOLTA
• Sono tre le forze politiche ed intellettuali che sono alla base del
cambiamento di paradigma (anni Novanta):
a) Censis e presidenza del Cnel
una matrice cattolica (ma non solo):
sviluppo del territorio con attenzione
alle basi di tipo comunitario della modernizzazione;
b) Ministro del Tesoro (Ciampi) e economisti suoi collaboratori
una matrice laica e tecnocratica:
creazione del Dip. per le Politiche dello Sviluppo (1998).
c) Sociologi economici ed economisti dello sviluppo:
scoperta alla fine degli anni settanta del modello N.-E. C.
(sviluppo basato sulla formazione di distretti di PMI)
9. La Terza Italia
• Modello basato su risorse comunitarie:
- la famiglia allargata,
- rapporti fiduciari su base territoriali
- ruolo collaborativo del sindacato
- supporto delle amministrazioni locali,
bianche e rosse (es. Veneto e Toscana)
• aree rurali e di emigrazione 
aziende innovative export-oriented 
sviluppo
10. L’autonomia dello sviluppo
• I Patti territoriali (L. 104/1995 e 662/1996):
fondi esterni  rendere territorio capace di produrre da sé
risorse che ne sostengano crescita di lungo periodo,
a partire da decisioni su sviluppo stesso.
• Sviluppo locale ≠ (a) chiusura localistica (rifiuta processi
di globalizzazione economica)
≠ (b) mero dinamismo economico (attrazione
investimenti dall’esterno contando su fattori di costo).
(b) strategia efficace nel breve periodo, ma SVILUPPO NON
AUTONOMO, in quanto i flussi di globalizzazione rapidamente
possono creare altrove occasioni più redditizie per
imprese e investitori.
• Strategia sviluppo locale:
attrazione investimenti e utilizzo risorse esterne 
arricchimento competenze e specializzazioni locali,
avendo in mente livelli produttività regioni europee più avanzate
e non livelli di costo regioni più arretrate.
11.
Globalizzazione e radicamento
• Scenari competitivi degli ultimi decenni (post-fordismo,
globalizzazione) 
Maggiore radicamento dell’economia nel contesto territoriale
• Anche grandi imprese, dominanti nei settori a elevate
economie di scala,
interessate a localizzare attività innovative
dove più favorevoli possibilità di collaborazioni esterne
qualificate e servizi collettivi.
• Rapporto ambivalente e complesso della globalizzazione
con la dimensione locale.
Es.: consumatori affluenti ricercano
componente simbolica incorporata in beni e servizi,
legata a tradizioni di saper fare locale.
12. Il ruolo degli incentivi
• La strategia dello sviluppo locale va
concettualmente distinta
dalle politiche di incentivazione
come i contratti di programma, le misure
ex L. 488/92 e i crediti di imposta
• Possono essere previsti incentivi alle
imprese, ma questi
sono funzionali alla realizzazione di un
progetto non esclusivamente aziendale,
ma di cooperazione con altre imprese, di
sviluppo integrato del territorio
13.
Programmazione negoziata
• La strategia dello sviluppo locale si fonda sulla
capacità di coordinamento e quindi l’interazione tra
attori collettivi:
- governi locali,
- organizzazioni di rappresentanza degli interessi,
- associazioni.
• Perché è necessaria la mobilitazione e
responsabilizzazione dei soggetti sociali?
Il governo locale ne ha bisogno perché questi sono
dotati di risorse di informazione e di consenso.
• Infatti, il potere pubblico manca di informazioni
adeguate e
deve far fronte alla frammentazione delle competenze
tra i vari apparati,
coinvolti dal respiro ampio che il progetto deve avere.
14. Contesto e beni collettivi locali
• Idea principale dello sviluppo locale:
intervenire sul contesto in cui si trovano ad operare imprese e
cittadini. Es.:
- condizioni di sicurezza
- legalità
- giustizia
- formazione
- ricerca e innovazione
- servizi collettivi, es. trasporto e comunicazione.
• L’intervento  accrescere le economie esterne tangibili
(infrastrutture, servizi)
e intangibili (capacità relazionali, capitale sociale).
• Beni collettivi locali, es. - qualificazione delle risorse umane
- servizi di smaltimento rifiuti per una data produzione.
 economie esterne
15.
Progetti integrati
• Caratteristica qualificante degli interventi:
il loro grado di integrazione.
Consistono in:
una pluralità di interventi – anche di dimensione relativamente
limitata – da realizzare in un territorio.
Es. promozione del turismo:
- alberghi
- strade
- impianti idrici
- manutenzione del territorio
- migliore gestione dei rifiuti
- formazione del personale
- campagne di marketing.
fornitura beni collettivi  incentiva l’imprenditore singolo 
intrapresa strade innovative :
ad esempio, la valorizzazione di beni ambientali o storicoartistici  imprenditore del settore turistico.
16. Sviluppo locale e programmazione
negoziata: un riepilogo
• Politiche di sviluppo locale 
un nuovo posizionamento competitivo del territorio,
al livello più alto possibile
e mantenendo una continuità (anche se non una
stasi) rispetto alle sue vocazioni tradizionali.
•  produzione di beni pubblici locali
 sviluppo economico
• Questi difficilmente prodotti dai meccanismi di
mercato,
• mentre invece realizzabili attraverso
azione coordinata di più soggetti sul territorio.
17. Differenze con l’intervento straordinario
• Non c’è più la questione meridionale,
ci sono i Sud
• Da un intervento top-down ad uno bottom-up
• Anni ‘60-’70:
modernizzazione economica (industrializzaz.)
 modernizzazione socio-culturale
Oggi:
miglioramento delle condizioni civili, culturali e
sociali di un’area
 sviluppo economico
PARTE TERZA:
LA NEGOZIAZIONE
PER
LO SVILUPPO LOCALE
18. Sviluppo locale e negoziazione integrativa
• ll successo di un’azione di sviluppo locale dipende:
- dalla propensione alla cooperazione tra gli attori
- dalle loro competenze
- dall’efficacia del disegno istituzionale.
• La propensione è più facile trovarla in territori
dove vi sono consolidate tradizioni di cooperazione e
dove i soggetti hanno imparato a valutarne costi e benefici.
• Oppure è possibile creare contesti
nei quali i soggetti locali siano costretti o incentivati
ad adottare comportamenti cooperativi e
ad apprendere i vantaggi dell’agire collettivo.
L’adozione di pratiche di democrazia deliberativa nelle
politiche di sviluppo ha esattamente questo scopo.
19. Negoziazione integrativa/distributiva
• Strategia negoziale integrativa 
generazione ipotesi alternative di accordo
finalizzate alla creazione di valore (l’allargamento della torta).
• Necessita, quindi, di uno sforzo cognitivo e creativo notevole.
• Siamo in presenza di un’ alleanza per la creazione di valore
e non di due parti in conflitto di interessi.
• Tattiche negoziali integrative  aumento del potenziale di integrazione
(non del potere contrattuale)
• Potenziale di integrazione può essere intrinseco
(deriva da grado di specificità e complementarietà risorse e competenze
attivabili, e da loro grado di congruenza con il problema da gestire);
oppure contingente
(tattiche di conduzione del negoziato non rientreranno nelle categorie
attacco e difesa, ma in due dinamiche non riconducibili alla competizione:
generazione di alternative e costruzione dell’accordo).
20.
La negoziazione integrativa
per lo sviluppo locale (1)
• Ratio di fondo delle nuove politiche:
passaggio da un atteggiamento negoziale di tipo distributivo
ad uno integrativo
• Strumento del patto  i soggetti
scoprono nuove preferenze, ridefiniscono interessi
 si impegnano in azioni più rischiose e innovative
• Interazione ripetuta e concertazione  sviluppo di
fiducia e reti di relazioni che aiutano l’innovazione economica
e allungano la vista degli attori.
• Costruzione partenariato e tavoli di concertazione 
elaborazione di un progetto che risponda a
vocazioni nascoste o manifeste del territorio
e sia in grado di mobilitare attori locali disposti a rischiare il
proprio capitale e la propria attività
21.
La negoziazione integrativa
per lo sviluppo locale (continua)
• Un progetto che
integri i vari progetti individuali in
un’idea comune di sviluppo e
sia attuabile con le risorse messe a disposizione dall’Ue e
realizzabile nei tempi previsti dalla normativa.
• Oltre (o prima di) soddisfare gli interessi immediati dei
partecipanti,
il processo negoziale (integrativo)
prova a fornire incentivi di identità,
ossia l’offerta di risorse volte a far crescere
l’identificazione con una visione complessiva dello
sviluppo e
la condivisione di una serie di misure per promuoverlo.
22.
Il capitale sociale
• Il funzionamento dei meccanismi di produzione di beni collettivi è
influenzato dall’esistenza di reti personali, che facilitano la
cooperazione.
Relazioni extra-economiche che incidono sullo sviluppo economico.
• Tali reti rendono possibili transazioni complesse e rischiose sul piano
economico o politico,
fornendo risorse di fiducia che consentono di cooperare anche in
presenza di condizioni di incertezza e di carenza di informazioni.
• Tale rete di relazioni sociali personali tra soggetti individuali =
capitale sociale (Trigilia)
Producono risorse cognitive, come le informazioni,
o normative, come la disponibilità di legami fiduciari e di meccanismi
informali di controllo reciproco che limitano l’opportunismo.
• Nei casi dei progetti di sviluppo locale nel Mezzogiorno:
processi politici tra attori collettivi  accumulo di capitale sociale 
capitale sociale al livello delle relazioni tra imprenditori individuali
e tra imprenditori e lavoratori.
23. Una vecchia storia:
le basi morali di una società arretrata
• Il problema del/dei Sud è un problema di mancanza di
capitale sociale, di fiducia tra individui e gruppi?
• Banfield (1959):
il familismo amorale
• “I Montegranesi seguono questa regola generale:
massimizzare i vantaggi materiali e immediati del
nucleo familiare; supporre che gli altri si comportino
allo stesso modo”.
• All’opposto nelle regioni centro-orientali:
(Paci 1982)
 famiglia estesa  cooperazione
mezzadria
basata su risorse tradizionali
 orientamento all’innovazione
24. Le fasi dei Patti
Tre sono le fasi cruciali di costruzione dei patti:
a) costruzione del partenariato
b) definizione dell’idea progettuale
c) mobilitazione ed esecuzione.
•
25. Fattori di successo dei Patti
Fattori che influiscono sul buon rendimento dei patti:
1) Intensità del partenariato = diffusione e qualità della concertazione
misurata con
1.1 il grado di presenza di un nucleo ristretto e stabile di attori che
svolgono una funzione di stimolo e coordinamento e partecipano attivamente
alla messa a punto del progetto,
1.2 numero di protocolli sottoscritti (es. sulle relazioni industriali, il credito,
lo snellimento delle procedure burocratiche, la lotta alla criminalità, ecc.)
2) Mediatore-leader – es. sindaco eletto su programma di rinnovamento –
che riesce a rassicurare i singoli partecipanti che ciascuno farà la sua parte,
ponte fiduciario tra i diversi attori
3) Scelte organizzative che non isolano fase della gestione, realizzata
attraverso apposite società, da soggetti attivi nella concertazione iniziale.
Non deve verificarsi una netta separazione tra amministrazione e politica,
poiché è necessario coinvolgere le istanze politiche anche nella realizzaz.,
trattandosi di decisioni che richiedono un grado elevato di cooperazione
e di fiducia reciproca
PARTE QUARTA:
LE CRITICHE ALLA
PROGRAMMAZIONE
NEGOZIATA
26.
Il rischio delle coalizioni collusive
• Ricerche empiriche sugli scarsi risultati della
programmazione contrattata (Meldolesi):
- immediati in termini di occupazione,
- relativi al decollo produttivo ma anche culturale dei
territori coinvolti.
• Il problema: non il mancato passaggio da una
negoziazione distributiva ad una integrativa;
invece la formazione di coalizioni collusive
volte a convogliare risorse finanziarie verso
determinate aree senza credibili progetti di sviluppo.
Gli attori sociali intercettano un flusso di risorse
pubbliche distribuendole sul territorio,
ma senza che ciò influisca in modo significativo sulla
qualità delle loro relazioni.
27.
Sviluppo e riduzione del divario
nelle regioni spagnole
Andalus. Spagna
UE Navarra Puglia
PIL increm.
1986-1998
+ 49% + 9,7 % + 15%
PIL increm.
annuo ‘00-’06
+3,7% + 3,36%
PIL 1996
57,2
100
(a 15)
98,1
71,1
PIL 2006
82,0
100
(a 27)
132,0
72,4
Tasso attiv.
femmin. 1996
37,5%
Tasso attiv.
femmin. 2007
47,0%
36,9%
28. Contesto negativo e
istituzionalizzazione precoce
• Critica al passaggio dai Patti territoriali (L. 104/1995 e
662/1996)
ai PIT (Programmazione Fondi strutturali 2000-2006)
Un’istituzionalizzazione anticipata che incentiva la
formazione di coalizioni collusive (De Vivo)
Soprattutto se ci si trova in un contesto
nel quale la politica basa “la sua legittimazione sulla
spartizione particolaristica delle risorse” e
sono diffuse “prassi e culture ispirate a modalità
clientelari di relazione tra rappresentanti e cittadini”.
29.
Il rischio della riproduzione
dell’assistenzialismo
• La programmazione concertata ha favorito
“la tendenza all’accordo ‘spartitorio’ politico-sociale” (Meldolesi).
Le istituzioni locali hanno “ceduto alla tentazione di
massimizzare la richiesta di finanziamento,
accorpando in settori affini le domande pervenute e coprendo
l’arco più ampio possibile delle iniziative finanziabili,
invece di puntare ad un vero studio e programma di zona”.
• Confermata l’opzione dello sviluppo locale: “dovremmo puntare
sull’impresa e quindi sull’esercito delle PMI (che fortunatamente
esiste davvero anche in molte zone del sud) e sulle sue forme
associate, piuttosto che sull’impiego pubblico”.
• Sugli strumenti: ritorno al credito d’imposta?
E’ automatico, generale e proceduralmente semplice 
prosciuga una possibile sorgente di clientelismo.
30. Il circolo vizioso dello
sviluppo locale
“Sarebbe un controsenso affermare che
una politica sorta con alla base una logica di
radicamento territoriale,
possa avere dei meccanismi di attuazione e di
funzionamento del tutto slegati da esso”.
(De Vivo)
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1-4 Sviluppo Sud