Letteratura e Sport
Introduzione
M. Zaccarello
MMX
Programma delle lezioni
Lo sport nella letteratura: introduzione
Valori etici e sociali nello sport: il mondo
antico
Valori etici e sociali nello sport: il medioevo
Lo sport in alcuni romanzi del Novecento
Letture critiche: Leopardi
Letture critiche: Bassani
Letture critiche: Testori
Letture critiche: Benni
Bibliografia di base
G. Leopardi, A un vincitore nel pallone (1823), al link:
http://www.liberliber.it/biblioteca/l/leopardi/canti/pdf/canti
_p.pdf
G. Bassani, Il giardino dei Finzi Contini, Torino, Einaudi,
1962 (e succ. edd.).
S. Benni, Bar sport, Milano, Mondadori, 1977 (ivi, Feltrinelli,
1997 e succ. edd.).
G. Testori, Il dio di Roserio, Torino, Einaudi, 1952 e succ.
edd. (poi Milano, Mondadori, 2002).
Bibliografia saggistica
1. M. Guglielminetti-A. Dughera, Letteratura e
sport: il Novecento, Torino, Levrotto & Bella,
1985;
2. AA. VV., Letteratura e sport (atti del Convegno
di Foggia, 22-23 maggio 1985), a cura di C. Di
Donna Prencipe, Bologna, Cappelli, [1986].
Ambedue i saggi risultano esauriti e saranno
forniti, per le sole parti rilevanti ai fini del corso,
in forma anastatica.
NB. L’esame si svolgerà in forma scritta con
eventuale supplemento orale.
Letteratura e sport nella Grecia antica
I principali Giochi panellenici si
tenevano a Olimpia (i più importanti:
appunto gli Giochi olimpici), Delfi
(Giochi pitici), a Nemea nel
Peloponneso (Giochi nemei) e
sull'Istmo di Corinto (Giochi istmici).
L’epinicio greco
Composizione lirica, presumibilmente
corale, eseguita per celebrare il
vincitore delle più importanti
competizioni sportive dell’antica
Grecia;
I maggiori autori di epinici furono
attivi nella Grecia dorica: Simonide,
Bacchilide e Pindaro.
Simonide (555-467 a. C.)
Capostipite della lirica corale greca, è
tra i più grandi poeti di corte della
lirica corale dedicata agli dei ed alla
gloria dei tiranni.
Riferisce Cicerone su di lui, che "fu il
primo, a quanto dicono, ad inventare
l'arte della memoria" (De Oratore II,
351).
IL primato della “gnome”
E' difficile essere virtuosi, Pittaco disse. Più che difficile:
solo un dio può avere tal privilegio: a un uomo, che
un'irreparabile sciagura colpisca, è impossibile non essere
cattivo. Tutti son buoni se le cose gli van bene; ma tutti
sono cattivi se le cose gli van male: e anche ottimo uno può
essere, ma se lo assistono gli dei. (trad. G. Pascoli)
« Dei morti alle Termopili gloriosa la sorte, bella la fine,
la tomba un'ara, invece di pianti, il ricordo, il compianto è
lode.Un tal sudario non lo oscurerà né ruggine né il tempo
che tutto consuma.
Questo sacello d'eroi valorosi come abitatrice la gloria
d'Ellade si prese. Ne fa fede anche Leonida,
il re di Sparta, che ha lasciato di virtù grande
ornamento e imperitura gloria. »
Pindaro (518 o 522-445/338 a. C.)
Autore di importanti carmi epici, viaggiò a
lungo e visse e scrisse per sovrani e
famiglie importanti.
Negli Epinici cantò le vittorie della
gioventù aristocratica dorica - cui egli
stesso apparteneva.
Nella parte centrale degli epinici era
spesso inserita una digressione
(ekphrasis) che accostava le imprese del
celebrato a racconti tratti dalla mitologia
(da cui l’espressione volo pindarico).
Caratteri degli epinici di Pindaro
La sintassi melica di Pindaro somiglia ad
un’architettura monumentale, la cui
staticità vale come simbolo dell’eterno,
contribuisce la preferenza accordata alle
espressioni nominali, rispetto alle quali il
verbo è limitato alle pure necessità
funzionali.
Egualmente ridotto è l’impiego di particelle
e di ogni altra transizione argomentativa:
di conseguenza la dizione si concentra in
enunciati sintetici e definitivi
PER CLEANDRO DI EGINA
VINCITORE NEL PANCRAZIO
Per Cleandro e la sua
giovinezza, a glorioso
riscatto delle fatiche,
qualcuno, o giovani,
desti – recandosi allo
splendido portico del padre
suo Telesarco –
un festoso corteo, a
compenso
della vittoria sull’Istmo e
perché nelle gare a Nemea
ebbe successo: perciò
anche io, benchè triste
nell’animo,
acconsento a invocare la
aurea Musa.
Liberati da grandi dolori,
non priviamoci delle
corone,
e non farti servo dei lutti:
scampati a ineluttabili
mali, darò al popolo
qualcosa di dolce, pur dopo
la pena,
poiché un dio a noi
tolse quel travaglio
sul capo, quasi pietra
di Tantalo, per l’Ellade
insostenibile.
PER DIAGORAS DI RODI, PUGILE
Come chi da mano
generosa un calice
ribollente di rugiada di vite
in dono porga
al giovane sposo – l’alzava
brindando da casa a casa
massiccio d’oro, vertice dei
beni: lo splendore della
festa
e il genero onora, tra gli
amici
presenti lo fa invidiato per
nozze concordi –,
[così] anch’io nettare
distillato, omaggio delle
Muse,
ai vincitori invio dolce
frutto della mente,
e m’ingrazio
chi in Olimpia e in Pito
prevalse. Felice chi parole
di lode avvolgono:
ora l’uno ora l’altro
protegge
la Grazia feconda, spesso,
con cetra soave e flauto di
mille voci.
Bacchilide (516-451 a. C.)
Come per Pindaro, l'occasione per la
composizione del canto è data da una vittoria di
un atleta ai Giochi;
La vittoria dell'atleta è inserita in un mito, che ha
tre funzioni: dare solennità all'evento, rendere
eterno quel momento e emettere una sentenza
morale. L'evento particolare oltrepassa così i
limiti temporali e si innalza a modello esemplare
per tutti.
La parte iniziale e finale degli epinici è invece
rappresentata dalle lodi dell'atleta vincente, e
anche della sua famiglia, della sua città e dei suoi
dèi protettori.
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Letteratura e sport: il Novecento