Consigliere di Parità della Provincia di Torino
Dimissioni donne
entro il primo anno di età del bambino/a
nella sola area della provincia di Torino
Conclusioni
Grazie alla collaborazione con la
Direzione Provinciale del Lavoro di Torino
Servizio Ispezioni Lavoro
A cura di: Alida Vitale, Paola Merlino, Gisella Maggi, Virginia Fattibene, Elena Crotta
Con la supervisione di Laura Cima, Ivana Melli
e la collaborazione di Bartolomeo Pirone e Giampiero Colore
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Consigliere di Parità della Provincia di Torino
Premessa
Premessa
Durante il periodo di gravidanza e dopo la nascita del figlio/a, la lavoratrice dipendente può
dimettersi dal proprio lavoro, a determinate condizioni. Il Regolamento di esecuzione della
legge che disciplina la maternità, ( L. 1204/71), all’art. 11 del decreto di attuazione (D.P.R.
n. 1026/76) , prevede che la risoluzione del rapporto di lavoro sia condizionata alla
convalida delle dimissioni da parte del Servizio Ispettivo della Direzione Provinciale del
Lavoro.
In tempi recenti una importante circolare del Ministero del Lavoro ( Circ. n. 31/01 che
disciplina l’attività di vigilanza in materia di divieto di discriminazione e pari opportunità) è
tornata sulla questione , descrivendo la ragione precisa di questo obbligo di convalida ed
anche la Legge 53/00 (art.18 n. 2) ed il Testo Unico
151/01 ( art. 55), che sono
entrambe leggi in materia di tutela e di sostegno della maternità e della paternità, hanno
confermato tale necessità .
La ragione dell’obbligo di convalida
delle dimissioni
parte del Servizio Ispettivo del
Ministero del Lavoro sta nel fatto che la legge vuole preservare la lavoratrice da eventuali
pressioni a dimettersi da parte del datore di lavoro ed intende accertare la volontarietà
delle dimissioni per tutto il periodo tutelato dal divieto di licenziamento, cioè entro il primo
anno di età del figlio/a.
Le disposizioni richiamate poi, a maggiore tutela delle lavoratrici che si dimettono dal
proprio posto di lavoro nel periodo in cui è interdetto il licenziamento, stabiliscono il diritto
delle stesse a percepire tutte le indennità che il contratto e la legge prevedono in caso di
licenziamento.
Il testo Unico 151/01 estende la tutela economica ( cioè il diritto al pagamento di tutte le
indennità previste in caso di licenziamento ) anche ai padri lavoratori che hanno usufruito
del congedo di paternità. Infatti, in assenza della madre per abbandono, grave infermità o
morte oppure in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre, il padre avrà diritto ad
astenersi in congedo dal
lavoro per il periodo che sarebbe spettato alla madre. Se
dovesse dimettersi entro l’anno di età del figlio/a ha lo stesso obbligo di convalida e le
stesse tutele economiche cui avrebbe avuto diritto la madre.
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Consigliere di Parità della Provincia di Torino
Anche in caso di adozione o affidamento di un minore entro un anno dall’ingresso nel
nucleo familiare sono previsti gli stessi obblighi e le stesse tutele.
Una ulteriore previsione che intende garantire le lavoratrici (ed i lavoratori nei casi che
abbiamo visto) che si dimettono dal lavoro è l’esonero dal periodo di preavviso.
Dunque è necessario ricordare che, a fronte di una decisione spesso dolorosa e sofferta,
ma resa necessaria da una serie di circostanze, il datore di lavoro è tenuto a riconoscere
alle madri ed ai padri
che
rassegnassero le dimissioni
alcuni diritti
spesso non
conosciuti, come appunto le indennità economiche previste dal contratto e dalla legge in
caso di licenziamento e l’esonero dal periodo di preavviso.
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3
Consigliere di Parità della Provincia di Torino
La presente ricerca riguarda il numero di dimissioni delle donne nella Provincia di Torino e
l’analisi delle ragioni che hanno portato a tale scelta.
I dati forniti dall’Ispettorato del Lavoro non hanno indicato alcun padre che abbia usufruito
del congedo e che abbia convalidato le dimissioni entro l’anno di età del figlio/a.
In riferimento a quanto emerso dalla rilevazione dell’ultimo triennio relativa alle dimissioni
rassegnate dalle donne entro il primo anno di età del figlio/a, così come si può evincere
dalla tabella qui sotto riportata
Dimissioni donne
entro il primo anno di età del bambino/a
nella sola area della provincia di Torino
Anno
1
Donne dimissionarie
2002
718
2
Donne Occupate
tempo indeterminato
tra 15 ed i 49 anni
15/29 anni
30/49 anni
54000
178000
15/29 anni
30/49 anni
53000
184000
59 donne al mese c.a
2003
680
56 donne al mese c.a
2004
primi 9 mesi
473
Non ancora rilevato
52 donne al mese c.a.
emerge una grave problematica vissuta dalle donne nel mercato del lavoro della provincia
di Torino. Il dati sono, infatti, allarmanti ed al di sopra di ogni previsione.
Se si considera, inoltre, che la normativa in vigore prevede per le donne:
a) il diritto a non essere licenziate entro l’anno di età del figlio;
b) la possibilità di utilizzo dei congedi e di formule di conciliazione previste dai
contratti di lavoro;
i dati sopra riportati rendono la situazione ancora più grave.
Fortunatamente, il numero delle dimissioni per annualità risulta in leggera flessione a
fronte della stabilità del dato occupazionale femminile a tempo indeterminato. Questo dato
di tendenza esprime, oltre che un segnale positivo, anche un primo risultato percepibile
di anni di politiche di pari opportunità.
1
2
Dati Direzione Provinciale del Lavoro – Servizio Ispezioni Lavoro
Dati Osservatorio Regionale Mercato del Lavoro
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Nonostante ciò è emersa evidente la necessità, da un lato di agire per comprendere
meglio il fenomeno, dall’altra di mettere in campo risposte concrete.
Sulla base di una prima osservazione, condotta su un campione ristretto di donne, le
motivazioni rilevate hanno permesso un livello di riflessione ed analisi, in fase iniziale, ed
hanno visto emergere la necessità di comprendere meglio la situazione, attraverso
l’elaborazione di un questionario.
Sulla base di una prima osservazione, condotta su un campione ristretto di donne, le
prime motivazioni rilevate, hanno permesso un primo livello di riflessione ed analisi, ma
visto emergere la necessità di approfondire ulteriormente, attraverso l’elaborazione di un
questionario in modo tale da poter comprendere meglio la situazione.
Se infatti, in questa prima rilevazione, tutte le donne avevano fornito una motivazione
ufficiale
delle dimissioni riferita a problemi personali, l’esplicitazione di questi aveva
evidenziato la complessità della materia e la necessità di promuovere politiche di
prevenzione e tutela.
Donne
Motivazione di dimissione
5% circa
desidera mettersi in proprio per conciliare meglio vita e lavoro
14% circa
desidera dedicarsi completamente ai propri figli
52% circa
ha richiesto l’orario part-time ed è stato rifiutato dall’azienda
29% circa
non fornisce ulteriori elementi
Nota :Si tenga presente che tra le motivazioni raccolte non compare il fatto che le lavoratrici possano essere state costrette dall’azienda
alle dimissioni in quanto affermazione molto delicata .
.
Come si evince anche dalla tabella qui sopra riportata - l’alta percentuale di donne che
chiedono il part-time e la relativa non concessione, la non conoscenza della normativa
sulla conciliazione e alla presenza della Consigliera di Parità, lo scarso utilizzo dei congedi
parentali - hanno indotto il gruppo a di lavoro a formulare:
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alcune Riflessioni:
•
la questione della maternità rappresenta ancora un problema
•
donne, uomini ed imprese conoscono poco le possibilità introdotte dalle politiche di
conciliazione
•
le leggi a tutela delle lavoratrici sono poco diffuse
•
le Consigliere di Parità e le loro funzioni, sia di mediazione che di tutela, sono
scarsamente conosciute ed utilizzate
•
i punti di ascolto e consulenza sulla conciliazione
dei tempi a servizio delle
lavoratrici e dei lavoratori, sono pressoché inesistenti o sconosciuti
•
mancanza di rilevazione sistematica e qualitativa sulla tematica
alcune Prospettive concrete :
•
lavoro di ricerca a fianco dello sportello della Direzione Provinciale del Lavoro
(intervista con griglia di rilevazione per le donne che comunicano alle dimissioni)
•
ipotesi di un numero verde per consulenza
•
punti di ascolto e consulenza per lavoratori/trici
•
opuscolo/libretto informativo per neo-mamme e neo-papà
•
iniziative promozionali sulle leggi ed opportunità legate alla conciliazione per
aziende
A seguito di queste riflessioni si è deciso di procedere con una serie di interventi che da
un lato permettessero di approfondire e comprendere la questione delle dimissioni delle
lavoratrici madri e dall’altro si configurassero come azioni positive volte a rimuovere le
cause e/o a prevenirle.
Sulla base delle prospettive concrete elaborate dal gruppo di lavoro si è proceduto a:
1. Elaborazione, somministrazione e analisi di un Questionario
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2. elaborazione, stampa e distribuzione di Opuscoli per le mamme e per i papà “I
nostri auguri tra opportunità e diritti”
3. individuazione di Punti di Riferimento e Ascolto
4. Realizzazione di azioni promozionali verso imprese
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1. Questionario
A seguito delle considerazioni emerse il gruppo di lavoro, come prima tappa, ha elaborato
un questionario funzionale alla comprensione del fenomeno, da somministrare
direttamente alle donne dimissionarie.
Grazie alla fattiva collaborazione con la Direzione Provinciale del Lavoro di Torino Servizio Ispezioni, è stato possibile per la
persona che ha effettuato le ricerche,
somministrare il questionario direttamente presso la sede della Direzione a tutte le donne
che si presentavano per rassegnare le dimissioni.
La strutturazione del questionario, semplice e rispettosa della privacy, ha permesso facilità
e rapidità di rilevazione e la conseguente risposta positiva da parte di tutte coloro a cui è
stato proposto. Nessuna donna , infatti, ha rifiutato l’intervista.
Nell’arco di tre settimane si sono così raccolti 40 questionari che da un lato hanno
confermato il dato allarmante delle dimissioni nella provincia di Torino e dall’altro hanno
permesso la costruzione di un campione significativo di intervistate, sufficiente alla
elaborazione ed analisi dei dati.
Come si può constatare, il questionario, pur essendo breve (anche per non abusare del
tempo delle donne intervistate), permette di rilevare una serie di temi utili alla
comprensione del fenomeno.
In particolare ha consentito di raccogliere elementi in merito a:
•
caratteristiche personali – età, provenienza, titolo di studio, composizione familiare;
•
attività lavorativa – tipologia di impresa, lavoro;
•
problemi sorti dall’annuncio della gravidanza, al rientro al lavoro;
•
problemi e cause che hanno portato alla scelta delle dimissioni;
•
conoscenza o meno della normativa a favore della conciliazione e della figura della
Consigliera di Parità
•
suggerimenti per favorire le donne nella conciliazione e soprattutto nel
mantenimento del posto di lavoro.
A tal proposito si riporta qui di seguito il modello di questionario/intervista.
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analisi
DATI ANAGRAFICI DELLE MADRI DIMISSIONARIE INTERVISTATE:
Età
L’età delle donne intervistate si estende lungo l’arco 20-42 anni; l’età media è di
circa 31 anni; la maggior parte delle donne intervistate ha 32 anni.
Residenza
La maggior parte delle donne intervistate non vive in Torino ma nel resto territorio
della Provincia di Torino.
LUOGO DI RESIDENZA
11
Torino
Fuori Torino
29
Titolo di studio
I titoli di studio prevalenti sono: diploma e licenza media inferiore.
TITOLO DI STUDIO
3
16
Licenza media
Diploma
Laurea
21
11
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Composizione del nucleo familiare:
La quasi totalità delle donne intervistate ha un marito/ convivente, solo in due casi
la donna è capo famiglia.
STATO CIVILE
Donna con
marito/convivente
2
Donna capo
famiglia
38
La maggior parte delle donne intervistate ha 1 solo figlio (26 su 40), si va da un
minino di 1 figlio a un massimo di 3 con una media per donna di 1 figlio.
Per quanto riguarda il sesso del primo figlio (il più grande/l’unico), i dati rivelano che
si tratta di 20 maschi e 20 femmine con un’età compresa tra i 2 mesi e i 17 anni.
Per calcolare una media dell’età significativa, abbiamo ritenuto opportuno definire il
limite massimo di età del primo figlio di 6 anni, considerando a parte il caso del figlio
con 13 anni e 17 anni. Pertanto, l’età media del primo figlio è di 34 mesi circa (2 anni
e 10 mesi), e la fascia di età in cui si colloca maggiormente l’età del primo figlio
riguarda il 9° e il 10° mese.
Le donne dimissionarie con 2 figli sono 12. Solo 2 donne hanno 3 figli. In particolare,
una delle due donne ha già due figlie grandi di 13 anni e 17 anni ed è in attesa del
terzo figlio, pertanto si dimette ancora prima di partorire. L’altra donna si dimette con
il terzo figlio di 9 mesi.
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Consigliere di Parità della Provincia di Torino
LAVORO
Sede di lavoro
La sede di lavoro è distante da casa per 16 donne su 40; nel dettaglio sono per lo più
coloro che abitano fuori Torino a lavorare distanti da casa (coloro che sono distanti
dal luogo di lavoro sono 13 donne residenti fuori Torino, 3 in Torino).
La distanza casa-sede di lavoro in km segnalata dalle intervistate varia da un minimo
di 8 km a un massimo di 90 km; con una distanza media di 26,4 km circa. Inoltre,
sono le donne residenti fuori città a dover percorrere quotidianamente, per
raggiungere il posto di lavoro le distanze più ampie, con picchi di 35, 45, 90 km al
giorno.
DISTANZA DA SEDE DI LAVORO
16
distante
vicino
24
Tipologia di lavoro
La qualifica ricoperta dalle donne dimissionarie è per lo più medio-bassa, anche a
dispetto del titolo di studio di cui le intervistate sono in possesso. Nel dettaglio, le
qualifiche ricoperte sono:
-
impiegata/apprendista impiegata: 15
insegnante: 1
consulente: 1
-
commessa/apprendista commessa: 5
assistente alla poltrona in studio dentistico: 2
addetta turismo: 1
-
cuoca/addetta mensa/cameriera: 6
addetta pulizie: 3
parrucchiera/apprendista parrucchiera:2
collaboratrice domestica: 2
assistente domiciliare: 1
operaia: 1
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Consigliere di Parità della Provincia di Torino
Il grafico seguente facilita la visualizzazione delle qualifiche ricoperte per tipologia:
“qualifica
media”
(impiegate/insegnanti/consulenti),
“qualifica
medio/bassa”
(commessa/assistente alla poltrona/addetta turismo), “qualifica bassa” (assistente
domiciliare/parrucchiera/cuoca/addetta-mensa/cameriera/addettapulizie/collaboratrice
domestica/operaia).
TIPO QUALIFICA RICOPERTA
qualifica media
15
17
qualifica medio/bassa
qualifica bassa
8
Dunque, più della metà del campione in oggetto corrisponde a professioni modeste
(qualifica medio-bassa/ qualifica bassa).
Focalizzando l’attenzione sul tipo di ambito lavorativo in cui le donne dimissionarie
sono impiegate, si riscontra una preponderanza del settore commercio, ristorazione
artigianato.
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Consigliere di Parità della Provincia di Torino
T IPO SET T O R E LA V O R O
1
100%
5
6
7
80%
60%
3
2
18
40%
20%
0%
turismo
industria
studio privato (notarile/dentistico/grafico)
sociale/cura/formazione
ristorazione
artigianato/pulizie
commercio/servizi
.
commercio/servizi
TIPO AMBITO LAVORO
artigianato/pulizie
ristorazione
3
2
1
5
sociale/cura/formazione
18
6
7
studio privato
(notarile/dentistico/grafico)
industria
turismo
Per lo più le donne intervistate erano inserite in contesti aziendali di piccole
dimensioni (meno di 20 dipendenti) come bar, ristoranti, mense, studi privati,
cooperative e agenzie di servizi, famiglie.
15
Consigliere di Parità della Provincia di Torino
DIMENSIONE AZIENDA
3
azienda piccola (< 20
dipendenti)
4
azienda media (20-99
dipendenti)
5
azeinda grande (> 100
dipendenti)
28
altro (scuola,
cooperativa, famiglia)
16
Consigliere di Parità della Provincia di Torino
DIFFICOLTA’ GESTIONE RAPPORTO LAVORO
Per quanto riguarda le difficoltà nella gestione del rapporto di lavoro, a seguito della
nascita del/la figlio/a, le donne individuano al primo posto criticità inerenti il lavoro
stesso: l’assenza di strumenti di conciliazione e gestione del lavoro e della famiglia,
l’orario, un sotteso clima aziendale difficile ed ostile, la distanza casa-lavoro,
contenuto del lavoro
assenza di servizi (nidi), difficoltà
reperimento babysitter - 29
DIFFICOLTA' GESTIONE
RAPPORTO LAVORO
orario - 19
29
15
contenuto del lavoro - 3
distanza dal luogo di lavoro - 10
10 3
19
difficoltà relazionali con i
superiori/colleghi - 15
Per quanto riguarda la relazione tra titolo di studio e criticità che ha reso difficile la
continuazione del rapporto di lavoro a seguito della nascita del/la figlio/a, si rileva
che: le madri con il diploma, asseriscono come difficoltà prevalente l’orario lavorativo,
segue l’assenza di servizi (nidi, ecc.); le madri in possesso del titolo di studio di
licenza media evidenziano difficoltà per l’assenza di servizi e di baby sitter; le tre
madri laureate segnalano la carenza dei servizi, di baby sitter e la tipologia di lavoro
non congruente rispetto alle proprie aspettative.
TITOLO DI STUDIO / TIPO DI CRITICITA’
CRITICITA’
DIPLOMA
MEDIA
LAUREA
totale
Tot.
accorpato
Orario lavorativo
14
5
0
19
Assenza di servizi
10
7
1
18
19
29
Difficoltà nel reperire
baby sitter
Distanza sede di
lavoro- casa
Relazioni con i
superiori
4
6
1
11
6
4
0
10
5
5
0
10
Relazioni con i colleghi
3
2
0
5
Tipo di lavoro
1
1
1
3
10
15
3
17
Consigliere di Parità della Provincia di Torino
RIENTRO SUL POSTO DI LAVORO
Solo 3 madri sono rientrate al lavoro e poi si sono dimesse. Le difficoltà rilevate
al rientro dal lavoro sono state:
troppe responsabilità; non avere più lavoro da svolgere; mancato coinvolgimento in attività
lavorative; presenza di un clima teso; affidamento alla lavoratrice di mansioni inferiori
rispetto alla qualifica e ai compiti; spostamento della lavoratrice in un altro ufficio o
assegnazione di altri incarichi.
Qui di seguito l’analisi specifica caso per caso.
1) CASO: donna di anni 33, sposata/convivente, residente fuori Torino, con una figlia
femmina di 10 mesi e con titolo di studio di licenza media. Lavora con qualifica di
impiegata presso una cooperativa sociale di assistenza anziani distante da casa 35 km.
Le criticità che, a seguito della nascita della figlia, hanno reso difficile la gestione del
rapporto di lavoro sono: la distanza dal luogo di lavoro e l’orario.
Conosce la normativa a sostegno della maternità/paternità.
Al rientro dalla maternità, non le hanno più dato lavoro da svolgere, non è stata più
coinvolta nell’attività lavorativa, c’è un clima teso perché era rimasta incinta e aveva
dovuto usufruire di tutto il congedo per la maternità (obbligatorio e facoltativo) e di giorni di
malattia a causa di una gravidanza difficile.
Si dimette perché si trasferisce all’estero con il marito, ma l’avrebbe fatto comunque a
causa di turni di lavoro incompatibili con la gestione della famiglia (avrebbe dovuto fare
anche dei turni di notte) e per il clima relazionale teso.
2) CASO: donna capo famiglia di anni 31, sposata/convivente, residente in Torino, con 1
figlia femmina di 5 mesi e con titolo di studio di licenza media. Lavora come barista/cuoca
presso un bar vicino a casa.
Le criticità che, a seguito della nascita della figlia, hanno reso difficile la gestione del
rapporto di lavoro sono: la distanza dal luogo di lavoro (si trasferisce più lontano), la
mancanza di servizi e la difficoltà a reperire babysitter.
Conosce la normativa a sostegno della maternità/paternità.
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Consigliere di Parità della Provincia di Torino
Al rientro dalla maternità, si trova in una situazione in cui ha troppe responsabilità: il datore
di lavoro fa molto affidamento su di lei, le richiede una presenza costante e continua e
manifesta la paura dovuta al fatto che la signora possa usufruire di giorni di malattia per
seguire la figlia piccola.
3) CASO: donna di 20 anni, con marito/convivente, residente in Torino, con 1 figlia
femmina e con titolo di studio di licenza media. Lavora come apprendista artigiana in un
negozio di parrucchieri vicino a casa.
Le criticità che, a seguito della nascita della figlia, hanno reso difficile la gestione del
rapporto di lavoro sono: le relazioni con i colleghi e con i superiori.
Conosce la normativa a sostegno della maternità/paternità.
Al rientro dalla maternità, non le hanno più dato lavoro da svolgere, non è più stata
coinvolta in alcuna attività lavorativa, le hanno affidato mansioni inferiori come fare le
pulizie.
La lavoratrice decide di dimettersi a seguito di forti pressioni psicologiche e di un clima
relazionale ostile, e perché ha dovuto svolgere mansioni inferiori e preferisce dedicarsi alla
sua famiglia.
CONOSCENZA DELLA NORMATIVA A SOSTEGNO DELLA
MATERNITA’/PATERNITA’
35 donne su 40 dichiarano di conoscere la normativa a sostegno della
maternita’/paternita’
5 non la conoscono.
Considerando nel dettaglio le donne che non conoscono la normativa:
- 3 donne sono in possesso della licenza media, 1donna ha il diploma, 1 la laurea
straniera;
- 2 madri hanno due figli, 3 uno solo;
- 3 donne sono residenti a Torino e 2 fuori Torino.
I ruoli ricoperti sono: assistente alla poltrona, addetta al turismo, collaboratrice domestica,
impiegata chimica, cuoca.
Le motivazioni che spingono queste donne a dimettersi sono: cambiare lavoro (nello
specifico, andare a lavorare in un altro studio dentistico come assistente alla poltrona ma
19
Consigliere di Parità della Provincia di Torino
con orario più flessibile), l’impossibilità di modificare il turno di lavoro, incompatibilità
dell’orario lavorativo con la gestione della famiglia, l’inconciliabilità tra il tempo della
famiglia e il tempo di lavoro; la volontà di dedicarsi alla propria famiglia (anche a causa di
problemi di salute); l’aver subito forti pressioni psicologiche e la presenza di un clima
relazionale teso.
Nessuna donna ha dichiarato di conoscere il ruolo della Consigliera di Parità, né
delle Referenti di Parità presso i Centri per l’Impiego della Provincia di Torino.
MOTIVI DELLA SCELTA DI ABBANDONARE IL POSTO DI LAVORO:
-
Clima aziendale ostile
o non è stato concesso il part time: 5
o non è stato concesso di modificare il turno di lavoro: 4
o non sono stati concessi i riposi giornalieri: 1
o è stata invitata a licenziarsi: 3
o ha subito forti pressioni psicologiche: 3
o clima relazionale teso: 3
o hanno fatto svolgere mansioni inferiori che non le competevano:1
-
orari e servizi
o non riesce a conciliare il tempo tra famiglia e lavoro: 18
o l’orario di lavoro è incompatibile con la famiglia: 15
o non ha trovato nessuno che la aiutasse ad accudire il/la figlio/a:5
distanza
o la sede di lavoro e’ troppo distante: 8
-
contenuto del lavoro:
o ha pensato di aprire un’attivita’/cambiare lavoro: 9
-
dedicarsi alla famiglia:
o ha preferito dedicarsi alla famiglia: 14
MOTIVI ABBANDONO
14
Clima aziendale ostile 20
20
contenuto/legittimazione
lavoro svolto - 9
orari e carenza servizi 38
38
9
dedicarsi alla famiglia 14
20
Consigliere di Parità della Provincia di Torino
Dai dati esposti si nota che 9 donne su 40 si dimettono perché cambiano lavoro
(con orari più compatibili rispetto alla gestione della famiglia) o aprono una nuova
attività in proprio.
E’ palese, attraverso l’incrocio dei differenti risposte ai quesiti, come emerga un
clima aziendale generalmente ostile o poco disponibile verso le donne con prole (a
partire dall’annuncio della meternità).
Considerando le motivazioni e il titolo di studio, si nota che le donne diplomate
risultano più sensibili alle seguenti motivazioni: in primo luogo, l’orario incompatibile
con la gestione della famiglia e l’inconciliabilità tra il tempo del lavoro e quello della
famiglia, in secondo luogo la distanza dalla sede di lavoro, la volontà di dedicarsi
alla famiglia, l’impossibilità di usufruire del part time e il passaggio a un nuovo
lavoro.
Le madri con la licenza media apportano, come giustificazione delle dimissioni,
l’inconciliabilità tra il tempo di lavoro e il tempo della famiglia, la volontà di dedicarsi
alla famiglia, l’impossibilità di trovare qualcuno a cui affidare i/le propri/e figli/e e il
cambiare attività lavorativa.
Le 3 donne laureate3 sostengono di volersi dedicare alla famiglia, in quanto hanno
problemi di gestione dei tempi ed un lavoro, che sul piano del contenuto e della
legittimazione, non le gratifica.
TITOLO DI STUDIO / TIPO DI MOTIVAZIONE
MOTIVAZIONE
Orario di lavoro incompatibile con gestione famiglia
Inconciliabilità tra il tempo della famiglia e il tempo di
lavoro
Non concessione orario part time
Non concessione di modificare i turni di lavoro
Non concessione dei riposi giornalieri
Sede di lavoro distante da casa
Cambiare lavoro/aprire una nuova attività
Dedicarsi alla famiglia
Non ha trovato nessuno che accudisse il/la figlio/a
È stata invitata a licenziarsi
Clima ostile
Le sono state affidate mansioni inferiori
Ha subito pressioni psicologiche
DIPLOMA
12
11
MEDIA
3
6
LAUREA
0
1
5
2
1
6
5
6
1
2
1
0
0
0
2
0
2
4
5
4
1
2
1
3
0
0
0
0
0
3
0
0
0
0
0
3
Si tratta di donne laureate ma con qualifiche medio-basse quali collaboratrice domestica, apprendista
impiegata, consulente informatico.
21
Consigliere di Parità della Provincia di Torino
Le motivazioni addotte dalle madri dimissionarie vengono ribadite dall’uso della
risposta multipla. Un’analisi attenta delle risposte evidenzia che:
i problemi di orario si trovano segnalati singolarmente o sono associati alla volontà
di dedicarsi alla famiglia, o alla volontà di cambiare lavoro o all’invito a licenziarsi.
La motivazione della distanza di lavoro è associata alla volontà di cambiare lavoro,
agli orari; l’aver subito pressioni psicologiche è correlato alla volontà di cambiare
lavoro, alla presenza di un clima teso.
Le donne che sono stati invitate a licenziarsi ( 3 su 40) hanno difficoltà nella
gestione degli orari, la sede di lavoro è troppo distante, preferiscono dedicarsi alla
famiglia.
22
Consigliere di Parità della Provincia di Torino
Alcune CONSIDERAZIONI
I dati forniti dalla presente ricerca promossa dalle Consigliere di Parità della Provincia di
Torino, che andranno letti con cautela perchè molto parziali in quanto riguardano un
piccolo numero rispetto agli allarmanti dati annuali, comprendono tutta l’area provinciale e
cioè le donne che risiedono in uno dei 315 Comuni che compongono il territorio della
Provincia di Torino.
Dalla analisi delle risposte fornite dalle 40 donne che nell’arco di tre settimane, marzoaprile 2005, hanno chiesto la convalida delle proprie dimissioni a causa della maternità,
emergono risposte che debbono fare riflettere.
Il primo dato è che la maggioranza delle lavoratrici dimesse risiedono ed operano nel
territorio provinciale e non nella città di Torino: ciò fa pensare che i servizi sociali e le
strutture di sostegno (nidi, asili, trasporti) possano essere più carenti nei centri minori
rispetto alla città capoluogo.
O ancora che nelle città sia più diffusa una consuetudine a fruire delle opportunità e diritti
offerti dalla normativa perché la città garantisce una qual certa “non identificazione” della
persona, mentre nel territorio provinciale vi è maggior timore.
Anche la distanza dal luogo di lavoro rappresenta uno degli ostacoli maggiori al
mantenimento dell’attività: si veda ad esempio che, sul campione rilevato nell’arco di 45
giorni, la distanza media da casa al luogo di lavoro sia piuttosto elevata : 26,4 km (min
8km-max 90 km).
⇒ Si dovrà peraltro immaginare non solo l’incremento dei servizi locali, ma per
esempio un intervento specifico per lo sviluppo delle banche dei tempi, peraltro
espressamente previste dalla Legge 53/00 per la tutela della maternità e della
paternità.
Gli enti locali infatti potrebbero promuovere e sostenere la costituzione di
associazioni che favoriscano lo scambio di servizi di vicinato e che facilitino l’utilizzo
dei servizi della città mediante lo scambio di parte del proprio tempo. Questo
potrebbe aiutare le madri (ed i padri) nell’accompagnamento dei figli o anche nella
loro cura, in assenza di nidi.
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Viene in mente una “squadra di sostituzioni” che, per alcune ore, aiuti il nucleo
familiare nelle necessità che riguardino la cura del figlio/a. Pensiamo a quante
persone, donne e uomini ultraquarantenni, siano disoccupate e potrebbero essere
impiegate in questo “scambio” di servizio.
L’orario di lavoro incompatibile con la gestione della famiglia, che rende
impossibile
conciliare i tempi da dedicare al lavoro ed agli affetti, risulta essere un altro elemento di
criticità.
⇒ Questo dato impone, oltre all’implementazione dei servizi, un coinvolgimento delle
aziende e dei datori di lavoro per conoscere ed utilizzare gli strumenti di
finanziamento statali e locali che prevedono progetti di conciliazione per le/i propri
dipendenti.
Questa riflessione ci viene suggerita anche dal fatto che le donne che si dimettono
appartengono per lo più ad aziende piccole o medio-piccole e che, ad esempio, nessuna
dipenda da una pubblica amministrazione (dove i piani di azioni positive, che favoriscano
la conciliazione dei tempi, sono obbligatori).
Il lavoro da fare insieme alle aziende riguarda anche il clima ostile, o non disponibile che
ancora si crea, quando una donna rimane incinta ed è assente per i periodi interdetti
obbligatoriamente o per quelli facoltativi. Questo clima si alimenta anche nel momento in
cui la donna tenta il reingresso al lavoro con richieste che rendano più compatibile e
conciliabile la vita familiare con quella lavorativa e le aziende spesso rifiutano
categoricamente modelli organizzativi diversi.
La diffidenza o peggio l’ostilità con la quale le donne vengono riaccolte nel proprio posto di
lavoro sottolineano ancora una volta l’ignoranza delle leggi in materia di tutela
e
promozione ed il pregiudizio con cui viene vissuta a tutt’oggi la maternità ( e la paternità).
⇒ Si potrebbe contrastare questo comportamento istituendo una sorta di “bollino di
qualità”, cioè un vantaggio nell’accesso ai finanziamenti per tutte quelle aziende
che possano provare di avere sperimentato nuove forme di flessibilità di orario per
le donne che rientrano dalla maternità o per i padri che chiedano di usufruire dei
congedi parentali .
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Restano senz’altro escluse le piccolissime aziende (pensiamo ai bar, parrucchieri, ecc.)
dove l’assenza di una unità lavorativa è spesso determinante al funzionamento
dell’esercizio.
⇒ Per queste situazioni crediamo che lo sforzo maggiore debba essere rivolto alle
donne affinché non si vedano costrette ad abbandonare un posto di lavoro che, ben
difficilmente, potrebbero riavere. Nell’accesso ai servizi andrebbero valutate con un
peso diverso ( e cioè con un punteggio molto più alto) le madri lavoratrici, ma
soprattutto occorrerà individuare i Comuni della Provincia di Torino dove le strutture
siano carenti o i costi siano del tutto inaccessibili.
Si sottolinea come anche nelle dimissioni emerga il fenomeno della segregazione
orizzontale; le donne provengono in massima parte dai settori: come il lavoro di cura e
servizi.
Se si incrociano i dati, emerge con evidenza la carenza dei servizi a sostegno della
conciliazione o il loro alto costo, cui le famiglie fanno fatica a far fronte anche in relazione
all’attuale periodo di recessione. Questo fattore risulta determinante nella scelta della
dimissioni che generalmente incide sulle donne madri. E’ da aggiungere inoltre come gli
orari dei servizi di conciliazione mal si adeguino a quelli delle donne che lavorano
nell’ambito del lavoro di cura e dei servizi (si pensi, ad esempio, agli orari delle assistenti
alla poltrona, delle badanti, delle commesse degli ipermercati,…)
E’ interessante rilevare come la fascia di età delle donne dimissionarie corrisponda ad una
media di 31 anni (max 40 – min 20) e che ai loro titoli di studio medio alti corrispondano
lavori/qualifiche medio basse.
Le dimissioni, a differenza di quanto si può pensare, tendenzialmente si verificano dopo la
nascita del primo figlio/a e non i concomitanza con più figli/figlie.
Significativo è inoltre il dato che quasi tutte queste donne decidono non solo di dimettersi,
ma neanche di rientrare nel vecchio luogo di lavoro.
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Esse però non rinunciano al lavoro in generale ma a “quel lavoro”, infatti è emerso come
alcune si siano già attivate nella ricerca di un’occupazione diversa, mentre altre abbiano
pensato di aprire una attività in proprio per poter meglio gestire tempi e responsabilità e
riceverne un beneficio in termini di qualità della vita.
Potremmo infatti affermare, secondo quanto emerso (soprattutto mediante il contatto
diretto con le persone), che nessuna donna rinuncerebbe mai al suo posto di lavoro se
potesse disporre di un’organizzazione degli orari, delle distanze e dei servizi
“compatibile” e di un clima lavorativo “accettabile”.
Incrociando i dati e rivedendo le risposte fornite, si vede chiaramente, come le donne
arrivino alle dimissioni attraverso una “scelta sofferta !”.
Le donne ci dicono:
Quando
•
ci si trova in un contesto lavorativo poco disponibile e ostile alle “donne con
prole”
•
si ha un lavoro di contenuto medio basso e di scarsa legittimazione sociale
•
si ha difficoltà a reperire servizi di conciliazione e nel caso in cui li si trovi
hanno costi insostenibili
non hai altra strada ….. Lasciare ….…. Dimettersi !!!
E’ evidente come a queste condizioni si rinunci al lavoro, mettendo così a rischio il proprio
futuro professionale ed il successivo reinserimento nel mercato del lavoro.
E’ risaputo, infatti, quanto sia difficile reinserire le donne nel mercato del lavoro, specie se
con figli piccoli. Questa scelta spesso può essere l’anticamera di un lungo periodo di
disoccupazione.
È necessario dunque, in conclusione, mettere in campo politiche integrate di prevenzione,
di informazione e di consulenza personalizzata, per potere adeguatamente fronteggiare il
fenomeno.
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Da ultimo si segnala un dato altrettanto preoccupante: il perdurare della mancata
conoscenza da parte delle lavoratrici delle Istituzioni di Parità, nonostante tutti gli sforzi
comunicativi che sono stati fatti in questi anni.
Probabilmente si è comunicato, ma non si è raggiunto l’obbiettivo !
Si deve ripensare alle scelte, ai mezzi utilizzati, ai messaggi … si deve riprogettare in
termini di comunicazione: il chi, che cosa, come, dove e quando!
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Tabella riepilogativa relativa dimissioni donne entro il primo anno di