G. Bacceli – M. Micelli
DI R IT TO DELLE I M PR ESE
R ISTO R AT I V E
Note di aggio rn am en to
Gennaio 2008
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INDICE
MODULO 2
U.D. 4 - L’IMPRESA
3.1 Le classificazioni secondo l’attività esercitata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
MODULO 3
U.D. 7 - L’IMPRESA RISTORATIVA
3. L’abilitazione all’esercizio dell’impresa ristorativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
4. L’autorizzazione per l’apertura di un esercizio pubblico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
U.D. 8 - LA LEGGE QUADRO SUL TURISMO E LE IMPRESE RICETTIVE
2. L’amministrazione centrale del turismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
MODULO 6
U.D. 14 - IL CONTRATTO DI LAVORO
6.2 I contratti con finalità formative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
G. Bacceli – M. Micelli DIRITTO DELLE IMPRESE RISTORATIVE Note di aggiornamento Gennaio 2008
U.D. 15 - IL CCNL DEL SETTORE TURISMO
3. Le tipologie di contratti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
4. Il rapporto di lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
MODULO 7
U.D. 16 - LA LEGISLAZIONE SOCIALE
6. Il lavoro femminile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
7. Il lavoro minorile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
U.D. 18 - LA LEGISLAZIONE IGIENICO-SANITARIA
2.5 L’igiene del personale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2.6 L’igiene dei prodotti alimentari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.7 Il sistema di autocontrollo: HACCP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
MODULO 8
U.D. 19 - I FINANZIAMENTI E LE AGEVOLAZIONI COMUNITARI
1. Aspetti generali: la finanza agevolata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2. Gli interventi comunitari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3. I finanziamenti comunitari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4. I finanziamenti indiretti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5. I finanziamenti diretti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6. Gli interventi comunitari e il turismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
7. La Banca europea per gli investimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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U.D. 20 - I FINANZIAMENTI E LE AGEVOLAZIONI STATALI E REGIONALI
2. L’intervento finanziario regionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
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MODULO 2
U.D. 4 - L’IMPRESA
L’impresa agrituristica è impresa agricola: essa, infatti, fa parte delle attività connesse all’impresa agricola, è quindi strumentale e aggiuntiva rispetto a quelle tipicamente agricole, quali la coltivazione del fondo, la silvicoltura e l’allevamento degli animali
(art. 2135 c.c.) che devono rimanere, comunque, le attività principali. I pasti e le bevande, quindi, devono provenire per la maggior parte dall’impresa agricola o per lo meno
devono essere prodotti tipici locali.
L’attività agricola si considera comunque prevalente – e non può essere considerata attività commerciale – quando le attività di ricezione e di somministrazione di pasti e
bevande interessano un numero non superiore a dieci ospiti (art. 4 legge quadro).
Secondo la legge quadro, per attività agrituristiche si intendono esclusivamente le
attività di ricezione e ospitalità esercitate da imprenditori agricoli (di cui all’art. 2135
c.c.), singoli o associati, e dai loro familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo).
Possono essere addetti allo svolgimento dell’attività anche i lavoratori dipendenti a
tempo determinato, indeterminato e parziale.
Rientrano fra queste attività (art. 2):
a) l’ospitalità in alloggi o in spazi aperti destinati alla sosta di campeggiatori;
b) la somministrazione di pasti e bevande costituiti prevalentemente da prodotti
propri e da prodotti di aziende agricole della zona, compresi i prodotti a carattere alcolico e superalcolico, con preferenza per i prodotti tipici e caratterizzati da marchi DOP,
IGP, IGT, DOC e DOCG o compresi nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali;
c) l’organizzazione di degustazioni di prodotti aziendali, inclusa la mescita dei vini;
d) l’organizzazione, anche all’esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell’impresa, di attività ricreative, culturali, didattiche, di pratica sportiva, nonché escursionistiche e di ippoturismo.
Spetta poi alle Regioni determinare i criteri, limiti e obblighi amministrativi per lo svolgimento dell’attività.
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G. Bacceli – M. Micelli DIRITTO DELLE IMPRESE RISTORATIVE Note di aggiornamento Gennaio 2008
pag. 70:
3.1 Le classificazioni secondo l’attività esercitata
Spazio aperto - L’AGRITURISMO
L’attività dell’agriturismo a livello nazionale è disciplinata dalla nuova legge quadro 20
febbraio 2006, n. 96 (Disciplina dell’agriturismo), che ha abrogato la precedente legge
730/85, e dal d.lgs. 228 del 18 maggio 2001 (Orientamento e modernizzazione del
settore agricolo) che ha modificato il codice civile, con una nuova formulazione dell’art.
2135.
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Il d.lgs. 228/2001 chiarisce in base a quali requisiti è possibile esercitare l’attività agricola, e quindi anche l’attività di agriturismo, in forma collettiva (art. 10):
- per le società di persone, almeno la metà dei soci deve essere in possesso della qualifica di imprenditore agricolo;
- per le società di capitali, oltre il 50% del capitale sottoscritto deve essere sottoscritto da imprenditori agricoli;
- per le società cooperative, devono essere utilizzati prodotti conferiti in prevalenza
dai soci e almeno la metà di questi deve essere in possesso della qualifica di imprenditore agricolo.
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MODULO 3
U.D. 7 - L’IMPRESA RISTORATIVA
pag. 129:
3. L’abilitazione all’esercizio dell’impresa ristorativa
…
Per quanto concerne i requisiti professionali, la legge 4 agosto 2006, n. 248, ha abolito definitivamente anche per le attività di alimenti e bevande l’obbligo dell’iscrizione a registri abilitanti (art. 3). Quindi non è più necessario iscriversi al REC.
ADEMPIMENTI AMMINISTRATIVI PER ESERCITARE L’IMPRESA RISTORATIVA
Qualora un imprenditore voglia esercitare un’attività di somministrazione al pubblico
di alimenti e bevande, sono necessari i seguenti documenti:
1) l’autorizzazione comunale (licenza);
2) l’autorizzazione sanitaria che attesti il rispetto della normativa igienica in materia
alimentare.
La richiesta di autorizzazione comunale va inoltrata al dirigente del servizio “gestione attività economiche” del Comune dove si vuole esercitare l’attività ed è necessaria per l’apertura dell’esercizio, il subentro, l’ampliamento di superficie o il trasferimento.
La domanda di nuova apertura
Deve contenere i dati anagrafici del richiedente e il codice fiscale; l’autocertificazione dei
requisiti, professionali e morali; l’indicazione della tipologia di esercizio (bar, pizzeria, ristorante ecc.); la descrizione dei locali e delle attrezzature; l’ubicazione e l’insegna dell’esercizio; la dichiarazione di disponibilità dei locali; la dichiarazione di conformità dei locali ai
requisiti igienico-sanitari prescritti dalla normativa vigente, alle norme urbanistico-edilizie
previste dal regolamento comunale, ai criteri di sorvegliabilità previsti dalla legge.
L’autorizzazione igienico-sanitaria
Alla domanda di nuova apertura deve essere allegata la richiesta di autorizzazione igienico-sanitaria da inviare all’ASL, corredata di una serie di documenti (relazione tecnica
descrittiva dell’attività, certificato di conformità dell’impianto elettrico ecc.).
Prima di iniziare i lavori di preparazione dei locali, con collocazione degli arredi e delle
attrezzature, è opportuno chiedere una visita sanitaria preventiva all’azienda sanitaria
locale di competenza, per accertare la conformità alle disposizioni igienico-sanitarie.
Il rilascio delle autorizzazioni
Il dirigente comunale responsabile deve sentire il parere di un’apposita commissione e
le domande sono esaminate sulla base di criteri e parametri fissati dal Comune che
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G. Bacceli – M. Micelli DIRITTO DELLE IMPRESE RISTORATIVE Note di aggiornamento Gennaio 2008
pag. 132:
4. L’autorizzazione per l’apertura di un esercizio pubblico
G. Bacceli – M. Micelli DIRITTO DELLE IMPRESE RISTORATIVE Note di aggiornamento Gennaio 2008
tengono conto del reddito della popolazione, dei flussi turistici, delle abitudini di consumo degli abitanti.
Tali criteri e parametri determinano limiti numerici per ogni Comune ai fini del rilascio della autorizzazione per tipo di esercizio.
Il dirigente deve trasmettere la domanda al Questore o al Prefetto, per l’accertamento dei requisiti di pubblica sicurezza e anche per la sorveglianza del locale.
Il dirigente rilascia l’autorizzazione dopo aver accertato la conformità dei locali ai criteri stabiliti con decreto del ministero dell’interno; l’adeguata sorvegliabilità dei locali su
comunicazione dei vigili urbani; il parere favorevole del prefetto in merito ai requisiti di
pubblica sicurezza; il parere favorevole dell’ASL.
I tempi e le modalità da seguire per il rilascio delle autorizzazioni sono comunque disciplinati in modo dettagliato dalle leggi regionali.
Lo Sportello unico per le attività produttive (SUAP)
Per rispondere ai principi di rapidità, unicità e semplificazione amministrativa (previsti
dalla l. 59/97 e dal d.lgs. 112/98), molti Comuni hanno introdotto la figura dello
Sportello unico per le attività produttive, permettendo agli imprenditori di rivolgersi a un’unica struttura ed ottenere in un unico atto tutte le autorizzazioni necessarie
all’apertura di un nuovo esercizio, alla ristrutturazione o all’ampliamento di un esercizio esistente.
È consentito, inoltre, accedere alla più veloce procedura del silenzio-assenso: il richiedente presenta la domanda in cui garantisce, sotto la propria responsabilità, la sussistenza dei requisiti previsti dalle leggi e, se l’amministrazione non si esprime in merito entro
60 giorni, la domanda di rilascio dell’autorizzazione si considera accolta (al silenzio si
attribuisce dunque il valore di assenso).
Se nel Comune non è presente lo Sportello unico, anche l’autorizzazione sanitaria
deve essere inoltrata al dirigente del servizio “gestione attività economiche”, insieme alla
richiesta di autorizzazione amministrativa. Il dirigente la rilascia, con atto separato, previo accertamento dell’idoneità dei locali e delle attrezzature da parte dell’ASL.
La denuncia di inizio attività (DIA)
Diverse Regioni hanno, inoltre, previsto la possibilità di intraprendere l’esercizio di
un’attività semplicemente dandone comunicazione al Comune con la denuncia di inizio
attività, senza ottenere la preventiva autorizzazione comunale, mentre va sempre
richiesta l’autorizzazione sanitaria, per le attività di somministrazione di alimenti e
bevande.
Durata dell’autorizzazione
L’autorizzazione amministrativa ottenuta è valida fino al 31 dicembre del quinto
anno successivo a quello del rilascio ed è rinnovata automaticamente salvo il caso in
cui sopraggiungono motivi contrari. Qualora nel territorio comunale fosse negata l’autorizzazione, per limiti numerici, l’interessato può rilevare o affittare un esercizio già
esistente.
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U.D. 8 - LA LEGGE QUADRO SUL TURISMO
E LE IMPRESE RICETTIVE
pag. 138:
2. L’amministrazione centrale del turismo
Gli organi dell’amministrazione centrale dello Stato che si occupano di turismo sono i
seguenti.
- Le Conferenze permanenti (Conferenza Stato-Regioni, Conferenza Stato-città e
autonomie locali, Conferenza unificata), organi collegiali con funzioni consultive e
decisionali nei quali siedono i rappresentanti dello Stato, delle Regioni e degli enti locali. Il loro scopo è di garantire forme di collaborazione e concertazione delle decisioni
d’interesse regionale e locale con gli enti che vi sono direttamente interessati (Regioni,
Province, Comuni, Comunità montane).
La Conferenza Stato-Regioni opera nell’ambito della comunità nazionale per favorire la cooperazione tra l’attività dello Stato e quella delle Regioni.
- La Conferenza Nazionale del Turismo, istituita con la legge quadro 135/2001 e
costituita da tutti gli operatori pubblici e privati del settore per favorire il confronto tra
le istituzioni e i rappresentanti del settore turistico. Il suo compito principale sarebbe
quello di esprimere orientamenti per la definizione e gli aggiornamenti del documento
contenente le linee guida. Ma il rapporto conflittuale creatosi tra Stato e Regione, sull’applicazione della legge quadro, ha reso questo organismo ancora inattivo.
- L’ENIT (Agenzia nazionale del turismo), ente pubblico distinto e separato dallo
Stato, posto però sotto la sua sorveglianza, con il compito di valorizzare e promuovere
l’immagine italiana all’estero. L’ENIT ha una struttura fortemente radicata nel mondo
con ben 23 sedi, di cui 14 in Europa; la sede centrale è a Roma. Le Regioni, per realizzare le loro iniziative di promozione turistica in Paesi non appartenenti all’UE, sono
sottoposte al suo controllo, mentre possono promuovere azioni individuali per far
conoscere le singole realtà locali nei paesi dell’Unione europea.
La promozione del turismo è affidata anche ad enti come l’ACI (Automobile Club Italiano) e il CAI (Club Alpino Italiano) per lo sviluppo, rispettivamente, del turismo automobilistico e di montagna.
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G. Bacceli – M. Micelli DIRITTO DELLE IMPRESE RISTORATIVE Note di aggiornamento Gennaio 2008
- Il Ministro dello sviluppo economico del settore turistico, le cui competenze sono
attualmente attribuite al Presidente del Consiglio (l. 24 novembre 2006, n. 286), il quale
attraverso il dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo esercita il coordinamento degli interventi statali relativi al turismo, l’applicazione delle leggi di competenza statale, la promozione del turismo italiano in Italia e all’estero, la rappresentanza in
sede europea.
MODULO 6
U.D. 14 - IL CONTRATTO DI LAVORO
pag. 248:
6.2 I contratti con finalità formative
G. Bacceli – M. Micelli DIRITTO DELLE IMPRESE RISTORATIVE Note di aggiornamento Gennaio 2008
IL CONTRATTO DI APPRENDISTATO
Il d.lgs. 276/2003 prevede tre tipi di contratto di apprendistato:
Apprendistato
per l’espletamento
del diritto-dovere
di istruzione
e formazione
Apprendistato
professionalizzante
Apprendistato
per l’acquisizione
di un diploma
o percorsi
di alta formazione
Beneficiari
Giovani e adolescenti
che abbiano compiuto
16 anni.
Possono essere assunti,
in tutti i settori di attività.
Soggetti di età compresa
tra i 18 anni e i 29 anni.
Possono essere assunti,
in tutti i settori di attività,
per il conseguimento di
una qualificazione
attraverso una formazione
sul lavoro e l’acquisizione
di competenze di base,
trasversali e tecnicoprofessionali.
Soggetti di età compresa
tra i 18 anni e i 29 anni.
Possono essere assunti,
in tutti i settori di attività,
per il conseguimento di
un titolo di studio
di livello secondario,
universitario o di alta
formazione.
Durata
Non può essere
superiore a tre anni
ed è finalizzato
al conseguimento
di una qualifica
professionale.
Non può essere inferiore
a due anni e superiore
a sei.
La regolamentazione
e la durata è rimessa alle
Regioni, in accordo con
le Associazioni territoriali
dei datori di lavoro,
le Università e le altre
Istituzioni formative.
U.D. 15 - IL CCNL DEL SETTORE TURISMO
pag. 258:
3. Le tipologie di contratti
IL CONTRATTO A TEMPO PARZIALE (PART-TIME)
Il contratto di lavoro per il turismo stabilisce che questo tipo di rapporto contrattuale
deve risultare per iscritto e che la prestazione viene fissata in misura non inferiore ai
seguenti limiti:
- 15 ore, nel caso di orario ridotto rispetto al normale orario settimanale;
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Le parti possono inserire nel contratto di lavoro a tempo parziale delle clausole elastiche o flessibili che consentono di modificare, nel corso dello svolgimento del rapporto, anche provvisoriamente, la posizione temporale della prestazione lavorativa rispetto a quella inizialmente concordata.
L’attivazione delle clausole flessibili e/o elastiche deve risultare da atto scritto dal quale
risultano le ragioni che ne autorizzino l’applicazione. Tali clausole possono essere esercitate con un termine di preavviso di almeno due giorni.
Un esempio di part-time verticale con la clausola elastica è quello di un cameriere che
presta la sua attività solo il venerdì, il sabato e la domenica (per sei ore al giorno). Il
datore di lavoro può richiedergli di aumentare le ore in questi tre giorni (otto ore al
giorno). Invece con la clausola flessibile il datore di lavoro può richiedere al cameriere di cambiare i giorni lavorativi al mercoledì, giovedì e venerdì, mantenendo lo stesso
il numero complessivo delle ore.
L’eventuale rifiuto del lavoratore alla sottoscrizione di clausole flessibili o elastiche non
è considerato un giustificato motivo di licenziamento, né comporta l’adozione di provvedimenti disciplinari.
Una volta sottoscritto l’atto di ammissione alle suddette clausole, entrambe le parti, trascorsi sei mesi, hanno la possibilità di recedere dal patto con un preavviso di almeno un mese.
Un dipendente a tempo pieno può trasformare il proprio rapporto in rapporto di lavoro a tempo parziale e viceversa, purché ci sia l’accordo tra le parti. Mentre nel caso di
trasformazione da part-time a tempo pieno è sufficiente un accordo scritto tra le parti, nel
caso di trasformazione da tempo pieno a tempo parziale è necessario che l’accordo scritto sia convalidato dalla Direzione provinciale del lavoro.
Il part-time week-end
Per far fronte a picchi di attività che si verificano abitualmente i fine settimana (venerdì pomeriggio, sabato e domenica), possono essere stipulati contratti di lavoro a tempo
parziale della durata minima di otto ore settimanali, esclusivamente con lavoratori
studenti. Diverse modalità relative alla collocazione della giornata di lavoro e durata
della prestazione potranno essere definite previo accordo aziendale o territoriale. La
prestazione lavorativa giornaliera di durata inferiore a quattro ore non potrà essere frazionata nell’arco della giornata.
Il contratto week-end può essere stipulato sia per il contratto a tempo indeterminato
che per quello a tempo determinato.
pag. 260:
L’APPRENDISTATO
Il contratto di apprendistato è un contratto a contenuto formativo, poiché prevede che
l’impresa si impegni a fornire all’apprendista la formazione professionale durante il rapporto di lavoro, attraverso esperienze dirette dentro o fuori l’azienda.
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G. Bacceli – M. Micelli DIRITTO DELLE IMPRESE RISTORATIVE Note di aggiornamento Gennaio 2008
- 64 ore, nel caso di orario ridotto rispetto al normale orario mensile;
- 600 ore, nel caso di orario ridotto rispetto al normale orario annuale.
L’accordo per il rinnovo contrattuale 2007-2009 ha profondamente innovato la
disciplina contrattuale del rapporto di apprendistato, conferendo attuazione al d.lgs.
276/2003 (“legge Biagi”), il quale suddivide il contratto di apprendistato in tre tipologie (vedi U.D. 14).
G. Bacceli – M. Micelli DIRITTO DELLE IMPRESE RISTORATIVE Note di aggiornamento Gennaio 2008
Il nuovo Ccnl non fissa alcun limite in materia di età dell’apprendista. Restano quindi
validi i limiti di età previsti dalla legislazione vigente (età minima di 16 anni nella prima
tipologia, e tra 18 e 29 anni per le altre due).
È possibile stipulare il contratto di apprendistato professionalizzante per tutte le qualifiche del personale, dal secondo al sesto livello. Per le qualifiche di cui al primo livello e dei quadri è previsto l’apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione.
La durata del periodo di apprendistato varia tra 24 e 48 mesi e prevede momenti di
addestramento pratico e di insegnamento teorico complementare, obbligatorio e completamente gratuito.
Mentre la formazione tecnico-professionale viene svolta all’interno dell’azienda, la formazione di base si svolge presso strutture esterne, organizzata generalmente dagli Enti
Bilaterali Territoriali. Il datore di lavoro, pertanto, deve permettere all’apprendista di
frequentare i corsi di formazione e deve adibirlo a lavori attinenti alla mansione per la
quale è stato assunto.
L’apprendista, a sua volta, deve frequentare i corsi di formazione, anche se in possesso
di un titolo di studio, se questi siano ritenuti opportuni dal datore di lavoro.
Ciascun datore di lavoro può assumere un apprendista per ogni lavoratore qualificato.
In mancanza di lavoratori qualificati, può assumerne al massimo tre.
La durata del periodo di prova per gli apprendisti è di 25 giorni di lavoro, durante i
quali le parti possono risolvere il contratto senza preavviso.
Il trattamento economico dell’apprendista viene stabilito in misura percentuale sulla
retribuzione di un lavoratore qualificato di pari livello e subisce aumenti periodici: nel
primo anno di apprendistato è pari all’80%, nel secondo all’85%, nel terzo al 90% e dal
quarto anno è pari al 95%.
Il rapporto si estingue con l’esito positivo delle prove d’idoneità che l’apprendista è
tenuto a sostenere e comunque con la scadenza del termine prevista.
I LAVORATORI STUDENTI
È possibile stipulare contratti a tempo determinato con lavoratori studenti; naturalmente, il compenso sarà adeguato al ridotto contributo professionale prodotto dal lavoratore che non abbia ancora terminato il proprio percorso formativo.
Nelle aziende con più di cinquanta dipendenti, i lavoratori studenti hanno diritto a 150
ore di permessi retribuiti utilizzabili al fine del conseguimento del diploma di scuola
media inferiore, o per corsi finalizzati al conseguimento di un diploma di qualifica professionale riferito al settore turismo.
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L’orario flessibile
Il nuovo accordo contrattuale introduce un nuovo sistema di gestione flessibile dell’orario di lavoro: la possibilità di calcolare l’orario di lavoro come media in un periodo di
due settimane. Nel corso di tali periodi si realizza pertanto la possibilità di derogare
alla norma di carattere generale che qualifica come lavoro straordinario quello eccedente le 40 ore settimanali.
È ad esempio possibile fare una settimana con orario di 48 ore e la successiva di 32. In
questo modo le ore di lavoro si compensano e il datore di lavoro non è tenuto a corrispondere lo straordinario.
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G. Bacceli – M. Micelli DIRITTO DELLE IMPRESE RISTORATIVE Note di aggiornamento Gennaio 2008
pag. 261:
4. Il rapporto di lavoro
…
Il lavoro straordinario può essere chiesto solo se sussiste un giustificato motivo ed è
retribuito con una maggiorazione del 30% se prestato in orario diurno, 60% se prestato in orario notturno.
Il lavoro straordinario, secondo l’accordo di rinnovo contrattuale 2007-2009, è consentito nel limite massimo di 260 ore annuali.
Particolari esigenze dell’impresa possono richiedere la necessità di servirsi del lavoro
notturno, il quale sarà retribuito con una maggiorazione del 25% se prestato dalle ore
24 alle ore 6.
Il datore di lavoro non può retribuire il lavoratore al di sotto della paga base mensile
stabilita per ciascun livello dal Ccnl del settore. Alla paga base si aggiungono le indennità di contingenza, gli scatti di anzianità, i trattamenti salariali integrativi previsti, gli
eventuali assegni familiari e gli incentivi economici, le mensilità aggiuntive (tredicesima e quattordicesima mensilità).
MODULO 7
U.D. 16 - LA LEGISLAZIONE SOCIALE
G. Bacceli – M. Micelli DIRITTO DELLE IMPRESE RISTORATIVE Note di aggiornamento Gennaio 2008
pagg. 275-276:
6. Il lavoro femminile
…
Nel corso degli anni il susseguirsi di numerose leggi ha portato problemi di organicità
e sistematicità in materia; per questo motivo il legislatore ha raccolto e organizzato tutti
i provvedimenti e le normative esistenti nella legislazione italiana attraverso:
- il d.lgs. 151/2001, Testo unico delle disposizioni vigenti relative alla tutela e sostegno della maternità e della paternità;
- il d.lgs. 198/2006, Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, articolato in
quattro libri. Il libro III (“Pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti economici”) comprende le disposizioni per le pari opportunità nel lavoro (norme antidiscriminatorie
relative alle assunzioni, alle retribuzioni, alle carriere, alle prestazioni previdenziali,
all’accesso alle forze armate e alle carriere militari; norme anti molestie sessuali e non,
divieto di licenziamento per causa di matrimonio, azioni positive per la realizzazione
della parità uomo-donna e per l’imprenditoria femminile).
LA TUTELA DELLA DONNA LAVORATRICE
In base al d.lgs. 19/2006 per le pari opportunità tra uomini e donne per l’accesso al lavoro è vietata qualsiasi discriminazione relativa:
- all’assunzione: il datore di lavoro non può in alcun modo fare riferimento al sesso,
sia direttamente sia indirettamente a mezzo stampa o tramite altra forma pubblicitaria,
che indichi come requisito professionale l’appartenenza all’uno o all’altro sesso, a eccezione di alcuni settori (moda, arte e spettacolo) in cui l’appartenenza a un determinato
sesso sia essenziale alla natura del lavoro o se si tratta di lavori particolarmente pesanti,
con eventuali deroghe che possono però essere introdotte esclusivamente tramite contratti collettivi, al fine di evitare abusi;
- alla retribuzione: «La lavoratrice ha diritto alla stessa retribuzione del lavoratore quando le prestazioni richieste sono uguali o di pari valore». In questo modo viene ribadito il
principio della «parità salariale» sancito dalla Costituzione;
- all’attribuzione delle qualifiche, delle mansioni, e la progressione nella carriera. In particolare, per evitare che la funzione di madre penalizzi la sua carriera lavorativa, la legge stabilisce che le assenze obbligatorie per maternità vengano considerate
come attività lavorativa ai fini della carriera, oltre che ai fini dell’attività di servizio.
pag. 278:
7. Il lavoro minorile
Il lavoro minorile è disciplinato in particolare dalla l. 977/1967 (integrata e modificata
dal d.lgs. 345/1999, in attuazione della direttiva UE 1994/33 relativa alla protezione dei
giovani sul lavoro).
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U.D. 18 - LA LEGISLAZIONE IGIENICO-SANITARIA
pag. 298:
2.5 L’igiene del personale
Il vecchio libretto sanitario, previsto per il personale addetto alla preparazione, produzione, manipolazione e vendita di sostanze alimentari, viene oggi sostituito da misure
di autocontrollo e percorsi formativi/informativi professionali, quali nuovi strumenti finalizzati a una più efficace prevenzione delle malattie trasmissibili attraverso gli alimenti.
Le Regioni, tramite proprie leggi, hanno eliminato l’obbligatorietà di tale libretto, in
considerazione del principio di autocontrollo (sistema HACCP) che attribuisce ai titolari delle aziende la piena responsabilità circa l’applicazione delle norme igieniche e il
controllo della salute del personale.
Per quanto riguarda l’abbigliamento, negli stabilimenti, nei laboratori di produzione e
negli esercizi di vendita, gli addetti alla manipolazione, cottura, confezionamento dei
prodotti alimentari devono indossare sopravesti di colore chiaro, nonché idonei copricapo che contengano la capigliatura.
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G. Bacceli – M. Micelli DIRITTO DELLE IMPRESE RISTORATIVE Note di aggiornamento Gennaio 2008
Tale legge considera bambini i minori di età inferiore ai 15 anni e adolescenti quelli
di età compresa tra i 15 e i 18 anni.
Secondo la normativa europea, in vigore anche in Italia, non è ammesso che i minori
lavorino se non hanno adempiuto l’obbligo scolastico.
Con la legge finanziaria del 2007 è stata modificata l’età minima per essere ammessi al
lavoro; infatti, l’innalzamento a 10 anni della durata dell’obbligo di istruzione ha comportato l’innalzamento dell’età minima di ammissione al lavoro, passando da 15 a 16
anni, ovvero alla conclusione del periodo di istruzione obbligatoria. Per essere ammessi al lavoro bisogna quindi aver compiuto i 16 anni.
La Direzione provinciale del lavoro può autorizzare l’impiego di minori che non abbiano ancora compiuto 16 anni di età in attività lavorative di carattere culturale, artistico,
sportivo o pubblicitario e nel settore dello spettacolo, purché si tratti di attività che non
pregiudichino la sicurezza, l’integrità psicofisica, lo sviluppo del giovane e la frequenza
scolastica.
La legge proibisce, inoltre, che i minori siano impiegati nel lavoro notturno (dalle 24
alle 5 del mattino) o in attività particolarmente pesanti e potenzialmente pregiudizievoli per la loro salute (lavori presso macchinari pericolosi, presso cave, in gallerie,
miniere, magazzini frigoriferi, ecc.) o per lo sviluppo della loro professionalità (mestieri girovaghi, lavori in cinematografi, locali ove si commerciano alcolici).
Ad esempio, se un ristoratore ha tra i suoi dipendenti un minore, questi deve innanzitutto aver compiuto i 16 anni e non potrà in nessun caso essere impiegato nell’ultimo
turno di lavoro dalle 19 alle 24.
L’orario giornaliero di lavoro non può superare:
- sette ore per i bambini;
- otto ore per gli adolescenti.
L’inosservanza delle suddette norme è punita con l’arresto fino a sei mesi.
Le tute, le giacche, le sopravesti e i copricapo debbono essere tenuti puliti; inoltre, il
personale deve eseguire il proprio lavoro in modo igienicamente corretto, curando la
pulizia della propria persona, in particolare delle mani.
Durante il lavoro non devono essere indossati accessori quali anelli, bracciali e orologi.
G. Bacceli – M. Micelli DIRITTO DELLE IMPRESE RISTORATIVE Note di aggiornamento Gennaio 2008
pag. 299:
2.6 L’igiene dei prodotti alimentari
In Europa, il concetto di sicurezza alimentare è diventato solo in tempi recenti una
priorità. Il quadro normativo di riferimento può essere scandito in tre tappe:
- pubblicazione del libro bianco sulla sicurezza alimentare (2000), in cui sono espressi: filosofia, propositi e intenti del legislatore comunitario in tema di sicurezza degli alimenti;
- emanazione del Regolamento CE n. 178/2002 sulla sicurezza degli alimenti (General
Food Law) e istitutivo dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare;
- pubblicazione del cosiddetto “Pacchetto igiene” (2004), in vigore dall’1/1/2006.
Approfondimento - IL PACCHETTO IGIENE
Con l’approvazione del “pacchetto igiene” cambiano le regole comunitarie sull’igiene e il controllo ufficiale degli alimenti: un pacchetto integrato di regolamenti
direttamente applicativi, rendendo la legislazione armonica e omogenea in tutti gli
Stati UE.
Il pacchetto igiene, costituito da 4 regolamenti e dalla direttiva n. 41/2004 (che abroga precedenti direttive di comparto), entrato in vigore l’1/1/2006, ha eliminato normative fondamentali del settore:
- la direttiva 93/43 CEE generale sull’igiene, recepita in Italia con il decreto 155/97
che ha introdotto l’obbligo del sistema di autocontrollo a tutte le aziende alimentari,
- gran parte delle direttive verticali su latte e derivati, carne e prodotti a base di carne,
molluschi, prodotti della pesca,
- la direttiva 89/397 CEE sul controllo ufficiale degli alimenti,
sostituendole con normative orizzontali applicabili a tutto il settore alimentare.
Si possono distinguere due tipi di regolamenti:
1) quelli rivolti direttamente ai produttori:
- il Regolamento CE 852/04 che mira a garantire l’igiene dei prodotti alimentari in
corrispondenza di tutte le fasi del processo di produzione;
- il Regolamento CE 853/04 che integra il regolamento 852 e stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale;
2) quelli riguardanti i controlli ufficiali:
- il Regolamento CE 854/04 che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di
controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano;
- il Regolamento CE 882/04, relativo ai controlli ufficiali tesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e
sul benessere degli animali.
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Semplificazioni per l’HACCP
Con delibere delle Giunte regionali sono state definite delle semplificazioni alle procedure di autocontrollo HACCP, così come previsto dalla l. 526/1999.
Fermo restando l’obbligo per tutte le imprese alimentari di dotarsi del manuale di autocontrollo, sono state individuate le imprese a basso rischio cui applicare le semplificazioni, in relazione alla tipologia dell’attività, alle dimensioni dell’impresa e al numero degli addetti.
Sono generalmente soggette a semplificazioni:
- attività di ristorazione come ristoranti, pizzerie, tavole calde, ecc.;
- bar e similari dove si preparano toast, panini e snack veloci;
- attività di ristorazione annesse a strutture ricettive alberghiere ed extralberghiere
fino a 100 coperti;
- rosticceria, gastronomia, pizzeria da asporto;
- attività commerciali con annesso laboratorio di produzione con vendita diretta al
consumatore finale, ad esempio panetterie, pasticcerie, pastifici artigianali.
Le semplificazioni non possono essere applicate alla grande distribuzione (con oltre 800 m2
di vendita), alle aziende di catering e banqueting e della ristorazione collettiva.
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G. Bacceli – M. Micelli DIRITTO DELLE IMPRESE RISTORATIVE Note di aggiornamento Gennaio 2008
pag. 300:
2.7 Il sistema di autocontrollo: HACCP
…
OBBLIGHI DEL TITOLARE DELL’IMPRESA ALIMENTARE
…
I manuali di corretta prassi igienica
I Manuali di corretta prassi igienica che sono richiesti dai nuovi regolamenti comunitari
(Regolamento CE n. 852/2004), relativi al controllo igienico-sanitario degli alimenti (il
c.d. “pacchetto igiene”), sono strumenti destinati ad aiutare gli operatori dei diversi settori nel predisporre il proprio piano di autocontrollo (MAAI).
I manuali rappresentano delle linee guida che non devono, e non possono, sostituire le
procedure di autocontrollo, specifiche per ogni singola azienda. Possono essere redatti
a livello comunitario o a livello nazionale: dai settori dell’industria alimentare, dalle
associazioni del settore e dai rappresentanti di altre parti interessate, dall’Ente nazionale italiano di unificazione (UNI). Per esempio il manuale del settore ristorativo è curato dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi (FIPE).
MODULO 8
G. Bacceli – M. Micelli DIRITTO DELLE IMPRESE RISTORATIVE Note di aggiornamento Gennaio 2008
U.D. 19 - I FINANZIAMENTI
E LE AGEVOLAZIONI COMUNITARI
1. Aspetti generali: la finanza agevolata
Nel contesto economico attuale, per le imprese è indispensabile adottare un sistema di
qualità, non solo per migliorare e sviluppare la propria attività imprenditoriale, cercando
di competere con le aziende nei mercati internazionali, ma anche per adeguarsi alle prescrizioni della normativa vigente.
Per fare ciò le aziende possono usufruire di finanziamenti agevolati, messi a disposizione dagli enti pubblici nazionali e comunitari.
Per finanza agevolata s’intende qualsiasi strumento, a livello comunitario, nazionale o
regionale, che viene messo a disposizione delle imprese, sia sotto forma di sgravi fiscali, sia tramite finanziamenti, per attività di investimento e di sviluppo aziendale.
L’insieme degli investimenti a favore delle imprese agevola lo sviluppo di progetti in
termini di copertura del fabbisogno finanziario, con l’obiettivo di ristrutturare e rilanciare le imprese, soprattutto nelle regioni più arretrate.
L’imprenditore ricopre un ruolo fondamentale, in quanto deve essere in grado di comprendere le differenze, i vantaggi e gli svantaggi connessi ai diversi tipi di opportunità
presenti nel quadro normativo.
2. Gli interventi comunitari
Dall’anno 2000 all’anno 2006 l’Unione europea si era concentrata su tre obiettivi:
- l’Obiettivo 1 che si occupava delle regioni con «ritardi strutturali»;
- l’Obiettivo 2 che si occupava delle zone in cui esisteva un sistema produttivo caratterizzato da «difficoltà economiche strutturali»;
- l’Obiettivo 3 che si occupava di «favorire l’adeguamento e l’ammodernamento delle politiche e dei sistemi di istruzione, formazione e occupazione».
Per quanto riguarda il periodo che va dall’anno 2007 al 2013 l’attenzione della UE è
concentrata su tre obiettivi principali (Regolamento CE n. 1083/2006 del Consiglio
dell’11 luglio 2006).
OBIETTIVO “CONVERGENZA”
Previsto allo scopo di migliorare le condizioni di crescita e di occupazione e favorire la convergenza degli Stati membri e delle regioni “in ritardo di sviluppo”.
I settori d’intervento sono:
- qualità degli investimenti in capitale fisico e umano;
- sviluppo dell’innovazione e della società basata sulla conoscenza;
- adattabilità ai cambiamenti economici e sociali;
- tutela dell’ambiente nonché efficienza amministrativa.
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Sono ammissibili a tale obiettivo:
- le regioni il cui PIL pro capite è inferiore al 75% della media comunitaria; in Italia
le regioni interessate sono Campania, Puglia, Calabria e Sicilia;
- le regioni il cui PIL pro capite supera il 75% sono ammesse al beneficio di un aiuto
transitorio, specifico e decrescente; in Italia è il caso della Basilicata.
OBIETTIVO “COOPERAZIONE TERRITORIALE EUROPEA”
Inteso a rafforzare la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale attraverso
la promozione e la ricerca di soluzioni congiunte a problemi comuni tra le autorità confinanti.
Sono al centro di questo obiettivo tematiche come:
- lo sviluppo urbano, rurale e costiero;
- la creazione di relazioni economiche e reti di PMI;
- la cooperazione su ricerca, sviluppo, società dell’informazione, ambiente, prevenzione
dei rischi e gestione integrata delle acque.
Sono ammissibili a tale obiettivo le regioni situate lungo le frontiere terrestri interne e
talune frontiere esterne, nonché alcune frontiere marittime adiacenti, separate da un
massimo di 150 chilometri.
La totalità del territorio della Comunità è ammissibile per quanto riguarda il sostegno
alle reti per la cooperazione interregionale e lo scambio di esperienze.
3. I finanziamenti comunitari
I finanziamenti comunitari si possono suddividere in due tipologie:
1) i fondi diretti che sono riferiti a contributi gestiti direttamente dalla Commissione
europea o da Agenzie da esse delegate e integrati da risorse proprie dei beneficiari finali; questi fondi servono a realizzare attività definite “soft”, come per esempio l’organizzazione di seminari e convegni, e si riferiscono a quelli che vengono anche chiamati
“Programmi Comunitari”;
2) i fondi indiretti (o strutturali) sono riferiti a contributi integrati da risorse nazionali
e regionali, distribuiti direttamente al beneficiario e gestiti da Autorità nazionali o regionali; questi fondi servono ad attuare il principio di coesione economica e sociale all’interno
della Comunità e le autorità nazionali, regionali o locali hanno il compito di programmare gli interventi, emanare i bandi e gestire le risorse messe a disposizione; il rapporto tra la Commissione europea, che eroga i contributi, e il beneficiario finale non è pertanto diretto ma mediato.
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G. Bacceli – M. Micelli DIRITTO DELLE IMPRESE RISTORATIVE Note di aggiornamento Gennaio 2008
OBIETTIVO “COMPETITIVITÀ REGIONALE E OCCUPAZIONE”
Previsto allo scopo di promuovere l’innovazione, l’imprenditorialità, la tutela dell’ambiente,
l’accessibilità, l’adattabilità dei lavoratori e lo sviluppo di mercati di lavoro che favoriscano l’inserimento.
Esso dovrebbe favorire, al di fuori delle regioni in ritardo di sviluppo, il rafforzamento
della competitività, dell’occupazione e delle attrattive delle regioni.
Sono ammissibili a tale obiettivo tutte le altre regioni della Comunità non ammissibili
all’obiettivo “convergenza”.
4. I finanziamenti indiretti
Per il periodo 2000-2006 i fondi indiretti sono stati quattro: Fse, Fesr, Feaog (Fondo
europeo agricolo di orientamento e di garanzia) e Sfop (Strumento finanziario di orientamento per la pesca). Nel periodo 2007-2013 i fondi strutturali si sono ridotti a due:
Fesr e Fse, a cui si aggiunge il Fondo di coesione.
FONDO EUROPEO PER LO SVILUPPO REGIONALE (FESR)
Il fondo ha l’obiettivo di ridurre gli squilibri regionali nell’UE. Contribuisce principalmente alla crescita e all’adeguamento strutturale delle regioni in ritardo di sviluppo,
nonché alla riconversione economica e sociale delle regioni con difficoltà strutturali. Il
Fesr è il fondo strutturale provvisto della più importante dotazione finanziaria e si configura come il principale strumento comunitario di incentivazione dello sviluppo del turismo.
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FONDO SOCIALE EUROPEO (FSE)
Il fondo è il principale strumento finanziario a sostegno della formazione, della riconversione professionale, della creazione di posti di lavoro e di tutte le politiche di
adattamento del mercato del lavoro. Promuove l’integrazione dei soggetti in età lavorativa nel mondo professionale, con particolare attenzione alle persone a rischio di esclusione
sociale (portatori di handicap, disoccupati, carcerati, ecc.), accrescendone la competitività e favorendo lo sviluppo imprenditoriale.
FONDO DI COESIONE
Il fondo è destinato agli Stati della UE con un PIL (Prodotto interno lordo) pro capite
inferiore al 90% della media comunitaria. Sovvenziona progetti nei settori della protezione dell’ambiente e delle infrastrutture per i trasporti.
Obiettivo “Convergenza”
Fesr, Fse, Fondo di coesione
Obiettivo “Competitività regionale e occupazione”
Fesr, Fse
Obiettivo “Cooperazione territoriale europea”
Fesr
OBIETTIVI E RELATIVI FONDI DI FINANZIAMENTO
5. I finanziamenti diretti
Oltre ai finanziamenti dei fondi strutturali, sono previsti anche finanziamenti di programmi comunitari, di cui si segnalano di seguito i più importanti.
FONDO EUROPEO PER LA PESCA (FEP)
Pur mantenendone gli stessi fondamenti e principi, non opera più all’interno dei fondi
strutturali come lo Sfop, il suo predecessore. Ogni Stato membro metterà a punto un
piano strategico nazionale sulla base degli orientamenti strategici comunitari per la
politica comune della pesca. Prioritari saranno i seguenti punti:
- misure per l’adeguamento della flotta da pesca comunitaria;
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- acquacoltura, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura;
- misure di interesse collettivo;
- sviluppo sostenibile delle zone di pesca costiere;
- assistenza tecnica.
FONDO EUROPEO AGRICOLO PER LO SVILUPPO RURALE (FEASR)
Previsto dall’UE allo scopo di perseguire i seguenti tre obiettivi principali:
- accrescere la competitività del settore agricolo attraverso opere di ristrutturazione;
- valorizzare l’ambiente e lo spazio naturale sostenendo la gestione del territorio;
- migliorare la qualità di vita nelle zone rurali e promuovere la diversificazione delle
attività economiche attraverso misure mirate al settore agricolo e ad altri componenti
del mondo rurale.
6. Gli interventi comunitari e il turismo
La Commissione europea in una comunicazione del 2006 ha stabilito, per il periodo
2007-2013, un utilizzo maggiore degli strumenti finanziari a favore del settore turistico. Questo in considerazione del contributo essenziale che il turismo può dare al
conseguimento degli obiettivi di uno sviluppo economico equilibrato, di una crescita duratura e di un livello occupazionale elevato. In dettaglio:
- i fondi Fesr e Fse serviranno per lo sviluppo delle imprese e dei servizi turistici, per la
mobilità, l’educazione e la formazione in ambito turistico;
- il Fondo di coesione finanzierà le infrastrutture dei trasporti e dell’ambiente;
- il Feasr contribuirà attraverso il perseguimento dei suoi obiettivi allo sviluppo del
turismo rurale;
- il Fep introduce un nuovo settore per l’economia come l’ecoturismo in grado di dare
sbocco e sostegno ai lavoratore del settore pesca;
- i programmi finanziati direttamente, dedicati alla “ricerca e sviluppo” e alla “cooperazione e competitività”, permetteranno di dare sostegno alla competitività e vantaggi
tecnologici al settore turistico.
7. La Banca europea per gli investimenti
La Banca europea per gli investimenti (Bei) è l’istituzione pubblica di prestito più
grande al mondo che finanzia i progetti d’investimento all’interno dell’Unione europea.
Creata con il Trattato di Roma, è un organismo finanziario dotato di personalità giuridica e provvisto di strutture amministrative distinte da quelle delle istituzioni
comunitarie.
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GRUPPO EUROPEO DI COOPERAZIONE TRANSFRONTALIERA (EGCC)
Previsto, con riferimento all’articolo 159 del trattato, al fine di superare gli attuali ostacoli alla cooperazione transfrontaliera, come nuovo strumento giuridico per la creazione di
autorità europee, dotate di personalità giuridica, preposte alla cooperazione e alla attuazione di programmi di collaborazione transfrontaliera.
Il suo obiettivo è promuovere l’investimento e la cooperazione economica tra gli Stati membri della UE, sostenendo inoltre le condizioni di uno sviluppo economico durevole nei
Paesi situati fuori dell’Unione.
La Bei non persegue scopi di lucro, non dispone di risorse provenienti da libretti di
risparmio o conti correnti, né utilizza i fondi del bilancio della UE, ma concede prestiti
sui mercati finanziari. La fonte di finanziamento della Bei è rappresentata dai suoi azionisti, gli Stati membri dell’Unione europea, che sottoscrivono congiuntamente il capitale in proporzione al peso economico di ciascuno nell’Unione.
G. Bacceli – M. Micelli DIRITTO DELLE IMPRESE RISTORATIVE Note di aggiornamento Gennaio 2008
La Bei è l’azionista maggioritario del Fondo europeo degli investimenti (Fei), istituito nel 1994 allo scopo di finanziare l’investimento nelle piccole e medie imprese.
Essa finanzia quindi sia progetti di grandi dimensioni mediante prestiti individuali – e
in questo caso tratta direttamente con i promotori – sia progetti piccoli e medi (per
PMI o enti locali) mediante prestiti globali che si realizzano attraverso banche e intermediari finanziari specializzati in Europa.
I progetti da finanziare sono accuratamente selezionati secondo i seguenti criteri, validi
sia per le attività situate nell’Unione sia per quelle dislocate nei Paesi terzi:
- devono concorrere al raggiungimento di obiettivi generali quali il rafforzamento della
competitività delle industrie europee e delle piccole e medie imprese, la realizzazione
delle reti transeuropee (trasporto, telecomunicazioni ed energia), il miglioramento del
settore della tecnologia dell’informazione, la tutela dell’ambiente naturale e urbano, il
miglioramento dei servizi sanitari e dell’istruzione;
- devono andare a beneficio delle regioni più svantaggiate;
- devono contribuire ad attrarre altre fonti di finanziamento.
U.D. 20 - I FINANZIAMENTI
E LE AGEVOLAZIONI STATALI E REGIONALI
pag. 330:
2. L’ntervento finanziario regionale
PRINCIPALI
LEGGI REGIONALI SUI FINANZIAMENTI ALLE ATTIVITÀ TURISTICHE
Abruzzo: l.reg. 49/1989 Provvidenze per il recupero dei centri storici; l.reg. 67/1995 Interventi per gli impianti di
risalita in Abruzzo; l.reg. 138/1997 Interventi per il patrimonio storico-artistico non statale; l.reg. 77/2000 Interventi
per il sostegno alle imprese del settore turismo; l.reg. 17/2004 Sistemi turistici locali.
Basilicata: l.reg. 14/1995 Interventi per i servizi turistici del litorale ionico; l.reg. 4/2002 Disciplina dei regimi di aiuto.
Calabria: l.reg. 11/1988 Provvidenze per lo sviluppo turistico dell’entroterra; l.reg. 35/1990 Sostegno all’attività
dell’Istituto superiore per il turismo; l.reg. 2/2003 Disciplina dell’attività di accoglienza ricettiva a conduzione familiare denominata «Bed and Breakfast».
Campania: l.reg. 58/1980 Interventi finanziari in campo marittimo; l.reg. 40/1984 Provvidenze in materia di industria alberghiera ed impianti turistici complementari; l.reg. 13/1995 Assistenza finanziaria alle società consortili operanti nel settore turismo.
Emilia-Romagna: l.reg. 12/1985 Interventi per il potenziamento e organizzazione del soccorso alpino e per la conservazione ed incentivazione del patrimonio alpinistico; l.reg. 15/1991 Interventi di lotta ai culicidi nelle località turi-
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stiche costiere nell’area del Delta del Po; l.reg. 24/1992 Interventi di sostegno alla realizzazione di un circuito di
impianti sportivi per il gioco del golf; l.reg. 32/1995 Tutela e valorizzazione degli itinerari storici dell’EmiliaRomagna; l.reg. 7/1998 Organizzazione turistica regionale - interventi per la promozione e commercializzazione
turistica (mod. l.reg. 2/2007); l.reg. 40/2002 Incentivi per lo sviluppo e la qualificazione dell’offerta turistica.
Friuli-Venezia Giulia: l.reg. 2/2002 Disciplina organica del Turismo (mod. l.reg. 29/2005, l.reg. 7/2007); l.reg.
18/2006 Istituzione della Fondazione per la valorizzazione archeologica, monumentale e urbana di Aquileia e finanziamenti per lo sviluppo turistico dell’area (mod. l.reg. 4/2007).
Lazio: l.reg. 53/1984 Interventi finanziari per la qualificazione e lo sviluppo delle attività ricettive; l.reg. 20/1989
Norme integrative sugli interventi finanziari per le attività di interesse turistico; l.reg. 44/1990 Interventi per i pubblici esercizi di vendita e consumo di alimenti e bevande; l.reg. 14/2006 Norme in materia di agriturismo e turismo
rurale; l.reg. 13/2007 Organizzazione del sistema turistico laziale.
Liguria: l.reg. 19/2000 Incentivi per la qualificazione e lo sviluppo dell’offerta turistica; l.reg. 10/2003 Concessione
di contributi regionali per favorire l’installazione di sistemi di tutela in luoghi destinati al commercio, all’artigianato ed al turismo; l.reg. 13/2007 Disciplina degli itinerari dei gusti e dei profumi di Liguria, delle enoteche regionali, nonché interventi a favore della ricettività diffusa; l.reg. 37/2007 Disciplina dell’attività agrituristica, del pescaturismo e ittiturismo.
Lombardia: l.reg. 36/1988 Incentivi per l’ammodernamento, potenziamento e qualificazione delle strutture ed
infrastrutture turistiche in Lombardia; l.reg. 35/1996 Interventi per agevolare l’accesso al credito alle imprese minori; l.reg. 13/2000 Interventi per la qualificazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese commerciali.
Marche: l.reg. 9/2006 Testo unico delle norme regionali in materia di turismo (art.71 Contributi per le strutture e
le attività turistiche).
Piemonte: l.reg. 75/1996 Organizzazione dell’attività di promozione, accoglienza e informazione turistica in Piemonte
(mod. l.reg. 1/2002); l.reg. 27/2000 Interventi di classificazione, ammodernamento e attivazione degli impianti di
arroccamento per la tutela e lo sviluppo del turismo; l.reg. 33/2006 Azioni a sostegno dello sviluppo e della riqualificazione del turismo nelle aree protette e nei siti della rete Natura 2000; l.reg. 34/2006 Iniziative a sostegno dello
sviluppo del turismo religioso.
Puglia: l.reg. 3/2001 Disciplina dei regimi regionali di aiuto.
Sardegna: l.reg. 9/1998 Incentivi per la riqualificazione e l’adeguamento delle strutture alberghiere e norme modificative e integrative della l.reg. 40/93 (Interventi creditizi a favore dell’industria alberghiera); l.reg. 9/2002
Agevolazioni contributive alle imprese nel comparto del commercio e turismo.
Sicilia: l.reg. 25/1993 Interventi straordinari per l’occupazione produttiva in Sicilia; l.reg. 33/1996 Interventi urgenti per l’economia. Norme in materia di impresa, agricoltura, artigianato, lavoro, turismo e pesca. Disposizioni su
altre materie, modifiche ed abrogazioni di norme; l.reg. 32/2000 Disposizioni per l’attuazione del POR 2000-2006
e di riordino dei regimi di aiuto alle imprese; l.reg. 20/2005 Misure per la competitività del sistema produttivo.
Toscana: l.reg. 35/2000 Disciplina degli interventi regionali in materia di attività produttive.
Provincia autonoma di Trento: l.prov. 6/1999 Interventi della Provincia autonoma di Trento per il sostegno dell’economia e della nuova imprenditorialità; l.prov. 3/2005 Disposizioni in materia di agricoltura, di foreste, di commercio, di turismo, di industria e di energia.
Umbria: l.reg. 12/1997 Interventi di agevolazione finanziaria e per l’assistenza tecnica a favore delle piccole e medie
imprese del commercio e dei servizi; l.reg. 33 /1994 Interventi per la qualificazione e l’ampliamento della ricettività
nel turismo (mod. l.reg. 8/1994); l.reg. 18/2006 Legislazione turistica regionale.
Valle d’Aosta: l.reg. 36/1991 Concessione di incentivi per il potenziamento e la qualificazione della ricettività alberghiera; l.reg 19/2001 Interventi regionali a sostegno delle attività turistico-ricettive e commerciali; l.reg. 18/2002
Incentivi regionali per la valorizzazione degli itinerari storici, dei siti celebri e dei luoghi della storia e della letteratura.
Veneto: l.reg. 16/1998 Interventi regionali a favore della qualità e dell’innovazione nei settori del commercio, del turismo e dei servizi e modifiche alla l.reg. 3/1997; l.reg. 33/2001 Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo.
La ricerca e la consultazione delle leggi è possibile sul sito: http://camera.ancitel.it/
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G. Bacceli – M. Micelli DIRITTO DELLE IMPRESE RISTORATIVE Note di aggiornamento Gennaio 2008
Molise: l.reg. 4/2003 Interventi a sostegno di imprese operanti nel settore turismo; l.reg. 13/2003 Interventi per la
qualificazione delle stazioni sciistiche e del sistema turistico degli sport invernali della regione Molise; l.reg. 15/2003
Interventi per la tutela, lo sviluppo e la valorizzazione del territorio montano.
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