martedì 11 dicembre 2012
RASSEGNA STAMPA
Professionisti, in 5 anni ricavi giù fino al 20%. Giovani, mini-pensioni
Corriere della Sera pag.3 7 del 11/12/2012
Nelle Casse cresce il welfare
Il Sole 24 Ore pag. 30 del 11/12/2012
Casse tartassate
Italia Oggi pag. 33 del 11/12/2012
L’apprendistato è doc
Italia Oggi pag. 34 del 11/12/2012
“Solidarietà”, sotto tiro gli studi
Il Sole 24 Ore pag. 25 del 11/12/2012
Le prestazioni professionali sono fuori dai nuovi obblighi
Il Sole 24 Ore pag. 30 del 11/12/2012
065005
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Quotidiano
Periti Industriali
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NORME E TRIBUTI
Il Sole-24 Ore - 2012-12-11 - Pag. 30
Previdenza privata. Oggi il rapporto Adepp - Nel 2011 prestazioni assistenziali aumentate del
12,3%
Nelle Casse cresce il welfare
Redditi bassi per gli under 30 - Camporese: necessario aiutarli
Federica Micardi
La previdenza privata punta sul welfare. Alle prestazioni "extra pensione" è, infatti, dedicata una parte importante del
secondo rapporto dell'Ufficio studi Adepp, l'associazione che riunisce 20 enti di previdenza privati, che sarà presentato
oggi al Teatro Capranica di Roma alla presenza del ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, e del
ministro del Lavoro, Elsa Fornero.
Tra il 2010 e il 2011 le Casse private hanno aumentato del 12,3% le uscite in prestazioni assistenziali, passando da
302,6 milioni a 339,7. È l'assistenza sanitaria la voce di spesa più consistente (130,6 milioni), cresciuta tra il 2010 e il
2011 del 15,1%, seguita dall'indennità di maternità (93,2 milioni, più 4,8%) e dai sussidi economici agli iscritti (64
milioni) con un incremento del 24,3%. Secondo il presidente Adepp, Andrea Camporese, «la polifunzionalità del
welfare allargato è una delle grandi sfide del futuro, perché la previdenza non è erogare solo la pensione».
L'esercito dei professionisti Adepp è di 1.469.099 soggetti, con una crescita del 10,33% tra il 2005 e il 2010.
L'aumento più consistente è stato registrato nell'area giuridica (più 27,72% in sei anni) seguito dalle professioni di area
tecnica (più 15,1%).
Il totale delle prestazioni Ivs (invalidità, vecchiaia, superstiti) è di 350.085, con una crescita media annua del 13,60%,
per un importo complessivo di 4 miliardi e 624 milioni di euro (4 miliardi e 65 milioni se si annulla l'effetto del
l'inflazione dal 2005 al 2011).
Se guardiamo al fronte opposto, quello dei versamenti contributivi, nel 2005 ammontavano a 5 miliardi e 618 milioni di
euro, nel 2011 a 8 miliardi e 118 milioni (7 miliardi e 135 milioni al netto dell'inflazione), con un incremento del 44,5%
in sei anni (valore reale al netto dell'inflazione 27,02%). Questa voce è destinata ad aumentare ancora date le recenti
riforme che molte Casse hanno avviato e che prevedono spesso un aumento dei contributi per poter garantire la
sostenibilità a 50 anni richiesta dal decreto Salva Italia.
Un'attenzione particolare del Rapporto viene riservata ai giovani under 40, che rappresentano il 33,8% degli iscritti
totali. Se guardiamo agli under 30 il loro reddito medio è meno di un terzo di quello degli iscritti over 40. Ed è la metà
di quello dei colleghi che hanno tra i 35 e i 39 anni. L'analisi non entra nel merito del valore assoluto perché i dati a
disposizione non erano sufficienti (solo sette Casse su 20 hanno fornito il dato) ma la difficoltà dei giovani a
mantenersi con la professione è evidente. «Per permettere ai giovani professionisti di lavorare – sostiene Camporese
– dobbiamo aiutarli nell'avviare uno studio, prenderli in carico, ma i diversi obblighi a cui siamo soggetti limitano
l'iniziativa delle Casse e ci impediscono di avere un effettivo ruolo di "leva" sociale». Camporese si riferisce alle scarse
risorse che si possono mettere in campo. Le Casse, per esempio, devono versare l'Imu, si tratta di decine di milioni
che non andranno ad accrescere le singole pensioni o ad aumentare i servizi di welfare per gli iscritti. C'è poi l'annosa
e mai risolta questione della doppia tassazione sui rendimenti finanziari. «Su questo fronte la politica si dimostra
miope - conclude Camporese - perché l'assistenza sanitaria o sociale che noi potremmo fornire solleverebbe lo Stato
da una serie di spese. Altri Stati lo hanno capito e hanno attenuato la pressione fiscale sulla previdenza, noi restiamo i
più tassati d'Europa».
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11/12/2012
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Le cifre-chiave
1.469.099
Iscritti Adepp
Sono quasi un milione e mezzo i professionisti iscritti alle 20 Casse Adepp, Se si aggiunge anche Enasarco (agenti di
commercio e promotori finanziari) il totale sale a 1.678.601. La crescita media annua è stata del 2% dal 2005 al 2011.
33,80%
Gli under 40
Il 33,8% degli iscritti attivi appartiene alla categoria degli under 40, in particolare la metà ha tra i 35 e i 39 anni e poco
più del 14% ha meno di 30 anni.
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Martedì 11 Dicembre 2012
GRUPPO ASSOCIAZIONI CNAI
L’analisi dell’ente bilaterale nazionale, Enboa, sul Testo unico
L’apprendistato è doc
D
opo un lungo e complesso confronto,
finalmente sono
stati definiti i principi generali comuni di riferimento, di certificazione
delle competenze acquisite
nell’apprendistato, partendo dall’analisi delle disposizioni regionali vigenti. Il
ministero del lavoro, infatti,
ha di recente pubblicato sul
sito istituzionale il decreto
di recepimento dell’Accordo
raggiunto dalla Conferenza
permanente per i rapporti
tra lo stato e le regioni, nella seduta del 19/4/2012, per
la definizione di un sistema
nazionale di certificazione
delle competenze comunque
acquisite in apprendistato, a
norma dell’articolo 6 del decreto legislativo 14 settembre 2011 n.167, Testo unico
Sì ai principi di certificazione competenze
sull’apprendistato.
La norma centrale del Testo unico è l’articolo 6 «Standard professionali, standard
formativi e certificazioni
delle competenze», al comma 4 recita: «Le competenze
acquisite dall’apprendista
potranno essere certificate
secondo le modalità definite
dalle regioni e province autonome di Trento e Bolzano
sulla base del repertorio delle professioni di cui al comma 3 e registrate sul libretto
formativo del cittadino sulla
base del repertorio delle professioni di cui al comma 3 e
nel rispetto delle intese raggiunte tra governo, regioni e
parti sociali nell’accordo del
17 febbraio 2010. Nelle more
della definizione del repertorio delle professioni di cui al
comma 3, si fa riferimento ai
sistemi di standard regionali
esistenti».
Dunque l’Accordo del 19
aprile scorso è finalizzato
alla costruzione di un sistema
nazionale di standard professionali, di certificazione delle
competenze e di standard formativi, partendo dal rapporto
di apprendistato.
I presupposti di riferimento da rispettare riguardano
la centralità dell’individuo
nel percorso formativo e la
conseguente necessità di certificazione delle competenze
acquisite in una prospettiva
di lifelong learning, la necessità della certificazione con
atto pubblico, e l’esigenza di
un sistema nazionale di certificazione basato su standard
minimi omogenei sul tutto il
territorio nazionale.
Tutto questo presuppone
una piattaforma unica che
sia in grado di prevedere figure idonee allo svolgimento delle fasi di certificazione,
capaci di rilasciare certificati e attestati, delineare i
requisiti professionali degli
incaricati e le funzioni, con
specifico riferimento ai presidio degli aspetti di contenuto
professionale e di metodologia valutativa; delineare, in
relazione ai criteri di standardizzazione, trasparenza
e accessibilità, un quadro
delle condizioni di accesso,
fruizione ed erogazione del
servizio, di format e di procedure codificate, l’adozione ai
fini del monitoraggio e della
tracciabilità e tenuta della
documentazione rilasciata,
di un sistema informativo,
con strumenti e procedure
dedicate, in conformità alle
norme di accesso agli atti
amministrativi e di tutela
della privacy.
L’oggetto dell’Accordo, in
linea con gli orientamenti
europei e nazionali, prevede
che si certificano le competenze comunque acquisite
dalle persone in contesti formali, non formali o informali.
Non si certificano i percorsi,
gli ambiti o le modalità di
acquisizione. Possono essere
certificati anche aggregati di
competenze riferibili a parti
di una figura/profilo, fino al
numero totale delle competenze costituenti un’intera
figura/profilo. Le competenze certificate, pertanto,
sono capitalizzabili per il
raggiungimento di titoli e
qualificazioni, a condizione
che le fi gure/profi li di rife-
rimento degli stessi siano
preliminarmente descritti/
standardizzati in termini di
competenze. Per certificare
una competenza o aggregati di competenze occorre
disporre di uno standard di
riferimento. Sono certificabili le competenze da ricondurre a standard previsti in
«repertori» codificali a livello
nazionale o regionale, relativi a competenze di base ed
a competenze tecnico-professionali, pubblicamente riconosciuti e accessibili su base
telematica.
Ogni processo di certificazione si realizza attraverso
le fasi di, identificazione,
finalizzata a individuare e
a mettere in trasparenza le
competenze della persona
riconducibili a uno standard
certificabile accertamento/
valutazione, fase relativa
alla verifica del possesso delle competenze secondo criteri
e indicatori conformi a standard predefiniti, ad esempio
attraverso la raccolta di evidenze e/o la realizzazione di
prove; attestazione, fase che
conclude il processo di certificazione e consiste nel rilascio
di documenti standardizzati
che attestano, sulla base di
regole definite, le competenze accertate/valutate.
Il carattere pubblico della certificazione è garantito
dall’Ente pubblico titolare
(stato, regione, provincia
autonoma) anche quando
questo, per la realizzazione
del processo di certificazione
o di parte di esso, si avvale di
soggetti diversi in possesso
degli idonei requisiti.
Pagina a cura di Cnai - Coordinamento
nazionale associazioni imprenditori
Sede Nazionale Viale Abruzzo 225 - 66013 - CHIETI
Tel. 0871.540093 - Fax 0871.571538
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NORME E TRIBUTI
Il Sole-24 Ore - 2012-12-11 - Pag. 25
Adempimenti. Aziende e uffici della pubblica amministrazione sollecitano ai professionisti
l'autocertificazione della regolarità dei versamenti
«Solidarietà», sotto tiro gli studi
Ma le richieste non sono giustificate: la responsabilità è limitata ai
contratti d'appalto
Gianni Trovati
MILANO
La pioggia di aggiunte e ritocchi sulle regole che disciplinano la responsabilità solidale degli appalti si sono
concentrate sull'estensione dei controlli (interesse primo dell'amministrazione finanziaria) e sulle procedure, ma
almeno nella fase applicativa non hanno dedicato troppa attenzione alla definizione dei confini entro i quali devono
scattare i controlli. Risultato: i professionisti che lavorano con aziende private ed enti pubblici si vedono richiedere
sempre più spesso un'autocertificazione sulla propria fedeltà fiscale e contributiva, e in particolare sull'avvenuto
pagamento di Iva e ritenute d'acconto sui dipendenti, anche quando il lavoro che il committente deve pagare è una
prestazione d'opera lontanissima dagli appalti: un adempimento in più, che viene dettato non dalla legge, ma da
un'interpretazione "cautelare" sposata dagli operatori in assenza di indicazioni ufficiali che gli operatori ritengano
sufficientemente chiare, e che rappresenta un paradosso ulteriore se si pensa che le norme alla sua base sono state
introdotte con il decreto sulle «semplificazioni fiscali» di marzo (Dl 16/2012).
Il tema è quello della responsabilità solidale tra l'appaltatore e il subappaltatore per quel che riguarda in primo luogo il
versamento delle ritenute d'acconto e dei contributi previdenziali sui dipendenti. In pratica, in base a questo principio,
chi si trova in cima alla catena risponde in solido delle eventuali inadempienze di chi si trova sotto.
L'ampliamento di questo principio è arrivato appunto con il decreto di primavera sulle «semplificazioni fiscali», che
all'articolo 2 aveva esteso questa forma di responsabilità al committente negli appalti e aveva ampliato all'Iva il raggio
d'azione dei controlli agli operatori. Questa delega così ampia, che in pratica trasformava gli operatori in controllori a
tutto campo per conto dell'amministrazione finanziaria, aveva mostrato subito i propri problemi applicativi al punto che,
meno di quattro mesi dopo, il decreto «sviluppo» era intervenuto a precisare un po' il raggio delle verifiche:
l'appaltatore, in base a questa norma, deve controllare i versamenti di ritenute e Iva solo per le prestazioni collegate al
contratto, e soprattutto l'acquisizione di documenti che attestino la fedeltà fiscale dell'appaltatore o del subappaltatore
è sufficiente a cancellare le responsabilità del committente.
Tutto questo, appunto, dovrebbe verificarsi nel campo degli appalti, ma nei fatti si sta sempre più estendendo a tutte le
transazioni: si ha notizia di Comuni, anche grandi, che chiedono autocertificazioni a professionisti titolari di prestazioni
d'opera, o di aziende che affidano a commercialisti o avvocati pratiche fiscali o difesa in giudizio e richiedono le
"pezze" a copertura ai loro consulenti. Una prassi che moltiplica gli adempimenti a carico dei professionisti, in tempi di
pagamenti già difficili a causa della congiuntura economica (non solo quando il committente è pubblico), e che
meriterebbe un chiarimento ufficiale soprattutto perché fiorisce al di fuori degli obblighi di legge.
Nel caso dei committenti pubblici, questa verifica si incrocia con quelle previste dall'articolo 48-bis del Dpr 602/1973,
che chiede agli uffici pubblici di controllare la situazione fiscale del beneficiario prima di effettuare pagamenti superiori
a 10mila euro. Val la pena di ricordare che però, in questi casi, il lavoro di verifica è tutto demandato
all'ammministrazione, e non carica di nuove procedure i professionisti già impegnati nell'eterna attesa di vedersi
liquidata la fattura.
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11/12/2012
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Le tappe
01 | IL DECRETO FISCALE
Il Dl 16 sulle semplificazioni fiscali del marzo 2012 aveva esteso il principio della «responsabilità solidale» agli appalti,
applicandola ad appaltatori e subappaltatori, e aveva ampliato il raggio dei controlli all'imposta sul valore aggiunto
02 | IL DECRETO SVILUPPO
Per ovviare ai problemi applicativi dei controlli a tutto campo chiesti dal decreto sulle semplificazioni fiscali, il Dl 83 del
giugno 2012 ha precisato che la responsabilità può scattare solo per i versamenti di ritenute e Iva correlate alle
prestazioni oggetto del contratto. La richiesta della certificazione che attesta la regolarità dei versamenti, inoltre, fa
venir meno il rischio di responsabilità in capo alla stazione appaltante
03 | LA PRASSI
Per tutelarsi, aziende ed enti pubblici chiedono un'autocertificazione sulla regolarità dei versamenti di ritenute e Iva
anche ai professionisti che lavorano con loro, in un ambito che è, però, estraneo al campo dei contratti d'appalto
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11/12/2012
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Il Sole-24 Ore - 2012-12-11 - Pag. 25
Il quadro. Le disposizioni
Le prestazioni professionali sono fuori dai
nuovi obblighi
L'INTERPRETAZIONE
Si tratta di attività di carattere intellettuale lontane da quelle che
coinvolgono le imprese
Gian Paolo Tosoni
Le prestazioni d'opera fornite dagli esercenti arti e professioni, al di là di quanto sembra avvenire nella pratica, non
dovrebbero essere comprese nella responsabilità solidale.
L'articolo 13-ter del Dl 83 dello scorso giugno ha introdotto la responsabilità solidale per l'appaltatore e per il
committente per i contratti di appalto/subappalto stipulati a partire dal 12 agosto 2012. In particolare la responsabilità
solidale si verifica se si effettuano i pagamenti senza prima aver richiesto al subappaltatore un'attestazione ad hoc che
prova l'avvenuto versamento dell'Iva e delle ritenute d'acconto (circolare dell'agenzia delle Entrate n. 40/E/2012).
Il problema principale è stabilire il perimetro di applicazione della norma: si discute, in primo luogo, se la disposizione
sia operativa solo per quanto riguarda il settore dell'edilizia. Questo perché la rubrica del capo I del Dl 83, che
comprende anche l'articolo 13-ter, indica i settori delle infrastrutture, dell'edilizia e dei trasporti. Tuttavia il dato letterale
della norma non individua alcun specifico settore: pertanto si deve ritenere che la responsabilità solidale si applichi a
tutto campo. D'altra parte sarebbe inverosimile che la responsabilità solidale fosse riservata all'edilizia quando in
presenza di contratti di subappalto l'Iva la applica l'appaltatore con il meccanismo dell'inversione contabile e quindi il
subappaltatore non ha alcun versamento da fare.
Resta, poi, da individuare l'ambito oggettivo della disposizione. Infatti l'articolo 13-ter richiama i contratti di appalto di
opere e servizi. Il contratto di appalto è regolato dall'articolo 1655 del Codice civile il quale dispone che «una parte
assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un
servizio verso un corrispettivo in danaro». Questa definizione porta a considerare che il perimetro di applicazione della
norma potrebbe essere ampio in quanto l'appalto potrebbe riguardare sia la costruzione di un'opera (costruzione di un
fabbricato o di un impianto) che la prestazione di un servizio (pulizia dei locali, manutenzione dei computer) e che,
pertanto, entrambe le operazioni potrebbero essere assoggettate al regime della responsabilità solidale. Tuttavia il
dato letterale della norma porta a escludere che tale disposizione si applichi ai contratti d'opera disciplinati all'articolo
2222 del Codice civile che prevede la fattispecie in cui una persona si obbliga a compiere un'opera verso pagamento
di un corrispettivo con il lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione. Ne consegue che la
prestazione d'opera da parte di un artigiano con modesta organizzazione d'impresa rientri più verosimilmente in un
contratto d'opera e non nell'appalto: pertanto non scatta la responsabilità solidale.
A maggior ragione l'articolo 13-ter non si applica alle prestazioni professionali che rientrano nelle prestazioni
intellettuali regolate dall'articolo 2230, ben lontane dall'ipotesi del contratto d'appalto che interessa il mondo delle
imprese.
Occorre, poi, ricordare che per l'applicazione della responsabilità solidale vanno considerate tre regole. In primo luogo
essa agisce relativamente alle prestazioni ricevute nei limiti del corrispettivo dovuto dall'appaltatore a favore del
subappaltatore; in sostanza l'appaltatore non sarà chiamato a versare un importo per Iva e ritenute superiore
all'ammontare del corrispettivo dovuto. In secondo luogo l'appaltatore risponde dell'Iva e delle ritenute relative ai
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dipendenti che hanno lavorato nell'ambito alla sua committenza e dell'Iva relativa alle fatture ricevute dal
subappaltatore. Infine, la responsabilità riguarda i versamenti delle ritenute d'acconto e l'Iva i cui termini sono scaduti
al momento in cui l'appaltatore o il committente effettuano il pagamento. Per esempio la responsabilità non scatta per
la fattura che viene emessa dal subappaltatore al momento del pagamento in quanto l'Iva dovrà essere versata in un
momento successivo.
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