SCUOLA di ALTA FORMAZIONE
I QUADERNI
numero 6/2007
L A NORMATIVA A NTIRICICLAGGIO
Profili normativi, obblighi ed adempimenti
a carico dei dottori commercialisti
Gian Gaetano Bellavia
Commissione Ausiliari del Giudice
Collana: I Quaderni della Scuola di Alta Formazione
Comitato Istituzionale:
Diana Bracco, Marcello Fontanesi, Giuseppe Grechi, Luigi Martino, Francesco Miceli,
Lorenzo Ornaghi, Angelo Provasoli
Comitato Scientifico:
Franco Dalla Sega, Rita Anna Di Gregorio, Felice Martinelli, Luigi Martino, Guido Marzorati,
Lorenzo Pozza, Patrizia Riva, Massimo Saita
Comitato Editoriale:
Claudio Badalotti, Aldo Camagni, Ciro D’Aries, Francesca Fiecconi, Cesare Gerla,
Luigi Martino, Francesco Novelli, Patrizia Riva, Gian Battista Stoppani, Alessandra Tami,
Dario Velo, Cesare Zafarana
Commissione Ausiliari del Giudice:
Delegato del Consiglio:
Anna Maria Pontiggia
Presidente della Commissione:
Michaela Marcarini
Componenti:
Agostino Agostini, Laura Albani, Gian Gaetano Bellavia, Daniela Bergantino, Andrea Bignami,
Angela Maria Campochiaro, Fausto Casarano, Enrico Cimpanelli, Maria Rosaria Cipriano,
Giuseppe Dolza Cogni, Christian Dominici, Antonio Fortarezza, Marzio Genghini, Umberto Giudici,
Andrea Gorgoglione, Antonio Grimaldi, Luca Eugenio Guatelli, Maurizio Locatelli, Stefano Pietro
Locatelli, Antonella Lunardi, Alessandro Moretti, Francesco Novelli, Cristiano Santinelli,
Luigi Giovanni B. Saporito, Pasquale Soccio, Giuseppe Trupiano, Cesare Zafarana
Direttore Responsabile:
Patrizia Riva
Segreteria:
Elena Cattaneo - Corso Europa, 11 - 20122 Milano
Tel. 02 77731121- Fax 02 77731173
Autorizzazione del Tribunale di Milano al n° 765 del 11 dicembre 2006
INDICE
Premesse
pag. 3
1.
Le norme incriminatrici dirette
pag. 5
2.
L’evoluzione della normativa di contrasto
3.
Il Regolamento in materia di obblighi di identificazione, conservazione
delle informazioni a fini antiriciclaggio e segnalazione delle
operazioni sospette D.M. 3 febbraio 2006, n. 141
›› 28
4.
Le istruzioni applicative della Banca D’Italia agli intermediari
finanziari, quali premesse alle istruzioni dell’U.I.C.
›› 37
5.
Le istruzioni applicative dell’U.I.C. per i professionisti
›› 44
6.
Gli obblighi di identificazione della clientela
›› 47
7.
La registrazione e conservazione delle informazioni
›› 52
8.
Altri obblighi: la protezione dei dati e delle informazioni, i
controlli interni e la formazione dei dipendenti e dei collaboratori ›› 58
9.
La rilevazione e segnalazione di operazioni sospette
›› 12
›› 60
10. Gli indicatori di anomalia di cui all’allegato C delle istruzioni U.I.C. ›› 64
11. La procedura per la segnalazione delle operazioni sospette
›› 72
12. Sanzioni
›› 75
1
2
Premesse
Il riciclaggio di denaro, beni o utilità di provenienza illecita è stato considerato negli ultimi decenni, e lo è tuttora, uno dei più gravi fenomeni criminali che
possano interessare il mercato finanziario.
La “terza Direttiva Comunitaria” (Direttiva 2005/60/CE del 26/10/2005), di
cui si parlerà nel capitolo 2, ha così definito il riciclaggio:
“costituiscono riciclaggio:
a) la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza
che essi provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione ad
un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di
occultare o dissimulare l’origine illecita dei beni medesimi o di aiutare
chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni;
b) l’occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei beni o dei diritti sugli stessi,
effettuati essendo a conoscenza che tali beni provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;
c) l’acquisto, la detenzione o l’utilizzazione di beni essendo a conoscenza,
al momento della loro ricezione, che tali beni provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;
d) la partecipazione ad uno degli atti di cui alle lettere precedenti, l’associazione per commettere tale atto, il tentativo di perpetrarlo, il fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcuno a commetterlo o il fatto di agevolarne l’esecuzione.”.
Esso ha rappresentato e rappresenta un forte rischio alla stabilità dell’intero
sistema economico nazionale e sovranazionale, atteso che il reinvestimento dei
proventi frutto di attività illecite in attività legali, così come la presenza di operatori ed intermediari collusi con la criminalità, sono in grado di alterare profondamente le regole del mercato, compromettendo l’efficienza e la correttezza dell’attività finanziaria ed indebolendo l’intero sistema economico.
Da ciò è nata l’esigenza, anche a livello internazionale ed in ambito comunitario, di combattere strenuamente tale fenomeno, creando un sistema armonico e articolato di leggi atte a rappresentare efficaci strumenti di contrasto al
riciclaggio.
L’attenzione del legislatore si è prima rivolta al mercato finanziario e creditizio,
imponendo agli intermediari in esso operanti una linea di condotta ispirata alla
trasparenza ed alla correttezza nello svolgimento delle transazioni ed alla
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segnalazione di quelle operazioni che potessero far sospettare della provenienza illecita dei denari e delle utilità in esse impiegate.
Con il passare degli anni, però, anche a causa della liberalizzazione dei mercati finanziari che ha aperto nuovi scenari alla libera circolazione dei capitali
e nuove opportunità alla criminalità organizzata, il legislatore ha sempre più
sentito la necessità di coinvolgere altri soggetti e categorie professionali nella
lotta al riciclaggio, così da assicurarsi la loro collaborazione attiva per prevenire ed impedire la realizzazione di tale reato.
Come rilevato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti nel proprio
documento “la disciplina dell’antiriciclaggio e gli adempimenti dei professionisti” approvato il 3/5/2006, l’intento legislativo è proprio quello di affidare ai
professionisti una funzione di natura pubblicistica, di supplenza alle autorità di
controllo ed alle forze impiegate nella repressione del crimine.
L’attenzione prestata al fenomeno in ambito internazionale è testimoniata dai
numerosi interventi legislativi, di cui si darà atto nella presente trattazione,
prima tra tutte la Direttiva Comunitaria 91/308/CEE del 10 giugno 1991.
Recentemente, a seguito dell’emanazione del D.Lgs. 56/2004, del
Regolamento 141 del 3/2/2006 e delle istruzioni applicative U.I.C. del
24/2/2006, numerose categorie professionali sono state investite da obblighi
ed adempimenti volti a contrastare il riciclaggio, con il conseguente impatto
sulle modalità di gestione e organizzazione degli studi professionali che saranno necessariamente interessati da un’attività di formazione ed informazione
dei dipendenti e collaboratori in essi impiegati e di controllo interno per la rilevazione e la gestione dei rischi.
Scopo di questo scritto è, quindi, quello di illustrare ai lettori, seppur sinteticamente, l’evoluzione della normativa di contrasto al fenomeno del riciclaggio
tanto in ambito comunitario che nazionale e soprattutto di fornire ai professionisti un quadro chiaro ed esaustivo degli obblighi e degli adempimenti che
sono chiamati a rispettare.
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1. Le norme incriminatrici dirette
Il reato di riciclaggio è stato introdotto nel nostro ordinamento nel 1979, quando al Codice Penale è stato aggiunto l’art. 648 bis.
Successivamente, nel 1990, il legislatore ha ridisegnato l’art. 648 bis c.p. ed
ha aggiunto l’art. 648 ter, titolandolo “impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita”.
Con la legge 9 Agosto 1993, n. 328 si è poi assistito all’estensione dei reati
presupposto del riciclaggio a tutti i delitti non colposi e con il D.Lgs. 26 Maggio
1997, n. 153, all’introduzione di misure volte alla tutela della riservatezza
della fonte delle segnalazioni.
Originariamente la normativa mirava principalmente a contrastare i reati di
rapina aggravata, di estorsione aggravata e di sequestro di persona, nel 1990
nel novero dei reati presupposto è stato introdotto il traffico di stupefacenti e
l’associazione mafiosa per giungere, come detto, nel 1993 all’estensione a tutti
i delitti non colposi.
Attualmente, l’art. 648 bis c.p. testualmente recita: “fuori dei casi di concorso
nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni,
in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è
punito con la reclusione da 4 a 12 anni e con la multa da € 1.032 a € 15.493.
La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività
professionale. La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel
massimo a cinque anni.”.
L’ultimo comma dell’art. 648 bis c.p. prevede che le disposizioni di cui sopra
si applichino anche quando l’autore del delitto, da cui il denaro o le cose provengono, non sia imputabile o non sia punibile, ovvero quando manchi una
condizione di procedibilità riferita a tale delitto.
L’art. 648 ter c.p. testualmente recita: “chiunque, fuori dei casi di concorso nel
reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648 bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, è punito
con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da € 1.032 a € 15.493.
La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività
professionale. La pena è diminuita nell’ipotesi di cui al secondo comma dell’articolo 648.”.
Il secondo comma dell’art. 648 c.p. prevede la riduzione della pena fino a sei
anni e della multa sino a € 516, se il fatto è di particolare tenuità.
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Anche l’art. 648 ter c.p. rinvia all’ultimo comma dell’art. 648, ovvero prevede
che le sue disposizioni si applichino anche quando l’autore del delitto, da cui
il denaro e le cose provengono, non sia imputabile o non sia punibile, ovvero
quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto.
Le suddette norme puniscono, quindi, con la reclusione da 4 a12 anni (fino 15
anni quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale):
- chiunque, fuori dai casi di concorso:
a) sostituisce e trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto
non colposo, ovvero compie altre operazioni in modo da ostacolare
l’identificazione della loro provenienza delittuosa (art. 648 bis c.p.);
b) impiega in attività economiche e finanziarie denaro, beni o altre utilità
provenienti da delitto (art. 648 ter c.p.).
Al riguardo va tenuto presente che la nuova prescrizione ordinaria è di 12
anni, quella massima è di 15 anni (in caso di interruzione della prescrizione),
di 18 anni per la recidiva aggravata (nuovo reato dopo una condanna dello
stesso tipo), di 20 anni per la recidiva reiterata (reato commesso da chi è già
recidivo) e di 24 anni per i delinquenti abituali professionali.
Va tenuto presente che nel nostro ordinamento non è previsto il cosiddetto reato
di autoriciclaggio, quindi la suddetta normativa colpisce i terzi che intervengono nel reato e non gli autori del reato presupposto che, in quanto tali, saranno punibili per il reato presupposto commesso e non per il riciclaggio dei proventi dallo stesso conseguiti.
L’elemento psicologico richiesto all’autore del reato di riciclaggio o di impiego
di denari, beni o utilità di provenienza illecita è il dolo specifico, ossia la consapevolezza della provenienza illecita del denaro o di altro bene, nonché la
volontà di occultarne la provenienza.
L’estensione dei reati presupposto del riciclaggio a tutti i delitti non colposi ha
comportato un ampliamento dirompente dell’ambito oggettivo di applicazione
del reato.
Infatti, i principali illeciti di natura economica o con finalità economiche, idonei alla produzione di capitali esemplificativamente sono i seguenti:
- la corruzione (art. 318 c.p.);
- la concussione (art. 317 c.p.);
- l’abuso d’ufficio (art. 323 c.p.);
- la bancarotta fraudolenta per distrazione (art. 216 L.F.);
- l’appropriazione indebita (art. 646 c.p.);
- la truffa (art. 640 c.p.);
- la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis c.p.);
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- la frode fiscale mediante l’uso di fatture false o altri documenti per operazioni
inesistenti, o mediante altri artifici (artt. 2 e 3 D.Lgs. 74/2000);
- la dichiarazione infedele o l’omessa dichiarazione (artt. 4 e 5 D.Lgs. 74/2000);
- l’omesso versamento di ritenute certificate (art. 10 bis D.Lgs. 74/2000);
- l’omesso versamento di Iva (art. 10 ter D.Lgs. 74/2000);
- l’indebita compensazione di somme dovute con crediti non spettanti o inesistenti
(art. 10 quarter D. Lgs. 74/2000);
- la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11 D. Lgs. 74/2000);
- l’abusivo esercizio di attività finanziarie (art. 132 D.Lgs. 1/09/1993, n. 385, c.d.
“Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia”);
- l’esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria (art. 16, comma 7,
della legge 7/03/1996, n. 108);
- l’usura (art. 644 c.p.);
- l’insider trading (art. 184 D.Lgs. 24/02/1998, n. 58 c.d. “Testo Unico delle
disposizioni in materia di intermediazione finanziaria”);
- l’aggiotaggio (art. 185 D.Lgs. 24/02/1998, n. 58 c.d. “Testo Unico delle
disposizioni in materia di intermediazione finanziaria”).
Stante l’apparente similitudine, sotto alcuni profili, del reato di riciclaggio e di
quello di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita con altri reati
è, opportuno, seppur sinteticamente, tenere presente le seguenti considerazioni.
Se un soggetto riceve denaro o altra utilità provento di delitto, al solo scopo di
favorire l’autore e assicurarsi l’utile conseguente, non si troverebbe a commettere il reato di riciclaggio bensì di “favoreggiamento “ previsto dagli artt. 378
c.p. e 379 c.p..
Detta fattispecie potrebbe ricorrere, ad esempio, nel caso in cui un soggetto
nasconda il denaro proveniente da una rapina, dietro compenso.
Se un soggetto, invece, riceve denaro o altra utilità provento di delitto al solo
scopo di trarne profitto, non incorrerebbe nel reato di riciclaggio bensì in quello di “ricettazione” previsto dall’art. 648 c.p..
Detto caso, ad esempio, potrebbe verificarsi qualora un soggetto si legittimasse a comprare un’auto rubata.
Se un soggetto, di contro, al di là dalla motivazione e dal movente che lo
hanno spinto ad agire, dopo la ricezione di denaro o altra utilità provento di
delitto compie una qualsiasi attività di sostituzione, di trasporto o di occultamento, si troverebbe a commettere un reato di riciclaggio.
Tipico caso potrebbe essere quello in cui un soggetto, dopo aver acquistato
un’auto rubata, ne cambi la targa, il numero di matricola sul telaio, il colore,
ecc. al fine di occultarne la provenienza illecita.
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In ambito fiscale, il D.Lgs. 10 Marzo 2000 n. 74 ha ridotto il numero dei “delitti
fiscali”, che possono, in quanto tali, costituire reati presupposto del riciclaggio.
Detto decreto sostanzialmente comprende tre fattispecie criminose con riferimento alle imposte sui redditi ed all’Iva: la dichiarazione fraudolenta, la dichiarazione infedele e l’omessa dichiarazione.
A dette ipotesi delittuose il D.Lgs. ne affianca altre, quali l’emissione di fatture
e di altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8), l’occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10), l’omesso versamento di ritenute certificate (art. 10 bis), l’omesso versamento di IVA (art. 10 ter), l’indebita compensazione (art. 10 quater) e la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte
(art. 11).
Per una disamina, seppur schematica, dei suddetti reati tributari ed il loro regime sanzionatorio, si vedano i seguenti schemi.
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D.Lgs. 10/3/2000, n. 74
* Delitti in materia di dichiarazione:
Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2): chiunque al fine di evadere le imposte (II.DD. e IVA)
indica nella dichiarazione annuale elementi passivi fittizi utilizzando fatture o
altri documenti per operazioni inesistenti
Pena:
* se l’ammontare degli elementi passivi fittizi indicati in dichiarazione è
inferiore ad € 154.937,07, si applica la reclusione da 6 mesi a 2 anni
* se l’ammontare degli elementi passivi fittizi indicati in dichiarazione
è superiore ad € 154.937,07, si applica la reclusione da 1 anno e
6 mesi a 6 anni
Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3): chiunque al fine di
evadere le imposte (II.DD. e IVA), sulla base di una falsa rappresentazione nelle
scritture contabili obbligatorie ed avvalendosi di mezzi fraudolenti idonei ad
ostacolarne l’accertamento, indica elementi attivi inferiori a quelli effettivi, o
elementi passivi fittizi
Pena:
reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni se congiuntamente:
* l’imposta evasa (avendo riferimento a ogni singola imposta) è superiore a € 77.468,53
* l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione,
anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al
5% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in
dichiarazione o, comunque, è superiore a € 1.549.370,70
Dichiarazione infedele (art. 4): chiunque al fine di evadere le imposte (II.DD e
IVA) indica nella dichiarazione annuale elementi attivi inferiori a quelli effettivi
o elementi passivi fittizi
Pena:
reclusione da 1 a 3 anni se, congiuntamente:
* l’imposta evasa è superiore, con riferimento a ciascuna imposta, a €
103.291,38
* l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione,
anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al
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10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in
dichiarazione o, comunque, è superiore a € 2.065.827,60
Omessa dichiarazione (art. 5): chiunque al fine di evadere le imposte (II.DD e
IVA) non presenta la dichiarazione annuale, se l’imposta evasa è superiore,
con riferimento a taluna delle singole imposte, a € 77.468,53
Pena:
reclusione da 1 a 3 anni
***
* Delitti in materia di documenti e pagamento di imposte:
Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8): chiunque al fine di consentire l’altrui evasione delle imposte (II.DD e IVA) emette o
rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti
Pena:
se l’importo non vero indicato nei documenti è < € 154.927,07 per
periodo d’imposta, si applica la reclusione da 6 mesi a 2 anni
se l’importo non vero indicato nei documenti è > € 154.927,07 per
periodo d’imposta, si applica la reclusione da anni 1 e 6 mesi a 6 anni
Occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10): chiunque al fine
di evadere le imposte (II.DD e IVA), ovvero di consentire l’evasione a terzi,
occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui
è obbligatoria la tenuta, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume d’affari
Pena:
reclusione da 6 mesi a 5 anni
Omesso versamento di ritenute certificate (art. 10 bis): mancato versamento
entro il termine previsto per la presentazione del mod. 770 di ritenute certificate per importo > a € 50.000 per anno d’imposta
Pena:
reclusione da 6 mesi a 2 anni
Omesso versamento di Iva (art. 10 ter): mancato versamento di Iva per importo > ad € 50.000 dovuta in base alla dichiarazione annuale entro il termine
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per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo
Pena:
reclusione da 6 mesi a 2 anni
Indebita compensazione (art. 10 quarter): mancato versamento di somme
dovute utilizzando in compensazione crediti non spettanti o inesistenti
Pena:
reclusione da 6 mesi a 2 anni
Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11): chiunque al fine
di sottrarsi al pagamento delle imposte (II.DD e IVA), ovvero di interessi o sanzioni amministrative relative a dette imposte, aliena simulatamente o compie
altri atti fraudolenti su beni propri o altrui per rendere inefficace la procedura
di riscossione coattiva
Pena: reclusione da 6 mesi a 4 anni qualora tali atti sono compiuti al fine
di sottrarsi al pagamento di imposte, sanzioni o interessi d’importo
superiore a € 51.645,69
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2.
L’evoluzione della normativa di contrasto
Nel delineare il quadro normativo in materia di antiriciclaggio è opportuno
partire dalla Direttiva 91/308/CEE del Consiglio delle Comunità Europee,
comunemente denominata come “prima Direttiva antiriciclaggio”, del 10
Giugno 1991, che iniziava a rendere operative le “raccomandazioni” del
Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale (GAFI) del 1990.
Detta Direttiva, volta a contrastare il possibile utilizzo del sistema finanziario
per riciclare i proventi di attività illecite con grave nocumento alla solidità e stabilità degli enti finanziari coinvolti ed alla credibilità dell’intero sistema finanziario, aveva quale obiettivo primario quello di fare adottare agli Stati membri
opportune misure di coordinamento e armonizzazione per la prevenzione del
riciclaggio a livello comunitario.
Per “riciclaggio” la Direttiva 91/308 intendeva la conversione o il trasferimento di beni al fine occultarne o dissimularne la provenienza illecita, connessa
principalmente con il traffico degli stupefacenti e sostanze psicotrope e altre
attività criminose, quali la criminalità organizzata.
Detta Direttiva era, quindi, rivolta agli Enti creditizi e finanziari ai quali prescriveva, innanzi tutto, l’obbligo di identificazione dei clienti con i quali allacciavano rapporti d’affari o eseguivano operazioni eccedenti un certo ammontare,
per evitare che questi, approfittando dell’anonimato, svolgessero indisturbati le
loro attività criminose.
L’identificazione della clientela doveva avvenire quando gli enti finanziari e
creditizi allacciavano rapporti di affari e, in particolare, all’atto dell’apertura
di un conto o di un libretto di deposito o quando gli enti offrivano servizi di
custodia dei beni.
La direttiva richiedeva, altresì, l’obbligo di identificazione per tutte le operazioni di importo pari o superiore a 15.000 ecu, anche se realizzate tramite più
operazioni frazionate, sempre che tra di loro connesse, nonché per le operazioni anche di importo inferiore a 15.000 ecu, per le quali, però, vi fosse il
sospetto di riciclaggio.
La Direttiva del 10/06/1991 non imponeva, però, agli intermediari creditizi e
finanziari solo l’identificazione della clientela, ma anche l’obbligo di conservazione delle registrazioni e dei documenti di identificazione per almeno 5 anni
rispettivamente dall’esecuzione delle operazioni e dalla fine delle relazioni con
il cliente, nonché l’obbligo di segnalazione di operazioni sospette, abolendo in
tali casi il segreto bancario.
Gli enti creditizi e finanziari non erano soggetti agli obblighi di identificazione
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previsti dalla Direttiva, qualora il cliente fosse stato a sua volta un ente creditizio o finanziario destinatario della stessa.
Prescriveva, inoltre, agli Stati membri di richiedere agli enti creditizi e finanziari, che intrattenevano rapporti con paesi terzi che non applicavano norme per
la prevenzione del riciclaggio comparabili a quelle stabilite o recepite dalla
Comunità, di prestare particolare attenzione alle operazioni con essi realizzate e di porre in essere procedure di controllo interno e programmi di formazione per i propri dipendenti, intesi a prevenire ed impedire la realizzazione di
operazioni di riciclaggio.
Gli Stati membri dovevano prevedere, inoltre, che gli enti creditizi e finanziari
si astenessero dall’eseguire le operazioni in “sospetto di riciclaggio” prima di
avere adeguatamente informato le autorità responsabili per la lotta al riciclaggio, che potevano impartire istruzioni di non eseguire l’operazione.
Qualora agli enti finanziari o creditizi fossero sorti dubbi sul fatto che i clienti
agissero per conto proprio o di terzi, avrebbero dovuto adottare misure congrue
per ottenere informazioni sull’effettiva identità del beneficiario delle operazioni.
La Direttiva inibiva agli amministratori e dipendenti degli enti creditizi e finanziari la possibilità di comunicare ai clienti interessati o a terzi le informazioni
trasmesse alle autorità competenti e, parimenti, di informarli di un’inchiesta in
materia di riciclaggio in corso.
La comunicazione delle informazioni circa operazioni sospette, effettuata in
buona fede, alle autorità responsabili per la lotta al riciclaggio da parte degli
amministratori o dipendenti degli enti creditizi e finanziari non comportava per
gli stessi responsabilità di alcun tipo.
La Direttiva del 1991 invitava gli Stati membri ad ampliare il novero dei soggetti destinatari delle sue disposizioni, avendo riguardo sopratutto a quelle professioni e imprese che svolgevano attività suscettibili di utilizzazione ai fini di
riciclaggio e imponeva loro l’adozione di provvedimenti adeguati per garantire la piena applicazione delle sue disposizioni.
Ciascun Stato membro doveva adottare le misure atte a garantire la piena
applicazione delle disposizioni della direttiva e stabilire le sanzioni da applicare in caso di loro violazione.
In Italia il primo provvedimento normativo volto a prevenire l’utilizzazione del
sistema finanziario a scopo di riciclaggio è stato il D.L. 3/05/1991 n. 143,
convertito con modificazioni nella legge 5 Luglio 1991 n. 197 (c.d. “legge antiriclaggio”).
Detta legge, all’art. 1, vieta il trasferimento di denaro contante, libretti di deposito bancari o postali al portatore, di titoli al portatore, sia in euro che in valu13
ta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, sempre che eseguito
senza il tramite di intermediari finanziari, quando il valore da trasferire è complessivamente superiore a € 12.500 (originariamente a € 10.329,14, le vecchie L. 20.000.000).
Contravvenendo a tale divieto si incorre nella sanzione amministrativa pecuniaria dall’1 al 40% dell’importo trasferito.
L’art. 1 prevede, al secondo comma, che i vaglia cambiari e postali, gli assegni postali, bancari e circolari, per importi superiori a € 12.500 (originariamente € 10.329,14) devono recare l’indicazione del nome o della ragione
sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità.
In linea con quanto previsto dalla Direttiva Comunitaria 91/308 del 1991,
detta legge prevedeva, e prevede tuttora, a carico degli intermediari finanziari, l’obbligo d’identificazione dei soggetti che compiono operazioni comportanti la trasmissione o movimentazione di mezzi di pagamento di importo
superiore a € 12.500,00, nonché la registrazione delle suddette operazioni,
entro 30 giorni dell’effettuazione, in un “unico archivio” di pertinenza del soggetto, pubblico o privato, presso il quale l’operazione viene eseguita.
Nell’”unico archivio” devono essere inseriti la data e la causale dell’operazione,
l’importo dei singoli mezzi di pagamento, le complete generalità ed il documento di identificazione di chi effettua l’operazione, nonché le complete generalità
dell’eventuale soggetto per conto del quale l’operazione stessa viene eseguita.
Detto archivio deve essere gestito con sistemi informatici, secondo le modalità
stabilite dal D.M. 7/7/1992, ed i dati e le informazioni in esso contenute devono essere conservati per 10 anni.
L’omessa istituzione dell’archivio è sanzionata con l’arresto da sei mesi ad un
anno e con l’ammenda da € 5.164 a € 25.822.
L’omessa identificazione dei clienti e l’omessa registrazione delle operazioni a
norma dell’art. 2, vengono sanzionate con la multa da € 2.582 a € 12.911,
mentre l’omessa indicazione delle generalità dei clienti o l’indicazione di generalità false è punita con la reclusione da sei mesi ad un anno e con la multa da
€ 516 a € 5.164.
L’omessa segnalazione delle operazioni sospette è punita, invece, con una sanzione amministrativa pecuniaria dal 5% fino alla metà del valore dell’operazione.
La divulgazione a terzi delle informazioni concernenti le segnalazioni effettuate è punita con l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda da € 5.164
a € 51.645.
L’art. 2 della “legge antiriciclaggio” ha introdotto la nozione di operazione frazionata, di cui vi era cenno già nella Direttiva 91/308, sancendo che l’anzi14
detta normativa si applicasse anche a quelle operazioni poste in essere in un
circoscritto periodo di tempo che, seppur di importo inferiore al limite di cui
sopra, inducessero a ritenere, per natura e modalità, che fossero parti di
un’unica operazione.
L’art. 3 della legge 197 prevede in capo agli anzidetti intermediari finanziari
anche l’obbligo di segnalazione di quelle operazioni che, per caratteristiche,
entità, natura, o qualsivoglia circostanza conosciuta a ragione delle funzioni
esercitate, induca a ritenere, in base agli elementi a disposizione, che il denaro, i beni o le utilità oggetto delle medesime possano provenire dai delitti previsti dagli artt. 648 bis e 648 ter c.p..
Tra le caratteristiche delle operazioni sospette la norma menziona l’effettuazione di una pluralità di operazioni non giustificata dall’attività svolta dalla medesima persona o da parte di persone appartenenti allo stesso nucleo familiare,
o dipendenti o collaboratori di una stessa impresa, o da parte di interposta
persona.
Detta segnalazione è diretta all’U.I.C., senza alcuna indicazione dei segnalanti ed è fatto divieto ai soggetti tenuti alla segnalazione di darne comunicazione a terzi.
L’U.I.C. ha facoltà di sospendere l’operazione per un massimo di 48 ore, sempre che ciò non determini pregiudizio per il corso delle indagini, dandone
comunicazione agli organi investigativi (Direzione Investigativa Antimafia e
Nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di Finanza).
Le segnalazioni effettuate ai sensi dell’art. 3 del D.L. 143 non costituiscono violazioni agli obblighi di segretezza e l’identità delle persone e degli intermediari che hanno effettuato le segnalazioni non viene resa nota.
E’ opportuno, altresì, rammentare che l’art. 10 della citata legge impone ai
membri del collegio sindacale degli intermediari finanziari (come definiti per
ultimo dall’art. 2, lett. da a) a s) del D.Lgs. 56/2004) di vigilare sull’osservanza delle norme contenute nella “legge antiriciclaggio” e di trasmettere copia
degli eventuali propri accertamenti relativi alle suddette violazioni, entro 10
giorni, al Ministro dell’Economia e delle Finanze, sanzionando l’omessa trasmissione con la reclusione fino ad un anno e con la multa da € 103 a €
1.032 (limiti così modificati dall’art. 6, comma 8, D.Lgs. 20/02/2004, n. 56).
Il D.Lgs. 25 Settembre 1999 n. 374 ha esteso l’applicazione delle disposizioni in tema di identificazione e registrazione nonché di segnalazione delle operazioni sospette anche alle attività ritenute suscettibili di utilizzo a fini di riciclaggio per il fatto di intervenire nel deposito o nel trasferimento di ingenti
disponibilità economiche o finanziarie o di risultare comunque esposte a infil15
trazioni da parte della criminalità organizzata.
Tali attività vengono ripartite in due gruppi:
- quelle non finanziarie: il cui esercizio è soggetto a licenze, autorizzazioni,
iscrizioni in albi o registri, dichiarazioni di inizio attività ai sensi di legge in
tema di pubblica sicurezza o di altre norme di settore (ad esempio: il recupero crediti, la custodia e il trasporto valori, il commercio di cose antiche, la fabbricazione e il commercio d’oro e oggetti preziosi, la gestione di case d’asta,
gallerie d’arte o di case da gioco, la mediazione immobiliare);
- quelle di natura finanziaria: quali la mediazione creditizia e l’agenzia in attività finanziaria.
Delineando il quadro normativo in materia di antiriciclaggio non si può, neppure, omettere di fare riferimento ai tratti essenziali della Direttiva
2001/97/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea del
4/12/2001, meglio nota come “seconda direttiva antiriciclaggio”, recante
modifiche alla Direttiva 91/308/CEE, motivate anche dal fatto che nel corso
degli anni si era venuta ad ampliare la gamma dei reati-presupposto dell’antiriciclaggio, anche sulla base dell’aggiornamento delle raccomandazioni
emesse dal GAFI (Gruppo di azione finanziaria internazionale), ossia il più
importante organismo internazionale per la lotta al riciclaggio.
L’emanazione di detta direttiva rispondeva anche alla sempre più pressante
necessità di estendere ad altre attività e professioni, suscettibili di utilizzo ai fini
di riciclaggio, gli obblighi di identificazione, di tenuta delle registrazioni e loro
conservazione, nonché di segnalazione di operazioni sospette, attesa la propensione dei riciclatori a sperimentare metodi alternativi all’utilizzo del mercato
finanziario al fine di occultare l’origine illecita dei proventi di attività criminose.
Al 16° “considerando” della Direttiva si legge, infatti, testualmente: “I notai ed
i professionisti legali indipendenti, quali definiti dagli Stati membri, dovrebbero essere assoggettati alle disposizioni della direttiva quando partecipano a
operazioni di natura finanziaria o societaria, inclusa la consulenza tributaria,
per le quali è particolarmente elevato il rischio che i servizi dei predetti professionisti vengano utilizzati a fini di riciclaggio dei proventi di attività criminali.”.
Purtuttavia, il 17° “considerando” della Direttiva specificava espressamente che
“…quando dei professionisti indipendenti che forniscono consulenza legale, i
quali siano legalmente riconosciuti e controllati come gli avvocati, esaminano
la posizione giuridica di un cliente o rappresentano un cliente in un procedimento giudiziario, non sarebbe appropriato che per quanto riguarda tali attività la direttiva imponesse loro l’obbligo di comunicare eventuali operazioni
sospette di riciclaggio. Deve sussistere l’esenzione da qualsiasi obbligo di
16
comunicare le informazioni ottenute prima, durante o dopo il procedimento
giudiziario, o nel corso dell’esame della posizione giuridica di un cliente. Di
conseguenza, la consulenza legale è soggetta al vincolo del segreto professionale a meno che il consulente giuridico partecipi alle attività di riciclaggio dei
proventi illeciti, che la consulenza sia fornita a fini di riciclaggio o l’avvocato
sia a conoscenza che il cliente chiede consulenza giuridica ai fini del riciclaggio dei proventi illeciti”.
Analogo trattamento, per la direttiva, dovevano avere i servizi direttamente
comparabili a quelli sopra riportati se forniti da un professionista destinatario
della direttiva ed a tal fine si richiamava il caso dei revisori dei conti, dei contabili esterni e dei consulenti tributari che potevano difendere o rappresentare,
conformemente alla normativa interna vigente in alcuni stati membri, un cliente nell’ambito di procedimenti giudiziari o accertare la posizione giuridica di
un cliente.
La suddetta direttiva estendeva i soggetti destinatari delle disposizioni della
precedente direttiva del 1991, dando una definizione più ampia di “ente creditizio” (prevedendo anche le succursali) e di “ente finanziario”, nel cui novero comprendeva anche le attività di cambiavalute, le imprese di trasferimento
dei fondi (money transmission), le imprese di assicurazione autorizzate allo
svolgimento delle attività di cui alla Direttiva 79/267/CEE, gli organismi di
investimento collettivo che commercializzavano le sue quote o azioni, ecc..
Di notevole interesse è anche il 20° “considerando” della direttiva che autorizzava gli Stati membri a designare l’ordine degli avvocati o qualunque altro
organo di autoregolamentazione dei liberi professionisti, come organo a cui i
professionisti potevano segnalare eventuali casi di riciclaggio, con finalità
consultiva.
Anche la definizione di “attività criminosa” a base del riciclaggio si ampliava
notevolmente con la seconda Direttiva, arrivando ad includere anche la frode,
la corruzione, nonché ogni “reato che possa fruttare consistenti proventi e che
sia punito con una severa pena detentiva in base al diritto penale dello Stato
membro”.
La “seconda Direttiva antiriciclaggio” rendeva, inoltre, libero ogni Stato membro di indicare ogni altro reato come “attività criminosa” alla base del reato di
riciclaggio.
Detta direttiva prevedeva, inoltre, che gli Stati membri potessero ampliare il
novero dei soggetti destinatari anche ai “3) revisori, contabili esterni e consulenti tributari;
4) agenti immobiliari;
17
5) notai e altri liberi professionisti legali, quando prestano la loro opera:
a) assistendo i loro clienti nella progettazione o nella realizzazione di operazioni
riguardanti:
i) l’acquisto e la vendita di beni immobili o imprese commerciali;
ii) la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni dei clienti;
iii) l’apertura o la gestione di conti bancari, libretti di deposito e conti di titoli;
iv) l’organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla gestione o
all’amministrazione di società;
v) la costituzione, la gestione o l’amministrazione di trust, società o strutture
analoghe;
b) o, agendo in nome e per conto del loro cliente in una qualsiasi operazione
finanziaria o immobiliare;
…(omissis)…”,
oltre che a commercianti di oggetti di valore elevato, quali pietre, metalli preziosi, opere d’arte, ogni qual volta il pagamento fosse effettuato in contanti e
per un importo pari o superiore a 15.000 euro ed alle case da gioco in merito alle operazioni di clienti che acquistavano e vendevano “fiches” di valore
pari o superiore a 1.000 euro.
La Direttiva prevedeva che gli obblighi di identificazione ricorressero per tutte
le operazioni di importo pari o superiore a 15.000 euro, a prescindere dal
fatto che fossero effettuate con un’unica operazione o con più operazioni frazionate, tra di loro connesse.
Qualora l’importo dell’operazione non fosse stato noto al momento dell’operazione, si sarebbe dovuto procedere all’identificazione non appena l’importo fosse
stato conosciuto e si fosse verificato il superamento dell’importo di € 15.000.
Anche la presente direttiva imponeva ai suoi destinatari di adottare misure congrue per ottenere informazioni sull’effettiva identità delle persone per conto
delle quali i clienti agivano ed a procedere all’identificazione anche nel caso
in cui le operazioni non superassero i limiti quantitativi previsti, qualora vi fosse
il sospetto di riciclaggio.
Gli obblighi di identificazione non ricorrevano qualora il cliente fosse stato un
ente creditizio o finanziario a cui si applicava la direttiva.
La Direttiva 2001/97/CEE imponeva, altresì, agli Stati membri di prevedere che
i suoi destinatari adottassero specifiche e adeguate misure per l’identificazione dei
clienti non fisicamente presenti, nel caso delle cosiddette “operazioni a distanza”,
e che si astenessero dall’eseguire l’operazione che sapevano o sospettavano avere
rapporto con il riciclaggio, prima di avere informato le autorità competenti.
18
Tali autorità potevano, alle condizioni indicate dal diritto nazionale, impartire
istruzioni di non eseguire l’operazione.
Il D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 56, è stato emanato per dare attuazione in Italia
alla Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione europea
2001/97/CE del 4 dicembre 2001, recante modifiche alla Direttiva del
Consiglio delle Comunità europee n. 91/308/CEE del 10 giugno 1991, in
materia di prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio
dei proventi di attività illecite.
Detto D.Lgs. ha, innanzitutto, esteso ai soggetti iscritti nell’albo dei ragionieri e
dei periti commerciali, nel registro dei revisori contabili, nell’albo dei dottori
commercialisti, nell’albo dei consulenti del lavoro, oltre che ai notai ed agli
avvocati (ancorché per l’esercizio di definite prestazioni), gli obblighi in precedenza previsti esclusivamente per gli enti creditizi e gli intermediari finanziari,
quali gli obblighi di identificazione, registrazione e conservazione delle informazioni, gli obblighi di segnalazione delle operazioni sospette e le disposizioni di cui agli artt. 3, 3 bis e 10 della legge antiriciclaggio (art. 3: segnalazione di operazioni sospette, art. 3 bis: riservatezza delle segnalazioni, art. 10:
doveri del collegio sindacale).
Gli obblighi di identificazione e conservazione delle informazioni sono stati
estesi, infatti“:
a) alle banche;
b) a Poste Italiane Spa;
c) agli istituti di moneta elettronica;
d) alle società di intermediazione mobiliare (SIM);
e) alle società di gestione del risparmio (SGR);
f) alle società di investimento a capitale variabile (SICAV);
g) alle imprese di assicurazione;
h) agli agenti di cambio;
i) alle società fiduciarie;
l) alle società che svolgono il servizio di riscossione dei tributi;
m) agli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale previsto dall’art.
107 del Testo Unico bancario;
n) agli intermediari finanziari iscritti nell’elenco generale previsto dall’art.
106 del Testo Unico bancario;
o) ai soggetti operanti nel settore finanziario iscritti nelle sezioni dell’elenco generale previste dagli art. 113 e 155, commi 4 e 5, del Testo Unico bancario;
p) alle società di revisione iscritte nell’albo speciale previsto dall’art. 161
del Testo Unico dell’intermediazione finanziaria;
19
q) ai soggetti che esercitano, ai sensi dell’art. 1, comma 1, del D.Lgs. 25
Settembre 1999, n. 374, le attività ivi indicate;
r) alle succursali italiane dei soggetti indicati alle lettere precedenti aventi
sede legale in uno Stato estero nonché le succursali italiane delle società di gestione del risparmio armonizzate;
s) ai soggetti scritti nell’albo dei ragionieri e dei periti commerciali, nel
registro dei revisori contabili, nell’albo dei dottori commercialisti e nell’albo dei consulenti del lavoro;
t) ai notai e agli avvocati quando, in nome o per conto dei propri clienti,
compiono qualsiasi operazione di natura finanziaria o immobiliare e
quando assistono i propri clienti nella progettazione o nella realizzazione di operazioni riguardanti:
1) il trasferimento a qualsiasi titolo di beni immobili o attività economiche;
2) la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni;
3) l’apertura o la gestione di conti bancari, libretti di deposito o conti di titoli;
4) l’organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla
gestione o all’amministrazione di società;
5) la costituzione, la gestione o l’amministrazione di società, enti, trust
o strutture analoghe”.
Gli obblighi di segnalazione delle operazioni sospette, gli obblighi di riservatezza delle segnalazioni ed i doveri del collegio sindacale previsti rispettivamente dagli art. 3, 3 bis e 10 della Legge 197/1991, oltre che ai soggetti
sopra indicati sono stati, altresì, estesi:
- alle società di gestione accentrata di strumenti finanziari;
- alle società di gestione dei mercati regolamentati di strumenti finanziari ed ai
soggetti che gestiscono strutture per la negoziazione di strumenti finanziari di
fondi interbancari;
- alle società di gestione dei servizi di liquidazione delle operazioni su strumenti
finanziari;
- alle società di gestione dei sistemi di compensazione e garanzia delle operazioni
in strumenti finanziari
- agli uffici della Pubblica Amministrazione.
Il D.Lgs. 56/2004 ha, purtuttavia, escluso dagli obblighi di segnalazione i soggetti iscritti nell’albo dei ragionieri e dei periti commerciali, nel registro dei revisori contabili, nell’albo dei dottori commercialisti e nell’albo dei consulenti del
lavoro, i notai e gli avvocati, per le informazioni ricevute dai clienti nel corso
dell’esame della loro posizione giuridica o nel corso dell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza dei medesimi in un procedimento giudizia20
rio o in relazione allo stesso, compresa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento, se tali informazioni siano state ottenute prima,
durante o dopo il procedimento stesso.
Il D.Lgs. 56/2004 ha sancito che il Ministero dell’Economia e delle Finanze
avrebbe emanato un proprio regolamento per definire il contenuto e le modalità di esecuzione dei suddetti obblighi, nonché le modalità di identificazione in
caso di rapporti o di operazioni effettuate “a distanza”.
Il D.Lgs. 56 ha apportato, inoltre, modifiche alla normativa antiriciclaggio,
soprattutto in merito alla determinazione delle sanzioni in essa previste.
Di particolare interesse è la circostanza che l’art. 3 del D.Lgs. 56 abbia esteso ai
soggetti sopra indicati, tra cui gli iscritti all’albo dei ragionieri e dei periti commerciali, i revisori contabili, i dottori commercialisti, i consulenti del lavoro, oltre
che i notai e gli avvocati, gli obblighi previsti dall’art. 2 della “legge antiriciclaggio”, ovvero gli obblighi di identificazione della clientela per le operazioni comportanti la trasmissione e la movimentazione di denaro, beni o utilità di importo
superiore a € 12.500, anche con riguardo alle operazioni frazionate.
Il D.Lgs. 56 ha altresì, fornito un’analitica indicazione delle sanzioni amministrative applicabili per le violazioni in materia di antiriciclaggio da parte dei
professionisti in esame per la cui disamina si rinvia al capitolo relativo alle sanzioni, successivamente trattato.
Va fatto, per ultimo presente, che l’art. 8 del D.Lgs. 56 ha imposto ai soggetti
destinatari, l’adozione di adeguate procedure volte a prevenire e ad impedire
la realizzazione di operazioni di riciclaggio, in particolare istituendo misure di
controllo interno ed assicurando un’adeguata informazione e formazione dei
dipendenti e dei collaboratori.
In data 26 Ottobre 2005, il Parlamento europeo ed il Consiglio dell’Unione
Europea hanno emanato una nuova direttiva comunitaria, la direttiva
2005/60/CE, nota come “terza direttiva antiriciclaggio”.
Detta direttiva, finalizzata anch’essa ad adottare efficaci misure per prevenire
ed impedire il riciclaggio dei proventi di attività illecita ed il finanziamento del
terrorismo, coordinate ed armonizzate in ambito internazionale, anche alla
luce delle raccomandazioni del GAFI riviste ed ampliate nel 2003, mira a
garantire la stabilità e l’integrità dell’intero sistema finanziario.
L’emanazione dell’anzidetta direttiva si è resa necessaria anche per introdurre
disposizioni più specifiche e dettagliate circa l’identificazione e la verifica dell’identità del cliente o del soggetto per conto del quale l’operazione viene attuata, anche in conformità ai nuovi standard internazionali.
Ai fini della direttiva 2005/60/CE per “riciclaggio” si deve intendere:”
21
la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza che
essi provengano da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l’origine illecita dei beni medesimi o di
aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni;
l’occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei beni o dei diritti sugli stessi, effettuati essendo a conoscenza che tali beni provengano da un’attività criminosa
o da una partecipazione a tale attività;
l’acquisto, la detenzione o l’utilizzazione di beni essendo a conoscenza, al
momento della loro ricezione, che tali beni provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;
la partecipazione ad uno degli atti di cui alle lettere precedenti, l’associazione
per commettere tale atto, il tentativo di perpetrarlo, il fatto di aiutare, istigare o
consigliare qualcuno a commetterlo o il fatto di agevolarne l’esecuzione.”
La suddetta direttiva risulta rivolta:
- agli enti creditizi;
- agli enti finanziari;
- alle seguenti persone giuridiche o fisiche quando agiscono nell’esercizio
della loro attività professionale:
a) revisori dei conti, contabili esterni e consulenti tributari;
b) notai e altri liberi professionisti legali, quando prestano la loro opera o
partecipano in nome e per conto del loro cliente ad una qualsiasi operazione finanziaria o immobiliare o assistono i loro clienti nella progettazione o nella realizzazione di operazioni riguardanti:
i) l’acquisto o la vendita di beni immobili o imprese;
ii) la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni del cliente;
iii) l’apertura o la gestione di conti bancari, libretti di risparmio o conti titoli;
iv) l’organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla
gestione o all’amministrazione della società;
v) la costituzione, la gestione o l’amministrazione di trust, società o
strutture analoghe;
c) prestatori di servizi relativi a società o trust diversi da quelli di cui alle
lettere a) o b);
d) agenti immobiliari;
e) altre persone fisiche o giuridiche che negoziano beni, soltanto quando il
pagamento è effettuato in contanti per un importo pari o superiore a €
15.000, indipendentemente dal fatto che la transazione sia effettuata con
22
un’operazione unica o con diverse operazioni che appaiono collegate;
f) case da gioco.
Per “attività criminosa” detta direttiva intende qualsiasi tipo di coinvolgimento
criminale nella perpetrazione di un reato grave, che a titolo esemplificativo e
non esaustivo viene indicato nell’articolo 3, comma 5, della stessa direttiva (ad
esempio la frode, la corruzione, i reati punibili con una pena detentiva di durata minima superiore a sei mesi, ecc.).
La direttiva invita gli Stati membri ad estendere le sue disposizioni ad attività
professionali e categorie di imprese che svolgano attività particolarmente
suscettibili di essere utilizzate a fini di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo e prevede “obblighi di adeguata verifica della clientela”, “obblighi semplificati di adeguata verifica della clientela” e “obblighi rafforzati di adeguata
verifica della clientela”.
Gli enti e le persone soggette alla direttiva risultano obbligati ad un’adeguata
verifica della clientela:
- quando istaurano rapporti di affari;
- quando eseguono prestazioni occasionali il cui importo sia pari o superiore
a € 15.000, indipendentemente dal fatto che siano effettuate con un’operazione unica o con diverse operazioni che appaiono collegate;
- quando vi è sospetto di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, indipendentemente da qualsiasi deroga, esenzione o soglia applicabile;
- quando vi sono dubbi sulla veridicità o sull’esattezza dei dati precedentemente ottenuti ai fini dell’identificazione di un cliente.
Secondo la direttiva l’adeguata verifica della clientela presuppone:
- l’identificazione del cliente e la verifica della sua identità sulla base di documenti, dati e informazioni ottenuti da una fonte affidabile indipendente;
- l’identificazione, qualora necessaria, del titolare effettivo, ovvero l’effettivo
destinatario della prestazione adottando misure adeguate e commisurate al
rischio per verificarne l’identità;
- l’ottenimento di informazioni sullo scopo e la natura previste dal rapporto
d’affari;
- l’espletamento di un controllo costante sul rapporto d’affari, anche alla luce del
profilo di rischio dei clienti, avendo riguardo anche all’origine dei fondi impiegati e tenendo a tal fine aggiornati i documenti, i dati e le informazioni.
La direttiva prescrive agli Stati membri di imporre che la verifica dell’identità
del cliente e del titolare effettivo dell’operazione avvenga prima dell’instaurazione del rapporto d’affari o dell’esecuzione della transazione, con l’intento
evidente di prevenire o impedire la realizzazione di operazioni di riciclaggio.
23
L’identificazione può avvenire, infatti, durante l’esecuzione del rapporto solo
qualora ciò sia necessario per non ostacolare la normale conduzione degli
affari.
L’obbligo di identificazione da parte di una casa da gioco si intende realizzato qualora il cliente acquisti o venda gettoni da gioco di valore pari o superiore a € 2.000.
Gli “obblighi semplificati di adeguata verifica della clientela” ricorrono qualora gli enti e le persone destinatarie della direttiva, instaurano rapporti con enti
creditizi o finanziari soggetti alla direttiva stessa oppure con enti creditizi e
finanziari situati in paesi terzi che impongono obblighi equivalenti a quelli previsti dalla direttiva.
Gli “obblighi rafforzati di adeguata verifica della clientela” attengono a quelle situazioni che per loro natura presentano un rischio più elevato di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, ovvero quando il cliente non è fisicamente presente ai fini dell’identificazione (in tale caso la direttiva richiede oltre al
rispetto degli obblighi di adeguata verifica sopra visti anche quelli di accertare l’identità del cliente tramite documenti, dati e informazioni supplementari),
per le operazioni e rapporti d’affari istaurati con persone politicamente esposte (in tal caso la direttiva impone l’adozione di ogni misura adeguata per stabilire l’origine del patrimonio dei fondi impiegati nel rapporto d’affari o nell’operazione) e in quelle operazioni o transazioni atte a favorire l’anonimato.
L’articolo 20 della direttiva prescrive agli Stati membri di imporre ai soggetti
destinatari di prestare particolare attenzione ad ogni operazione che si considera particolarmente atta, per natura, ad avere una connessione con il riciclaggio e con il finanziamento del terrorismo e, in particolare, alle operazioni complesse o di importo insolitamente elevato, oltre che a tutte quelle operazioni che
non hanno uno scopo economico evidente e manifesto o che non hanno uno
scopo chiaramente lecito.
Secondo l’articolo 22 della direttiva, inoltre, gli Stati membri devono imporre
ai destinatari della direttiva gli obblighi della segnalazione delle operazioni
quando si hanno ragionevoli motivi per sospettare che si stiano compiendo, o
tentando di compiere, operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, a tal fine fornendo prontamente alle autorità competenti tutte le informazioni necessarie.
Dagli obblighi di segnalazione sono esclusi i notai, i liberi professionisti legali
e gli altri professionisti con riferimento alle informazioni da essi ricevute dal
cliente nel corso dell’esame della sua posizione giuridica o nell’espletamento
dei compiti di difesa o di rappresentanza in un procedimento giudiziario o in
24
relazione allo stesso, compresa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento.
Ciò per le informazioni ricevute o ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso.
Secondo la “terza direttiva”, gli Stati membri devono, altresì, imporre ai soggetti destinatari di astenersi dall’eseguire le operazioni che sanno o sospettano
avere relazioni con il riciclaggio o con il finanziamento del terrorismo prima di
averne data adeguata segnalazione alle autorità competenti.
Qualora, tuttavia, detta astensione non sia possibile o possa impedire l’effettivo perseguimento dei destinatari dell’operazione, i destinatari della direttiva
possono informare le autorità competenti immediatamente dopo avere eseguito le suddette operazioni.
Le comunicazioni effettuate in buona fede da parte dei destinatari della presente direttiva non comportano responsabilità di alcun tipo per gli enti o le persone, ovvero per i loro dipendenti o amministratori.
L’art. 28 della direttiva inibisce agli enti ed alle persone sue destinatarie, nonché ai propri amministratori e dipendenti, di comunicare ai clienti interessati od
a terzi l’avvenuta segnalazione di operazioni sospette o l’esistenza di un’inchiesta in materia di riciclaggio in corso.
Gli Stati membri devono, altresì, imporre ai destinatari della terza direttiva
l’obbligo di conservare le registrazioni di cui alla normativa antiriciclaggio per
un periodo di almeno cinque anni dall’esecuzione delle operazioni o dalla cessazione del rapporto d’affari.
Il sistema sanzionatorio che gli Stati membri devono adottare per il rispetto
delle disposizioni in attuazione della terza direttiva, deve essere effettivo, proporzionato e dissuasivo.
Per quanto riguarda le persone giuridiche, la direttiva prevede che gli Stati
membri possano chiamarle a rispondere delle violazioni alle disposizioni antiriciclaggio commesse a loro vantaggio da qualsiasi persona fisica che agisca,
sia a titolo individuale che in quanto membro di un suo organo, e che detenga
una posizione preminente in seno alla stessa, basata sul potere di rappresentarla, sul potere di prendere decisioni per suo conto oppure sul potere di esercitare controlli al suo interno.
Per quanto riguarda il nostro ordinamento, l’intento di estendere le responsabilità di cui al D.Lgs. 231/2001 anche ai reati di riciclaggio appare immediato.
Il 4° comma dell’art. 39 della “terza direttiva” prevede, infatti, che gli Stati
membri assicurino che la responsabilità delle persone giuridiche possa essere
accertata, qualora la mancata sorveglianza o il mancato controllo da parte di
25
persone poste in posizione apicale abbia reso possibile, da parte di una persona sottoposta alla sua autorità, violazioni a disposizioni previste dalla normativa antiriciclaggio.
Detta direttiva ha abrogato la direttiva 91/308/CEE del 1991.
L’obbligo degli Stati membri di conformarsi alla presente direttiva è previsto
entro il 15 Dicembre 2007.
La legge n. 29 del 25/1/2006 (c.d. “legge comunitaria 2005”) ha dato delega al Governo di dare attuazione alla “terza direttiva antiriciclaggio”.
È interessante sottolineare come l’articolo 22 della legge 29/2006 abbia attribuito delega al Governo di estendere i doveri del collegio sindacale, previsti
dalla normativa vigente per gli intermediari finanziari e gli enti creditizi, ai
revisori contabili, alle società di revisione, ai membri del consiglio di sorveglianza e del comitato del controllo di gestione, nonché a tutti i soggetti incaricati del controllo contabile, comunque denominati.
Al riguardo, peraltro, all’art. 22, primo comma, lett. r) della legge 29/2006 si
legge che il Governo è delegato a “uniformare la disciplina dell’articolo 10 del
D.L. 3 Maggio 1991, n. 143, convertito con modificazione dalla Legge
5/7/1991, n. 197 ... (omissis) ..., modificando i doveri del collegio sindacale
e dei soggetti indicati alla lettera q, rendendoli più coerenti con il sistema di
prevenzione ed evidenziando sia gli obblighi di segnalazione delle operazioni sospette sia gli obblighi di comunicazione o di informazione delle altre violazioni normative.”.
Si noti, infine, che proprio la legge 29/2006 ha dato delega al Governo di
introdurre nel D.Lgs. 8/6/2001, n. 231 i reati di cui agli art. 648, 648 bis e
648 ter c.p. tra i reati per i quali è prevista la responsabilità amministrativa
degli enti.
L’articolo 21 della legge 29/2006 ha, altresì, esteso l’ambito di applicazione
dei soggetti destinatari delle sue disposizioni prevedendo che la normativa si
applicasse anche: “a ogni altro soggetto che rende servizi forniti da revisori
contabili, periti, consulenti ed altri soggetti che svolgono attività in materia di
amministrazione, contabilità e tributi.”.
Va rammentato, infine, che il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con
decreto 3 Febbraio 2006, n. 141, ha emanato, conformemente a quanto previsto dall’art. 8, comma 4, del D.Lgs. 56/2004, il “regolamento in materia di
obblighi di identificazione, conservazione delle informazioni a fini antiriciclaggio e segnalazione delle operazioni sospette a carico degli avvocati, notai, dottori commercialisti, revisori contabili, società di revisione, consulenti del lavoro,
ragionieri e periti commerciali” in materia di prevenzione dell’uso del sistema
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finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite.
Infine, l’Ufficio Italiano dei Cambi, con proprio Provvedimento del 24 Febbraio
2006, ha emanato “istruzioni applicative in materia di obblighi di identificazione, registrazione e conservazione delle informazioni nonché di segnalazione delle operazioni sospette per finalità di prevenzione e contrasto del riciclaggio sul piano finanziario a carico di avvocati, notai, dottori commercialisti,
revisori contabili, società di revisione, consulenti del lavoro, ragionieri e periti
commerciali”.
Sul contenuto del decreto 3 Febbraio 2006 n. 141 e sul provvedimento emanato dall’U.I.C. il 24/2/2006 si argomenterà diffusamente nei capitoli successivi.
***
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3. Il Regolamento in materia di obblighi di identificazione, conservazione
delle informazioni a fini antiriciclaggio e segnalazione delle operazioni
sospette D.M. 3 febbraio 2006, n. 141
Con D.M. 3 Febbraio 2006, n. 141 (pubblicato sulla G.U. n. 82 del
7/4/2006) è stato emanato da parte del Ministero dell’Economia e delle
Finanze il regolamento in materia di obblighi di identificazione, conservazione delle informazioni ai fini antiriciclaggio e segnalazione delle operazioni
sospette a carico degli avvocati, notai, dottori commercialisti, revisori contabili, società di revisione, consulenti del lavoro, ragionieri e periti commerciali.
Nell’articolo 1 di detto regolamento vengono fornite alcune definizioni rilevanti ai fini della normativa che interessa.
Viene definita quale “prestazione professionale: la prestazione fornita dal
libero professionista che si sostanzia nella diretta trasmissione, movimentazione o gestione di mezzi di pagamento, beni o utilità in nome o per conto del
cliente ovvero nell’assistenza al cliente per la progettazione o realizzazione
della trasmissione, movimentazione, verifica o gestione di mezzi di pagamento, beni o utilità e della costituzione, gestione o amministrazione di società,
enti, trust o strutture analoghe”.
Detta definizione fa emergere innanzitutto come la prestazione professionale
debba avere un’attinenza diretta ed immediata con la movimentazione o la
gestione di mezzi di pagamento, beni o utilità oppure attenere alla gestione o
amministrazione di società, enti, trust o strutture analoghe.
Per “operazione frazionata” il regolamento identifica: “un’operazione unitaria
sotto il profilo economico di valore superiore a € 12.500 posta in essere attraverso più operazioni effettuate in momenti diversi ed in un circoscritto periodo
di tempo, singolarmente di valore non superiore a € 12.500”.
Per “dati identificativi” il decreto 141/2006 intende: “il nome ed il cognome,
il luogo e la data di nascita, l’indirizzo, il codice fiscale e gli estremi del documento di identificazione o, nel caso di soggetti diversi da persona fisica la
denominazione, la sede ed il codice fiscale” mentre per “mezzi di pagamento” intende: “il denaro contante, gli assegni bancari e postali, gli assegni circolari e gli altri assegni ad essi assimilabili o equiparabili, i vaglia postali, gli
ordini di accreditamento o di pagamento, le carte di credito e le altre carte di
pagamento, ogni altro strumento o disposizione che permetta di trasferire o
movimentare o acquisire, anche per via telematica, fondi, valori o disponibilità finanziarie.”.
Il presente regolamento si applica ai seguenti soggetti nello svolgimento della
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propria attività professionale, sia essa esercitata in forma individuale, associata o societaria:
- ai soggetti iscritti nell’albo dei dottori commercialisti, nel registro dei revisori
contabili, nell’albo dei ragionieri e dei periti commerciali e nell’albo dei consulenti del lavoro;
- ai notai e agli avvocati quando, in nome o per conto di propri clienti, compiono qualsiasi operazione di natura finanziaria o immobiliare e quando
assistono i propri clienti nella progettazione o nella realizzazione di operazioni riguardanti:
1) il trasferimento a qualsiasi titolo di beni immobili o attività economiche;
2) la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni;
3) l’apertura o la gestione di conti bancari, libretti di deposito e conti di titoli;
4) l’organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla gestione o
all’amministrazione di società;
5) la costituzione, la gestione o l’amministrazione di società, enti, trust o strutture
analoghe.
Detto regolamento si applica altresì alle società di revisione iscritte nell’albo
speciale si cui all’art. 161 del D.Lgs. 58/1998.
L’art. 21 della “legge Comunitaria 2005” (legge n. 29 del 25/1/2006), modificando l’art. 2 del D.Lgs. 56/2004, ha esteso “ad ogni altro soggetto che
rende i servizi forniti dai revisori contabili, periti, consulenti ed altri soggetti che
svolgono attività in materia di amministrazione, contabilità e tributi” le disposizioni contenute nell’anzidetto decreto.
Pur tuttavia, gli obblighi di identificazione, registrazione, conservazione e
segnalazione delle operazioni sospette per tali soggetti saranno applicabili
solo in seguito alla modifica del D.M. 141/2006, che avrebbe dovuto avere
luogo entro 240 giorni a partire dall’entrata in vigore del decreto
(23/2/2006), cioè entro il 21/10/2006.
Ai sensi dell’art. 3 del regolamento, l’obbligo di identificazione da parte del
professionista scatta ogni qualvolta la prestazione professionale fornita abbia
ad oggetto mezzi di pagamento beni o utilità di valore superiore a € 12.500,
anche in presenza di operazioni frazionate.
Analogo obbligo sussiste nel caso in cui l’operazione sottostante la prestazione professionale sia di valore indeterminato o indeterminabile.
La costituzione, gestione o amministrazione di società, di enti, di trust o di strutture analoghe costituiscono operazioni di valore indeterminabile.
Qualora un cliente del professionista richieda una prestazione per conto di
terzi, deve indicare per iscritto e sotto la propria responsabilità, i dati identifi29
cativi dei soggetti per conto dei quali opera.
Qualora il cliente operi in nome e per conto di una società, di un ente, trust o
strutture analoghe, il professionista dovrà verificare l’esistenza dei suoi poteri
di rappresentanza.
Per quanto concerne le modalità di identificazione, il regolamento prevede che
l’identificazione venga effettuata dal libero professionista “al momento in cui
inizia la prestazione professionale a favore del cliente”, a cura del professionista, anche avvalendosi di propri collaboratori, sulla base di un documento
valido per l’identificazione e non scaduto.
L’identificazione può essere di tre tipi:
- diretta;
- indiretta e
- a distanza.
La modalità di identificazione ordinaria è quella diretta che viene attuata dal
professionista alla presenza fisica del cliente.
Il regolamento prevede che la presenza fisica del cliente non sia necessaria e,
quindi, che si possa procedere all’identificazione “indiretta” quando i dati identificativi del cliente e le altre informazioni da acquisire risultino da:
- precedente identificazione effettuata dal professionista per altre prestazioni
professionali rese;
- atti pubblici, scritture private autenticate o documenti recanti la firma digitale ai sensi dell’art. 23 del D.P.R. 28 Dicembre 2002, n. 445;
- dichiarazione della autorità consolare italiana così come indicata nell’art. 6
del D.Lgs. 26 Maggio 1997, n. 153 (rappresentanze diplomatiche consolari
di prima categoria);
- attestazione di un altro professionista residente in un paese membro
dell’Unione Europea che, in applicazione della normativa di recepimento
della Direttiva 2001/97/CEE ha identificato di persona e registrato i dati del
cliente e dei soggetti terzi per conto dei quali opera.
L’identificazione “a distanza” non viene, anch’essa, eseguita alla presenza del
cliente e sarà considerata valida qualora venga fornita idonea attestazione da
parte dei seguenti soggetti, che abbiano già provveduto a identificare direttamente il cliente:
- intermediari abilitati;
- enti creditizi o enti finanziari di stati membri dell’Unione europea;
- banche aventi sede legale o amministrativa in paesi non appartenenti all’Unione
Europea purché aderenti al gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI)
e succursali in tali paesi di banche italiane e altri stati aderenti al GAFI.
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Il regolamento prevede, altresì, che venga preclusa qualsiasi identificazione nel
caso di attestazione rilasciata da soggetti che non hanno insediamenti fisici,
con ciò intendendo un luogo destinato allo svolgimento dell’attività istituzionale, con stabile indirizzo (diverso da un indirizzo elettronico) in un paese nel
quale il soggetto è autorizzato a svolgere la propria attività.
In tale luogo vi dovrà essere l’esercizio effettivo dell’attività, ovvero l’impiego
di persone a tempo pieno.
Il Regolamento n. 141 prevede che l’U.I.C. possa indicare ulteriori forme e modalità di identificazione della clientela, anche tenuto conto dell’evoluzione delle tecniche di comunicazione a distanza.
Per quanto concerne i documenti di identità e di riconoscimento, è opportuno
richiamare l’art. 35 del D.P.R. 445/2000 il quale prevede i seguenti documenti:
- la carta d’identità;
- il passaporto;
- la patente di guida;
- la patente nautica;
- il libretto di pensione;
- il patentino di abilitazione alla conduzione di impianti termici;
- il porto d’armi;
- le tessere di riconoscimento, purché munite di fotografia e di timbro o di altra
segnatura equivalente rilasciate da un’Amministrazione dello Stato.
L’articolo n. 5 del regolamento prevede l’istituzione di un “archivio dedicato
alla raccolta e conservazione di informazioni ai fini antiriciclaggio” nel quale
il libero professionista deve riportare:
- le complete generalità (nome, cognome, luogo, data di nascita e indirizzo di
residenza o domicilio per le persone fisiche; la denominazione e la sede
sociale in caso di altri soggetti), il codice fiscale ove disponibile e gli estremi
del documento di identificazione per le persone fisiche;
- i dati identificativi della persona per conto della quale il cliente opera;
- l’attività lavorativa svolta dal cliente e dalla persona per conto della quale
agisce;
- la data dell’avvenuta identificazione (che in base a quanto chiarito dall’art. 4
dovrebbe avvenire al momento in cui inizia la prestazione professionale a
favore del cliente);
- la descrizione sintetica della tipologia di prestazione professionale fornita;
- il valore dell’oggetto della prestazione professionale, se conosciuto.
Il fatto che il Regolamento richieda di indicare tra i dati identificativi del cliente il suo codice fiscale, solo ove disponibile, sembra confortare la legittimità di
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non procedere alla registrazione di detto dato, qualora il professionista svolga
la propria attività a favore di soggetti non residenti che ne siano sprovvisti.
Nel caso in cui il conferimento dell’incarico venga dato al professionista congiuntamente da più clienti, il Regolamento prevede che gli obblighi di identificazione, registrazione e conservazione dei dati vengano assolti nei confronti
di ciascuno di essi.
È fatto obbligo al professionista che venga a conoscenza di modifiche dei dati
identificativi e delle altre informazioni contenute nell’archivio di modificarle
entro 30 giorni dal momento in cui ne venga a conoscenza, conservando evidenza delle informazioni precedenti.
I dati e le informazioni contenute nell’archivio devono essere conservate per
dieci anni dalla conclusione della prestazione professionale.
Circa le modalità di tenuta dell’archivio il Ministero richiede che i dati identificativi e le altre informazioni siano inseriti nell’archivio non oltre il trentesimo
giorno dall’identificazione del cliente e, per quanto concerne la descrizione sintetica della tipologia della prestazione professionale fornita e del valore dell’oggetto della prestazione professionale, non oltre il trentesimo giorno dall’avvenuta esecuzione della prestazione professionale.
Detto archivio, che è unico per ogni professionista, deve essere tenuto in maniera ordinata e trasparente ed in modo di facilitare la consultazione, la ricerca
ed il trattamento dei dati.
Esso deve, altresì, garantire la storicità delle informazioni.
Le registrazioni, poi, devono essere conservate in ordine cronologico di inserimento, così da rendere possibile la ricostruzione storica delle operazioni effettuate.
L’archivio può essere gestito sia a mezzo di strumenti informatici che su supporto cartaceo.
Al riguardo va tenuto presente che l’articolo 6 del Regolamento dà la possibilità al professionista di tenere un registro cartaceo “ove non disponga di una
struttura informatizzata”, facendo quindi sorgere il dubbio che il professionista
che si avvale di supporti informatici, ad esempio per la tenuta della contabilità o la gestione di altro comparto del proprio studio, sia sempre obbligato ad
utilizzare strumenti informatici per la gestione dell’anzidetto archivio.
Nei chiarimenti forniti dall’U.I.C. sul provvedimento dallo stesso emesso il
24/2/2006 è stato espressamente chiarito che il professionista può scegliere
di tenere un archivio cartaceo per la registrazione e conservazione delle informazioni richieste dalla normativa antiriciclaggio ancorché utilizzi supporti
informatici per lo svolgimento della propria attività.
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Non è ammesso, pur tuttavia, l’utilizzo di un registro cartaceo su fogli mobili e
raccoglitori ad anelli.
In caso di tenuta dell’archivio su supporto cartaceo, detto registro dovrà essere progressivamente numerato su ogni pagina e siglato a cura del professionista o di un suo collaboratore a tal fine autorizzato per iscritto.
Nell’ultimo foglio detto registro dovrà indicare il numero delle pagine di cui si
compone e recare la firma del professionista o del collaboratore di cui si è
sopra riferito.
Anche il registro cartaceo deve essere tenuto in maniera ordinata, evitando
spazi bianchi e abrasioni.
Il professionista potrà avvalersi anche di soggetti terzi per la tenuta e la gestione dell’archivio unico, ferme restando le sue responsabilità per le violazioni
alla normativa vigente, ma detto archivio dovrà essere accessibile in ogni
momento.
Nessun obbligo di istituire l’archivio ricorre qualora non vi siano dati da registrare nello stesso.
Il Regolamento prevede, altresì, che nel caso di svolgimento dell’attività professionale in forma associata ovvero societaria sia possibile tenere un unico archivio per lo studio professionale.
In tal caso è necessaria l’individuazione nell’archivio, per ogni cliente, del libro
professionista responsabile degli adempimenti concernenti gli obblighi di identificazione e conservazione.
Va, peraltro, tenuto presente che gli obblighi di identificazione, conservazione
e segnalazione costituiscono “trattamento dei dati” come definito dall’art. 4 del
D.Lgs. 30 Giugno 2003, 196 (noto come “legge sulla privacy”).
Per “trattamento dei dati” deve, infatti, intendersi qualunque operazione o
complesso di operazioni, effettuate anche senza l’ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, la consultazione, l’elaborazione, la modificazione, la selezione, l’estrazione, il raffronto, l’utilizzo, l’interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una
banca dati.
A tal fine, quindi, i professionisti dovranno trasmettere ai propri clienti apposita “informativa,” ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 196/2003, rendendoli edotti
circa le finalità e le modalità del trattamento cui i dati sono destinati; la natura
obbligatoria del conferimento degli anzidetti dati; i soggetti ai quali i dati possono essere comunicati e l’ambito di diffusione dei dati medesimi (alle autorità
competenti in materia di antiriciclaggio, prima fra tutte l’U.I.C.); il diritto di
33
accesso ai dati personali (diritto di ottenere la conferma dell’esistenza dei dati
e la loro comunicazione in forma intelligibile ottenendo anche l’aggiornamento, la rettifica ovvero l’integrazione dei dati; la cancellazione, la trasformazione o il blocco dei dati trattati in violazione di legge) e gli incaricati al trattamento dei dati.
Le operazioni di trattamento dei dati sono effettuate dal professionista o da un
collaboratore dallo stesso appositamente autorizzato a norma dell’art. 30 del
D.Lgs. 196/2003.
Al riguardo è utile precisare che non sarà necessario ottenere dal cliente l’esplicito “consenso” al trattamento dei dati ai fini della normativa che ci occupa,
atteso che, ai sensi dell’art. 24, lett. a), del D.Lgs. 196/2003, il consenso dell’interessato non è richiesto quando il trattamento dei dati è necessario “per
adempiere ad un obbligo previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria”.
Il libero professionista sarà tenuto, altresì, a rispettare gli obblighi e le misure
di sicurezza espressamente previste dagli articoli da 31 a 36 del D.Lgs.
196/2003.
Dette misure sono volte a ridurre al minimo i rischi di distruzione o perdita,
anche accidentale, dei dati; l’accesso non autorizzato; il loro trattamento non
consentito o non conforme alle finalità della raccolta dei dati.
L’art. 9 del Regolamento prevede, inoltre, a carico dei professionisti, l’obbligo
di segnalare all’U.I.C. “ogni operazione che per caratteristiche, entità, natura,
o per qualsivoglia altra circostanza conosciuta a ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto della capacità economica e dell’attività svolta dal soggetto a
cui è riferita, induca a ritenere, in base agli elementi a sua disposizione, che il
denaro, i beni o le utilità oggetto delle operazioni medesime possano provenire dai delitti previsti dagli artt. 648 bis e 648 ter del codice penale”.
Al riguardo viene richiesto che le segnalazioni siano effettuate, ove possibile,
prima del compimento dell’operazione e comunque al momento in cui il professionista abbia il sospetto della provenienza illecita del denaro, dei beni e
delle utilità oggetto dell’operazione.
Come previsto dalle Direttive Comunitarie di cui si è trattato nel capitolo precedente, anche il Regolamento precisa che le segnalazioni effettuate in buona
fede e per le finalità previste dalla normativa non comportano responsabilità di
alcun tipo per i soggetti che le hanno poste in essere.
L’analogia tra l’art. 9 del Regolamento e l’art. 3 della “legge antiriciclaggio” è
di tutta evidenza, atteso che detta ultima disposizione impone, ancorché esclusivamente agli enti creditizi ed agli intermediari finanziari, di effettuare la
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segnalazione di ogni operazione sospetta di riciclaggio, usando una terminologia pressoché identica a quella del Regolamento in esame.
Gli obblighi di segnalazione di operazioni sospette non sussistono per le informazioni ricevute dal professionista, dal cliente o in altro modo, nel corso dell’esame della sua posizione giuridica o nell’espletamento dei compiti di difesa
o di rappresentanza del medesimo in un procedimento giudiziario o in relazione a tale procedimento.
Anche le informazioni ottenute nel corso di una consulenza professionale prestata al fine di valutare l’eventualità di intentare o evitare un procedimento non
saranno soggette agli obblighi di segnalazione, sempre che le stesse siano ricevute o ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso.
L’art. 10 del regolamento compie un’importante precisazione in merito all’esenzione dagli obblighi di segnalazione, là ove afferma che detta esenzione ricorra anche per i giudizi arbitrali e per la risoluzione di controversie innanzi ad
organismi di conciliazione previsti dalla legge.
Per l’assolvimento degli obblighi di segnalazione delle operazioni sospette i
professionisti dovranno utilizzare le informazioni in proprio possesso, acquisite nell’ambito dell’attività professionale prestata.
La valutazione delle operazioni sospette dovrà tenere in considerazione eventuali incongruenze rispetto alla capacità economica ed all’attività svolta da
parte del cliente, oltre al suo profilo di rischio in termini di riciclaggio.
A tal fine i professionisti dovranno adottare adeguate misure di formazione dei
propri dipendenti e collaboratori in modo che anch’essi abbiano un’adeguata
conoscenza tanto della clientela quanto della normativa antiriciclaggio.
L’art. 11 del Regolamento richiede al professionista, nel caso in cui il cliente
agisca per conto di un altro soggetto, di accertare la reale titolarità dell’operazione (richiamando il concetto di “titolare effettivo” coniato dalla Direttiva
2005/60/CE), con l’evidente intento di identificare l’effettivo beneficiario dell’operazione.
Circa le modalità di segnalazione delle operazioni sospette, l’art. 12 del
Regolamento prevede il divieto da parte del professionista, e di chiunque ne
abbia conoscenza, di comunicare le segnalazioni effettuate al cliente ed a
qualsiasi altro soggetto, fuori dai casi previsti dalla legge.
In merito alle modalità di segnalazione delle operazioni sospette il
Regolamento fa rinvio ad apposito provvedimento emanato in materia
dall’U.I.C..
Al riguardo precisa che l’U.I.C., anche su richiesta di organi investigativi, può
sospendere le operazioni segnalate come sospette per un massimo di 48 ore,
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dandone immediata comunicazione agli organi investigativi stessi, sempre che
ciò non determini pregiudizio per le indagini e per l’adempimento degli obblighi di legge da parte dei professionisti.
Il suddetto Regolamento, dispone l’art. 13, si applica a tutti i liberi professionisti abilitati ad operare in Italia, come definiti dall’art. 2, anche per le operazioni realizzate all’estero.
Gli obblighi di identificazione e conservazione non si applicano in relazione
alle prestazioni per le quali i clienti hanno conferito incarico al professionista
prima dell’entrata in vigore del Regolamento.
Qualora, tuttavia, il rapporto professionale instauratosi prima dell’entrata in
vigore del Regolamento sussista dopo 12 mesi da tale data, il professionista
provvederà entro quest’ultimo termine agli obblighi di identificazione, registrazione e conservazione.
Come si dirà nei capitoli successivi, gli obblighi del presente Regolamento si
applicano dal 22 Aprile 2006, quindi, per gli incarichi professionali ricevuti
prima di tale data e che continuano nei dodici mesi successivi, gli obblighi di
identificazione e registrazione dovranno essere effettuati entro il 22 Aprile
2007.
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36
4. Le istruzioni applicative della Banca D’Italia agli intermediari finanziari,
quali premesse alle istruzioni dell’U.I.C.
Già la Banca d’Italia, con proprio provvedimento del 12 Gennaio 2001, aveva
dettato istruzioni agli operatori del settore bancario, finanziario e assicurativo
in merito alla segnalazione delle operazioni sospette di riciclaggio.
Dette istruzioni contengono regole operative volte a ridurre i margini di incertezza circa le valutazioni soggettive ed i comportamenti discrezionali degli
operatori ed a prospettare indicazioni uniformi, così da evitare possibili elusioni agli obblighi di legge.
Nelle proprie istruzioni operative la Banca d’Italia afferma che i “delitti fiscali”
di cui al D.Lgs. 10 Marzo 2000, n. 74 configurano reati presupposto del riciclaggio e dà atto che il rinnovato impianto repressivo viene incentrato su 3 fattispecie criminose che fanno riferimento alle imposte sui redditi ed all’Iva: la
dichiarazione fraudolenta, la dichiarazione infedele e l’omessa dichiarazione.
Dà, altresì, atto che a dette fattispecie se ne affiancano altre di rilevante attitudine lesiva, quali l’emissione di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti.
Alla pagina 5 delle istruzioni operative della Banca d’Italia si legge espressamente: “le violazioni delle norme tributarie sono strumento utilizzato per precostituire fondi di provenienza illecita da reinserire nel circuito economico
ovvero possono rappresentare una delle manifestazioni di più articolate condotte criminose volte a immettere in attività economiche apparentemente lecite
disponibilità derivanti da altre illeciti.”.
Dette istruzioni, ancorché dirette agli enti creditizi e finanziari, forniscono indicazioni utili per l’individuazione e la segnalazione di operazioni sospette
ancorché dettate per soggetti diversi.
La Banca d’Italia invita gli operatori a rifiutare di effettuare operazioni ritenute anomale per tipologia, oggetto, frequenza o dimensioni e ad instaurare o
mantenere rapporti con la clientela che presenti profili di anomalia.
In tal caso particolare attenzione deve essere posta a operazioni proposte da
clienti occasionali, specie qualora esse siano di rilevante ammontare o presentino modalità di esecuzione anomale.
Si richiede, altresì, agli operatori che particolare attenzione sia prestata alle
operazioni svolte in paesi identificati dal GAFI come “non cooperativi”.
A tal fine si tenga presente che nell’ultima revisione del 10 Giugno 2005 il
GAFI ha individuato i seguenti “paesi e territori” soggetti a “monitoraggio”:
Bahamas, isole Cook, Indonesia, Filippine e Ucraina.
37
Le istruzioni della Banca d’Italia sottolineano come per contrastare il riciclaggio sia fondamentale per gli intermediari effettuare un’approfondita conoscenza della propria clientela.
La valutazione della coerenza e compatibilità delle operazioni con il profilo
economico - finanziario del cliente implica, infatti, la conoscenza delle caratteristiche soggettive del cliente e della sua normale operatività.
È interessante notare come le istruzioni della Banca d’Italia precisino che le
valutazioni delle operazioni effettuate dagli intermediari devono avvenire sulla
base del patrimonio informativo in loro possesso e che, quindi, non devono
farsi carico di ulteriori attività di accertamento, di competenza delle autorità a
ciò istituzionalmente predisposte.
La parte seconda delle istruzioni operative della Banca d’Italia è dedicata
all’indicazione di numerosi indici di anomalia riferiti alle operazioni che possono incontrare gli intermediari finanziari.
Detta elencazione non deve ritenersi esaustiva, ma meramente indicativa.
La rilevazione di indici di sospetto deve nascere sia dall’esame dei connotati
oggettivi delle operazioni (caratteristiche, entità e natura) che dei profili soggettivi del cliente (capacità economica, attività svolta) oltre che da ogni altra
circostanza conosciuta in ragione delle funzioni esercitate.
Tali aspetti devono essere considerati congiuntamente, atteso che operazioni
che possono essere ritenute normali se attuate da un cliente aventi determinate caratteristiche, possono risultare anomale o non giustificabili se realizzate da
un altro cliente.
L’elencazione fornita dalla Banca d’Italia contiene, in primo luogo, indicazioni
di anomalia riferite a tutte le categorie di operazioni.
Individua, successivamente, alcuni indici relativi a particolari strumenti finanziari utilizzati e, infine, dedica specifica attenzione a indici relativi al comportamento della clientela che effettua operazioni che per tipologia, oggetto, frequenza e dimensioni risultano incoerenti con l’attività svolta o con la propria
situazione economico-patrimoniale.
Per quanto riguarda le “operazioni sospette” ricollegabili a illeciti fiscali, la
Banca d’Italia si è così testualmente pronunciata: “per quanto concerne le operazioni sospette ricollegabili a profili fiscali, vanno tenute presenti le recenti
modifiche al regime penale in materia tributaria. In tale contesto, per configurare l’ipotesi di illeciti penali connesse alle dichiarazioni fiscali, occorrerebbe
conoscere, non solo i corrispettivi non dichiarati, ma anche la situazione soggettiva del contribuente per “ricostruire” l’ammontare dell’imposta evasa, ovvero essere venuti a conoscenza dell’inserimento di eventuali fatture false in
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dichiarazione. Viceversa, il reato di emissione di fatture o altri documenti per
operazioni in tutto o in parte inesistenti è considerato delitto indipendentemente da qualsiasi soglia quantitativa; nella valutazione dei profili di sospetto in
quest’ultimo caso va considerato che l’emissione di tali documenti, oltre a essere ritenuta una violazione di particolare gravità, può anche costituire un mezzo
per celare altre fattispecie di natura delittuosa.”.
Se, infatti, il delitto di “dichiarazione fraudolenta” di cui all’art. 2 del D.Lgs.
74/2000 (chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o l’Iva indica elementi passivi fittizi nella dichiarazione annuale, utilizzando fatture o documenti inesistenti) e il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni
inesistenti prevista dall’art. 8 del D.Lgs. 74/2000, sono delitti sempre e comunque penalmente sanzionabili, indipendentemente dall’ammontare degli elementi passivi fittizi o dell’importo dei documenti emessi, il delitto di “dichiarazione fraudolenta” di cui all’art. 3 del D.Lgs. 74/2000 ed il delitto di “dichiarazione infedele” di cui all’art. 4 si realizzano al superamento di soglie quantitative commisurate all’imposta evasa ed all’ammontare degli elementi attivi
sottratti all’imposizione.
Lo stesso vale per i delitti di “omesso versamento di ritenute certificate” (art. 10
bis del D.Lgs. 74/2000), di “omesso versamento di Iva” (art. 10 ter del D.Lgs.
74/2000), di “indebita compensazione” (art. 10 quarter del D.Lgs. 74/2000)
e per il delitto di “sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte” (art. 11
del D.Lgs. 74/2000), per la cui commissione è previsto il superamento di soglie
quantitative.
Gli “indici di anomalia relativi a tutte le categorie di operazioni”, indicati
dalla Banca d’Italia sono i seguenti:
1) ripetute operazioni della stessa natura non giustificate dall’attività svolta
dal cliente ed effettuate con modalità tali da denotare intenti dissimulatori:
- frequenti afflussi di disponibilità finanziarie che vengono trasferite, dopo
un breve intervallo di tempo, con modalità o destinazioni non ricollegabili alla normale attività del cliente, soprattutto se provenienti o destinati all’estero;
- alimentazione dei rapporti con strumenti (contante, titoli di credito, bonifici) che non appaiono coerenti con l’attività svolta dal cliente;
2) ricorso a tecniche di frazionamento dell’operazione, soprattutto se volte a
eludere gli obblighi di identificazione e registrazione:
- frequenti operazioni per importi di poco inferiore al limite di registrazione, soprattutto se effettuati in contante o per il tramite di una pluralità di
altri intermediari, laddove non giustificate dall’attività svolta dal cliente;
39
-
accensione di più libretti di deposito bancari o postali al portatore o di altri
titoli equivalenti per importi di poco inferiori al limite di registrazione;
- prelevamento di ingenti somme mediante richiesta non motivata di assegni circolari di importo di poco inferiore al limite di registrazione;
- liquidazione di contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari ovvero di
polizza assicurativa effettuata richiedendo denaro contante o frazionamento dell’importo complessivo in numerosi titoli di credito;
- frequente operazione di disinvestimento di strumenti finanziari o di riscatto
su polizze assicurative per importi unitari inferiori al limite di registrazione;
- alimentazione di conti in essere presso società fiduciarie tramite frequenti afflussi di disponibilità soprattutto se provenienti da una pluralità
di intermediari e con modalità tali da eludere l’obbligo di registrazione;
3) operazioni di ingente ammontare che risultano inusuali rispetto a quelle
di norma effettuate dal cliente, soprattutto se non vi sono plausibili giustificazioni economiche o finanziarie:
- apertura e chiusura di rapporti utilizzati unicamente per l’esecuzione di
specifiche operazioni;
- afflussi finanziari di ingente ammontare, soprattutto se provenienti dall’estero, su rapporti per lungo tempo inattivi o poco movimentati;
- versamenti ingenti sui conti intestati a società effettuati dai soci o da soggetti a questi collegati con disponibilità non riconducibili all’attività della
società stessa, soprattutto se in contante;
4) operazioni con configurazione illogica, soprattutto se risultano svantaggiose per il cliente sotto il profilo economico o finanziario (es.: acquisto di
beni a prezzi non coerenti con i valori di mercato; estinzione anticipata di
un contratto effettuato poco tempo dopo la sua stipula; stipula di un contratto di compravendita seguito da un successivo contratto uguale ma di segno
contrario e di prezzo difforme tra i medesimi soggetti; versamento di anticipi senza plausibile giustificazione di entità notevolmente superiore a quella normalmente richiesta);
5) operazioni effettuate frequentemente da un cliente in nome o a favore di
terzi, qualora i rapporti non appaiono giustificati (ad es.: utilizzo da parte
di imprese di conti intestati ad amministratori, dipendenti o a clienti per
effettuare proprie operazioni; rilascio di garanzie a terzi per la concessione di finanziamenti qualora il rapporto tra garante e beneficiario non
appaia giustificato; stipula di contratti con vincoli o pegni a favore di terzi
o con beneficiari non appartenenti al nucleo familiare del cliente e non
legati a lui da rapporti idonei tali da giustificare le suddette operazioni);
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6) operazioni effettuate da terzi in nome o a favore di un cliente senza plausibili giustificazioni (ad es.: prestazione di garanzie da parte di terzi non
conosciuti, soprattutto se provenienti dall’estero, dei quali non vengono fornite dal cliente sufficienti indicazioni in ordine ai rapporti commerciali o
finanziari idonei a giustificare tali garanzie; garanti, fornitori di beni in leasing o soggetti estranei al rapporto che spontaneamente intervengono se si
verifica l’inadempimento del debitore o provvedono direttamente alla
copertura dell’esposizione);
7) operazioni richieste con indicazioni palesemente inesatte o incomplete,
tali da far ritenere l’intento di occultare informazioni essenziali, soprattutto se riguardanti soggetti interessati dall’operazione;
8) operazioni con controparti insediate in aree geografiche note come centri off-shore o come zone di traffico di stupefacenti o di contrabbando di
tabacchi, che non sono giustificate dall’attività economica del cliente o da
altre circostanze.
La Banca d’Italia ha, inoltre, elencato “indici di anomalia relativi alle operazioni in contanti o con moneta elettronica”, che di seguito si sintetizzano:
1) prelevamento di denaro contante per importi rilevanti, senza che il cliente rappresenti particolari esigenze;
2) versamento di denaro contante per importi rilevanti, non giustificabile con
l’attività economica del cliente;
3) ricorso al contante in sostituzione degli usuali mezzi di pagamento utilizzati dal cliente (ad esempio: richieste frequenti per importi significativi
di assegni circolari contro versamento di denaro contante, anziché con
l’utilizzo delle disponibilità presso l’intermediario; utilizzo frequente di
contante per importi consistenti per effettuare, entro un breve intervallo di
tempo, trasferimenti di fondi, soprattutto se con controparti insediate in
paesi esteri);
4) cambio di banconote con banconote di taglio diverso e/o di altre valute,
soprattutto se effettuato senza transito per il conto corrente;
5) operazioni aventi ad oggetto l’utilizzo di moneta elettronica che, per
importo e frequenza, non risultano coerenti con l’attività svolta dal distributore o dal merchant ovvero con il normale utilizzo dello strumento da
parte della clientela.
La Banca D’Italia individua, inoltre, indici di anomalia relativi alle operazioni
in strumenti finanziari ed alle polizze assicurative, quelli relativi alle polizze
assicurative vita nonché ai rapporti di capitalizzazione e quelli relativi alle operazioni in altri prodotti e servizi.
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Riporta, infine, taluni “indici di anomalia relativi al comportamento della
clientela” che appaiono particolarmente interessanti e così individuati:
1) clienti che si rifiutano o si mostrano ingiustificatamente riluttanti a fornire le informazioni occorrenti per l’effettuazione delle operazioni, a
dichiarare le proprie attività, a presentare documentazione contabile o
di altro genere, a segnalare i rapporti intrattenuti con altri intermediari, a dare informazioni che, in circostanze normali, renderebbero il
cliente stesso idoneo ad effettuare operazioni bancarie, finanziarie o
assicurative;
2) clienti che chiedono di ristrutturare l’operazione quando la configurazione originariamente prospettata implichi forme di identificazione o registrazione oppure supplementi di istruttoria da parte dell’intermediario;
3) clienti che evitano contatti diretti con i dipendenti ed i collaboratori dell’intermediario rilasciando deleghe o procure in modo frequente ed
ingiustificato;
4) clienti che presentano materialmente titoli o certificati per ingenti ammontari, soprattutto se al portatore, ovvero che, a seguito di operazioni di
acquisto, ne richiedono la consegna materiale;
5) clienti che senza fornire plausibili giustificazioni si rivolgono ad un intermediario o a un suo collaboratore lontani dalla zona di residenza o di
attività, soprattutto se richiedono la domiciliazione della corrispondenza
presso lo stesso;
6) clienti che effettuano operazioni di importo significativo con utilizzo di
contante o strumenti al portatore quando risulti che gli stessi sono stati
recentemente sottoposti ad accertamenti disposti nell’ambito di procedimenti penali o per l’applicazione di misure di prevenzione;
7) clienti in situazione di difficoltà economica che effettuano operazioni di
rilevante ammontare senza fornire plausibili giustificazioni in ordine alle
origini dei fondi utilizzati;
8) clienti che richiedono di effettuare operazioni con modalità inusuali, soprattutto se caratterizzate da elevata complessità o di importo
rilevante;
9) clienti, o garanti di clienti, che frequentemente e senza fornire plausibili giustificazioni chiedono la restituzione dei valori dati in garanzia previa costituzione della provvista necessaria all’acquisto di altri strumenti
finanziari;
10) clienti che richiedono e intrattengono con gli intermediari rapporti con
configurazione illogica (ad esempio apertura di numerosi conti presso il
42
medesimo intermediario senza apparente giustificazione; instaurazione di
rapporti con numerosi intermediari nella stessa zona senza logica giustificazione).
Benché le istruzioni della Banca d’Italia siano rivolte, come già detto, agli operatori finanziari, dall’esame delle stesse si possono ritrarre utili informazioni,
anche perché, come già in precedenza rilevato, le operazioni di riciclaggio
vanno inquadrate in un contesto ampio che non coinvolge solo direttamente
l’operatività tra cliente e professionista, ma anche il “modus operandi” del
cliente nei rapporti intrattenuti con altri operatori.
***
43
5. Le istruzioni applicative dell’U.I.C. per i professionisti
Con Provvedimento del 24 Febbraio 2006, l’U.I.C. ha emanato istruzioni applicative in materia degli obblighi d’identificazione, registrazione e conservazione delle informazioni nonché di segnalazione di operazioni sospette per finalità di prevenzione e contrasto del riciclaggio a carico di avvocati, notai, dottori commercialisti, revisori contabili, società di revisione, consulenti del lavoro,
ragionieri e periti commerciali.
Detto Provvedimento, che tratta tutti i punti previsti dal Regolamento
141/2006, di cui si è trattato nel capitolo 3, specifica il contenuto degli obblighi dei liberi professionisti e delle società di revisione, con particolare riguardo alle modalità di identificazione dei clienti, alla registrazione e conservazione dei dati e delle informazioni, alla rilevazione e segnalazione delle operazioni sospette.
La prima importante definizione contenuta nelle istruzioni applicative
dell’U.I.C. è quella di prestazione professionale, che viene definita come “la
prestazione fornita dal libero professionista che si sostanzia nella diretta trasmissione, movimentazione o gestione di mezzi di pagamento, beni o utilità in
nome o per conto del cliente ovvero nell’assistenza al cliente per la progettazione o realizzazione della trasmissione, movimentazione, verifica o gestione
di mezzi di pagamento, beni o utilità e della costituzione, gestione o amministrazione di società, enti, trust o strutture analoghe”.
La definizione data dall’U.I.C. alla “prestazione professionale”, coincide, quindi, perfettamente con quella fornita dal Ministero dell’Economica e delle
Finanze nel proprio Decreto n. 141/2006.
Per “mezzi di pagamento”, precisa l’U.I.C., devono intendersi il denaro contante, gli assegni bancari e postali, gli assegni circolari e gli altri assegni ad
essi assimilabili o equiparabili, i vaglia postali, gli ordini di accreditamento o
di pagamento, le carte di credito e le altre carte di pagamento, ogni altro strumento a disposizione che permetta di trasferire o movimentare o acquisire,
anche per via telematica, fondi, valori o disponibilità finanziarie.
Anche tale definizione risulta analoga a quella fornita dal Ministero
dell’Economia nel proprio D.M. 141.
Nelle istruzioni dell’U.I.C., come peraltro nel Decreto 141/2006, non è contenuta alcuna definizione dei termini “beni” e “utilità”, sul cui effettivo significato possono facilmente sorgere dubbi interpretativi.
Per quanto concerne l’ambito soggettivo di applicazione del Provvedimento
U.I.C., le disposizioni in esso contenute si applicano, nello svolgimento dell’at44
tività professionale, tanto ai liberi professionisti operanti in forma individuale,
che in forma associata o societaria, oltre che alle società di revisione.
Per quanto concerne gli avvocati ed i notai, essi sono destinatari delle disposizioni antiriciclaggio solo quando, in nome o per conto dei propri clienti,
compiono qualsiasi operazione di natura finanziaria o immobiliare o quando
assistono i propri clienti nella progettazione o nella realizzazione di operazioni riguardanti:
• il trasferimento a qualsiasi titolo di beni immobili o attività economiche;
• la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni;
• l’apertura o la gestione di conti bancari, libretti di deposito e conti di titoli;
• l’organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla gestione o
all’amministrazione di società;
• la costituzione, la gestione o l’amministrazione di società, enti, trust o strutture analoghe.
Le istruzioni applicative escludono dall’ambito di applicazione delle disposizioni antiriciclaggio le attività svolte dai professionisti in qualità di organi di
gestione, amministrazione, controllo e liquidazione di società, enti, trust o
altre strutture analoghe.
In proposito l’U.I.C. il 21 Giugno 2006 ha precisato che “l’attività di componente di un collegio sindacale, anche laddove includa la revisione contabile,
non rientra nell’ambito di applicazione degli obblighi antiriciclaggio”.
Peraltro, tale esclusione appare temporanea atteso che “la legge Comunitaria
2005” (n. 29 del 25/1/2006) ha conferito delega al Governo di estendere i
doveri del collegio sindacale previsti dalla normativa vigente in materia e di
uniformare la disciplina dell’art. 10 modificando i doveri del collegio sindacale “rendendoli più coerenti con il sistema di prevenzione ed evidenziando sia
gli obblighi di segnalazione delle operazioni sospette, sia per gli obblighi di
comunicazione o informazione delle altre violazioni normative.”
Per completezza espositiva si rammenta che l’art. 10 del D.Lgs. 14/3/1991,
convertito con modificazioni nella Legge 5/7/1991, n. 197, sancisce che i sindaci degli intermediari debbano vigilare sull’osservanza delle norme contenute nel suddetto decreto e che gli accertamenti e le eventuali contestazioni concernenti violazioni delle disposizioni al capo 1 (“limitazione dell’uso del contante e dei titoli al portatore”, “obblighi di identificazione e registrazione”;
“segnalazioni di operazioni sospette”) debbano essere trasmesse al Ministero
dell’Economia e delle Finanze.
Non va, infatti, dimenticato che l’art. 2403 c.c., titolato “doveri del collegio sindacale”, sancisce che il collegio sindacale debba vigilare sull’osservanza della
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legge e dello statuto e il rispetto, ad esempio, della normativa sulla limitazione
dell’uso dei contanti di cui all’articolo 1 della legge 197/1991 costituisce certamente attività di vigilanza sull’osservanza della legge.
Per quanto riguarda l’ambito territoriale della disciplina, le disposizioni antiriciclaggio si applicano ai liberi professionisti abilitati ad operare in Italia,
anche per le eventuali attività svolte all’estero che siano soggettivamente o
oggettivamente collegabili al territorio italiano.
La normativa antiriciclaggio non si applica, quindi, ai professionisti stranieri
operanti in Italia.
Per quanto riguarda le società di revisione, le disposizioni antiriciclaggio si
applicano alle società aventi sede legale in Italia, nonché “agli stabilimenti italiani di società di revisione aventi sede legale all’estero”, anche per l’attività ivi
svolta.
Per quanto riguarda l’ambito oggettivo, il provvedimento dell’U.I.C. definisce
gli obblighi che i liberi professionisti e le società di revisione devono rispettare
che risultano essere i seguenti:
a) identificare i clienti;
b) istituire l’archivio unico nonché registrare e conservare in esso i dati identificativi dei clienti e le altre informazioni relative alle prestazioni professionali eseguite;
c) segnalare le operazioni sospette di cui all’art. 3 della Legge antiriciclaggio, rispettando gli obblighi di riservatezza delle segnalazioni di cui alla
stessa legge;
d) segnalare al Ministero dell’Economica e delle Finanze le violazioni di cui
all’art. 1 della legge antiriciclaggio;
e) istituire misure di controllo interno, al fine di prevenire e impedire la realizzazione di operazioni di riciclaggio.
A tal fine il libero professionista dovrà assicurare un’adeguata formazione dei
propri dipendenti e collaboratori.
Tali obblighi si applicano anche nel caso di attività professionale svolta in
forma associata ed il professionista che esegue l’incarico risponde anche in
relazione all’attività svolta dai propri collaboratori e dipendenti.
Le società di revisione rispondono dall’adempimento degli obblighi predetti
anche per l’attività svolta con l’ausilio di collaboratori o dipendenti.
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6. Gli obblighi di identificazione della clientela
Come accennato nei capitoli precedenti, tanto il Regolamento emanato dal
Ministero dell’Economia e delle Finanze (D.M. 3 febbraio 2006, n. 141), quanto il Provvedimento recante le istruzioni applicative dell’U.I.C. (Provvedimento
24/2/2006) forniscono importanti precisazioni in merito agli obblighi di identificazione della clientela a cui i professionisti devono attenersi per non incorrere in violazioni alla normativa antiriciclaggio.
Come precisato dall’U.I.C. e dal Regolamento del 3/2/2004, n. 141 l’identificazione comporta la verifica dell’identità del cliente e del soggetto per conto
del quale il cliente eventualmente opera, e consiste nell’acquisizione dei loro
dati identificativi per la conservazione nell’archivio unico.
L’identificazione è dovuta:
- in relazione ad ogni prestazione professionale che comporti o possa comportare la trasmissione o la movimentazione di mezzi di pagamento, beni
o utilità di importo, anche frazionato, superiore a euro 12.500;
- in relazione alle operazioni il cui valore non è determinato o determinabile.
Sia le istruzioni applicative U.I.C. che il Regolamento 141 hanno definito quale
“prestazione professionale: la prestazione fornita dal libero professionista che
si sostanzia nella diretta trasmissione, movimentazione o gestione di mezzi di
pagamento, beni ed utilità in nome e per conto del cliente ovvero nell’assistenza al cliente per la progettazione o realizzazione della trasmissione, movimentazione, verifica o gestione di mezzi di pagamento, beni o utilità e della costituzione, gestione o amministrazione di società, enti, trust o strutture analoghe”.
Ai fini dell’obbligo di identificazione, la costituzione, gestione o amministrazione di società vengono definite come operazioni di valore non determinabile,
così come gli incarichi di revisione contabile, di tenuta di contabilità, paghe e
contributi e l’esecuzione di adempimenti in materia di lavoro, previdenza e
assistenza.
Per determinare il valore della prestazione professionale o dell’operazione, le
istruzioni U.I.C. chiariscono che non si debba tener conto del compenso del
professionista.
La percezione del compenso per l’attività professionale svolta, peraltro, non
costituisce di per sé una prestazione per la quale si applica l’obbligo di identificazione.
Nella determinazione del valore delle operazioni non si deve, altresì, tenere conto
della compensazione tra attività e passività, tra eventuali poste creditorie e debitorie o tra operazioni di segno contrario, rilevando il valore di ogni singola posta.
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Sono oggetto di identificazione anche le operazioni frazionate che, seppur di
importo singolarmente inferiore a euro 12.500, siano riconducibili sotto il profilo economico ad un’operazione unitaria di valore superiore a euro 12.500 e
siano poste in essere nel periodo richiesto per l’esecuzione dell’incarico (il
Regolamento lo definisce “circoscritto periodo di tempo”).
Secondo le istruzioni U.I.C., l’identificazione del cliente deve essere eseguita al
momento dell’accettazione dell’incarico, mentre il Regolamento richiede che l’identificazione sia ottenuta “al momento in cui inizia la prestazione professionale”.
Al riguardo è opportuno precisare che il Consiglio Nazionale del Notariato nel
suo documento del 21/4/2006 titolato “prime riflessioni sugli aspetti pratici
degli obblighi dei notai in materia antiriciclaggio” ha dichiarato che il momento in cui sorge l’obbligo dell’identificazione coincide con l’accettazione dell’incarico professionale.
Al riguardo ha precisato: “in linea di massima tale momento dovrebbe coincidere con l’apertura di una pratica o fascicolo di studio, raccogliendo dati e
documenti trasmessi dal cliente o acquisiti direttamente in qualsiasi modo dal
notaio, salvo probabilmente il caso, per la verità abbastanza raro, in cui la
documentazione sia trattenuta al fine esclusivo, che si consiglia di rendere in
tal caso documentabile per iscritto, di esaminare la posizione giuridica del
cliente, secondo le indicazioni sopra sommariamente accennate”.
Dal canto suo, il Consiglio Nazionale Forense nel proprio documento emesso
il 29/4/2006, titolato “La normativa Antiriciclaggio per gli avvocati - Dossier
di analisi e documentazione” ha precisato che l’identificazione del cliente
debba essere effettuata al “momento in cui inizia la prestazione professionale
a favore del cliente”.
La dottrina maggioritaria in materia è concorde nel ritenere che prudenzialmente l’identificazione del cliente vada fatta al momento di accettazione dell’incarico.
I dati identificativi da acquisire e registrare nell’archivio unico sono:
- per le persone fisiche: il nome e cognome, il luogo e la data di nascita, l’indirizzo della residenza o del domicilio, il codice fiscale (ove disponibile) e
gli estremi del documento di identificazione;
- per i soggetti diversi dalle persone fisiche: la denominazione, la sede legale ed il codice fiscale.
Per i soggetti diversi dalle persone fisiche (società, enti, ecc.) è necessario,
altresì, accertare le persone per il cui tramite viene richiesta la prestazione professionale (es.: amministratore delegato, ecc.), verificandone i poteri di rappresentanza in forza di visure camerali, certificati rilasciati da enti competenti o
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delibere consiliari e assembleari.
L’art. 3 del Regolamento sancisce che qualora il cliente operi per conto di terzi
deve indicare per iscritto al professionista, sotto la sua personale responsabilità, i dati identificativi del soggetto per conto del quale opera, mentre,
come sopra detto, spetta al professionista, qualora un soggetto agisca in nome
e per conto di una società, ente, trust o struttura analoga verificare l’esistenza
dei suoi poteri di rappresentanza. Di ciò ne dà conferma l’U.I.C. nelle proprie
istruzioni.
I clienti dovranno, quindi, fornite tutti i dati e le informazioni necessarie per adempiere agli obblighi di identificazione previsti dalla normativa antiriciclaggio.
Quando l’incarico è conferito da più clienti congiuntamente, l’identificazione è
dovuta per ciascuno di essi.
Qualora allo svolgimento di una prestazione professionale siano stati incaricati congiuntamente più professionisti ognuno deve procedere all’identificazione.
L’U.I.C. ha precisato che ai fini dell’identificazione non è possibile avvalersi
della dichiarazione sostitutiva di cui agli artt. 46 e 47 del D.P.R. 445/2000.
L’acquisizione dei dati identificativi della clientela può essere effettuata dal professionista anche tramite propri dipendenti o collaboratori, dei quali il professionista si avvale per lo svolgimento dell’attività, ferma restando la sua personale responsabilità.
Gli obblighi di identificazione, acquisizione, registrazione e conservazione
non si applicano in relazione all’attività professionale per la quale è stato conferito incarico dal cliente prima dell’entrata in vigore del Provvedimento
dell’U.I.C., cioè prima del 22 Aprile 2006.
Nel caso di incarico conferito prima dell’entrata in vigore del Provvedimento ed
ancora in essere dopo 12 mesi, ovvero al 22 Aprile 2007, il libero professionista provvederà entro quest’ultimo termine agli obblighi d’identificazione e
conservazione.
L’identificazione può essere:
- diretta;
- indiretta;
- a distanza.
La modalità ordinaria di identificazione è quella diretta, modalità che deve
essere adottata anche quando si abbia motivo di ritenere che l’identificazione
indiretta o a distanza non sia attendibile.
Essa viene effettuata dal professionista (o da un suo dipendente o collaboratore) alla presenza fisica del cliente.
In tal caso il professionista verifica l’identità dal cliente sulla base di un docu49
mento valido per l’identificazione e non scaduto.
L’art. 4, Parte II, del Provvedimento dell’U.I.C. precisa che sono validi per
l’identificazione i documenti di cui agli artt. 1 e 35 del D.P.R. 445/2000.
Sono documenti validi per l’identificazione:
- la carta d’identità;
- il passaporto;
- la patente di guida;
- il libretto di pensione;
- il patentino di abilitazione alla conduzione d’impianti termici;
- il porto d’armi;
- le tessere di riconoscimento, purché munite di fotografia e di timbro o di
altra segnatura equivalente rilasciata da un’Amministrazione dello Stato.
Per i soggetti non comunitari si procede all’identificazione attraverso il passaporto o il permesso di soggiorno.
L’”identificazione indiretta”, cioè non alla presenza fisica del cliente, può essere
effettuata se:
- il cliente è già stato identificato direttamente dallo stesso professionista, in
relazione ad altra attività professionale;
- i dati identificativi e le informazioni da acquisire risultano da atti pubblici,
scritture private autenticate o da documenti recanti la firma digitale (art. 23,
D.P.R. 445/2000);
- i dati identificativi e le altre informazioni da acquisire risultano da dichiarazione dell’autorità consolare italiana;
- i dati identificativi e le altre informazioni da acquisire risultano da attestazione di un altro professionista o di una società di revisione di uno dei Paesi
membri dell’Unione Europea che in applicazione della normativa di recepimento della Direttiva 2001/97/CE ha identificato il cliente e i soggetti terzi
per conto del quale opera.
Nel solo caso di svolgimento di prestazioni professionali a distanza, si pensi ad
esempio all’attività di consulenza resa ad un soggetto non residente, è possibile l’”identificazione a distanza” che presuppone il ricevimento da parte del
professionista italiano di un’apposita attestazione rilasciata da uno dei seguenti soggetti che abbiano già provveduto ad identificare il cliente.
Tali soggetti sono:
- gli intermediari abilitati di cui all’art. 4 del D.Lgs. 56/2004, ovvero: le
banche, le Poste Italiane S.p.A., le SIM, le società di gestione del risparmio, le SICAV, le imprese di assicurazione, gli agenti di cambio, le società fiduciarie, ecc.;
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- gli enti creditizi e gli enti finanziari di Stati membri dell’Unione Europea,
così come definiti dalla Direttiva 2001/97/CE;
- le banche aventi sede legale e amministrativa in Paesi non appartenenti
all’Unione Europea, purché aderenti al Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI) e succursali in detti paesi di banche italiane e di altri Stati
aderenti al GAFI.
In nessun caso l’attestazione può essere rilasciata da soggetti che non hanno
insediamenti fisici in alcun paese (per insediamento fisico l’art. 4 del
Regolamento 141 ha inteso un luogo destinato allo svolgimento dell’attività,
con stabile indirizzo, diverso da un semplice indirizzo elettronico, in un paese
nel quale il soggetto è autorizzato allo svolgimento dell’attività. In tale luogo
deve essere impiegata una o più persone a tempo pieno e si devono mantenere evidenze relative all’attività svolta).
L’attestazione deve essere idonea a confermare che il soggetto da identificare
è lo stesso titolare di un rapporto presso l’intermediario attestante.
Grande attenzione dovrà essere prestata dal professionista nel caso di “identificazione a distanza” della clientela dato che, come rilevato anche dalla Banca
d’Italia nelle istruzioni operative del 12/1/2001, “il crescente utilizzo in
campo finanziario di canali distributivi basati su forme di comunicazione a
distanza, tra i quali la rete Internet, può aumentare il rischio di un coinvolgimento degli intermediari in fenomeni di riciclaggio; la delocalizzazione geografica e la spersonalizzazione del rapporto rendono più difficile conoscere le
condizioni della clientela e le motivazioni delle operazioni richieste”.
Al riguardo la Banca d’Italia ha anche precisato che qualora sia utilizzato il
canale telematico o telefonico per i rapporti con il cliente, attenta valutazione
dovrà essere volta alle modalità d’afflusso dei mezzi finanziari, dato che qualora vi fossero operazioni di importo rilevante e non supportate da adeguate
informazioni, l’intermediario potrebbe giungere fino a non accettare di effettuare le operazioni richieste.
***
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7. La registrazione e conservazione delle informazioni
Effettuata l’identificazione del cliente il professionista dovrà, quindi, procedere
alla registrazione ed alla conservazione nell’archivio unico delle seguenti informazioni:
1) i dati identificativi del cliente e del soggetto per conto del quale eventualmente opera;
2) l’attività lavorativa svolta dal cliente e dalla persona per conto della quale
agisce;
3) la data dell’avvenuta identificazione;
4) la descrizione sintetica della tipologia di prestazione professionale fornita,
secondo le specifiche indicate nella tabella di cui all’allegato A del
Provvedimento U.I.C.;
5) il valore dell’oggetto della prestazione professionale, se conosciuto.
L’allegato A del Provvedimento U.I.C. individua al punto A.1 le prestazioni
oggetto di registrazione per gli avvocati ed i notai ed al punto A.2 le prestazioni oggetto di registrazione per gli altri professionisti e le società di revisione.
Si riportano di seguito le prestazioni di cui al punto A.2.
A.2 . Prestazioni oggetto di registrazione per gli altri professionisti e le società
di revisione
1) Accertamenti, ispezioni e controlli
2) Adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza dei lavoratori
dipendenti e ogni altra funzione affine, connessa e conseguente
3) Amministrazione del personale dipendente e ogni altra funzione affine,
connessa e conseguente
4) Amministrazione e liquidazione di aziende
5) Amministrazione e liquidazione di patrimoni
6) Amministrazione e liquidazione di singoli beni
7) Apertura/chiusura di conti bancari
8) Apertura/chiusura di conti di titoli
9) Apertura/chiusura di libretti di deposito
10) Apertura/chiusura o gestione di cassette di sicurezza
11) Assistenza e rappresentanza in materia tributaria
12) Assistenza in procedure concorsuali
13) Assistenza ai datori di lavoro in sede di visite ispettive o di accertamenti
14) Assistenza per richiesta finanziamenti
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15) Assistenza societaria continuativa e generica
16) Assistenza tributaria
17) Attività di valutazione tecnica dell’iniziativa di impresa e di asseverazione
dei business plan per l’accesso a finanziamenti pubblici
18) Certificazione di investimenti ambientali
19) Consulenza aziendale
20) Consulenza connessa a procedure contenziose
21) Consulenza contrattuale
22) Consulenza economico-finanziaria
23) Consulenza in tema di controllo aziendale
24) Consulenza in materia contributiva
25) Consulenza ed assistenza per la riduzione di sanzioni civili, penalità e similari
26) Consulenza tributaria
27) Consulenze tecniche, perizie e pareri motivati
28) Controllo della documentazione contabile, revisione e certificazione
29) Costituzione/liquidazione di società, enti, trust o strutture analoghe
30) Custodia e conservazione di aziende
31) Custodia e conservazione di beni
32) Determinazione dei costi di produzione nelle imprese industriali
33) Divisioni ed assegnazioni di patrimoni, compilazione dei relativi progetti
e piani di liquidazione nei giudizi di graduazione
34) Elaborazione e predisposizione delle dichiarazioni tributarie e cura degli
ulteriori adempimenti tributari
35) Gestione di conti di titoli
36) Gestione di conti bancari
37) Gestione di altri beni
38) Gestione di denaro
39) Gestione di libretti di deposito
40) Gestione di posizioni previdenziali e assicurative
41) Gestione di strumenti finanziari
42) Gestione o amministrazione di società, enti, trust o strutture analoghe
43) Ispezioni e revisioni amministrative e contabili
44) Monitoraggio e tutoraggio dell’utilizzo dei finanziamenti pubblici erogati
alle imprese
45) Operazioni di finanza straordinaria
53
46) Operazioni di vendita di beni mobili ed immobili nonché la formazione del
progetto di distribuzione, su delega del giudice dell’esecuzione, ex art. 2,
comma 3, lett. e), decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, conv. in legge n. 14
maggio 2005 n. 80.
47) Organizzazione degli apporti necessari alla costituzione di società
48) Organizzazione degli apporti necessari alla gestione o all’amministrazione
di società
49) Organizzazione e impianto della contabilità
50) Organizzazione contabile
51) Tenuta paghe e contributi
52) Piani di contabilità per aziende
53) Qualsiasi altra operazione di natura finanziaria
54) Qualsiasi altra operazione immobiliare
55) Rappresentanza tributaria
56) Redazione di bilanci
57) Redazione e asseverazione delle informative ambientali, sociali e di
sostenibilità delle imprese e degli enti pubblici e privati
58) Regolamenti e liquidazioni di avarie
59) Relazioni di stima di cui al codice civile
60) Revisione contabile
61) Rilascio di visti di conformità per studi di settore
62) Rilevazioni in materia contabile e amministrativa
63) Riordino della contabilità
64) Studi e ricerche di analisi finanziaria aventi ad oggetto titoli di emittenti
quotati
65) Tenuta e redazione dei libri contabili, fiscali e del lavoro
66) Trasferimento a qualsiasi titolo di attività economiche
67) Trasferimento a qualsiasi titolo di beni immobili
68) Trasformazioni, scissioni e fusioni di società ed altri enti
69) Valutazione di aziende, rami d’azienda e patrimoni
70) Valutazione di singoli beni e diritti
71) Verifica della regolare tenuta della contabilità sociale e della corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili
72) Verificazione ed ogni altra indagine in merito all’attendibilità di bilanci,
di conti, di scritture e d’ogni altro documento contabile delle imprese
73) Altro
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Detto elenco è stato predisposto anche sulla base dei regolamenti che disciplinano le attività e le tariffe professionali dei soggetti destinatari del provvedimento.
In detto elenco sono comprese, praticamente, tutte le possibili attività che un
commercialista può trovarsi a svolgere, stante anche l’estrema genericità di
alcune prestazioni nello stesso elencate.
Il 21 Giugno 2006 l’U.I.C. ha chiarito che “l’attività svolta dal professionista
a seguito di incarico da parte dell’autorità giudiziaria, quale ad esempio
quello di Curatore o di Consulente Tecnico d’Ufficio è esclusa dall’ambito di
applicazione delle disposizioni antiriciclaggio”.
L’indicazione tra le prestazioni oggetto di registrazione della categoria reddituale “altro”, comunque, sembra confermare che l’intento legislativo sia proprio quello di assoggettare agli obblighi di registrazione e conservazione tutte
le operazioni svolte dagli anzidetti professionisti che comportino o possano
comportare la movimentazione ed il trasferimento di mezzi di pagamento, beni
o utilità di importo superiore a euro 12.500.
Per le prestazioni professionali consistenti nella tenuta della contabilità, di
paghe e contributi, nella revisione contabile e nell’esecuzione di adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza è oggetto di registrazione
solo il conferimento dell’incarico.
In altre parole gli obblighi di registrazione e conservazione non si applicano ai
singoli movimenti contabili ed alle singole operazioni in cui essi si esplicano.
Come per l’identificazione, anche per la registrazione e conservazione vale il
principio che se l’incarico è conferito congiuntamente da più clienti tutti debbano essere registrati.
Parimenti nel caso in cui più professionisti, anche del medesimo studio, siano
stati incaricati congiuntamente, ciascuno deve procedere alla registrazione nel
proprio archivio unico delle prestazioni professionali richieste.
Qualora si sia optato per l’archivio unico per l’associazione professionale o
per la società di professionisti, si deve effettuare un’unica registrazione con l’indicazione di tutti i professionisti incaricati.
Seguendo le istruzioni applicative dell’U.I.C., la registrazione della prestazione va effettuata entro trenta giorni dal compimento dell’identificazione, mentre per i dati relativi alla descrizione della tipologia della prestazione professionale ed al valore dell’oggetto della prestazione, il termine di registrazione decorre dal momento in cui il professionista ha conoscenza di dette informazioni.
Al riguardo l’art. 6 del D.M. 3/2/2006 n. 141 riferisce che per la descrizione della prestazione ed il valore del suo oggetto il termine decorre dalla data
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dell’avvenuta esecuzione della prestazione.
Nel caso in cui il professionista debba eseguire una prestazione professionale
nei confronti di un cliente già identificato ed i cui dati sono già stati registrati,
è sufficiente registrare nell’archivio solo le informazioni relative al nuovo incarico, sempre entro il trentesimo giorno dall’accettazione dell’incarico.
Quando interviene modifica nei dati registrati essi devono essere aggiornati,
seguendo le procedure di rettifica indicate nell’allegato B al provvedimento
dell’U.I.C., conservando evidenza dell’informazione precedente.
I dati e le informazioni devono essere conservati nell’archivio unico per dieci
anni dalla conclusione della prestazione professionale.
L’archivio unico è istituito per le finalità di cui al D.Lgs. 56/2004, al D.M. n.
141 del 3/2/2006 ed al Provvedimento dell’U.I.C..
I professionisti che svolgono l’attività in forma associata o societaria possono tenere l’archivio unico in forma accentrata. E’ fatta salva la facoltà per
ogni componente l’associazione o la società di istituire un proprio archivio.
L’obbligo di istituire l’archivio si ha solo se vi sono informazioni da registrare e conservare.
L’archivio deve essere tenuto in modo ordinato, assicurando la trasparenza e
la chiarezza delle informazioni, la facilità della consultazione, della ricerca e
del trattamento dei dati.
Le registrazioni devono essere conservate secondo l’ordine cronologico d’inserimento nell’archivio, così da rendere possibile non solo la ricerca storica delle
informazioni, ma anche la ricostruzione storica delle operazioni effettuate.
L’archivio unico può essere tenuto a mezzo di sistemi informatici o in forma cartacea, secondo i criteri uniformi per la registrazione e conservazione delle
informazioni indicati nel Provvedimento U.I.C. e conformemente alle specifiche
tecniche indicate nel suo allegato B.
Se tenuto con modalità informatiche deve rispettare gli standards tecnici di cui
all’allegato B al Provvedimento U.I.C. e consentire di individuare anche le operazioni frazionate.
Detti standards tecnici riguardano i requisiti funzionali cui le procedure informatiche devono ispirarsi ed individuano quali debbano essere i campi da prevedere obbligatoriamente nel registro.
La tenuta e la gestione dell’archivio unico informatico può essere affidata a
terzi, purché sia assicurato l’accesso diretto e immediato all’archivio stesso.
Resta ferma la responsabilità del professionista per il rispetto degli obblighi di
registrazione e conservazione.
Come già detto in precedenza, l’articolo 6 del Regolamento n. 141 dà la pos56
sibilità al professionista di tenere un registro cartaceo “ove non disponga di
una struttura informatizzata”, facendo quindi sorgere il dubbio che il professionista che si avvale di supporti informatici, ad esempio per la tenuta della contabilità o la gestione di altra attività professionale, sia sempre obbligato ad utilizzare strumenti informatici per la gestione dell’anzidetto archivio.
Al riguardo è intervenuto l’U.I.C. per fugare possibili dubbi al riguardo. Ha,
infatti, previsto che il professionista possa scegliere di tenere un archivio cartaceo, ancorché già utilizzi supporti informatici per lo svolgimento della propria
attività.
In caso di tenuta dell’archivio su supporto cartaceo, detto registro dovrà essere progressivamente numerato in ogni pagina e siglato a cura del professionista o di un suo collaboratore a tal fine incaricato per iscritto.
Nell’ultimo foglio detto registro dovrà indicare il numero delle pagine di cui si
compone e recare la firma del professionista o del collaboratore di cui si è
sopra riferito.
Anche il registro cartaceo deve essere tenuto in maniera ordinata, evitando
spazi bianchi e abrasioni; esso non potrà essere costituito da fogli mobili.
Le istruzioni dell’U.I.C. prevedono che i professionisti obbligati in forza di legge
o disposizioni regolamentari a tenere un registro della clientela possono avvalersi dello stesso per assolvere gli obblighi di conservazione dei dati e delle
informazioni ai fini antiriciclaggio, purché nello stesso siano inserite tutte le
indicazioni richieste nelle istruzioni applicative U.I.C. del 24/2/2006.
***
57
8. Altri obblighi: la protezione dei dati e delle informazioni, i controlli interni
e la formazione dei dipendenti e dei collaboratori
La tenuta dell’archivio unico deve avvenire nel rispetto della normativa sulla
privacy (D.Lgs. 30/6/2003, n. 196) ed in modo da assicurare la separazione
delle registrazioni relative a ciascun titolare del trattamento dei dati personali.
Come previsto dall’art. 8 del Regolamento n. 141, il libero professionista dovrà
rilasciare al cliente idonea informativa, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs
196/2003, in merito agli obblighi di identificazione, conservazione e segnalazione, che costituiscono “trattamento dei dati”, ai sensi dell’art. 4, comma 1,
lett. a) del citato D.Lgs. 196.
Detta informativa dovrà rendere edotti i clienti circa le finalità e le modalità di
trattamento dei dati, sottolineando la natura obbligatoria del conferimento dei
dati e le conseguenze derivanti dalla mancata comunicazione dei dati (impossibilità di svolgere le prestazioni professionali richieste).
Al riguardo è opportuno precisare che il professionista non dovrà ottenere il preventivo consenso al trattamento dei dati da parte del cliente, dato che l’art. 24,
lett. a), del D.Lgs. 196/2003 sancisce che il consenso non debba essere richiesto quando il trattamento dei dati è necessario per adempiere ad un obbligo
previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria.
L’informativa dovrà altresì specificare i soggetti ai quali i dati possono essere
comunicati e l’ambito di diffusione dei medesimi (le autorità competenti in
materia di antiriciclaggio, primi fra tutti l’U.I.C.), nonché il diritto di accesso da
parte dei clienti agli anzidetti dati (ai sensi dell’art. 7 D.Lgs. 196/2003 il diritto di ottenere la conferma dell’esistenza dei dati, l’aggiornamento, la rettifica,
l’integrazione dei dati, ecc.).
Al riguardo è opportuno sottolineare che i clienti dovranno essere edotti circa
i soggetti incaricati al trattamento dei dati.
Le operazioni di trattamento dei dati sono effettuate dal professionista o da un
suo collaboratore, al tal fine appositamente autorizzato a norma dell’art. 30
del D.Lgs. 196/2003 per la protezione dei dati trattati.
Dovranno, altresì, essere rispettate anche le misure di sicurezza espressamente previste dagli articoli da 31 a 36 del D.Lgs. 196/2003 per la protezione dei
dati trattati.
Dette misure sono volte a ridurre il minimo i rischi di distruzione o perdita, anche
accidentale, dei dati o l’accesso non autorizzato al trattamento degli stessi.
Il professionista dovrà, altresì, svolgere un’attività di controllo interno allo studio per verificare il rispetto delle procedure di identificazione, registrazione e
58
conservazione delle informazioni nonché di registrazione e segnalazione delle
operazioni sospette.
Detti controlli, anche se periodici, dovranno essere continuativi e sistematici.
Particolare attenzione dovrà, altresì, essere posta dal professionista alla formazione dei propri dipendenti e collaboratori affinché abbiano un’adeguata
conoscenza della normativa antiriciclaggio e della clientela, così da poter collaborare attivamente con il professionista anche per l’evidenziazione di operazioni sospette.
La formazione dovrà avere, anch’essa, carattere continuativo e sistematico e
tenere conto dell’evoluzione della normativa in materia.
Come sottolineato dal Provvedimento dell’U.I.C. un supporto all’azione di formazione del personale potrebbe essere fornito dagli ordini professionali.
***
59
9. La rilevazione e segnalazione di operazioni sospette
L’art. 9 del D.M. n. 141 sancisce l’obbligo per i professionisti di segnalare
all’U.I.C. ogni operazione che “per caratteristiche, entità, natura, o per qualsivoglia altra circostanza conosciuta a ragione delle funzioni esercitate,
tenuto conto anche della capacità economica e dell’attività svolta dal soggetto cui è riferita, induca a ritenere, in base agli elementi a sua disposizione, che il denaro, i beni o le utilità oggetto delle operazioni medesime possano provenire dai delitti previsti dagli articoli 648 bis e 648 ter del Codice
Penale.”.
Quindi, i professionisti, come peraltro precisato dalle istruzioni applicative
dell’U.I.C., nello svolgimento delle proprie prestazioni devono valutare le operazioni compiute o richieste dai clienti al fine di rilevare e segnalare all’U.I.C.
le operazioni sospette di riciclaggio.
Gli obblighi di segnalazione non si applicano, pur tuttavia, in relazione alle
informazioni che i professionisti ricevono dai loro clienti o ottengono riguardo agli stessi nel corso dell’esame della loro posizione giuridica o nell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza in procedimenti giudiziari
o in merito agli stessi.
Lo stesso vale anche per la consulenza eventualmente prestata dal professionista sull’eventualità di intentare o meno un procedimento giudiziario.
Detta esimente opera ove tali informazioni siano ricevute o ottenute dal professionista prima, durante o dopo il procedimento stesso.
Al riguardo l’art. 10 del D.M. n. 141 specifica che l’esenzione si applica anche
per i giudizi arbitrali e per la risoluzione di controversie innanzi ad organismi
di conciliazione previsti dalla legge.
Dette esimente non si applica alle società di revisione.
Al riguardo il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti nella propria circolare divulgata il 4 Maggio 2006 ha precisato che in occasione
del recepimento della Terza Direttiva Antiriciclaggio in Italia sarebbe
opportuno confermare che, per quanto riguarda l’attività svolta dai commercialisti, “ il diritto di difesa si riferisce non soltanto alle vere e proprie
cause contenziose (ed al relativo pre-contenzioso) avanti le Commissioni
Tributarie, ma anche alle attività di difesa presso altri organismi diversi
dalle Commissioni Tributarie (per le imposte ancora residue), nonché alla
redazione di consulenze tecniche difensive in ausilio agli avvocati ( ad
es.: nei procedimenti civili, penali, amministrativi, oltre che ovviamente
tributari) ”.
60
Le istruzioni dell’U.I.C. richiamano, in merito alla rilevazione delle operazioni
sospette, gli artt. 3 e 3 bis del D.L. n. 143, convertito con modificazioni nella
Legge 197/1991.
L’art. 3 della “legge antiriciclaggio”, tra le caratteristiche da tener presenti
ai fini dell’individuazione di operazioni sospette, sottolinea l’effettuazione
da parte del cliente di una pluralità di operazioni non giustificate dall’attività svolta o da quelle svolte delle persone appartenenti al proprio nucleo
familiare.
Le istruzioni applicative dell’U.I.C. precisano al riguardo che le segnalazioni
effettuate ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 della legge 197/91 non costituiscono violazione agli obblighi di segretezza e, se poste in essere in buona fede e
per le finalità della normativa in esame, non comportano responsabilità di
alcun tipo (civile, penale, amministrativa) da parte dei liberi professionisti che
le hanno inviate o dei loro dipendenti o collaboratori.
Poiché, come previsto dall’art. 3 della “legge Antiriciclaggio”, l’Ufficio Italiano
Cambi può chiedere la sospensione dell’operazione per un massimo di 48 ore,
sempre che ciò non determini pregiudizio per il corso delle indagini, dall’esecuzione di detto obbligo di sospensione non deriva alcuna responsabilità in
capo al professionista.
Al fine di ottemperare agli obblighi di rilevazione e segnalazione delle operazioni sospette, le istruzioni dell’U.I.C. precisano che il professionista deve avvalersi delle informazioni ottenute nel corso dell’identificazione e di quelle disponibili in virtù dell’attività professionale prestata.
Anche l’art. 11 del D.M. n. 141 prevede che i liberi professionisti adoperino
informazioni in proprio possesso, acquisite nell’ambito dell’attività professionale prestata ai fini dell’assolvimento degli obblighi in merito all’individuazione e
segnalazione delle operazioni sospette.
In modo conforme si è espresso il Consiglio Nazionale Forense, nella propria
circolare del 29/4/2006, dove, nel fornire risposte alle domande sulle nuove
disposizioni antiriciclaggio, ha precisato che “l’avvocato deve ovviamente utilizzare le informazioni in proprio possesso, che sono quelle evidentemente raccolte e ricevute nell’ambito dell’attività professionale prestata”.
Ai fini dell’individuazione delle operazioni sospette, il professionista dovrà
anche attentamente valutare il profilo di rischio della propria clientela.
Al riguardo le istruzioni applicative dell’U.I.C. precisano che per “rischio s’intende l’esposizione a fenomeni di riciclaggio. La valutazione del profilo di
rischio si basa sulla conoscenza dei clienti e tiene conto, in particolare, delle
circostanze seguenti:
61
a) aspetti oggettivi concernenti, in particolare, le caratteristiche delle attività
svolte dai clienti, delle operazioni da essi compiute e degli strumenti utilizzati (ad esempio: interposizione di soggetti terzi; impiego di strumenti
societari, associativi o fiduciari suscettibili di limitare la trasparenza della
proprietà e della gestione; utilizzo di denaro contante o di strumenti al
portatore);
b) aspetti soggettivi concernenti, in particolare, le caratteristiche dei clienti
(ad esempio: soggetti insediati in località caratterizzate da regimi fiscali o
antiriciclaggio privilegiati, quali quelli individuati dal GAFI come non cooperativi; soggetti dei quali è noto il coinvolgimento in attività illecite).”
Qualora, inoltre, il professionista sappia che il proprio cliente agisce per conto
di un altro soggetto, dovrà verificare, sempre sulla base delle informazioni
disponibili, anche la reale titolarità dell’operazione, per assumere informazioni utili ai fini dell’eventuale segnalazione dell’operazione.
Le istruzioni applicative U.I.C. specificano che nell’individuazione delle operazioni sospette il professionista debba avere riguardo ai seguenti criteri generali:
- al coinvolgimento di soggetti costituiti, operanti o insediati in paesi caratterizzati da regimi privilegiati sotto il profilo fiscale o del segreto bancario ovvero in Paesi indicati dal GAFI come non cooperativi;
- a operazioni prospettate o effettuate a condizioni o valori palesemente diversi da quelli di mercato. I valori espressi in misura superiore al valore risultante applicando sistemi tabellari e coefficienti di moltiplicazioni previsti dalla
legge, non costituiscono in sè valori palesemente diversi da quelli mercato;
- a operazioni che appaiono incongrue rispetto alle finalità dichiarate;
- all’esistenza di ingiustificate incongruenze rispetto alle caratteristiche soggettive
del cliente ed alla sua normale operatività, sia sotto il profilo quantitativo sia
sotto quello degli atti giuridici utilizzati;
- al ricorso ingiustificato a tecniche di frazionamento delle operazioni;
- all’ingiustificata interposizione di soggetti terzi,
- all’ingiustificato impiego di denaro contante o di mezzi di pagamento non
appropriati rispetto alla prassi comune ed in considerazione della natura dell’operazione;
- al comportamento tenuto dai clienti, avuto riguardo tra l’altro alla reticenza
nel fornire informazioni complete circa l’identità personale, la sede legale o
amministrativa, l’identità degli esponenti aziendali, dei partecipanti al capitale o di altri soggetti interessati (quali mandanti, fiducianti, disponenti di
trust), la questione per la quale si richiede l’intervento del professionista e le
finalità perseguite, ovvero l’indicazione di dati palesemente falsi.
62
In apposito allegato alle istruzioni applicative dell’U.I.C. (allegato C) l’Ufficio
Italiano dei Cambi ha evidenziato alcuni indicatori di anomalia cui il professionista deve fare riferimento nella rilevazione delle operazioni sospette.
Detti indicatori di anomalia vengono analiticamente indicati nel capitolo
seguente.
63
10. Gli indicatori di anomalia di cui all’allegato C delle istruzioni U.I.C.
Nell’allegato C al Provvedimento del 24 Febbraio 2006, l’Ufficio Italiano dei
Cambi evidenzia alcuni importanti indicatori di anomalia a cui il professionista deve fare riferimento nella rilevazione delle operazioni sospette.
Al riguardo, l’Ufficio Italiano dei Cambi precisa che detti indicatori non costituiscono un riferimento esaustivo e di per sè sufficiente per l’individuazione
delle operazioni sospette.
In conseguenza, afferma testualmente“:
a) la ricorrenza di comportamenti descritti in uno o più indicatori non costituisce di per sè motivo sufficiente per l’individuazione e segnalazione di
operazione sospette, per la quale è necessario valutare la rilevanza in
concreto dei comportamenti della clientela;
b) sono altresì significativi per la rilevazione ulteriori comportamenti che,
sebbene diversi da quelli descritti negli indicatori, rivelino nondimeno in
concreti profili di sospetto;
c) l’accurato adempimento degli obblighi di segnalazione di operazioni
sospette implica la rilevazione di comportamenti che integrano più indicatori, specie se caratterizzati da particolare analiticità”.
Al riguardo l’Ufficio Italiano Cambi rileva anche come le modalità di identificazione della clientela debbono essere tenute presenti per l’individuazione
delle operazioni sospette.
L’elencazione, quindi, fornita dall’U.I.C. non deve ritenersi esaustiva di tutti gli
indicatori di anomalia, anche in funzione della continua evoluzione delle modalità di espletamento delle operazioni finanziarie.
Detti indicatori attengono sia ad aspetti soggettivi che oggettivi dell’operazione.
Quindi l’assenza dei profili di anomalia indicati nell’allegato C alle istruzioni
U.I.C. non è di per sè condizione sufficiente ad escludere che l’operazione
posta in essere dal cliente sia sospetta.
Il professionista dovrà, peraltro, tenere sempre presente il contesto nel quale l’operazione è stata compiuta o richiesta e tutte le informazioni disponibili.
Per la loro rilevanza si riportano di seguito gli indicatori di anomalia contenuti nell’allegato C alle istruzioni U.I.C.
1) Indicatori di anomalia connessi al comportamento del cliente
1.1 Il cliente si rifiuta o si mostra ingiustificatamente riluttante a fornire
le informazioni occorrenti per l’esecuzione delle prestazioni professionali, a dichiarare l’attività esercitata, a presentare documenta64
zione contabile o di altro genere, a segnalare i rapporti intrattenuti con altri professionisti, a fornire ogni altra informazione che, in circostanze normali, viene acquisita nello svolgimento della prestazione
professionale. Il cliente rifiuta di o solleva obiezioni a fornire al professionista il numero del conto sul quale il pagamento è stato o sarà
addebitato.
1.2 Il cliente fornisce informazioni palesemente inesatte o incomplete, tali
da manifestare l’intento di occultare informazioni essenziali, soprattutto se riguardanti i soggetti beneficiari della prestazione.
• Il cliente usa documenti identificativi che sembrano essere contraffatti.
• Il cliente fornisce informazioni palesemente false.
1.3 Il cliente ripetutamente cambia professionisti in un arco breve di
tempo senza che i professionisti siano in grado di trovare una spiegazione adeguata per questo comportamento.
1.4 Il cliente chiede di modificare condizioni e modalità di svolgimento
della prestazione quando la configurazione originariamente prospettata implichi forme di identificazione o registrazione oppure supplementi di istruttoria da parte del professionista.
• Il cliente rifiuta di o solleva obiezioni a pagare il prezzo di vendita con
bonifico o assegno bancario anche se la somma è superiore a € 12.500.
1.5 Il cliente ricorre ai servizi di un prestanome senza plausibili giustificazioni.
1.6 Clienti non residenti conferiscono procure a soggetti non residenti
ovvero i clienti conferiscono procure a soggetti non legati da rapporti di carattere personale o professionale o imprenditoriale idonei a
giustificare tale conferimento.
2) Indicatori di anomalia connessi al profilo economico-patrimoniale del
cliente:
2.1 I clienti, in assenza di plausibili giustificazioni, richiedono lo svolgimento di prestazioni relative ad operazioni palesemente non abituali
e/o non giustificate rispetto all’esercizio normale della loro professione o attività.
2.2 I clienti impiegano disponibilità che non appaiono coerenti con l’attività svolta dagli stessi o comunque non sono in alcun modo giustificate.
2.3 I clienti ricorrono a frequenti operazioni di acquisizione e cessione di
partecipazioni in imprese, non giustificate dal proprio profilo econo65
mico-patrimoniale o dalla propria professione o attività.
2.4 Le imprese clienti, pur detenendo un capitale sociale di importo ridotto, acquisiscono a diverso titolo la disponibilità di beni, anche di
lusso, di elevato valore, soprattutto con uso di denaro contante.
3) Indicatori di anomalia relativi alla dislocazione territoriale delle controparti delle operazioni oggetto delle prestazioni:
3.1 Le prestazioni professionali richieste riguardano operazioni che
coinvolgono controparti insediate in paesi esteri noti come centri
off-shore o caratterizzati da regimi privilegiati sotto il profilo fiscale o del segreto bancario ovvero indicati dal Gruppo di azione
finanziaria internazionale (GAFI) come non cooperativi, e che non
siano giustificate dall’attività economica del cliente o da altre circostanze.
• Operazioni inerenti la costituzione ed il trasferimento di diritti reali sui
mobili, effettuate nei predetti paesi.
• Operazioni di conferimento per la costituzione o l’aumento di capitale - soprattutto se effettuate in contanti e per importi consistenti - di
società dislocate nei predetti paesi esteri.
• Operazioni di costituzione di trust o strutture societarie nei predetti
paesi.
• Utilizzazione come soci di società costituite in regime di trust nei predetti paesi.
• Operazioni di trasferimento di partecipazioni o di diritti su quote o
azioni, o su altri strumenti finanziari che danno diritto di acquisire tali
partecipazioni o diritti, qualora venga interposto un soggetto estero
con chiare finalità di dissimulazione.
3.2 I clienti richiedono di effettuare sul conto del professionista operazioni di ricezione/trasferimento di fondi da parte/a favore di controparti dislocate in paesi esteri noti come centri off-shore o caratterizzati
da regimi privilegiati sotto il profilo fiscale o del segreto bancario
ovvero indicati dal GAFI come non cooperativi.
3.3 Ricerca di finanziamenti sulla base di garanzie, anche rappresentate da titoli o certificati, attestanti l’esistenza di cospicui depositi
presso banche estere, specie se tali depositi o finanziamenti sono
intrattenuti presso o erogati da soggetti insediati in paesi esteri
noti come centri off-shore o caratterizzati da regimi privilegiati
sotto il profilo fiscale o del segreto bancario ovvero indicati dal
66
GAFI come non cooperativi, in assenza di adeguate ragioni giustificatrici.
4) Indicatori di anomalia relativi a tutte le categorie di operazioni:
4.1 Il cliente intende regolare i pagamenti con una somma notevole di
denaro in contanti.
4.2 Il cliente intende effettuare operazioni mediante l’impiego di denaro
contante o di mezzi di pagamento non appropriati rispetto alla prassi comune ed in considerazione della natura dell’operazione, non
giustificate dall’attività svolta o da altre circostanze.
4.3 Il cliente intende effettuare operazioni a condizioni o valori palesemente diversi da quelle di mercato.
4.4 Il cliente ricorre sistematicamente a tecniche di frazionamento delle
operazioni non giustificate dall’attività svolta o da altre circostanze.
4.5 L’operazione appare del tutto incongrua rispetto alle finalità dichiarate dal cliente.
• Il cliente richiede una consulenza per l’organizzazione di operazioni di finanza strutturata sui mercati internazionali per esigenze legate ad un’attività commerciale con l’estero di dimensioni evidentemente contenute.
5) Indicatori di anomalia relativi ad operazioni immobiliari:
5.1 Le prestazioni professionali riguardano investimenti in beni immobili
effettuati da soggetti del tutto privi di adeguato profilo ecomonicoimprenditoriale o da cittadini stranieri non aventi alcun collegamento
con lo Stato.
5.2 I clienti ricorrono ripetutamente alla conclusione di contratti a favore
di terzo, di contratti per persona da nominare o ad intestazioni fiduciarie, aventi ad oggetto diritti su beni immobili, senza alcuna plausibile motivazione.
5.3 Il cliente intende comprare un bene immobile con una somma notevole di denaro in contanti.
6) Indicatori di anomalia relativi alla costituzione e alla amministrazione
di imprese, società, trust ed enti analoghi:
6.1 Le prestazioni professionali richieste riguardano operazioni di natura
societaria palesemente rivolte a perseguire finalità di dissimulazione
o di ostacolo all’identificazione della effettiva titolarità e della prove67
nienza delle disponibilità finanziarie coinvolte.
• Costituzione e impiego di trust, soprattutto nel caso in cui si applichi
una normativa propria di ordinamenti caratterizzati da principi e
regole non in linea con le disposizioni antiriciclaggio italiane, in
assenza di adeguate ragioni giustificatrici.
• Costituzione di strutture di gruppo particolarmente complesse e articolate, anche in relazione alla distribuzione delle partecipazioni e
alla collocazione all’estero di una o più società.
• Definizione di sindacati di voto o di blocco, preordinati ad esercitare
controllo o influenza significativa sull’attività della società.
6.2 I clienti intendono costituire società con capitali in denaro nelle
quali figurano come soci persone non imputabili sul piano penale, senza plausibili giustificazioni, ad eccezione delle imprese
familiari.
6.3 I clienti intendono costituire tre o più società nello stesso giorno o più
di tre società nel periodo di un mese, quando almeno uno dei soci di
tali società sia la stessa persona fisica o giuridica, e concorrano una
o più delle seguenti circostanze:
- nessuno dei soci e degli amministratori sia residente nel luogo della
sede,
- si tratti di soci o amministratori non conosciuti e residenti in luoghi
diversi,
- concorrano altri fattori che rendano sospetta l’operazione.
6.4 I clienti intendono effettuare frequenti operazioni di acquisizione e cessione di imprese o di aziende, palesemente non giustificate dalla natura dell’attività svolta o dalle caratteristiche economiche del cliente.
6.5 I clienti intendono costituire ovvero utilizzare una o più società prestanome o comunque interposta, in assenza di plausibili motivazioni.
6.6 I clienti intendono costituire o acquistare una società avente oggetto sociale di difficile identificazione, o senza relazione con quello
che sembra essere l’esercizio normale delle attività condotte dal
cliente.
6.7 I clienti intendono effettuare conferimenti in società o altri enti con
modalità tali da risultare palesemente incoerenti con il loro profilo
economico o con le finalità della società o dell’ente conferitario.
6.8 Le prestazioni professionali richieste riguardano il conferimento
di incarichi di responsabilità in società o enti a persone sprovviste delle necessarie capacità, palesemente preordinato a disgiun68
gere l’attività decisionale dalla titolarità delle cariche (ad esempio, impiegati senza specifica qualificazione, disoccupati, persone senza particolari titoli di studio o professionali, immigrati di
recente entrata, persone prive di domicilio conosciuto o con domicilio meramente formale, residenti in paesi esteri noti come centri
off-shore o caratterizzati da regimi privilegiati sotto il profilo
fiscale o del segreto bancario ovvero indicati dal GAFI come non
cooperativi).
7) Indicatori di anomalia relativi ad operazioni contabili e di sollecitazione
del pubblico risparmio:
7.1 Le prestazioni professionali richieste riguardano operazioni contabili
aventi l’evidente finalità di occultare disponibilità di diversa natura o
provenienza (ad esempio: attraverso la sopravvalutazione o la sottovalutazione di poste o cespiti).
7.2 Le prestazioni professionali richieste riguardano operazioni di appello al pubblico risparmio (sollecitazione all’investimento, mediante
offerte pubbliche di vendita di prodotti finanziari; sollecitazioni al
disinvestimento, mediante offerte pubbliche di acquisto o di scambio
di prodotti finanziari) effettuate con modalità che risultino chiaramente volte all’elusione delle disposizioni contenute nel Titolo II del decreto legislativo 24 Febbraio 1998, n. 58 e nei relativi provvedimenti di
attuazione, ovvero al trasferimento o alla sostituzione di prodotti finanziari o di disponibilità in essi rappresentate di provenienza illecita.
7.3 Le prestazioni professionali richieste riguardano operazioni di emissione di valori mobiliari che, palesemente prive di ragioni giustificatrici, appaiono incoerenti con le caratteristiche dell’emittente e con le
esigenze di approvvigionamento di mezzi finanziari, ovvero effettuate con modalità tali da manifestare intenti elusivi delle disposizioni
contenute nell’articolo 129 del decreto legislativo 1° settembre 1993,
n. 385 e nei relativi provvedimenti di attuazione. Tra le circostanze
da valutare è compresa la destinazione degli strumenti emessi all’acquisto o alla sottoscrizione da parte di un unico soggetto.
8) Indicatori di anomalia relativi all’utilizzo di conti ovvero di altri rapporti
continuativi:
8.1 I professionisti, in ragione delle prestazioni professionali richieste,
vengono a conoscenza di modalità di utilizzo di conti o di altri rap69
porti continuativi da parte del cliente non usuali o non giustificate in
ragione della normale attività del cliente o di altre circostanze.
• Il cliente compie successive operazioni di apertura e chiusura di conti
in paesi esteri e di altri rapporti continuativi senza che ciò appaia giustificato alla luce di obiettive esigenze o dall’attività svolta.
• Il cliente compie operazioni caratterizzate da un ricorso ingiustificato
all’impiego di denaro contante o a tecniche di pagamento mediante
compensazione o da elementi quali domiciliazione dell’agente presso
terzi, presenza di caselle postali o di indirizzi postali diversi dal domicilio fiscale o professionale.
• Il cliente richiede l’apertura di più conti o rapporti in Paesi esteri
senza una giustificazione plausibile.
• Il cliente utilizza conti di soggetti terzi, in particolare di società o enti,
per l’impiego o la dissimulazione di disponibilità personali, ovvero
utilizza conti personali per l’impiego o la dissimulazione di disponibilità di terzi, in particolare di società o enti.
• Il cliente utilizza cassette di sicurezza che, in assenza di obiettive
ragioni giustificatrici, appare volto ad assicurare l’occultamento delle
disponibilità custodite.
8.2 Il professionista è incaricato di effettuare depositi di denaro, beni o
titoli, con istruzioni da parte del depositante di impiegarli per fini
insoliti o non usuali rispetto alla normale attività del cliente.
Gli indicatori di anomalia relativi alle controparti posizionate in giurisdizioni
off-shore sono di particolare importanza in quanto è molto probabile che dietro operazioni che coinvolgono paradisi finanziari e bancari possa celarsi proprio il riciclaggio di capitali di provenienza illecita.
È del tutto evidente, infatti, che l’anonimato assoluto che offrono queste giurisdizioni sia un elemento essenziale prediletto dalle organizzazioni criminali.
Tali giurisdizioni offrono una serie di vantaggi quali:
- la flessibilità in fase di costituzione di società, ad esempio in paesi come il
Lussemburgo o la Svizzera dove anche nel giro di poche ore è possibile aprire un conto bancario a nome di una società appena costituita, soprattutto per
quelle società che non svolgono attività commerciali per cui non è necessaria una licenza delle autorità locali;
- l’assoluta discrezione sulle operazioni compiute;
- la rapidità con cui possono avvenire operazioni valutarie e finanziarie agevolate da una legislazione favorevole;
70
- l’impermeabilità del sistema bancario grazie ad un segreto violabile solo
tramite rogatorie internazionali per reati di particolare gravità;
- l’imposizione fiscale modesta o nulla sui redditi di capitale e sulle transazioni finanziarie.
L’anonimato, quindi, insieme ai suddetti ulteriori vantaggi, è un aspetto assolutamente determinante rispetto al mero risparmio di imposta.
Non si dimentichi, poi, come spesso le operazioni finanziarie non vengono
effettuate nel paese ove ha sede la società ma in altri paesi presso i quali sono
istituite sedi secondarie o uffici di rappresentanza, rendendo ancora più complessa l’attività di monitoraggio e controllo.
***
71
11. La procedura per la segnalazione delle operazioni sospette
Il Decreto Ministeriale 3 Febbraio 2006, n. 141, all’art. 9 precisa che le segnalazioni devono essere effettuate senza ritardo e, ove possibile, prima del compimento dell’operazione, cioè non appena il professionista sia venuto a conoscenza di elementi che lo inducano a sospettare che il denaro, i beni e le utilità oggetto dell’operazione possono derivare da un delitto non colposo.
Le istruzioni dell’U.I.C. precisano che il professionista incaricato di eseguire la
prestazione professionale debba provvedere personalmente ad eseguire la
segnalazione di un’operazione sospetta.
Tuttavia qualora più professionisti siano chiamati a svolgere congiuntamente
una prestazione professionale, essi possono effettuare congiuntamente anche
la segnalazione all’U.I.C..
Il Decreto Ministeriale n. 141 precisa, peraltro, che i professionisti debbano
adottare idonee misure di formazione affinché anche i propri collaboratori
siano in grado di utilizzare le informazioni in proprio possesso per avere
un’adeguata conoscenza della clientela e poter evidenziare al professionista le
situazioni di sospetto.
La segnalazione deve essere trasmessa in forma cartacea all’Ufficio Italiano dei
Cambi, Servizio Risorse Informatiche Approvvigionamenti e Servizi, Via delle
Quattro Fontane n. 123, 00184 - ROMA, con l’indicazione, accanto all’indirizzo, del codice PR AR94.
L’U.I.C. può richiedere ai professionisti qualsiasi informazione necessaria per
la propria attività di approfondimento o di analisi.
Il professionista dovrà tempestivamente comunicare all’U.I.C. ogni variazione
delle informazioni relative al segnalante.
I professionisti possono interloquire telefonicamente o via fax con l’U.I.C.,
anche per ricevere istruzioni sul comportamento da tenere.
I professionisti dovranno trasmettere tempestivamente all’U.I.C. le informazioni
da questo richieste.
L’U.I.C. può sospendere le operazioni segnalate come sospette per un massimo
di 48 ore, di ciò dando pronta comunicazione agli organi investigativi
(Direzione Investigativa Antimafia e Nucleo Speciale di Polizia Valutaria), sempre che ciò non determini pregiudizio per le indagini o per l’adempimento
degli obblighi di legge da parte del professionista.
Le istruzioni applicative dell’U.I.C. precisano che la segnalazione deve essere
prodotta secondo lo schema illustrato nell’allegato D delle istruzioni applicative e compilato secondo le istruzioni di cui all’allegato E.
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In particolare vanno indicati:
- i dati del segnalante;
- i dati del soggetto segnalato o della persona per conto della quale questo
operi;
- le informazioni sull’operazione oggetto di segnalazione;
- i motivi del sospetto.
L’U.I.C. informa i professionisti circa l’esito delle segnalazioni sia nel caso di
archiviazione, sia nel caso in cui le segnalazioni non abbiano avuto ulteriore
corso alla luce degli accertamenti investigativi effettuati.
Circa la riservatezza delle informazioni relative alle segnalazioni, l’Ufficio
Italiano Cambi ha così precisato: “tutte le informazioni relative alle segnalazioni di operazioni sospette, in ordine sia al contenuto sia alla stessa effettuazione, sono soggette ad un regime di rigorosa riservatezza in base alla legge. È
vietato dare comunicazione delle segnalazioni al di fuori dei casi previsti dalla
legge antiriciclaggio e del presente provvedimento. Il divieto comprende anche
ogni comunicazione nei confronti del soggetto segnalato.”.
È fatto, pertanto, divieto al professionista, come peraltro ai propri collaboratori, dipendenti e chiunque altro ne abbia conoscenza, di comunicare al cliente e a soggetti terzi le segnalazioni effettuate.
La trasmissione di informazioni attinenti a segnalazioni di operazioni sospette,
quindi, è possibile esclusivamente nei confronti dell’U.I.C. e degli organi investigativi competenti per l’accertamento dei fatti segnalati (Direzione
Investigativa Antimafia e Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di
Finanza).
L’U.I.C., compiuti i propri approfondimenti, trasmetterà prontamente agli organi investigativi le segnalazioni ricevute, corredate da una relazione tecnica,
omettendo l’indicazione del nominativo del professionista segnalante.
L’identità del professionista segnalante può essere rivelata solo quando l’autorità giudiziaria, con decreto motivato, lo ritenga indispensabile ai fini dell’accertamento dei reati per i quali procede.
Il professionista dovrà parimenti, all’interno della propria organizzazione,
adottare misure adeguate per mantenere la massima riservatezza sulle informazioni relative ad operazioni sospette e sulle segnalazioni effettuate.
Come previsto dall’art. 23 della “terza Direttiva Antiriciclaggio” (n.
2005/60/CE del 26 Ottobre 2005), gli Stati membri potranno designare un
idoneo organismo di autoregolamentazione della professione, come autorità
cui trasmettere le informazioni in prima battuta, in luogo dell’U.I.C..
Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, con propria Circolare del 4
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Maggio 2006 si è manifestato contrario all’eventualità di designare un organismo di autoregolamentazione come autorità cui trasmettere le informazioni, in
prima battuta, in luogo dell’U.I.C., laddove tale organismo fosse individuato
negli ordini locali territoriali di appartenenza di ciascun professionista.
Non ritiene, infatti, che tali ordini siano in grado di assolvere tale onere anche
per motivi strutturali ed organizzativi.
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74
12. Sanzioni
Si esaminano di seguito schematicamente, infine, le principali sanzioni cui sono
soggetti i professionisti in caso di violazione della normativa antiriciclaggio:
• Violazione all’art. 1 della Legge Antiriciclaggio, ovvero alla limitazione dell’uso del contante e dei titoli al portatore: sanzione amministrativa dall’1% al 40% dell’importo trasferito (art. 6, comma 6, lettera A,
D.Lgs. 96/2004);
• Omessa segnalazione delle violazioni all’art. 1 della Legge
Antiriciclaggio, ovvero alla limitazione dell’uso del contante e dei titoli al portatore: i professionisti devono comunicare al Ministero
dell’Economia e delle Finanze entro 30 giorni da cui ne hanno notizia
le infrazioni alle suddette disposizioni. La violazione dell’obbligo di
comunicazione è punita con la sanzione amministrativa dal 3% al 30%
dell’importo dell’operazione (art. 7, 2° comma, D.Lgs. 56/2004). Tale
sanzione pare irrogabile anche nel caso di segnalazione tardiva;
• Violazione degli obblighi informativi nei confronti dell’U.I.C.: comporta per il professionista la sanzione amministrativa pecuniaria da € 500
a € 25.000 (art. 7, 4° comma, D.Lgs. 56/2004);
• Mancato rispetto del provvedimento di sospensione adottato
dall’U.I.C. per le operazioni sospette: comporta per il professionista la
sanzione amministrativa pecuniaria da € 5.000 a € 200.000, salvo
che il fatto costituisca reato (art. 7, 5° comma, D.Lgs. 56/2004);
• Omessa segnalazione delle operazioni sospette ai sensi dell’art. 3
della Legge 197/1991: comporta per il professionista una sanzione
amministrativa dal 5% al 50% del valore dell’operazione, sempre che il
fatto non costituisca reato (art. 5, 4° comma, D.L. 143/1991 convertito
nella Legge n. 197/1991);
• Omessa istituzione dell’archivio unico: è punita con l’arresto da sei
mesi ad un anno e con l’ammenda da € 5.164 a € 25.822 (art. 5, 4°
comma, Legge 197/1991). Trattandosi di pena congiunta (arresto e
ammenda) non è oblazionabile. Non è, quindi, possibile estinguere il
reato e la relativa pena pagando una somma di denaro prima del
dibattimento, così da declassare il reato da illecito penale a illecito
amministrativo. Con l’attuazione della Terza Direttiva, detto illecito
dovrebbe essere depenalizzato;
• Divulgazione di informazioni fuori dai casi previsti dalla Legge relative a segnalazioni di operazioni sospette: è punita con l’arresto da sei
75
mesi ad un anno e con l’ammenda da € 5.164 a € 51.645, salvo che
il fatto costituisca più grave reato (ad esempio favoreggiamento) (art. 5,
6° comma, Legge 197/1991);
• Violazione degli obblighi di identificazione della clientela e registrazione delle operazioni, quali la tardiva o omessa registrazione: è
punita con la multa da € 2.582 a € 12.911, salvo che il fatto costituisca più grave reato (art. 2, 7° comma, Legge 197/1991);
• Omessa indicazione delle generalità del cliente da parte dell’esecutore della registrazione o indicazione di generalità false: è punita con la
reclusione da sei mesi ad un anno e con la multa da € 516 a € 5.164,
salvo che il fatto costituisca più grave reato (art. 2, 8° comma, Legge
197/1991);
• Omesso rilascio dell’informativa sulla privacy: sanzione amministrativa da € 3.000 a € 18.000.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze-Dipartimento del Tesoro con propria
circolare n. 46213 del 3/5/2006 ha delegato alle Direzioni Provinciali dei
Servizi Vari alcune competenze in materia antiriciclaggio, quali l’esercizio
delle funzioni in materia di procedimenti amministrativi e sanzionatori antiriciclaggio limitatamente alle violazioni delle disposizioni dell’art. 1, commi 1 e 2,
della Legge Antiriciclaggio (limitazione dell’uso del contante e dei titoli al portatore) sempre che d’importo non superiore ad € 250.000.
Le infrazioni di importo superiore ad € 250.000 e le altre infrazioni al Decreto
Ministeriale rimangono di competenza della Direzione Antiriciclaggio.
A tal fine sono state designate 9 Direzioni Provinciali e più precisamente:
Genova, Milano, Verona, Bologna, Roma, Napoli, Bari, Catanzaro e Palermo.
Il criterio per determinare la competenza è quello del luogo in cui è stata commessa la violazione o, qualora non possa essere determinato, il luogo in cui la
violazione è stata accertata.
76
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finito di stampare
nel mese di marzo 2007
3LB Printing&Design
Osnago (Lc)
NUMERI PUBBLICATI
n°
n°
n°
n°
1
2
3
4
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2007
2007
2007
2007
n° 5/ 2007
L’Amministrazione nelle S.r.l. - Simone Allodi
Lo Statuto dei diritti del contribuente - Alessandro Turchi
Finanziamenti dei soci - Giorgio Zanetti
Le norme del codice di procedura civile applicabili al Processo
Tributario - Paolo Brecciaroli
Bilancio e misurazione della performance delle organizzazioni
non profit: principi e strumenti - Marco Grumo
ISSN 1971- 2456
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Quaderno 6 - Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti