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PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
tuto registrare soltanto una vittoria parziale, con l’acquisizione nella Stet delle altre due concessionarie private, ma non
dell’azienda di Stato. Come è noto, nei due decenni successivi
alla scomparsa di Romoli, il sistema italiano delle telecomunicazioni, malgrado l’enorme progresso sul piano tecnologi
co, flOfl ha fatto molti progressi sul piano de1l’unitariet, che
quindi ancor oggi è un problema aperto e oggetto di aspre
polemiche. Per questo motivo, la biografia di «un grande ser
vitore dello Stato», come ebbe a definirlo Luigi Einaudi in una
sua famosa «predica della domenica», non è soltanto un im
pegno storiografico dovuto all’opera di Romoli, ma forse pu
essere utile a rintracciare stimoli per la soluzione di problemi
di grande attualità.
AGOSTINO ROCCA
(1895-1978)
di Paride Rugafiori
Nato a Milano il 25 maggio 1895, si laurea ingegnere industriale elettro
tecnico presso il Politenico di Milano.
Assunto dalla Dalmine nel 1922, diventa nel 1925 ingegnere capo delle
fabbricazioni e brevetta importanti processi tecnici. Nel 1926 inizia in qualità
di ispettore tecnico la propria collaborazione con la Banca commerciale
italiana: nel 1929 esce dai ruoli della Dalmine e passa all’ufficio tecnicoindustriale della Comit.
Segretario del Comitato per la siderurgia bellica speciale (1934), ammi
nistratore delegato dell’Ansaldo (1935-1945), della Siac e della Terni (19351938), amministratore delegato (1935) e direttore generale (1938) della
Dalmine, ricopre, dal 1938 al 1940, la carica di direttore generale della Fin
sider.
Dimessosi da ogni incarico nel 1945, lascia l’italia nel 1946: muore in
Argentina il 17 febbraio 1978.
1. La formazione tecnico-imprenditoriale
Che dirigenti e imprenditori industriali, con l’eccezione di
alcuni, isolati casi, non abbiano attirato fino a tempi recenti
l’interesse e l’impegno di ricerca degli storici, è fatto risaputo
e incontestabile, parte di un più generale e grave ritardo della
storiografia italiana nei confronti dello studio dell’industria. Ri
tardo che non è possibile giustificare se non con l’essere stato,
il nostro, paese di «seconda industrializzazione». E tuttavia, nel
caso di Agostino Rocca, una qualche ragione plausibile può es
sere portata a parziale giustificazione di una carenza protrattasi
a lungo e in via di superamento da non più di due anni a questa
720
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
Vede, caro amico, dove mi ha trascinato, molto oltre i limiti abituali di una lettera e del mio mestiere proprio il mio sentimento
di direttore di banca verso i miei depositanti! Ad un discorso che è
troppo lungo, sebbene sia anche troppo sommario! Anzi in definitiva
non e che un sommario, di cui molti punti andrebbero sviluppati e
altri vi andrebbero aggiunti: p. es. controllo dei prezzi, prezzi politi
ci, tesseramento differenziato, importanza capitale di una corretta
impostazione dei negoziati pei prestiti esteri ecc. Ma prima di tutto
occorre chiarire le premesse.
—
GUGLIELMO REISS ROMOLI
(1895-1961)
dz Bruno Bottzglzeri
—
Mi creda, con cordiali saluti,
Suo
R. Mattioli
Nato a Trieste il 12 aprile 1895, compie gli studi classici presso il liceo
Dante Alighieri della stessa città.
Irredentista militante, aderisce al movimento nazionalista di Federzoni e
combatte come volontario durante la prima guerra mondiale.
Assunto nel 1919 dalla Banca italiana di sconto, passa successivamente
alla Banca nazionale di credito e alla Banca commerciale italiana. Quale
<‘mandatario generale<> di quest’ultima si occupa del riordino dell’Italgas
(1930-31) e, nei due anni successivi, in qualità di tecnico finanziario della
Sofindit, contribuisce al riasetto del gruppo Sip e all’istituzione della Stet.
Nel 1930, nominato direttore della filiale della Banca commerciale di New
York, parte per gli Stati Uniti dove rimane sino al 1942.
Rientrato in Italia nella speranza di poter essere «discriminato», è poi
costretto a vivere in c1andestinit. Dopo la Liberazione viene nominato con
sigliere d’amministrazione dell’Ufficio cambi (agosto 1945) e direttore ge
nerale della Società torinese esercizi telefonici (gennaio 1946), alla cui guida
rimarrà fino alla morte, avvenuta a Milano il 25 aprile 1961.
1. Alla «scuola» dei grandi salvataggi industriali degli anni trenta
Nel 1914 l’associazione fra gli irredenti iscriveva tra i suoi
aderenti un triestino appena diciannovenne, Willy Reiss, fi
glio di un agiato commerciante israelita oriundo galizian&. Il
‘stesura di questo saggio è stata consentita dalla cortesia e liberalità dimostrata
dalla Stet, che ha agevolato in tutti i modi l’autore nel suo lavoro di ricerca di ma
teriale documentario di prima mano. La sensibilità verso le esigenze della ricerca
storico-economica dimostrata dai responsabili della Stet costituisce un esempio
di cultura industriale che non sempre è dato incontrare nel nostro paese. L’auto-
722
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBB
LICO
giovane aveva frequentato fino al 1913 il ginn
asio-liceo Dante
Alighieri di Trieste e in quel crogiolo di irredenti
aveva matu
rato saldi sentimenti di italianità. Iscritto alla faco
ltà di legge
dell’università di Padova, allo scoppio della guer
ra mondiale
Willy Reiss si sottrae agli obblighi di leva del
suo paese d’origi
ne e si arruola invece nell’esercito italiano, nel 1° regg
imento
granatieri di 2
Sardegna dove, poco dopo, si arruola anche il
,
fratello Giorgio in qualità di medico. Gli anni di
guerra lascia
no un segno incancellabile nel giovane tries
tino, che ora ha
preso il nome italiano di Guglielmo Reiss Romoli. Nel
maggio
1917, nelle trincee del Carso, mentre è al comando di una
compagnia di granatieri, è ferito gravemente alle
gambe dalle
schegge di una granata; quello stesso giorn
o viene ucciso il
fratello che lo ha sostituito in prima linea. Entr
ambi vengono
decorati con la medaglia 1
d’argento
.
Non paiono fuori luogo questi cenni all’esperienza di guer
ra di un futuro protagonista dell’inter
vento economico pub
blico, poiché proprio recentemente, tra gli stori
ci, si è iniziato
a porre nella giusta luce l’importanza dell’esperienz
a di com
battenti nella prima guerra mondiale (prima come volontari
e poi, per molti di loro, anche come organizzatori delle asso
re vuole pertanto ringraziare per la sua disponibilità il vice presidente
della Stet,
dott. Carlo Cerruti e inoltre il dott. De Sano e il dott. Rebba. Utili testimo
nianze
sono state offerte all’autore dal dott. Ernesto Manuelli, dal dott. Maffei e dalI’av
v.
Brancato, ex collaboratori di Reiss Romoli, e dal prof. Mario Einaud
i, verso cui
sono debitore di numerose precisazioni sul periodo americano
di Reiss Romoli.
‘Notiamo che all’Archivio centrale di Stato (d’ora in avanti Acs), in
un fonogram
ma della prefettura al ministero degli interni Direzione genera
le PS., Guglielmo
Reiss compariva come «soldato arruolato presso l’S 1° reggimento
fanteria’. Acs,
Ministero dell’intmw Direzione generale PS. 1915, fascicolo Reiss
Guglie
blica sicurezza aveva aperto un fascicolo riservato e aveva esegui lnw. La pub
to accertamenti
su Reiss Romoli come per tutti i giovani austriaci riparat
i in Italia. Dalla docu
mentazione conservata all’Archivio di Stato, risulta comun
que che le indagini sul
giovane studente triestino erano state interrotte dopo
pochi mesi in seguito alle
attenzioni di fiducia provenienti dalla presidenza della
Società nazionale Dante
Alighieri di Roma e dalla Associazione degli
irredentisti.
‘G. Salvi, Rievocazione di Guglielmo Reiss Romoli, Giornata della
Lega nazionale, 30
ottobre 1971; E. Manuelli, Guglielmo Reiss Romoli (1895-1961).
Appunti per un ritrat
to, in «Studi piemontesi”, marzo 1976. A. Spaini, Ritratt
o di un costruttore, conversa
zione radio del 25 maggio 1961. Altri interventi comme
morativi dai quali abbia
mo tratto alcuni dati biografici sono contenuti nel supple
mento al «Bollettino»
della Scuola superiore G. Reiss Romoli, n. 3, aprile
1976. Va infine ricordata la
Predica della domenica» del 30 aprile 1961 che Luigi
Einaudi dedicò all’amico
Reiss Romoli alcuni giorni dopo la sua scomp
arsa.
-
-
GUGLIELMO REISS ROMOLI
723
ciazioni degli ex combattenti) tra i fatto
ri che accomunano la
vita giovanile di molti tra i principali protagoni
sti dell’impresa
pubblica italiana. Accanto a Reiss Romoli si
possono infatti
citare
i nomi di Alberto Beneduce, Donato
Menichella, Arturo
Osio, Oscar Sinigaglia, Agostino 4
Rocca Sarebbe troppo sem
.
plice liquidare questo elemento comune com
e la conseguenza
di un dato generazionale, sia per il numero
eccessivo di coin
cidenze, sia soprattutto per la provata
matrice nazionalistica
che muoverà gran parte delle azioni di
questi uomini quando
saranno a capo di importanti aziende a partecipazione
statale.
Per questa generazione di manager la parola «pat
riota» non
suonava anacronistica e retor
ica
come può apparire oggi
gior
no, bensì si ricollegava ad alcun
e scelte ideali giovanili che
rimarranno nel carattere e nel modo di agire
successivo. In
questo senso, il passaggio dalla difesa degli interessi
dell’italia
sui campi di battaglia alla difesa sul pian
o della azione econo
mica, appare un’evoluzione
logica e ricca di potenzialità.
Al termine della guerra Romoli è assunto
alla Banca italia
na di sconto, quindi passa alla Banca nazionale di
credito. Nel
1929, allo scoppio della grande crisi, lavora alla
Banca commer
ciale italiana, che lo distacca per circa
un anno, in qualità di
commissario straordinario, all’Aziend
a comunale di elettricità,
gas e acqua cli Trieste. Il funzionario di banca Romoli
ha ormai
acquisito una notevole esperienza in campo finan
ziano, la gui
da di una società lo arricchisce perciò
di doti manageriali più
complessive che ne fanno un uomo prezioso
nelle difficili con
tingenze economiche in cui sta entrando il paese. Il
suo primo
rilevante incarico strettamente legato alla crisi
economica degli
anni trenta e alla stagione
dei grandi salvataggi che con essa si
aprirà, relativo alla riorganizzazione del grup
po Italgas per
conto della Banca commerciale italiana. Nel 1930
-31, quindi,
Romoli è a Torino con il compito di risanare
le finanze di una
società di cospicue dimensioni e di grande prest
igio.
P. Rugafioni, I gruppi
dirigen
ti della siderurgia «pubblica tra gli anni trenta e gli anni
sessanta, in Acciaio per l’industrializzazione,
a cura di F. Boneili, Tonno, Einaudi,
1982, pp. 337-368. Cfr., in questa stessa
opera, le biografie di A. Beneduce, A.
Rocca, O. Sinigaglia, A. Osio. Sul diretto
re generale della Banca nazionale del
lavoro, Arturo Osio, numerose inform
azioni sono contenute nel volume di V.
Castronovo, Storia di una banca. La
Banca nazionale del lavoro e lo sviluppo economico
italiano 1913-1983,Torino. Einsiirli 1Q5’ (n,,rr’ ..-u..;.-..-.—.’------
725
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
GUGLIELMO REISS ROMOLI
L’Italgas era una antica società torinese (era stata fondata
nel 1856) che aveva registrato un impetuoso sviluppo duran
di salvataggio e riorganizzazione attuata dal neonato Istituto
per la ricostruzione industriale
. Le particolareggiate relazioni
7
te la guerra con le sue produzioni nel campo degli esplosivi.
Negli anni venti, sotto la guida spregiudicata di Rinaldo Pan
zarasa, la società aveva esteso enormemente il suo campo di
intervento nei settori minerari, dei medicinali, dei coloranti,
dei fertilizzanti e in numerose altre attività chimiche, divenen
do la capogruppo di alcune decine di società anonime. Dopo
il 1925, anche l’ex direttore de «La Stampa» Frassati aveva in
vestito nell’Italgas notevoli capitali, mentre la società parteci
pava con sempre maggior consistenza alle attività finanziarie
dei gruppi elettrici e segnatamente quello di gran lunga più
.
Sip Con le prime ripercussioni del
importante a Torino, la 5
la crisi economica, il carattere prevalentemente speculativo e
l’assenza di solide basi finanziarie delle attività del Panzarasa
vennero immediatamente alla luce, mettendo repentinamente
l’Italgas alle soglie del tracollo, con gravi ripercussioni sulla
sulla condizione finanziaria e strutturale delle concessionarie
telefoniche del gruppo Sip, sulle quali lavorò nel 1933 il pre
724
Comit che ne aveva finanziato gran parte delle iniziative.
11 risanamento della società torinese venne awiato fin dal
191 e si concluse nell’autunno cli due anni dopo con lacquj
sizione delle azioni Italgas da parte di un gruppo di investitori
torinesi raccoltisi attorno a Frassati. Tutta l’operazione era sta
ta seguita dalla Sofindit (la società che aveva rilevato le parte
cipazioni azionarie Comit come primo passo della gigantesca
operazione di salvataggio che darà vita all’In), che in questa
occasione ottenne l’appoggio finanziario dell’Imi. Non è stato
possibile rintracciare notizie sul preciso contributo di Reiss
Romoli, ma esso dovette essere rilevante considerato che egli
giunse all’Italgas nello stesso periodo in cui dalla società usciva
il finanziere Panzarasa, le cui attività erano state all’origine
del tracollo. Nel 1932, quindi, Romoli fa capo alla Sofindit e
nel 19? gli viene affidato un incarico ancor più delicato e
importante: la sistemazione e lo scorporo delle partecipazio
, ossia la prima rilevante operazione
6
ni telefoniche della Sip
V. Castronovo, Storia delle regioni dall’unitd a oggi. Il Piemonte, Torino, 1977, pp.
387 e 411.
Sulle origini della Sofindit si vedano: G. Mori, Il capitalismo industriale in Italia,
6
Roma, 1977, pp. 251-312; G. Toniolo, Prima fase dello snzobilizzo pubblico delle «ban
che miste», in «Economia pubblica, n. 10, 1977, pp. 403-417, Sullo smobilizzo
delle azioni ltalgas al gruppo Frassati si veda E Cesarini, Alle origini del credito
sidente dell’In, Alberto Beneduce, per elaborare lo scorporo
e l’istituzione della finanziaria di settore, erano firmate da Ro
moli e contenevano più di una indicazione già orientata verso
la soluzione adottata successivamente dal Beneduce
.
8
Sul sistema telefonico italiano all’epoca dell’intervento di
Romoli gravavano assieme vizi originari e speculazioni recenti.
Tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento il servizio te
lefonico aveva avuto uno sviluppo nel complesso modesto ma
piuttosto confuso; all’inizio degli anni venti la maggior parte
del servizio nei grandi centri era gestito dallo Stato, mentre
coesistevano molte decine di società private che gestivano in
concessione numerose piccole reti. Nel 1925 il regime fascista
aveva riorganizzato il servizio in cinque grandi zone, ripnivatiz
zandone però la gestione, a esclusione del servizio interurbano
interregionale affidato a un’azienda di Stato. Le cinque zo
ne vennero date in concessione trentennale alle società Stipel
(Piemonte e Lombardia), Telve (Italia nord-orientale), Timo
(Emilia Romagna, Marche, Abruzzi e Mouse), Teti (Ligunia,
Toscana, Lazio, Sardegna), Set (Italia meridionale).
La formula di concessione adottata nel 1925 era nel com
plesso piuttosto vantaggiosa per le società, le quali ben presto
vennero inglobate da alcuni grandi gruppi finanziari del pa
ese. In particolare la Sip aveva acquisito il controllo delle tre
telefoniche centro-settentrionali Stipel, Telve e Timo. Queste
società per6, come tutto il gruppo Sip, subirono gravemen
te gli effetti della crisi economica e delle spenicolate gestioni
finanziarie dei loro amministratori. Nel 1932, Stipel, Timo e
Telve avevano debiti rispettivamente per 550, 156 e 105 milioni
a fronte di capitali sociali di 200, 50, 42 milioni. Negli ambienti
industriale in Banca e industria fra le due guerre, voi. 11, pp. 117-122; A. Castagnoli,
La crisi economica degli ann, trenta in Italia: il caso della Sip, in Rivista di storia con
temporanea», n. 3, 1976, pp. 321-346.
Suli’economia italiana negli anni trenta si vedano: V. Castronovo, La storia econo
7
mica, in Storia d7talia, voi. P Torino, Einaudi, pp. 296-350; L’economia italiana nel
periodo fascista, a cura di PI. Civera e G. Toniolo, Bologna, Il Mulino, 1976.
“Acs, Iii (1933-54), Serie nera, Sistemazione gruppo Sip Attività telefoniche.
-
727
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
GUGLIELMO REISS ROMOLI
finanziari piemontesi era opinione comune che senza un tem
pestivo salvataggio da parte di privati o da parte dello Stato,
per le tre società non vi erano più possibilità autonome di usci
re dalle difficoltà. Nell’estate del 1932 un gruppo di imprendi
tori piemontesi, capeggiati dall’amministratore delegato della
Ceat, Virginio Tedeschi, tentò l’acquisizione delle società tele
foniche della Sip, intessendo fitti rapporti con la Banca d’Italia
e gli ambienti di Palazzo Venezia. L’operazione tuttavia non
venne conclusa e di conseguenza l’anno successivo il salvatag
gio delle telefoniche rientrò nel più complesso intervento di
.
9
salvataggio della Sip
Nel 1933 la Sip costituiva, percR, uno dei più cospicui im
tuzione di una finanziaria di settore, cui l’In delegava alcune
sue funzioni di coordinamento e di guida, rappresentò un tipo
di soluzione particolarmente idoneo ad affrontare la riorganiz
zazione di comparti economici omogenei caduti in mano pub
blica; la Stet pertanto fu una specie di modello cui l’Iri fece
successivamente riferimento per costituire altre finanziarie di
settore, pur con i necessari adattamenti imposti dalle diversità
dei comparii industriali volta per volta coinvolti.
726
mobilizzi bancari cui doveva far fronte l’In nella sua opera di
salvataggio delle grandi banche miste del paese. La Sip infatti
risultava esposta per oltre un miliardo verso la Banca commer
ciale italiana e ditale debito una quota consistente derivava
dal dissesto delle telefoniche. Perciò all’In, prima ancora di af
frontare il problema Sip nel suo complesso, si decise lo scorpo
ro di un gruppo di partecipazioni assai omogeneo come quello
telefonico, le cui aziende presentavano, malgrado tutto, buo
ne prospettive di risanamento e redditività. Il 21 ottobre 1933
venne così deciso di costituire la Società toninese esercizi tele
fonici, Stet, con capitale azionario di 400 milioni, sottoscnitto
per intero dall’In. Il capitale della Stet fu interamente costi
tuito in gestione speciale a favore dei portatori di una serie di
obbligazioni (la «serie speciale gestione Stet>) emesse dall’In
con la garanzia dello Stato. Le obbligazioni partecipavano ai
dividendi attribuiti alle corrispondenti azioni Stet di proprietà
dell’In ed erano convertibili in ogni momento in azioni Stet.
In tal modo Beneduce correggeva l’iniziale intendimento del
governo all’integrale smobilizzo delle telefoniche, riservandosi
la facoltà di decidere se e a chi cedere il controllo azionanio di
. Ri
10
un settore di pubblico interesse come quello telefonico
Stet l’elevata
della
qualificanti
fattori
tra
i
sempre
mase tuttavia
l’isti
Inoltre,
sociale.
presenza di azionisti privati nel capitale
2. Alla guida dellenzia Comit di New York
Nel 1935 la direzione della Banca commerciale italiana in
via Romoli a dirigere l’agenzia di New York. Qui egli giunge
preceduto dalla fama di «grande liquidatore» per l’opera com
piuta alla Sofindit’. E in effetti è probabile che l’uomo fosse
stato scelto proprio per l’abilità mostrata a risolvere alcune tra
le più complesse situazioni finanziarie dei primi anni trenta.
Infatti da Milano gli venne affidato l’incarico di liquidare, nel
modo più indolore possibile, le banche americane possedute
dalla Comit e che da alcuni anni erano una continua fonte di
perdite. Si trattava delle Banca Commerciale Trust Companies
(più brevemente Bicitrust) di New York, Boston e Filadelfia, le
quali svolgevano un’attività bancaria rivolta in particolare alle
comunità italo-americane. Le operazioni più redditizie delle
tre Trusts concernevano la raccolta e la trasmissione in Italia
delle rimesse degli emigrati (soltanto quella di New York ne
raccoglieva circa 30 milioni di lire l’anno) e le speculazioni
sui titoli delle società americane. La grande crisi dei mercati
finanziari americani dei primi anni trenta aveva evidentemen
te colpito le banche della Comit, le quali scontavano, in pri
mo luogo, il loro sostanziale sottodimensionamento rispetto
alle dimensioni minime imposte dalle nuove condizioni del
mercato dei capitali, in secondo luogo, le perdite ricorrenti
dovute alle «oscillazioni del valore dei titoli americani». La li
quidazione delle Bicitrusts poneva alla Comit dei seri problemi
°Acs, Segreteria particolare del duce. Carteggio ordinario, fasc. 133678. Sulle origini del
la Stet si veda B. Bottiglieri, Stet. Strategie e struttura delle telecomunicazioni, Collana
Ciriec di storia d’impresa, Milano Angeli, 1987.
‘<L’istituto per la ricostruzione industriale, l’in, Torino, 1956, voi. III, Origini, ordina
menti e attività svolta, pp. 22-24; A. Castagnoli, op. cit., p. 332 Ss.
economici e di immagine esterna. Romoli, in una relazione
inviata a Mattioli nella primavera del 1937 in cui valutava tutti
“Testimonianza dell’avv. Brancato.
728
GUGLIELMO REISS ROMOLI
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
gli aspetti del progetto di liquidazione, osservava opportuna
mente che bisognava evitare di dare l’impressione che l’istitu
to cominciasse a «ritirarsi dal campo estero». E per far ciò era
necessario che nella procedura di liquidazione non apparis
se l’intenzione di attuare una «liquidazione pura e semplice»
delle Bicitrusts, bensì «accentuare il fatto che una gran parte
degli affari finora gestiti dalle Trusts verrà ripresa e continuata
dall’agenzia» della Comit di New York. Se non si fosse riusciti
in quest’opera a giudizio di Romoli c’era il rischio di compro
mettere il giro d’affari e gli stessi interessi dell’agenzia. Ov
viamente questo disegno incontrava un limite insormontabile
nella legislazione bancaria americana fattasi oltretutto più
severa dopo i tracolli dei primi anni trenta che vietava alle
agenzie di banche estere la raccolta di depositi e lo svolgimen
.
12
to di operazioni fiduciarie
Romoli prospettava quindi diverse ipotesi di soluzione del
problema, elencandone attentamente vantaggi e svantaggi. In
ogni caso, qualunque ipotesi fosse poi stata adottata, egli sugge
riva a Mattioli un’opera preventiva e riservata di sensibilizzazione
e informazione presso le maggiori banche americane con cui
la Comit intratteneva rapporti d’affari e con le autorità banca
rie americane e italiane. Per quanto concerneva le ipotesi di li
quidazione, Romoli descriveva in primo luogo quella di minore
portata economica, e che sembrava minimizzare i rischi massi
mizzando i vantaggi: ridurre le dipendenze della Bicitrust di New
York (che era di gran lunga la più importante delle tre Trusts)
da cinque a una sola, ed esattamente quella della Sixth Avenue.
Questa soluzione avrebbe consentito di conservare la parte mi
gliore della clientela senza gravare sulla tesoreria dell’agenzia
Comit, considerato che l’attività della banca si sarebbe finanziata
con i fondi raccolti in loco. Inoltre, in tal modo egli prevedeva di
conservare circa il 75 per cento del lavoro in rimesse dagli emi
granti. Tutto ciò eliminando la fonte di perdita maggiore che,
secondo le indagini di Romoli, risiedeva «nella ipertrofla dell’uf
—
—
»Archivio storico della Banca commerciale italiana (d’ora in avanti Ascomit),
Cartella Mattioli, Corrispondenza con Romoli, fascicolo vendita Trusls (1938-39). Col
go l’occasione per ringraziare il senatore Leo Valiani e il prof. De Cleva che mi
hanno gentilmente concesso di consultare le carte relative a Reiss Romoil conte
nute nell’Archivio Comit ancora in fase di ordinamento.
729
ficio centrale», che era stato sempre resistente ai diversi tentativi
di razionalizzazione attuati negli anni precedenti.
La seconda ipotesi prevedeva la liquidazione totale anche
della Bicistrust di New York. In questo caso, data la vivace con
correnza nel campo delle rimesse, Romoli prevedeva di perde
re tra l’80 e il 90 per cento delle rimesse solitamente facenti
capo alla Trnst di New York. A tale perdita egli proponeva di
porre parziale rimedio stipulando degli accordi con altre ban
che, verso le quali ci si impegnava a indirizzare la clientela della
Bicitrust qualora esse avessero destinato alla Comit una parte
delle rimesse così raccolte. Per quanto riguardava i depositi,
la liquidazione della licitrust poneva ostacoli insormontabili
a un loro passaggio all’azienda, in quanto l’attività di deposito
non era più consentita alle agenzie estere dalla normativa ban
caria degli Stati Uniti. Non era infatti ipotizzabile riadottare
la finzione giuridica usata fino al 1923, quando la raccolta di
depositi in lire tra gli italo-americani era mascherata dal rilascio
ai depositanti di una tratta a valere sulle filiali italiane dell’isti
tuto, anziché di un regolare libretto di deposito. Questa pratica
era stata tollerata dalle autorità americane fino alla metà degli
anni venti, ma essa era stata poi dichiarata illegale anche per
ch si era rivelata dannosa agli interessi degli istituti di credito
americani. Non a caso quella svolta nella politica bancaria era
stata tra i fattori che avevano promosso la fondazione di Trust
Companies negli Stati Uniti da parte di molte banche europee.
Anche per quanto riguardava i depositi, a giudizio di Romo
li, si poteva ridurre parzialmente il danno stipulando accordi
con altre banche e in particolare egli avanzava la proposta di
rivolgersi al Banco di Napoli Trust Company. Romoli preve
deva infine che i tempi per concludere tutta l’operazione di
liquidazione sarebbero giunti fino al 1939.
La previsione verrà confermata nei fatti e Romoli dedicherà
gran parte della sua permanenza negli Stati Uniti a perfezionare
l’importante compito. Tuttavia, quando esso ormai si avviava a
conclusione ed erano state liquidate le pendenze di maggior ti
lievo, l’inizio della guerra in Europa creò nuovi motivi di tensio
ne per l’agenzia di New York della Comit e per il suo direttore.
Ascomit, Fascicolo vendita Trusts (1938-39), Vantaggi e svantaggi della liquidazione
13
di Bicitrusts.
Fin dal febbraio 1939, con l’accentuarsi della tensione poli
tica internazionale, Mattioli telegrafava a Romoli di verificare il
fondamento delle notizie che allora circolavano negli ambienti
finanziari su un eventuale blocco degli averi italiani negli Sta
ti Uniti. Romoli confermava tali notizie, ma specificava che i
provvedimenti in fase di studio dell’autorità americana riguar
davano particolarmente la Germania. L’informazione era giun
ta a Romoli da una fonte che egli giudicava «ottima» e che,
inoltre, aveva aggiunto altri particolari. Secondo tale fonte il
progetto di legge di blocco degli averi tedeschi in America era
stato archiviato salvo serie complicazioni della situazione in
Europa in seguito a un intervento dell’incaricato d’affari del
la Germania, ma allo stesso tempo si era accentuata la tendenza
a «ottenere quietamente gli stessi risultati attraverso le sentenze
. Per
14
di tribunali o provvedimenti di legge dei singoli Stati»
questo motivo Romoli continuava a prestare la massima vigilan
za sui mutamenti legislativi del paese in cui agiva.
Il colloquio telegrafico che abbiamo descritto sintomatico
del clima vissuto dai suoi protagonisti e che andrà progressiva
mente peggiorando nei mesi successivi. Le reazioni di Romoli
e di Mattioli, a mano a mano che gli avvenimenti precipitavano
e rendevano difficile l’attività dell’agenzia Comit di New York,
appaiono però non sempre in sintonia. Influiva certamente
la diversità cli carattere dei due uomini, ma ancor di più la di
. Matdoli, al posto di comando
11
versa situazione in cui agivano
della direzione di Milano, poteva valutare assai più freddamen
te le conseguenze della guerra per la Comit, Romoli invece era
e si sentiva molto di più in «prima linea», in una situazione di
grande precarietà. Ad esempio, nel settembre 1989 egli avverti
tempestivamente Mattioli della proclamazione in America del
lo «stato di national emergency» e dei provvedimenti restrittivi
verso le banche tedesche presi dal governo degli Stati Uniti,
e fece intendere chiaramente di prevedere presto un prov
vedimento analogo per gli istituti italiani. Dopo il subitaneo
momento di preoccupazione, Romoli ripose tutta la sua abilità
affinché le vicende politiche internazionali non incrinassero la
—
—
‘<Ascomit, Cartella Mattioli corrispondenza con Romoli, fascicolo lettere dall’i settembre
1939 al 31 dicembre 1940 e telegrammi dall’ 11 febbraio 1939 al 23 febbraio 1939.
Cfr., in questo stesso volume (pp. 653-700), la biografia di R. Mattioli.
5
<
731
GUGLIELMO REISS ROMOLI
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
730
fiducia del mercato finanziario americano verso la Comit, e in
un primo tempo riuscì a ottenere successi lusinghieri, al pun
to da poter comunicare il 22 settembre a Mattioli che i broker
di New York collocavano ancora agevolmente le accettazioni
della Comit. In ottobre-novembre l’attività dell’agenzia di New
York appariva però molto più difficoltosa e in particolare si
intensificavano i controlli severi del Banking Department. In
tali circostanze Romoli accelerava pertanto la vendita del por
tafoglio titoli e si muoveva già secondo un’ottica, di chiusura
dell’attività, non sempre accolta da Mattioli
.
16
All’inizio del 1940, Mattioli, sulla scorta delle informazioni
provenienti da Romoli, fa preparare un promemoria sulla si
tuazione dell’agenzia di New York e sulle possibili conseguenze
dell’ingresso in guerra dell’Italia. I redattori del promemoria
giudicarono che l’entrata in conflitto dell’Italia non avrebbe
portato a un blocco degli averi italiani, e a questa conclusione
giungevano sulla base di quanto aveva deciso il governo de
gli Stati Uniti nei confronti degli averi scandinavi in occasio
ne dell’occupazione di questi paesi da parte della Germania,
quando il blocco degli averi era stato deciso al fine di «pre
vent them from falling into hands of persons not entìtled to
them», ossia per proteggere gli aventi diritto dei paesi invasi.
Condizione questa che non riguardava evidentemente l’Ita
lia. Ma questa singolare interpretazione (che «dimenticava» la
collocazione politica dell’Italia a fianco della Germania) era
seccamente contestata da Romoli, il quale avvertiva a ragione
come si vedrà la sede Comit di Milano di «ritenere inoltre
probabile che si procederebbe al bioccamento degli averi di
tali paesi (ossia dei paesi ulteriormente coinvolti nel conflitto)
qui e dei loro cittadini a fronte degli impegni verso gli Stati
Uniti (linee Eximbank, obbligazioni anche se finora al corren
te col pagamento degli interessi, debiti in genere) »17.
Con l’entrata in guerra dell’Italia Romoli si apprestò a li
quidare le attività dell’agenzia Comit di New York e dalla fit
tissima corrispondenza in cifra intrattenuta con Mattioli in
—
—
‘<Ascomit, Carldlla Mattioli corrispondenza con Romoli, Lettere di Romoli a Mattioli
del 22 settembre 1939 e del 10 ottobre 1939.
Ascomit, Cartella Mattioli corrispondenza con Romoli, fascicolo <Congelamento’
7
‘
1939-40, Promemoria 15 maggio 1940.
733
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
GUGLIELMO REISS ROMOLI
questo periodo (seconda metà 1940 primi mesi del 1941)
emerge il suo frenetico lavoro, qua e là inframmezzato da
accenti critici verso l’atteggiamento da «ordinaria amministra
zione» che sentiva provenire ancora da Milano, quasi che la
direzione centrale non si rendesse conto del pericolo immi
nente di un congelamento d’autorità dei fondi dell’agenzia
da parte del governo degli Stati Uniti. A seguito delle conti
nue pressioni provenienti da Romoli per avere precisi indi
rizzi di condotta, e che a Milano, con un p0’ di superficialità,
erano attribuite al suo eccessivo «pessimismo», Mattioli de
cise di chiarire senza ambiguità il suo punto di vista: il mas
simo responsabile della Comit comunicò a Romoli di essere
convinto «della inutilità di ricercare travestimenti per i nostri
dollari». Infatti, continuava Mattioli, «mentre da un punto
di vista sostanziale, tutte le alternative che ci si offrono per
mascherare i nostri dollari rappresentano un indebolimento
della nostra posizione in quanto ci legano alle vicende di
economie meno solide di quella nordamericana e bisognose
comunque di capitali esteri praticamente, nel caso che si ve
rifìchi un blocco anglopanamericano nei confronti del resto
del mondo, quelle divise anche così mascherate non possono
servirci né per acquisti nei paesi panamericani, per la pratica
impossibilità di importare, né per acquisti nei paesi europei,
per la impossibilità di utilizzare la divisa a loro favore. Tutto
il problema si risolverebbe in un rischio di cambio, che appa
re maggiormente tutelato se lasciamo bloccare i nostri fondi
negli Stati Uniti, anziché scegliere un altro, più costoso «frigi
daire». E bensì vero che, in caso di un’estensione del conflitto
quei fondi sarebbero soggetti a misure di sequestro. Si tratta,
tuttavia, di un provvedimento cli guerra, che non annulla i
nostri diritti di proprietà, che potremo far rivalere al termine
.
8
delle ostilità su una somma sfilata in dollari”
Il lucido ragionare di Mattioli aveva il pregio di non conce
dersi debolezze dettate dal frenetico clima bellico che ormai si
respirava in tutto il mondo, e di intuire che comunque fossero
andate le cose la moneta statunitense sarebbe rimasta la più
solida in circolazione, ma esso denunciava anche una certa sot
tovalutazione della gravità del conflitto in atto e, perlomeno,
una previsione errata sulla durata (si veda quel suo cenno alla
possibilità di far valere i diritti Comit al termine del conflitto).
Errore, invece, che Romoli non commetteva, forse perché il
suo angolo visuale di New York e i pericoli che correva per
sonalmente, gli consentivano di vedere la reale gravità delle
vicende che avrebbero sconvolto il mondo.
Pochi mesi dopo, con le dichiarazioni di guerra fra l’Italia
e gli Stati Uniti, Romoli venne internato nella prigione di Ellis
Island come «nemico pericoloso» ed evitò il peggio per inter
vento di alcuni amici; soltanto nel maggio 1942 rientrava in
Italia nel primo scambio con cittadini americani sorpresi in
Italia dallo scoppio delle ostilità. La scelta di rientrare in Ita
lia quando le sorti della guerra già si iniziavano a intravedere
e le leggi razziali erano attuate con particolare accanimento,
sorprese e preoccupò gli amici di Romoli e appare, a tutt’oggi,
piuttosto difficilmente spiegabile se non attribuendola a un
forte sentimento nazionalista mai spento dagli anni della pri
ma guerra mondiale.
732
—
—
—
“Ascomit, Corri5pondenza doti. Maitioli (1928-1970), fascicolo 553, comunicazione
telefonica del 18 febbraio 1941, promemoria del 10 febbraio 1941, telegrammi
del 6 marzo 1941.
3. 11 rientro in Italia e l’insediamento alla guida della Stet
Giunto in Italia Reiss Romoli vi trova operative le leggi raz
ziali. Inizia per il dirigente della Comit, che pure si era da tem
po convertito al cattolicesimo, il periodo più difficile della sua
vita. Forte del suo passato di combattente decorato della prima
guerra mondiale e di fede fascista «fin dal marzo 1919», Romoli
spera di aggirare la discriminazione razziale introdotta dal re
gime presentando domanda di arruolamento volontario al suo
reggimento, il 1 granatieri. A tal fine interessò della sua pratica
anche il principe ereditario. Malgrado l’autorevole appoggio,
fin dal luglio del 1942 Mussolini aveva scritto di suo pugno un
«No/M.» sulla domanda di Romoli, al quale invece era stato
riferito che il «duce aveva acconsentito, ma si era riservato di
fissare l’epoca del procedimento». Passando i mesi inutilmente
e con l’aggravarsi della persecuzione razziale, nel febbraio 1943
Romoli fece un secondo tentativo mediante il vice presidente
734
735
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
GUGLIELMO REISS ROMOLI
della Reale accademia d’Italia Giancarlo Vallauri’°. La lettera di
raccomandazione che quest’ultimo invia al segretario di Musso
lini, De Cesare, dimostra l’affetto e la stima profondi di Vallauri
per Romoli, ma non è sufficiente a sbloccare la determinazione
di Mussolini
. I due anni successivi sono perciò un periodo di
20
vicende fortunose che conducono Romoli a nascondersi presso
amici e in particolare presso un sacerdote cattolico, per evitare
l’internamento e il campo di sterminio.
Non meno amari, tuttavia, si rivelarono i primi mesi del
dopoguerra, quando parve che anche lui, come altri ex alti
dirigenti di azienda del periodo fascista, non avrebbe più tro
rapporto negli anni trenta attraverso i figli Mario e Roberto,
conosciuto ai tempi della Sofìndit) prevale lo sconforto per
la propria situazione e per quella del paese, aggravata da un
clima politico che impediva di utilizzare le migliori energie
di epurazione, il bisogno di tecnici e manager divenne ben
il primo durante la permanenza negli Stati Uniti, il secondo
alla Soflndit) e il sospetto che dietro l’offerta di una carica che
giudica «onorifica», vi fosse una «mefistofelica pensata di Raf
faele Mattioli dato che vi sarebbe incompatibilità» tra essa e un
.
22
eventuale rientro alla Comit
A parte questi dissapori con Mattioli, a favore di uomini
come Romoli, dotati di elevata capacità professionale in cam
i gravissimi problemi dell’economia
po finanziario, giocavano
italiana dell’immediato dopoguerra. A mano a mano che il
commissariamento di impronta politica, attuato nella mag
gior parte delle imprese, rivelava limiti oggettivi per il rilancio
dell’economia nazionale e venivano ridimensionati i propositi
vato unoccupazione adeguata alle capacità professionali pos
sedute. In alcune lettere all’amico Agostino Rocca
’ (che aveva
2
presto assillante. Il problema riguardava in particolare le azien
de a partecipazione statale e tra esse la quota di gran lunga più
importante che faceva capo all’In con i suoi gravi problemi di
riconversione e risanamento finanziario. Come è noto, infatti,
professionali e in cui uomini come Rocca ed egli stesso appa
rivano accantonati: «da più di tre anni peggio che esule in pa
l’In aveva subito danni di guerra relativamente più elevati del
tria» scriveva Romoli all’amico. Rocca suggerì di espatriare, e
resto della struttura economica e in esso gravavano più che
altrove esuberanza di manodopera e insufficienze finanziarie.
Non stupisce pertanto che, verso la fine del 1945, ai vertici
Romoli, nel luglio 1945, afferma di averci pensato seriamente
potendo oltretutto contare su solide amicizie negli Stati Uniti,
ma aggiungeva «di non aver l’animo di lasciare questa Italia
perché sarebbe per sempre». «Posso lasciare le ossa di mio fra
tello e dei miei compagni migliori?» concludeva Romoli nella
lettera a Rocca.
Particolari amarezze gli derivarono dalla freddezza con cui
lo accolse il vertice della Comit. Mattioli fece trascorrere molti
mesi senza rispondere alle richieste di Romoli per un nuovo
incarico nella banca. Quando, il 1 agosto, giunge da parte
di Luigi Einaudi la nomina a consigliere di amministrazione
dell’Ufficio italiano cambi, Romoli è combattuto tra la rico
noscenza che sente di dovere a Einaudi (con cui era stato in
‘>Vallauri aveva conosciuto assai bene Romoli fin dal 1930-31 a Torino dove egli
svolgeva la sua attiviti accademica a stretto contatto con la Sip, di cui nel 1933
divenne presidente.
20 Segreteria particolare del Duce. Carteggio ordinario, fascicolo n. 550820, Reiss
Acs,
Romoli.
Su Agostino Rocca si veda ora, F. Bonelli, A. Carparelli e M. Pozzobon, La nfor
ma siderurgica In tra autarchia e mercato (1935-42), in Acciaio per l’industrializzazione,
cit., pp. 217-334.
dell’In, si pensasse a un uomo come Romoli per andare a oc
cupare la massima carica operativa direttore generale al
—
—
la Stet, ossia la finanziaria del settore telefonico che proprio
l’azione di Romoli, nel 1933, per conto della Sofindit, aveva
.
20
contribuito a costituire
All’indomani della guerra la Stet è una finanziaria dotata
di un capitale sociale di 400 milioni ed è, come all’atto del
I,
la sua costituzione, prevalentemente impegnata nel controllo
delle tre concessionanie telefoniche Stipel, Telve e Timo, oltre
12 Luigi Einaudi, Archivio Agostino Rocca, buste 67.36 e 67.45, lettere di
Fondazione
Reiss Romoli del 22 luglio e 18 agosto 1945. Ascomit, Dott. Mattioli. Corrisbondenze
(1928-70), Romoli dal 10 gennaio 1941, lettera di Romoli del 20 agosto 1945.
>‘Dalle mie ricerche d’archivio non risulta alcun intervento diretto di Romoli a
favore di tale incarico; tantomeno vi furono da parte sua manovre tese a far timuovere il direttore generale della Stet, Patrizi. Vi è invece più di una prova che
la decisione di rimuovere quest’ultimo era già nelle intenzioni del vertice In sulla
base delle indicazioni emerse durante la gestione commissariale. Si vedano in
particolare i riferimenti alla relazione del commissario contenuti nei primi verba
li del consiglio di amministrazione del dopoguerra (citati d’ora in poi con Vca).
736
737
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
GUGLIELMO REISS ROMOLI
che in alcune società minori come la Seat, la Seta, la Saiat e
la Scintifia. I danni dovuti alle attività militari non erano stati
molto consistenti per la Stipel e per la Telve (rispettivamente
il 5 e il 10 per cento della consistenza degli impianti all’inizio
della guerra), mentre costituivano un serio problema per la Ti
mo (35 per cento), che aveva visto svolgersi nella propria area
di concessione gran parte delle operazioni belliche. Se quin
di l’entità complessiva dei danni non appariva drammatica,
narie, le quali avevano anch’esse subito perdite per 35, 24 e 37
.
24
milioni, rispettivamente per Stipel, Telve e Timo
Questo che abbiamo descritto sinteticamente era il quadro
complessivo di un gruppo di primo piano nella gestione di
un servizio sempre più vitale all’economia e che Romoli si ac
cingeva a guidare nel 1946, in sostituzione del dottor Vittorio
Patrizi che aveva ricoperto la carica di direttore generale dal
1937. Non sorprendono quindi le parole con cui il presidente
l’opera di ricostruzione imponeva egualmente il superamento
della Stet, Ugo Bordoni, propose la candidatura di Romoli al
di gravi ostacoli. In primo luogo, quello dell’approvvigiona
mento dei materiali, il quale si scontrava con le difficoltà delle
industrie interessate alle produzioni telefoniche, del sistema
consiglio di amministrazione, parole che sottolineavano prima
di tutto le sue particolari competenze finanziarie sia in campo
nazionale che internazionale. Bordoni non accennò invece al
dei trasporti e del commercio estero; in secondo luogo, i gra
vi problemi finanziari ereditati dalla guerra. La ricostruzione
ruolo svolto da Reiss Romoli nella fase costituente della Stet
e che pure costituiva il bagaglio di conoscenze principali cui
materiale doveva altresì misurarsi con le necessità di ammo
dernamento di molti impianti e con l’aumento della domanda
del servizio che già si stava registrando nel paese. Il problema
finanziario risaliva invece prevalentemente allinadeguatezza
delle tariffe telefoniche a confronto col repentino aumento
dei costi dei materiali e del lavoro. Tra il 1954 e il 1946, a un
aumento medio del costo dei materiali per impianti telefonici
di circa 70 volte si contrapponeva un aumento delle tariffe sol
tanto di 6 volte. Assai pesante si presentava anche la situazione
relativa alle spese per il personale. Le assunzioni obbligatorie
imposte alle società del gruppo Stet, come a tutte le imprese
del paese, avevano accresciuto l’occupazione del 18% in poco
più di un anno, portando l’incidenza delle spese per il perso
nale sul costo complessivo del servizio dal 32,3% del 1940 al
73,5% nel 1946. All’interno di questo incremento di spesa,
stavano anche gli incrementi salariali ottenuti nei primi me
si del 1946, ma gravava soprattutto il balzo senza precedenti
degli oneri indiretti, che rappresentavano oramai circa il 30%
dell’intero costo del lavoro.
Le due conseguenze più gravi di quest’insieme di circostan
ze erano rappresentate dalla riduzione di produttività, caduta
a 41,6 apparecchi installati per addetto contro i 49,8 del 1940,
e l’impossibilità, nel 1945 e nel 1946-47, di effettuare ammor
tamenti, con effetti negativi sulla dotazione di impianti. Per
tanto il primo esercizio finanziario della Stet del dopoguerra
si chiude con una perdita di 22 milioni, dovuta alla mancata
distribuzione di dividendi da parte delle tre società concessio
dovrà ricorrere il nuovo direttore generale per bene districare
.
25
la grave situazione finanziaria della società
Romoli avvia senza indugi l’opera di risanamento e rilancio.
La sua attività sul piano finanziario e della riorganizzazione
delle strutture della società, realizza risultati così rapidi che
essa otterrà dopo appena quattro mesi dalla nomina un espli
cito e inconsueto riconoscimento dal consiglio d’amministra
. In effetti l’impronta di Romoli è già ben chiara nelle
26
zione
maggiori iniziative intraprese dalla Stet nel 1946 e nella im
postazione strategica che emerge dalla relazione del consiglio
di amministrazione all’assemblea degli azionisti del novembre
dello stesso anno.
Non appena preso possesso del nuovo incarico Romoli de
dicò tutto il suo impegno e la sua esperienza a una serie di in
terventi di effetto immediato per elevare l’efficienza aziendale
e consolidarne la struttura finanziaria. Innanzitutto promosse
il coordinamento delle attività di ricostruzione in atto nelle
concessionarie, quale premessa per un coordinamento perma
nente dei servizi più importanti. In quei mesi ci significava in
particolare l’arrnonizzazione e spesso la centralizzazione degli
approvvigionamenti, al fine di assicurarne caratteristiche ido
Stet, Relazioni e bilancio, 11 esercizio, Torino, 1946, pp. 11-15; Stet, Relazioni e
bilancio, 12 esercizio, Torino, 1946, pp. 7-18.
Vca del 19 gennaio 1946.
21
Vca del 26 aprile 1946.
26
24
739
PROTAGONISTI DELL’ INTERVENTO PUBBLICO
GUGLIELMO REISS ROMOLI
nee sul piano tecnico e su quello relativo al prezzo. Romoli, ad
esempio, riscontrò e propose di superare «una situazione di
privilegio a favore di un unico fornitore» (la Ceat), in conse
guenza di un rilevante contratto di fornitura di cavi sottoscritto
durante la gestione commissariale. Egli, invece, era fautore di
una attenta politica di diversificazione dei fornitori.
Nel quadro dell’opera di riorganizzazione interna venne
istituito un Comitato tecnico centrale, come organo consul
tivo in materia di direttive tecniche e che fin dall’inizio dei
suoi lavori nell’ottobre 1946 effettuò una completa rico
gnizione degli impianti e dei magazzini, riesaminò le clausole
di aggiornamento dei prezzi coi fornitori, impostà i corsi di ag
da prevedersi che in quell’arco di tempo si sarebbe raggiunta
la stabilizzazione monetaria e si sarebbe schiarita la situazione
economica europea con la firma di accordi finanziari inter
nazionali (come effettivamente accadrà). In tal modo la Stet,
al momento della ripresa definitiva del sistema economico, si
sarebbe trovata senza impianti ipotecati e nelle migliori con
dizioni di solidità finanziaria. Accanto ai finanziamenti Imi,
Romoli avvia altre operazioni finanziarie di minor rilevanza,
giornamento degli impiegati tecnici, unific il servizio collaudi
e, infine, esaminò i piani tecnici quinquennali delle società,
entro i quali vi era la costruzione di una linea di alta frequenza
rischiavano però di essere ben presto vanificati dai crescen
.
27
fra Torino, Milano e Venezia
La revisione tecnica dei piani delle societi concessionarie
era strettamente collegata a quella d’ordine finanziario, tema
che maggiormente assillava la Stet nei primi anni del dopo
guerra. Romoli tra i primi atti della sua gestione aveva ridotto
il fabbisogno finanziario previsto dai piani delle concessiona
ne per il 1946 da circa 3,35 miliardi a circa 2 «in funzione
rale non poteva far altro che registrare i numerosi accordi di
rivalutazione delle retribuzioni dirette o indirette intervenuti
738
—
—
dell’esigenza dei lavori». Ma non bastava certo questo lavoro
di «limatura» dei piani aziendali a risolvere la crisi finanziaria,
che era appesantita da un eccessivo ricorso al credito a breve
effettuato negli ultimi due anni. Romoli si impegna quindi a
ricercare »forme di sovvenzione a media scadenza» in attesa di
poter consolidare la situazione con operazioni di più ampio
respiro. Decise pertanto di sottoporre al consiglio di ammi
nistrazione la proposta di utilizzo della legge 367/1944 che
prevedeva alcune agevolazioni creditizie per l’opera di rico
struzione degli impianti danneggiati dalle attività belliche. In
particolare, in questa occasione, emersero le notevoli doti di
finanziere del Romoli. In una fase estremamente delicata del
ma che nel loro complesso garantirono alla Stet una situazione
di relativa tranquillità fin dal 1947, anno in cui Reiss Romoli
.
28
veniva cooptato nel consiglio di amministrazione
I risultati raggiunti sul fronte delle disponibilit. creditizie
ti costi del lavoro e dall’irrisolto problema dell’adeguamento
tariffario. In materia di costo del lavoro il neo-direttore gene
nel paese tra la liberazione e la prima metà del 1946 e che,
naturalmente, avevano coinvolto anche le aziende controllate
dalla Stet e in particolare la Stipel (che agiva in Piemonte e
Lombardia). Le telefoniche non furono comunque toccate
sensibilmente dai moti rivendicatori in atto in altri compar
ti economici. La conflittualità si mantenne su livelli piuttosto
bassi e non costituì mai una grande preoccupazione per Reiss
Romoli. Nella primavera del 1946, ai lavoratori telefonici ba
starono tre ore di sciopero per raggiungere un accordo con
l’Ascot (l’Associazione sindacale delle società concessionarie
telefoniche). Nuove agitazioni del personale si verificarono
nel settembre successivo, nel quadro di un movimento rivendi
cativo generalizzato a tutto il paese, e si conclusero con un ac
cordo siglato con la mediazione governativa che prevede
va, a giudizio delle stime della direzione della Stet, incrementi
di circa il 30 per cento delle retribuzioni. A commento di que
—
—
mercato dei capitali interno e internazionale, infatti, egli pro
poneva al consiglio di stipulare un contratto con l’Imi a valere
sulla 367 di durata non superiore ai quattro anni, poiché era
sti accordi, Romoli osservava che essi non solo costituivano un
27 del 29 ottobre 1946. Sull’opera di riorganizzazione promossa da Romoli in
Vca
questo periodo vi sono le testimonianze del dott. Rebba e del dott. Maffei.
Vca del 26 luglio 1946; Stet, Relozioni e bilancio, 13° esercizio, Torino, 1948; Vca
28
del 18 dicembre 1947.
aggravio economico per le aziende, ma avanzava il dubbio che
da essi traessero effettivi vantaggi anche i lavoratori, conside
740
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
GUGLIELMO REISS ROMOLI
rando che si traducevano in larga misura in incrementi del
salario indiretto più di quello diretto».
In materia di tariffe gli aumenti del 100 per cento decisi dal
governo a partire dall’aprile 1946 si erano rivelati assai lontani
dalle necessità. La relazione annuale del consiglio di ammini
strazione notava infatti che il servizio telefonico era tra i beni
i cui prezzi si erano meno rivalutati, e si chiedeva se la «natura
del servizio», che mancava «del requisito di utilità generale in
discriminata», giustificasse una condizione di «prezzo politico».
Inoltre, considerando che le industrie fornitrici di materiale
erano invece libere di aggiornare i prezzi di vendita, si affaccia
va il rischio che gli squilibri di bilancio cadessero sulle spalle
dello Stato e quindi, in ultima analisi, su tutti i contribuenti,
anche su quelli che non usufruivano del servizio telefonico.
Altre due conseguenze assai gravi del mancato adeguamento
tariffario e che Romoli tenterà costantemente di evitare, riguar
davano l’impossibilità di stanziare quote di ammortamento e di
offrire una adeguata remunerazione ai capitali investiti. Romoli
apprezzava in tutta la sua importanza la presenza di investitoti privati nelle aziende a partecipazione statale e nella Stet in
particolare. Tale presenza egli la considerava la misura dell’ef
ficienza e della redditività aziendale. Non poter distribuire divi
dendi era un segno economico negativo «in particolare» per le
aziende a partecipazione statale, le quali dovevano dimostrare
più di quelle private di volersi costantemente misurare con le
regole del mercato. Vedremo in seguito come questo rispetto
per l’investimento privato da parte di Romoli agevolerà note
volmente la Stet negli anni successivi nel reperimento di mezzi
finanziari adeguati all’entità dei piani di lavoro delle conces
sionarie telefoniche. Per il momento è interessante constatare
che la Stet riuscì, anche nell’esercizio 1945-46, a distribuire un
piccolo dividendo, malgrado un deficit di fine esercizio di circa
22 milioni. Per raggiungere un tale risultato, per molti versi
sorprendente, Romoli utilizzò le disposizioni di legge sulle riva
lutazioni dei valori aziendali, che per la Stet comportarono una
rivalutazione di circa 209 milioni a cui vennero detratti circa
68 milioni derivanti da una palese plusvalenza del portafoglio
titoli in conseguenza dell’aggiornamento dei valori nomina-
741
li delle azioni delle tre concessionarie stabilito con legge n.
1729/1947. Mediante tali operazioni contabili si riuscì ad assor
bire la perdita di esercizio e a distribuire un dividendo di poco
più di 20 lire per azione
.
30
Nel 1948 la Stet si rivolse all’Imi per un nuovo consistente
prestito a condizioni agevolate, dettato questa volta dalle ne
cessità poste dagli intensi programmi di sviluppo avviati dalle
concessionarie. La saldezza finanziaria della società e i criteri
di gestione che la animavano e che cominciavano a essere noti
negli ambienti bancari italiani, fecero superare facilmente le
severe istruttorie dell’Imi, che alla fine dell’anno concesse un
mutuo di 3,1 miliardi (1,5 alla Timo, 1 alla Stipel, 0,6 alla Telve). Nel frattempo, il gruppo dirigente della società torinese
stabili contatti con l’azienda di Stato, le altre concessionarie e
il governo, affinché il settore telefonico fosse inserito tra quelli
che avrebbero beneficiato del piano Marshall. Sembra infatti
di poter dire che l’istituzione di pochi giorni successiva al
varo dell’Erp di un comitato tecnico in seno all’Ascot con il
compito di svolgere «un’azione comune di tutte le concessio
nane telefoniche su alcune questioni», facesse parte di questo
disegno, che imponeva la predisposizione di piani di setto
re pluriennali da presentare alle autorità americane addette
all’attuazione del piano Marshall. A questo proposito è inte
ressante il fatto-che le cinque concessionarie dichiarassero al
governo che il finanziamento del piano telefonico poteva avve
nire anche senza l’impiego dei fondi del piano Marshall a con
dizione che le tariffe fossero gradualmente adeguate ai costi
di esercizio (compresi ovviamente gli ammortamenti e l’equa
retribuzione del capitale), che il governo fornisse «provviden
ze contributi d’interesse o agevolazioni analoghe intese a
facilitare l’assunzione sul mercato normale di prestiti a lunga
scadenza e a ridurre il relativo costo», che fosse prolungata la
—
—
—
—
durata delle 31
concessioni
.
‘°Stet, Relazioni e bilancio,
>‘Vca del 29 ottobre 1946; Stet, Relazioni e bilancio, 120 esercizio,
cii., p.
12.
130 esercizio, cit.,
pp. 9-24.
>‘Vca del 30 giugno, 16 ottobre e 14 dicembre 1948; Stet, Relazioni e bilancia,
esercizio, cit., pp. 15-16.
130
742
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
4. Il piano della International Telephone and Telegraph
Il riferimento alle concessioni, tema sul quale si erano sof
fermati i lavori del comitato tecnico dell’Ascot, era sintomatico
del persistere di serie preoccupazioni sul futuro assetto giuri
dico del sistema telefonico italiano. In effetti, prima una vicen
da legata all’intervento della multinazionale americana Itt in
Italia, trascinatasi irrisolta fino al 1949, e poi il ritardo con cui
il governo chiarirà la propria posizione in previsione della sca
denza delle convenzioni telefoniche, determinarono un clima
di incertezza nel lavoro delle concessionarie, che, di fatto, dura
tutti i primi dieci anni di questo dopoguerra. Non sorprende
quindi che sul finire degli anni quaranta le cinque concessiona
ne, le tre di area pubblica facenti capo alla Stet e le due private,
che pure si sarebbero dovute porre in un rapporto diverso nei
confronti dell’autorità politica, promossero iniziative comuni
affinché il governo e il Parlamento dicessero una parola chiara
e definitiva sui tratti futuri del servizio telefonico. Vedremo ora
come si svolse questo vero e proprio confronto decennale tra
concessionarie e autorità politico-amministrative, in cui Romoli
svolse un ruolo di primo piano e di uomo guida nella definizio
ne della strategia delle concessionarie pubbliche.
Da parte del vertice della Stet fin dal 1940 si richiese con
fermezza che venissero «precisati gli intendimenti degli organi
di governo circa l’assetto e lo status che nel futuro dovrà ave
re l’industria telefonica di esercizio». Tanto anticipo rispetto
alla scadenza del 1955, a partire dalla quale il governo pote
va riscattare le concessioni, venne giustificata con il fatto che
i nove anni che mancavano a tale data, se erano sufficienti
per l’esecuzione dei lavori di ricostruzione, di sviluppo e am
modernamento, non lo erano per l’attuazione «dei correlativi
piani finanziari ed economici, i quali, data l’entità degli inve
stimenti che si richiedono, non possono essere che a larghissi
mo respiro»
. Si ha l’impressione tuttavia che le dichiarazioni
32
della Stet mascherassero preoccupazioni più vicine di quelle
della scadenza delle concessioni. In particolare vi era il clima
politico del 1946, con i governi di unità nazionale, che asse-
Stet., Relazioni e bilancio, 120 esercizio, cit.
32
GUGLIELMO
743
REISS ROMOLI
condava il sorgere di proposte relative alla nazionalizzazione
delle società che gestivano i servizi pubblici. Ricordiamo in
fatti che, in quei mesi, tesi di questo tenore erano professate
non solo dai partiti di sinistra ma anche da molti settori della
democrazia cristiana (anche un futuro ministro delle poste
e telecomunicazioni, l’on. Jervolino, in quel periodo dichia
rava di essere favorevole alla nazionalizzazione dei servizi di
pubblico interesse, secondo i postulati ammessi dalla dottrina
sociale cattolica)
. L’argomento che più spesso veniva portato
33
a sostegno di tali tesi asseriva la necessità di dare unitarietà
alla gestione del servizio (fino a quel momento suddiviso tra
aziende a partecipazione statale, aziende private e l’azienda
di Stato) e di assicurare allo Stato un settore per sua natura a
carattere monopolistico.
Il «clima politico» appariva poco promettente ai responsa
bili delle concessionarie anche perché allo schieramento degli
statalizzatori si contrapponevano tesi anch’esse poco favorevoli
all’assetto esistente (e alla massiccia presenza delle aziende a
partecipazione statale), le quali erano mosse da una logica pri
vatistica esasperata e fautrice del diretto intervento della gran
de multinazjonale Itt nel sistema telefonico nazionale. I fautori
di questo intervento (che ebbe come vedremo appoggi rile
—
—
vanti in sede governativa) muovevano anch’essi dalla esigenza
di porre sotto una gestione unitaria tutto il settore dei telefo
ni, ma negavano che nel paese esistessero le capacità tecniche
necessarie a tale compito e all’indispensabile processo di am
modernamento che doveva accompagnare l’opera di ricostru
zione dei danni bellici
. Stretto tra queste due tesi opposte ed
34
egualmente penalizzanti per la sua autonomia e il suo prestigio
professionale, il vertice Stet non negava la necessità di un più
razionale inquadramento di tutto il sistema «su un piano nazio
nale», che chiedeva chiarezza negli intendimenti e gradualità
“Lo ammetterà egli stesso in un discorso parlamentare; si vedano gli Alti Parla
mentari della Camera dei deputati (d’ora in avanti Ape e Aps per il Senato), seduta
dell’8 ottobre 1949, p. 11874 ss. Sulla situazione politica dell’immediato dopo
guerra e in particolare sul dibattito politico-economico si vedano: E Piscitelli,
Da Farri a De Gasperi. Storia del dopoguerra 1945-1 948, Milano, Feltrinelli, 1975;
P. Barucci, Ricostruzione pian/icazione Mezzogiorno, Bologna, Il Mulino, 1978; C.
Daneo, La politica economica della ricostruzione 1945-194 Torino, Einaudi, 1975.
‘>Aps, seduta del 18 novembre 1948, p. 3732 ss.
744
GUGLIELMO REISS ROMOLI
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
nella sua applicazione. Altrimenti si osservava la continua
enunciazione di soluzioni generiche negli scopi, nel contenuto
e nella portata serviva soltanto a creare una permanente condi
zione di precarietà dannosa all’attività delle aziendeM.
I rilievi critici, sull’atteggiamento del mondo politico, pro
venienti dalla Stet in questi primi mesi di gestione Romoli, non
potevano essere più opportuni e centravano un limite genera
le dell’azione dei governi unitari dell’immediato dopoguerra e
che, per quanto riguarda il problema telefonico, sarà proprio
anche dei primi governi centristi. Il permanere di aspre pole
miche sull’assetto del gruppo anche dopo la svolta politica al
governo del paese avvenuta nella primavera del 1947, costrinse
il consiglio di amministrazione della Stet, in cui sedeva ora
come consigliere anche Romoli, a una difesa del sistema giu
—
—
ridico esistente nel corso dell’assemblea annuale della societt
svoltasi nel gennaio 1948. Nella relazione (che le testimonian
ze raccolte attribuiscono alla redazione di Reiss Romoli) sul
bilancio del 1946-47, si legge che l’indiibbio favore con cui si
doveva accogliere «una organizzazione unitaria, su base nazio
nale, ancora in fase di studio, per la soluzione dei problemi
tecnici, finanziari e di economicità di gestione» del servizio te
lefonico italiano, non doveva far dimenticare i successi ottenu
ti dalla formula attuale, ossia <‘una conduzione privata sotto il
controllo dello Stato» che garantiva una più snella e razionale
organizzazione del servizio rispetto a quanto poteva assicurare
una diretta amministrazione dello Stato. Non a caso notava
la relazione della Stet nel 1925 si era ritenuto opportuno
—
—
abbandonare quest’ultima soluzione a vantaggio del sistema
delle concessioni. La decisione finale si riconosceva nella re
—
lazione
—
spettava al governo, ma essa era decisiva «ai fini di
attuazione»
.
fondati piani di sviluppo e della loro 36
Nei mesi successivi alla lettura in pubblico di queste parole
i timori st.atalizzatori scemarono
—
in tal senso furono decisivi
i risultati delle elezioni politiche del 18 aprile del 1948 per
lasciare il posto a un problema che sembrava fosse stato ac
—
745
ministro delle poste e telecomunicazioni nel quinto governo
De Gasperi riproponeva: il piano Itt.
Il piano era stato preparato nel 1946 dalla società statuni
tense International Telephone and Telegraph C. su incarico
dell’allora ministro delle poste e telecomunicazioni, Mario
Scelba; ad esso aveva dato parere favorevole il consiglio dei
ministri presieduto da Ferruccio Parri in una riunione del no
vembre 1945. Tra Scelba e le autorità alleate in Italia i primi
contatti risalivano però ad alcuni mesi prima, quando s’era
posto urgentemente il problema di riattivare la rete telefonica
e telegraflca nazionale. Ben presto era apparso evidente, sia ai
tecnici del ministero sia ai tecnici militari americani (tra cui
vi erano dei dipendenti della Itt), che la condizione di effi
cienza del sistema telefonico e telegrafico italiano richiedeva
un intervento generale che andasse oltre la ricostruzione dei
danni di guerra. La tempestività con cui la itt seppe avanzare
la propria autorevole candidatura a guidare l’opera di ricostru
zione e aggiornamento tecnologico del settore, giocò a suo
favore presso le autorità di governo italiano, che pure erano
ben consapevoli dei rischi che ci comportava per l’autonomia
nazionale di un settore economico delicato in cui vi era già
una presenza maggioritaria di aziende a partecipazione statale
oltre a quella di un’azienda nazionalizzata. Il piano che la Itt
si accingeva a preparare costituiva quindi la premessa di un
accordo generale tra la multinazionale americana e il gover
no italiano, i cui tratti normativi ed economici Scelba iniziò a
trattare fin dall’inizio del 1946, ma riservandosi una decisione
definitiva dopo la visione del piano
.
7
’
1
Alla Stet, proprio pochi giorni dopo l’insediamento di Ro
moli alla direzione generale, giunse l’invito del ministro «a
fornire alla Itt dati tecnici, amministrativi e commerciali» per
l’esecuzione dello studio commissionato daI governo. La rea
zione fu evidentemente negativa e da parte del vertice della
Stet si fecero trascorrere alcuni mesi senza dare risposta
.
38
Non abbiamo trovato le prove documentarie di successivi in
cantonato definitivamente, ma che la nomina di Jervolino a
‘<Stet., Relazioni e bila.nczo, 1< esercizio, cit., p. 20.
Ibid., 13< esercizio, p. 17.
cs Presidenza del consiglio dei ministri (Pcm), Gabinetto 1944-47, Ricostruzione
>
A
3
della rete telefonica, fase. 31.1 n. 13416/I. Acs, Pcm, Verbali delle adunanze, 31 ottobre
1945.
><Vca del 26 aprile 1946.
747
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
GUGLIELMO REISS ROMOLI
terventi ministeriali, ma essi vi dovettero essere poiché nell’apri
le successivo l’argomento venne ripreso dal presidente Bordoni
nel consiglio di amministrazione della Stet. In quella occasione
i consiglieri Malvezzi, Tremelloni, Borghese e Passoni espres
sero il dubbio che il ministro avesse la facoltà di chiedere alle
società concessionarie la consegna di una «così ampia mole» di
notizie alla Itt, «tanto più aggiunsero che non è ancora sta
to definito lo scopo preciso al quale le notizie stesse dovrebbero
servire>. ti consiglio rilevò inoltre che anche altri gruppi esteri,
fra i quali «il gruppo americano Atelco» e un gruppo inglese, si
erano interessati della ricostruzione e dell’ampliamento degli
impianti telefonici italiani, ma da parte di questi gruppi non
vi erano state richieste di dati. La Stet quindi, per 11 momento,
constatava che «il complesso di questi dati oltre che dare una
modernizzazione e sviluppo dei sistemi telefonici e telegrafici
italiani per gli anni 1947-1966». Il documento, alla fine pre
sentato al governo italiano, analizzava separatamente il sistema
telefonico e quello telegrafico. Del primo, che qui ci interessa
maggiormente, dopo una rapida ricostruzione storica, veniva
no studiati i caratteri tecnologici, organizzativi ed economici
(tariffe). Con molta accuratezza vennero elencati pregi e difet
ti (questi ultimi appaiono però con maggior evidenza, ma ciò
era nell’interesse della Itt) per giungere a proporre un piano
quinquennale di ricostruzione per una spesa complessiva di
41 miliardi di lire. Gli estensori del piano, però, scrissero che
a loro giudizio le concessionarie non sarebbero state in gra
do di finanziare con i propri mezzi una tale opera e quindi
proponevano l’istituzione di un «unico ente di esercizio» che
cognizione di carattere generale degli impianti telefonici, for
nirebbe anche elementi per una valutazione delle consistenze
patrimoniali, delle situazioni economiche e finanziarie, delle
nicomprendesse «l’intera attività delle cinque concessionarie e
dell’azienda di Stato».
746
—
—
necessità di lavori e dell’importanza del traffico», giudicava
opportuno «accentrare intanto i contatti con i rappresentanti
della Itt; mentre la effettiva fornitura dei dati verrà fatta, previa
intesa con i rappresentanti della maggioranza azionaria, dopo
che sarà stata chiarita la effettiva necessità di questi dati per gli
studi di cui sopra, e chiarito anche fino a che punto le società
39
.
concessionarie debbano aderire alla richiesta»
non diede però i
questione
della
delicata
Il rinvio all’In
l’invito ad ac
venne
dall’istituto
anche
poiché
risultati attesi,
consiglio di
del
seduta
cogliere la richiesta ministeriale. Nella
amministrazione del 26 luglio 1940, perciò, il presidente Bor
doni comunicava che: «In relazione al noto invito indirizzato
(nei mesi scorsi) alle concessionarie telefoniche dal ministero
di fornire all’Itt i dati da questo ritenuti necessari allo studio
in corso», faceva presente che la questione era stata esaminata
con l’azionista di maggioranza e che una percentuale «notevo
le di richieste è già stata evasa e si sta ora procedendo al com
.
40
pletamento della documentazione»
A quel punto i tecnici della Itt poterono procedere nel
la loro indagine ed elaborare il «piano per la ricostruzione,
»Ibid.
°Vca dcl 26 luglio 1946.
In proposito interessante rilevare che, secondo i redattori
del piano, anche il governo italiano era già orientato verso la
soluzione dell’ente unico, poiché così emergeva dalla lettera
con cui il ministro Scelba aveva incaricato la Itt della stesura
del piano. Pertanto i tecnici della società americana avanza
vano raccomandazioni «sui metodi di esercizio» cui doveva
informarsi il futuro ente. Tra essi erano elencati l’uniformità e
la standardizzazione dei criteri di gestione interna, della conta
bilità e dei servizi impianti; l’avvio di «studi commerciali sulla
domanda del servizio», l’adozione dì «una politica di pubblici
tà» e di addestramento tecnico del personale, l’estensione del
«sistema di esercizio interurbano a posizioni combinate», un
più «intenso uso degli automezzi» e la «semplificazione della
struttura tariffaria’, oltre che il suo adeguamento «alle necessi
tà inerenti al programma di ricostruzione e 41
.
sviluppo»
Come vedremo, gran parte delle raccomandazioni della Itt
si muovevano sulla linea che nello stesso periodo veniva elabo
rata ai vertici della Stet e poi concretamente attuata da Reiss
Romoli, a cui i modelli di gestione aziendale che trasparivano
dalle pagine del piano Itt (che qui non possiamo riportare con
maggiore estensione per ragioni di spazio) erano ben noti in
41
Itt, Piano per la ricostruzione, modernizzazione e sviluppo dei sistemi telefonzc< e telegrafici
italiani (1947-1966), s.d. (ma del 1946). Le citazioni sono alle pp. 8-11, 27-32,90 ss.
748
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
GUGLIELMO REISS ROMOLI
749
conseguenza della sua lunga esperienza di lavoro negli Stati
Uniti. Ovviamente Romoli sarà in grado di promuovere l’ag
giornamento dei sistemi di gestione soltanto nel gruppo Stet,
ma ciò costituirà un patrimonio di esperienza quando, alla
metà degli anni cinquanta, a livello politico, ci si indirizzerà
verso la soluzione dell’ente unico. Va altresì rilevato che un
manager come Romoli, malgrado la posizione delicata che oc
cupava, non nasconderà mai la sua personale opinione a favo
re dell’unitarietà, almeno di azione, di tutte le società presenti
nel sistema telefonico italiano.
D’altra parte, nell’immediato dopoguerra, l’unificazione
del sistema in un solo ente incontrava ostacoli politici insor
montabili dovuti alle radicali differenze di opinioni esistenti
sulla formula giuridica da adottare. Soprattutto laddove si pen
si che nel sistema telefonico italiano erano presenti contem
poraneamente le tre formule su cui si incentrava lo scontro
politico-economico tra i partiti: la formula privatistica (con
le concessionarie Teti e Set), la formula a partecipazione sta
tale (con il gruppo Stet) e la formula nazionalizzatrice (con
l’azienda di Stato). In questa situazione l’opzione per l’una o
l’altra soluzione assumeva quindi una valenza politica generale
di notevole portata e tale da favorire chi suggeriva il manteni
mento dello status quo.
Ma il piano Itt errava gravemente anche nelle previsioni
sulle capacità di sviluppo delle società italiane e segnatamente
di quelle del gruppo Stet. Esso errò ad esempio nelle previ
sioni sulla velocità di crescita della domanda del servizio (er
rore che derivava da una più generale sottovalutazione delle
potenzialità economiche dell’Italia che accomunava un po’
tutti gli osservatori americani di quegli anni) e sulle capaci
tà di rispondervi da parte delle concessionarie; basti pensare
che la previsione, dopo il primo decennio del dopoguerra, di
un numero di impianti complessivo pari a circa un milione e
mezzo, venne ampiamente superata dalle concessionarie, e la
stima, per il 1960, di circa due milioni di apparecchi venne
superata di quasi il doppio
. Anche la previsione sull’impos
42
sibilità delle società italiane a finanziare autonomamente, per
mezzo di emissioni azionarie, i propri investimenti, verrà co
me vedremo puntualmente smentita dalla gestione Romoli
della Stet e in misura che ebbe pochi confronti nelle società a
partecipazione statale.
Al momento della consegna del piano Itt al governo tra
la fine del 1946 e l’inizio del 1947 ciò che metteva in una
condizione di particolare debolezza le concessionarie rispetto
alla forza persuasiva dell’Itt, non era perciò il contenuto del
piano, il quale, come abbiamo visto, non si distingueva ecces
sivamente dalle idee generali presenti tra gli esperti italiani
del settore e dalle scelte aziendali effettuate anche dalla Stet,
quanto l’assenza di un programma di eguale respiro e comple
tezza da parte delle società italiane. Non a caso, nel corso delle
discussioni parlamentari ministri ed ex ministri delle poste e
telecomunicazioni rileveranno questo fattore tra quelli che im
ponevano di considerare «comunqueoo il piano Itt, in quanto
unico progetto completo per la riorganizzazione e l’ammo
dernamento di un settore economico vitale. A questa critica
implicita, la Stet obiettava che per parte sua «non era parso
opportuno ancorare l’attività presente e avvenire a un pro
gramma rigido, non solamente in considerazione della scon
sigliabilità di formulare i piani economici e finanziari a lunga
scadenza, ma altresì perché l’impostazione e l’attuazione di
tali piani sono subordinate alla soluzione, fuori dell’ambito
del gruppo, di questioni d’ordine pregiudiziale, concernenti il
servizio telefonico in generale; intendiamo soprattutto riferirci
al futuro assetto dell’industria di esercizio e alla scadenza delle
.
41
concessioni»
Era, questa, una posizione difensiva estremamente debole
e che rischiava di assecondare i giudizi critici verso la gestione
delle concessionarie già presenti in seno al governo. Perciò Ro
moli provvide ben presto a correggerla, promuovendo come
abbiamo visto tramite l’Ascot la redazione di un programma
di sviluppo quinquennale da presentare all’Oece per usufruire
degli aiuti Erp e, successivamente, un piano ventennale che
delineasse le potenzialità e le finalità del sistema telefonico
nelle sue condizioni giuridiche presenti.
Nel frattempo, prima che tale polemica si svolgesse, quando
il piano Itt era giunto sul tavolo del ministro Scelba, ciò che
Ibid.,
42
’4
Stet, Relazioni e bilancio,
—
p. 45.
—
—
—
—
—
140
esrcizio, p. 14.
753
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
GUGLIELMO REISS ROMOLI
Stato. Egli, pertanto, anche perché incalzato dalle continue
critiche del Parlamento sul pessimo funzionamento del siste
ma telefonico, aveva ripreso le trattative con la Itt. Di fatto il
ministro, pur di giustificare la propria iniziativa a vantaggio
della Itt, avallava in Parlamento le critiche al grado di efficien
za dei telefoni italiani e anzi rincarava la dose con una serie di
notazioni, quali quella del novembre 1948 secondo cui «le
condizioni dei telefoni in Italia sono tali che la maggior parte
del traffico internazionale incomincia a sviarsi preferendo pas
.
47
sare per altri paesi»
L’iniziativa diJervolino suscitò immediate reazioni negative
nel paese e in Parlamento, anche tra i partiti della maggioran
i quali alimeritavano timori più o meno fondati. Per questo
motivo Romoli comprese che era giunto il momento per la
Stet di dotarsi di un organo direttivo che fosse agile e rapido
nel seguire i contatti e le attività imposte dalla vigilia della sca
denza delle concessioni. Egli propose pertanto al consiglio di
amministrazione, nella seduta del 2 luglio 1949, di istituire un
comitato esecutivo a cui il consiglio stesso demandasse le pro
prie attribuzioni ai sensi delle norme del codice civile. Le pa
role di Romoli, pronunciate in quella seduta del consiglio, per
giustificare l’istituzione del comitato, chiariscono l’importanza
che il direttore della Stet annetteva al problema del rinnovo
za centrista. Il ministro dovette perciù accettare di comunicare
alle camere ogni passo successivo della trattativa con la società
Il comitato venne quindi nominato nelle persone del pre
sidente Ugo Bordoni, del vicepresidente Attilio Pacces e di
Romoli stesso. Se si considera che la presenza di Bordoni era
sempre più rara per ragioni di salute (morir. dopo una lun
ga malattia nel 1952) e che Pacces ricopriva contemporanea
mente importanti incarichi in altre società, evidente che il
comitato esecutivo costituiva la copertura giuridica del ruolo
752
—
—
americana.
Queste assicurazioni potevano tranquillizzare il Parlamen
to, ma non certo le concessionarie che avevano necessiti di
ben maggiori garanzie sul loro assetto futuro e sui grado di
ingerenza di società straniere. Giunse quindi provvidenziale
l’intervento di De Gasperi, che decise di attribuire al Cir (Co
mitato interministeriale per la ricostruzione) la decisione fina
le sul tanto contrastato problema Itt.
5. Le incertezze sull’assetto giuridico del sistema teLefonico e i
ricorrenti problemi tariffari
Rimaneva però aperta la questione delle concessioni. Alla
scadenza del 1955 mancavano ancora sei anni, ma le caratte
ristiche tecnologiche degli investimenti nel settore telefonico
richiedevano tempi di realizzazione piuttosto lunghi e quindi
chiarezza di prospettive, almeno nel medio-lungo periodo, per
gli investitori e i manager delle società. Vi è da aggiungere
che una qualche eccessiva precocità a raccordare le strategie
aziendali al futuro assetto delle convenzioni (che certo si ri
scontrava nelle concessionarie, in specie nella Teti e nella Set a
capitale interamente privato) era giustificata proprio dai con
tinui contrastanti «messaggi» provenienti dal sistema politico,
.
48
delle concessioni
preminente oramai assunto da Reiss Romoli e della sua
sità di ottenere una maggiore libertà di manovra in previsione
di vicende complesse e importanti che avrebbero coinvolto il
gruppo torinese. Da questo momento, ormai senza più ombra
di dubbio, la strategia della Stet coincide inequivocabilmente
con quella ideata e realizzata da Romoli.
Egli si fece quindi ben presto portavoce delle preoccupazioni
di tutte le concessionarie sul problema dei rinnovo delle con
venzioni. Va segnalata, a questo proposito, proprio la relazione
annuale della Stet presentata nello stesso anno in cui era stato
eletto il comitato esecutivo. E singolare come in quella occasio
ne la relazione difendesse l’operato di tutte e cinque le società
concessionane, quindi anche delle due al di fuori del gruppo
Stet. Questa circostanza era il sintomo di come gli ondeggiamenti governativi avessero unito le concessionarie, facendone
Vca del 2 luglio 1949. ..Con l’avvicinarsi della data di scadenza delle conces
48
sioni dichiarava Rornoli e in vista della loro eventuale rinnovazione sorgono
sempre nuovi problemi che devono essere esaminati con rapidiGì e risolti con
altrettanta rapidità, rendendo spesso difficile e talora praticamente impossibile la
preventiva e continua consultazione del consiglio di amministrazione».
—
Aps, cii.,
47
p. 3738.
—
754
755
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
GUGLIELMO REISS ROMOLI
per certi versi accantonare la diversa collocazione verso l’auto
rità politica e la qualità dei menti acquisiti da ciascuna di esse
nell’opera di ricostruzione e di aggiornamento tecnologico (il
gruppo Stet su questo versante aveva realizzato assai più che la
Teti e la Set). Nella citata relazione, quindi, pur ammettendo
che molto rimaneva «ancora da fare per raggiungere il deside
rato livello di efficienza», si affermava che molto era già stato
fatto e che le «cinque concessionarie» avevano realizzato a ritmo
sostenuto notevoli programmi di lavoro per i quali «gli impianti
telefonici italiani risultano ora, in quasi tutti i settori, potenzial
mente e strutturalmente superiori a quelli prebellici». In sintesi,
i «21,7 miliardi di lire investiti in questo quadriennio di cui
1,6 dalle società del gruppo Stet costituiscono chiara riprova
dell’assidua opera esplicata dall’industria privata di esercizio»’.
Tutto ciò ribadiva il vertice della Stet era stato compiuto
malgrado il permanere «della incertezza in ordine al rinnovo
delle convenzioni». La Stet dava altresì notizia a riprova che
certe osservazioni critiche provenienti dal ministero erano state
tempestivamente vagliate dell’elaborazione in comune tra le
imprese concessionarie di un «piano tecnico di sviluppo ven
tennale sia per il settore urbano sia per quello interurbano, nel
concretare il quale sono stati presi in attento esame tutti i ritro
vati che in campo nazionale e all’estero la tecnica ha introdotto
propria anche dal ministro Jervolino, in un suo intervento alla
Camera l’8 ottobre del 1949, ossia pochi mesi dopo la relazio
ne annuale Stet cui abbiamo fatto cenno. Jervolino, in quella
occasione, ribadiva il suo parere favorevole all’attuazione del
piano Itt e giungeva ad affermare che gli oppositori del piano
finivano «col tutelare gli interessi di determinati gruppi che
lavoravano in regime di monopolio». Con queste dichiarazioni
—
—
—
—
—
—
il ministro si riprometteva evidentemente di influire su una
decisione l’accordo con la Itt sulla quale oramai la parola
definitiva spettava al presidente del consiglio e al Cir. Egli non
—
—
si avvide però che l’evocazione della pratica al massimo livello
di governo significava la sua definitiva chiusura in senso ne
gativo. Ciò che invece Jervolino comprese per tempo, anche
sulla scorta dei primi segnali provenienti dalle concessionarie
del gruppo Stet, era la necessità di queste ultime di conoscere
esattamente, oltre che le obiezioni sulla qualità del servizio, il
pensiero del governo sul prossimo rinnovo delle concessioni.
Egli dichiarò pertanto espressamente di non essere più favo
revole alla nazionalizzazione del servizio telefonico poiché la
sua esperienza di governo lo aveva Convinto della minore effi
cienza degli apparati amministrativi pubblici rispetto a quelli
privati. Inoltre a giudizio del ministro anche alla prevista
—
—
unificazione di tutti i servizi dati in concessione si opponevano
motivi d’ordine tecnico (i sistemi d’impianto diversi adottati
dalle singole società) e motivi d’ordine economico derivanti
dall’impossibilità di reperire i capitali necessari al riscatto. «Il
diritto delle concessionarie concludeva Jervolino a perma
particolarmente nello svolgimento del servizio interurbano». In
tal modo anche le aziende italiane avevano un piano di lungo
periodo. Inoltre, venendo incontro all’esigenza più volte mani
festata a livello politico di dare maggiore unitarietà al sistema
telefonico italiano, si notava che «anche nell’ambito della rego
lamentazione oggi vigente sussistono ampie possibilità di utili
forme di collaborazione fra azienda di Stato e società concessio
nane per quanto concerne una sincrona attuazione dei piani di
sviluppo; e, attesa la cordialità e lo spirito che hanno sempre in
formato i rapporti fra azienda di Stato e aziende private, abbia
.
49
mo piena fiducia che tali possibilità non andranno perdute»
Ciò che invece non poteva essere accolto dalla Stet era l’af
fermazione secondo cui le convenzioni del 1925 avevano assi
curato alle concessionarie enormi vantaggi, a tutto pregiudizio
dello sviluppo del servizio telefonico. Tale tesi era stata fatta
della concessione) non potrà essere negato, a mio avviso, che
con un provvedimento di legge; provvedimento che io, per i]
rispetto dovuto ai principi democratici e per tutte le osserva
zioni che ho avuto l’onore di sottomettere all’attenzione della
Camera, non credo opportuno di dover proporre»
.
50
La speranza nutrita dalle società concessionarie telefoni
che di ottenere, con buon anticipo di tempo sulle scadenze
previste, delle precise e ufficiali dichiarazioni del governo in
merito al rinnovo delle concessioni, venne di fatto delusa. Alle
parole rassicuranti, ma solo in parte, come si è visto, diJervoli
Stet, Relazioni e bilando, 15° esercizio, Torino, 1949, pp. 8-9.
49
Apc, Sedsaa dell’2 ottobre 1949, p. 11876.
50
—
—
nere nelle condizioni attuali (a invocare cioè la prosecuzione
756
no dell’autunno del 1949, seguì infatti l’insediamento nell’an
no successivo di una commissione ministeriale incaricata di
studiare e vagliare tutte le possibili soluzioni prospettabili al
termine di scadenza delle concessioni telefoniche deI 1955. I
lavori della commissione tuttavia si svolsero assai lentamente,
al punto che ancora nel 1952 il Parlamento votava all’unani
mità, su proposta di esponenti della maggioranza, un ordine
del giorno in cui si invitava il ministro a far conoscere entro sei
. Ma l’avvi
51
mesi le conclusioni degli studi della commissione
cinarsi dell’importante consultazione elettorale del 1953 con
sigliò un rinvio ulteriore per non inserire un nuovo elemento
nella polemica politica, cosicché per la decisione definitiva si
giungerà quasi a ridosso del 1955.
Mentre la vicenda delle concessioni si trascinava senza pro
gressi in attesa della data di scadenza, toni non meno aspri
suscitava il problema dell’adeguamento delle tariffe telefoni
. Fino al 1948 il permanere del «prezzo politico» del ser
52
che
vizio telefonico aveva impedito lo stanziamento di quote ade
guate per il fondo ammortamento; per lo stesso motivo si era
dovuta mantenere su livelli assai bassi la remunerazione del
capitale investito. Romoli valutava pericolose ambedue queste
conseguenze del mancato adeguamento tariffario. Quando la
legge l’aveva concesso egli aveva compiuto tutte le necessarie
operazioni di bilancio per evitare ripercussioni negative sia
sulla dotazione degli impianti sia sull’immagine della società
tra gli investitori privati, stanziando quote per ammortamenti
e qualche dividendo per gli azionisti. Infatti, già nei bilanci
presentati nel 1948, annunciava dividendi per le azioni Sti
6 aveva imposto una quota
pel e per quelle Telve, anche se ci
di ammortamento, nell’insieme del gruppo, assai ridotta (il
3,6 per cento degli introiti). La Stet poteva così distribuire un
dividendo dell’8%. Nei bilanci presentati l’anno successivo il
dividendo della Stet si stabilizz6 sul 7,5 per cento, al fine di
permettere un maggior avvicinamento ai valori normali della
quota di ammortamento (si raggiunse infatti il 12,3 per cento
degli introiti). Questo risultato positivo era da attribuirsi all’at
5t Seduta del 20 giugno 1952, p. 39101.
Apc,
‘
Ricordiamo che i livelli delle tariffe erano stabiliti dal Cip che faceva capo al
ministero dell’industria.
757
GUGLIELMO REISS ROMOLI
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
Stipel e dalla Telve e, per la prima vol
ta nel dopoguerra, dal pareggio dei conti della Timo. Un con
tributo decisivo era stato dato però finalmente dalla decisione
del governo di aumentare le tariffe a partire dall’ottobre 1947
e poi, nuovamente, dal 10 ottobre 1948, rispettivamente per le
tariffe interurbane e per quelle urbane. Quest’ultimo provve
.
51
dimento aveva incrementato i prezzi di circa il 30 per cento
Sul finire del 1949 Romoli poteva pertanto illustrare al con
tivo fatto registrare dalla
siglio di amministrazione una situazione finanziaria che «pur
con tutte le dovute cautele» egli valutava favorevolmente nei
suoi «tratti attuali e pienamente tranquillante nelle prospettive
avvenire». Il direttore generale della società era ora in grado
di vantare, oltre agli effetti degli incrementi tariffari di fine
1948 (che comunque erano giudicati dalla Stet ancora ina
deguati) la stipula di contratti di mutuo con l’Imi per un im
porto di 3 miliardi e l’aumento di capitale sociale della Stet
che aveva procurato un provento di 1,1 miliardi. Sulla base
di queste operazioni andate a buon fine, Romoli prevedeva
per fine 1949 una disponibilità netta di gruppo dell’ordine
dei 1.000-1.200 milioni. Per i lavori da eseguirsi nel 1950 egli
preventivava un fabbisogno finanziario di circa 9.000 milioni
da reperire in primo luogo con le residue disponibilità di fine
1949 e, in considerevole parte (e cioè per almeno 4.000 milio
ni), con l’autofinanziamento. «Il saldo dell’occorrenza di
chiarava Romoli richiederà conseguentemente il ricorso a
—
—
.
54
finanziatori per circa 4.000 milioni
Questa citazione (ma avremmo potuto farne molte altre
che contraddistinguono tutta l’attività di Romoli a capo della
Stet) chiarisce bene l’importanza che assunse per il direttore
55 16 ottobre 1948.
Vca,
Vca, 26 novembre 1949. <1n relazione a tale esigenza— continuava Romoli
4
‘
pur potendosi contare, come per il passato, su larghe possibilità di fido per ricor
si alle diverse forme di credito, e ovviamente anche sul sussidio del capitale azio
nano (esistono nella Stet, dopo i recenti aumenti di capitale delle collegate, oltre
4.700 milioni di plusvalenze di rivalutazione distribuibili in concomitanza con
richieste di contante agli azionisti) è stato programmato anche un diretto ricorso
al pubblico da attuarsi sotto forma di emissioni di obbligazioni da parte delle tre
telefoniche collegate. I prestiti obbligazionani dovrebbero assicurare un introito
netto complessivo di circa 3.000 milioni, con il che verrebbe fronteggiato quasi
l’intero fabbisogno finanziario del gruppo per tutto il 1950; l’eventuale residuo
potrà essere coperto con ricorso ad altre operazioni>.
—,
758
759
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
GUGLIELMO REISS ROMOLI
del gruppo torinese il mercato privato dei capitali e, di conse
guenza, la capacità della società di offrire le massime garanzie
intenzioni di lavoro e ampliamento di impianti» all’attesa delle
all’investitore privato. Come sappiamo nelle società a partecipa
zione statale questa vocazione si è andata perdendo negli anni
più vicini a noi, provocando danni gravi al Sistema economico
generale e alle casse dello Stato. Anche allora, però, per mana
ger come Romoli non era facile vincere le tentazioni ad accan
tonare le regole del mercato presenti nel sistema delle aziende
a partecipazione statale e, assai di più, nel mondo politico sia
dell’opposizione sia della maggioranza. E pur vero che, fin dai
primi anni cinquanta, società come la Stet poterono cogliere le
occasioni offerte alla raccolta di capitali sul mercato dal rapi
do miglioramento delle condizioni economiche del paese, ma
evidentemente ciò non sarebbe stato sufficiente se le aziende
non fossero riuscite a mantenere e accrescere i loro livelli di
efficienza, a fare profitti e a raggiungere adeguate quote di au
tofinanziamenti. Entro tale quadro generale, per società come
la Stet, vincolate ai prezzi amministrati, si poneva il problema ri
corrente dell’adeguamento tariffario e soprattutto se per la sua
determinazione si dovessero come suggeriva Romoli «con
siderare tutte le esigenze di gestione... specie riguardo agli am
—
—
mortamenti e a una ragionevole remunerazione del capitale,
indispensabile premessa per nuovi investimenti>.
La risposta proveniente nell’estate del 1950 da un autore
vole membro della maggioranza politica fu invece seccamente
negativa. Il relatore al disegno di legge sullo stato di previsione
del ministero delle poste e telecomunicazioni, il democristia
no Veronesi, dichiarò in Parlamento di non ritenere giusti
ficato per il momento l’aumento delle tariffe, poiché il loro
fattore di rivalutazione di 22-23 volte rispetto al livello del 1938
era analogo a quello del prezzo dell’energia elettrica, settore
in cui, a suo giudizio, vigevano condizioni analoghe. L’espo
nente politico continuava la sua relazione con parole molto se
vere verso le concessionarie (e in particolare le due a capitale
interamente privato), accusandole di non svolgere un’attività
sufficiente per costruire e sviluppare gli impianti, contravve
nendo così a un preciso obbligo stabilito dalle convenzioni.
In particolare giudicava assai grave la scelta di «subordinare le
»Stet, Relazioni e bilanci, 16° esercizio, Torino, 1950, pp. 11-12.
decisioni governative in materia di rinnovo delle concessio
ni. «La convenzione ricordava Veronesi tutela con rigore
anche gli interessi del concessionario, poiché il riscatto deve
avvenire al “costo reale degli impianti”», il che voleva dire rim
borso integrale di quanto le concessionarie spendevano per il
potenziamento degli impianti negli ultimi anni. «D’altra par
te concludeva il parlamentare democristiano l’argomento
del riscatto diventa, direi, poco serio quando si badi al fatto
che tre delle società, che rappresentano il 65 per cento del ca
pitale sociale complessivo delle concessionarie, sono controlla
te dall’In: è lo Stato che chiede allo Stato se ha intenzione di
riscattare! Doveri ci sono per lo Stato per quanto riguarda la
sua azienda e doveri ci sono per le concessionarie per quanto
,
56
si riferisce alle zone di concessione»
Alle severe parole contenute nella relazione Veronesi rispo
se immediatamente la Stet, osservando che quanto affermato
in essa sul rapporto investimenti-scadenza concessioni sarebbe
stato fondato «per gli investimenti a piena e immediata reddi
tività ma non può intendersi estesa agli impianti a produttività
differita e per i quali, di conseguenza, gli introiti dei primi
anni non coprono integralmente le spese di esercizio, gli am
mortamenti e gli oneri finanziari. E al riguardo giova osservare
che gli impianti aventi tale caratteristica rappresentano un’ali
quota sempre maggiore nei programmi in corso di attuazione
o di elaborazione, i quali tengono vieppiù conto delle future
esigenze connesse alla espansione del servizio e quindi presen
tano margini sempre più ampi di potenzialità non utilizzata».
Per questo motivo erano ben motivate le «remore all’attua
zione dei programmi di investimento» finché non fosse stato
chiarito il «futuro assetto dell’industria di esercizio e la cronica
.
57
insufficienza delle tariffe»
Se questo era il tono generale della polemica, andando a
vedere più nello specifico l’atteggiamento di alcuni protagoni
sti si riscontra una maggiore cautela e ricchezza di argomenti.
Intanto il neo-ministro delle poste e telecomunicazioni del sesto
governo De Gasperi, Spataro, si espresse in termini assai più sfu
—
—
giugno 1950, pp. 19357 ss.
3
56 Seduta del l
Apc,
Stet, 16° esercizio, cit., p. 8.
7
>
—
—
761
I PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
GUGLIELMO REISS ROMOLI
mali, rinviando più precise decisioni alle conclusioni dei lavori
della commissione tecnica da lui stesso insediata nel 195058. Da
parte di Romoli, infine, vi fu una precisa dichiarazione contraria
a esasperare il rapporto con il governo e il Parlamento (tesi in
vece che aveva molti assertori nella Teti e nella Set). Anch’egli,
naturalmente, nel 1951 rilevava che i piani aziendali potevano
essere realizzati «soltanto con quelle cautele di gradualità che
saranno suggerite dagli eventi vuoi tariffari vuoi di carattere più
Malgrado ciò, le concessionarie dovettero attendere fino
al 1953 per ottenere gli aumenti tariffari richiesti. Il rinvio era
stato giustificato dal governo prevalentemente per ragioni di
carattere economico generale, dipendenti dalla difficile congiuntura post-coreana. La ripresa in Italia di un sensibile pro
cesso infiazionistico (anche se minore di quello fatto registrare
continuava Reiss Romoli in una seduta del con
strati Questa situazione determinò ripercussioni sui bilanci
.
62
aziendali, anche perché le vicende economiche internazionali
760
generale... ma
—
siglio di amministrazione allo stato attuale vagliata ogni cir
costanza apparirebbe sconsigliabile un brusco fermo alla atti
vità costruttiva. Occorre naturalmente vigilare anche dal punto
di vista delle fasi e aspetti del problema della proroga delle con
—
—
—
cessioni, ma in proposito devesi ricordare che a parte i doveri
che ci incombono e il clima pubblicistico nel quale operiamo,
una decisa inattività delle concessionarie può diventare fattore
nettamente negativo sia sotto il profilo della proroga delle con
.
59
cessioni, sia sotto quello tariffario»
Il senso di responsabilità del direttore della Stet emerge in
questa occasione in tutta la sua pienezza, intessuto soltanto di
una comprensibile preoccupazione inerente le ripercussioni
sulla situazione finanziaria derivante dal ritardato adeguamen
. Del resto il loro aumento era richiesto sulla
6
to delle tariffe»
base di argomentazioni di non secondaria importanza quale
quello che nella loro determinazione venissero riconosciuti
non solo gli ammortamenti già previsti dalle convenzioni del
in altri paesi europei) aveva infatti suggerito al governo di non
innescare processi cumulativi, incrementando i prezzi ammini
avevano fatto lievitare i prezzi delle materie prime. Alla Stet
pertanto giunse opportuno il perfezionamento di alcune ope
razioni finanziarie, quali i prestiti in dollari della Eximbank
e quelli in sterline per l’importazione di macchinari. Meno
fortuna ebbe invece la proposta, avanzata nel 1952, di un ul
teriore aumento del capitale Stet, che venne respinta dall’In e
. Dal 1953, però, gli aumenti di ca
63
rinviata all’anno successivo
pitale sociale della Stet avranno cadenza annuale fino al 1959
e, soprattutto, saranno attivati in forme tali da raggiungere
uno dei principali obiettivi della strategia aziendale di Romoli,
quello di estendere la base azionaria il più ampiamente pos
sibile (l’obiettivo finale, assai ambizioso, ma sintòmatico del
la più recente normativa sulle società, anche per compensare
gli insufficienti ammortamenti cui si era stati costretti nei pri
la sua visione economico-sociale, era quello di far coincidere
azionista e utente). Negli anni della gestione Romoli vennero
perciò conseguiti indubbi successi in questo campo, gli azioni
sti iscritti al libro soci della società passarono da circa 4.500 nel
1948 a quasi sessantamila nel 1961, con un possesso di azioni
medio per socio che passava da 205 a circa 450, ma che, se
confrontato con l’incremento del reddito del periodo o con il
.
61
mi anni del dopoguerra
valore reale delle azioni, significava una quota azionaria media
1925, ma altresì quei maggiori accantonamenti consentiti dal
58 Seduta antimeridiana del 15 giugno 1950, p. 19360 ss.
Apc,
»Vca del 29 ottobre 1951. »E da notare che le ordinazioni per centrali, ad esem
debbono essere passate alle industrie almeno 18 mesi
pio continuava Romoli
prima del loro impiego e che la domanda di utenza urbana non ha soste. Si
è cercato perciò di conciliare queste esigenze con l’opportunità di diluire nel
tempo il relativo onere finanziario. Su iniziativa della Stet si è infatti ottenuto che
i fornitori di centrale e per le forniture da consegnarsi nel 1952/inizio 1953 (e
quindi da ordinarsi nella 2° metà del 1951) si autofinanziassero e consentissero
alle concessionarie congrue dilazioni nei pagamenti».
>°Verbali del comitato esecutivo (Vce) del 28 febbraio 1951.
61
Stet, Relazioni e bilanci, 160 esercizio, cit.
—
—,
.
64
assai piccola e quindi estremamente popolare
Per tornare ora alla questione delle tariffe, l’accordo con
il governo venne raggiunto all’inizio del 1953, in seguito al
personale intervento del presidente dell’In Isidoro Bonini e
dopo che i rapporti delle concessionarie con il governo ave
B. Bottiglieri,
Congiuntura coreana e leggi economiche eccezionali, in «Economia e
lavoro», n. 2, 1982, pp. 69-91.
Vce del 23 giugno 1952.
63
Stet, Composizione dell’azionariato, s.d.
t4
762
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUSBLICO
GUGLIELMO REISS ROMOLI
vano raggiunto il massimo punto di tensione con la notifica,
da parte delle prime, di un formale atto di diffida ai ministeri
delle poste e telecomunicazioni e del tesoro, nel quale erano
riaffermati «i diritti delle società» e «precisate le eventuali re
sponsabilità derivanti dalla inosservanza delle norme di con
cessione in materia di adeguamenti tariffari». L’accordo del
1953 conteneva però una novità di grande rilievo per quanto
concerneva i rapporti tra Stato e società concessionarie. L’au
mento delle tariffe infatti era previsto per una quota del 20%
a diretto beneficio delle società e per il 10% da versare in una
cassa conguaglio, che le avrebbe successivamente versate alle
concessionarie in rapporto alle «spese di esercizio degli im
pianti di abbonato entrati in servizio posteriormente allO gen
naio 1953»65. In tal modo il governo introduceva una forma di
incentivo per l’attività svolta dalle concessionarie dopo il 1953
e in attesa della scadenza delle convenzioni, incentivo che, se
non appariva del tutto necessario per il gruppo Stet, si rivelava
assolutamente necessario per le due società private, le quali
sempre più chiaramente soprassedevano agli investimenti per
timore di una loro prossima pubblicizzazione.
Si trattava altresì di effettuare un’operazione di integrazione
aziendale verticale che si prospettava assai vantaggiosa e sulla
stessa linea già adottata dai maggiori gruppi telefonici inter
nazionali. Anche in Italia, del resto, mentre le due concessio
nane private la Teti e la Set avevano rapporti societari con
i produttori di materiali ed equipaggiamenti telefonici (me
diante i loro gruppi di controllo), la Stet non aveva mai potuto
influire su tale mercato. Romoli, attento ad ambedue questi
profili di politica aziendale quello tecnologico e quello orga
nizzativo fin dal suo insediamento ai vertici della Stet prov
vide ad assicurare stretti rapporti con la società di Milano, so
prattutto mediante l’emissione regolare d’ordini di fornitura.
Quando, nell’agosto del 947, venne siglato il memorandum
d’intesa tra le potenze alleate e l’Italia, in cui si sollecitava il
nostro paese a vendere i beni tedeschi sotto sequestro, Romoli,
con l’avallo dell’In, inoltrò la domanda al ministero del teso
ro per l’acquisto del pacchetto azionario dell’azienda. Come
abbiamo rilevato, alla fine del 1947 vi era già un orientamento
di massima favorevole a una soluzione di quel genere da parte
di Luigi Linaudi, che era ancora alla guida della politica eco
nomica italiana. Inoltre, a sostegno dell’iniziativa di Romoli,
stava il fatto che la Siemens di Milano dimostrava, malgrado
le difficoltà attraversate, di possedere ancora notevoli doti di
.
vitalità 66
industriale
Le trattative col tesoro e col Comitato internazionale per la
liquidazione dei beni tedeschi in Italia si protrassero fino all’ot
6. Un processo d’integrazione verticale e l’espansione del gruppo Stet
Tra le iniziative di maggior rilievo portate felicemente a
compimento da Reiss Romoli nel periodo in cui guidò la Stet,
va certamente annoverata l’acquisizione della Siemens spa di
Milano.
L’interesse della Stet verso la società di Milano era sorto
immediatamente dopo il suo sequestro da parte delle autori
tà alleate e italiane in quanto bene tedesco (la proprietà era
infatti della Siemens tedesca) ed era giustificato dal fatto che i
tre quarti delle centrali telefoniche urbane in Italia erano state
prodotte dalla Siemens e di queste i tre quinti erano del grup
po Stet. Si trattava pertanto di evitare che l’acquisizione della
società da parte di altri gruppi produttori di impianti telefoni
ci, che adottavano tecnologie diverse, «compromettesse tecni
camente e patrimonialmente» gli impianti posseduti dalla Stet.
Vce del 14aprile 1951 e del 10febbraio 1053.
—
763
—
—
—
tobre 1949, quando la Stet venne indicata formalmente come
il rilevatore più idoneo. Romoli promosse immediatamente la
perizia tecnica per stimare il valore di acquisto, che diede come
risultato un valore complessivo di 2.150 milioni. Questa cifra
si contrapponeva alle tre perizie predisposte dal ministero del
tesoro, che avevano dato valori piuttosto distanti tra loro: di
3.600 milioni la prima e di circa 1.960 milioni le due successive
(avviate per revisione della prima)
. Posto di fronte al proble
67
Nota informativa per la seduta del comitato esecutivo del 28febbraio 1950, Vce del 28
t6
febbraio 1950. Ma cenni alla Siemens si trovano già nei Vca del 5 giugno 1948 e
dell’S giugno 1949.
6711 complesso Siemens spa di Milano era costituito da tre stabilimenti di produ
zione più una sede centrale per un totale, nel 1949, di 4.180 dipendenti e un fat
turato di 6,3 miliardi concentrato per il 76% nel settore telefonico. Strettamente
764
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
ma di fare un’offerta precisa, il comitato esecutivo della Stet
delegò Reiss Romoli a gestire tutta la trattativa. Questi perciò
avanzò una offerta preliminare di 1.500 milioni, il comitato
internazionale propose invece 1.680 milioni a condizione che
l’acquirente provvedesse a far versare i debiti della Siemens
di Milano verso i tedeschi residenti in Germania. Il comitato
esecutivo della Stet decise infine di accogliere queste ultime
controproposte nella seduta del 2S marzo 1950 e quindi di ac
quistare il pacchetto azionario della Siemens. Nel contempo
decise di inviare una lettera al tesoro, in risposta alle richieste
che quest’ultimo aveva posto alla Stet su raccomandazione del
Comitato internazionale per la liquidazione dei beni tedeschi.
Il contenuto della lettera è di particolare interesse poiché forni
sce precise indicazioni sul tipo di preoccupazioni delle autorità
internazionali e, probabilmente, di alcuni ambienti economici
privati italiani che avevano contribuito a ostacolare e rallentare
l’iniziativa di Romoli (è noto, ad esempio, che anche la Pirelli
era in corsa per l’acquisizione della Siemens),
Nella lettera la Stet dichiarava che, come azionista della
Siemens, intendeva ispirarsi al principio di continuare a for
nire apparecchiature telefoniche agli stessi prezzi e alle stes
se condizioni per tutte le concessionarie e per l’azienda di
Stato, sempreché queste avessero continuato come in passa
to a passare ordini alla Siemens. Inoltre la Stet dichiarava di
non voler adottare una politica discriminatoria nei confronti
di altre società produttrici di apparecchiature telefoniche e
quindi si sarebbe «adoperata» perché «le aziende del proprio
gruppo non cambino tipi di apparecchiature al solo fine di
togliere ad altre società produttrici la possibilità di fornire tali
apparecchiature»»’.
Evidentemente, sin dal momento in cui il gruppo torinese
aveva avanzato la propria candidatura per l’acquisto della Sie
mens, tra i produttori privati di materiale telefonico era sorto
il timore che ciò potesse provocare un drastico ridimensiona
mento dei rapporti commerciali della Stet con le loro aziende
collegato all’acquisto della Siemens fu quello della Sirti, ossia la società che aveva
l’esclusione per la vendita in Italia del materiale telefonico interurbano della
Siemens e di materiali analoghi fabbricati dalla Face.
Vce del 20 marzo 1950.
GUGLIELMO REISS ROMOLI
765
e, per altro verso, che la Siemens caduta nell’orbita delle par
tecipazioni statali diventasse un potente strumento di pres
sione sulle due concessionarie private che pure impiegavano
impianti della società milanese. Queste preoccupazioni erano
sorte durante le trattative per l’acquisizione della Siemens e
ciò chiarisce l’accortezza di Romoli nella gestione delle forni
ture negli anni 1947-1949, che furono sempre attentamente
ripartite tra le diverse società produttrici. Alla conclusione del
la trattativa, tuttavia, Romoli era riuscito a cavarsela con poco
danno per superare quel tipo di obiezioni. Infatti, la lettera in
viata al ministero ‘non costituiva un impegno vincolante, anche
se, indubbiamente, il rispetto rigoroso del testo avrebbe impo
sto limiti notevoli all’utilizzo completo dei
vantaggi ottenuti
dal processo di integrazione verticale che si era così costituito
nel sistema telefonico a partecipazione statale.
Con l’approssimarsi della scadenza del l1 dicembre 1955, a
partire dalla quale lo Stato era libero di dare la disdetta delle
concessioni telefoniche, si animava nel paese e in Parlamento
il dibattito sul futuro assetto del sistema telefonico italiano.
Tra il 1952 e il 1956 si contrappongono tesi assai diverse tra lo
—
—
ro, spesso influenzate più da pregiudiziali ideologiche che da
una attenta valutazione dell’esperienza acquisita fino ad allo
ra e delle esigenze tecnico-economiche del sistema telefonico
italiano. L’opposizione comunista continuava la sua battaglia
per la nazionalizzazione di tutto il sistema, imputando sia alle
aziende private che a quelle del gruppo Stet una gestione pri
vatista a tutto vantaggio degli azionisti privati e a danno della
qualità del servizio. Alcuni circoli industriali privati (facenti ca
po soprattutto all’Assolombarda), sostenuti dal partito liberale
e da alcuni settori minoritarj della democrazia cristiana (vicini
all’ex ministro del tesoro Giuseppe Pella), professavano invece
la tesi della privatizzazione o, perlomeno, del mantenimento
della situazione precedente mediante il semplice rinnovo delle
concessioni. Questa era la soluzione su cui contavano anche
alla Teti e alla Set. Vi era poi la via intermedia, ossia della «iriz
zazione» delle due societ. private e della unificazione del siste
ma sotto la guida della finanziaria dell’In, a esclusione del ser
vizio interurbano che doveva continuare a far capo all’azien
da di Stato. Quest’ultima soluzione venne gradualmente fatta
propria sia dai socialisti, i quali, a partire dal 1954, avevano
abbandonato l’ohjen-jvn rlpl1ì n
lr.r
767
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
GUGLIELMO REISS ROMOLI
obiettivo immediato, sia dalla maggioranza della democrazia
cristiana e dei suoi alleati di governo repubblicani e socialde
mocratici. Va ricordato inoltre che verso questa soluzione si
era orientata sin dal 1952 l’organizzazione sindacale di matrice
.
69
cattolica (la Cisl)
Mentre la polemica politica non accennava a placarsi, il
vertice della Stet preferì astenersi dal prendere una posizione
pubblica e, a partire dalla relazione annuale del 1954, contra
riamente agli anni precedenti, si collocò in una posizione di
attesa che evitava di offrire ulteriori elementi di polemica. Nel
contempo, però, l’attività economica della Stet e delle conces
sionarie che a essa facevano capo registrava uno sviluppo senza
precedenti. Sembrava quasi che Romoli e i suoi collaboratori
volessero dimostrare coi fatti l’efficacia dell’originaria formula
In, ossia quella che, fondata sul capitale misto pubblico e pri
vato, era riuscita a reggere il confronto con le esigenze poste
dal mercato, senza sacrificare nulla alla remunerazione dei
.
70
fattori produttivi
Come già abbiamo notato, le società telefoniche usufruivano della crescita economica generale che continuava a caratte
rizzare il paese alla metà degli anni cinquanta, ma, d’altra par
te, ciò significava un incremento della domanda del servizio
telefonico senza precedenti a cui bisognava far fronte. La Stet
di Romoli rispose molto bene ai nuovi impegni, soprattutto a
partire dal biennio 1952-53. Gli incrementi tariffari dell’inizio
del 1953 stimolarono gli investimenti da parte delle tre conces
sionanie, le quote per gli ammortamenti registrarono un balzo
notevole e raggiunsero finalmente standard adeguati.
Significativamente, invece, i dividendi della Stet e delle con
cessionarie vennero confermati sui livelli degli anni precedenti
(a eccezione della società Timo che passava al 6% in due anni,
dopo che per tutti gli esercizi precedenti aveva offerto un ren
dimento del 4%, ossia 3 punti in meno di quello della Stipel
.
71 Malgrado ciò tutti gli aumenti di capitali, che
e della Telve)
ormai avvenivano a cadenza annuale, ottennero un’ottima ac
coglienza tra gli investitori privati, cosicché la Stet poté sempre
vantarsi di aver finanziato il proprio sviluppo senza ricorrere
alle casse dello Stato. Quest’ultima circostanza provava che la
fiducia del pubblico nel gruppo guidato da Romoli andava al
di là del vantaggio immediato cui inevitabilmente facevano af
fidamento gli investitori privati, si guardava alla solidità finan
ziaria della Stet e agli impegni programmatici sul piano degli
investimenti delle tre concessionarie.
Su questo secondo aspetto, dopo le incertezze della fine
degli anni quaranta, si era imboccata la via della risposta sen
za indugi alla domanda di servizio telefonico proveniente dal
paese. Alla fine deI 1956 si erano già quintuplicati gli abbonati
rispetto al 1946, facendo passare la densità telefonica da circa
2 apparecchi ogni cento abitanti a oltre 6. Ma non si trattava
soltanto di una risposta alla domanda di ordine quantitativo.
Aveva fatto un balzo in avanti anche il livello tecnologico de
gli impianti e del servizio. Perciò nel 1956 la Stet costituiva
un gruppo economico di rilevanti dimensioni. Contava ben
15.580 occupati (5.000 in più del 1946) e la sua attività dava
impulso a un giro di affari che coinvolgeva altre decine di mi
gliaia di occupati. Anche la produttività aveva raggiunto livelli
ragguardevoli; lo provavano due indici (che hanno soltanto
valore indicativo), il rapporto abbonati/dipendenti e quello
apparecchi/dipendenti, balzati dal 1945 al 1956 rispettivamen
te da 29 a 79 e da 41 a 100. Era altresì significativo che gli in
crementi di tali indici fatti registrare dalle due concessionarie
private e in particolare dalla Set, erano ben più 72
.
ridotti
I successi aziendali della Stet ottennero maggiore influen
za sul dibattito politico in corso di qualunque altra possibile
iniziativa di pressione. Infatti anche il confronto parlamentare
dovrà riconoscere i progressi compiuti dalle società telefoniche
a partecipazione statale. Le relazioni parlamentari ai bilanci del
ministero delle poste e teleconìunjcazjonj nel 1954, 1955, 1956
e gli interventi dei ministri Cassiani (governo Scelba, 1954-55)
e Braschi (governo Segni, 1955-57), erano ben più prudenti dei
766
Si vedano soprattutto i dibattiti parlamentari sui bilanci del ministero delle po
ste e telecomunicazioni negli anni 1954, 1955 e 1956.
°°Stet, Relazioni e bilancio, 20° esercizio, Torino, 1954, pp. 13 Ss.
“Dal 1949 al 1952 la quota di ammortamento delle tre concessionarie era rimasta
stazionaria in valore assoluto e quindi era diminuita in relazione al capitale socia
le. Nel bilancia del 1953-54 si registra invece un balzo rilewnte da 1.100 milioni a
2.200 per la Stipel, da 350 a 550 per la Telve e da 200 a 550 per la Timo.
72
Stet, Relazioni e bilancio, 22° e 23° esercizio, Torino, 1956 e 1957.
769
PROTAGONISTI DELL’ INTERVENTO PUBBLICO
GUGLIELMO REISS ROMOLI
. In genere
73
loro predecessori nei giudizi sul sistema telefonico
venivano rilevate ancora alcune inefficienze e l’inadeguatezza
di molti aspetti del servizio, ma oramai si potevano registrare
fattori positivi come la riduzione del divario tra domanda del
servizio e potenzialità degli impianti, oppure il fatto che in mol
te aree urbane del centro-nord gli indici di intensità per abbo
nati e numero di apparecchi erano già confrontabili con quelli
sui
dei maggiori paesi industrializzati. I principali punti deboli
quali venivano concentrate le critiche erano la rete telefonica
nei centri minori e la situazione nel Mezzogiorno. Per quanto
concerneva i centri minori e le campagne ciò dipendeva in larga
misura dai costi elevati dei nuovi impianti derivanti dell’enor
me frammentazione del sistema amministrativo italiano e dalle
caratteristiche geografiche dell’Italia rispetto a quelle degli al
tri paesi europei; per quanto concerneva il Mezzogiorno vi era
invece un comune giudizio critico per l’insufficiente impegno
.
74
della concessionaria privata Set
italiano. Alcuni, a livello politico, pensarono che ciò avreb
be significato la disdetta delle concessioni soltanto per le due
società private, e quindi si sorpresero quando dal ministero
giunse comunicazione di disdetta per tutte e cinque le conces
. Era evidente però che ciò stava a significare soltanto
76
sionarie
l’intenzione del governo di ridiscutere con la Stet i termini del
le convenzioni, per aggiornarle ai nuovi compiti imposti dallo
sviluppo del paese. Romoli, in particolare, non sembrò sorpre
so di tale modo di procedere, anzi si può affermare che ciò
assecondasse il suo disegno che era volto a cogliere l’occasione
del riassetto del sistema telefonico per ridefinire alcuni punti
superati delle convenzioni del 195. Del resto, la decisione del
768
7. Una proposta strategica per ilfuturo assetto delle
telecomunicaziofli italiane
Alla luce di questi dati, nel momento in cui veniva ricon
fermata l’opportunità tecnica di dare unitarietà al sistema te
lefonico italiano (queste erano state le conclusioni dei lavori
della commissione tecnica insediata nel 1950 e rese note nel
1954), e dal momento che risultavano ampiamente minoritane in Parlamento le tesi, opposte, della nazionalizzazione e
del mantenimento dello status quo, la Stet diveniva l’elemento
centrale del processo di riorganizzazione del settore. Al vertice
della società torinese e a Romoli in particolare non dovettero
perciò giungere inaspettate le parole che il ministro l3raschi
pronunziò alla Camera nel maggio 1956, in cui si comunicava
l’intenzione di concentrare nell’Iri tutto il sistema telefonico
ThApc, Seduta del 29aprile 1954, pp. 7440 SS.; e Aps, Seduta del 13 luglio 1956, pp.
17833 ss.
Apc, Seduta pameridiana del 21 ottobre1955, pp. 21344 ss.
74
del Cir,
ii di sviluppo. Cinque anni di lavam, a cura della segreteria generale
75
Roma, Istituto poligraiÌco dello Stato, 1958, pp. 309-314.
governo, pienamente sostenuta dal nuovo presidente dell’Iri,
Aldo Fascetti, costituiva un indubbio successo personale per
Romoli che vedeva accresciute di molto le sue responsabilità.
Si pu inoltre affermare che, malgrado il suo giudizio pubbli
co durante la fase più delicata del processo decisionale in sede
politica, il nuovo assetto dato al servizio telefonico costituiva la
realizzazione delle sue idee. Ne sono conferma, in primo luo
go, i suoi continui cenni al bisogno di unitarietà del servizio,
che non avevano mai assunto la forma di una precisa proposta
organica solo per ovvi motivi di non interferenza nell’opera di
aziende concorrenti; in secondo luogo, la sua fiducia nella for
mula Iii, a confronto sia di quella privatistica (che aveva com
battuto fn dai tempi del piano Itt) sia di quella nazionalizzatri
ce, a cui contestava la scarsa dinamicità dell’amministrazione
statale, inadatta alle caratteristiche tecnologiche assai mutevoli
del servizio telefonico.
Reiss Romoli, confermando le doti di manager pubblico
restio a comparire sulla scena della polemica politica e scevro
da asrsattezze dottrinarie, offrirà pubblicamente un’organica
descrizione del suo disegno strategico nella redazione del testo
delle nuove convenzioni e, successivamente, soltanto a cose
fatte, in un articolo del 1958 pubblicato dalla rivista «Lo Sta
to sociale», diretta da Giuseppe Pella (fu perciò sintomatico
che Pella facesse precedere l’articolo di Romoli da una nota
redazionale in cui si prendevano le distanze dal contenuto del
‘
6
Si veda in particolare la discussione in Senato del luglio 1956: Aps, Sedute 11-13
luglio 1956, pp. 17732 ss.
770
PROTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
testo, benché si dovesse riconoscere la competenza e l’autore
volezza del suo autore)
In questo scritto il direttore della Stet sottolineava innanzi
tutto l’opportunità della decisione governativa che poneva le
premesse di un’unificazione del servizio imposta da «ragioni
tecniche, industriali, funzionali, finanziarie e socio-politiche».
Non a caso essa era stata adottata (su basi pubbliche o private)
in tutti i paesi sviluppati. L’irizzazione, aggiungeva Romoli,
costituiva per l’Italia la possibilità di conciliare il raggiungi
mento di quelle «finalità generali che sono implicite nei servizi
pubblici», con l’attuazione di «una gestione di tipo privatistico
e quindi economica, dinamica e duttile». Romoli tuttavia la
mentava che il processo di unificazione del servizio non fosse
stato completato, poiché ne era rimasta esclusa l’azienda di
Stato. Egli perciò si augurava che si risolvesse nel senso indi
cato anche questa ultima ingiustificata separazione. Nella se
conda parte dell’articolo Romoli si sofferma sulla questione ta
riffaria che tante polemiche stava suscitando nel paese. Vi era
chi obiettava che si volesse far pagare agli utenti l’irizzazione
delle due concessionarie private e chi, dal lato opposto, negava
l’opportunità degli aumenti ora che il settore telefonico era
caduto completamente nelle mani pubbliche. Tutte e due que
ste obiezioni si affidavano però a postulati che mettevano in
discussione, ben oltre i problemi tariffari, gli stessi principi sui
quali muoveva l’azione manageriale di Romoli. Egli comprese
quindi l’importanza di contestarle proprio nel momento in cui
la Stet si accollava nuove responsabilità. E in questo senso il
contenuto dell’articolo Costituisce una specie di testamento di
Romoli (che morirà tre anni dopo).
Rispetto alla prima obiezione degli aumenti tariffari richie
sti dalla Stet, Romoli non faticò molto a provare che essi deri
vavano dalle lievitazioni dei costi per l’obsolescenza repentina
degli impianti dovuta al progresso tecnologico. Del resto era
impensabile per Romoli di dover continuare a penalizzare le
esigenze di manutenzione e autofinanziamento stanziando
quote di ammortamento insufficienti. Alla seconda obiezione
Romoli contestava l’ipotesi secondo cui la Stet avrebbe dovuto
.
G. Reiss Romoli, Problemi telefonici: riassetto organizzativo ed adeguamento tariffario,
77
in >.Lo Stato socia1e», n. 3, i055, pp. 444-457.
GUGLIELMO REISS ROMOL1
771
improntare la propria attività in chiave redistributiva e sociale.
L’ampliamento e il mantenimento di una fascia di utenza dai
connotati sociali erano compiti cui Romoli prestava la massima
attenzione, ma nelle condizioni di rapida crescita economica
che contraddistingueva il paese, «lo sviluppo della rete telefo
nica aveva scopi specificamente produttivi», soprattutto verso
le imprese. Un tale ruolo quindi non aveva ragione di essere
svolto a un prezzo politico gravante sul bilancio dello Stato,
bensì doveva essere fatto pagare come recitava un articolo
delle nuove convenzioni appena siglate col governo secondo
«l’effettivo costo industriale dei servizi.., tenendo presenti tutti
gli elementi comparativi di costo e di rendimento di analoghi
servizi all’estero».
Si rintraccia in queste parole una visione previdente e lun
gimirante delle funzioni e dei criteri di gestione di una im
presa a partecipazione statale, che ci permette di concludere
questo profilo di imprenditore pubblico riassumendo alcuni
principi ispiratori dell’opera di Reiss Romoli. Principi che egli
aveva tentato con tutte le sue forze di far recepire nel testo del
le nuove convenzioni siglate tra Stato e società concessionarie.
In primo luogo, quello della redditività aziendale quale pre
Supposto di un proficuo rapporto con il mercato dei capitali
privati. Tutta la sua azione nei quindici anni in cui fu ai vertici
della Stet si può infatti ricondurre al tentativo, ampiamente
raggiunto, di conciliare estensione ed efficienza del servizio
con l’equa remunerazione dei capitali investiti. Del resto, per
Romoli non v’erano altri parametri di riferimento altrettanto
capaci di misurare l’efficienza aziendale come il mercato e il
profitto. E vero che nella seconda metà degli anni cinquan
ta, soprattutto in occasione dell’istituzione del ministero del
le partecipazioni statali, vennero da varie parti proposti altri
parametri di riferimento, quali un principio di economicità
riferito ai bisogni generali del paese e a obiettivi di redistribu
zione, ma negli ultimi anni in cui Romoli visse essi rimasero
quasi sempre così indefiniti da non poter suscitare un qualche
interesse in chi era stato educato a misurarsi pragmaticamente
con i problemi aziendali.
Un altro principio che aveva mosso l’opera di Romoli, in
stretto collegamento con l’obiettivo di accrescere l’efficienza
di tutto il sistema telefonico italiano, concerneva l’unitarie
tà del sistema. Su questo versante della sua azione aveva po
—
—
772
PRoTAGONISTI DELL’INTERVENTO PUBBLICO
l’acquisiziotuto registrare soltanto una vittoria parziale, con
ma non
ne nella Stet delle altre due concessionarie private,
successivi
dell’azienda di Stato. Come è noto, nei due decenni
telecomudelle
italiano
sistema
il
alla scomparsa di Romoli,
tecnologi
nicazioni, malgrado l’enorme progresso sul piano
che
dell’unitarietà,
piano
co, non ha fatto molti progressi sul
aspre
di
oggetto
e
quindi ancor oggi è un problema aperto
di «un grande ser
polemiche. Per questo motivo, la biografia
Einaudi in una
vitore dello Stato», come ebbe a definirlo Luigi
un im
sua famosa «predica della domenica», non soltanto
forse può
pegno storiografico dovuto all’opera di Romoli, ma
soluzione di problemi
essere utile a rintracciare stimoli per la
di grande attualità.
AGOSTINO ROCCA
(1895-1978)
di Paride Rugafiori
Nato a Milano il 25 maggio l95, si laurea ingegnere industriale elettro
tecnico presso il Politecnico di Milano.
Assunto dalla Dalmine nel 1922, diventa nel 1925 ingegnere capo delle
fabbricazioni e brevetta importanti processi tecnici. Nel 1926 inizia in qualità
di ispettore tecnico la propria collaborazione con la Banca commerciale
italiana: nel 1929 esce dai ruoli della Dalmine e passa all’ufficio tecnicoindustriale della Comit.
Segretario del Comitato per la siderurgia bellica speciale (1934), ammi
nistratore delegato dell’Ansaldo (1935-1945), della Siac e della Terni (19351938), amministratore delegato (1935) e direttore generale (1938) della
Dalmine, ricopre, dal 1938 al 1940, la carica di direttore generale della Fin
sider.
Dimessosi da ogni incarico nel 1945, lascia l’Italia nel 1946: muore in
Argentina il 17 febbraio 1978.
1. Laformatione tenico-imprenditoria1
Che dirigenti e imprenditori industriali, con l’eccezione di
alcuni, isolati casi, non abbiano attirato fino a tempi recenti
l’interesse e l’impegno di ricerca degli storici, è fatto risaputo
e incontestabile, parte di un più generale e grave ritardo della
storiografia italiana nei confronti dello studio dell’industria. Ri
tardo che non è possibile giustificare se non con l’essere stato,
il nostro, paese di «seconda industrializzazione». E tuttavia, nel
caso di Agostino Rocca, una qualche ragione plausibile può es
sere portata a parziale giustificazione di una carenza protrattasi
a lungo e in via di superamento da non più di due anni a questa
Scarica

tuto registrare soltanto una vittoria parziale, con l`acquisizio