IL TITOLARE DELLA SUCCURSALE Modulo 1 Indice 1. IL RUOLO DEL TITOLARE DELLA SUCCURSALE 2. INDICI PER LA VALUTAZIONE DELL’ATTIVITÀ DELLA SUCCURSALE 2.1 INDICI DI RISULTATO 2.2 INDICI DI GESTIONE CLIENTI 2.3 INDICI DI ATTIVITÀ 3. LA MOTIVAZIONE 3.1 FATTORI IGIENICI E FATTORI MOTIVANTI 3.2 LA RAGGIUNGIBILITÀ DEGLI OBIETTIVI 3.3 LO STRESS POSITIVO 4. IL METODO DI LAVORO 4.1 LA CENTRALITÀ DEGLI OBIETTIVI 4.2 IL CICLO DELL’EFFICACIA 4.2.1 Piano di azione 4.2.2 Realizzazione efficace 4.2.3 Verifica e definizione di interventi correttivi (feed back) Indice 5. IL SUPPORTO AI COLLABORATORI 5.1 L’ANALISI DEI COLLABORATORI 5.2 DINAMICA DEI COLLABORATORI SULLA MATRICE 6. LO STILE DI INTERAZIONE 6.1 PRIMA REGOLA: ATTENZIONE ALLE PERSONE 6.2 SECONDA REGOLA: CHIARIRE LE REGOLE DEL GIOCO 6.3 TERZA REGOLA: LA COMUNICAZIONE 6.3.1 Le regole generali 7. LE ATTIVITÀ OPERATIVE 7.1 RIUNIONE DI VENDITA 7.1.1 Caratteristiche delle riunioni 7.1.2 Tipi di riunioni 7.1.3 Come realizzare la riunione creativa 7.1.4 Come realizzare la riunione operativa 7.1.5 Gli elementi determinanti il successo della riunione Indice 7.2 COLLOQUI INDIVIDUALI 7.2.1 Il colloquio per l’assegnazione degli obiettivi e la definizione del piano di azione 7.2.2 Il colloquio per fare il punto della situazione e concordare interventi 7.2.3 Il colloquio per conoscersi meglio e chiarire la relazione 7.2.4 Il coinvolgimento 7.2.5 Tecniche per il coinvolgimento 7.3 L’ADDESTRAMENTO SUL CAMPO 7.3.1 Completamento della partecipazione a corsi di formazione 7.3.2 Addestramento su obiettivi specifici 7.3.3 Caratteristiche dell’addestramento sul campo Specificità Programmazione Sistematicità Coinvolgimento Metodicità - spiegazione - dimostrazione - analisi della dimostrazione - prova - analisi della prova. 1. IL RUOLO DEL TITOLARE DELLA SUCCURSALE MISSION OTTENERE UNA COPERTURA DI CIASCUN CANALE SUL TERRITORIO ADEGUATA ALLE POTENZIALITÀ DEL CANALE E, COMUNQUE, IN LINEA CON GLI OBIETTIVI AZIENDALI. OBIETTIVO VOLUMI E MARGINALITÀ ADEGUATA. RESPONSABILITÀ EFFETTUA UNA SISTEMATICA ATTIVITÀ DI PIANIFICAZIONE DEI RISULTATI E DELLE AZIONI NECESSARIE OTTIENE LE MIGLIORI PERFORMANCE DAI COMPONENTI DEL SUO GRUPPO DEFINISCE GLI ASSETTI ORGANIZZATIVI DELLA SUCCURSALE ED ASSICURA IL PIÙ CORRETTO FUNZIONAMENTO DEI PROCESSI. La generazione dei risultati della Succursale x = Esempio: La generazione dei risultati del PdV FEDELTÀ DEI CLIENTI NOTORIETÀ TRAFFICO LOCATION VETRINE VISIBILITÀ ESTERNA NR. ACQUIRENTI INSEGNE % ACQUIRENTI ASSIST. ACQUISTO ESPOSIZIONE VALORE, PROD. ACQUISTATI ASSORTIMENTO FATTURATO x MARGINE MEDIO VALORE MEDIO ACQUISITO NR. PRODOTTI ACQUISTATI MIX PRODOTTI = UTILE LORDO 2. INDICI PER LA VALUTAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN SUCCURSALE VOLUMI GESTIONE CLIENTI INDICI DI ATTIVITÀ. 2.1. Indici di risultato CONTRATTI AVVIATI PERVENUTO ATTTIVO % PERVENUTO ATTIVO MESSE A REDDITO. 2.2. Indici di gestione clienti PENETRAZIONE NUMERO MEDIO PRODOTTI PER CLIENTE VALORE MEDIO CONTRATTO NUMERO CONTRATTI CON ASSICURAZIONE. 2.3 Indici di attività NR. CLIENTI VISITATI NEL PERIODO NR. MEDIO VISTE GIORNO FREQUENZA MEDIA VISITE CLIENTI EFFICACIA DELLE VISITE. Responsabilità EFFETTUA UNA SISTEMATICA ATTIVITÀ DI PIANIFICAZIONE DEI RISULTATI E DELLE AZIONI NECESSARIE OTTIENE LE MIGLIORI PERFORMANCE DAI COMPONENTI DEL SUO GRUPPO DEFINISCE GLI ASSETTI ORGANIZZATIVI DELLA SUCCURSALE ED ASSICURA IL PIÙ CORRETTO FUNZIONAMENTO DEI PROCESSI. Da cosa dipende? La funzione del titolare della succursale nella gestione delle risorse umane: La funzione del titolare della succursale nella gestione delle risorse umane NELLA GESTIONE DELLE RISORSE UMANE LA FUNZIONE DEL TITOLARE DELLA SUCCURSALE È QUELLA DI CONDURRE I COLLABORATORI AL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI. COMPETENZA 10 L’abilità nel realizzare le attività professionali in modo da raggiungere gli obiettivi ricevuti. 0 MOTIVAZIONE 10 COMPETENZA In che misura si è disponibili ad applicare la propria competenza 0 Nelle sue ricerche sulla motivazione, W. James di Harvard scoprì che le persone possono evitare situazioni di conflitto con l’Azienda lavorando all’incirca per il 20-30% delle loro capacità. E che lavorano all’80-90% delle loro capacità se sono fortemente motivati. 80-90% Area influenzata dalla motivazione 20-30% 3. LA MOTIVAZIONE LETTURA: IL KITA DI HERZBERG Riflessione Scrivere una definizione sintetica di MOTIVAZIONE. 3.1. Fattori igienici e fattori motivanti HERTZBERG, sulla base di alcune ricerche effettuate, ha individuato Fattori igienici Fattori motivanti Se non ci sono causano INSODDISFAZIONE. Se ci sono causano SODDISFAZIONE. Se ci sono causano MANCANZA DI INSODDISFAZIONE Se non ci sono causano MANCANZA DI SODDISFAZIONE Mancanza di insoddisfazione non è uguale a soddisfazione. Mancanza di soddisfazione non è uguale a insoddisfazione. FATTORI IGIENICI GLI STIMOLI CHE SPINGONO AD UN COMPORTAMENTO DI DIFESA: sono relativi all’ambiente, comprendono la politica dell’Azienda, la sua gestione, la supervisione, le relazioni interpersonali, le condizioni di lavoro, la retribuzione, lo status e la sicurezza. FATTORI MOTIVANTI SONO INSITI NELLA MANSIONE: il successo, il riconoscimento del successo, il lavoro in sé, la responsabilità, la possibilità di promozione o di avanzamento. FATTORI INFLUENZANTI GLI ATTEGGIAMENTI VERSO IL LAVORO (risultato di 12 indagini) Fattori caratterizzanti 1844 casi che portarono all’insoddisfazione estrema Fattori caratterizzanti 1844 casi che portarono alla soddisfazione estrema Percentuale di frequenza Percentuale di frequenza 50% 40% 30% 20% 0 10% 10% 20% 30% Successo Riconoscimento del successo Lavoro in se stesso Responsabilità Promozione Sviluppo Politica e gestione dell’azienda Supervisione Rapporto con il superiore Condizioni di lavoro Retribuzione Relazioni con persone di uguale livello Vita personale Relazioni con i dipendenti Status Sicurezza 40% 50% Lettura: IL SENSO DI EFFICACIA DEL SÉ (A. Bandura) UNA PERSONA È PIÙ PROPENSA AD AFFRONTARE UN PROBLEMA QUANDO HA LA SENSAZIONE DI POTERLO RISOLVERE. La percezione di efficacia incide direttamente sull’autostima e di conseguenza sulla motivazione ad affrontare un compito. IL MIGLIORAMENTO DELLA PERCEZIONE DI EFFICACIA È DUNQUE DECISIVO PER MOTIVARE POSITIVAMENTE UNA PERSONA. Lettura: CONTROLLABILITÀ DEGLI ESITI DELLE PROPRIE AZIONI. IL BISOGNO DI CONTROLLO HA UNA BASE EVOLUTIVA PROFONDA: UN ORGANISMO HA PIÙ PROBABILITÀ DI SUCCESSO E SOPRAVVIVENZA SE È IN GRADO DI INFLUIRE SU QUELLO CHE SUCCEDE, INVECE DI SUBIRE SEMPLICEMENTE GLI EVENTI DEL MONDO ESTERNO. Lettura: BISOGNO DI COMPETENZA (Carver e Scheier SE SI HANNO IN MODO CONTINUO E CHIARO FEED BACK SU DIFFERENZA TRA PRESTAZIONE ATTESA E PRESTAZIONE EFFETTIVA, SI HA IL PIÙ ALTO LIVELLO DI MOTIVAZIONE A RIDURRE TALE DIFFERENZA. 3.2. Lo stress IL RISULTATO DELLA MOTIVAZIONE È UNO STATO DI TENSIONE VERSO L’OBIETTIVO. STRESS NEGATIVO STRESS POSITIVO Desiderio di evitare il mancato raggiungimento dell’obiettivo Desiderio dell’obiettivo Obiettivi considerati irraggiungibili per situazioni difficili di mercato o errata definizione degli obiettivi Ragionevole convinzione di poter raggiungere l’obiettivo Tempo insufficiente per il sicuro sopravvenire di imprevisti Tempo ridotto ma sufficiente con un’adeguata programmazione Convinzione di lavorare in un ambiente ostile Consapevolezza che le tensioni possano essere superate La funzione del titolare della succursale nella gestione delle risorse umane. RIVEDERE LA DEFINIZIONE DATA PRECEDENTEMENTE: nella gestione delle risorse umane la funzione del titolare della succursale è quella di condurre i collaboratori al raggiungimento degli obiettivi. 4. IL METODO DI LAVORO NELLA GESTIONE DELLE RISORSE UMANE, LA FUNZIONE DEL TITOLARE DELLA SUCCURSALE È: CONDURRE IL PROPRIO GRUPPO AL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI. IL METODO DI LAVORO DEVE ESSERE IN GRADO DI GARANTIRE L’ASSOLVIMENTO CORRETTO DI TALE FUNZIONE. 4.1. La centralità degli obiettivi GLI OBIETTIVI ASSUMONO UN RUOLO CENTRALE NELL’ATTIVITÀ DI GUIDA DEI COLLABORATORI. L’OBIETTIVO È IL PUNTO DI PARTENZA DI TUTTA L’AZIONE DI VENDITA, MA NE COSTITUISCE ANCHE IL PARAMETRO PER LA VALUTAZIONE SISTEMATICA ED IN CORSO D’OPERA DI QUANTO GIÀ EFFETTUATO. COGNITIVE BIAS (distorsione cognitiva) Uno studio ha portato a definire la teoria della distorsione cognitiva. L'esperimento consiste nel chiedere ai soggetti di stimare le loro probabilità di riuscita in compiti futuri di cui hanno avuto una certa esperienza precedente. In breve, si distorcono regolarmente le stime degli eventi possibili i soggetti sopravvalutano le probabilità di successo relative ai compiti semplici: se in passato il loro tasso di successo è stato del 60%, i soggetti in linea generale stimeranno il 90% di probabilità di successo si sottovalutano le probabilità di riuscire nei compiti difficili se la loro abilità dimostrata è stata pari al 30% i soggetti tenderanno ad assegnarsi per il futuro il 10% della probabilità di riuscita. LA PERCEZIONE DEL SÈ Nel corso di un esperimento furono dati a degli adulti dieci problemi da risolvere. I problemi erano esattamente gli stessi per tutti. I soggetti si misero al lavoro, restituirono i fogli e alla fine, furono comunicati i risultati. Si trattava di risultati fittizi: a metà dei partecipanti fu detto che avevano fatto bene, con sette risposte giuste su dieci; all’altra metà fu detto che avevano fatto male, con sette soluzioni sbagliate su dieci. Poi, furono dati altri dieci problemi (gli stessi per tutti). Quelli a cui era stato detto che avevano superato bene la prima prova, fecero meglio nella seconda, mentre l’altra metà fece peggio. 4.2. Il ciclo dell’efficacia Per massimizzare le probabilità che gli obiettivi siano raggiunti, si deve fare in modo che cIascun GESTORE COMMERCIALE applichi il CICLO DELL’EFFICACIA, basato sugli obiettivi assegnati. OBIETTIVO VERIFICA E DEFINIZIONE INTERVENTI CORRETTIVI PIANO DI AZIONE REALIZZAZIONE EFFICACE 4.2.1. Piano di azione È IL PERCORSO PER IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI. Si riduce l’obiettivo in specifiche azioni da effettuare secondo un programma predefinito. Attenzione: È UN’ATTIVITÀ CHIAVE PER IL GIUDIZIO SOGGETTIVO SULLA RAGGIUNGIBILITÀ DELL’OBIETTIVO. L’obiettivo non è discutibile: si deve agire sul piano di azione per ottenere la convinzione sulla raggiungibilità dell’obiettivo. Piano di azione: i contenuti OBIETTIVO Criteri di definizione COSA FARE Indici di attività; Indici di gestione clienti; tempi; metodi; ecc. QUALI SUPPORTI TEMPI E SISTEMA DELLA VERIFICA Organizzativi; informativi/formativi; operativi; addestrativi; ecc. Dati ed indici; prestazioni; fonti delle informazioni; tempi; feed back; ecc. Prova Indicare un obiettivo a scelta e le azioni necessarie per raggiungerlo Obiettivo: Azioni: 4.2.2. Realizzazione efficace CIASCUNA AZIONE PREVISTA DEVE ESSERE EFFETTUATA COL LIVELLO DI EFFICACIA MASSIMO RISPETTO ALL’ESPERIENZA ED ALLA POTENZIALITÀ DEL GESTORE COMMERCIALE. Attenzione: IL SUCCESSO MOTIVA AL SUCCESSO. Fare in modo che da subito il GESTORE COMMERCIALE abbia la percezione di poter ottenere successo nell’effettuazione delle varie attività previste nel piano di azione. Realizzazione efficace: i supporti IL TITOLARE DELLA CUCCURSALE DEVE FORNIRE TUTTI I SUPPORTI PERCHÉ IL GESTORE COMMERCIALEPOSSA OTTENERE IL MASSIMO LIVELLO DI EFFICACIA. I SUPPORTI DEVONO ESSERE PREDISPOSTI IN FUNZIONE DELLE NECESSITÀ SPECIFICHE ATTIVITÀ DA EFFETTUARE PUNTI DI FORZA E PUNTI DA MIGLIORARE NEL MODO DI LAVORARE DEL GESTORE COMMERCIALE. N.B. I supporti devono essere programmati nel piano di azione. Realizzazione efficace: i supporti SUPPORTI PUNTI DA MIGLIORARE DEL GESTORE COMMERCIALE PIANO DI AZIONE OBIETTIVI Realizzazione efficace: i supporti SUPPORTI ORGANIZZATIVI Ufficio INFORMATIVI/ FORMATIVI Conoscenza prodotti Informatica Procedure Back office Assistenza telefonica (in ed out bound) OPERATIVI Strumenti di analisi e vendita ADDESTRATIVI Affiancamenti, colloqui e riunioni per lo sviluppo delle capacità operative Prova Indicare per l’obiettivo scelto nella prova precedente i supporti da predisporre. Occorre, ovviamente, pensare alle caratteristiche professionali del GESTORE COMMERCIALE a cui l’obiettivo è stato assegnato. Obiettivo: Azioni: Supporti: 4.2.3. Verifica e definizione di interventi correttivi (feed back) MONITORARE IL PROGRESSO VERSO I RISULTATI IN MODO DA PREDISPORRE, SE NECESSARIO, INTERVENTI CORRETTIVI SUL PIANO DI AZIONE. Attenzione: RIVEDERE IL PIANO DI AZIONE SE OCCORRE, PER MASSIMIZZARE LA PROBABILITA’ DI RAGGIUNGERE GLI OBIETTIVI. Verifica e definizione di interventi correttivi: contenuti INDIVIDUARE EVENTUALI SCOSTAMENTI TRA obiettivi e risultati azioni programmate e azioni realizzate Inadeguatezza delle azioni ANALIZZARE LE CAUSE DEGLI SCOSTAMENTI Azioni mal realizzate Ritardo nella effettuazione delle azioni previste rivedere il piano di azione PROGRAMMAZIONE DI AZIONI IDONEE A sviluppare l’efficacia del piano d’azione riportare i risultati in linea con gli obiettivi 5. IL SUPPORTO AI COLLABORATORI TUTTA L’ATTIVITÀ DI GUIDA DEI COLLABORATORI SI SOSTANZIA NEL SUPPORTO ALL’APPLICAZIONE DEL CICLO DI EFFICACIA. IL LIVELLO DI SUPPORTO DA FORNIRE A CIASCUN COLLABORATORE DEVE ESSERE FUNZIONE DELLE SPECIFICITÀ DI CIASCUN COLLABORATORE. 5.1. L’analisi dei collaboratori L’ANALISI DEI COLLABORATORI VA FATTA SULLA BASE DI DUE ELEMENTI LIVELLO DI COMPETENZA LIVELLO DI MOTIVAZIONE. Livello di motivazione Livello di competenza L’analisi dei collaboratori POSIZIONANDO I COLLABORATORI SULLA MATRICE, SI COSTRUISCE UNA MATRICE CON QUATTRO QUADRANTI CHE CI PERMETTERÀ DI INDIVIDUARE QUATTRO SITUAZIONI RILEVANTI. Alta motivazione Bassa competenza Alta motivazione Alta competenza Bassa motivazione Bassa competenza Bassa motivazione Alta competenza Livello di motivazione Livello di competenza Livello di motivazione Alta motivazione Bassa competenza Livello di competenza Alta motivazione - bassa competenza IL COLLABORATORE presenta entusiasmo e competenza da neofita. Ciò comporta rischio di scarsa efficienza: tanto sforzo determinato dall’entusiasmo, tanti errori determinati dalla scarsa competenza. In tal caso, si dovrà SVILUPPARE LA COMPETENZA GESTORE COMMERCIALE FACENDO LEVA SULLA SUA MOTIVAZIONE. Alta motivazione Alta competenza Livello di motivazione Livello di competenza Alta motivazione - alta competenza IL COLLABORATORE presenta competenza e motivazione al massimo livello. Riesce, perciò, a fare quanto richiesto con ottima efficacia. Presenta ottima capacità di autonomia. Il ruolo del TITOLARE DELLA SUCCURSALE sarà semplicemente quello di indirizzare il GESTORE COMMERCIALE. L’OBIETTIVO È SALVAGUARDARE LA MOTIVAZIONE E STIMOLARE ULTERIORMENTE LA COMPETENZA DEL COLLABORATORE. Livello di motivazione Bassa motivazione Alta competenza Livello di competenza Bassa motivazione - alta competenza IL GESTORE COMMERCIALE presenta per l’attività specifica, un buon livello di competenza, ma una scarsa disponibilità a fornire il suo massimo impegno. L’OBIETTIVO CHIAVE È RINFORZARE LA SUA MOTIVAZIONE FACENDO LEVA SULLA COMPETENZA. Livello di motivazione Bassa motivazione Bassa competenza Livello di competenza Bassa motivazione - bassa competenza IL COLLABORATORE presenta scarsa competenza e poca voglia di profondere impegno. Occorrerà seguirlo passo per passo, sostituirlo in casi di particolare difficoltà per dimostrare come una buona applicazione del metodo sia in grado di garantire adeguati risultati. Ciò permetterà di sviluppare la sua motivazione e, quindi, la sua disponibilità a maturare competenza. Prova Assegnare ad ogni proprio GESTORE COMMERCIALE una sigla e, poi, posizionarli tutti sulla matrice. Livello di motivazione Livello di competenza Prova Indicare come comportarsi con il profilo indicato per quanto riguarda l’applicazione del ciclo dell’efficacia. Livello di motivazione Alta motivazione Bassa competenza Livello di competenza Alta motivazione - bassa competenza Obiettivi: Piani di azione: Supporti: Verifica: Prova Indicare come comportarsi con il profilo indicato per quanto riguarda l’applicazione del ciclo dell’efficacia. Livello di motivazione Alta motivazione Alta competenza Livello di competenza Alta motivazione - alta competenza Obiettivi: Piani di azione: Supporti: Verifica: Prova Indicare come comportarsi con il profilo indicato per quanto riguarda l’applicazione del ciclo dell’efficacia. Livello di motivazione Bassa motivazione Alta competenza Livello di competenza Bassa motivazione - alta competenza Obiettivi: Piani di azione: Supporti: Verifica: Livello di motivazione Alta motivazione Bassa competenza Livello di competenza Alta motivazione - bassa competenza Indicare gli obiettivi e spiegarne approfonditamente il senso Sviluppare piani di azione estremamente dettagliati Effettuare azioni di supporto in misura consistente Definire azioni di verifica frequenti ed approfondite per suggerire, eventualmente, azioni correttive. Alta motivazione Alta competenza Livello di motivazione Livello di competenza Alta motivazione - alta competenza Indicare gli obiettivi Invitare il GESTORE COMMERCIALE a definire PIANI DI AZIONE con soluzioni innovative e verificarne l’adeguatezza Effettuare le azioni di supporto strettamente necessarie ed indirizzate a sperimentare le soluzioni innovative Delegare anche il controllo, confrontandosi con il COLLABORATORE sugli esiti della verifica e sulle azioni che ne possono conseguire. Livello di motivazione Bassa motivazione Alta competenza Livello di competenza Bassa motivazione - alta competenza Indicare gli obiettivi e spiegarne i criteri di definizione Invitare il GESTORE COMMERCIALE ad effettuare qualche proposta sul piano di azione e valorizzarne i contenuti positivi Concordare con lui i supporti necessari Effettuare insieme al COLLABORATORE il controllo, congratulandosi per gli aspetti positivi e chiedendo di definire eventuali interventi correttivi. Livello di motivazione Bassa motivazione Bassa competenza Livello di competenza Bassa motivazione - bassa competenza IL COLLABORATORE presenta scarsa competenza e poca voglia di profondere impegno. Occorrerà seguirlo passo per passo, sostituirlo in casi di particolare difficoltà per dimostrare come una buona applicazione del metodo sia in grado di garantire adeguati risultati. Ciò permetterà di sviluppare la sua motivazione e, quindi, la sua disponibilità a maturare competenza. 5.2. Dinamica dei collaboratori sulla matrice I COMPORTAMENTI POSTI IN ESSERE DAL TITOLARE DI SUCCURSALE NEI CONFRONTI DEI COLLABORATORI, DETERMINANO REAZIONI E QUINDI UN CERTO DINAMISMO DEI SINGOLI GESTORI COMMERCIALI ALL’INTERNO DELLA MATRICE. Alta motivazione Bassa competenza Livello di motivazione Livello di competenza La mancanza di attenzione ed analiticità nella gestione del collaboratore, metterà in condizione il GESTORE COMMERCIALE di ottenere clamorosi insuccessi, e quindi di perdere MOTIVAZIONE. Può scendere nel quadrante BASSA MOTIVAZIONE - BASSA COMPETENZA. Un comportamento di grande presenza sul COLLABORATORE, porterà a svilupparne la competenza e a favorirne l’inserimento nel quadrante ALTA MOTIVAZIONE - ALTA COMPETENZA. Alta motivazione Alta competenza Livello di motivazione Livello di competenza Non fornire alcun tipo di assistenza e guida al COLLABORATORE ad ALTA MOTIVAZIONE - ALTA COMPETENZA, ritenendolo in grado di camminare con le proprie gambe, potrà determinare senso di abbandono e di estraneità e conseguente demotivazione. Al punto che il GESTORE COMMERCIALE potrebbe andare ad inserirsi nel quadrante BASSA MOTIVAZIONE - ALTA COMPETENZA. Diversa ipotesi, ma stessa conseguenza se si assiste il collaboratore con dosi eccessive di assistenza. Livello di motivazione Bassa motivazione Alta competenza Livello di competenza Un comportamento che faccia leva sulla competenza, individuando e sottolineando le buone performance del COLLABORATORE, potrebbe portarlo a ritrovare entusiasmo. Al contrario,un’ intensa attività di sostituzione o di addestramento sul campo, porterebbe il GESTORE COMMERCIALE a perdere interesse per l’aggiornamento e l’efficacia e, nel tempo, a ridimensionare la propria competenza, ritrovandosi nel quadrante BASSA MOTIVAZIONE - BASSA COMPETENZA. Livello di motivazione Bassa motivazione Bassa competenza Livello di competenza Occorre iniziare facendo recuperare motivazione e, poi, successivamente competenza. Allo stato attuale non ha intenzione di applicare quanto richiesto e, quindi, non ha intenzione di sviluppare le relative competenze. LA TEORIA DELLA DISSONANZA COGNITIVA La teoria della DISSONANZA COGNITIVA si deve a Leon Festinger che ha condotto verifiche ed esperimenti su gruppi reali. L’ispirazione derivò dalla lettura di un libro di Clara Endicott Sears, intitolato The days of delusion. Vi si descriveva la vita di un gruppo fondato da un certo William Miller, fattore di New England, che, nel 1840 dopo aver studiato per 12 anni la Bibbia, credette di scoprire che la seconda venuta del Cristo e la fine del mondo si sarebbero verificate nel 1843. All’inizio del 1843, riunì attorno a sé un folto gruppo di adepti che tenevano delle riunioni, diffondevano la buona novella e, preparandosi effettivamente alla fine del mondo, abbandonavano i propri affari e distribuivano i propri beni. Giunse la fine dell’anno 1843, ma non la fine del mondo. Tuttavia la fede dei “Milleriti” non venne affatto scossa. Miller rifece i calcoli e si accorse che la fine del mondo avrebbe dovuto verificarsi alla fine dell’anno biblico, cioè il 21 marzo 1844. Dato che neanche stavolta l’avvenimento si presentò all’appuntamento, Miller si rimise allo studio e si accorse che una corretta interpretazione dei testi biblici portava a ritardare di sei mesi la data precedentemente fissata per il grande avvenimento: che avrebbe dovuto verificarsi il 22 ottobre 1844. Soltanto dopo questo terzo scacco il gruppo perse la propria fede e i suoi membri finirono per disperdersi. Festinger deduce che, durante le prime delusioni, vi erano stati per il gruppo due modi di abolire il disaccordo tra la credenza e i fatti. Il mezzo più semplice sarebbe stato quello di rinunciare alla credenza, ma si è verificato il fatto contrario. Il gruppo ha stabilito la “consonanza” reinterpretando i testi e intensificando il proselitismo per moltiplicare gli adepti al suo credo. In seguito Festinger è giunto a studiare dal vivo un fenomeno dello stesso tipo. E’ riuscito, con due dei suoi collaboratori, a farsi accettare in un Gruppo di persone che si preparavano alla fine del mondo. Nel mese di settembre del 1954 un giornale pubblicava che una donna, chiamata Marian Keech, della periferia di Salt Lake City, prediceva la distruzione della città a causa di un diluvio, che avrebbe dovuto sommergere tutta l’America. La catastrofe doveva verificarsi il 21 dicembre 1954. La donna diceva di ricevere, sotto forma di scrittura automatica, dei messaggi provenienti da un pianeta chiamato Clarion, attraverso dei dischi volanti. Si formò attorno a lei un gruppo, all’inizio non molto numeroso, di circa venticinque persone, che accordava fede al suo messaggio. Il gruppo non era segreto, ma non si dedicava ad alcuna propaganda. I suoi membri condividevano un certo numero di credenze ispirate dalla teosofia ed osservavano delle regole di condotta: in particolare era loro prescritto di essere vegetariani. Preparandosi sinceramente alla fine del mondo, misero in ordine gli affari, abbandonarono il lavoro, distribuirono i propri beni e dispensarono i propri soldi. Si può immaginare come dopo tali fatti non sarebbe stato per loro facile rinunciare in seguito al credo che ne aveva indirizzato le azioni. Alcuni giorni prima della data prevista, il gruppo fu informato, dai messaggi di Marian Keech, che un disco volante sarebbe venuto a prenderli quattro giorni prima del diluvio, alle 4 del pomeriggio, nel cortile posto dietro la casa in cui si riunivano. Con i soprabiti sul braccio gli adepti attesero invano. Giunse un nuovo messaggio, secondo cui il disco volante sarebbe arrivato a mezzanotte. In gran segreto gli adepti attesero nella neve e nel vento, niente disco volante. Alle 3 del mattino rinunciarono ma non senza interpretare questa notte in bianco: doveva trattarsi di una prova di preparazione per la partenza. Per tre giorni attesero febbrilmente un messaggio, che giunse alla vigilia della data fissata per il cataclisma. Un uomo sarebbe venuto a cercarli a mezzanotte e li avrebbe condotti al disco volante che doveva salvarli. Quel giorno, dal 20 al 21 dicembre, fu loro inviata una serie di messaggi che precisavano la parola d’ordine e il comportamento da tenere: togliere dagli abiti quanto di metallico vi fosse, disfarsi delle carte d’identità, conservare il segreto, ecc. Da mezzanotte alle cinque attesero il loro salvatore…che non venne. Se non veniva, senza dubbio ci si doveva aspettare che il diluvio non ci sarebbe stato. E il gruppo ne cercò la spiegazione. Alle cinque meno un quarto Dio mandò loro un nuovo messaggio: i l gruppo aveva dimostrato una tale fede e tali virtù che Egli aveva deciso di fermare il diluvio e di salvare il mondo. E fu allora che si produsse l’avvenimento forse più interessante di tutta la storia: questi credenti che fino ad allora non avevano fatto alcuna pubblicità al movimento si misero a cercarla avidamente. Per quattro giorni di seguito fecero venire dei giornalisti per rilasciare loro delle dichiarazioni, invitarono la gente a visitarli e ad istruirsi, reclutarono dei nuovi adepti. Il quarto giorno vi erano 400 persone, radunate dentro casa, venute per vederli cantare. Questo passaggio dal segreto alla pubblicità si spiega in maniera soddisfacente mediante il bisogno di ridurre la dissonanza: di fronte al fatto che non si era poi prodotto -la fine del mondo- il gruppo adottò due mezzi per difendere il loro credo: da un lato reinterpretò il fatto: la fine del mondo diveniva la salvazione del mondo, come ricompensa delle virtù del gruppo; d’altra parte il gruppo moltiplicava gli adepti: quanto più numerosi sarebbero stati i credenti tanto più il suo credo sarebbe stato giustificato. E d’altronde il gruppo sussistette parecchi mesi ancora dopo la mancata fine del mondo. LA TEORIA DELLA DISSONANZA COGNITIVA OGNI INDIVIDUO ASPIRA ALLA MASSIMA COERENZA TRA QUANTO DICHIARA E QUANTO FA. IN CASO DI INDECISIONE, DI MOTIVAZIONI CONTRADDITORIE, LA DISSONANZA CI SPINGE A APPROFONDIRE LE NOSTRE CONOSCENZE MODIFICARE O SOSTITUIRE CONOSCENZE GIÀ ACQUISITE CAMBIARE LE NOSTRE PREFERENZE. Un esempio classico è quello della persona che crede che il fumo provochi il cancro e che fuma. Si crea una dissonanza tra il desiderio di fumare ed il desiderio di essere in salute. La necessità di coerenza si manifesta: Negando la nocività delle sigarette, dichiarando che non esiste alcuna prova sperimentale conclusiva Facendo riferimento ad altri fumatori notoriamente attenti alla salute Pensando che è meglio una vita ricca di piaceri che una vita lunga e costellata di rinunce. 6. LO STILE DI INTERAZIONE LO STILE DI RELAZIONE DEFINISCE IL MODO CON CUI SI ENTRA IN CONTATTO CON I COLLABORATORI. 6.1. Prima regola: attenzione alle persone RICORDARE CHE OGNI INDIVIDUO, PRIMA CHE UN PROFESSIONISTA, È UN UOMO. SI DEVE FARE PERCIÒ ATTENZIONE A RISULTATI, DATI ED INDICI DI ATTIVITÀ MA ANCHE A EMOZIONI PREFERENZE INTERESSI PERSONALI. ATTENZIONE ALLA DISCREZIONE: PRIMA DI ENTRARE NELLA SFERA PERSONALE, OCCORRE OTTENERNE AUTORIZZAZIONE ESPLICITA OD IMPLICITA. ASPETTARE CHE SIA IL GESTORE COMMERCIALE A COMINCIARE A PARLARE DELLA SUA SFERA PERSONALE, STIMOLANDOLO, MAGARI, CON DOMANDE APERTE. 6.2. Seconda regola: chiarire le regole del gioco PRIMA DI EFFETTUARE QUALSIASI TIPO DI INTERVENTO, OCCORRE CHE SIANO CHIARE AD ENTRAMBE LE PARTI LE MODALITÀ CON CUI SI VOGLIONO GESTIRE LE RELAZIONI PERSONALI E PROFESSIONALI CHE RUOLO HA IL TITOLARE DI SUCCURSALE COME SI REGOLANO I RAPPORTI TRA TITOLARE DI SUCCURSALE E GESTORE COMMERCIALE. 6.3. Terza regola: la comunicazione LA COMUNICAZIONE TRA TITOLARE DI SUCCURSALE E GESTORE COMMERCIALE DEVE SVOLGERSI CON MODALITÀ RIGOROSE NEI FATTI INFORMALI NELLO STILE Puntualità Atmosfera amichevole Ricorso a cifre e fatti Assenza di preamboli Rispetto degli impegni (anticipare e motivare i ritardi) Stile di comunicazione identico in ogni occasione 6.3.1. Le regole generali ESSERE ORIENTATI AL FARE: LA POSITIVITÀ DICHIARARE CON CHIAREZZA GLI OBIETTIVI FAR DIRE È MEGLIO CHE DIRE SEGUIRE LE PERSONE IN MODO STRUTTURATO ED ORGANICO. Orientamento al fare futuro: la positività NEL CONTATTO CON I COLLABORATORI DEVONO PREVALERE I PIANI RELATIVI AL FUTURO, IN MODO DA RASSICURARE IL COLLABORATORE CIRCA LA POSSIBILITÀ DI OTTENERE SUCCESSO. SI EVITA DI SOTTOLINEARE ERRORI OD OMISSIONI COMMESSI NEI PERIODI TRASCORSI (evitando atteggiamenti di difesa o di demotivazione). Orientamento al fare futuro: la positività UTILIZZARE FRASI IN CUI I VERBI VENGANO CONIUGATI AL FUTURO. Si evitano, così, riferimenti a episodi spiacevoli in grado di far chiudere l’interlocutore EVITARE LE PAROLE A VALENZA NEGATIVA. Si tratta di parole che di per sé sole creano immagini negative, ponendo ostacoli allo sviluppo della collaborazione reciproca EVITARE LA CONIUGAZIONE AL NEGATIVO. La negatività nella realtà non esiste. È di ostacolo alla comunicazione perché ottiene proprio quello che vuole evitare, la costruzione di immagini negative. Dichiarare con chiarezza gli obiettivi CHI NON CONOSCE CON CHIAREZZA GLI OBIETTIVI DELL’EVENTO COMUNICATIVO SI MUOVERÀ CON CIRCOSPEZIONE, E NON DARÀ LA TOTALE COLLABORAZIONE. CONOSCERE ANCHE CON ANTICIPO GLI OBIETTIVI CONSENTE AL COLLABORATORE DI FARE FOCUS SUGLI ARGOMENTI RILEVANTI E, QUINDI, DI OTTENERE LA MASSIMA EFFICACIA NELLA COMUNICAZIONE. Far dire è meglio che dire FARE IN MODO CHE IL COLLABORATORE POSSA ESPRIMERE LE SUE IDEE (sulle iniziative da prendere): IL GESTORE COMMERCIALE SI SENTE APPREZZATO E VALORIZZATO. Gli si chiede di riflettere, non soltanto di eseguire ASSUME UN IMPEGNO AL FARE CHE HA FORTI PROBABILITÀ DI DETERMINARE UN IMPEGNO COERENTE. Seguire le persone in modo strutturato ed organico SI VIVE L’ASSISTENZA DEL PROPRIO MANAGER IN MODO PIÙ GRADEVOLE SE LA SI AVVERTE COME FINALIZZATA ALLO SVILUPPO DEI RISULTATI. OCCORRE, PERCIÒ, CHE TALE ASSISTENZA NON SI PRESENTI COME UNA SERIE DI INTERVENTI EPISODICI, SLEGATI, ASSILLANTI. SI PREFERISCE ESSERE OGGETTO DI UN’ASSISTENZA ORGANICA E NON EPISODICA. Seguire le persone in modo strutturato ed organico FAR PERCEPIRE AI COLLABORATORI CHE TUTTO IL SUPPORTO VIENE EFFETTUATO SULLA BASE DEI PIANI DI AZIONE OGNI INTERVENTO DEVE ESSERE CHIARAMENTE FINALIZZATO ALLO SVILUPPO DEL PIANO FAR RILEVARE LE INTERRELAZIONI TRA LE ATTIVITÀ POSTE IN ESSERE. 7. LE ATTIVITÀ OPERATIVE IL CICLO DELL’EFFICACIA SARÀ REALIZZATO ATTRAVERSO LE CLASSICHE AZIONI DI MANAGEMENT: RIUNIONE DI VENDITA COLLOQUIO INDIVIDUALE AFFIANCAMENTO SUL CAMPO Riunione Obiettivo Azioni specifiche da effettuare Cautele da porre in essere Note QUANDO UNA RIUNIONE PUÒ ESSERE CONSIDERATA BEN RIUSCITA? UNA RIUNIONE È RIUSCITA QUANDO I PARTECIPANTI SANNO ESATTAMENTE COSA FARE CON QUALI CLIENTI QUANDO CON QUALI MODALITÀ ….E NON VEDONO L’ORA DI FARLO. 7.1. Riunione di vendita LA RIUNIONE PREVEDE LA PRESENZA DI TRE O PIÙ PERSONE. L’OBIETTIVO DELLA RIUNIONE È PROGRAMMARE LE AZIONI PIÙ EFFICACI IN RELAZIONE ALLA SITUAZIONE DA AFFRONTARE E MOTIVARE I PARTECIPANTI AD EFFETTUARLE. ESISTONO RIUNIONI DI SOLA INFORMAZIONE? Riunioni in cui chiedo ai partecipanti di ascoltare con attenzione e di prendere nota dei contenuti della comunicazione per adeguare i propri comportamenti? LA RIUNIONE DEVE PRODURRE VALORE, ELABORANDO ARGOMENTAZIONI DI VENDITA SEGMENTAZIONI DEI CLIENTI MODALITÀ DI APPROCCIO AL CLIENTE PROPOSTE DI VENDITA CHE I GESTORI COMMERCIALI POSSANO REALIZZARE NELL’ATTIVITÀ OPERATIVA PER RAGGIUNGERE GLI OBIETTIVI DI VENDITA. 7.1.1. Caratteristiche delle riunioni ORIENTATE AD UN OBIETTIVO SPECIFICO Ciascuna riunione deve essere sempre orientata ad incidere su comportamenti operativi specificatamente indicati OBIETTIVI INERENTI TUTTI I PARTECIPANTI Tutti coloro che partecipano alla riunione devono essere interessati agli obiettivi della riunione COINVOLGENTI I partecipanti devono essere chiamati ad un contributo creativo per i risultati della riunione PROGRAMMATE CON UNA AGENDA DEFINITA Attività e tempi della riunione devono essere attentamente programmati, per evitare dispersioni di tempo RUOLO DI REGISTA DEL TITOLARE DI SUCCURSALE Il TITOLARE DELLA SUCCURSALE deve saper lasciare il ruolo da protagonista ai partecipanti, senza cedere quello di regista (colui che fa accadere le cose) 7.1.2. Tipi di riunioni RIUNIONE CREATIVA Riunione legata a obiettivi e situazioni particolari, per definire azioni da porre in essere con il contributo creativo di tutti i partecipanti. RIUNIONE OPERATIVA Riunione periodica, sintetica, per analizzare i risultati della pianificazione effettuata e condividere applicazioni operative di successo. 7.1.3. Come realizzare la riunione creativa PER OTTENERE RISULTATI ADEGUATI SI POTRÀ APPLICARE UN METODO CHE PREVEDE TRE ATTIVITÀ INFORMAZIONE RICERCA DELLE SOLUZIONI OPERATIVE SINTESI DELLE DECISIONI PRESE. Informazione OBIETTIVO DI QUESTA FASE È FAR CONDIVIDERE AI PARTECIPANTI GLI OBIETTIVI DELLA RIUNIONE A tale scopo, si potrà PRESENTARE GLI OBIETTIVI DELLA RIUNIONE, ESPLICITANDO IL PROCESSO LOGICO CHE HA PORTATO IL TITOLARE DELLA SUCCURSALE AD INDIVIDUARE L’OBIETTIVO, PRESENTANDO DATI ED INFORMAZIONI IN FORMA ORGANIZZATA CHIEDERE AI PARTECIPANTI LA PROPRIA VISIONE A PROPOSITO DEGLI OBIETTIVI. Ricerca delle soluzioni operative LA FASE CENTRALE DELLA RIUNIONE CONSISTE NEL DEFINIRE LE MODALITÀ PIÙ EFFICACI PER SFRUTTARE LE OPPORTUNITÀ EVIDENZIATE (nella fase di informazione). SARÀ CONDOTTA COINVOLGENDO TUTTI I PARTECIPANTI NELLA RICERCA DELLE SOLUZIONI OPERATIVE. Nella Riunione si realizza COMPIUTAMENTE il concetto di Gruppo. IL GRUPPO È GRUPPO SE RIESCE AD INDIVIDUARE MODALITÀ OPERATIVE PIÙ EFFICACI RISPETTO A QUELLI CHE I SINGOLI PARTECIPANTI POTREBBERO DEFINIRE LAVORANDO IN SOLITUDINE. La teoria della dissonanza cognitiva UNA VOLTA AFFERMATE IN GRUPPO DELLE CONVINZIONI, I COMPONENTI DEL GRUPPO TENDERANNO A CERCARE NELLA REALTÀ DELLE CONFERME ALLE CONVINZIONI ESPRESSE MAGGIORE È IL COINVOLGIMENTO DEI PARTECIPANTI NELLA RICERCA DELLE SOLUZIONI OPERATIVE, MAGGIORE SARÀ LA PROBABILITÀ DI OTTENERE MOTIVAZIONE VERSO QUANTO DECISO OPINIONI DIFFERENTI POSSONO MOLTIPLICARE L’EFFETTO DELLA DISSONANZA COGNITIVA. Come condurre questa fase SUDDIVIDERE I PARTECIPANTI IN DUE O PIÙ SOTTOGRUPPI CHIEDERE AI SOTTOGRUPPI DI ELABORARE SOLUZIONI PER L’OBIETTIVO DEFINITO. I sottogruppi potranno lavorare - sulla stessa situazione, per mettere a confronto le soluzioni elaborate - su situazioni diverse (clienti differenti, prodotti differenti, ecc.) FAR PRESENTARE LA SOLUZIONE AD UNO DEI COMPONENTI DEL SOTTOGRUPPO AVVIARE UN DISCUSSIONE DI GRUPPO AL TERMINE DI CIASCUNA PRESENTAZIONE. CAUTELE PER EFFETTUARE IL LAVORO IN SOTTOGRUPPI COMPORRE I SOTTOGRUPPI CHIARIRE GLI ELEMENTI DA COMPRENDERE NELLA SOLUZIONE INDIRIZZARE I GRUPPI NELLA RICERCA DELLE SOLUZIONI OPERATIVE CONDURRE LA DISCUSSIONE DI GRUPPO SU OGNI PRESENTAZIONE. Comporre i gruppi AVERE CURA CHE NELLO STESSO GRUPPO SIANO INSERITI ELEMENTI CON CARATTERISTICHE DIFFERENTI, MA NON ANTITETICHE: due persone entusiaste nella stessa misura tendono ad entrare in competizione; due persone ad elevato scetticismo tendono ad esasperare questa posizione; una fortemente motivata ed un’altra scettica, tendono a ritagliarsi ruoli troppo definiti (partecipazione - non partecipazione). RIBADIRE (e indicare per iscritto) QUALI ELEMENTI DEVONO ESSERE COMPRESI NELLA SOLUZIONE IL SOTTOGRUPPO DEVE CONOSCERE ESATTAMENTE QUALI SONO GLI ELEMENTI RICHIESTI CHE VANNO INDICATI PER ISCRITTO. Se possibile, indicare nella lavagna a fogli mobili. Ad esempio: quali clienti contattare; che tipo di analisi effettuare sul cliente; quali argomentazioni utilizzare; ecc. Indirizzare i gruppi nella ricerca delle soluzioni operative MENTRE I SOTTOGRUPPI LAVORANO ALLA RICERCA DELLE SOLUZIONI, IL TITOLARE DI SUCCURSALE SEGUIRÀ IL LAVORO DI OGNI SOTTOGRUPPO PER VERIFICARE CHE PROCEDA POSITIVAMENTE VERSO LE SOLUZIONI. Dovrà, eventualmente, “cedere” ai sottogruppi le proprie idee, attraverso un’attività di domande, precisazioni, indicazioni. Condurre la discussione di gruppo su ogni presentazione LA DISCUSSIONE DI GRUPPO SARÀ CONDOTTA DAL TITOLARE DI SUCCURSALE, che manterrà il controllo della discussione in modo che sia vissuta sempre in termini propositivi e mai di giudizio del lavoro del sottogruppo. Sintesi delle decisioni AL TERMINE DELLA RIUNIONE SI DOVRÀ DEDICARE UN ADEGUATO SPAZIO DI TEMPO A TIRARE LE FILA: QUALI SONO GLI ARGOMENTI AFFRONTATI QUALI SONO LE DECISIONI PRESE EVENTUALI POSIZIONI DIFFERENTI QUALI SONO LE AZIONI PROGRAMMATE.