Nome file
000304TU1.pdf
data
04/03/2000
Contesto
SPP/TU
Relatori
C Ballerio
MD Contri
G Micale
Liv. revisione
Trascrizione
STUDIUM SCUOLA PRATICA DI PSICOPATOLOGIA 1999-2000
CORSO SCUOLA TUTOR
IL TUTOR DELLA SALUTE
4 MARZO 2000
3° LEZIONE
PUNTI DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO INTERPELLATI DALLA
PROFESSIONE DEL TUTOR
TESTO INTEGRALE
DOTT. GIUSEPPE MICALE
PUNTI DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO INTERPELLATI DALLA
PROFESSIONE DEL TUTOR
[Testo mancante]
MARIA DELIA CONTRI
Per il momento ringraziamo il Dott. Giuseppe Micale per l’enorme lavoro che ha fatto per
sintetizzare per noi tutti questi aspetti. Immagino che ci sarebbero tante cose da discutere, ma penso che
abbiamo bisogno di un intervallo.
Ovviamente, penso che ciascuno di noi avrebbe avuto voglia di chiedere, arrestare l’esposizione per
chiedere, discutere. Avremo una prima occasione per ridiscuterne la volta prossima, quando si parlerà di
casi. Già so di persone, per esempio M. Antonietta Aliverti, che ha trattato proprio un caso in cui si trattava
di inabilitazione o interdizione. Chiunque di voi abbia casi in cui si è presentato un problema di tipo
giuridico, rispetto al diritto dello stato, per favore me lo segnali così potremo utilizzarlo.
Poi il tema verrà sicuramente ripreso nell’ultimo incontro che riguarda la professione del Tutor
appunto come professione. Quello che ci ha detto il Dr. Micale oggi è estremamente importante per la
definizione del Tutor come professione, che però è una professione senza ordine, che quindi rientra fra quelli
che lui chiamava contratti atipici, ma che però è bene che venga formalizzata. E dovremo anche pensare
bene, riflettere, sul fatto che comunque il contratto debba essere scritto. Credo che su questo dovremo fare
una riflessione attenta.
Avremo due altre occasioni per ridiscutere, riprendere tutta la tematica di oggi. In ogni caso, se poi
qualcuno di voi ha questioni a parte ce le faccia avere, perché il Dr. Micale si è detto disponibile a
rispondere, a precisare, a ripensare, a proposito di questioni che oggi non ha trattato.
Do la parola al Dott. Ballerio che ci parlerà della legge regionale.
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DOTT. CARLO BALLERIO
ASPETTI TECNICO-LEGALI DEL RAPPORTO CON L’ENTE PUBBLICO
Riprendo alcuni spunti già introdotti da Giuseppe Micale. In particolare su questo: necessità del
contratto scritto, per le ragioni già dette, ma anche per almeno altri due buoni motivi.
C’è il discorso della responsabilità già sottolineato. Secondo, non banale, chi non è iscritto a un
ordine professionale non può agire in giudizio per farsi pagare se non ha un contratto.
L’esistenza di un contratto è il presupposto dal punto di vista assicurativo perché ci sia un rapporto di
terziarietà fra il Tutor e la persona che gli è affidata. Per i rapporti assicurativi non è scontato che due
persone siano terze fra di loro. Non è scontato per il rapporto assicurativo che genitori e figli siano terzi
l’uno rispetto all’altro. Vuol dire che uno può stipulare una responsabilità civile per danni a terzi e scoprire
poi che la polizza non funziona perché non è considerato terzo la persona che …
Quindi, l’esistenza di un contratto e la riproposizione, il richiamo del contratto in polizza
assicurativa, fa sì che un’assicurazione per responsabilità civile terzi sia effettivamente operativa quando
serve.
È un problema che si era posto all’origine dei Centri Socio-educativi nel rapporto fra gli educatori e
le persone accettate nei centri. C’è voluto un po’ perché si capisse che bisognava inserire espressamente il
rapporto di terziarietà.
Altro aspetto: l’esistenza di un contratto o di una delega è elemento essenziale rispetto alla normativa
sulla privacy. La normativa sulla privacy è la legge 241 del 1990: è la legge che tutela i dati personali e in
particolare i cosiddetti dati sensibili, cioè quelli che più attengono alla tutela del diritto alla personalità del
soggetto.
Un esempio molto banale e molto pratico: è tutelato dalla legge sulla privacy anche solo il fatto che uno sia
ricoverato in ospedale. Un ospedale non può comunicare che una persona è ricoverata se questa al momento
del ricovero non ha espressamente dato l’assenso a comunicare questa notizia. Vuol dire che il Tutor che non
ha una delega da parte dei genitori può sentirsi dire in più occasioni che non ha diritto ad avere notizie sulla
persona che gli è affidata. Questo vale nei rapporti con tutte le istituzioni.
Quindi il contratto, che contiene anche una delega, è lo strumento giuridico per poter dialogare in
maniera efficace con tutta una serie di istituzioni pubbliche.
Per quanto riguarda il versante assicurativo, è importante porre attenzione a un limite che compare in
tutte le polizze circa la presa in carico di un danno di un sinistro dopo la cessazione della polizza; se la
polizza dura un anno e il sinistro emerge dopo la scadenza della polizza, si è verificato nel periodo di validità
della polizza, ma viene segnalato dopo la scadenza, questa è materia di negoziazione con l’assicuratore. È
materia di negoziazione il fatto in sé e il tempo: quale è l’ultra-attività della polizza. Ricordava prima Micale
che ci sono eventi che hanno prescrizione quinquennale o decennale. Non è banale che le polizze non
contengano vincoli particolarmente stretti circa la denunciabilità dei sinistri.
L’essere titolare di polizze di responsabilità civile e infortuni è condizione essenziale per svolgere
tirocini presso qualunque struttura, perché nessuna struttura può assicurare in proprio persone che non siano
dipendenti o che non abbiano rapporti stabili con l’istituzione stessa; ma per le ragioni già dette è strumento
utile, saggio, per chiunque eserciti una professione come quella del Tutor.
Sotto questo profilo, Studium Cartello ha un’iniziativa in corso per chi non ha altre soluzioni di tipo
personale già in atto, per soluzioni di tipo cumulativo che hanno il vantaggio di diminuire soltanto i costi.
Chi fosse interessato lo faccia sapere.
PIETRO R. CAVALLERI
Questa possibilità cumulativa potrebbe essere mantenuta al termine del tirocinio anche per la propria
attività professionale?
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DOTT. CARLO BALLERIO
Non è legata all’espletamento del tirocinio.
MARIA DELIA CONTRI
Però, se ho capito bene, tu dicevi che chi fosse interessato ad avere una copertura solo per il tirocinio
può anche farlo.
DOTT. CARLO BALLERIO
Bisogna tenere presente che i costi non cambiano, nel senso che nessuna polizza è conveniente per
periodi inferiori all’anno.
RAFFAELLA COLOMBO
Invece di avvertirvi alla fine della mattinata, riguardo ai tirocini e ai luoghi di tirocinio, le richieste
sia all’Anaconda, sia al Cardinal Colombo sono state accettate tutte, nel senso che c’è posto per tutti, perché
c’è stata una buona suddivisione delle richieste. A ognuno di interpellare direttamente i centri scelti per
concordare precisamente modalità e tempi. Credo che questo valga anche per l’Anaconda; so per certo che
vale per il centro Cardinal Colombo di Milano. La condizione per iniziare il tirocinio al Cardinal Colombo è
che i tirocinanti siano in possesso di una propria assicurazione per responsabilità civile. Non vengono
accettate persone per tirocinio se non assicurate. Lo stipulare l’assicurazione deve avvenire prima di iniziare
il tirocinio.
DOTT. CARLO BALLERIO
Dopo questo passaggio introduttivo, il lavoro che faremo adesso cercherà sostanzialmente di
contestualizzare molte delle cose sentite prima nella geografia istituzionale del nostro ordinamento, con un
passaggio alla fine più mirato invece sulle possibilità di lavoro per le persone che vi sono affidate e per
utilizzare queste possibilità di lavoro.
Se cerchiamo di costruire delle coordinate istituzionali, il primo soggetto che incontriamo è la ASL.
Vedremo che in realtà individuare le competenze dell’ASL, non in senso generale, ma soprattutto per ciò che
vi riguarda più direttamente o che riguarda più direttamente la figura del Tutor, non è così semplice. Con il
decreto 229 del 19 luglio 1999 è stata sancita l’autorganizzazione delle ASL, con un atto di diritto privato
che si chiama atto di organizzazione aziendale. Quindi, è possibile che al di là di connotazioni generali e
valide per tutto il territorio nazionale, nelle singole realtà delle singole ASL si trovino elementi di specificità
anche non indifferenti.
Allora, il lavoro che cercherò di fare è quello di dare delle coordinate, che comunque dovrebbero
ritrovarsi in tutte le realtà, perché l’atto di organizzazione non può comunque stravolgere alcuni principi
generali.
Secondo elemento di delicatezza è quello del rapporto fra ASL e comuni, con sovrapposizioni di
competenze non sempre facili da distinguere.
Cominciamo da questo secondo punto. I due interlocutori che si trovano sul territorio sono la ASL 1
e il comune. Perché si può trovare e si trova di fatto spesso una confusione di ruoli, sovrapposizione di ruoli,
sovrapposizione o confusioni di competenze?
Vi ricordo che le ASL nascono ufficialmente nel 1978 come USL, unità sanitarie locali, con la legge
833 di riforma sanitaria, definite all’origine come strumento dei comuni, dove quindi il peso, almeno dal
punto di vista lessicale, ma con ricadute politiche non indifferenti, era spostato decisamente sul ruolo dei
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comuni, come responsabili dello stato di salute dei propri cittadini. La USL era concepita come strumento
operativo dei comuni per attuare gli obiettivi del servizio sanitario nazionale che erano quelli della
prevenzione, cura e riabilitazione della salute fisica e psichica.
In realtà, questo meccanismo, legato a una concezione politica molto datata, si è rivelato abbastanza
presto una sorta di finzione. La USL ha assunto una propria autonomia, con discussioni che hanno avuto
rilevanza diversa nelle diverse regioni, sulla natura giuridica, sulla natura o meno della USL.
Senza ripercorrere tutta la storia, il decreto già citato del 19 luglio 1999 dice sostanzialmente che le
USL per raggiungere i propri obiettivi sono costituite in azienda, con personalità giuridica pubblica e
ordinamento privatistico. Quindi, rimane la dizione USL e quindi richiama la presenza dei comuni, però
l’USL nel momento in cui opera si costituisce in azienda, dotata di autonomia, di personalità giuridica
pubblica. Di fatto e di diritto.
Con la costituzione delle USL in Azienda Sanitaria Locale si è anche stabilito che la competenza
dell’USL attiene agli interventi in ambito sanitario o socio assistenziale a valenza sanitaria. Tutto ciò che è
ambito assistenziale puro è di competenza dei comuni — vuol dire che il Servizio Sanitario Nazionale non si
fa carico degli oneri della parte assistenziale — i quali possono delegare l’ASL a gestire gli interventi in
campo socio-assistenziale purché senza oneri per l’ASL. Vuol dire che i comuni nel momento in cui
delegano l’ASL a gestire interventi in campo assistenziale, devono mettere a disposizione le risorse,
economiche e quant’altro, e l’ASL opera su delega dei comuni, ma senza metterci una lira di risorse proprie.
Questa è una possibilità e non un obbligo. Quindi si possono trovare situazioni dove i comuni non
hanno delegato e almeno formalmente la separazione delle competenze è molto netta, ambiti in cui i comuni
hanno delegato, per cui l’ASL diventa l’unico interlocutore per tutti i bisogni sanitari, sociali e assistenziali
delle persone.
Detto così sembra ancora semplice. In realtà questa divisione di carattere generale che permane,
conosce una serie poi di attuazioni particolari, per esempio è riconosciuto pressocché unanimemente che gli
interventi nell’area della psichiatria e nell’area della tossicodipendenza, anche se con forte componente
sociale, sono in realtà a valenza sanitaria o prevalentemente sanitaria. Sul piano pratico significa che di
norma il riferimento per tutti i problemi di una persona che sia comunque in carico ai servizi psichiatrici o
che abbia comunque problemi di malattia mentale, il riferimento rimane l’ASL. Lo stesso vale per le aree
delle tossicodipendenze.
Molto più articolata è la vicenda dei minori, i cosìddetti minori a rischio. È sicuramente dell’ASL la
competenza in termini di certificazione e questa rimane nel contesto generale della competenza dell’ASL su
tutte le certificazioni che hanno valenza medico-legale; quindi la certificazione di una diagnosi è sicuramente
di competenza ASL.
La competenza sulla cura è sicuramente dell’ASL.
La competenza su quella che viene chiamata la gestione del minore a rischio diventa un elemento di
confine con le competenze comunali, nel senso che gli oneri che derivano da tutte le azioni di supporto al
trattamento del minore e che non siano a stretto contenuto sanitario ricadono sui comuni. Questo vuol dire
che nelle situazioni concrete, non è improbabile, anzi è molto facile che il Tutor si trovi ad operare con una
pluralità di interlocutori e con confini di competenza non sempre delineati.
Tenete conto che c’è una battuta che vale nel pubblico, che non è più una battuta, ma una sacrosanta verità,
ed è che quando in un ente pubblico, in una struttura pubblica si dice «Stabiliamo le competenze», non
signfica «stabiliamo che cosa mi tocca fare», ma «stabilisco che cosa non voglio fare». Il meccanismo è
all’inverso.
Ulteriore passaggio. Questa realtà di confine conosce poi una serie di graduazioni, cioè normalmente
la presenza dei servizi sociali comunali e la rivendicazione di un’autonomia di intervento dei comuni è
maggiore nei comuni di dimensioni medio-grandi e tende a diminuire a mano a mano che il comune diventa
piccolo. Questo per ragioni facilmente comprensibili: il comune grande ha una sua struttura di servizio
sociale; normalmente ha e si fa vanto di una politica in campo sociale. Spesso ha risorse. A mano a mano
che il comune diventa piccolo ha una sola assistente sociale, quando ce l’ha, che deve fare tutto e occuparsi
di tutto e non ha fondi a bilancio.
Tenete conto che un minore a rischio in un comune di duemila abitanti può far saltare il bilancio
comunale in termini di costi.
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Nel caso del minore a rischio, quando si pone la necessità di interventi d’urgenza, per esempio di
allontanamento immediato di un minore da un nucleo familiare, normalmente il provvedimento viene preso
dal Tribunale dei minorenni, su segnalazione, relazione dell’ASL, ma con oneri a carico del comune e spesso
con il sindaco del comune nominato tutore. Giocare all’interno di questi meccanismi diventa normalmente
piuttosto complesso.
In linea generale il riferimento prevalente è comunque l’ASL. Sicuramente non si possono porre
all’ASL domande a priori improprie, per esempio non è riferimento adeguato l’ASL il caso di un bisogno di
alloggio, temporaneo o più o meno temporaneo.
Non è un riferimento utile l’ASL là dove si tratti di cercare soluzioni lavorative.
Per tutti gli altri aspetti, nel campo dei minori, sicuramente il primo interlocutore rimane comunque
l’ASL, sapendo a priori che a volte ci si trova a giocare in equilibri piuttosto complessi rispetto alla realtà
comunale.
Qual è l’organizzazione interna delle ASL? Parlare con l’ASL cosa vuol dire? Con chi si parla?
Ragioniamo in termini di funzioni e poi vediamo cosa vuol dire in termini di organizzazione. Le
funzioni operative delle ASL, dovunque siano dislocate sul territorio nazionale, normalmente sono: la
medicina di base, intendendosi per medicina di base il medico di base e il pediatra convenzionato; la
medicina specialistica: ospedali, poliambulatori specialistici, etc.; l’igiene pubblica e ambientale e la
medicina del lavoro; la medicina veterinaria e il servizio sociale.
Queste sono le funzioni dell’ASL. Quindi normalemente l’interlocutore del Tutor che si rivolge all’ASL è
l’area del servizio sociale in qualche caso l’area della medicina specialistica. Non è detto che troviate queste
funzioni con questi nomi, perché il decreto 229 obbliga le ASL a organizzarsi su base dipartimentale, per cui
potreste trovare nelle diverse realtà queste funzioni aggregate in dipartimenti con nomi diversi. Di solito il
più identificabile è quello dei servizi sociali (…) le ASL in realtà si organizzano in sottoambiti territoriali.
La regola è che grosso modo un’ASL corrisponde con una provincia. All’interno di questa provincia ci sono
delle aree più ristrette che sono individuate come distretti. È possibile ed è molto probabile che gli atti di
organizzazione aziendale che si stanno attuando in questo momento, in esecuzione del decreto del luglio
dell’anno scorso, diano come primo riferimento il distretto e non direttamente i servizi centrali dell’ASL.
Quindi l’avvertenza è che là dove sono stati attivati i distretti il primo interlocutore potrebbe essere il livello
distrettuale.
Livelli distrettuali che poi sul piano operativo sono dotati di livelli di autonomia diversi. L’ASL
tende a spostare sul livello distrettuale la contrattazione con i comuni, e quindi quando si tratta di affrontare
un intervento su una persona che ha una pluralità di bisogni, in parte gestiti dall’ASL, in parte a carico dei
comuni, se continua il meccanismo impostato dal decreto 229, l’area di contrattazione con i comuni non è
direttamente l’ASL ma è il distretto.
Eccezioni, che comunque sono confermate e conservate, sono psichiatria e area delle
tossicodipendenze, che mantengono comunque sia una propria autonomia operativa legata direttamente
all’organizzazione dell’ASL.
Dentro questo quadro di portata generale esiste un’eccezione macroscopica nel panorama nazionale
rappresentato dalla Regione Lombardia, perché la Regione Lombardia, tranne che in tre situazioni che sono
Sondrio, Lodi e Pavia, ha attuato una separazione netta fra l’ASL e la medicina specialistica. L’ASL
mantiene tutte le sue funzioni tranne la medicina specialistica che è stata ricondotta tutta integralmente sotto
le aziende ospedaliere. Eccezioni sono Sondrio, Lodi e Pavia, che sono le tre ASL sperimentali lombarde che
vanno avanti sul modello nazionale. Questo significa che, per esempio in ambito psichiatrico, in Lombardia
il riferimento non è rappresentato dall’ASL ma è rappresentato dal servizio di psichiatria dell’azienda
ospedaliera che insiste in quella zona. Se un Tutor ha un problema di rapporti con la psichiatria varesina non
deve andare all’ASL ma al servizio di psichiatria dell’azienda ospedaliera di Varese; idem se è a Como, etc.
È lo stesso servizio di psichiatria che si fa carico di tutto quello che può servire o che può mettere in
campo, compresa l’attività socio-assistenziale, strutture protette e quant’altro.
Lo stesso vale per la neuropsichiatria infantile, che in tutta Italia e in tre province lombarde trovate
presso l’ASL, mentre nel resto della Lombardia è collocata nell’ambito dell’azienda ospedaliera, anche qui
con i servizi di supporto.
Questo vuol dire che la psichiatria se prende in carico un paziente può prendersene incarico per tutto
il suo fronte di bisogni, fino all’inserimento in una comunità protetta o quant’altro. Cioè anche con interventi
a valenza socio-assistenziale.
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Altra notazione che riguarda in maniera particolare la Lombardia: quello che era il vecchio 5^
servizio, o servizio sociale, è diventato dipartimento di assistenza socio-sanitari integrati; la sigla è ASSI.
Questo dipartimento ha una peculiarità: oltre che garantire o dover garantire la “gestione in proprio” dei
servizi tradizionali, funge anche da agenzia per il reperimento di risorse; cioè l’ASSI funge da agenzia per
reperire un centro socio-educativo, una comunità alloggio, un centro residenziale. Attraverso l’ASSI la
Regione Lombardia, ASL per ASL, ha accentrato la negoziazione con le strutture di riferimento per gli
interventi sociali.
Un ulteriore passo, valido per tutta Italia e non solo per la Lombardia, è che nessuna persona può
essere inserito in strutture che non siano accreditate. Vuol dire che non venga in mente al Tutor di affidare
per la notte o quant’altro una persona che ha in carico alla prima struttura che gli capita di trovare e che
secondo lui è bella, perché non può operare nessuna struttura che non sia accreditata.
Non esista la libertà di tipologia di strutture; esiste un elenco di tipologie di strutture per ogni ambito di
intervento e ciascuna tipologia è definita da standard strutturali e funzionali. Il possesso di questi standard fa
sì che una struttura sia accreditata.
Nell’area della psichiatria esistono i CPS, i servizi ambulatoriali, l’SPDC cioè le unità di ricovero e
cura ospedaliere, le comunità alloggio, etc. Per potere avere questi nomi queste strutture devono rispondere a
determinati requisiti che qualcuno ha verificato e accettato accordando l’accreditamento.
Nell’area sociale esistono le comunità alloggio, i CSE, i centri residenziali, i gruppi famiglia, etc.
Ciascuno di questi per poter operare legittimamente deve avere i requisiti corrispondenti alla tipologia che si
è scelto e deve essere stato accreditato.
Qualunque altro esercizio di attività assistenziale in forma strutturata comporta denuncia penale. Chi
vigila su queste cose è la Provincia, per delega della Regione.
Per ritornare a quello che diceva prima Giuseppe Micale, l’affidamento di persona incapace, anche
temporaneamente, a struttura non accreditata, fa sorgere la responsabilità di abbandono di…
DIBATTITO
SANDRO ALEMANI
La parola accreditato così ha un senso sulla base nazionale fino adesso, mentre in Lombardia ha un
altro significato. In realtà si può benissimo affidare a una struttura in Lombardia non accreditata senza
nessuna denuncia penale.
DOTT. CARLO BALLERIO
Hai ragione: in Lombardia c’è la distinzione fra autorizzato e accreditato. Autorizzato vuol dire in
possesso dei requisiti minimi, accreditato vuol dire che gli oneri sono a carico della struttura pubblica. In
Lombardia l’accreditamento ha superato la vecchia forma del convenzionamento. Vuol dire che oltre ad
avere i requisiti, può essere accolto chi copre le spese. Con la notazione però che nelle strutture accreditate di
tipo socio-assistenziale, non paga la Regione, non paga il Servizio Sanitario Nazionale, ma paga il comune
che può rivalersi sulla famiglia in proporzione al reddito. Sempre perché gli interventi a pura valenza sociale
non possono essere posti a carico del servizio sanitario.
Il minore che viene allontanato dalla famiglia e inserito in una comunità alloggio, la comunità
alloggio deve essere autorizzata e accreditata: paga il comune che si può rivalere e si rivale sulla famiglia in
proporzione al reddito della famiglia. Questo è il meccanismo concreto.
Se invece il minore viene inserito in una unità di cura, comunque denominata, l’onere è coperto dal
servizio sanitario nazionale.
Quando si innescano questi meccanismi, qualche problema viene fuori, almeno su due versanti.
Primo: quanto chiede il comune non è fissato da nessuna parte ma sceglie comune per comune e caso
per caso, perché la richiesta è legata alle condizioni di bilancio del comune. A volte ci sono richieste molto
alte.
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Secondo, quando il comune esercita la rivalsa, si apre un contenzioso con la famiglia: il contenzioso
diventa «me l’avete inserito voi, perché devo pagare io?». Ma è parte di una questione più grossa per cui
tutto deve essere gratis. In questo caso ad innescare il meccanismo del contenzioso è il fatto che un altro
decide normalmente l’inserimento.
Mi rendo conto che sto dando forse qualche riferimento e poche certezze, ma questa è la realtà in cui
si opera.
RAFFAELLA COLOMBO
Un Tutor trova indicato un inserimento parziale in un CSE per un giovane: 5 ore alla settimana.
Deve appurare presso la direzione del CSE che questo sia accreditato?
DOTT. CARLO BALLERIO
No. L’inserimento in una struttura non è può essere fatto di norma direttamente dal Tutor, ma deve
essere fatta, su proposta del Tutor come delegato dalla famiglia, attraverso l’ASL di riferimento, perché
senza questo passaggio è sicuro che gli oneri sono integralmente a carico della famiglia. Non è che non sia
possibile, ma si pongono due problemi: 1°) a volte il centro di riferimento ha messo tutti i suoi posti a
disposizione dell’ASL per una convenienza economica, e quindi su una richiesta individuale può darsi che
dica che non c’è posto; 2°) se anche ci fosse posto, se la richiesta non transita attraverso l’ASL di riferimento
o attraverso il comune che poi passa attraverso l’ASL, è sicuro che gli oneri sono totalmente a carico della
famiglia. Non scatta neanche il meccanismo dell’intervento parziale da parte del comune o dell’intervento
comunque poi con rivalsa in percentuale variabile.
SANDRO ALEMANI
Il meccanismo di questo passaggio è il medico di famiglia…?
DOTT. CARLO BALLERIO
No, è proprio il servizio dell’ASL e quindi è il servizio sociale dell’ASL. In Lombardia è l’ASSI.
Il Tutor o invia la famiglia o accompagna la famiglia all’ASSI a chiedere l’inserimento in… Questo
non vuol dire che il Tutor non possa prendere contatti prima con la struttura, formulare un piano di lavoro.
Questo va tutto bene. Il passaggio formale è comunque attraverso l’ASL o attraverso il servizio sociale
comunale che attiva l’ASL.
SANDRO ALEMANI
Ma nel caso di una struttura psichiatrica vige la libertà di ogni cittadino di presentarsi alla struttura
stessa e fare domanda di ammissione.
DOTT. CARLO BALLERIO
Perché la psichiatria, come la tossicodipendenza, è considerata a priori prestazione sanitaria e quindi
nel momento in cui uno viene accettato in un servizio psichiatrico, in tutte le sue articolazioni, anche
comunità alloggio, è come se si presentasse in un ospedale. È prestazione sanitaria e prestazione a valenza
socio-assistenziale.
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Sempre in relazione a quello che diceva già Giuseppe Micale prima, il riferimento è
obbligatoriamente l’ASL per tutto ciò che è compreso nell’area consultoriale. Ogni volta che prima si è
detto, per interruzione di gravidanza o altro, si passa attraverso il consultorio, il consultorio è struttura ASL e
anche là dove ci sono consultori privati accreditati il riferimento è comunque l’ASL.
Passiamo velocemente alla questione lavoro.
Quali sono le possibilità e le modalità per l’accesso al lavoro. Vale in generale, ma qui il taglio del
discorso è una persona affidata a un Tutor che deve lavorare.
Vi leggo velocemente tre norme.
L’art. 2060 del codice civile che attua l’art. 35 della costituzione:
Il lavoro è tutelato in tutte le sue forme organizzative ed esecutive, intellettuali, tecniche e manuali.
L’art. 2061:
L’ordinamento delle categorie professionali è stabilito dalle leggi, dai regolamenti, dai provvedimenti
dell’autorità governativa.
L’art. 2062:
L’esercizio professionale delle attività economiche è disciplinato dalle leggi e dai regolamenti.
Questo vuol dire che nell’ordinamento italiano non esiste forma di lavoro che non sia soggetto a
normativa; più o meno stringenti, più o meno elastiche, ma qualunque forma di lavoro è soggetta a norme.
Su questo bisogna assolutamente evitare situazioni di dilettantismo. Vedremo che le possibilità sono
molte, ma bisogna seguire determinati percorsi.
Abbiamo visto prima che il Tutor pur essendo una professione non prevista risponde comunque a
delle norme, per esempio instaura un rapporto di tipo professionale con tutto quello che ne discende.
Quali sono le forme di lavoro?
Quella classica, nota a tutti, è la forma del lavoro dipendente. Lavoro dipendente che in realtà ha una
serie di connotazioni ulteriori. È un lavoro dipendente a tempo indeterminato e di norma ogni rapporto
dipendente si intende a tempo indeterminato se non è precisato un termine. Oppure se il termine viene
precisato e viene superato senza che nessuno sollevi il problema; in questo caso un lavoro a tempo
determinato si trasforma il lavoro a tempo indeterminato.
Esiste un lavoro dipendente a tempo determinato, per un periodo di tempo prefissato.
Esiste un rapporto di lavoro a tempo parziale, che può essere sia a tempo indeterminato che a tempo
determinato.
La modalità ordinaria di accesso al lavoro dipendente per realtà superiori ai 15 dipendenti è
obbligatoriamente il passaggio attraverso l’ufficio del lavoro e della massima occupazione, le liste di
collocamento. Esistono ipotesi di chiamata nominativa, ossia che derogano al principio della lista, ma questo
è possibile solo per attività a contenuto professionale di un qualche rilievo, e sempre su persone comunque
iscritte nelle liste di collocamento.
Sapete bene il dibattito che c’è in corso sul superamento del collocamento obbligatorio, però allo
stato attuale là dove l’assunzione deve avvenire in un contesto superiore ai 15 dipendenti, il passaggio
obbligatorio è attraverso il collocamento.
Esiste un “privilegio” per gli invalidi, il collocamento obbligatorio, che però di fatto non ha prodotto
risultati di una qualche utilità. Ha avuto riscontri più positivi per gli invalidi fisici, ha avuto riscontri
totalmente negativi per condizioni di invalidità che abbiamo comunque una connotazione psichica, anche se
minima.
In particolare le invalidità fisiche sono state rivalutate, nel senso di avere maggiori sbocchi, con lo
sviluppo della tecnologia, dove è meno richiesto il movimento piuttosto che altre funzioni.
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Oltre al lavoro dipendente classico esiste il lavoro temporaneo, o come si dice, il lavoro interinale. È
una soluzione nuova che scaturisce da una legge del 1997, la Legge 196.
Il lavoro interinale può essere fornito solo da società abilitate a farlo. Ce ne sono molte oramai. Uno
si iscrive presso una di queste società che sono rigorosamente disciplinate dalla legge, dando il suo
curriculum. Questa società fornisce lavoro temporaneo ad altre aziende che ne hanno bisogno. Nel periodo in
cui la persona lavora presso una terza azienda è a tutti gli effetti retribuito; ha i contributi sociali, i contributi
previdenziali esattamente come un lavoratore dipendente.
Il lavoro temporaneo, o lavoro interinale, che a differenza del collocamento obbligatorio, sta avendo
un grosso successo, non può essere usato in maniera indiscriminata. Si può ricorrere al lavoro temporaneo
solo quando in una realtà aziendale serve una figura professionale non prevista: mi serve un’impiegata che
conosca l’inglese. Oppure si può ricorrere al lavoro interinale per coprire punte di lavoro. Oppure si può
ricorrere al lavoro interinale per sostituire personale assente, purché non per sciopero. Non si può utilizzare
il lavoro interinale per lavori a contenuto professionale quasi nullo. Non si può utilizzare il lavoro interinale
per attività di facchinaggio.
Per queste attività a contenuto professionale molto basso, lo strumento ancora più utile dal punto di
vista del risultato, cioè del lavoro, normalmente rimane quello delle cooperative di lavoro, delle cooperative
di servizi.
Insisto molto sul lavoro temporaneo, perché intanto è strutturato come lavoro a termine e quindi può
essere estremamente utile per una persona affidata a un Tutor provare a lavorare per un periodo limitato.
Costituisce referenza, perché di solito le aziende che ricorrono al lavoro interinale sono aziende di una certa
consistenza. Quindi a poco a poco uno si costituisce un curriculum che non è più solo di studi ma è anche un
curriculum di attività documentata. È chiaro che il ricorso al lavoro interinale è più facile a capodanno che
non a ottobre, o è più facile ad agosto quando gli altri vanno in ferie. Questo però è anche uno strumento di
misura della effettiva necessità di lavoro che uno ha.
Per evitare che si riproponessero fenomeni di intermediazione di manodopera fuori da ogni regola e
da ogni legge, cioè l’evoluzione moderna del vecchio caporalato, la normativa sul lavoro temporaneo è
molto rigida, nel senso che una società per diventare fornitrice di lavoro temporaneo deve dare una serie di
garanzie, deve avere una certa dimensione, è soggetta a controlli, etc. È responsabilità di questa società fare
in modo che il lavoratore, mandato presso un terzo in un certo periodo di tempo, sia regolarmente retribuito,
sia in ambiente a norma con la 626 per la sicurezza del lavoro, etc.
Non può fornire lavoro a cooperative: fornisce lavoro ad aziende. Le cooperative hanno un giro
totalmente diverso, nelle due connotazioni di lavoro e di servizio e consentono di utilizzare anche personale
a qualificazione pressoché nulla, mentre con il lavoro temporaneo non è possibile.
PIETRO R. CAVALLERI
L’iscrizioni alle società di lavoro interinale sono iscrizioni onerose per il soggetto?
DOTT. CARLO BALLERIO
No, sono a titolo gratuito, perché queste società sono società di capitali, ci guadagnano. Su che cosa
guadagnano? Sul fatto che il lavoratore temporaneo prende il suo trattamento contrattuale e quant’altro, ma
l’azienda paga un ricarico per il servizio e quindi la società fornitrice guadagna e ha tutto l’interesse primo a
trovare posti di lavoro e a far sì che uno ci rimanga il più a lungo possibile. Perché il suo guadagno deriva da
questi elementi. Mentre l’ufficio provinciale del lavoro non ha la minima motivazione a collocare chiunque,
il meccanismo delle SpA fornitrici di lavoro temporaneo è molto più stringente da questo punto di vista. La
legge stabilisce qual è il ricarico massimo, normalmente non va oltre il 30% per figure qualificate, ossia
difficili da trovare.
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MARIA DELIA CONTRI
Questo è una cosa di cui sono venuta a conoscenza casualmente attraverso un mio paziente. Lui mi
parlava di cooperative che facevano questo servizio. Dapprima gli hanno dato lavoro una settimana, poi
quindici giorni, poi un mese, poi quattro mesi. E prima aveva dovuto fare un colloquio per essere preso.
Mi aveva dato l’idea che questa società operasse lei stessa una selezione e valutasse le capacità e le
conoscenze.
DOTT. CARLO BALLERIO
Ma sono due fattispecie completamente diverse. La società fornitrice di lavoro temporaneo fornisce
un prestatore d’opera. È chiaro che lo verifica prima, perché ci guadagna sul fatto che questo venga accettato
e mantenuto al lavoro.
La cooperativa fa questo per suo interesse interno, ma ha un campo d’azione diverso. Per esempio le
cooperative di servizi non possono operare con mezzi di terzi. Se io ho un’azienda che ha bisogno di far
caricare dati, il classico lavoro di imput dati a computer che è uno dei lavori più terziarizzati che ci siano sul
mercato, posso prendere personale con il lavoro temporaneo e questo può lavorare nella mia sede sui miei
computer. Se mi rivolgo a una cooperativa devo dargli i dati da caricare e la cooperativa se li deve caricare
nella sua sede e sui suoi computer. Questa è la differenza. Perché una è una cooperativa di lavoro o di
servizio, l’altro esercita in forma legale una intermediazione di manodopera. A nessuno è consentito di
esercitare intermediazione di manodopera se non nei casi previsti.
E deve essere una società di capitali, perché deve avere un capitale con cui rispondere.
Molte cooperative hanno aperto società di intermediazione, ma costituendo società di capitali, anche
perché c’è l’obbligo, per esempio, di essere aperti in un numero minimo di regioni, bisogna proprio
documentare una capacità economica e tecnica. Altrimenti uno sul mercato non è nessuno e non colloca
nessuno. È interessante comunque il meccanismo che si è creato: ho interesse a collocare perché io campo di
quello.
MARIA DELIA CONTRI
I Tutor farebbero bene nel costituire la propria agenda a reperire questi indirizzi.
DOTT. CARLO BALLERIO
Si possono dare e ormai in ogni città ce ne sono parecchi. Quando meno in ogni capoluogo di
provincia qualcuna di queste società è presente e hanno tutte un alto livello di affidabilità.
Se non hanno un minimo di contenuto professionale è meglio non rivolgersi a queste aziende. È
meglio percorrere altre strade. Una è quella delle cooperative di lavoro e di servizio; un altro, dove è
possibile, con forme di lavoro autonomo.
Prima Giuseppe Micale ha parlato della prestazione d’opera intellettuale, ma esiste anche un
contratto d’opera: ti pago per fare qualcosa di concreto. La definizione del contratto d’opera è quando una
persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente
proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente. Questa attività d’opera può essere
sperimentata anche con formule che non siano immediatamente onerose. Non è necessario che per eseguire
un’opera o un servizio uno si iscriva immediatamente all’albo delle imprese artigiane piuttosto che ad altro.
Si può anche partire in forma di ditta individuale o ancora prima si può provare con singole prestazioni come
prestazioni occasionali non soggette a IVA. Vuol dire provare gradualmente se c’è spazio, se la persona
riesce a fare, e poi se continua, il passo successivo può essere quello della ditta individuale e poi
eventualmente ancora l’iscrizione all’elenco delle imprese artigiane o commerciali.
L’altra possibilità, nota a tutti anche se regolata da disciplina, è il lavoro domestico. È una possibilità
di lavoro.
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Un’ulteriore possibilità è quella del lavoro a domicilio, che non è il lavoro domestico, ma è quello
per cui un lavoratore, con vincolo di subordinazione, esegue nel proprio domicilio o in locali di cui abbia
comunque disponibilità, anche con l’aiuto di familiari, un lavoro retribuito per conto di uno o più
imprenditori. Sono i cosiddetti terzisti, che però ricevono normalmente sia la materia prima che le
attrezzatture dal committente, fanno quello e non possono fare altro; possono farsi aiutare legittimamente da
familiari e non da dipendenti, e lo fanno in locali propri o di cui hanno la disponibilità.
Nella difficoltà generale di trovare lavoro, esistono però pluralità di forme che a volte non sono tutte
sperimentate o verificate, perché normalmente si punta sempre e solo al lavoro dipendente e si pensa alla
cooperativa sociale o alla cooperativa di lavoro solo se uno è un poverino, senza capire che invece sono
possibilità di lavoro vere.
Per ciascuna di queste forme di lavoro troverete riferimenti normativi. Altre forme di lavoro non
esistono di fatto. Non inventatevi strane forme di lavoro; a parte che pongono sempre la persona in una
posizione estremamente disagevole, perché chiunque lavori al di fuori di una delle forme codificate, è
soggetto a qualunque angheria e non ha il minimo di tutela. Secondo perché può portare a una serie di
sanzioni e di penalizzazioni.
Non sono accessibili da parte del singolo Tutor forme di lavoro connesse strettamente a percorsi
terapeutici. Esistono istituti tipo Borse Lavoro, tirocini tecnico-pratici, etc; hanno molte denominazioni che
spesso cambiano a seconda delle regioni o delle ASL o delle situazioni. Sono forme di lavoro che non sono
mirate direttamente a una produzione e quindi a creare un reddito per la persona, ma sono parte di un
percorso terapeutico che qualcuno ha deciso.
Queste forme di lavoro sono accessibili solo attraverso canali istituzionali, non attraverso canali
individuali. Cioè l’ASSI nelle sue diverse articolazioni o il servizio di psichiatria o il servizio per le
tossicodipendenze. Ma sempre e solo attraverso canali istituzionali, che per esempio provvedono anche alle
forme assicurative di tutela etc.
Notate che la normativa sul lavoro, che conosce poi tutta una serie di specificità — per fare alcuni
lavori occorre il libretto sanitario; per fare alcune attività occorre un accertamento medico di idoneità
specifica, etc. — che si applica indipendentemente dall’entità, dalle dimensioni del datore di lavoro. Non
potete imboscare uno nel negozio amico. Questo in realtà è possibile per esempio a Centri Socio-educativi
perché codificano con l’assenso dell’ASL una serie di percorsi. Non sono strumenti utilizzabili dal singolo.
PIETRO R. CAVALLERI
È possibile avere un riferimento bibliografico per quanto riguarda le normative?
DOTT. CARLO BALLERIO
Le daremo poi tutte per iscritto, con l’avvertenza che le leggi regionali sono tutte diverse una
dall’altra.
Esistono le scuole di formazione professionali, in genere gestite da soggetti privati convenzionati o
dalle regioni. La Regione Lombardia ha scuole proprie e sono per la formazione professionale pratica.
Esistono altre organizzazioni dipo l’ENAIP che organizzano corsi di questo tipo.
Vantaggi.
Formano direttamente al lavoro e quindi vanno su mercati che sono abbandonati normalmente dai
giovani che tendono a proseguire gli studi con scuole medie superiori o università.
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Svantaggi.
È un problema soprattutto delle scuole regionali: stanno diventando troppo un concentramento di
persone con problemi. Questo non vuol dire che non si debbano utilizzare questi strumenti, ma vuol dire che
in determinate situazioni dire alla famiglia che si manda il figlio in una scuola del genere è come dire alla
famiglia «Tuo figlio è scemo», tanto per essere chiari. Quindi, va giocato molto situazione per situazione.
Il vantaggio è che danno una professionalità pratica in tempi brevi.
SANDRO ALEMANI
Volevo proporti un brevissimo inserimento sul tema dell’incompatibilità professionale, le norme
previste circa le incompatibilità.
DOTT. CARLO BALLERIO
Salvo riprendere questo discorso se sarà il caso quando si parlerà del Tutor come professionista, c’è
una prima notazione: chiunque sia dipendente pubblico se svolge lavoro retribuito e non ha chiesto parttime, può perdere il posto pubblico. Poi ognuno è maggiorenne e vaccinato e fa quello che crede, ma la
regola generale per tutto il pubblico impiego in Italia, indipendentemente dal tipo di pubblico impiego, che
sia la scuola, che sia la sanità, che sia l’ente locale, è normativa generale che il pubblico dipendente può
esercitare un’altra attività retribuita solo se ha chiesto il passaggio a part-time e solo se l’attività retribuita
non è in diretta concorrenza con l’attività dell’ente per cui lavora.
La sanzione è la destituzione.
MARIA DELIA CONTRI
O la perdita della pensione o di parte della pensione se è pensionato.
DOTT. CARLO BALLERIO
Per il pensionato è un problema previdenziale e fiscale. Finché uno mantiene il rapporto di lavoro c’è
invece proprio la questione del mantenere o meno il rapporto di lavoro se non fa determinati passaggi.
Per chi ha un rapporto di tipo privatistico, dipende dal contratto di lavoro che uno ha, che può
prevedere un rapporto di esclusiva e quindi occorre l’assenso dell’altra parte che ha sottoscritto il contratto
per svolgere un’attività retribuita qualunque essa sia, e in ogni caso c’è il divieto di attività concorrenziale, o
può non avere una clausola di questo tipo e allora al di fuori dell’orario di lavoro uno fa quello che crede,
salvo poi regolare i suoi problemi fiscali.
Altre cose che rimangono da trattare sono: uno è quello che ho solo accennato come raccordo a
quello che diceva Micale per quanto riguarda il contratto e la normativa sulla privacy e gli aspetti
assicurativi.
La struttura sistematica delle ASL, non solo per gli aspetti che immediatamente riguardano il Tutor.
Tutta la parte relativa al lavoro, declinata in maniera organica, con in più qualche nota molto
semplice sul passaggio all’impresa artigiana o alla piccola attività commerciale come ulteriore possibilità.
E quello che chiedeva ora Sandro Alemani.
© Studium Cartello – 2007
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04/03/2000 - TU3 - trascrizione