“Ognuno di noi è quello che decide di essere”
VIAGGIO DELLA MEMORIA 2014
Guardare al passato, fissare immagini nella mente, capire o, almeno, cercare di capire il
perché, riflettere...dare un senso alle parole “Per non dimenticare”.
Questo l'obiettivo principale del nostro percorso di educazione alla cittadinanza
consapevole: “l’attualizzazione del passato”.
Far comprendere agli alunni come, in un regime dittatoriale, ogni materia dovesse
servire agli scopi del regime stesso e anche discipline come matematica, scienze,
musica, sport, che sembrano più neutre, fossero piegate al convincimento ideologico.
Far capire in un gioco di specchi tra passato e presente, le grandi tematiche della loro
vita attuale: bullismo, integrazione, femminicidio …
Far crescere in ognuno la voglia di impegnarsi in prima persona, cercando di dare
significato alla frase del Talmud “Chi salva una vita, salva il mondo intero” ?”
E' importante non voltarsi mai dall’altra parte, è importante esserci e partecipare perché,
usando le parole di una canzone di oggi:
“Si può cambiare solo se stessi
Sembra poco ma se ci riuscissi
Faresti la rivoluzione”
(VASCO ROSSI)
Durante il viaggio abbiamo chiesto ai nostri allievi di “diventare cronisti” dell’esperienza che
stavano vivendo scegliendo ogni giorno una parola che potesse racchiudere il senso della
giornata, esprimendo le loro idee ed emozioni, immaginando di aver vissuto particolari
esperienze.
Il viaggio condiviso è stata un’esperienza intensa, divertente, coinvolgente…..
Questo libretto raccoglie tutti i prodotti degli alunni; ci auguriamo possa essere per loro un bel
ricordo, un monito costante nel loro progressivo agire da cittadini consapevoli ed anche una
testimonianza indelebile del loro passaggio nelle nostre scuole.
1
CLASSE 3 ^ B SCUOLA SECONDARIA I GRADO PANIZZI
Cara Enrica,
Siamo sette deportati ci troviamo nel campo di sterminio nazista di Auschwitz - Birkenau,
stiamo trasformando un vecchio magazzino in un rifugio anti-aereo per le guardie del campo di
concentramento. Mentre lavoravo nel magazzino ho trovato un foglio con delle firme di sei
prigionieri polacchi e di un deportato ebreo francese, hanno tutti tra i 18 ed i 20 anni di età.
I giovani prigionieri hanno annotato anche le loro città di provenienza, i loro numeri di
matricola, i nomi dei loro familiari e un lungo elenco di oggetti probabilmente appartenuti a
loro. Non si ha nessuna notizia sulla loro sorte.
Saranno ancora nel campo? Saranno partiti? Non credo e poi per dove ?
Da qui nessuno esce, ma molti spariscono e molti arrivano. Anch’io ho un numero di
matricola: 120.643! Cosa mi succederà? Ho stretto amicizia con un gruppo di cristiani polacchi
che lavorano per il rifornimento del campo. A volte mi danno un po’ di zuppa da mangiare.
Quelle persone mi hanno detto che non sarò ucciso perché lavoro molto nonostante le mie
condizioni di vita. Nel tempo in cui sono stato qui ad Auschwitz – Birkenau sono giunti migliaia
di ebrei. Le altre persone che si trovano al campo sono zingari e prigionieri di guerra. Non so
cosa ci succederà.
Cara Enrica ti dico che tutto questo non accadrà più e vedrai che presto tornerà tutto alla
normalità. Ricorda non guardarti mai indietro, perché guardare indietro nella vita non serve,
potrebbe farti inutilmente soffrire, devi solo guardare avanti.
Ti voglio tanto bene
Il tuo caro Paolo Bono
Febbraio,1944
Cari mamma e papà,
È da tantissimo tempo che non ci sentiamo; dopo la mia partenza non ho più avuto vostre
notizie. Come state? Spero bene!
Me lo sento, la morte si avvicina sempre più. Ora ci stanno trasferendo, è da più di tre giorni
che siamo in viaggio, siamo partiti martedì dal campo di Fossoli; il gelo invernale e la fame si
sentono sempre più!
Nel campo di lavoro fin dall’inizio ci avevano privato di ogni bene, l’unica cosa importante era
portare a termine il proprio lavoro.
Non so in modo preciso dove ci stanno portando, ma posso immaginarlo: Auschwitz!
Questo nome mi terrorizza, perché c’è gente che dice che Auschwitz2-Birkenau è un vero e
proprio campo di sterminio in cui uccidono quasi tutti gli ebrei.
Ho paura, sono convinta di andare direttamente alle camere a gas, perché data la mia giovane
età e il mio esile fisico, i tedeschi penseranno che la mia presenza sia inutile e che non
resisterei più di una settimana ai lavori forzati.
Comunque in questa lettera vorrei dirvi che vi voglio tanto bene ed è anche grazie a voi che ho
resistito fino a questo momento al Campo, perché voi mi avete insegnato fin da piccola a
credere nelle cose e a lottare per ottenerle.
Non mi pentirò mai di essermi sacrificata al posto vostro, perché dopo tutto quello che avete
fatto per me è giunto il momento di ricambiarvi qualcosa!
Mamma in questo periodo ho capito il messaggio che volevi trasmettermi quando mi sgridavi
se lasciavo nel piatto un po’ di minestra o non avevo cura dei miei vestiti; ora so come ci si
sente a soffrire la fame e il freddo.
Papà ho capito anche la fatica di lavorare, lo sforzo che tu hai sempre fatto per mantenerci
tutti.
Date un grosso abbraccio da parte mia ad Alessandro e ditegli che gli voglio tanto bene, anche
se a volte litigavamo. Ditegli di seguire sempre i vostri consigli e di non commettere i miei
stessi errori.
Io spero che voi stiate bene; mi raccomando rimanete nascosti, non fatevi prendere, perché
potrebbe essere la fine anche per voi ed io non voglio che soffriate come me!
Spero che questa mia lettera, probabilmente l’ultima, vi venga recapitata al più presto!
Con Affetto!
Francesca!
2
09/04/1943
Cara Martina,
ti sto scrivendo rinchiusa dentro la mia baracca, siamo in molti e si sta molto stretti, ma
quando cala la notte si comincia a gelare.
Qui la vita è insopportabile, ogni giorno dobbiamo alzarci prestissimo e siamo sottoposti a
lavori pesanti e a forti torture per chi non esegue i compiti in modo preciso.
Anche il mangiare è pessimo e scarso, si tratta di un quarto di ciotola.
Sei fortunata a stare al riparo e mi raccomando resta dove sei, stai nascosta e non farti mai
vedere e quindi stai attenta alle ispezioni dei tedeschi.
Essi non fanno differenze tra uomini, donne, anziani e bambini ci trattano tutti come dei pezzi
o come dei numeri.
Appena sono entrata nel campo mi hanno separato subito dai bambini e da mio marito e non
so ancora che fine possano aver fatto.
Le donne che stanno insieme a me e che sono arrivate prima di me mi hanno detto che ogni
persona inutile (vecchi, bambini, malati ...) viene spedita nelle camere a gas e nei forni
crematori.
Sono distrutta, l'unica volta in cui mi sono potuta riposare è stato quando mi sono ferita il
piede; fortunatamente non è stato niente di grave altrimenti ora non avrei potuto scrivere a te
e a nessun altro.
Scrivere mi fa stare meglio mi dà la forza di sopportare tutto ciò e l'illusione che tutto "questo"
prima o poi finirà come finiscono i "brutti sogni".
Con affetto
Greta
Caro fratello Salvatore,
ho viaggiato sul treno in condizioni pietose ed inumane: non c'era spazio per sedersi o girarsi e
a volte neanche per respirare; il freddo era indescrivibile e l'unica fonte di calore era l' alito di
ognuno di noi. Non avevamo né cibo né acqua.
Quando una persona moriva di fame o di freddo si combatteva per accaparrarsi i suoi
indumenti mentre il corpo rimaneva lì fino a meta raggiunta.
Siamo arrivati a Birkenau intorno alle sei del mattino, l'aria era triste e cupa; non si sentivano
voci di persone ma respiri di animali chiusi in gabbia.
All'improvviso ho sentito una voce urlare (nella mia lingua) in "fila..!!!".
Era stato un soldato posto dietro le mie spalle e chi non ubbidiva all'ordine, veniva minacciato
con un' arma puntata alla tempia.
Andavamo con passo lento e impaurito verso un 'unica persona: un soldato e, man mano che
le persone si avvicinavano a lui, venivano suddivise in due zone, sinistra e destra.
Incuriosito ho guardato a destra e ho visto anziani, bambini, donne incinte, con i propri figli in
braccio o per mano.
Poi ho guardato a sinistra, vi erano sia uomini che donne tutti in ottima salute.
Quando è toccato a me quel soldato mi ha guardato con uno sguardo minaccioso. Mi sono
avvicinato con passo lento, con il cuore in gola.
Mi ha chiesto: "Quanti hanni hai?" " Come ti chiami?"
Dopo avergli risposto mi ha indicato di andare a destra; ho raggiunto il gruppo di persone e ci
siamo incamminati verso una specie di casa con un lungo camino.
Man mano che ci avvicinavamo alla casa, si sentiva, un odore orribile … l'aria era densa e di
colore verde …
Addio caro fratello!!
Matteo Muraca
3
Birkenau 7 marzo 1944
Caro papà,
questa sarà la mia ultima lettera perché domani sarò fucilato.
Sono passati due anni dalla mia deportazione e, se ti devo dire la verità, non mi sarei
aspettato di resistere così tanto. Molti altri ragazzini ebrei sono stati uccisi appena arrivati
perché erano piccoli e gracili quindi non adatti al lavoro. Io ho tredici anni ma sono forte e
robusto e dimostro più della mia età così mi hanno fatto lavorare in fabbrica. Papà mi ricordo
tutte le gite, oh come piace chiamarle, le nostre avventure!
Papà non dimenticarti mai questo numero 2674 perché questo é il mio numero qui a Birkenau.
Ti bacio, ti abbraccio sarai sempre nel mio cuore.
LUCA
Birkenau, 8 gennaio 1943
Caro Harry,
noi due siamo sempre stati buoni fratelli, due persone che hanno condiviso ogni genere di gioie
e dolori. Tu sei stato fortunato ad avere trovato un lavoro in Argentina. Ieri, 7 gennaio 1943,
quelle "bestie" dei nazisti sono entrati in casa mia, mi hanno rubato tutto. All'arrivo al campo
di Birkenau mi hanno diviso dalla mia famiglia. Quest'ultima è stata immediatamente portata
verso le camere a gas; io invece sono stato sbattuto in una baracca. La notte è trascorsa in
modo pessimo, abbiamo dormito in una specie di letto, fatto di assi di legno accostate fra di
loro e paglia, in circa una decina di persone per uno spazio di due metri. Stamattina all'alba ci
hanno svegliato con quattro colpi di fucile sparati nella stanza. Sono morti quattro compagni!
La mattinata è trascorsa molto velocemente: ci hanno fatto spostare delle pietre avanti ed
indietro per decine e decine di volte. Di fronte a questa scena i soldati delle SS ridevano e
scherzavano tra loro. Al pomeriggio hanno condotto verso le camere a gas circa tremila
persone che erano salite sul treno con me. A quel punto ho pensato che la sera sarebbe
toccato a me quella sorte. Infatti ora siamo scortati da alcuni soldati delle SS, diretti verso la
camera a gas numero 2. Ci stiamo spogliando di ogni cosa che abbiamo indosso. Mentre
stiamo entrando si sentono già le urla di persone che sono all'interno della camera a gas
numero 3. Sto entrando nella camera a gas, si chiudono le porte, si spengono
improvvisamente le luci e tutti si mettono a gridare. Nel giro di qualche secondo sento il mio
corpo che si sta lasciando andare. In questo preciso momento mi sento cadere al suolo e
intanto sento...
Marco Pasquali
Birkenau, 10/04/1944
Cari mamma e papà,
vi scrivo mentre sono sul treno deportata a Birkenau. Non so se potrò tornare a casa; ho molta
paura!! Sono in un vagone per il trasporto del bestiame; siamo tutti ammassati come animali.
Le persone che sono in questo vagone piangono, sono tutti Ebrei come me, provengono da vari
luoghi d’ Italia. Parlando con alcuni ragazzi ho compreso che con molta probabilità dovremo
lavorare in un campo di concentramento, noi giovani abbiamo più possibilità di vivere anche
se saremo trattati da schiavi. Per gli anziani non ci sono speranze, finiranno nelle camere a
gas; i Tedeschi non hanno nessun rispetto per noi, siamo solo manovalanza, valiamo meno
degli animali. Ora stiamo scendendo dal treno; ci hanno disposto su due file: a destra gli abili a
sinistra gli anziani; ci hanno anche diviso fra uomini e donne. Io sono stata fortunata: lavorerò
in una fabbrica di munizioni nei pressi di Birkenau; degli altri non so nulla, ma temo per il
peggio. Mi sto ammalando e rischio di fare la fine dei miei compagni, mi sforzo per sembrare
abile al lavoro, ma sono magra; qui si mangia solo una volta al giorno: un pezzo di pane e una
specie di sbobba; devo lavorare 14 ore al giorno e rifiutarsi vuol dire morte sicura. Tutte le
persone che conoscevo sono scomparse, alcuni nelle camere a gas altri morti per fame. Qui è
tutto strano: i giorni non passano mai, ogni momento sembra un secolo, bisogna imparare a
sopravvivere. Prego ogni istante perché tutto finisca in fretta e spero di potervi riabbracciare il
più presto possibile.
Tatiana Manfredini
4
Auschwitz, Febbraio 1944
Mamma,
Spero, con tutta me stessa, che tu sia al sicuro ancora nel tuo nascondiglio. Ho sbagliato a
lasciarti, forse, a quest’ora, saremmo state ancora insieme. Io, invece, sono in un campo dove
ci sono tante persone provenienti da tutta l’Europa e dei soldati tedeschi ci fanno lavorare fuori
e al freddo. Dobbiamo obbedire ai loro ordini e fare qualsiasi tipo di lavoro, non siamo mai
sicuri: se sei troppo lento, poco produttivo, malato, sporco (impossibile non esserlo dato che
non ci fanno mai lavare e lavoriamo nel fango) farai una brutta fine … Qualsiasi scusa è buona
per spararti, picchiarti, umiliarti davanti a tutti o farti fare ore in più di infinito e straziante
lavoro. Ad alcuni danno il privilegio di lasciare il Lager, nessuno è mai tornato (chi tornerebbe
in questo inferno?); forse davvero il lavoro rende liberi e ora i nostri compagni stanno meglio:
è facile stare meglio di così! In questo campo muoiono tantissime persone ogni giorno e ho
paura in realtà che nell’altro campo sia peggio … Impossibile, non si può stare più in basso del
fondo.
Mi ricordo quando da bambina giocavamo e facevamo il nostro pupazzo con la neve: amavamo
farlo … Oggi, con mia grande tristezza, ti dico che qui la neve c’è ma è troppa e i pupazzi di
neve siamo noi: congelati dal freddo e dall’orrore: i Loro pupazzi, i Loro pezzi.
Spero con tutto il cuore che tu stia bene e che non veda mai quello che i miei occhi osservano
e vivono tutti i giorni.
Ti voglio bene e mi manchi,
Alessia
Birkenau 2 Maggio 1944
Cara Federica,
Ti scrivo per dirti che qualcuno ha fatto la spia e i soldati tedeschi ci hanno catturato.
Pensavo di morire all'istante e forse sarebbe stato meglio, ma invece ci hanno trasportato qua
a Birkenau.
Qui la vita è atroce e il cibo scarseggia; lavoriamo tutto il giorno e se ci fermassimo non so
cosa ci potrebbe accadere e non lo voglio sapere.
Di una cosa sono certo: non uscirò vivo di qui!
Morirò per mano di qualcuno o di qualcosa: fatica, camere a gas o fucilazione.
Ricorda di lottare sempre per quello in cui credi, di rimanere sempre come sei e di andare
sempre avanti e non mollare mai, perché questo è l'importante.
Dì a tutti che sono morto per una causa giusta, per rendere il mondo migliore combattendo
contro i nazisti che ogni giorno uccidono e portano sofferenza.
Studia, cresci, laureati e sposati come hai sempre desiderato fare.
Ricorda che questo non è un addio ma un arrivederci!
Ti stringo forte,
Il tuo caro fratellone
MATTEO
Caro papà,
appena siamo arrivati ad Auschwitz ci hanno fatto scendere dai vagoni, abbiamo camminato a
piedi ero affamato e soprattutto impaurito, perché non sapevo cosa mi aspettava.
Caro papà, mi dispiace raccontarti queste cose, ma sei per me la persona più cara al mondo,
per questo ho deciso di scriverti ciò che mi sta accadendo! Mi hanno fatto tagliare i capelli e
cambiare i vestiti. La paura aumentava sempre di più. Ci guardavamo negli occhi con le
persone che erano lì con me per capire cosa stesse succedendo. Nell'aria si sentiva uno strano
odore e non sapevamo cosa fosse.
Caro papà vorrei essere lì con te a casa. Lo sai ad Auschwitz siamo in tanti. Nella stanza dove
dormiamo siamo numerosi, c'è freddo e ho tanta paura.
Caro papà adesso non posso continuare a scrivere, qui ad Auschwitz sono molto severi, questo
foglio lo nascondo in tasca appena posso continuerò a scriverti.
Tuo figlio,
Cristian Frijio
5
Gennaio 1944
Cara Emily,
Oggi è un giorno fortunato per me: ho trovato questo foglio stropicciato e un moncone di
matita e ho voluto scrivere di nascosto questa lettera a te, amica mia.
Mi manchi tantissimo!
Sono qua, rannicchiata nella baracca, sono stretta, mi fanno male le gambe, i piedi sono gonfi
e pieni di piaghe e fa freddo!
Io ho una terribile e inesauribile fame!
Mi hanno assegnato il compito di "postina": consiste nel recapitare le lettere inviate dai
familiari alle SS.
Qui non siamo esseri umani, né animali, siamo solo "pezzi". Per liberare la mente, penso a te
... Sento ancora quel tuo profumo di rose che mettevi, ricordo quelle tante giornate passante
insieme nei campi pieni di margherite, distese a chiacchierare, ricordo il tuo sorriso …
Eh cara Emily … il destino ha voluto che ci separassimo: io figlia di ebrei e tu tedesca ..
Separarci sì, ma fisicamente, perchè tu sei sempre nel mio cuore e quando un giorno il mio
cuore non batterà più: io starò per sempre accanto a te.
Ricorda che non esiste legge o parola che possa dichiarare qual è la razza perfetta, perché un
uomo è un uomo!
La permanenza qui mi sta facendo capire quanto crudele sia il gene umano. A volte mi
sorprendo a pensare di non fidarmi più di nessuno, neanche delle compagne che vivono con
me nelle baracche ...
Ma voglio essere fiduciosa e mi aggrappo all'idea che tutto finisca come in un sogno.
Ricorda ... segui sempre il tuo pensiero e le tue idee, non farti manipolare da gente che è forte
solo perché ferisce ...
Mi raccomando, ogni momento brutto, non dimenticarlo, perchè è quello che ti fa crescere, che
ti fa diventare forte.
Spero di rivederti amica mia, di abbracciarti e di poter ricambiare quel meraviglioso affetto che
hai avuto nei miei confronti.
La tua migliore amica Maire
8 aprile 1943
Ciao papà,
in questo momento sono nella mia baracca, tutti gli altri stanno dormendo, io faccio fatica a
scriverti perché nel mio letto sono stretto, ci sono altre due persone, io ho caldo e non riesco a
muovermi: sto male ho bisogno di aiuto!
Sono ad Auschwitz solo da una settimana e già sono dimagrito; il cibo è orribile e è
veramente scarso. Ogni giorno muoiono almeno mille persone perché osano chiedere aiuto o
non rispondono immediatamente alle S.S. E’ veramente straziante: lavori fino allo stremo delle
forze poi finisci o nei forni crematori o nelle camere a gas: aiutami papà!
Qua le S.S. mi hanno già picchiato molte volte e ormai ho ferite dovunque.
Sono al limite delle forze … forse è l’ultima volta che ti scrivo.
Le guardie parlano di un trasferimento in un altro campo non so dove ma credo di non riuscire
a sopravvivere. Mi dispiace! Volevo vivere ancora ma qui ti trattano peggio di bestie e meglio
morire che soffrire in questa maniera assurda e insignificante! Ti voglio bene papà mi dispiace
di non poterti più rivedere.
IL TUO MARCO BARUFFALDI
6
6/09/1944
Caro nonno,
penso sia l ultima volta che ti scrivo e questo mi rattrista molto ma voglio ricordare i momenti
belli che abbiamo passato insieme quando mi portavi con te in mezzo ai prati e facevamo a
gara a chi arrivava per primo e ovviamente mi facevi sempre vincere.
Mi manca quella libertà che non potrò mai riavere. Ieri mi hanno tagliato i capelli, spogliato dei
miei vestiti e delle mie cose, picchiato, deriso, umiliato e mi hanno tolto ogni mia dignità di
uomo; d'ora in poi non sarò più Marco, ma il numero 12968.
Voglio ringraziarti per tutto ciò che mi hai insegnato, per l'educazione che mi hai dato e per i
valori in cui mi hai fatto credere e crescere; come l' amore per la famiglia e il rispetto per il
prossimo.
Nonostante ciò che mi sta succedendo penso di essere stato un ragazzo fortunato ad avere
avuto un nonno come te.
TI ABBRACCIO FORTE.
TUO MARCO
Diario di viaggio di Alessia Aiello
31/03/2014
La prima parola di questo viaggio è TEMPO, ne abbiamo aspettato tanto prima di arrivare qui
oggi, ma finalmente è arrivata la partenza.
Ci dirigiamo verso Brno, siamo in viaggio d’istruzione noi alunni delle classi 3B e 3A di
Brescello assieme ai ragazzi delle tre classi terze di Poviglio.
I primi a salire sul pullman siamo noi di Brescello e presto saliranno gli alunni della scuola di
Poviglio.
Nonostante sia prestissimo, siamo agitati e immediatamente occupiamo i posti migliori. Siamo
tutti vicini ma già dopo dieci minuti smettiamo di parlare, perché il sonno comincia a farsi
sentire. Passa poco tempo prima che salgano quelli di Poviglio e finalmente inizia il vero
viaggio. Io sono vicino a Greta e, non so come, lei riesce tranquillamente a dormire mentre io,
non riuscirei mai a farlo. Ho paura, ho paura di aver lasciato qualcosa a casa, di non trovarmi
bene, di dimenticare qualcosa in albergo... Sinceramente mi sento un po’ a disagio perché non
conosco i ragazzi di Poviglio e alcuni non sembrano molto simpatici.
Non so come descrivere quello che provo, sono tantissime emozioni che si sovrappongono
creando in me un stato di confusione che mi porta a parlare ancor meno delle altre volte. Ci
fermiamo in Austria per il pranzo; ora sono più tranquilla e stanca perché sono già passate più
di otto ore. Manca ancora molto tempo prima di rincontrare il nostro amato letto quindi
cominciamo a giocare a “4 immagini,1 parola”.
Sono passate quasi 15 ore che sembravano non finire più e quando arriviamo finalmente in
albergo non riusciamo a fare a meno di fare un applauso meritato agli autisti.
Come entriamo in camera io e Greta ci buttiamo sul letto e ci accorgiamo, con nostro grande
piacere, che abbiamo “i cuscini da battaglia”, quei cuscini talmente morbidi che se ci appoggi
su un dito, affondano!
A cena sono sempre vicino a Greta ma al tavolo ci sono anche Dennis, il chitarrista del viaggio,
e Tatiana.
Insomma questo viaggio sembrava infinito, ma siamo arrivati e per ora sembra molto bello.
1/04/2014
La parola di oggi è FIATO.
Forse mi sbagliavo sui ragazzi di Poviglio: non sono così male! Arrivati a Cracovia ci
sistemiamo nelle camere e dopo pranzo riprendiamo il pullman per raggiungere il quartiere
ebraico. La guida parla italiano, ma si sente che è polacco. Spesso ci capita di dover soffocare
una risata, perché parla in modo buffo e ancora non ho capito se sia il suo modo di ridere o di
respirare e prendere aria, perché spiega tutto in apnea.
7
2/04/2014
La parola di oggi è MOTIVO.
Tutto oggi sembrava non avere senso e questo è insopportabile. Non capisco, per quale motivo
abbiano fatto questo. Perché, per la follia di un solo uomo, troppe persone siano morte!
Penso che ormai sia chiaro di cosa io stia parlando: Auschwitz - Birkenau, campo di
concentramento e di sterminio degli Ebrei. Non ci sono parole per descrivere quello che
abbiamo visto. Non potevo sapere o capire fino in fondo quello che è successo finché non mi
sono trovata lì: dove in ogni angolo di quell’orribile posto sono passate, prima di me, troppe
persone che ora chissà dove sono finite … Forse è l’unica risposta che sono riuscita a darmi
oggi: sono state sterminate come fossero insetti che andavano eliminati dal resto del mondo. È
orribile dirlo così, lo so, ma penso che sia l’unico modo per rendere l’idea agli altri di quello che
abbiamo visto. Avevo paura di camminare e di pestare qualcosa che prima apparteneva a
“loro” ma mi fermo qui. Il resto vorrei tenerlo dentro di me, perché la verità è che, già non si
riesce a spiegare o a comprendere un’emozione così forte dentro di sé, immagino come sia
capire quelle degli altri, è impensabile, ora io lo so.
Visitare le miniere di sale di Cracovia è stato bellissimo. Inizialmente ero spaventata perché
ero consapevole di dover scendere 54 piani di scale ma non mi pento di averlo fatto, perché è
stato bellissimo vedere tutti gli effetti che la luce crea sulle pareti e sulle sculture in salgemma
e la maestosa Cattedrale all’interno della miniera! Il ritorno alla superficie è stato meno
piacevole: siamo dovuti risalire con un ascensore abbastanza piccolo e buio che doveva
contenere al massimo nove persone. Questa è stata la parte più brutta e giuro che avrei
preferito rifare a piedi tutti i 300 gradini.
3/04/2014
La parola di oggi è EMOZIONI.
In effetti sono emozionata, oggi è il mio compleanno.
Ieri sera i miei compagni hanno voluto anticipare un po’ la “festa” che mi avrebbero fatto oggi.
Comunque ho cercato di fare finta di niente. La mattina, quando sono scesa nella sala per la
colazione, ho trovato tutti i miei amici che mi guardavano come se stessero aspettando che io
dicessi qualcosa. All’inizio non capivo e da lontano ho notato che la mia tovaglietta sembrava
sporca così mi sono affrettata per vedere cos’era quella “robaccia”. Con mia grande sorpresa
ho scoperto che non era sporca, ma che i miei amici mi avevano scritto tutte le loro firme
come se fosse un biglietto di auguri mentre Beatrice ne aveva creato uno speciale con alcune
nostre foto. A cena la prof. Chezzi ha richiamato l’attenzione di tutti i presenti che hanno
cominciato a cantare “tanti auguri” poi è arrivato un cameriere con un pasticcino con sopra una
candelina. Ho cominciato a sentire caldo per la forte emozione, quindi mi sono limitata a
ringraziare e a cercare di tranquillizzarmi.
Tornando alla gita, oggi abbiamo preso le nostre cose dall’albergo per lasciarci alle spalle
anche quello. La mattina ci siamo spostati in centro a Cracovia per visitare la piazza del
mercato e le chiese e sulla cima della torre della cattedrale abbiamo visto anche un
trombettiere che suonava per indicare l’ora.
Al pomeriggio gli insegnanti ci hanno lasciati liberi di mangiare dove volevamo e di fare
acquisti. Quel giorno c’era il mercato e abbiamo visto oggetti bellissimi. Verso le 16 abbiamo
fatto una mini crociera sul fiume Vistola. Finalmente un po’ di relax: arietta fresca, la nave che
mi culla un po’, un bel libro da leggere e il sole che completa l’atmosfera … Sfortunatamente è
finito tutto troppo presto quindi siamo tornati al pullman e ci siamo diretti verso Oloumouc
dove trascorreremo l’ultima notte.
4/04/2014
All’ultimo giorno ho riservato la parola GRUPPO.
È questo che è successo in questi cinque giorni: si è formato un grande gruppo che ha raccolto
i ragazzi della scuola di Brescello e quelli della scuola di Poviglio. Già dal secondo giorno tutto
ciò era già iniziato, ma ho preferito lasciare questa parola per l’ultimo giorno, il giorno del
ritorno, il giorno in cui ci saremmo lasciati e il giorno in cui frequentarsi sarebbe diventato
meno facile.
Nei prossimi giorni dovremo metterci d’accordo per incontrarci al pomeriggio senza trascurare i
compiti, le verifiche, gli impegni pomeridiani …
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Questa volta il viaggio è durato meno rispetto al primo giorno, ma sinceramente se fosse
durato anche di più non mi sarebbe dispiaciuto.
Abbiamo cercato di non pensare troppo al fatto che il nostro viaggio stava giungendo al
termine passando al meglio l’ultima giornata, ma, quando i ragazzi di Poviglio sono scesi, non
siamo riusciti a trattenere le lacrime e gli applausi per i professori che ringrazio ancora per la
splendida gita che hanno organizzato, ricca di emozioni e nuove amicizie.
Diario di viaggio di Francesca Vezzani
31 Marzo 2014
AMICIZIA
Questa mattina, noi ragazzi delle classi terze della scuola secondaria di Brescello e Poviglio,
accompagnati dalle insegnanti di lettere, la preside, i sindaci, i parroci dei rispettivi paesi e i
rappresentanti dell’ANPI, siamo partiti molto presto per il viaggio d’istruzione con meta
Cracovia e Auschwitz.
Sono stati scelti questi luoghi perché i giovani devono apprendere ciò che è accaduto durante
la Seconda Guerra Mondiale e non dimenticare le sofferenze patite da molte persone a
cominciare dalla popolazione ebrea.
L’idea del viaggio mi ha entusiasmato fin dall’inizio, soprattutto perché pensavo che sarebbe
stata un’esperienza bellissima da vivere con i miei amici più cari, sia quelli di Brescello che
quelli “storici” di Poviglio. Io conoscevo quasi tutti, ma devo dire che fin da subito si è respirata
un’aria di intesa ed amicizia anche tra chi non si era mai visto prima. Le lunghe ore di pullman
hanno favorito questa atmosfera.
Nel corso del viaggio di andata c’è stata anche una breve ma piacevole sosta a Vienna, dove
abbiamo visitato la città ed il Duomo ed abbiamo anche potuto sgranchirci le gambe prima di
ripartire verso Brno dove ci troviamo ora e dove passeremo la notte.
L’hotel dove siamo alloggiati è bello, ormai ognuno è nella propria stanza e tra poco anch’io
andrò a dormire perché oggi è stata una giornata molto faticosa e domani dovrò svegliarmi
molto presto.
1 aprile
PERCORRERE
Anche oggi è stata una giornata intensa! Ci siamo alzati presto e abbiamo impiegato tutta la
mattina per il trasferimento a Cracovia.
Arrivati a destinazione, abbiamo pranzato molto velocemente perché due guide ci aspettavano
per farci “Percorrere” le strade dell’antico ghetto ebraico della città, in cui sono ancora presenti
i resti delle antiche mura.
Tra le cose spiegateci dalla guida quella che più mi ha colpita è che prima della Seconda
Guerra Mondiale gli ebrei che vivevano a Cracovia erano più di 60.000, l’80% della popolazione
e che il 90% di essi venne ucciso nei Campi di Concentramento.
Le condizioni di vita all’interno del ghetto erano veramente terribili; nessuno poteva aiutare la
popolazione ebrea e chiunque lo facesse rischiava di pagarlo anche con la propria vita. Per noi
ragazzi, che abbiamo tutto, a cominciare dalla libertà, è stato difficile immaginare come
vivevano i nostri coetanei in quei luoghi.
Durante la visita abbiamo visto dall’esterno l’antico cimitero ebraico e la sinagoga seicentesca,
e poi siamo passati davanti ad un’altra sinagoga progressista dell’Ottocento.
Abbiamo visto due importanti chiese di Cracovia in stile gotico e poi siamo saliti su una
collinetta da cui si poteva ammirare una parte del muro del ghetto dove hanno perso la vita
molti ebrei.
Durante il percorso, fuori dal ghetto, ci siamo soffermati a visitare alcuni dei luoghi in cui è
stato girato il film “Schindler’s list” ed anche la vera fabbrica di Oskar Schindler.
La parola che dedico a questa giornata è “percorrere”, appunto perché abbiamo percorso a
piedi l’antico Ghetto ebraico e per me è stato molto interessante.
Terminata questa prima escursione, siamo andati all’hotel di Cracovia, dove soggiorneremo per
due notti.
La serata è stata molto piacevole, mi sono divertita insieme ai miei amici giocando a bowling e
bigliardino.
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Ora sono molto stanca, domani mi aspetta l’esperienza più impegnativa del viaggio: la visita di
Auschwitz e Birkenau.
2 aprile
RICORDARE
Oggi è stata una giornata molto impegnativa! Abbiamo dimostrato quanto siamo “Grandi”. Il
risveglio è avvenuto all’alba per poter arrivare in orario per visitare i luoghi della Memoria.
La sensazione di trovarmi in un posto dove si è consumata tanta crudeltà mi ha colto subito,
attraversando il cancello con la famosa scritta “Arbeit macht frei”: “Il lavoro rende liberi”.
Auschwitz è un vero e proprio museo, anche se non in senso tradizionale. I luoghi sono ancora
come erano più di 70 anni fa: le baracche, gli edifici, il filo spinato. All’interno di alcune
costruzioni sono conservati oggetti appartenuti alle persone deportate. È stato toccante vedere
gli occhiali, i capelli, le scarpe, le valigie con i nomi e le date di arrivo di persone che qui sono
giunte per essere uccise.
Terminata la visita di Auschwitz 1 ci siamo spostati ad Auschwitz 2, meglio conosciuto come
Birkenau.
Birkenau è stata una fabbrica della morte, qui furono sterminate più di un milione di persone al
ritmo di 4000 al giorno.
Vedere i forni crematori distrutti, le poche baracche ancora esistenti in cui erano stati costruiti
impianti di riscaldamento che, molto probabilmente, non vennero mai accesi, è stata
un’esperienza davvero forte! Così come scoprire che pulire le latrine era uno dei lavori più
desiderati, perché si stava all’interno ed in quel modo ci si riparava un po’ dal freddo. Ma la
cosa più dolorosa ed anche difficile è stata quella di cercare di immaginare la vita che i
deportati conducevano in quel luogo. È quasi impossibile credere che tutto questo sia successo
veramente, eppure è proprio così!
Prima di uscire dal Campo in segno di rispetto ci siamo messi in cerchio e abbiamo riflettuto
sulle cose viste ed io mi sono sentita in colpa pensando a tutte le persone che hanno sofferto
in quel luogo, mentre noi viviamo una vita “di lusso” piena di agi e comodità.
Credo che tutti, almeno una volta nella vita, dovrebbero visitare questi luoghi per non
dimenticare.
Dopo aver fatto una sosta per pranzare abbiamo visitato 3 livelli delle miniere di sale di
Wieliczka, dove siamo scesi fino a 135 metri sotto la terra; abbiamo camminato in cunicoli e
gallerie scavate dentro a rocce di sale. La miniera è una vera e propria città con chiese,
cappelle e statue tutte di sale, scolpite da comuni minatori.
Finita la visita alle miniere siamo tornati in hotel, abbiamo cenato, giocato a carte; ora noi
ragazzi siamo ognuno nelle proprie stanze e tra poco andremo a dormire.
3 Aprile 2014
TRANQUILLITA’
Oggi, in confronto alle precedenti, è stata una giornata di relativo relax. La sveglia è suonata
come sempre all’alba, ma poi la giornata è volata via con leggerezza. E devo dire che ci voleva
proprio, dopo il forte impatto emotivo che ha provocato la visita ai luoghi della memoria di
Auschwitz e Birkenau.
Abbiamo iniziato con il visitare l’esterno del Castello reale di Wawel che fino al XVI° secolo è
stata la residenza dei reali polacchi; l’edificio è veramente maestoso, anche perché dalla collina
domina la città di Cracovia. Nella mia vita ho visto pochi castelli e questo è sicuramente il più
grande di tutti. Quando ero piccola avrei tanto voluto essere una principessa ed abitare in una
bellissima reggia, adesso, però, ho cambiato idea, la vita di corte doveva essere piuttosto
noiosa, con tutti quegli abiti buffi e ingombranti e senza nemmeno un paio di scarpe da
ginnastica! L’unico aspetto positivo è che probabilmente la principesse dei secoli scorsi non
dovevano sempre correre di fretta, non andavano a scuola, a pallavolo e non avevano compiti
da svolgere, almeno io penso. È per questo che la parola che per prima ho associato al castello
è stata “tranquillità”.
In una delle stanze del castello abbiamo poi potuto ammirare “La dama con l’ermellino”, il
celebre dipinto di Leonardo Da Vinci. Il quadro è più piccolo di quel che mi aspettavo e
raffigura una donna che tiene in braccio un ermellino. L’espressione della dama è di calma e
serenità, ed anche qui domina la “tranquillità”.
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All’interno delle mura del castello abbiamo visitato una bellissima Cattedrale in cui sono sepolti
i reali polacchi.
Abbiamo poi visitato una piccola chiesa che è, in realtà, un luogo molto ricco di significato
religioso in quanto lì è stato parroco Karol Wojtyla, il futuro Papa Giovanni Paolo II. Nelle
immediate vicinanze vi è anche l’edificio dove lui ha abitato. In una aiuola a fianco della chiesa
c’era una vasta distesa di lumini e lanterne in ricordo di quello che è stato uno dei Papi più
amati di sempre (così mi hanno detto i miei genitori!), perché ieri ricorreva il nono anniversario
della sua morte. Inutile dire che anche in quelle luci ho trovato un elemento di pace e
tranquillità.
Successivamente, a piedi, abbiamo raggiunto il centro di Cracovia per pranzare in libertà.
L’ultima tappa della visita di Cracovia è stata la gita in battello sulla Vistola, rilassante a tal
punto che io mi sono pure addormentata. Infine abbiamo ripreso il pullman per raggiungere
Oloumouc in Repubblica Ceca, per trascorrere l’ultima notte della nostra gita.
4 Aprile 2014
EMOZIONI
La gita è terminata!
Sono stanchissima, ma c’è una parola che risuona continuamente nella mia testa: emozioni!
Questo viaggio è stato dominato dalle emozioni, ma oggi si è raggiunto veramente il livello
massimo. Io ho provato felicità, allegria, divertimento, tristezza e tante altre sensazioni
nell’arco di una sola giornata.
Stamattina siamo partiti prestissimo e, a parte qualche breve sosta, abbiamo trascorso tutto il
tempo sul pullman, direi 14 ore, più o meno, ma avrei voluto che fossero molte di più!
Ci siamo proprio divertiti, abbiamo giocato a carte, cantato, scherzato.
Al momento di lasciarci siamo scoppiati a piangere, quasi tutti, perfino quelli con il cuore
“meno tenero”.
Che tristezza salutare Isabel e sapere che domani non la vedrò a scuola!
Perfino quando siamo arrivati a Brescello ed ho rivisto la mamma non ho potuto trattenere le
lacrime. Ho pianto tanto, tantissimo, perché ho lasciato i miei amici di Poviglio e mi mancano
già, perché sono sfinita per la fatica ed anche perché domani bisogna tornare a scuola ed alla
vita di tutti i giorni.
Diario di viaggio di Greta
I giorno: amicizia
Grazie a questa gita ho potuto incontrare persone nuove e ho conosciuto amici fantastici. A dir
la verità subito non mi sono sembrati molto amichevoli, ma alla fine, mi sono fatta avanti e mi
sono accorta che stando insieme a loro ero felice!
II giorno: immaginare
Durante la visita del ghetto mi sono immaginata gli Ebrei rinchiusi e discriminati e questo mi
ha fatto davvero riflettere sul reale e prezioso significato di un'altra parola importante
"Libertà".
III giorno: consapevolezza
Visitando i campi di concentramento e sterminio di Auschwitz e Birkenau, ho pensato a questa
parola, perché tutti dobbiamo essere consapevoli di quello che è accaduto ai tempi della guerra
e per evitare che questa barbarie non si ripeta. Gli eventi storici ci insegnano e noi dobbiamo
capire, imparare e ricordare. Forse le parole di questa giornata sono due "Mai Più".
IV giorno: riposo e pace
Questo è stato un giorno tranquillo perché abbiamo visto il castello di Wawel e ammirato il
famoso dipinto di Leonardo da Vinci "La dama con l'ermellino". Al pomeriggio invece abbiamo
fatto un tour sulla Vistola, un viaggio molto rilassante.
V giorno: emozioni
Il giorno del ritorno, quello più tragico, perché abbiamo dovuto "abbandonare" i nostri amici di
Poviglio. Risate, sguardi d'intense discussioni, giochi, tristezza, malinconia, saluti, poi alla fine
un sano e liberatorio pianto di gioia!
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Diario di viaggio di Marco Pasquali
Primo giorno: "AMICIZIA". Al primo giorno del nostro viaggio d'istruzione ho deciso di
assegnare la parola Amicizia perché durante il trasferimento in un altro paese europeo, sul
pullman, sono nate nuove amicizie e simpatie. Siamo partiti da Poviglio verso le 4:30 di
mattina. Durante il viaggio abbiamo fatto nuovi incontri, dormito, ascoltato la musica, giocato,
ammirato il paesaggio circostante e anche effettuato alcune soste. Verso metà pomeriggio, i
docenti hanno deciso di regalarci e regalarsi qualche ora nella splendida città di Vienna, in
Austria. Alla fine della visita abbiamo ripreso la marcia verso la città di Brno, in Repubblica
Ceca.
Secondo giorno: "DISTINZIONE". Distinzione perché al pomeriggio siamo andati in visita al
ghetto ebraico della città di Cracovia, in Polonia, ed all'interno di esso abbiamo visto come
"sopravvivevano" gli ebrei prima di essere collocati nei campi di concentramento.
Terzo giorno: "PENSIERO". Non è stato facile scegliere la parola da assegnare a questa
particolare giornata dedicata alla visita di Auschwitz e Birkenau. Molte immagini affollavano la
mia mente, poi varcata la soglia del famoso cancello che porta la scritta "Arbeit Macht Frei","Il
lavoro rende liberi", siamo entrati nel campo. Subito ho provato la sensazione di trovarmi in
un'altra dimensione, un altro mondo. Pensieri, idee, sensazioni, concezioni hanno preso forma
inseguendo la storia di quei milioni di persone che hanno vissuto e sopportato la dura vita nel
campo. Abbiamo visto vari blocchi e stanze: il tribunale della Gestapo, che in meno di un'ora
poteva condannare una sessantina di persone innocenti, il laboratorio degli esperimenti, le
stanze con i letti dove dormivano i deportati. Attraversando le stanze delle varie baracche ho
visto lunghissime vetrate contenenti valigie contrassegnate con nome e cognome, scarpe di
ogni genere e tipo, lucida scarpe di ogni marca, indumenti di uomini, donne e bambini,
occhiali, pentole, mestoli, mucchi di capelli, lettere ritrovate indirizzate ai famigliari, oggetti
quotidiani appartenuti a persone realmente vissute e altrettanto realmente uccise, in modo
atroce. Così improvvisamente mi sono sorpreso a pensare che tutto questo è veramente
accaduto, qui ad Auschwitz "LA CASA DELLA MORTE!".
Quarto giorno: "PASSATO". Lontane nel tempo sono le origini del famoso castello di Wawel,
legate alla leggenda del drago. Quest'ultima narra che in passato un drago terrorizzava la città
di Cracovia. Allora un giorno il re promise la mano della figlia a chiunque avesse fatto morire il
drago. Un giovane calzolaio apprese la notizia, così riempì un agnello di zolfo e lo diede in
pasto al drago. Quest'ultimo venne assalito da un'improvvisa sete (causata dall'ingerimento
dello zolfo) e quindi iniziò a bere l'acqua della Vistola. Il drago ne bevve così tanta che scoppiò.
Il re, felice e riconoscente, diede in sposa al giovane e povero calzolaio la propria figlia.
Quinto giorno: "SALUTO". Nell'ultimo giorno abbiamo dovuto lasciare stati, paesi, ma
soprattutto gli amici. Arrivati in prossimità di Poviglio i sentimenti si sono trasformati in un
mare di lacrime di gioia ma anche di tristezza; persino anche "ai più duri" e ai professori sono
scappate alcune lacrime.
Colgo l'occasione per ringraziare tutti i partecipanti, ma soprattutto gli organizzatori, per averci
donato la possibilità di partecipare a questo splendido viaggio d'istruzione che ci ha fatto
riflettere, conoscere nuove realtà e ha fatto nascere nuove amicizie che continueranno ad
essere sempre vive nella mente e nel cuore di ognuno di noi.
Diario di viaggio di Matteo
Entusiasmo
Lunedì 31 Marzo 2014 - Ore 04.30 ci siamo tutti! Siamo partiti dalla scuola di Brescello per
andare a prendere gli altri ragazzi di Poviglio.
All'inizio mi sono sentito un pò a disagio perché non conoscevo nessuno ma col passare delle
ore sono riuscito a fare conversazione ed è stato molto divertente!
Destinazione Brno, 950 km e tredici ore di viaggio circa.
Abbiamo viaggiato su un pullman a due piani e ci hanno assistito 14 accompagnatori tra:
professoresse, Preside, Sindaci, Assessori, Parroci e fotografi.
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Dopo un paio di soste, arrivati in Austria, la Preside ha deciso di regalarci una visita inaspettata
a Vienna.
Abbiamo visitato il Duomo di Vienna dedicato a Santo Stefano.
Siamo poi ripartiti e verso le 19:00 siamo arrivati in Hotel a Brno, in Repubblica Ceca, abbiamo
cenato e siamo andati a dormire.
Introduttivo
Martedì 01 Aprile - Ore 6.45: ci siamo svegliati, abbiamo fatto colazione e abbiamo raggiunto
Cracovia dove abbiamo visitato il ghetto situato nel quartiere di Podgòrze a sud della città.
Nel 1941 la città venne circondata da un muro dotato di filo spinato.
Lì all'interno furono raccolti tutti gli ebrei della città e dei villaggi vicini; alla fine del 1941 nel
ghetto erano rinchiuse 18 mila persone.
Nel 1942 i tedeschi cominciarono a deportare gli ebrei nei campi di sterminio.
Nel tardo pomeriggio siamo andati in hotel dove abbiamo cenato e pernottato.
Toccante
Mercoledì 02 Aprile - Siamo andati a visitare i campi di concentramento e di sterminio di
Auschwitz e Birkenau, costruiti durante l'occupazione tedesco - nazista della Polonia.
Il primo impatto visivo ed emotivo è stata la scritta "ARBEIT MACHT FREI" che significa "IL
LAVORO RENDE LIBERI"... quando in realtà l'unica libertà presente risultò quella definitiva: LA
MORTE.
Appena varcato il cancello mi sono sentito come in un altro mondo; mi trovavo in un luogo
che ha visto milioni di persone perdere la vita e per questo mi rimarrà per sempre nella mente.
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I campi di concentramento di Auschwitz - Birkenau facevano parte del progetto chiamato
"SOLUZIONE FINALE DELLA QUESTIONE EBRAICA", il cui scopo era l'eliminazione del popolo
ebraico.
E' stato emotivamente toccante vedere le foto di coloro che sono stati registrati al momento
dell'ingresso al campo con riportate le date di arrivo e di morte che, a volte, cadono nello
stesso giorno o mese, perché alcuni venivano mandati direttamente alle camere a gas per
esempio i bambini e gli uomini anziani.
Mi hanno colpito anche gli oggetti appartenuti agli ebrei come ad esempio le valigie, le scarpe
e anche oggetti della quotidianità che sono stati raccolti in apposite teche.
Subito dopo la visita ad Auschwitz ci siamo spostati a Birkenau.
Birkenau era un campo di sterminio nel quale persero la vita milioni di persone tra ebrei,
zingari, e prigionieri politici che al loro arrivo venivano direttamente scaricati dal vagone e
trasportati nelle camere a gas.
Appena siamo arrivati ho subito riconosciuto la famosa entrata, o cancello della Morte, con la
ferrovia che milioni di deportati avranno attraversato prima di morire.
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Dopo pranzo siamo andati alle miniere di sale Wieliczka.
Scendendo 300 gradini siamo arrivati alla profondità di 130m sotto il livello del mare...ed è
stato veramente faticoso!
Tutto ciò che ci circondava era fatto di sale vetrificato ed è stato veramente strabiliante!
Abbiamo ammirato le statue scolpite nel sale che raffiguravano leggende ed episodi particolari
legati alla storia della miniera.
Una cosa che mi rimarrà per sempre impressa nella mente è la cattedrale di sale ovvero una
chiesa scavata nel sale le cui pareti sono state decorate da tre artisti nel corso di ottanta anni.
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Centro
Giovedì 03 Aprile - Ore 7.15: Visita al Castello Wawel dove abbiamo ammirato il celebre
ritratto di Leonardo Da Vinci "La dama con l'ermellino"
Subito dopo aver visto il ritratto ci siamo fermati per una breve pausa per poi salpare per la
mini crociera sulla Vistola che è stata veramente piacevole.
Siamo andati a pranzare nel centro di Cracovia dove vi sono tanti piccoli ristoranti con un
menù ricco di pietanze tipiche.
Verso sera abbiamo percorso 290 km circa per arrivare a Oloumuc dove abbiamo pernottato
per poi ripartire il giorno seguente.
Casa
La sveglia è suonata presto, verso le 5.00, perché dovevamo essere pronti per tornare a casa
in tempo; il viaggio durava 14 h.
Mi è dispiaciuto tornare a casa perché mi stavo abituando a vedere paesaggi strade e
monumenti particolari e insoliti e a sentire profumi nuovi ogni giorno, ma una parte di me
sentiva il bisogno di tornare a casa.
La prima fermata è stata Poviglio dove ci siamo dovuti salutare, e devo ammettere che ho
conosciuto persone fantastiche che mi hanno fatto passare giornate meravigliose e per questo
ci siamo scambiati i numeri di cellulare per parlare ed incontrarci in futuro.
Ultima tappa è stata Brescello dove scesi dal pullman ci aspettavano i nostri genitori.
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Diario di bordo di Beatrice De Pascalis
31/03/14 - 1° giorno, lunedì
PAROLA DEL GIORNO: Conoscenze
Durante tutto il percorso in pullman abbiamo avuto l'occasione di fare nuove conoscenze e
approfondire vecchie amicizie.
Dopo brevi soste tecniche ci siamo fermati a Vienna, per il pranzo e per fare un giro nella
città. Purtroppo la sosta è stata breve, ma siamo riusciti a visitare il Duomo di Santo
Stefano.....meraviglioso!!!
E possiamo comunque dire "Siamo stati a Vienna!". Tornati in pullman, abbiamo viaggiato
tutto il pomeriggio e, fra chiacchiere e pisolini, siamo arrivati a Brno verso sera: stanchissimi.
01/04/14 - 2° giorno, martedì
PAROLA DEL GIORNO: Immaginazione
Alle 7 siamo subito partiti per Cracovia.
Arrivo ore 12.00 e pranzo al McDonald, e per farci capire e ordinare abbiamo esibito un inglese
quasi perfetto.
Nel pomeriggio ci aspettavano le due guide che ci hanno accompagnato nella visita della città:
il ghetto ebraico, la collina in cui Schindler vide il rastrellamento degli ebrei del ghetto e la
fabbrica di Schindler.
E' stato toccante salire sulla collina e dall'alto immaginare la cattura degli ebrei e la bambina
con il cappotto rosso che si vede nel film.
La guida ci ha anche raccontato, che quella famosa bambina, è realmente esistita ma
fortunatamente è riuscita a sopravvivere; nel film muore perché assume un significato
simbolico.
02/04/14 - 3° giorno, mercoledì
PAROLA DEL GIORNO: Riflessioni, Coinvolgimento e Amicizia
Questa è la giornata più emozionante e coinvolgente di tutto il viaggio.
In programma c'è la visita guidata al campo di Auschwitz e Birkenau.
All'ingresso del campo, abbiamo subito notato la famosa scritta: "Il lavoro rende liberi".
Abbiamo visitato gli edifici in cui è situato il museo, le celle dei condannati a morte, strette e
cupe, e ciò che è rimasto dei forni crematori. Dopo Auschwitz siamo andati a Birkenau, uno dei
più grandi campi di sterminio.
Purtroppo Birkenau è stato in gran parte distrutto; è rimasta la ferrovia, i vagoni, alcune
baracche ricostruite. All'orizzonte si possono immaginare i camini dei formi crematori, non più
visibili perché distrutti dalle SS e di esse rimangono solo le fondamenta.
Fantastiche le miniere di sale Wieliczka .....
Si tratta di una “città sotterranea” costruita interamente da cristalli di sale.
Ci siamo divertiti e entusiasmati molto, perché oltre allo stupore nel vedere statue di sale
della chiesa, del "mondo sotterraneo", è stata un’occasione per chiacchierare con i nostri
coetanei.
03/04/14 - 4° giorno, giovedì
PAROLA DEL GIORNO: Tristezza
Questo è l'ultimo giorno di visita a Cracovia perché poi domani si partirà per ritornare a casa.
Ma via i pensieri tristi e godiamoci la visita di questa meravigliosa costruzione!! Il castello di
Wawel conserva il prezioso dipinto di Leonardo da Vinci "La dama con l'ermellino".
Mentre il drago, posto a guardia del castello sputa "fuoco", ascoltiamo incuriositi il racconto di
questa insolita leggenda: "Un drago rapiva e mangiava, oltre al bestiame della popolazione,
anche le fanciulle. Il re Krak non era più giovane, e non potendo combattere da solo contro il
drago, proclamò che chi avesse abbattuto il drago e liberato la città avrebbe avuto metà del
suo regno e sua figlia in sposa. Molti uomini persero la vita combattendo contro di lui , ma un
giorno si presentò un giovane e coraggioso calzolaio. Il calzolaio pensò di abbattere la bestia
con uno stratagemma: uccise un grande ariete, lo svuotò delle interiora e mise al posto di
quelle, zolfo e catrame.
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Quando il drago affamato uscì dalla grotta, vide quel boccone invitante, vi si buttò sopra e lo
mangiò. Dopo un attimo, sentì dentro lo stomaco un grande bruciore. Per spegnere il fuoco,
iniziò a bere l'acqua del fiume ma la sua pancia crebbe sempre più e infine scoppiò con un
fragore tremendo.
Il Re mantenne i patti: il calzolaio sposò la principessa e prese metà regno."
04/04/14 - 5° giorno
PAROLA DELLA GIORNATA: Emozioni
E' arrivato il giorno del ritorno a casa, tutti pronti per partire!!!
Le prime ore di viaggio sono volate: alcuni dormivano, altri ascoltavano musica, altri
chiacchieravano, giocavano a carte, e più il tempo passava, più il legame, per alcuni di noi,
diventava sempre più stretto.
I pensieri tristi della sera prima erano svaniti, perché eravamo felici di stare ancora insieme e
andare d'accordo.
Ma quando ci siamo accorti che eravamo arrivati a casa e che dovevamo salutarci ... beh ... in
quel momento c'è stata un'ondata di emozioni: mentre ci abbracciavamo, ci siamo tutti
commossi perché non volevamo lasciarci.
In questi pochi giorni siamo diventati buoni amici e spero che tutto questo continui.
L'esperienza che abbiamo vissuto e tutte l'emozioni
dimenticheremo mai!!!
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che abbiamo condiviso non le
CLASSE 3 ^ A SCUOLA SECONDARIA I GRADO PANIZZI
Auschwitz, 03.04.1943
Caro amico mio,
non sai quanto mi mancano i tuoi sorrisi, quelli che mi hanno fatto sopportare il numero 44 di
scarpa e quelli che mi accompagnano ogni giorno per farmi sentire meno solo.
Qui ad Auschwitz, le stagioni non cambiano: é sempre inverno; ed il mio cuore é gelido.
La tristezza e la sofferenza mi avvolgono e mi cancellano i sogni; proprio quelli che mi fanno
sperare, immaginare e ora non sono altro che una brutta realtà, fatta di odio che, giorno per
giorno, stermina tutti noi prigionieri. Mi manca la vita, quella vera; per me si sono spente
perfino le stelle, tutto ciò di più bello e caro per me é stato sostituito dall' odio e dal disprezzo.
Chiunque abbia rinchiuso qui dentro me e gli altri deportati non sa che la vera felicità non è
nella distruzione o nello sterminio, ma essa sta solo nel cuore di chi ama.
Mi hanno tolto tutto, compreso il senso della vita; ogni giorno dimentico quello precedente,
perché non voglio ricordarlo.
Tu vedi delle siepi, io vedo del filo spinato.....
Tu vedi e senti la vita. Io la vita non so più neanche cosa sia. Vedo anime che svaniscono nel
vento: sono persone che, a causa di un irrazionale pregiudizio, sono state costrette a gettare i
propri corpi al vento. Ogni soffiata del vento é un grido di paura dei miei compagni, un grido
che mi fa venire i brividi e che rimbomba nella mia testa continuamente come un tuono.
La brina che alla mattina avvolge Auschwitz é il pianto del Signore.
Spero un giorno di poter tornare alla "vita" e spero che questa mia lettera ti dia una visione
diversa, anche nei confronti delle piccole cose che ci accompagnano giorno per giorno e che
spesso sono considerate poco importanti.
Spero che, quando tu avrai i capelli bianchi, ci sia un mondo diverso.
Il tuo amico Mattia
Birkenau, 14.11.1944
Caro Fratello,
oggi le SS mi hanno quasi scoperto mentre scrivevo questa lettera.
Ho rischiato questo perché oggi, come saprai, è il mio compleanno e come regalo desidero
comunicare con la mia famiglia, chiedere notizie, sapere come state, come vanno le cose lì da
voi, anche se so che sarà alquanto improbabile ricevere una vostra risposta.
Oggi, nel giorno del mio compleanno, mi sento ancora più solo e stanco: il mio fisico è in
condizioni precarie e la mia mente, piano piano, sta scomparendo; sto impazzendo perché
qui vogliono annientare in tutti i sensi ogni uomo fatto prigioniero.
Ci hanno tolto tutto: il nome, la dignità, i sentimenti, la paura, le nostre abitudini e perfino
tutti i nostri oggetti personali, comprese le posate, così da costringerci a mangiare come degli
animali. Siamo costantemente umiliati!
Qui si muore, solo per un sì o per un no.
In questo periodo di freddo gelido, preferisco pulire le latrine dentro la stalla, dove c’è calore,
piuttosto che andare a lavorare fuori al gelo.
Caro Fratello, sento che il mio tempo sta per finire: a te lascio il mio nome, i miei ricordi, la
mia dignità; all’intera famiglia lascio il mio affetto e la mia bontà; ai nazisti lascio il mio odio, il
mio disgusto e la mia vergogna.
Addio Caro Fratello.
Il tuo Luca
Auschwitz, 28 novembre 1944
Cara Sarah,
ti scrivo da Auschwitz, spero che tu, Adam e Yoel stiate bene o che almeno riusciate a
sopportare questa assurda situazione. Da quando le SS ci hanno trovati, io e vostro padre
abbiamo incontrato molti problemi; certamente conoscerai le condizioni di vita alle quali siamo
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sottoposti nei campi di concentramento, ma quello che dicono fuori di qui non è neanche
lontanamente paragonabile alla dura realtà. Da quando ci hanno portati su quel vagone stretto,
sporco e pieno di persone senza alcuna colpa, tutto si è complicato. Dopo un lungo viaggio, il
treno è arrivato ad Auschwitz e subito delle guardie armate, accompagnate da cani, ci hanno
mostrato sprezzanti la direzione che dovevamo prendere: uomini da una parte e donne
dall’altra, come se fossimo noi gli animali. Hanno allontanato le madri dai figli, gli anziani e i
malati, ci hanno privato di tutti i nostri bagagli e dei gioielli che indossavamo; la disperazione
era negli occhi di tutti noi! Eravamo incapaci di concepire come potesse un uomo trattare con
così tanta cattiveria un proprio simile, anche se ben presto abbiamo capito che per gli aguzzini
tedeschi noi non eravamo un” valore umano”. Eppure non ci sono tante differenze: cambiano il
colore degli occhi, dei capelli, il nome, ma anche loro sono come noi. Già, il nome. Da quando
siamo qui, nessuno ci chiama più con i nostri nomi, abbiamo un numero al loro posto! La
settimana scorsa una giovane ragazza è stata duramente punita, durante l' appello, perché non
ha risposto subito al numero che le era stato assegnato. Ormai sono due mesi che sono
rinchiusa in questo campo, settimane passate a lavorare duramente, con pochissime pause,
senza mai una parola di conforto.. Ho visto morire troppe donne davanti ai miei occhi, troppe
grida ho sentito vicino alle docce; un odore pungente, a volte, si sente nell'aria. Non ho più
parlato con vostro padre, raramente riesco a vederlo e ci scambiamo solo degli sguardi da
lontano; so che il suo pensiero è sempre rivolto a me e a voi; mi mancate tanto, figli miei, ma
sono felice che non dobbiate subire tutto questo. Qui non ci sono bambini, essi arrivano col
treno insieme agli altri ma poi spariscono; sappiamo tutti la triste fine che fanno. Ti prego di
rassicurare i tuoi fratelli, di non raccontare loro cosa stiamo vivendo, sono ancora troppo piccoli
per capire ed è già una fortuna che siate riusciti a fuggire; sai, vi invidiano in molti!! Come
puoi immaginare, qui il cibo non avanza, perciò siamo tutte magrissime, deboli, tristi; ci hanno
addirittura rasato i capelli!! Prima di arrivare qui, avevo solo la mia famiglia, la libertà e una
dignità, ora mi hanno tolto anche queste. Vivo in una baracca con una cinquantina di donne,
dormiamo in stretti letti a tre piani, almeno due o tre per piano; le condizioni igieniche sono
pessime e molti prigionieri si ammalano di malattie infettive.
Sono davvero esausta e ogni giorno di vita mi richiede un grande sforzo: fisico e mentale;
spero che presto possano esserci dei miglioramenti e che possa rivedervi. Intanto ti chiedo solo
di essere vicina ai tuoi fratelli e di pregare per tutti noi. Vi voglio bene.
Ciao Sarah, sii forte!
La tua mamma
Giulia
Birkenau, 24 settembre 1942
Cari famigliari,
il viaggio per arrivare a questo campo è stato lungo; i soldati nazisti ci hanno accolti con una
canzone e, dopo essere scesi dal treno, ci hanno divisi: gli uomini da una parte, le donne e i
bambini da un'altra; poi un medico ha detto: ”Sano o malato?”. Io sono stata scelta per
andare a far le docce, così subito dopo ci hanno costrette a spogliarci e ad andare in una
camera dove non sapevamo cosa potesse uscire: acqua o veleno, ma ad un tratto è uscita
l’acqua per pochi minuti. In seguito ci hanno portato in un'altra stanza per tagliarci i capelli; ci
hanno consegnato delle scarpe e un vestito a righe. Nel campo dove ci sono stati assegnati
lavori molto pesanti, alcune di noi sono state prese e portate in strani laboratori dove si dice
faccciano degli esperimenti umani; le baracche sono ai limiti della sopravvivenza, con scarsa
igiene e senza bagni … poi senza cibo siamo ormai esauste e se si tenta di prenderne un po’,
venendo scoperte, ci uccidono; se solo si smette di lavorare per un secondo, ci fucilano e negli
appelli muoriamo se non siamo svelte a rispondere. Tutte queste persone sono state seppellite
in fosse comuni, fino a quando le SS hanno pensato di bruciarne i corpi e adesso le loro ceneri
sono nel vento.
Senza dignità noi prigionieri siamo stati strappati dalle nostre case e tanti di noi uccisi in
maniera disumana, trattati da animali … Io so che non uscirò viva di qui. Dico addio a tutti,
cara mamma, caro papà e caro fratello.
La vostra Alessia
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Monowitz 11 aprile 1943
Miei adorati figli,
mi trovo a Monowitz e voi mi mancate molto; spero che questa guerra finisca presto per
riunirci a casa.
Qui lavoriamo tutto il giorno in una fabbrica di gomma, non mangiamo quasi niente e, durante
le ore di lavoro, se uno sbaglia o si riposa viene punito severamente dai soldati tedeschi.
Quello che vi voglio dire è di sperare che questa inutile guerra finisca, perché non è giusto che
esistano così tanta sofferenza e così tante ingiustizie tra il genere umano: è una vergogna che
le persone debbano essere trattate in modi brutali e crudeli, come sto vedendo in questi giorni,
solo perché il folle pensiero di un uomo è contrario all’esistenza di una razza diversa dalla sua.
Mi auguro che quando voi sarete più grandi, il nostro sacrificio di deportati possa servire a far
capire che gli uomini sono tutti uguali e che bisogna rispettare la vita e il pensiero di tutti.
Vi saluto, spero di incontrarvi presto.
Il vostro caro papà Giuseppe
Località ignota, 13-01-1944
Cara Lucia,
mi dispiace, figliola ....... probabilmente questa sarà la mia ultima lettera per te; sono qui su
questo treno, insieme a tua mamma e a tuo fratello da circa sette ore, in viaggio verso non so
dove, probabilmente verso uno di quei famosi campi di concentramento o di sterminio. Non
sono l'unico a scrivere una lettera in questo vagone, ci saranno altre trenta persone, oltre a
me, che lo fanno, piangendo senza fine. Qui fa freddo e cerchiamo di riscaldarci, ma il duro
gelo dell'inverno non ce lo permette, ho sete! Non vedo la luce del sole da parecchie ore. Mi
dispiace per tuo fratellino, che è destinato a una vita dura; lui pensa ancora che ci stiamo
dirigendo dalla nonna in Germania. Grazie al Cielo, sei libera lì in Inghilterra, dove puoi
continuare i tuoi studi.
I soldati nazisti ci hanno trattati come animali, senza un pizzico di dignità, entrando nelle
nostre case con violenza e saccheggiando soldi e gioielli di valore come: orologi, braccialetti,
collane in oro, diamanti, costringendoci poi a salire su questo treno merci.
Quanto avrei voluto che almeno tuo fratello, di soli sei anni, fosse lì con te!
Cari saluti
Tuo Padre Saul
Auschwitz, 03-10-1942
Cara Giulia,
ti scrivo dal lager di Auschwitz.
Qui la vita è molto dura; si lavora incessantemente, il cibo non soddisfa il fabbisogno di tutti i
deportati; si inizia a lavorare alle ore 5:00 e si finisce alle ore 21:00, con brevi pause per i
pasti.
All'arrivo al campo di noi prigionieri, i soldati tedeschi ci hanno indicato subito la strada dove
andare; ci hanno diviso in due file: a destra e a sinistra, senza sapere il motivo. Siamo stati
divisi tra uomini, donne e bambini.
Mentre in stazione salivamo sui vagoni di un treno-merci per giungere a questa destinazione,
le SS dicevano che ci avrebbero fatto vivere una vita migliore, portando con noi tutti gli oggetti
di valore che possedevamo, ma non è stato così.
Spesso, nel campo, cade sui nostri capelli una polverina bianca, come se fosse neve, ma neve
non è; allora qualcuno di noi comincia a pensare, purtroppo, a un triste destino che ci può
attendere: mi auguro proprio che non sia vero!
Ora devo scappare, ho paura di prendere alcune punizioni dalle guardie.
Ciao, spero di ricevere presto tue notizie.
La tua amica Antonella
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Auschwitz, 10.04.1944
Caro fratello Alessandro,
ti scrivo dal campo di concentramento di Auschwitz II, dove sono prigioniero da ormai un anno e
mezzo. Qui i soldati nazisti trattano noi deportati come degli schiavi, ci obbligano a mangiare con
le mani in una ciotola che ci scambiamo fra quattro prigionieri e siamo continuamente umiliati dalle
guardie tedesche.
Ci sentiamo come animali, ma fra tutto questo orrore noi lottiamo per non perdere la dignità umana;
nel momento storico che stiamo vivendo, siamo noi i più deboli, persone indifese e costrette ad un
destino crudele.
Anche se non è facile rimanere lucidi in queste condizioni di vita, devo essere forte per me stesso,
per i bambini lasciati soli dai loro genitori ormai morti, per gli invalidi che non possono sopportare
l'enorme lavoro a cui noi tutti siamo sottoposti e per chi non si arrende ancora all'idea di essere
rinchiusi qui.
Voglio lasciarti una raccomandazione per la vita: in qualsiasi situazione difficile tu ti trovi, non
essere egoista e ricorda sempre che c'è qualcuno più bisognoso di te, che probabilmente necessita
di aiuto.
Ora ti saluto. Aspetto presto tue notizie.
Ti abbraccio forte.
Tuo fratello Matteo
Diario di viaggio di Rebecca Rossi
1° giorno 30/03/14
“Amicizia”: perché abbiamo avuto l’occasione, durante il viaggio, di conoscere alcuni ragazzi
di Poviglio.
2° giorno 01/04/14
“Curiosità”: perché abbiamo avuto “l’onore” di poter osservare ed ammirare la fabbrica di
Schindler, ma non solo, abbiamo anche visitato la città di Cracovia.
3° giorno 02/04/14
“Memoria”: perché non bisogna dimenticare ciò che è successo nei campi di concentramento
nazisti contro gli Ebrei e gli altri deportati. E’ stato compiuto un vero e proprio genocidio!
4° giorno 03/04/14
“Stupore”: perché abbiamo visitato il centro di Cracovia con la cattedrale, l’antica Università e
un magnifico castello dove abbiamo avuto l’onore di ammirare il famosissimo quadro di
Leonardo da Vinci: ”La dama con l’ermellino”. E’ stato tutto magnifico!
5° giorno 04/04/14
“Sofferenza”: perché dopo aver passato quattro giorni indimenticabili per noi ragazzi, ci
siamo dovuti separare. Sicuramente non dimenticherò mai questa avventura, con i ragazzi di
Poviglio, con i docenti, con la Preside e con i vari accompagnatori.
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Diario di viaggio di Giulia Greco
NOVITÀ
Tutto sembra nuovo! Per la prima volta abbiamo viaggiato in Paesi fuori dall'Italia, abbiamo
incontrato nuove culture, abitudini differenti e sono state tracciate le basi per nuove amicizie.
PASSO
Abbiamo camminato piuttosto a lungo, inoltre sono stati fatti passi avanti sia nella conoscenza
dei nostri coetanei, sia nell'apprendimento di eventi storici e culturali.
MINIERA
Nel pomeriggio abbiamo visitato le miniere di sale a Wieliczka, ma soprattutto questa giornata
si è rivelata una "miniera" di sensazioni, storie ed emozioni nuove, grazie all'esperienza di
Auschwitz e Birkenau che, secondo me, ha legato e fatto riflettere molto tutti noi sui valori
umani.
ARTE
Abbiamo potuto osservare molti edifici religiosi riccamente decorati, opere artistiche di
altissimo valore, come "La dama con l'ermellino" di Leonardo da Vinci e architetture storiche
importanti.
EMOZIONI
Durante il viaggio di ritorno abbiamo provato tantissime emozioni differenti; inizialmente
eravamo nostalgici e tristi ma poi alcuni di noi erano felici di tornare in Italia. Nel corso del
viaggio abbiamo attraversato momenti allegri, noiosi, sinceri e di condivisione. Soprattutto
abbiamo vissuto esperienze speciali ed indimenticabili. Le lacrime che scorrevano sul volto di
molti di noi erano piene di malinconia, con la consapevolezza, però, che questo viaggio
d'istruzione non è stato la fine, ma l'inizio di una straordinaria amicizia.
Impressioni ed emozioni di Mattia Avanzi
Mentre i miei compagni ed io eravamo sul pullman per arrivare ad Auschwitz mi chiedevo che
cosa avrei potuto provare, che cosa avrei potuto vedere, che cosa mi sarebbe rimasto di
quell’esperienza. Certo, tutti abbiamo studiato sui libri di storia, tutti abbiamo letto e sentito
testimonianze di sopravvissuti, ma essere lì è tutta un’altra cosa. Ancora prima di arrivare
l’atmosfera si incupiva sempre più, il cielo fuori dal pullman si ingrigiva e il mio cuore batteva
più velocemente per la consapevolezza di quello che mi aspettava. La prima cosa che sono
riuscito a vedere guardando fuori dal finestrino è stato il filo spinato. Come un flash mi è
apparsa l’immagine, vista in alcuni film, d’alcuni prigionieri che vi si gettavano contro per porre
fine alla loro sofferenza; un brivido mi è corso lungo tutto il corpo. “Arbeit macht frei" ( Il
lavoro rende liberi), queste le parole scritte in ferro che sovrastavano il portone d’entrata al
campo. Sapendo quello che avveniva al di là di quel portone, ho subito pensato alla malvagità,
al sadismo e alla perversione che dovevano caratterizzare i nazisti. Una volta varcata la soglia
d’entrata, mi è sembrato quasi di fare un salto indietro nel tempo di settant'anni, di poter
vedere lì davanti ai miei occhi i deportati che lavoravano e le SS che si divertivano nel vedere
quella gente soffrire. Proprio lì, all’ingresso, i nazisti avevano stanziato un gruppo di persone
con il compito di suonare una marcia che serviva per salutare e accogliere i prigionieri nel
campo. Come tutti possiamo immaginare, questo non era affatto un atto di cortesia, bensì una
presa in giro, con la quale si mirava ad abbattere l’anima dell’individuo. Non bisogna pensare,
però, che Auschwitz, come tutti gli altri campi di concentramento, sia stato il frutto della pazzia
del singolo, perché la precisione minuziosa e dettagliata, il dispendio di denaro e di soldati non
possono essere opera di un folle che prende in mano un fucile e va a sparare in piazza. Tutto,
infatti, era studiato e progettato nei minimi dettagli e niente era lasciato al caso. Soltanto le
cifre del denaro, utilizzato per mantenere attivo giorno e notte il cavo ad alta tensione ( circa
4000 Wolts) che circondava il campo, sono da capogiro.
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Nel campo di “Auschwitz I” le baracche, una volta case per i prigionieri, ora sono adibite a
museo. Nei vari stanzoni vi sono alcune foto ingrandite di deportati: guardando i loro occhi ho
potuto leggere il terrore di chi aveva già capito dove quel treno li avrebbe portati per non farli
più tornare; c'erano tante persone, ma tutte avevano lo stesso viso scippato del sorriso. Quegli
occhi ancora oggi chiedono “perché”. Siamo poi usciti all’aperto per entrare in un'altra baracca:
il freddo, però, non sembrava attenuarsi dall’esterno all’interno. Il gelido silenzio e le immagini
strazianti che vedevo da ogni parte in cui mi giravo valevano più di mille parole: essere lì per
me è stato come poter sentire ciò che hanno provato quelle povere persone. La guida ci ha
portati in una stanza … entrando ho sentito le gambe che mi cedevano, le lacrime iniziavano a
scorrere sulle mie guance e ogni pensiero nella mia mente lasciava spazio all’odio e alla rabbia.
In quell’istante un insieme di sentimenti confusi mi hanno invaso il cuore e la testa: nessuna
giustificazione, nessuno spazio, niente per chi ha fatto accadere simili barbarie. In quella
stanza c’era una vetrata lunga quasi dodici metri e alta fino al soffitto riempita di capelli.
Capelli sì, i capelli che i nazisti tagliavano ai deportati quando arrivavano per fargli perdere la
dignità, per uniformarli. Capelli che venivano spediti imballati in Germania dove venivano
utilizzati nell’industria tessile. Quando i russi arrivarono nel campo trovarono tonnellate di
capelli che i nazisti non avevano fatto in tempo a far sparire, appartenenti a persone, un
tempo bellissime, alle quali era stato tolto tutto, gioia di vivere compresa. Quando, poi, fu
istituito il museo si decise di lasciarne una certa quantità come testimonianza di tale crudeltà.
Ritrovarsi di fronte a ciò è stato,per me tremendo … tremendo! Dopo alcuni giorni, ancora
cercavo di immaginarmi quale viso poteva esserci sotto. Non riuscivo a fermare le lacrime,
piangevo disperato come se fossi stato coinvolto in prima persona.
L’indignazione e il disprezzo aumentavano a mano a mano che io e il mio gruppo entravamo in
altre stanze. Una vetrata piena di valigie, con ancora scritto sopra il nome e il cognome del
proprietario: ormai non mi stupivo più di quello che vedevo perché ciò era la conferma delle
atrocità naziste. Nonostante questo, la tristezza per quelle persone, il disprezzo verso chi
aveva architettato quel piano diabolico e la rabbia verso chi, in qualunque modo l’aveva
appoggiato, crescevano via via dentro di me. Altre vetrate: occhiali, protesi, pentole … i nazisti
requisivano tutto!
Tutto ciò non è giusto, non sono accettabili tali crudeltà a danno di povere persone, la cui
unica colpa era essere Ebrei, oppositori o “diversi”.
“Joseph Mengele” (questo nome se non fossi andato ad Auschwitz non mi avrebbe mai detto
nulla): ora capisco cosa ha potuto provocare quel dottore. Anche solo chiamarlo dottore mi
disgusta: io vedo nella figura di un medico la speranza per i malati, un aiuto per chi ha
bisogno, una mano pronta a curarti e non un torturatore che fa esperimenti sulle persone con
lo scopo di eliminarle definitivamente. Joseph Mengele, finanziato dai nazisti, ad Auschwitz
faceva sperimentazioni su bambini, specialmente gemelli, donne e uomini. Il suo scopo
principale era quello di renderli sterili in modo che non si potessero più riprodurre e quindi si
voleva portare la loro razza alla scomparsa, mediante lo sterminio biologico. Ancora una volta
l’ira, l’angoscia, la pena e il dolore si impossessarono di me. Le immagini delle persone che,
una volta arrivate, venivano marchiate come animali, diventando dei semplici numeri e
catalogate in base alla loro pseudo-colpa non mi abbandoneranno per tutta la vita. La frase di
Primo Levi “Se questo è un uomo” in quel momento io l’ho riferita ai nazisti, chiedendomi se
potevano essere considerati uomini tali carnefici. Senza esitare mi sono risposto di no, non
potevo considerare uomini, nel senso di persone meritevoli di giustizia e comprensione, chi
aveva compiuto tali crimini contro l’umanità.
Testimonianza di Rebecca Rossi
Ero una deportata al campo di concentramento di Auschwitz. Appena scesa dal treno, i nazisti
mi misero in fila indiana e un soldato tedesco, guardandomi solamente, indicava la direzione
che dovevo prendere: “destra” o “sinistra”. Poi, arrivata nella baracca, i militari mi ordinarono
di spogliarmi perché dovevo indossare una specie di pigiama a righe da uomo con una grande
stella gialla. Fui costretta a lasciare lì la mia roba e i soldati mi sequestrarono le catenine, gli
orologi, la fede nuziale. Subito dopo, un altro Tedesco mi indicò una specie di capanna. Mi
tagliarono i capelli, tanto da rendermi irriconoscibile. Successivamente mi aspettava una
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brevissima doccia calda e in seguito un comandante mi condusse in una baracca per la
“timbratura”, cioè il tatuaggio del numero che avrei portato per sempre sul braccio: il tutto
con poche spiegazioni in lingua tedesca o polacca e, se non capivo, dovevo arrangiarmi e darmi
da fare per interpretare i comandi. Incominciava, così, la mia prima giornata lavorativa. Alle
donne giovani e alte, i nazisti consegnavano delle mazze per rompere le pietre, mentre le
restanti dovevano spalare il terreno. Chi voleva sopravvivere là dentro doveva indurirsi l'animo,
senza parteggiare mai a favore dei prigionieri.
A mezzogiorno, i kapò distribuivano il pranzo che consisteva in una ciotola di zuppa: i primi
giorni noi deportate la sorbimmo senza posate e solo dopo sapemmo che bisognava
organizzarci barattando il pranzo per un cucchiaio; dopodiché ce lo dovemmo tenere stretto,
affinché le altre nostre compagne non ce lo rubassero.
Alle ore 17,00 si finiva di lavorare e poi si andava in fila alla baracca per l'appello.
I nostri giorni erano sempre uguali.
Arrivarono, poi, le infami selezioni da parte di un militare delle SS (reparti di protezione),
attraverso cui egli doveva dividere le donne sane, che potevano continuare il lavoro, da quelle
malate, mandate nelle camere a gas, come successivamente ho saputo: anche alcune mie
compagne sono state uccise in questo modo.
Nel mio corpo erano presenti già i segni di indebolimento e la fame iniziava a farsi sentire.
Le condizioni di vita di noi prigioniere erano disastrose, nessuno potrebbe mai immaginare ciò
che abbiamo subito, perché non ci sono parole per descriverlo. Eravamo tutte malate e deboli,
ma ottimiste perché attendevamo l'arrivo dell'esercito sovietico che avrebbe sconfitto i
Tedeschi.
Di quelle uscite dal campo vive, pochissime sono sopravvissute e degne di essere chiamate
ancora “persone”. Ad Auschwitz chi sopravviveva, veniva privato di ogni diritto, ponendosi ai
margini della società, senza alcun rispetto della dignità umana.
La semplice memoria del male è, dunque, sì necessaria perché l'orrore non si ripeta, ma ciò
non è ancora sufficiente! Bisogna prendere coscienza delle atrocità compiute e diffondere con
ogni mezzo, quello che è stato commesso, perché l' ”infezione” è sempre nell'aria.
Brescello, 27.04.2014
Emozioni ed impressioni di Antonella Frontera
Grazie a questo Viaggio ho capito che, a differenza di quei ragazzi Ebrei costretti nei ghetti e
nei campi di concentramento o di sterminio, vivo una vita felice, senza particolari ostacoli e
senza alcuna persecuzione.
Per me è stato un viaggio che mi ha “costruito” la memoria, mettendo insieme: luoghi,
fotografie e sensazioni.
Quando sono arrivata ad Auschwitz, tutto quello che avevo imparato fino ad allora è diventato
realtà.
Ho ricostruito piano piano, successivamente, le mie emozioni, attraverso i ricordi e le
impressioni. Sono passata da un' iniziale curiosità, ad un interesse freddamente storico.
L'esperienza del Viaggio della memoria, per me, resterà indimenticabile, perché ho provato
tanta rabbia per i colpevoli e una grande pena per le innumerevoli vittime.
Emozioni ed impressioni di Giuseppe Contino
Il viaggio di istruzione, all'andata, al ritorno e nei momenti di svago ha suscitato in me una
grande felicità: ho sempre avuto una buona compagnia di ragazzi scherzosi, giocosi e
divertenti.
Il sentimento che ho provato durante la visita ai campi di concentramento e di sterminio è
stato quello della rabbia, perché ho pensato che non fosse giusto che i nazisti rinchiudessero,
prima nei ghetti, poi nei lager uomini innocenti, facendoli morire di fame e di malattie.
Il giorno in cui sono andato ad Auschwitz e a Birkenau ho sentito in me tanta tristezza nel
vedere i luoghi dove sono morti milioni di persone, per la sola colpa di essere nati.
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Emozioni ed impressioni di Alessia La Placa
Il primo giorno del Viaggio mi sono divertita, perché ho fatto nuove amicizie con i ragazzi della
Scuola Secondaria di Primo Grado di Poviglio.
Durante la visita alla città di Cracovia, il giorno successivo, ho ricevuto varie informazioni sul
ghetto ebraico e sulla vita che vi si conduceva, sulle sinagoghe presenti, sulle piazze storiche,
lasciando in me sentimenti di incredulità, ma anche di curiosità.
La terza giornata ho capito veramente il significato di questo nostro “Viaggio della memoria”
perché, con la visita ai campi di concentramento e di sterminio, ho cercato di realizzare, per la
prima volta, che cosa hanno potuto provare e che cosa hanno dovuto subire i deportati,
ognuno con una storia diversa, nelle condizioni disumane di vita, illustrateci dalla nostra guida
ad Auschwitz e a Birkenau.
Ritornare a Cracovia, successivamente, mi ha risollevato l'animo, suscitando in me una forte
emozione di fronte al famoso dipinto di Leonardo da Vinci: “La dama con l'ermellino”, custodito
gelosamente nel bellissimo e imponente castello di Wawel.
Nel pomeriggio dello stesso giorno, una mini-crociera sul fiume Vistola mi ha avvicinato di
nuovo alle mie amicizie, in momenti senz'altro più rilassanti, con la compagnia di un leggero
venticello sul viso.
Durante il viaggio di ritorno a casa ho provato felicità ma anche dispiacere, perché ho dovuto
salutare i miei compagni, che per cinque giorni mi hanno sempre offerto la loro amicizia e la
loro compagnia.
Emozioni ed impressioni di Matteo Aiello
L'emozione più profonda del viaggio è stato il senso di amicizia che si è costruito fra noi
ragazzi. E' strano ma questo sentimento è totalmente in contrasto con la serietà e la
drammaticità dei luoghi che siamo andati a visitare. Ciò che ho portato a casa è un senso di
fratellanza e di curiosità verso chi non conoscevo ed è forse il sentimento che è venuto a
mancare negli anni della Seconda Guerra Mondiale in cui si aveva paura del diverso.
Parole chiave del quaderno di viaggio di Matteo Aiello
31.03.2014
VIAGGIO
Il 31 marzo alcuni alunni della classe III A ed alcuni alunni della classe III B sono partiti per la
Polonia. C'erano anche i ragazzi delle classi terze di Poviglio ed il viaggio è durata circa 13 ore.
01.04.2014
AMICIZIA.
Il secondo giorno abbiamo cominciato a conoscerci: ragazzi di Brescello e di Poviglio.
02.04.2014
CAMPO DI CONCENTRAMENTO
Il terzo giorno abbiamo visitato i campi di concentramento e di sterminio di Auschwitz e
Birkenau.
E' stata un'emozione indescrivibile!! Abbiamo vissuto, in quegli attimi, come degli Ebrei
all'epoca del nazismo.
La parte della visita che mi ha toccato di più al campo di concentramento Auschwitz I è stata
quella di vedere capelli, valigie e oggetti di uomini andati a morire.
03.04.2014
FIUME VISTOLA
Il quarto giorno, secondo me, è stato quello “più rilassante”, perché abbiamo fatto una “minicrociera” sul fiume Vistola
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04.04.2014
DISPIACERE
La mattina del quinto giorno siamo partiti per il viaggio di ritorno.
All'inizio e durante il tragitto tra noi ragazzi era tutto normale: giocavamo e scherzavamo come
abbiamo sempre fatto, finché la Preside ha comunicato al microfono del pullman di chiamare i
nostri genitori; lì abbiamo capito che eravamo arrivati quasi a casa.
Abbiamo cominciato a salutarci, ma poi molti di noi sono scoppiati a piangere, perché non ci
saremmo rivisti per alcuni giorni.
Parole chiave del quaderno di viaggio di Domenico Muraca
02.04.2014
CAMPI DI CONCENTRAMENTO: AUSCHWITZ E BIRKENAU
Questi due campi sono luoghi sacri e tristi, perché ricordano lo sterminio di una razza. La guida
a nostra disposizione, nella spiegazione, è stata molto chiara ed entrando nei campi mi è
venuta la “pelle d'oca”.
04.04.2014
PIANTO E TRISTEZZA
Nel viaggio di ritorno, noi ragazzi abbiamo ricordato tutti i momenti trascorsi insieme in questi
giorni, tutte le emozioni, tutte le amicizie, con qualche lacrima nei saluti. Ringrazio la Preside e
i docenti per avermi fatto andare a questa gita, perché non mi sarei reso conto fino in fondo
delle atrocità compiute da uomini contro altri uomini, se non avessi visto con i miei occhi la
realtà vissuta da gente innocente.
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CLASSE 3 ^ C SCUOLA SECONDARIA I GRADO DE SANCTIS
Cara Sorella,
ti scrivo da questo vagone, colmo di persone che, come me, si stanno preparando al peggio.
C'è caldo, tanto caldo. Sono giorni che viaggiamo rinchiusi qui dentro, molti non ce l'hanno
fatta e sono morti. Ci sono mamme disperate che, accovacciate per terra, abbracciano e
baciano i figli con le lacrime agli occhi e sussurrano loro parole dolci con il timore, la paura di
non poterli più rivedere una volta arrivati a destinazione. Ci sono anziani in fin di vita, certi
piangono, altri non ne hanno neanche le forza. Ho sete, ho fame. Non sai quando vorrei essere
lì con te, con mamma, con papino, con Simona e Nuria e pure con Carla, non per forza a casa,
anche per strada, anche sotto un ponte, ma con voi. Mi mancate. Mi manca tutto. Ma il "tutto"
non è importante in questo momento. Avrei voluto avere più tempo, più vita. Mi sarebbe tanto
piaciuto vederti crescere, vedere come saresti diventata bella, osservarti piangere per un
ragazzo e poi venirti a consolare dicendoti che non ti merita, ammirarti con orgoglio e anche
con un po' di invidia quando avresti indossato il vestito per il tuo primo appuntamento. Cresci
bene, forte e potente, piccola mia, la vita sarà piena di ostacoli, alcuni saranno troppo alti e in
essi inciamperai, ma altri saranno più bassi e sono sicura che quelli li supererai con un'agilità
da gazzella. Ma come farò senza Nuria? È ancora al punto di partenza. Ha solo un anno e
mezzo. Sorella, stalle vicina, amala e fai per lei quello che purtroppo non sono riusciti a fare i
nostri genitori per noi, data la numerosità della famiglia e il solo stipendio di papà. Sai, me la
immagino fra qualche anno con la sua uniforme da scolara e con la borsa più grossa di lei,
pronta per iniziare la scuola. Chissà come diventerà. Chissà cosa diventerà. Che carattere
avrà? E a chi dici che assomiglierà? Sono sicura che anche lei diventerà bellissima, come del
resto siete tutte voi. E Simona? Piccolo terremoto di casa...come sta? Mi sento veramente in
colpa per aver trascorso i miei ultimi giorni a casa a litigare con voi per motivi futili,
sciocchi. Mi scuso. Non fare i miei stessi errori, impara da essi, non ripeterli. Salutami mamma,
abbracciala forte, baciala e dille che la amo. Sono anni che non glielo dico. E a papà dì solo che
era lui il mio principe azzurro, il mio eroe, la mia vita. Ringrazia Carla per esserci stata quando
non c'era nessuno e bacia anche lei sulla fronte da parte mia. Alle nostre sorelle non dire
niente, non voglio che sappiano che fine ho fatto. Tutte le volte che chiederanno di me dì che
ho sempre voluto loro bene e ancora adesso gliene voglio. Sono arrivata a destinazione. Un
bacio anche a te e ricorda, vivi ogni giorno come se non ci fosse un domani.
Samar Saad Abdelnabi
Auschwitz, 22/5/1944
Cara mamma,
questa notte non riesco a dormine, fa freddo, ho fame e mi sento tanto solo. Qui le giornate
sono tutte uguali, il campo di concentramento è un luogo infernale dove a fatica cerco di
sopravvivere. Purtroppo il destino mi ha portato qui, lontano dalla mia terra, dai miei cari e da
te, mamma. Quando sono triste penso che ci sei, che sicuramente mi stai pensando. E’ da te
che trovo la forza per andare avanti, altrimenti mi lascerei morire. Non piangere mai per me,
voglio ricordarti con quel sorriso dolce che avevi prima che questa maledetta guerra ci
dividesse. Ma lo so, tu sei sempre stata forte e saprai rialzarti anche questa volta. Io
purtroppo non sono mai stato come te. Mi hai sempre detto che ero come un albero senza
corteccia, fragile ed indifeso. Ora capisco a cosa ti riferivi. So che un giorno ci rincontreremo,
in un posto sicuramente migliore di questo, dove non esisterà il male, dove non esisterà la
cattiveria, dove ci sarà spazio anche per gli alberi come me. Quando non riceverai più le mie
lettere
non
ti
preoccupare,
da
quel
momento
io
starò
finalmente
bene.
Ti abbraccio forte.
Il tuo Luca
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Caro fratello,
desidererei tanto vederti un’ultima volta, guardarti negli occhi e dirti tutto ciò che non posso
affidare alla carta. Nessuno dei miei progetti si è realizzato e si realizzerà.
Ho sempre temuto che i miei sogni mi avrebbero impedito di vivere la mia vera vita a pieno.
Beh, mi sbagliavo. Sogna. Sogna l’impossibile, fallo, tu che puoi, fallo anche per me. Ora più
che mai ho bisogno di un sogno, ho bisogno di qualcosa a cui aggrapparmi, di qualcosa per cui
poter sperare di nuovo, ho bisogno di qualcosa che mi faccia credere che è ancora tutto
possibile. Ma, ormai, è inutile sognare in un posto come questo, dove l’uomo ha la stessa
dignità di un animale, dove per avere un pezzo di pane ci si uccide. Questo posto è l’inferno. Mi
dispiace pensare che prima o poi verrò uccisa. Vorrei poter vivere una vita senza regole, una
vita come quella delle favole. Invece sono costretta a rimanere qui. Mi mancheranno il cielo, il
sole, i fiori, la primavera, il mare d’inverno, mi mancherete voi, mi mancherà papà. Chiedigli
scusa se non sono stata una figlia perfetta, mi dispiace se quel giro in bicicletta, che tanto
avevamo progettato, non riuscirà a farlo con me, ringrazialo perché mi ha insegnato a non
farmi mai calpestare da nessuno, ricordagli che lo amo e che è stato un padre perfetto. Mi
mancherai tu, mi mancheranno i tuoi “ ti voglio bene”, il tuo sorriso, la tua voglia di difendermi
e di proteggermi sempre, mi mancheranno i nostri progetti condivisi e i nostri sogni irrealizzati.
Mi mancheranno le nostre notti passate sdraiati sul letto a raccontarci come erano trascorse le
nostre giornate, i nostri litigi e i tuoi “ non ne posso più”, sussurrati al mio orecchio. Mi
dispiace se mi perderò tutte le cose belle della vita, mi dispiace se non ti vedrò crescere, se
non ti vedrò piangere e gioire per amore, se non sarò alla nascita dei tuoi figli o al tuo
matrimonio, ma che colpa ne ho? Che colpa ho io se ho cercato di difendere i nostri diritti? Che
colpa ho se voglio la libertà e la democrazia e per esse mi sono battuta?
Salutami mamma, ringraziala per tutto quello che mi ha dato. Lei mi ha donato la vita che in
pochi secondi mi sarà tolta. Io, che credevo di poter morire dopo aver realizzato tutti i miei
sogni, sono costretta a lasciare la vita a diciotto anni senza più la forza di lottare per ciò in cui
credo. Ringrazia mamma perché mi ha trasmesso valori come l’onesta e il rispetto e perché mi
ha insegnato a credere nei miei sogni, dille che è la donna più bella e che mi mancherà. Mi
dispiace pensare che tutto ciò per cui ho sempre vissuto e lottato svanirà nel nulla. Sì, perché
è come quando lotti tanto per qualcosa ma poi, a pochi secondi dalla fine, vieni superato da
qualcun altro e devi solo incassare la sconfitta. Ecco come mi sento: senza valore. Mi conforta
il pensiero che prima o poi il bene vincerà sul male, ne sono sicura. Lo so, tutto quello che ho
fatto non sarà inutile, magari i tuoi figli vivranno in un mondo libero anche grazie al mio
impegno e al mio sacrificio.
Spero che i nazisti capiscano quanto siano insensati i loro pregiudizi, i loro comportamenti, la
loro crudeltà.
Ho lottato per la libertà; sono qui perché credo nella democrazia e in essa ho sempre creduto;
non ho mai smesso di sognare; ho sempre voluto bene anche a chi non lo meritava; mi sono
sempre fidata delle persone; ho sempre avuto l’aria spensierata, il sorriso sulle labbra e gli
occhi sognanti ... ora e qui non sono più così: sono stanca, ho fame, ho gli occhi gonfi, il viso
sciupato, il cuore a pezzi, graffi e lividi ovunque e non ho nemmeno più la forza per piangere,
da quando sono entrata qui dentro sono diventata vuota, fredda, insensibile. Sono solo una
ragazza, sconfitta dalla vita e dalle persone. Sono giovane, lo so, ma se c’è una cosa che ho
imparato è che sognare rende tutto migliore, colora la vita e fa bene al cuore. Tu che puoi,
sogna, fallo anche per me e soprattutto fatica per cercare di rendere realtà i tuoi sogni. Spero
che tu viva una vita piena di soddisfazioni. Spero che tu riesca a sposarti con la donna che ami
e che tu abbia una famiglia che ti voglia bene più di quanto lo so fare io. Non lasciarti
abbattere dalle difficoltà, va' avanti, sopporta con coraggio, abbi fiducia nelle persone. Fa' di
tutto per affrontare i problemi sempre con la testa alta e il sorriso sulle labbra. Non
scoraggiarti.
Non smettere mai di essere felice. Stai vicino a mamma e papà. Sii forte.
Con affetto, la Tua Sofia.
(Monica Villani)
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Auschwitz, 30 novembre 1944
Piccola mia,
la mia fine è imminente. Sono stata condannata a morte, perché mi sono opposta alle idee
totalitarie di Adolf Hitler. Quest’uomo perseguita le persone per imporre la sua ideologia.
Costringe le persone a opprimere, a soffocare le loro opinioni. Ma nonostante la sua continua
lotta per imporsi, Adolf Hitler non riuscirà a fermarmi, non riuscirà a cambiarmi dentro, nella
mente e nel cuore, anche se sono imprigionata in questa buia, gelida cella. Trascorro le mie
ultime ore di vita scrivendo questa lettera, per non impazzire, per non impazzire in questo
silenzio. Pensando che tra poco perderò la vita, mi sento avvolta in una nube di tristezza. Non
vedrò più le candide nevicate, le foglie che cadono in autunno, non sentirò più il canto delle
cicale in estate ...
Ma tutto questo non conta. Soffro soprattutto perché perderò te, piccola mia. Ho assisto ai tuoi
primi passi, alla prima volta in cui mi hai chiamata mamma ... ma non assisterò alla tua
adolescenza, ai tuoi primi amori ...
Mi rasserena un po' il fatto di aver combattuto per difendere le mie idee, per difendere la
libertà di parola, di opinione: diritti inalienabili dell'uomo. Sono contenta per aver lottato per
un futuro migliore per tutti e anche per te. Piccola mia, ricorda che la tua vita è preziosa,
anche più di un diamante. Ricorda che le persone in cui hai riposto la tua fiducia sono
importanti. Tieni sempre a mente di esprimere le tue opinioni, anche a costo di andare contro
il resto del mondo.
Goditi le afose giornate d’estate, ammira i fiori che sbocciano in primavera, vivi intensamente
la vita.
Piccola mia, ricorda che io starò sempre al tuo fianco. Ti voglio un mondo di bene.
La tua mamma
(Kaur Navdeep)
Auschwitz, 21 maggio 1944
Cara sorella,
ti scrivo per sapere come state tutti: tu, mamma e papà. Non immagini quanto vorrei essere a
casa, quanto vorrei tornare e scappare da questo posto che, lentamente, mi sta togliendo la
voglia di vivere. Non riesco più a sorridere, a piangere, non provo più alcun sentimento, da
quando sono entrata in questo inferno sono diventata insensibile. Molte volte mi capita di
osservare uomini stremati che cadono a terra privi di forze, uomini bruciati, picchiati accusati
di furti e sbagli mai commessi, uomini che con le proprie mani uccidono altri prigionieri dietro
ordine di una SS, troppo codarda per sporcarsi le mani. Tanto lavoro e poco cibo, come può un
uomo vivere in queste condizioni?! Non può! Cerco dentro di me quella poca speranza che mi è
rimasta, ma che svanisce appena mi sembra di averla ritrovata. Forse tutto questo non è reale,
forse è solo un sogno, uno stupido e irreale sogno, nel quale però resterò imprigionata per il
resto della mia vita. Mi hanno imprigionata in uno stupido, orribile sogno con cui mi stanno
togliendo l’anima. Alcune volte mi capita di veder la mia immagine riflessa negli specchi
d'acqua che si formano sul terreno dopo la pioggia: i miei occhi sono diventati spenti, il mio
viso sporco e sciupato è irriconoscibile, ha perso il suo aspetto giovanile. Mi turba anche
osservare il numero che mi hanno tatuato sul braccio: 7152, esso ha sostituito il mio nome, è
diventato la mia nuova identità. Non mi riconosco più, ogni giorno cerco di dare una ragione a
tutta questa sofferenza, ma alla fine capisco che un senso non c'è.
Ho già parlato troppo, ora ti rivelo la vera ragione della mia lettera: ti voglio salutare per
l'ultima volta, prima di essere uccisa nella camera a gas e poi bruciata nel forno crematorio. So
che tra qualche giorno questo sarà il mio destino, ma anziché temere la morte, l'attendo come
la liberazione da tutta questa sofferenza. Mi chiedo anche se, dopo, tutto avrà fine o se mi
ritroverò in luogo splendido: il Paradiso. Temo però che quest' ultima possibilità rispecchi solo
una mia illusione, un mio desiderio.
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Nella vita non sono mai stata tanto fortunata, chiedevo almeno di morire senza troppa
sofferenza, dopo una vita lunga e soddisfacente ... purtroppo non sarà così.
Vorrei essere con te, per essere abbracciata e baciata e non maltrattata come mi accade qui ...
Mi piacerebbe almeno realizzare questi miei desideri attraverso i sogni della notte, ma so che
mi sarà impossibile: anche i sogni mi sono stati rubati ...
Ti ringrazio per quello che hai fatto in passato per me: per avermi aiutata e per avermi
ascoltata ... solo ora e qui comprendo la bellezza e l'importanza di parole e gesti che, quando
ero una persona libera, mi sembravano normali e scontati.
Mi mancherete tutti voi, che siete la mia famiglia. Vorrei che foste qui con me, per vedervi, per
abbracciarvi, per avere il vostro conforto e per dirvi un'ultima parola, ma è meglio che voi siate
altrove. Se foste con me, vi toccherebbe il mio stesso terribile destino. Sapervi lontani e al
sicuro mi conforta.
Non comprendo perché i nazisti abbiano tanto in odio noi ebrei da privarci della vita, mi auguro
che un giorno comprendano quali atrocità hanno commesso nei confronti di persone innocenti
e siano tormentati dal rimorso.
Oltre che essere mia sorella sei sempre stata la mia migliore amica e sempre lo rimarrai ...
Abbraccia, bacia e stringi tutti per me, tua e vostra per sempre
Isabel
Auschwitz, 23 ottobre 1944
Cari genitori, sono qui a scrivervi per dirvi quello che non vi ho mai detto. Mi trovo ad
Auschwitz, consapevole del fatto che mi uccideranno e tutte le sere vi penso e vi ringrazio,
perché mi avete cresciuta, mi avete ascoltata, capita e compresa, aiutata quando ne avevo
bisogno, mi siete sempre stati vicino.
Mentre vi scrivo, piango, perché mi mancate tutti moltissimo. Vorrei essere libera, ribellarmi,
scappare, tornare da voi e non lasciarvi più, ma non ne ho le forze: mi hanno distrutta nel
corpo e nell' anima.
Non penso di meritarmi tutto questo, anche se ho sbagliato molte volte.
Vi voglio bene, tenetelo a mente. Ho deciso di scrivervi perché siete le persone più importanti
della mia vita, quelle indispensabili, per me siete tutto. Tu, mamma, mi hai sempre portato
con te ovunque, mi hai sopportato più di tutti, sei la persona che mi ama di più al mondo, a te
devo il grazie più sentito, ti amo, mamma! Poi ci sei tu, papà, l'uomo che mi ha insegnato ad
essere forte, a sembrare invincibile, ad affrontare tutto come se fosse un gioco (ma anche ad
essere seria nei momenti in cui era ed è richiesto), a vivere la vita.
Dite ai nonni, che mi hanno cresciuta più di tutti, mi sono sempre stati vicini e hanno fatto
qualsiasi cosa per rendermi felice, che voglio anche a loro molto bene. So di non essere stata
perfetta né con loro né con voi e ora, per questo, voglio chiedervi scusa. Se solo ne avessi la
possibilità, tornerei indietro, per ringraziarvi di tutto, come non ho mai fatto ... Vi sto
scrivendo anche perché non voglio lasciarvi senza che voi sappiate quello che provo per voi,
non sono mai stata più sincera di adesso ...
Mi trovo in questo campo e mi uccideranno in quanto ebrea, appartenente ad una "razza"
inferiore, indesiderata agli occhi di molti. Io penso che siamo tutti uguali e non importino il
colore, la religione, il Paese in cui si abita o il sesso, tutti dovremmo godere di pari dignità
ma non tutti la pensano come me, qui lo tocco con mano.
Questo è il mio addio, perché domani non ci sarò più, quindi non perdo altro tempo e vi dico
ciò che è più importante: vi amo.
Melanie
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Auschwitz, 20 dicembre 1944
Ciao Pier,
scusami, ho le idee confuse e non so bene che cosa dirti, so però che voglio che tu abbia un
ricordo di me, la tua sorellina indifesa, voglio che mi ricordi così, com’ero quando ero piccola:
bella, spensierata e ingenua … Sai, in questo momento ho tanto freddo, ho tanta fame e
tanta sete e penso che manchi poco al mio ultimo respiro. Mi dispiace, so che non doveva finire
così, so che tu ed io dovevamo rimanere uniti per tutta la vita, ma la mia si ferma qui. Non
pensare che io abbia voluto abbandonarti affrontando i nazisti, ragiona diversamente,
quando i soldati sono entrati in casa a cercarti, mamma e babbo si sono nascosti e volevano
nascondere anche me, quindi non è colpa loro se io sono qui, ma mia, io non volevo
nascondermi, volevo mandarli via, quella era /è casa nostra. Loro non dovevano entrare, ho
cercato di fermarli, ma mi hanno portata via, io ho iniziato a piangere, a urlare e Giovanni ha
cercato di liberarmi, ma l’hanno ammazzato, gli hanno sparato in fronte davanti a me, quel
ragazzo era come nostro fratello e quando l’ho visto cadere a terra, ho smesso di piangere,
sono diventata improvvisamente bianca e mi hanno caricata su un furgone. Con me c’erano
anche Mattia e Federico. Dopo ore e ore di viaggio ho alzato la testa, ho guardato Mattia e
ho rincominciato a piangere perché sapevo che tu saresti tornato a casa e io avevo cucinato i
cibi, per te, più buoni, quelli che preferisci, avevo riordinato e pulito la tua camera e tu non
mi avresti trovato ad attenderti.
Sono chiusa qui dentro da due anni e ho resistito fin toppo, ho resistito grazie a te che mi hai
insegnato cosa vuol dire speranza, che mi hai insegnato ad essere vincente. Sono al campo di
Mauthausen, qui ho poche amiche, del nostro paese c’è poca gente, io però sto sempre con
Mattia, non mi allontano da lui. Pier, scusami per tutti gli errori che ho commesso, perdonami
se qualche volta ti ho fatto dannare, tu sei mio fratello, sei più grande e io ho una grande
stima di te, ti voglio bene, anzi, ti amo. Tu rappresenti molto per me, forse sei anche più
importante di papà, mamma ed Elena. Mamma mia, quanto mi manca Elena! Ci sono dei
momenti in cui sogno di stare sdraiata sul prato al sole, mangiando fragole in compagnia delle
compagne di scuola o in compagnia del mio miglior amico, altre volte in cui vorrei passare ore
a fare la lotta con te, per gioco, momenti in cui avrei voglia di ballare, giocare, correre … Qui è
brutto, le guardie sono malvagie:qualche giorno fa Federico era stremato, doveva riposarsi, è
caduto e un soldato si è avvicinato e gli ha ordinato di alzarsi, Federico non è riuscito a
muovere nemmeno un dito e il soldato ha iniziato a picchiarlo, dopo averlo massacrato di
botte, ha caricato la pistola e l’ha colpito tre volte … Ecco, vedi, questo è uno dei momenti in
cui vorrei alzarmi dal mio misero giaciglio e venire a dormire con te, perché ho paura a stare
sola, purtroppo non posso, qui non ci sono nemmeno coperte e ho freddo, abbiamo tutti freddo
e non riusciamo a capire, non riusciamo a capire perché siamo qui. Mattia dice che sono
venuti a catturare me e lui perché io sono tua sorella e lui era fratello di Giovanni e tu sei e
lui era partigiano, questo spiega tutto. Ti ricordi quando facevamo le vacanze in Sardegna e
stavamo ore e ore a giocare al mare tirandoci sabbia e cercando di buttare in acqua nostra
sorella più grande? Mi mancano quei momenti e sono sicura che mi mancheranno per i
prossimi tempi, almeno fino a quando sarò ancora in vita. Penso che dopo la morte non ci sia
niente, non ci sia il Paradiso, perché io qua ho passato anni di inferno e non si può passare
dall’Inferno al Paradiso. Voglio che tu vinca, voglio che vinca la tua battaglia per me, e
quando tutto sarà finito e tu potrai avere una famiglia voglio che parli ai tuoi figli e racconti
loro di me, tu mi hai sempre detto che io sono unica, importante e speciale, quindi ricordami e
fa' che nessuno mi dimentichi …
Saluta tutti, dì addio a tutti da parte
mia, ricorda loro che sorgerà una nuova alba per tutti, che tutto questo schifo finirà. Grazie,
grazie per tutto, ogni tanto alza gli occhi al cielo durante una calda notte d’estate, io sarò sulla
stella più brillante a guardarti, starò a vegliare su di te per l’eternità …
La tua dolce sorellina, Laura
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Cara genitori,
la mia fine ormai è imminente …
Sono stato catturato dai nazisti perché mi sono ribellato al fascismo e ai suoi alleati.
Sono diventato un partigiano che ha voluto lottare per la libertà italiana, per eliminare questo
inutile partito che ci sta opprimendo con la sua influenza negativa e che si è addirittura alleato
al nazismo, il partito tedesco controllato da Adolf Hitler.
Ho desiderato e sognato, insieme ai miei amici, anche loro partigiani, di vivere in un'Italia
migliore, senza alcun tipo di violenza contro nessuno.
La mentalità nazista è allucinante: non oso pensare a quali torture abbiano in serbo per noi e
per gli ebrei in particolare …
Infatti mi chiedo: ”Ma perché cos’hanno fatto di male gli ebrei per meritarsi tutto questo?”
Non vi nascondo che vorrei tanto saperlo …
Non capisco perché debbano fare questo.
Mi domando sempre che cosa ci trovino di così bello nel veder morire delle povere persone
innocenti.
Vorrei proprio vedere se fossero i nazisti stessi a subire tutte queste pene e torture che stanno
infliggendo agli ebrei, vorrei sapere se farebbero loro piacere!
Quanto odio quei maledetti nazisti!!
Però questa è la vita, cari genitori, spero che in futuro tutto questo finisca.
Niente più guerre, né Mussolini, tantomeno Hitler, niente più fascisti né nazisti, niente più
torture, niente più genocidi o rappresaglie, niente più ricorsi alla violenza o alle armi, niente
più dittatori che si credono padroni del mondo e che pensano di poter fare chissà che cosa …
Mi ero stancato di tutto ciò, per questo sono diventato un partigiano.
Sapevo benissimo a quali rischi sarei andato incontro; sfortunatamente, come vi ho detto
prima, sono stato catturato e processato per esser stato contro questo maledetto partito.
E così mi ritrovo qui, a scrivere questa lettera a voi, per dirvi che ormai non ci rivedremo mai
più.
Vi ringrazio per tutto quello che avete fatto per me.
Grazie mamma, che mi sei sempre stata vicina nei momenti più difficili dell'infanzia.
Grazie papà, che mi hai insegnato un sacco di cose: soprattutto come non arrendermi mai e
avere sempre fiducia in me stesso.
Mi dispiace molto che finirà tutto così, di punto in bianco, che la mia vita sarà stroncata da
qualche pallottola e a causa di due uomini assetati di potere.
Mi mancherete molto …
E ricordatevi, vi ho sempre voluto bene …
ADDIO
Samuele
Auschwitz, 2 novembre 1944
Cari amici,
il vento soffia gelido qui e già sto avvertendo ciò che molto probabilmente mi succederà. Vi
sareste sicuramente chiesti dove sono, ebbene mi trovo in un luogo terribile: ho visto bambini
essere separati dai loro genitori, mogli essere divise dai loro mariti e ragazzi straziati dal
lavoro che sono, siamo costretti a svolgere.
Sono stato catturato dai nazisti a settembre dell’anno scorso ed ora sono così magro che
sembro uno scheletro; qui mi hanno costretto a lavorare perfino la notte e ora sono talmente
debilitato che non riesco più a fare nulla.
Ho trovato il tempo di scrivervi questa lettera perché un uomo si è rifiutato di entrare nella
“sala docce” e poi è scappato e ora i tedeschi lo stanno inseguendo.
Viste le mie condizioni, penso che le SS non avranno pietà di me e fra poco tempo temo che
porteranno anche a me nella “sala docce”, come è successo a molti, che poi sono usciti
cadaveri.
Comunque sono orgoglioso di essere qui e di avervi aiutato, sono orgoglioso di aver fatto parte
di una banda di partigiani, ma soprattutto di aver tentato di sconfiggere la dittatura e di
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rendere libera la mia patria, pur rischiando di essere ucciso o fatto prigioniero dai fascisti o dai
nazisti, sono orgoglioso di aver tentato di cacciare gli invasori.
Ne è passato di tempo da quando vi ho visto per l’ultima volta, vi stavo portando dei fucili, ma
poi i tedeschi mi hanno scoperto e portato in quest’inferno.
Se mai cadrà la dittatura e la guerra finiranno, sarà anche per merito nostro e degli angloamericani che ci hanno aiutato.
Spero che continuerete a combattere contro il nazifascismo e che il mio sacrificio e anche
quello dei miei genitori e dei compagni che ci hanno lasciato siano serviti a liberare l’Italia.
Addio
Gelindo
(Thomas Zucchini)
Auschwitz, 25 ottobre 1943
Cara mamma,
è fatta. La decisione è stata presa. Oggi esecuzione: sarò ucciso. Non riesco ancora a
comprendere il perché. Perché tutta questa crudeltà? Perché un uomo senza motivo può
decidere di annientarne un altro? Perché è una colpa essere ebrei?
Tutto mi sembra assolutamente insensato …
Non ho dormito tutta la notte e stamattina presto ho chiesto il permesso di scrivere a qualcuno
e quel qualcuno sei tu.
Quando ho scoperto cosa accade qui ho provato strazio, dolore, orrore indicibili. Bambini,
donne , uomini, anziani vengono uccisi senza motivo.
Alcuni animali hanno almeno un motivo per uccidere: devono sfamarsi. L'uomo non ha alcuna
giustificazione per farlo.
La candela della mia vita si sta esaurendo. Io so che Dio è dalla mia parte. La luce tiepida del
sole risplende fioca in fondo al campo.
Sono certo che ti starai chiedendo perché io, devi essere sicura di una cosa: né tu né io
abbiamo colpe.
Mi immagino che, intanto che leggerai, lacrime tiepide bagneranno il tuo dolce volto, vorrei
essere lì a consolarti, a darti un abbraccio pieno di conforto e di amore.
Avrai tempo per leggere e rileggere questa lettera, per piangere e per sorridere.
Mi ricordo quella volta in cui sono caduto, tu sei venuta da me con le mani sporche di farina,
mi hai asciugato le lacrime e hai sorriso, mi hai condotto davanti allo specchio e tutti e due
abbiamo riso a crepapelle.
Siccome il destino non mi ha concesso di mettere in pratica i miei pensieri, i principi che avrei
voluto guidassero la mia esistenza voglio che tu li ricordi e li tramandi, vivrò attraverso te.
Il sole mi dà il suo ultimo bacio sulla fronte e io, per mezzo del sole, ti do il mio ultimo bacio.
Mi mancherai.
Addio.
Il tuo caro, amato Denis
Auschwitz, 22/12/44
Cari mamma e papà,
vi scrivo perché questa notte verrò mandato insieme ai miei amici al campo di sterminio di
Treblinka e adesso sto veramente male perché so già la fine che farò e per questo volevo dirvi
addio.
Ora sono al campo di Auschwitz e insieme ai miei amici sto aspettando la notte, momento in
cui ci faranno salire sul treno diretto a Treblinka.
Adesso devo andare, continuerò a scrivervi questa notte.
Eccomi , sul campo di Auschwitz è calata la notte, il treno per Treblinka sta per arrivare.
Eccolo lì, ci guarda con aria di sfida mentre noi soffriamo perché sappiamo che andiamo al
campo di Treblinka per morire.
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Sono già salito; nel mio vagone siamo più di cento deportati e adesso, prima di chiudere la
lettera, vi voglio dire grazie di tutto, grazie per avermi dato la vita e per il modo in cui me
l'avete fatta vivere.
Non dimenticatemi. Voi sarete sempre nel mio cuore.
Vi abbraccio e vi stringo, non piangete per me.
Simone
Auschwitz, 30 settembre 1944
Cara zia,
ti scrivo da una delle baracche del campo di sterminio. Sono arrivata da poche settimane, dopo
un lungo viaggio duro e terribile, durante il quale sono morti tanti bambini … dovevi vedere,
zia, com’erano le mamme … erano disperate e piangevano … era brutto vedere i loro volti
sofferenti solcati dalle lacrime.
Zia,come stai? Io sto male, ho fame e sete … ho voglia di vedere la mia famiglia. Zio come
sta? Io lavoro notte e giorno per un pezzo di pane o una zuppa di bucce di patate bollite.
In questa baracca ci sono tante persone tristi ... ci hanno detto che tra poco dovremo fare la
doccia, spero che sia così, diverse persone, alle quali avevano detto che sarebbero andate a
fare la doccia, non sono più tornate. Le settimane che ho trascorso qui sono state brutte e
dolorose.
Nel viaggio che ho fatto in treno per raggiungere questo luogo, ero in un vagone buio e sporco
di letame, eravamo solo donne e bambini, perché gli uomini erano stati divisi da noi …
Mangiavamo una volta al giorno e quando dovevo fare i miei bisogni dovevo accovacciarmi in
un angolo in mezzo a tutte quelle sconosciute, senza alcuna intimità.
La vita qui è terribilmente difficile e faticosa.
Il capo del campo è molto severo con noi: ci sfrutta e ci maltratta … io no capisco cosa hanno
contro di noi? Per favore zia aiutami, non capisco cosa ci sia di male nell' essere ebrei.
Questa e l' ultima lettera che ti scrivo, mi raccomando saluta tutti, anche i miei amici ...
Ti voglio un mondo di bene, addio zia.
Con affetto
Valentina
Cara mamma,
un mese fa le SS mi hanno catturato, perché mi hanno scoperto mentre, insieme ad un mio
amico, stavo portando delle armi, che tenevo nascoste in una casa colonica di Brescello, ai
miei compagni partigiani che si trovano in montagna. A un certo punto ho visto una macchina
arrivare: erano i nazisti che avevano scoperto il nostro nascondiglio. Ci hanno fatti salire su
una delle loro camionette e ci hanno portati alla stazione di Carpi, da lì ci hanno caricati su
vagoni bestiame, per trasportarci al campo di concentramento di Birkenau. Arrivati a
destinazione mi hanno separato dal mio compagno e mi hanno condotto nel cortile del campo,
dove c’erano altri prigionieri che indossavano divise a strisce nere e bianche. Una SS ci ha
accompagnato in un luogo dove ci hanno rasato e tatuato un numero sul braccio, poi ci ha
ordinato in tedesco di spogliarci e di andare in una stanza in cui si faceva la doccia. Tutti
piangevano, ma io non sapevo perché. Ci hanno chiuso dentro, bloccando la porta dietro di noi,
quando l'acqua è uscita, tutti erano felici. Dopo aver fatto la doccia ci hanno dato la divisa da
prigionieri e un pezzo di pane ammuffito. Ogni giorno arrivano circa ottanta treni carichi di
prigionieri.
I detenuti dentro il campo sono magrissimi. Le baracche sono grandi e là dentro si dorme tutti
ammassati e sdraiati su assi di legno. In una baracca dormono cinquecento/seicento persone.
Ho scoperto che ogni giorno vengono uccise circa mille persone o anche di più, se occorre. Da
quando sono qui, sono stato assegnato ai lavori forzati in una miniera. Quando vivevo con te ero
robusto, ma adesso sono magro, le mie energie stanno per finire e un giorno, probabilmente, mi
uccideranno dentro questo campo. Forse questa é l’ultima lettera che ti scrivo.
Addio mamma, salutami il papà.
Singh Amarveer
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Auschwitz, 3 ottobre 1944
Cara famiglia,
sono rinchiusa in questo campo di sterminio perché sono ebrea e sono fiera di esserlo!
Vorrei raccontarvi come mi sono sentita quando sono arrivata qui e ho visto tutte quelle
persone magre e con il volto sciupato, con gli occhi pieni di paura e tristezza, che vorrebbero
scappare...e ricongiungersi alle loro famiglie. La cosa più tremenda è stato realizzare che
anch'io sarei diventata come loro, anch'io non avrei più potuto rivedere le persone amate.
Ho deciso di scrivervi perché siete la mia vita, voglio dirvi grazie per tutto quello che mi avete
insegnato, soprattutto vorrei ringraziare te, mamma, che mi hai insegnato tantissime cose: mi
hai sopportato, mi hai sgridato e guidato al meglio, consigliandomi la strada giusta e
soprattutto mi hai insegnato a dare valore a tutto ciò che mi circonda ... è grazie ai tuoi
consigli che io sono ancora qui a lottare per la libertà mia e degli altri.
Sei unica mamma ... e tu papà? Anche tu mi hai insegnato ad affrontare la vita al meglio ... a
tenere un comportamento di cui non dovermi pentire, a non essere maleducata e a rispettare
gli altri e per questo ti ringrazio.
Voglio dirvi che mi mancate ... in questo momento vorrei essere con voi!
Adesso che sono qui, mi rendo conto di tutto quello che avrei potuto fare mentre ero in vostra
compagnia.
E voi fratelli? Grazie perché siete stati vicino a me in ogni secondo della vita, anche dopo le
litigate tra noi, mi avete sempre dato dei consigli e mi avete aiutata ad andare per la strada
giusta, siete stati come dei secondi genitori. Darei la vita per la vostra felicità.
Ora voglio lottare per la liberta di tutti noi ...
Grazie a tutti per avermi aiutata nel momento del bisogno... per avermi regalato mille sorrisi,
mille abbracci, mille baci e mille parole ... vi ringrazio di cuore!
Forse questa è l’ultima lettera che vi scrivo e allora vi mando un abbraccio e un bacio e
l'augurio che un giorno ci potremo rivedere nell'aldilà.
Con tantissimo amore
Lorena
Auschwitz, 17 ottobre 1944
Cara mamma, ti scrivo per dirti addio.
Qui al campo di Auschwitz il papà è stato portato via, mi hanno detto che lo condurranno nelle
docce per lavarlo, purtroppo questa è una tremenda bugia: in realtà lui è stato accompagnato
nelle camere a gas dove verrà ucciso. Successivamente il suo corpo sarà bruciato e le sue
ceneri saranno disperse nel vento. So che prima o poi toccherà anche a me, così ti voglio
scrivere per l’ultima volta perché dopo non potrò più e non credo che sia giusto che tu passi il
resto della tua esistenza a chiederti dove siamo finiti, penso che sia giunto il momento di dirti
tutta la verità: io e papà siamo stati catturati e mandati qui perché facevamo parte di un
gruppo di partigiani, non ti abbiamo mai detto niente per non farti stare in apprensione.
I nazisti ci hanno sorpresi mentre cercavamo di portare della dinamite a nostri compagni che
avevano iniziato un atto di sabotaggio, così ci hanno caricati su un treno che ci ha portati fin
qui. Nel campo la vita è difficile: non ci portano da mangiare, ci lasciano morire e ci trattano
come animali. I nostri letti sono muretti pieni di paglia.
Scusami se non ti ho scritto prima, per raccontarti dove ci troviamo: preferivo pensarti
addolorata per non sapere quale fosse stata la sorte, piuttosto che dirti che viviamo in questo
inferno dove le persone vengono uccise anche perché hanno sostenuto i propri ideali o hanno,
come me, combattuto per liberare il proprio Paese.
Spero che tu sia orgogliosa di me, di noi.
Combatterò fino alla fine per sopravvivere, anche se temo che lo farò invano.
Mi dispiace tantissimo morire così giovane; l’unica cosa che mi consola è pensare di avere
combattuto per sconfiggere fascismo e nazismo. Cerca di vivere serenamente e porta sempre
nel tuo cuore me e il papà. Ti guarderò anche da lassù e ti proteggerò.
Ti voglio tanto bene.
Il tuo tesoro
Marco
(Michael Bianco)
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Auschwitz, 21 maggio 1944
Cara Je,
ti scrivo perché mi manchi, mi mancano i tuoi abbracci, le tue lacrime di gioia, mi manca tutto
di te. Voglio anche dirti che sono destinata alla morte entro breve, non posso farci niente,
ormai il mio destino è segnato.
Ti chiedo di non scordarti mai di me.
Vorrei sapere come stai e come stanno la mamma e il papà.
Mi mancate tutti, ho paura, ho paura della morte.
Qui, nel campo di sterminio, non vedo più molti di quelli che avevo conosciuto quando sono
entrata, sicuramente stati uccisi, diversi, tra quelli rimasti, non riescono nemmeno a parlare,
non hanno più la forza di fare niente. Ho paura: credo che prima o poi sarò anche io nelle
stesse condizioni!
Voglio dirti tutto quello che non ti ho mai detto in questi ultimi anni.
Sei la sorella che tutti vorrebbero, anche se alcune volte mi rimproveravi, lo facevi per il mio
bene. Ti voglio un mondo di bene, hai dato alla luce un bimbo bellissimo, che sorride sempre,
che quando mi vedeva mi guardava sempre e rideva.
Mi ricordo quando gli facevo le facce e lui rideva, rideva anche senza motivo.
Tutte queste emozioni mi mancano!
Mi manca passare le giornate a fare i compiti con il mio piccolo bimbo ... a divertirci come due
fratelli! Io e te eravamo come due migliori amiche e in più siamo sorelle, ci siamo sempre
confidate tutti i segreti e mi hai sempre dato degli insegnamenti che mi sarebbero serviti per
la vita futura. Mi raccomando salutami tutti: la mamma, il papà, il tuo fidanzato, la nonna e il
nonno! Chissà come sarà cresciuto Bryan ... che bell' ometto sarà diventato!
Di' alla mamma e al papà che sono i migliori e che mi mancano molto.
Ehi, non scordare i nostri momenti più belli, che ti faranno ricordare di me.
Sappi che se avessi la possibilità di scappare … lo farei, perché non voglio morire, mi sembra
presto per affrontare questa brutta realtà, non ha senso uccidere delle persone che non hanno
mai fatto niente di male, che vogliono solo crescere bene e godersi la VITA.
Perché i nazisti fanno questo?
Dimmi il perché, io non lo capisco. Non ho mai fatto niente di male.
Qui ci trattano malissimo … non ci danno quasi mai da mangiare, l’acqua fa schifo … sa di
fogna .
Lavoriamo in pessime condizioni. Qui i miei amici stanno male, alcune volte dobbiamo subire
pene corporali, ci trattano come animali ...
Siamo tutti magrissimi ... siamo pelle e ossa, io per fortuna sono ancora abbastanza sana …
voglio scappare! So che non ci riuscirò mai, ma la speranza è sempre l’ultima a morire.
Quando sappiamo che dobbiamo fare la doccia, tutti pensiamo subito che andremo a morire,
ma, finora, non è stato così, siamo ancora vivi ... però sappiamo che ci uccideranno
sicuramente prima o poi … mi manca tuttooo …
Vi voglio bene, grazie per tutto quello che avete fatto per me! Mi avete sempre educato bene e
di questo vi sarò sempre grata; siete la famiglia migliore del mondo!
Non immaginavo un destino come questo.
Vi dico addio, perché non credo che ci rivedremo mai più.
Ora devo andare a dormire, sono stanca morta, ciao sorellina mia!
Ti voglio bene. Ti prego non scordarti di me !!!
Con tantissimo affetto, Kora
Diario di viaggio di Mohamed Omarkly
1° GIORNO: Felicità.
Ero felice perché finalmente ero partito per cinque indimenticabili giorni, con i miei amici, per
la Repubblica Ceca e la Polonia. Lo ero anche perché abbiamo visitato, anche se solo per poco
tempo, una delle città più belle d’Europa, importante capitale, nel passato e nel presente,
dell’arte e della musica: Vienna. Ero contento, inoltre, per il viaggio in autobus che, benché sia
stato lungo, mi ha permesso di divertirmi e di conoscere paesaggi nuovi.
2°GIORNO: Noia e divertimento.
Noia per buona parte della giornata. Mi sono annoiato al mattino, senza comprenderne il
motivo, per il viaggio da Brno a Cracovia. Mi sono annoiato moltissimo al pomeriggio per la
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spiegazione della guida durante la visita al ghetto e al quartiere in cui vivevano gli Ebrei a
Cracovia. Però alla sera mi sono divertito tantissimo, giocando con i miei amici a bowling, a
bigliardo e guardando degli spezzoni delle partite di Champions League sul maxischermo.
3° GIORNO: Sorpresa.
Non mi sarei mai aspettato che il campo di Auschwitz 1 fosse così come l’ho visto: mi è
sembrato più un museo, in gran parte ristrutturato, che un campo di concentramento. Mi
hanno impressionato oggetti di uso quotidiano, valigie, capelli, vestiti esposti che erano
appartenuti ai prigionieri. Sono rimasto sorpreso anche per la visita alla miniera di sale: non
mi sarei mai aspettato che la miniera di sale di Wieliczka fosse così affascinante, così
profonda, così vasta, così piena di sculture, saloni e gradinate. Anche la guida è stata molto
brava nello spiegarci tutto ciò che abbiamo visto.
4°GIORNO: Fascino.
La visita al centro storico di Cracovia è stata veramente affascinante: abbiamo visitato chiese,
viali, palazzi, negozi, musei meravigliosi. Abbiamo anche potuto ammirare il celebre quadro
di Leonardo Da Vinci “La dama con l’ermellino”. Non ci siamo fatti mancare nulla: il pomeriggio
abbiamo fatto una mini crociera sul fiume Vistola, da cui abbiamo potuto ammirare la città da
un’altra prospettiva.
5°GIORNO: Tristezza e felicità.
Al ritorno verso casa mi sono sentito triste perché dovevo tornare a casa, ma ero anche
contento perché ho trascorso i migliori cinque giorni della mia vita scolastica e perché ho
conosciuto e ho fatto amicizia con nuove persone.
NON DIMENTICARE
I campi di concentramento e di sterminio di Auschwitz e Birkenau sono stati testimoni della
morte di numerosissimi prigionieri , per la maggior parte Ebrei, innocenti. Per evitare che una
tragedia così si ripeta, occorre NON DIMENTICARE.
La visita al campo di sterminio di Birkenau è stata una delle tappe più significative del nostro
viaggio.
Alla vista dell’ entrata ho provato paura.
Oggi, purtroppo, non riusciamo a capire come fosse veramente la vita in quel luogo, è difficile
immedesimarsi perfettamente in un Ebreo mandato a Birkenau come prigioniero, non è facile
comprendere che cosa si provasse durante il momento della selezione …
Qualcuno potrebbe dire: “ Si provavano terrore, paura …”, ma se certe esperienze non si sono
vissute sulla propria pelle, è quasi impossibile calarsi in esse. Io ho potuto farlo solo in parte,
ma quel poco mi ha fatto capire alcuni basilari principi che devono ispirare la vita di ogni
uomo: io sarò una cittadina del futuro e non potrò permettere che queste atrocità accadano
nuovamente … tutti siamo uguali, nessuno è superiore a nessuno.
Per la mia crescita è stato importante aver visto questo luogo dove, in passato, alcuni uomini
hanno commesso soprusi inauditi su migliaia e migliaia di altri e hanno ucciso persone
innocenti, tutte appartenenti ad un’ unica razza: la razza UMANA …
Isabel Righi
EBREI DEPORTATI
Abbiamo visitato Auschwitz e abbiamo visto i resti delle camere a gas, le casacche dei
deportati … Più tardi abbiamo visitato Birkenau, un campo di concentramento e di sterminio
dove arrivava il treno da cui scendevano uomini, donne e bambini che, da subito venivano
selezionati: alcuni venivano lasciati vivere perché era necessario sfruttare la loro forza lavoro, i
più, considerati inutili, venivano subito mandati a morte nelle camere a gas. Tutto faceva
venire i brividi.
Kora Di Cocco
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Capelli
Abbiamo visitato i campi di concentramento e di sterminio di Auschwitz e Birkenau.
La guida, molto coinvolgente, ci ha mostrato vari oggetti, resti appartenuti agli ebrei sterminati
in quel campo.
La cosa che mi ha colpito di più, però , e stata quella montagna di capelli.
Samar Saad Abdelnabi
Ghetto
Può sembrare una parola insignificante, ma non e’ così.
I ghetti erano quartieri delle città in cui i nazisti rinchiudevano, isolavano e facevano vivere di
stenti gli ebrei.
Uno dei momenti più toccanti della gita e’ stata la visita ai campi di Auschwitz e Birkenau.
E’ terribile pensare che proprio in quei luoghi, circa settanta anni fa, abbiano trovato la morte
milioni di uomini, per la maggior parte ebrei.
Chi non veniva ucciso subito nelle camere a gas, veniva costretto a lavorare e a sopravvivere
in condizioni disumane.
Vedere quella realtà mi ha impressionato molto.
Thomas Zucchini
Arbeit macht frei significa il lavoro rende liberi
Nel campo di concentramento di Auschwitz i detenuti non erano affatto liberi. Lavoravano
come schiavi quasi tutto il giorno, venivano nutriti con pochissimo pane duro e spesso
morivano di fame e malattie.
Il camino
Attraverso il camino passava il fumo dei corpi bruciati nei forni.
Per i bambini si utilizzavano forni più piccoli.
Chi non era adatto al lavoro, veniva inviato a morte nelle camere a gas.
Una montagna di capelli ad Auschwitz.
A tutti i detenuti del campo venivano rasati i capelli.
Casacca e pantaloni a strisce
I detenuti dovevano indossare una divisa di detenzione, che utilizzavano anche per i lavori
forzati.
Fabio Saponara
Riflessioni
Sterminio: milioni di Ebrei sono stati uccisi dai nazisti in modo atroce. Mi turba pensare che le
famiglie, ignare del loro destino, venissero separate senza lasciare ai componenti la possibilità
di scambiarsi un’ ultima parola d’affetto , un gesto d’amore.
Visitando il campo di Birkenau, ho potuto comprendere meglio qual è stato il destino degli
Ebrei durante la II Guerra mondiale.
Una guida molto brava ci ha invitato ad immedesimarci nella persona di un ebreo dal momento
in cui arrivava e veniva fatto scendere dal treno.
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Essendo a Birkenau, in mezzo ai resti di quello che è stato un campo di concentramento e di
sterminio, non mi è stato difficile farlo. E’ terribile vedere le baracche in cui i prigionieri, privati
di tutto, anche del nome e infine della vita, erano costretti a vivere.
Molti di loro venivano uccisi al loro arrivo al campo. Li facevano spogliare, li mandavano nelle
camere a gas, infine, dopo aver frugato nei loro corpi esanimi, per cercare qualsiasi cosa
potesse avere un valore materiale, li bruciavano.
Avveniva tutto nell’arco di breve tempo.
Se “c’è” un aggettivo per descrivere tutto questo è: terribile!
Non scorderò mai questa gita.
Michael Bianco
BRIVIDO
Un brivido. Un brivido gelido mi ha attraversato la schiena nel vedere la scritta “ Arbeit macht
frei “. Quante volte ho sentito i miei professori pronunciare quelle parole o le ho lette sui libri!
Certe persone negano che tutto questo sia accaduto, purtroppo non è così.
Un brivido di paura mista a stupore mi ha attraversato la schiena quando mi sono ritrovata
davanti a enormi stanze colme di suppellettili, di scarpette di bambini e di adulti, di capelli
ammucchiati … testimoni delle atrocità che uomini hanno compiuto su altri. Allora tutto è
vero!
Il ritrovarmi di fronte alle foto di tanti deportati, uomini e donne indistinguibili gli uni dalle
altre, con i capelli rasati e il volto sofferente e sciupato, numeri senza più nome, privati di
tutto, mi ha fatto comprendere fino a quale punto possano spingersi la stupidità e la crudeltà
umane.
Monica Villani
Auschwitz, 24 dicembre 1944
Cari mamma e papà,
oggi è la Vigilia di Natale , quanto mi sarebbe piaciuto trascorrerla con voi, con Alessio, con i
nonni! Invece sono qui ad Auschwitz. La nonna avrebbe preparato un grande pranzo , mentre
qui si litiga per un pezzo di pane vecchio. A casa ci sarebbe stata aria di festa ...invece io vi sto
scrivendo dalla mia baracca, mentre aspetto che mi vengano a prendere per condurmi nella
camera a gas, dove mi attende la morte.
Qui le condizioni sono pessime , manca l'essenziale, l'essenziale siete voi e purtroppo non vi
rivedrò più. Non sono però pentito di aver combattuto per difendere il mio Paese, per
affermare gli ideali di libertà e democrazia in cui credo, per non farmi calpestare dalle
ingiustizie, così come voi mi avete insegnato.
Vi sto scrivendo questa lettera, credo l'ultima, con le lacrime agli occhi, per ringraziarvi e per
dirvi che siete stati due genitori fantastici, che mi hanno fatto crescere nel migliore dei modi,
dandomi i giusti insegnamenti.
Per prima voglio ringraziare te, mamma, la mamma che tutti vorrebbero: mi hai sostenuto nei
momenti difficili e sgridato quando era necessario, mi hai aiutato a crescere e a maturare e ,
soprattutto, a dire sempre quello che penso.
Poi voglio dire grazie anche te , papà, perché, anche se spesso il lavoro ti teneva lontano da
casa, so che mi hai sempre avuto nei tuoi pensieri. Infine voglio salutare e ringraziare te, mio
caro fratello Alessio: tra noi si sono verificati spesso litigi e incomprensioni e forse non ti ho
dimostrato tutto il mio affetto, ma ti assicuro che ho sempre
sentito per te un amore
indescrivibile, fortissimo.
So che mi mancheranno i vostri sorrisi, i vostri abbracci , i vostri consigli.
Se penso ai bei momenti vissuti con voi, il dolore diventa insopportabile e il pensiero di non
rivedervi mi spezza il cuore.
Vi voglio tanto bene, non disperatevi, sono sicuro che presto la giustizia vincerà.
Il vostro caro per sempre
Andrea
(Andrea Galloni)
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Birkenau, 16 maggio 1944
Cari mamma e papà,
vi scrivo questa lettera, forse l’ultima, perché la mia fine è imminente e volevo salutarvi e
ringraziarvi per l’ultima volta.
Grazie per avermi sostenuto in tutti questi anni, grazie per aver rispettato i miei ideali.
Voi vi chiederete se io sia dispiaciuta di essere nata in una famiglia ebrea… beh no, non me ne
dispiaccio affatto , anche se sono qui, nel campo di concentramento di Birkenau … Sono felice
di avere dei genitori come voi, che mi hanno insegnato tutto della vita e di come superare gli
ostacoli che questa ci presenta ... Sono davvero orgogliosa di voi perché, nonostante le
difficoltà che abbiamo condiviso nell'ultimo periodo in cui abbiamo vissuto insieme, avete
sempre affrontato tutto con il sorriso stampato sul volto e forse il sorriso è l’unica arma che
abbiamo per sconfiggere i nazisti.
Voi, che avevate compreso quale sarebbe stata la sorte degli Ebrei, siete riusciti a scappare
dalla Germania, mentre io, che dovevo terminare i miei studi, sono rimasta qui e adesso
guardate dove mi trovo … Mi avevate invitato a fuggire con voi , ma io non vi ho ascoltato e
voi avevate ragione, come sempre.
Quando ci hanno fatto uscire dai ghetti pensavo che tutto fosse finito, che sarebbe tornato
tutto alla normalità. E invece no. Quelli erano solo l' anticipazione dell' orrore che avremmo
dovuto vivere poi.
Ci hanno ammassati sui vagoni bestiame dei treni. Il viaggio è durato molti giorni, non so bene
quanti, perché non si distingueva il giorno dalla notte.
Quando siamo arrivati ci siamo trovati di fronte ad un posto triste, buio. Noi donne siamo state
divise dagli uomini, le mamme sono state divise dai loro figli e chi non aveva il fisico per
lavorare e stato mandato nelle camere a gas.
Qui siamo tutti magrissimi, le persone con cui ho fatto il viaggio sono irriconoscibili. Questo
posto è l’Inferno.
Qualunque cosa succeda, ricordatevi che vi voglio un bene dell’anima e vi penso sempre.
Io sarò il vostro piccolo angelo custode.
Vi voglio bene.
La vostra Martina
(Martina Altomare)
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CLASSE 3 ^ B SCUOLA SECONDARIA I GRADO DE SANCTIS
5 Dicembre 1943
Cara Diana,
sono passati tre mesi dal giorno in cui sono arrivato a Birkenau, ma sembrano passati cento
anni. Qui un giorno è come il cielo: infinito! Avere un pezzo di pane è già tanto e pensa che a
volte lottiamo anche per quello. Quando mi avevano preso mi ero illuso che i nazisti mi
avrebbero dato un lavoro, ma già durante il viaggio in quel maledetto vagone putrido nel quale
ci avevano ammassati, capii che il mio destino sarebbe stato un altro. Tutti piangevano, erano
spaventati, si soffocava, ma tra quella pioggia di lacrime ci fu un momento in cui scorsi un
bambino che, rannicchiato tra le gambe della mamma, giocava con una piccola macchinina
rossa, ignaro della sorte che lo aspettava.
Il primo giorno ho assistito all’uccisione di una persona: camminava male e anche se
continuava a ripetere alle guardie che poteva lavorare ugualmente, loro lo considerarono
inutile … senza pietà davanti a tutti gli spararono. Per tre giorni non sono riuscito a chiudere
occhio pensando a lui. Azioni così si sono ripetute così tante volte che ormai quasi non ci faccio
più caso e questo mi sembra terribile. Il campo di sterminio tira fuori da ogni uomo il lato più
brutale; a volte mi sento più simile ad un animale che ad un uomo. Non so ancora quanto mi
rimane da vivere, purtroppo credo che non vedrò più il tuo sorriso. Ricordati, però, che il mio
amore per te non sono riusciti ad annientarlo.
Il tuo Schmuth
(MBengue Fallou)
6 febbraio 1940
Cara mamma,
ti scrivo dal campo di sterminio in cui mi hanno portata; sono qui col cuore in mano, so già
quale sarà il mio futuro, un futuro triste, forzato e crudele: la MORTE.
Morte è una parola che mi spaventa perché credo sia come un salto, un salto nel nulla, un
salto dal quale non si può tornare indietro, la conclusione di un ciclo, la fine della vita e l’inizio
dell’eternità.
Ogni minuto che trascorro qui, vedo persone che cadono a terra come pezzi di legno, spogli e
secchi, vedo la vita di persone innocenti andare in fumo, sento le urla di donne, uomini e
bambini disperati ma anche loro destinati a morire.
Scrivo ora questa lettera per cercare di distrarmi e pensare meno, ma so comunque che non
ho speranze, i tentativi di fuggire sono minimi e tutti i piani impossibili; se anche ci provassi,
mi beccherebbero e mi ucciderebbero sparandomi. Tutti i miei sogni sono infranti, spezzati,
volati in aria come bolle di sapone. Speravo di potere continuare gli studi, sposarmi, avere dei
figli, viaggiare, godere di ogni istante della vita in modo da ricordarlo per sempre.
Ora vorrei solo tornare a casa da te, vorrei poterti abbracciare e non lasciarti più andare, vorrei
incrociare ancora il tuo sguardo e intravedere in esso quel sentimento di amore che va oltre le
parole. Ora come ora vorrei sentirmi dire che tutto va bene, vorrei avere almeno la speranza di
un futuro al fianco di persone fantastiche come te, che mi hai regalato la cosa più bella che ci
possa essere: la VITA.
Il valore della vita non è paragonabile a cose materiali; è un dono, una fortuna e solo ora ne
capisco il vero significato, la sua vera importanza e la sua unicità. Posso vedere come si riesce
a sciogliere facilmente e come viene sottovalutata dalle persone fino a quando non ne sentono
davvero l’importanza e hanno paura. Si, hanno paura perché nessuno sa cosa c’è dopo,
nessuno lo immagina, io, invece credo che sia l’inizio dell’eternità, il mio corpo verrà bruciato,
ferito, sottoposto a torture, ma l’anima sarà sempre al fianco delle persone a me care, sarà
tutto ciò che mi resterà, quello che conta davvero. Credo che le persone dovrebbero andare
oltre l’aspetto fisico e i beni che si possiedono, di una persona dovremmo guardare l’anima,
come realmente è dentro di sè. Ciò che è fuori viene comunque logorato dal tempo.
Ti ringrazio infinitamente per avermi regalato la vita, la cosa più bella che un uomo possa
avere, ma ci sono persone che non la pensano così, persone che uccidono ogni giorno anime
innocenti. Chi sta al potere vede solo il potere, pensa solo al potere, usa solo la violenza. I
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nazisti sono persone ciniche, vuote, senza cuore, le quali non provano sentimenti per gli altri,
capaci solo di vedere le incongruenze, le diversità come dicono loro e di eliminare chi non è
come loro.
Ho freddo, fame, paura; piango molto e prego tanto, ma mi servirebbe una persona in grado di
farmi nascere un sorriso, che mi aiutasse nei miei ultimi giorni verso la fine. La mia strada si
accorcia ogni giorno sempre più, il mio corpo è debole, avrei tanto bisogno di essere curata, di
dormire, di mangiare e di vivere una vita da adolescente. Ma ora non ho quasi più nulla, ho
solo i ricordi di una vita passata della quale vado fiera e di persone come te che mi hanno
guidato fin dal primo giorno; grazie di avermi aiutato a crescere con dei valori e di avermi
protetta, grazie per avermi sempre amata e per avermi dimostrato sempre il tuo affetto
facendomi gioire e spronandomi ad andare avanti a testa alta nonostante i problemi e le
difficoltà. Hai lasciato un segno indelebile nel mio cuore e se anche ora sto per morire, sappi
che ti voglio un bene che va oltre la morte.
Ti voglio bene
La tua piccola Ester
(Moreni Francesca)
Auschwitz, 13 maggio 1943
Cara sorella,
ti scrivo questa lettera per salutarti ma non so neanche se sei viva o morta, non so dove sei,
non so se mi pensi o se preghi per me.
Mi manchi, in realtà mi mancate tutti: mi manca sentire il vostro profumo, mi manca la vostra
voce, la mamma che mi sgridava, la nonna che mi chiedeva di ripetere le cose tre volte, mi
manca il "miao" della mia gattina così piccola e indifesa come sono io adesso, mi manca la
sensazione del vento che mi sfiorava la pelle facendomi sentire così libera che avrei potuto
volare.
Quando mi hanno portato via mi hanno ingannato dicendomi:" Fidati" e io l'ho fatto; lo so non
avrei dovuto ma ormai sono qui in questo campo straziante dove ovunque rivolgo lo sguardo
c'è un bambino che muore, un anziano che fa la stessa fine e tanto, troppo fumo, che rende
tutto grigio, grigio come la cenere di chi muore bruciato.
Sai quanto amavo i colori?! Ebbene qua non c'è neanche un filo d'erba verde, non una
margherita, qui non c'è niente a parte morte, dolore, urla e cattiveria.
Piango lacrime grigie, solo al pensiero di non rivedervi più, mi siete sempre stati accanto anche
nei momenti più duri e io ricambierò il vostro affetto quando vi penserò sempre anche dall'altro
mondo.
Vorrei poterti dare un grosso abbraccio e urlarti come non ho mai fatto prima che ti voglio
bene e credimi quando ti dico che mi si stringe il cuore mentre ti scrivo queste parole, perché
lo desidero veramente, ma non soffrire per me; tra poco ti potrò dire tutto ciò che desidero
anche se tu non potrai sentirmi e ti stringerò fra le braccia ogni giorno anche se tu non potrai
vedermi.
Io non ho modo di vivere pienamente la vita ma tu se sei ancora padrona della tua esistenza,
non devi sprecarla, ogni secondo è prezioso. Io sono qui nella mia baracca fredda, buia e
solitaria, le mie compagne di "stanza" sono già in fila per le grandi camere a gas ma fra un po'
le raggiungerò anche io.
Non puoi neanche immaginare il dolore che ho provato, quanto ho sofferto tra lavori strazianti
o mentre aspettavo 19 ore in piedi in fila mentre facevano l'appello in attesa che chiamassero
il mio numero tedesco che mi avevano tatuato sul braccio.
Mentre ti scrivo sento un nodo alla gola: è sicuramente l'angoscia, sento che la mia ora si
avvicina, è la tristezza di andarsene da questo mondo senza aver lasciato un segno, ma
sapendo di essere ricordata solo come una delle tante donne morte qui.
Ho paura di provare altro dolore, una paura forte come non avevo mai provato prima, odio
sentire le urla degli altri prigionieri: mi mettono un senso di tristezza e rabbia che devo
respingere per tornare a lavorare ma ora non dovrò più farlo perché ho sentito i capi tedeschi
dire che non sono più idonea al lavoro, troppo magra, troppo stanca, insomma hanno finito di
usarmi !
Ecco non so più cosa dirti, la paura ha preso il sopravvento, ora scusami ma devo andare ...
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Non preoccuparti per me, il freddo, l'angoscia, la tristezza e le lacrime presto saranno avvolti
con me da una calda sensazione di pace.
Per sempre tua Sara
(Gloria Mori)
4 Gennaio 1943
Cara mamma,
come posso iniziare questa lettera? Ho tante cose da dirti … Mi manchi ... Mi manchi tanto!!
Qua la situazione si fa sempre più terribile; ogni giorno vedo andare via persone che poi non
tornano più ... è così difficile superare tutto questo per una ragazza di 14 anni come me, c’è
così tanto freddo! I nazisti ci USANO! Non abbiamo più un nome, come riconoscimento
abbiamo un numero impresso sul braccio, siamo come mucche pronte al macello. Mi mancano i
momenti nei quali aspettavi che andassi a dormire per poi rimboccarmi le coperte, quando mi
sussurravi tenere parole e io sicura che c’eri tu mi addormentavo. Mi sento sola, un agnello
innocente in mezzo a lupi affamati! Sai è così brutto stare qui ... Ogni giorno vedo gente che
muore, persone che provano a scappare, che urlano, che piangono. Qui non esiste infanzia,
non esiste adolescenza, non esiste amore; qua si diventa grandi in un battito di ciglia ...
Arrivano sempre nuovi carichi ... bambini, mamme, padri, ragazze ... Vedo bambini di appena
due anni ammazzati, a volte con uno sparo, quel maledetto sparo, quel suono, mi rimbomba
nella testa, il rumore ti entra nelle orecchie e non ti abbandona più. Come fanno a essere così
cattivi mamma? Dove hanno messo il cuore? Qui moriamo di fame, siamo assetati, sporchi, in
lacrime sì ... in lacrime perché ormai tutti lo sappiamo il nostro destino è racchiuso in una
camera a gas ... Nessuno si interessa di noi. Ora non mi resta che dirti la cosa più importante,
la notizia più brutta che ho lasciato alla fine: questa sarà l’ultima lettera, presto toccherà a me,
il mio capolinea sarà una orribile “CAMERA DELLA MORTE” come la chiamiamo noi qui ... Ho
così tanta paura che a volte non riesco a respirare ... Cosa abbiamo fatto di male? Perché ci
maltrattano? Perché ci hanno portato qua? Non so se questa lettera ti arriverà mai ... Magari
sparirà proprio come sparirà il mio corpo, ma se mai ti arriverà ricordati che ti voglio bene,
che il mio ultimo pensiero sei stata tu, che la mia ultima immagine è stato il tuo sorriso.
Oramai tutto è finito ... la mia vita è finita e l’unica cosa che mi rimane da dirti ... l’ultima
parola è ... ADDIO ...
La tua piccola, grande Sara
(Elena Bellia)
Dicembre 1944
Cari familiari,
mi mancate sempre di più, la lontananza da voi e dal vostro calore è dentro il mio corpo. Vedo
cose che mi fanno pensare che non vi rivedrò più, non rivedrò più la mia amata moglie, i miei
adorati figli, i miei amici più cari!! Sono stanco, stanco di essere trattato come una bestia,
stanco di lavorare fino allo sfinimento, stanco di vedere i miei amici, i miei compagni che in
una vita migliore mi avevano consolato e amato, andare via la mattina dalla baracca 2G con
una mano che tiene un lurido berretto a righe e quel mezzo sorriso stampato sulla faccia, che
si girano e dicono “a stasera” e che invece non vedrò più. SONO STANCO DI VIVERE QUESTA
VITA! All’improvviso sono invecchiato, ho 32 anni ma sembrano 100! I dolori in ogni parte del
corpo non mi lasciano dormire, dolori alla schiena, non riuscirò più a reggere le torture
strazianti che ci fanno patire i soldati, diventerò inabile per il lavoro, di conseguenza morto.
Cari miei amati, la mia fine si sta avvicinando, lentamente arriverà. I soldati, uomini spregevoli
e spietati che mentre fatichiamo nei freddi giorni d’inverno, patendo la fame e la sete, ci
fissano e scherzano con un giubbino di pelle calda e una minestra da cui esce il vapore e da cui
si sente il profumo incitante; uomini che ci chiamano <<stuck>> , pezzi da accumulare, da
buttare! Pezzi che servono a pulire le latrine dagli escrementi di migliaia di persone, che
servono solo a fare lavori umilianti che i tedeschi dal sangue “PURO” si rifiutano di fare. Ma a
loro che importa, ci sono migliaia di persone che, con il terrore di morire, sono disposte a
farlo! E’ arrivato il momento di andare a lavorare, avrò ancora la schiena per farlo? Avrò
ancora la forza di reggere quello strazio fino a stasera? Forse morirò molto prima e nessuno lo
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saprà … ! Spero che tutto questo finirà e che il mio popolo, il popolo “ Ebraico “ trovi
finalmente la pace! Ricordatemi come qualcuno che vi ha voluto bene e che non vi ha
dimenticati mai fino alla fine dei suoi giorni. Ci rivedremo nell’Aldilà! Questo non è un addio, mi
raccomando, è un ARRIVERCI!
Con tanto amore
Il vostro Frederick
(Ayoub Billouche)
“Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua
casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede:
sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di
dignità e
discernimento, poiché accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perder se stesso
…”(Primo Levi)
Queste amare parole di Primo Levi mi scuotono e riesco a riassumerle solo con la parola
crudeltà, una crudeltà così grande che neanche l’inferno l’accetterebbe, una crudeltà insensata,
smisurata, inimmaginabile, una crudeltà che voleva uccidere ogni caratteristica umana,
distruggere la dignità degli uomini, farli sentire delle nullità, degli stracci. Ucciderli fisicamente
non era sufficiente, li uccidevano anche psicologicamente. Non mi sarei mai immaginato che la
mente umana potesse arrivare a questo, ma mi ero solamente illuso. Nella mia ingenuità di
adolescente pensavo che certi livelli di cattiveria non potessero prendere corpo. Mi chiedo
perché? Perché lo hanno fatto? Nessuno è superiore e nessuno è inferiore a qualcuno,iamo
tutti uguali. Che senso ha distruggere l’anima di una persona? Perché bisogna umiliarla visto
che la si manda a morire? Un comportamento così non sta né in cielo né in terra, non dovrebbe
stare da nessuna parte, anzi non dovrebbe neanche essere possibile pensarla. Mi sarebbe
piaciuto vedere i creatori di questo mostro crudele al posto di quelle anime innocenti! Quel
mostro è stato sconfitto e con lui i suoi “genitori …<<Il grembo da cui è nato, però, come dice
Brecht, è ancora fecondo>> e forse un giorno potrebbe tornare, se gli uomini non terranno
viva la memoria del passato. Mi piacerebbe tornare indietro e cambiare la mente umana,
cambiarla per evitare che il mostro crudele sorga, per evitare la morte assurda di milioni di
persone, mi piacerebbe aver fatto la differenza …
Nicolas Grande Aracri
“E voi, imparate che occorre vedere
e non guardare in aria; occorre agire
e non parlare. Questo mostro stava
una volta per governare il mondo!
I popoli lo spensero, ma ora non
cantiamo vittoria troppo presto:
il grembo da cui nacque è ancora fecondo.”
Parole graffite su una parete del Muro del Museo al Deportato di Carpi da Bertold Brecht.
Concetti forti che meritano riflessioni profonde, che danno testimonianza ma soprattutto che
vogliono insegnarci cose fondamentali. Dobbiamo pensare che se l’autore scrisse questo, è per
noi, perché non commettessimo errori simili, irrimediabili. Bertold Brecht, secondo me, vuole
dirci che non c’è più tempo per gli errori. È il momento di aprire gli occhi, le orecchie e la
mente. Gli occhi per non farci ingannare, le orecchie per ascoltare chi dice “No”, no a tutto
questo e infine la mente per ricordare quante cose terribili sono successe.
Assurdità come: campi di sterminio, camere a gas, sfruttamento, infanticidio ...
Tutte queste cose sono state rese possibili da gente che non ha saputo dire la sua, non ha
saputo opporsi; una sola persona (Hitler) non avrebbe potuto fare tutto questo.
Mi chiedo cosa sia passato per la testa a coloro che hanno collaborato a far passare “l’Inferno”
a persone senza nessuna colpa, a persone che improvvisamente si trovarono divise dai parenti,
senza capelli, con pochissimo cibo e senza nome! La peggiore è che se la presero anche con i
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bambini! Vergogna!! Per quei poveri piccoli non c’erano sconti, dovevano lavorare proprio
come gli adulti. “A sette, dieci, undici anni la guerra per loro non era un gioco, non era
virtuale,era quella vera, terribile..” Una frase stupenda dice: “Le penne dovrebbero essere
l’unico strumento da lavoro che i bambini devono impugnare”. E’ proprio così: i bambini sono
anime pure, andrebbero protette, sostenute, curate … Bertold Brecht dice:“Non guardare in
aria”, io dico: “Torniamo con i piedi per terra e non stiamo sempre a sognare perché c’è gente,
ancora oggi, che non sa neanche cosa significhi”.
Marianna Benevento
20 Febbraio 1943
Cara mamma,
se stai leggendo questa lettera, significa che non potrò rincontrarti perché la morte è vicina ...
Siamo prigionieri in un terreno deserto, solo pali e filo spinato ci circondano; c'è un freddo
terribile!
Né cibo né acqua, solo spari, urla di persone e pianti infiniti ...
Tra poco sarà il mio turno: ci sono delle guardie che non esitano a spararti, se ti sentono urlare
ti ammazzano.
In questo campo non c'è neanche una persona col sorriso, c'è solo TERRORE.
La gente è carne e ossa, i volti sono pallidi, tristi e scarniti. Anche io sono così!
Ho quel numero inciso, indelebile che non se ne andrà, rimarrà per sempre sulla mia pelle!
Spero che stiate bene, non soffrite per me!
Vi abbraccio tutti!
Samuele
(Amine Naji)
"Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengono tolti la sua
casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine,letteralmente tutto quanto possiede:
sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e
discernimento, poichè accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso
…”(Primo Levi)
Togliere tutto ciò che fa essere uomini è come non esistere, togliere il nome da cui fin dalla
nascita siamo identificati è non sapere più chi siamo; un numero nero tatuato sulla pelle,
indelebile come i ricordi che non svaniranno mai, un numero che se le persone non moriranno
sarà lì con i fotogrammi dell’orrore. Le persone perdono la dignità, la voglia di vivere, la voglia
di sognare perché ormai i sogni si sono trasformati in incubi. Togliere tutto ciò che un uomo
ha, perfino la dignità, vuol dire ucciderlo dentro già prima della sua morte; illudersi non serve
a niente, anzi aumenta il dolore. Come è possibile tenere migliaia e migliaia di persone senza
cibo e senza acqua, al freddo, al buio, con addosso solo una logora casacca e un paio di
pantaloni a righe ... La disperazione sul loro volto scarnito e negli occhi infossati parlano da soli
di sofferenza, di paura, di sconcerto … esseri indistinti legati dal dolore.
Se penso alle persone che hanno creato questi campi di sterminio con l’obiettivo di eliminare
una razza per crearne una nuova, ancora oggi rabbrividisco, rimango senza parole e nella testa
risuonano le urla, le grida e i pianti infiniti e inascoltati …
Chiara Morini
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“ E voi, imparate che occorre vedere
E non guardare in aria ; occorre agire
E non parlare. Questo mostro stava
Una volta , per governare il mondo!
I popoli lo spensero,ma ora non
Cantiamo vittoria troppo presto:
il grembo da cui nacque è ancor fecondo.”
Che cosa significa vedere nel vero senso della parola? Guardare, osservare? Si guardano solo
gli aspetti più belli della vita ma purtroppo anche quelli più tragici. ”Non bisogna guardare in
aria” cioè non occorre essere persi per lasciare liberi i propri pensieri più profondi, occorre
agire e non parlare come dice il proverbio: ”più fatti e meno parole”. Bisogna essere svegli per
capire ciò che sta succedendo intorno a noi; dobbiamo riuscire a prevenire le azioni dei malvagi
come Hitler che quando arrivò al potere voleva avere per sé una razza ariana. Mi chiedo perché
cosi tanta cattiveria; il mio pensiero è che noi siamo tutti uguali, non c'è distinzione per alcun
motivo, per la razza, la lingua, la religione ...Credo che non sia per niente giusto uccidere il
proprio nemico e predicare l'odio contro di lui; quest'ultimo veniva ucciso magari senza colpa,
senza motivo. Forse Hitler si divertiva nel fare tutto ciò, eppure non c’era proprio niente per cui
ridere, solo morte, lacrime e persone spezzate dal dolore. Nei campi le famiglie si scioglievano:
donne e bambini da una parte gli uomini dall'altra. In molti casi quando il “capo supremo”
decideva che eri troppo debole ti mandava a fare la “doccia” per modo di dire, perché forse
sarebbe stato meglio rimanere sporchi che andare incontro alla morte. Tu non lo sapevi che
una volta entrato lì non saresti più uscito. Magari morivi di fame, per qualche malattia e
nessuno si accorgeva che non c'eri più, nemmeno il tuo “compagno di letto”. Compagno? Eh
sì, non solo le condizioni di vita erano pessime, nel momento del riposo non potevi usufruire
del letto da solo ma dovevi condividerlo, in un letto potevano starci cinque o sei persone tutte
schiacciate però ..., se dovevi andare in bagno avevi un tempo prestabilito per fare tutto ciò
nelle latrine; chi disubbidiva o scappava doveva pulirli e molti preferivano fare questo che era
al coperto piuttosto di andare sul tetto. Beh, ci voleva anche un bel coraggio ma stare lì
dentro significava essere sin troppo coraggiosi perché non si era liberi di andare da soli, ma
costretti, venendo presi con la forza. Sentire parlare di certe storie ti fa capire che se loro
hanno combattuto fino alla fine senza mai arrendersi, noi non dobbiamo nemmeno mai
scoraggiarci e dobbiamo cercare di essere sempre più forti. Però essi non dovevano ancora
cantare vittoria perché qualcuno poteva fare ciò che aveva fatto lui ma forse non proprio nella
stessa maniera. Infine vorrei concludere con il dire che per me la parola “olocausto” è sinonimo
di morte ingiustificata di persone uguali a me senza alcuna colpa. Basta essere diversi siamo
tutti uguali!
Ventura Erika
5 Gennaio 1944
Cara mamma e caro papa,
sono Francesco e vi mando questa lettera perché sono in un campo di concentramento; ho
paura, tanta paura, penso che tra poco mi uccideranno come hanno fatto con tutte le altre
persone che sono arrivate in questo bruttissimo luogo.
Ho paura di morire, ho freddo, ho fame, non mangio da tre giorni, questo posto fa schifo.
Sono qui da alcune settimane, mi hanno preso mentre stavo andando in paese per trovarmi
con alcuni amici; ad un certo punto si sono fermate due persone, mi hanno chiesto il nome e
senza darmi spiegazioni mi hanno detto di andare con loro … mi hanno caricato su un treno, in
un vagone insieme a tantissime altre persone: bambini, ragazzi, vecchi, adulti.
Sono arrivato in questo campo di notte, c’era tanto freddo! Ancora adesso mi chiedo cosa ci
faccio qua, perché mi hanno caricato su quel treno; io non ho fatto niente. Ieri sono uscite due
persone che erano in camera con me e non sono più tornate indietro.
Ho la sensazione che non ritorneranno più, sono morte. Sono terrorizzato, io non voglio
morire.
Ho paura, venite da me ….
Francesco Ruggiero
19 Agosto 1943
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Cari mamma e papà,
vi mando questa lettera per dirvi addio; sono ormai tanti mesi che mi trovo qui ad Auschwitz.
Sembra un paese morto, con il cielo nero a fare da copertina ad uccisioni che sono ingiuste. I
tedeschi sono cosi spietati che ammazzano e trucidano i bambini mentre lavorano o mentre si
lamentano del cibo. Mamma, che fin da piccolo mi hai insegnato il rispetto e mi hai dato
sempre degli ottimi consigli, perché tutto questo? Perché tutte queste ingiustizie? Papà, mi hai
sempre aiutato in tutto, quando non c’era niente da mangiare, ci consolavi e andavi a lavorare
per guadagnare quello che ci serviva per vivere. Perché gli uomini muoiono mentre lavorano?
Perché i bambini che hanno dei diritti muoiono solo perché inciampano in qualche buca? Tutto
questo è ingiusto. Non vale la pena fare questa vita. Al calar della notte inizieranno altre
stragi, forse in mezzo alle persone che uccideranno ci sarò anch’io! Ho paura, tanta paura, ma
mi consolo pensando che non dovrò più sentire voci di bambini scomparire nel vuoto. Almeno
andrò in Paradiso con il mio amico che mi sembra di conoscere da una vita. Muoio consapevole
che i nazisti finiranno di controllare e manipolarle persone. Vivrò i miei ultimi istanti di vita
lavorando duramente come hai fatto sempre tu papà, e lascerò questo mondo in pace. Queste
sono le mie ultime parole, ma prima di finire vorrei dare un ultimo saluto al mio fratellino,
peccato non farlo dal vivo, pensateci voi da parte mia. Scomparirò da un mondo che sembra
irriconoscibile e che spero nessun’altro debba vedere.
Un saluto, vostro figlio
Manuel Maraia
18 marzo 1943
Miei cari,
eccomi qui, sono io, Maria, la vostra Maria. Quanto tempo è passato dall’ultimo saluto! Ormai
manca poco alla mia fine e ci tenevo a scrivervi questa lettera d’addio. Non è giusto finire così,
siamo persone innocenti a cui hanno tolto tutto; non è bello stare lontano dalle persone che si
amano, dalle proprie cose, dalle proprie abitudini, da tutto ciò che si aveva di importante.
Siamo persone sofferenti, vuote, senza più niente. Ho passato momenti terribili, non sono più
la ragazza che ricordate voi, quella con tanti capelli, quella che rideva per niente, quella che
ballava ovunque si trovasse, quella che non smetteva mai di parlare. Sono una in mezzo a
tante come me, il mio volto ha perso il suo bel colore rosa, è grigio, qui tutto è grigio, sono
magra a tal punto che si vedono le ossa. Ogni giorno per guadagnarci un po’ di pane dobbiamo
lavorare duramente, ore e ore senza mai fermarci. Sento urla, pianti, grida di madri che
perdono i propri figli o persone che perdono i propri cari. Pianto di bambini, bambini innocenti,
bambini troppo piccoli per essere qui, che non capiscono ciò che sta accadendo. Hanno
quattro, cinque, sei, sette, dieci anni; è troppo presto per morire, troppo presto per tutto. Non
potranno più crescere, scherzare, giocare, diventare grandi, non potranno realizzare i loro
sogni. I bambini dovrebbero solo giocare a fare la guerra, non viverla per davvero, dovrebbero
correre all’aria aperta scaldati dal sole, non soffrire il freddo in un’umida baracca. “Gli unici
strumenti di lavoro che dovrebbero tenere in mano sono penne e matite”, e nient’altro. Siamo
senza niente, abbiamo freddo, fame, sete, paura, ma non possiamo farci nulla, dobbiamo solo
subire e accettare tutto questo. Il domani non esiste. Mi mancate, è angosciante il solo
pensiero di non vedervi più. Ma voi dovete avere fiducia e non perderla, andate avanti, siate
forti, pensate al futuro, a tutto ciò che vi aspetta, vivete questa vita anche per me. Ho avuto
paura fino ad ora e morirò con la paura. Le condizioni di vita sono sempre state durissime;
vedo corpi di persone che ho visto quando sono arrivata qui, irriconoscibili e penso che anche
io sono come loro. Vorrei solo che in futuro tutto questo finisse, vorrei che nessuno subisse
mai più tutto questo. Siamo persone, non giocattoli, non pezzi da usare e buttare. Oramai non
ha più senso dire di voler andare via, la mia fine è qui dentro. Avrei tanto voluto stare con voi,
crescere con voi, condividere con voi, ma non è più possibile. Ricordate solo che non è un
addio ma è un arrivederci, io sarò sempre e comunque fra di voi.
Vi voglio bene,
la vostra Maria
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“Si immagini ora un uomo a cui, insieme alle persone amate, vengano tolti la sua
casa, le sue abitudini, tutto infine, letteralmente, quanto possiede : sarà un uomo
vuoto ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poiché
accade facilmente a chi ha perso tutto di perdere anche se stesso …”
Queste parole di Primo Levi ci comunicano come nei campi di concentramento nazisti non solo
si annientava l’uomo fisicamente ma veniva distrutto di lui ogni caratteristica umana.
“Shoah”, parola ebrea che significa annientamento, distruzione, catastrofe. Una parola, tre
significati. Già, spesso dietro alle parole ci sono molteplici significati, fatti, volti. Dietro alla
parola Shoah ci sono vite distrutte, anime martoriate, sogni infranti, volti cancellati, umiliati
fino alla fine, fino al fuoco, fino al fumo, fino alla cenere. Nei campi di sterminio gli uomini non
sopportavano solo torture fisiche come la fame straziante, la sete insopportabile, la fatica
logorante, il freddo penetrante fino al midollo ma subivano ogni genere di tortura, nudi,
spogliati di abiti, scarpe, nome, oggetti personali, capelli, libertà, perdevano la loro identità.
Cosa resta di un uomo? Una persona ridotta così come può essere definita “uomo”? Vestita con
una divisa a strisce troppo larga per un corpo così magro, rasato sia che fosse maschio o
femmina con un numero sul braccio al posto del nome, senza più la forza di ragionare, di
ricordare, con gli occhi senza più colore, con corpo che cade, che striscia lentamente su zoccoli
di legno, che scivolano sulla neve, che scivolano verso la morte. Cosa resta? Mi sforzo a
distanza di tanti anni di capire ma non ci sono risposte. Nei campi nazisti è accaduto qualcosa
di ingiustificabile, imperdonabile, incomprensibile. Oltre sei milioni di vittime, di vite spezzate,
nomi cancellati per sempre, bruciati nei forni crematori, nomi il cui posto, in alcuni casi, è stato
preso da numeri tatuati, migliaia di numeri diversi tra loro, che sommati tutti in un forno sono
diventati un unico “sei milioni”, sei milioni di vite, sei milioni di morti. Tutto ciò è un orrore non
solo per la distruzione fisica ma anche psicologica. Quando un uomo non ha più niente, non ha
i suoi cari, non ha notizie, non ha ricordi, perché la fatica, la fame e il freddo non
permettevano di pensare come fa a vivere, a desiderare di andare avanti? Si rischia di perdere
tutti i bisogni umani e l’istinto di sopravvivenza prevale su tutto. Cosa se ne fa un uomo di un
corpo nudo, senza capelli, senza espressione sul viso, con duecento ossa sporgenti che si
possono contare, che vive di stenti su un corpo trasparente che non si regge più in piedi? Cosa
se ne fa colui che era uomo di un corpo vuoto, perché non gli è più permesso parlare
liberamente, agire liberamente, ricordare, ragionare, pensare, amare …? Dietro al numero sei
milioni, oltre ai sei milioni di morti, ci sono sei milioni di anime. È un po’ come se fossimo tutti
delle case: l’anima è l’arredamento. Pensiamo se un ladro venisse e prima di dare a fuoco
all’abitazione rubasse tutto l’arredamento: la casa diventerebbe brutta, inutile e inabitabile. I
cari invece sono le fondamenta. Se togliamo anche le fondamenta alla casa, crolla tutto. E gli
uomini, privati di tutto, come hanno fatto a resistere? Quanta forza c’è stata negli occhi di chi
ha lottato per un pezzo di pane, per degli stracci, per non perdere la bellezza che c’è in ogni
uomo anche quando questo è dietro a un filo spinato, coperto di stoffa a righe, senza capelli e
con troppe ossa: la bellezza di essere uomo. Voglio ricordare la forza di quei sei milioni perché
credo che in molti di noi sarebbero crollati dopo un quarto d’ora. Voglio ricordare tutti coloro
che hanno perso tutti, ma non se stessi, tutti coloro che in mezzo a tanto orrore hanno avuto
la forza di restare uomini seppur davanti alla morte. In quei sei milioni c’era tanta forza di
uomini perché rimanere se stessi è la cosa più difficile da portare avanti e avere la forza per sé
e anche per gli altri non è cosa da poco, ma è la vera bellezza dell’uomo. Credo piuttosto che
coloro che non possano essere definiti uomini sono quelli che hanno appoggiato, sostenuto e
portato avanti questa follia oscena. Quelli non sono uomini, seppur con capelli, stomaco pieno,
vestiti caldi, nomi. Concludendo citando una frase di Primo Levi: “ Se comprendere è
impossibile, ricordare è necessario.”
Mariarosaria Sarnacchiaro
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Auschwitz 2 Febbraio 1943
Cara Lisa, sorella mia cara,
ti scrivo piena di terrore! Questo posto è grigio, buio, ovunque c’è sangue, non si sa mai cosa
ci capiterà un momento dopo. Ogni giorno si sentono spari, gente che piange disperata, si
vedono persone che cadono per terra a causa della troppa stanchezza. Sono seduta in un
angolo della mia baracca, è notte, ho freddo, fame, non so quanto ancora rimarrò viva. Sai
cos’è la guerra? La guerra è una drammatica realtà che coinvolge anime innocenti e che non
risolve nessun problema, anzi li crea. Guerra, violenza, crudeltà sono parole con migliaia di
volti, di migliaia di corpi ormai diventati cenere. Ogni oggetto, ogni piccolo oggetto che per noi
aveva un grande significato ci è stato tolto, persino il nome … ogni nostro passo è faticoso,
ogni sparo ci provoca un male tremendo perché sappiamo che qualcuno è stato ucciso per
niente … Qui siamo tutti attenti, sempre con gli occhi ben aperti perché basta un piccolo
pretesto, un motivo banale per essere uccisi. A volte mi viene da pensare che la guerra non
finirà mai, o forse finirà ma io non ci sarò più, sarò cenere. L’unica cosa che posso sperare è
che tutto questo finisca, che tutto questo male scompaia.
Ti abbraccio forte, ricordati che ti voglio bene
Rachele
(Oumaima Ennamli)
8 settembre 1944
Caro Mirco,
sono Simone tuo fratello e ti scrivo dalla Polonia; sono in un campo di concentramento, il
peggiore di tutti, il più vasto, nemmeno puoi immaginare quanto; si chiama Birkenau. Qui si
sta malissimo, il posto è orrendo, così schifoso che nemmeno gli animali vogliono starci. Sai
qui cosa c’è …
Ci sono la morte, il sangue, il buio, il freddo, il terrore, terrore che un’altra persona della
baracca venga uccisa, terrore che tu possa essere ucciso. Qui c’è così freddo che non ti viene
la pelle d’oca perché ti muore la pelle …
Qui si soffre, si soffre la fame, si soffre la sete, qui non esiste la felicità, esistono la morte e la
paura.
Qui si uccide in tanti modi: con camera a gas, con le fucilate, impiccati. Si muore per niente!
Qua c’è un appello al mattino che dura a volte diciotto ore, le persone sfinite cadono, quando
cadono la morte è sicura, il cibo è scarso e anche se siamo in cinquecento in una baracca ci
sarà cibo per dieci persone. Sono qui solo da una settimana ma mi sembra un’eternità.
Ho paura, credo che morirò presto …
Ti abbraccio
Salomon
(Simone Gilioli)
Auschwitz, 3 settembre 1943
Caro figliolo,
ormai sono in questo campo da molto tempo, ogni giorno vedo persone morire di fame, di
sete, gente uccisa, torturata senza pietà solo perché sbaglia a fare qualcosa o anche solo
perché i soldati non hanno niente da fare. Ho visto con i miei occhi scene strazianti di famiglie
separate, di bambini strappati dalle braccia dei genitori, genitori che lottavano con tutte le loro
forze per non lasciarli andare, ma che poi si arrendevano quando la crudeltà dei soldati
superava la loro forza. Era in quel momento che venivano allontanati sapendo che non
avrebbero più rivisto i propri figli, mandati nelle camere a gas. Quando vedo queste cose penso
a te, affiorano i ricordi di noi due insieme e scoppio a piangere, perché so che quei bei
momenti non torneranno mai più e molto probabilmente neanche io tornerò più. C’è freddo, un
freddo che penetra nelle ossa, ma più il tempo passa, più ci si abitua; la fame si fa sentire,
bisogna lavorare e sopravvivere con quel poco che ci danno da mangiare e da bere; c’è gente
che mangia qualsiasi cosa trovi di commestibile, persone costrette a suicidarsi perché non
riescono più a continuare. Io invece lotto per te e per tutti quelli che aspettano il mio ritorno,
ma è difficile! Ormai sono allo stremo delle mie forze. Nella baracca c’è un’aria pesante, è
quasi difficile respirare ed è orribile sapere che sto respirando quelli che prima erano persone,
quelli che ora sono cenere e fumo grigio, fuoriuscito dal camino di una delle tante macchine da
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tortura. Ogni giorno guardo quel fumo e penso a quelle persone che, magari, avevano anche
una famiglia proprio come me. Più passa il tempo più capisco il mio destino: andrò a finire
come tutti gli altri e non sarò più una persona con nome e cognome, sarò solo un mucchietto
di polvere e cenere in mezzo a tutti gli altri. Ho combattuto giorno dopo giorno ma adesso la
mia ora sta per arrivare, so che non riuscirò mai a scappare da questa macchina assassina.
Con questa lettera volevo farti capire quanto ti voglio bene, mi mancherai. Cerca di non
soccombere al male, di lottare perché certe cose non accadano più, di impegnarti perché ogni
giorno è un regalo.
Addio, il tuo papà
Jacopo Mocerino
13 Marzo 1943
Cara figlia mia,
ti scrivo questa lettera perché non so cosa mi succederà, forse sarà l’ ultima! Sono arrivato in
questo luogo lontano dal mondo ormai da una settimana. Qui si sta spesso senza bere e
mangiare ma probabilmente questi sono i problemi minori; ogni giorno muoiono persone senza
motivo. la scritta che ci ha accolto sul cancello di Auschwitz è “Il lavoro rende liberi!”. Che
bugia! Che inganno! Tutti camminano a testa bassa, tutti sembra che non abbiano una meta,
invece purtroppo ce l’hanno la meta: la morte, le camere a gas, enormi strutture con grosse
ciminiere da cui escono le ceneri dei corpi di milioni di morti. Anche per me credo ci sarà
questo destino, magari non adesso perché riesco ancora a lavorare … ma poi? ...
Non sono qui per scriverti come si vive qui, ho deciso di scriverti per il fatto che non ti ho mai
detto o dimostrato il mio affetto! Tutte le volte che ci provavo, non so forse mi sentivo ridicolo
o c’era qualcosa che mi frenava e non te l’ho mai detto.
Adesso non ho scuse, mi dispiace essere arrivato al punto di dovertelo dire per lettera su un
semplice foglio di carta sporco che non so neppure se ti arriverà, quando invece avrei potuto
dirtelo quando stavamo lì io e te sdraiati sull’erba, quella soffice erba di campagna: eravamo
solo io, tu e la natura. Davanti a noi il mondo intero pieno di colori, di magie. Quel mondo è
stato sostituito da orrori, malvagità, violenza. Alla tua età forse non ci pensi e fai bene, dato
che sei ancora piccola, ma tra poco quando gli occhi dell’adulto si apriranno in te, allora sì che
noterai davvero quello che accade. Noterai che la collina davanti a casa piena di fiori con un
cielo immenso e blu e quel tramonto infinito, purtroppo da adulto non ci sono più, da adulto la
stessa cosa la immagini come una collina in cui potresti costruire palazzi, il cielo un infinito da
riempire di smog e il tramonto qualcosa di inutile. Quindi figliola goditi la vita di ragazzina e gli
occhi da adulto aprili, ma aprili con calma, non avere fretta e quando li aprirai, aprili bene.
Cerca di mantenere lo sguardo della bambina, la curiosità e la semplicità della tua età. Mi è
stato riservato un destino crudele, probabilmente diventerò cenere tra la cenere, ma tu
mantenendo vivo il ricordo del passato costruisci il tuo destino, costruisci il tuo futuro, tu sei
ancora in tempo, quindi fallo!
Il tuo papà
Enrico Bonini
Cari mamma e papà addio!
Sento che morirò presto e volevo salutarvi. Ho freddo, fame e tanta, tanta, paura…mi sento
sola, chiudo gli occhi per non vedere quello che succede. Vorrei essere al sicuro tra le vostre
bracca, sentire ancora la vostra voce. So che non è possibile. Ci ritroveremo in un altro luogo.
Addio
La vostra Sandra
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CLASSE 3 ^ A SCUOLA SECONDARIA I GRADO DE SANCTIS
12\05\1942
Auschwitz, Polonia
Cara mamma,
ti sto scrivendo questa lettera dal posto più brutto sulla Terra: Auschwitz. Sì, mi hanno
deportata qui, insieme a mille altre persone delle quali non so neanche i nomi, estranee al
mondo, a me e alle SS. Ti scrivo questa lettera, che forse non riceverai mai, perché credo e
spero che questi giorni
di dolore stiano per finire; preferisco morire che vivere in questo
inferno dove non so più chi sono e cosa ho fatto per soffrire così ... Mi manchi, mi mancano i
tuoi abbracci, la tua voce che ora non ricordo più, ora conosco solo quella delle tante guardie
che ci comandano e ci fanno morire. Mi mancano i tuoi baci, le tue torte squisite, le risate
davanti a un bel film. Mi manca tutto di te: il tuo amore. Tu mi capivi, ora in questo inferno
nessuno ha voglia e intenzione di chiedermi come sto, di capirmi, nessuno. In questo posto
nessuno vuole sapere come stai, nessuno sa chi sei; non sei nessuno. Durante il viaggio ti
pensavo, pensavo che un giorno tornata a casa avremmo potuto riabbracciarci di nuovo; non
accadrà, la mia fine è vicina, troppo vicina. Nella mia baracca eravamo in sessanta, ora in
venti. Sono morti troppo velocemente, troppo. Appena arrivati in questo posto mi hanno fatto
privare di tutti i gioielli, anche di quei bellissimi orecchini che tu e papà mi regalaste. Ormai
non ho più un nome, sono un numero: il 25506. Qui per fortuna ho conosciuto Meredith, una
ragazza che come me, è stata deportata nel mio stesso giorno. Con lei non ci sono parole, ci
guardiamo durante le notti e ci abbracciamo forte quando non riusciamo a trattenere le
lacrime. Io non so nulla di lei, se non il suo nome che porterò nel mio cuore insieme al ricordo
delle persone care. Non c'è passato da raccontare né un futuro da sognare, ormai quello che ci
aspettavamo dalla vita l'abbiamo davanti: la morte. Per me ogni momento passato viva, lo
considero bello, anche se so che non lo è. Odio stare qui, odio le voci delle guardie, odio
lavorare, odio dormire in un buco con altre persone, odio questo posto, LO ODIO. Voglio
tornare a casa, voglio tornare da te e dal papà. Io qui sono cambiata: ripenso a ciò che è
stato, alla nostra vita prima di questo inferno e sogno di riabbracciarti. Non posso lasciare
questa vita senza averti detto "GRAZIE", grazie per tutto l'amore che mi hai dimostrato e di
cui oggi vorrei averne un po', almeno in questo periodo. Sei l'unico pensiero che mi sostiene in
questi giorni. Ogni giorno sento tanti spari, di quelli che non finiscono più. Ogni istante sento
odore di morto, di fumo, di corpi bruciati, che orrore.
Ti prego, voglio tornare a casa, subito!
TI VOGLIO TANTO BENE
LA TUA ANNAH
LETIZIA MAZZELLA
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17 Marzo 1943
Cara mamma,
ho freddo, tremo come una foglia in autunno e temo che tra poco mi staccherò dall’albero della
vita.
In questo luogo, dove tutto è grigio e la luce del sole non penetra mai per portare speranza
neanche a coloro che nel profondo del loro piccolo ne hanno ancora, io non mi sento più una
persona, non mi sento più niente.
Appena attraversato quel cancello, rigido come le persone che dopo di esso si trovano, ho
capito che di Ester non esisteva più nulla, ma al suo posto vi era un corpo trasparente, senza
personalità, privato persino del nome e che a poco a poco perdeva la sua naturale letizia, che
solo un luogo come questo le può togliere.
Mi sento spenta, senza vita e oramai non ho più niente, non trovo più un pretesto per vivere.
Ogni notte faccio sempre il medesimo sogno: siamo io e te bellissime e liete, che corriamo in
un campo sconfinato, ci teniamo per mano e non abbiamo alcun pensiero, vogliamo solo
vivere.
Già, vivere. È l’unica cosa che desidero poiché è una delle cose che mi sono state tolte, che da
quando sono segregata tra metri e metri di filo spinato è l’unica azione che voglio compiere,
poiché trovarsi qui dentro non è vivere. Probabilmente chi ha fatto tutto questo non sa il vero
significato del termine vivere, poiché se lo avesse davvero conosciuto non avrebbe mai
compiuto tutte queste atrocità, o forse lo avrebbe fatto lo stesso visto che mi sono resa conto
che la stupidità umana non ha proprio alcun confine.
Spesso mi chiedo: “Perché? Per quale motivo? Cosa abbiamo fatto?”, sono domande ricorrenti
nella mia mente, ma ad esse non riesco e non riuscirò mai a trovare una risposta.
Qualche giorno fa, vicino al filo spinato, ho notato un fiorellino, piccolo e ingenuo, come me,
che mi ha ricordato i fiori del giardino di casa, quanto mi manca la nostra dimora, e la
primavera, la stagione dove tutto rinasce, dove il sole si fa largo tra le nuvole e scalda l’amata
terra, dove i fiori riemergono e gli animali si risvegliano. È strano vedere un fiore qui, nel posto
più atroce del mondo, e proprio vicino al filo spinato. Quell’ innocente fiore lo ritengo come un
simbolo di libertà e di fiducia, altri sentimenti di cui siamo stati privati e dei quali oramai non
ricordo nemmeno più il sapore.
Vorrei che tutto questo finisse, poiché so che tra poco abbandonerò questo posto, lo vorrei fare
sulle mie gambe, ma purtroppo me ne andrò volando, poiché sarò granelli di cenere che il
vento gelido spazzerà via; ma almeno sarò libera, visto che l’unico modo per andare via da qui
è morire.
Per ultima cosa volevo ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me. Ti chiedo di resistere
fino alla fine, cerca di raccogliere tutte le tue infinite forze e vai avanti.
Non piangere, sii coraggiosa e tenace come sempre, ed esci da questo inferno.
P.S.= ti voglio e ti vorrò sempre un bene che va oltre le parole.
La tua piccolina,
Ester
(Gaia Ferretti)
Riflessioni
La visita al campo di sterminio di Auschwitz ha provocato in me emozioni e sentimenti mai
vissuti in precedenza: odio per coloro che hanno causato quella tragedia, sconcerto,
turbamento alla vista di stanze piene di suppellettili di persone (donne, uomini, anziani,
giovani, bambini …) che in quel campo hanno perso la vita. Una in particolar modo mi è
rimasta impressa, era piena di capelli, capelli usati per produrre tappeti, abiti e coperte, perché
nulla di quei corpi andava buttato, se poteva produrre profitto. In quel momento mi sono resa
conto della verità delle parole che stavo ascoltando dal racconto della guida, della crudeltà di
quel massacro che è stato un crimine contro l’ umanità.
Libertà: ”La dignità dell’ essere umano non esiste se questi viene privato della propria libertà”.
Greta Biggi
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Riflessioni
La giornata ad Auschwitz e’ stata molto interessante, toccante.
Quando ho visto tutti quei capelli, tutte quelle scarpe … ho provato una sensazione di vuoto, di
tristezza, di timore che una vicenda così terribile possa ripetersi. Spero proprio che non possa
più accadere.
Mi hanno colpito le parole scritte sul cancello all’entrata del campo di Auschwitz ”Arbeit macht
frei: il lavoro rende liberi”. Che imperdonabile bugia!
Coloro che entravano in questo campo non sapevano che sorte li attendeva e che cosa
sarebbe loro accaduto.
Non dimenticherò mai questa esperienza perché quando sono entrata ad Auschwitz e a
Birkenau mi sono immedesimata nel dolore e nella sofferenza di quelle migliaia di persone che
in quei luoghi sono arrivate e si sono fermate, lasciando la vita e un segno per sempre.
Letizia Mazzella
Riflessioni
La visita ai campi di Auschwitz e Birkenau mi ha molto impressionato.
Quando ci arrivi ti rendi conto del fatto che lì davvero sono stati sterminate tantissime
persone, perché vedi valigie, foto, capelli, oggetti personali di molti tra quelli che sono arrivati
in quel campo di sterminio, il più grande d’ Europa.
Mi ha colpito moltissimo vedere dal vero ciò che prima avevo conosciuto solo attraverso foto,
libri, film, documentari.
Avrei voluto essere più grande per poter comprendere e immedesimarmi meglio, anche se,
devo dire, ho cercato di farlo e, in parte, ci sono riuscita.
Ancora oggi, dopo che sono trascorsi diversi giorni dall’esperienza della gita, quando guardo le
foto che ho scattato, sto male, soprattutto se realizzo di aver camminato dove lo hanno fatto
bambini, donne e uomini di ogni età, ignari del loro destino di morte.
Spero di tornare a visitare quei luoghi tra qualche anno perché mi hanno colpito molto.
La parola: impressione
Gaia Ferretti
Auschwitz, 12 settembre 1944
Cara famiglia,
vi scrivo questa lettera, forse l'ultima, perché sono qui in questo campo di concentramento a
causa della razza a cui appartengo: la razza ebraica, che Hitler, colui che ha fatto costruire tutti
questi campi, intende eliminare. Io sono qui, soffro tantissimo e sento che la mia fine si sta
avvicinando sempre più, non posso scappare, non posso fare niente per sottrarmi ad essa, a
me non va bene, però non ci posso fare niente perché, se mi ribellassi, nessuno mi seguirebbe,
dal momento che tutti hanno paura, e sarei sicuramente ucciso. Mentre voi siete lì, lontani e
magari inconsapevoli di ciò che sto vivendo, io mi trovo qui ad Auschwitz a lavorare
quotidianamente senza sosta, eccetto la notte, e ho pochissimo cibo. Ogni giorno vedo migliaia
di persone che vengono mandate alle camere a gas, mi chiedo quand'è che arriverà il mio
turno e sento che, nonostante io sia forte e necessario per i lavori del campo, avrò il loro
stesso destino. Ho scritto questa lettera per mandare i miei ultimi saluti, le mie scuse e i
ringraziamenti alle persone che mi sono state vicine e mi hanno affiancato nella mia breve vita,
poiché non potrò farlo di persona, lo farò attraverso questa lettera e ciò mi è di conforto e mi
aiuta a superare con meno dolore il pensiero della morte. Inizio con te, mamma, grazie a te
ho iniziato a vivere, tu mi hai insegnato come comportarmi con le persone con cui si vuole
stringere amicizia, mi hai aiutato a svolgere i compiti dalla prima elementare ... mi hai
affiancato nelle scelte per il mio futuro, mi hai insegnato come sfamarmi anche quando si
hanno soltanto pochi alimenti... Nonostante tutto questo, non ti ho trattato come avresti
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meritato e di questo mi pento amaramente e ti chiedo profondamente scusa, anche se avrei
dovuto farlo in precedenza e non adesso, quando tutto sembra volgere al termine. Continuo
con te, papà, sei la persona con cui ho trascorso momenti favolosi sia da piccolo che da
grande, mi hai sempre fatto compagnia quando ero da solo, senza nessun amico con cui
divertirmi e mi hai sempre accontentato nel migliore dei modi, donandomi le cose che volevo,
anche se, a volte, eri in difficoltà; mi hai insegnato come comportarmi con le persone; mi hai
trasmesso ideali molto importanti come quello di non rinunciare mai ai propri sogni, anche se è
difficile da realizzare, e quello di aiutare tutti in modo che, quando si è in difficoltà, si possa
ricevere il loro aiuto. Proseguo con te, Javier, fratello mio, che mi hai insegnato ad amare il
calcio, che è uno degli sport più diffusi al mondo, che mi hai appoggiato nei momenti più
difficili, mentendo a mamma e papà quando mi accadeva di compiere qualche marachella, che
mi hai sempre portato con te, per farmi capire come ci si doveva comportare nel mondo dei
grandi e che hai assistito ai miei esami scolastici, anche se avevi cose più importanti da fare e
mi hai caricato psicologicamente ed emotivamente, affinché li superassi nel migliore dei modi.
Concludo con te, Angel, migliore amico, che mi hai accompagnato dall’infanzia all'età adulta, al
di fuori della mia famiglia sei l'unico di cui ricordo quasi tutto, l'unico che, come papà, mi hai
fatto compagnia mentre ero solo, che si è sempre offerto nelle interrogazioni al mio posto,
quando non ero sicuro, che mi ha suggerito nelle verifiche e che ha sempre convinto i miei
genitori a lasciarmi uscire a giocare. Grazie di cuore a tutti voi. Ora però vi devo lasciare, come
vi ho detto la mia fine si sta avvicinando, credo che sia giunta.
Il vostro Lionel
Viaggio di istruzione a Cracovia e Auschwitz
Il giorno della tanto attesa gita a Cracovia ed Auschwitz è finalmente arrivato. Mi sono
svegliato alle quattro del mattino, per partire alle cinque. Quando sono salito sul pullman, ero
talmente stanco, che avrei voluto ritornare a casa. Ho, però, preso posto vicino ad un mio
amico: tra una chiacchiera e l'altra e grazie alla musica la stanchezza mi ha abbandonato.
Superato il confine, siamo giunti in Austria, dove si vedono autogrill stravaganti che
assomigliano alle casette dei Puffi, in uno di questi abbiamo consumato il nostro primo pranzo.
A metà pomeriggio, dopo essere usciti dall’autostrada, abbiamo fatto una sosta inaspettata e
imprevista a Vienna. Vienna è una bella città, ma noi, purtroppo, abbiamo potuto visitare solo
il duomo di Santo Stefano. E' stato un peccato non avere avuto più tempo a disposizione, per
poterla conoscere meglio e apprezzarla ancor di più. Il pullman è ripartito alla volta di Brno,
città della Repubblica Ceca. Quante battute hanno fatto i miei compagni a riguardo del nome di
questa località! Prima di giungere a destinazione, abbiamo visto un paesaggio suggestivo: una
chiesa su un isolotto completamente circondato dalle acque di un lago. Finalmente siamo
arrivati in hotel, il più bello tra tutti quelli in cui abbiamo pernottato. Dopo aver scaricato i
bagagli, ci sono state assegnate le camere; siamo saliti per riordinare le nostre cose e poi ci
siamo recati nella sala da pranzo per la cena. Al termine i miei compagni ed io siamo giunti
all’unanime conclusione che si mangia meglio in Italia. Il giorno successivo, dopo colazione,
siamo ripartiti per Cracovia, dove, al pomeriggio, una guida ci ha accompagnati nella visita del
quartiere e del ghetto nei quali avevano vissuto gli ebrei. In particolar modo mi ha interessato
vedere i luoghi in cui è stato girato il film" Schindler's list". Siamo giunti fino al cancello della
fabbrica appartenuta ad Oscar Schindler e abbiamo visto le foto di coloro che in essa hanno
lavorato e che, grazie al loro datore di lavoro, si sono successivamente salvati dal destino di
morte che ha accomunato molti milioni di ebrei. Mi ha colpito, in particolar modo, la foto del
vero Itzhak Stern, il contabile ebreo della fabbrica, che, per quanto ho potuto comprendere dal
film, mi è sembrato una persona di animo nobile ed altruista. In albergo, dopo cena, abbiamo
trascorso la serata in un salone in cui si poteva giocare a biliardo, a bowling e a calcio balilla...
insieme ai miei amici mi sono divertito davvero tanto, è stato bellissimo! A fine serata ci siamo
recati in camera, secondo quanto ci era stato raccomandato, avremmo dovuto essere a letto
alle undici... ma non è andata proprio così: a mezzanotte e mezza l'ultimo di noi ha fatto la
doccia... e la mattina successiva sveglia alle sette. Il due aprile è stata la giornata più
interessante ed emotivamente toccante tra quelle trascorse: abbiamo visitato i campi di
concentramento di Auschwitz e Birkenau, vorrei precisare che quest’ultimo, in cui sono i resti
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di tutte le baracche, è quello che ho sempre ritenuto essere Auschwitz. Nel primo, che è stato
trasformato in un museo, abbiamo visto i manufatti dei prigionieri, i loro oggetti personali, le
foto, un plastico che rappresentava gli spogliatoi, le camere a gas e i forni crematori e faceva
comprendere quanto disumana, crudele e terribile fosse questa"fabbrica di morte". La visione,
però, più orripilante e terribile, per me, è stata quella della stanza in cui si potevano osservare
ammassi di capelli tagliati, appartenuti ai prigionieri, capelli che venivano usati per produrre
stoffe, giacche, tappeti ... perché di quei corpi innocenti niente si buttava, da essi si cercava di
trarre il massimo profitto. A Birkenau abbiamo visto le rotaie su cui arrivavano i treni carichi di
prigionieri, abbiamo visto il punto in cui venivano fatti scendere e dove avveniva una prima
selezione, durante la quale i carcerieri decidevano chi dovesse vivere e chi, subito, morire.
Abbiamo visitato le ultime baracche rimaste integre, delle altre, che erano davvero tantissime,
abbiamo visto i resti: alti camini che mai erano stati usati nel periodo in cui i campi erano in
funzione. Abbiamo potuto vedere anche le macerie delle camere a gas e dei forni crematori
distrutti dagli stessi nazisti nel ridicolo e disperato tentativo di cancellare ogni traccia delle
atrocità che avevano commesso. Una guida molto coinvolgente e preparata ci ha accompagnati
lungo tutto il percorso e, oltre a fornirci spiegazioni, ci ha invitati e aiutati ad immedesimarci
nella vita di un deportato che giungeva in quel luogo... L'intera mattinata mi ha interessato,
coinvolto, toccato. Il pomeriggio è stato decisamente più rilassante: siamo andati a visitare le
miniere di sale di Wieliczka. Ciò che mi ha maggiormente colpito è stata la meravigliosa
cattedrale interamente scavata nel sale e decorata dagli operai che nella miniera hanno
lavorato. Il giorno successivo abbiamo completato la visita di Cracovia: abbiamo visto il centro
della città, la città vecchia, la piazza del mercato, la chiesa di Santa Maria, il duomo e, al
castello del Wawel, il famoso dipinto di Leonardo da Vinci: "Dama con l'ermellino". Verso
mezzogiorno, nella piazza del mercato, ci hanno lasciato un'ora di libertà per pranzare e per
fare compere. Nel pomeriggio abbiamo fatto una breve crociera sul fiume Vistola, grazie ad
essa abbiamo potuto osservare la città da un'altra prospettiva. Sono rimasto, però, un po'
deluso perché è durata poco. Poi abbiamo intrapreso il viaggio di ritorno e abbiamo fatto
l'ultima sosta in un albergo di una località della Repubblica Ceca. Il giorno successivo, dopo un
lungo e stancante viaggio, siamo arrivati a casa alle nove di sera. Quando siamo giunti a
Poviglio, molti dei miei compagni e delle mie compagne si sono messi a piangere, perché la
gita era terminata e perché non avrebbero voluto lasciare i ragazzi di Brescello, con cui,
nell'arco di cinque giorni, sono nate amicizie e... ma questa è un'altra storia.
Federico Mori
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