B. P. R.
Bollettino della Provincia Romana C. Ss. R..
Anno 60. Nuova serie, n. 8 – 21 settembre 2015
FESTA DI S. ALFONSO: MESSAGGIO DEL SUPERIORE GENERALE
‘Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato
per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la
vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore.’ (Luca 4,18-19)
Cari Confratelli, Sorelle, Associati ed amici dei Redentoristi,
un saluto a tutti voi in questa festa di S. Alfonso Maria de’ Liguori, nostro confratello, fratello e
fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore. In realtà, vi sto scrivendo da Scala, dove
celebrerò tale festa nella Grotta in cui Maria apparve e parlò a S. Alfonso agli albori del nostro
Istituto. Insieme alle Sorelle Redentoristine di Scala e ad altri dieci monasteri che sono qui,
ricorderemo tutti voi nella nostra celebrazione.
Mentre celebriamo, oggi, la festa di S. Alfonso, ricordiamo che siamo nel bel mezzo dell’Anno della
Vita Consacrata. Come ci invita Papa Francesco, guardiamo al passato con gratitudine, viviamo il
presente con passione, e abbracciamo il futuro con speranza.
Qui a Scala, i ricordi della nostra storia sono tutti intorno a me. Con grande gratitudine a Dio,
celebriamo il fatto che Alfonso ha risposto generosamente alla chiamata dando la sua vita alla
completa redenzione. Siamo anche grati di celebrare i 150 anni del Perpetuo Soccorso, e i 150 anni
della missione nel Suriname.
Celebrando con i confratelli e sorelle di tutto il mondo, è ovvio che continuiamo a vivere oggi la
missione con passione e generosità. Possa S. Alfonso rafforzare e dirigere questa passione nel
servizio dei poveri e degli abbandonati. Possa la nostra passione per la Buona Novella aiutarci ad
aprirci alla voce di Dio nel Sinodo sulla Missione della Famiglia, e al Giubileo Straordinario della
Misericordia.
Mentre ci prepariamo per il nostro XXV Capitolo Generale, abbracciamo il futuro con speranza. Dio
che ci ha benedetto per molti anni, e che è attualmente con noi, ci accompagnerà sicuramente nel
futuro – ovunque ci possa condurre mentre seguiamo il Redentore. Possa S. Alfonso continuare ad
ispirarci e ad insegnarci come vivere la nostra Vita Consacrata e la Missione nella pienezza. Che la
Madre del Perpetuo Soccorso ci accompagni in tutto ciò che facciamo. Che Dio benedica ciascuno e
ogni comunità in modo che possiamo essere fedeli mentre diamo la nostra vita per la redenzione
completa, ed annunciamo sempre di nuovo il Vangelo!
Vostro confratello nel Redentore,
Michael Brehl, C.Ss.R.
Superiore Generale
Pagina 2 [122]______________________________________________________________CONFERENZA
LETTERA DEL COORDINATORE
N. 21, del 19.09.2015
CONFERENZA_____________________________________________________________pagina 3 [123]
Pagina 4 [124]__________________________________________GOVERNO PROVINCIALE
Prot. 36.15
Rev.mo p.
P. FRANCO DESIDERI
Comunità di
VENEZIA
Alleluia.
Loda il Signore, anima mia:
loderò il Signore finché ho vita,
canterò inni al mio Dio finché esisto. (Sal 146, 1-2)
Carissimo padre Franco
Con gioia mi unisco alla tua lode al Signore nella ricorrenza dei 60 anni di
vita religiosa nella nostra Congregazione del Ss. Redentore. In questa occasione
certamente senti il dovere di rinnovare l’impegno che prendesti il 29 settembre
del 1955 di consacrare al Signore tutta la tua vita, facendola diventare vita
apostolica, come ci chiedono le nostre Costituzioni e Statuti; tali impegni li hai
vissuto in profondità e con perseveranza nei luoghi e nei modi che lo Spirito e i
superiori ti hanno indicato. Senza entrare nei particolari e fermandomi solo alla
tua situazione attuale, sei ancora fortemente impegnato negli impegni ordinari
della nostra comunità di Venezia, e dai il tuo qualificato contributo alla Cism
locale come segretario. Questo impegno ti da anche la possibilità di collaborare
attivamente con la Chiesa locale e di favorire la valorizzazione della vita
consacrata nel territorio. Anche nella vita della Provincia continui la tua
collaborazione con grande disponibilità ogni qualvolta ti viene chiesto un
impegno specifico.
Grazie p. Franco per la fedeltà e la perseveranza in questi 60 anni. Grazie
per il tuo esempio e la tua competenza nei momenti assembleari, o di studio o di
ritiri spirituali. Grazie per la collaborazione con la quale hai accompagnato anche
il mio servizio di superiore provinciale. Grazie per tutto quello che sei stato e che
sei, e per tutto quello che hai fatto e che fai.
Facendomi interprete dei sentimenti dei confratelli della Provincia,
volentieri mi unisco al tuo cantico di lode al Signore, chiedendogli anche di
continuare a sostenerti perché ancora a lungo tu possa continuare la vita
apostolica con noi. Invoco per questo abbondanti Benedizioni dal Signore per
intercessione della nostra Madre del Perpetuo Soccorso, di s. Alfonso e degli altri
nostri confratelli santi e beati.
Auguri vivissimi dal tuo fratello in Cristo Redentore
P. Giovanni Congiu CSsR
Superiore Provinciale
Roma, 21 settembre 2015
CRONACA___________________________________________________________________pagina 5 [125]
Padre Raffaele lascia Francavilla
Il parroco di Sant’Alfonso va in Sardegna, l’annuncio durante la messa
Paola Toro, IL CENTRO, Pescara, 30 giugno 2015
Il bello di essere missionari è
che si gira parecchio, per andare
dove serve, dove c’è bisogno. Il
brutto è che a ogni viaggio si
lasciano radici, affetti, abbracci.
Come presto farà padre Raffaele
Jaworski, parroco della chiesa di
Sant’Alfonso a Francavilla e
superiore della casa redentorista
che comprende anche la chiesa
Maria Santissima Madre di Dio.
Lascerà alla fine dell’estate,
l’incarico nella parrocchia più
popolosa della città per trasferirsi
in Sardegna, a San Sperate,
sempre con l’incarico di parroco.
Così ha deciso la provincia romana redentorista, un avvicendamento come ce ne
sono tanti. La notizia è divenuta ufficiale solo nel fine settimana, tanto che il
sacerdote, che fa parte ha annunciato il cambiamento imminente durante la messa
lasciando tutti a bocca aperta.
Amatissimo dai suoi parrocchiani, circa 8 mila, e non solo dai suoi, padre
Raffaele, parroco dal 2005, ha l’incarico attualmente più longevo di Francavilla,
fatta eccezione per don Salvatore Travaglini della chiesa degli Angeli Custodi al
Foro. Parte un amico per tanti, un fratello per altri, una guida spirituale dagli occhi
sempre sorridenti. La sua vocazione missionaria Jaworski l’ha sempre confermata:
da anni porta avanti un progetto umanitario per il Burkina Faso, dove grazie agli
aiuti dei fedeli e alla onlus Forlife ha costruito una scuola che prende proprio il
nome di Sant’Alfonso di Francavilla.
Al suo posto, da settembre, padre Vito Lombardi. Classe 1972, attualmente è
amministratore parrocchiale proprio a San Sperate, vicino Cagliari. Lombardi è
originario di Barletta, e come il religioso polacco vanta una lunga esperienza con i
giovani della pastorale vocazionale. Entrambi, nei rispettivi territori, hanno saputo
creare realtà giovanili consolidate ed affollate. Francavilla ospita attualmente oltre a
centinaia di ragazzi del catechismo anche un nutrito gruppo giovani e il gruppo
scout Francavilla 1, ed una serie di attività aggregative per gli adulti tra cui la
Caritas. Con padre Raffaele lascerà Francavilla anche padre Alfiere Ubaldi,
trasferito a Frosinone.
Pagina 6 [126]____________________________________________________________________CRONACA
Cronaca
del Campo Estivo PGVR a Bussolengo
___________________________
P. Vincenzo La Mendola CSsR
Anche per l’anno pastorale 2014-15 il nuovo segretariato della PGVR, appena costituito, ha
organizzato le attività formative per l’estate, con la proposta di un campo per i giovani della
fascia compresa tra i 15 e i 20 anni. Il campo, preparato dal segretariato e dallo studentato
redentorista, si è svolto a Bussolengo VR, nei locali dell’ex collegio, nei giorni 21-26 Luglio,
vi hanno preso parte: 61 ragazzi, 3 padri, 12 animatori, una suora, suor Valentina Collu
delle Sorelle della Misericordia di Verona e quattro cuoche da San Sperate. Il Segretario p.
Massimiliano Guardini, con la collaborazione degli altri membri del segretariato (st. Daniele
Carta, p. Ercilio Duarte Cabrera, Michela Pillittu, Chiara Petrucci) ha proposto come tema
del campo: “La ricerca del Volto”. La tematica è stata sviluppata nelle tre catechesi tenute
dai responsabili locali dei gruppi PGVR. P. Ercilio Duarte Cabrera ha affrontato l’aspetto
relazionale, la scoperta del volto dell’altro; p. Massimiliano Guardini ha elaborato una
riflessione sul volto di sé; p. Vincenzo La Mendola in conclusione ha proposto una
meditazione sulla scoperta del volto di Dio. Le catechesi introdotte da una canzone a tema,
preparata dai nostri studenti, si concludevano con un momento di deserto personale e la
condivisione in piccoli gruppi di studio e di lavoro guidati dagli animatori delle varie
realtà. Dalla parrocchia S. Giovanni Neumann di Montespaccato sono intervenuti: Laura
Bonardi, Sergio Bartolini, Francesco Iacobellis e Ivana Raguso, insieme a 15 ragazzi del
gruppo “Sempre avanti insieme” al suo quarto anno di cammino formativo. Si è unita a loro
una ragazza della parrocchia di San Gioacchino. Dalle due parrocchie redentoriste di
Francavilla al mare hanno accompagnato i 30 ragazzi partecipanti, due animatori: Simona
Gaeta e Luca Moscardelli. Dalla casa di San Sperate hanno partecipato 15 giovani,
accompagnati dagli animatori: Paolo Di Giovanni e Giacomo Cocco. Hanno collaborato per
l’organizzazione del campo e l’animazione dei gruppi i nostri studenti redentoristi ai quali è
stato affidato un compito specifico, portato avanti con competenza e grande impegno:
Massimiliano Mura ha organizzato i laboratori di creatività, Habib Badran ha guidato i
momenti di preghiera per i quali ha preparato un apposito libretto; Daniele Carta ha curato
un cineforum e l’animazione delle serate con due animatori di Montespaccato e inoltre ha
realizzato il libretto di animazione. Il gruppo dello studentato è stato prezioso per la sua
disponibilità a farsi carico degli imprevisti e degli straordinari che non mancano mai.
Il campo si è svolto con i ritmi consueti: preghiera al mattino, colazione, lavori di pulizia,
catechesi, deserto, condivisione di gruppo, pranzo, riposo, laboratori di creatività, giochi,
doccia, preghiera e presentazione dei lavori di gruppo, cena e attività ricreative.
Il primo giorno è stato dedicato all’accoglienza, alla presentazione dei vari gruppi e alla
organizzazione del campo. Il giorno seguente, in serata, è stato proiettato il film “Una Storia
Vera” di D- Lynch, a cura di Daniele Carta, Francesco Iacobellis e Ivana Raguso. Il terzo
giorno è trascorso in un clima di preghiera più intensa col pellegrinaggio pomeridiano al
CRONACA_____________________________________________________________________pagina 7 [127]
santuario della Madonna della Corona. Dopo una fraterna accoglienza da parte della
comunità presbiterale che regge il santuario, i giovani hanno vissuto una liturgia
penitenziale con esame di coscienza, guidata da Habib e subito dopo si sono accostati alle
confessioni: oltre ai tre padri presenti, hanno dato la loro disponibilità anche tre sacerdoti
del luogo per consentire a tutti di accostarsi al sacramento. Gran parte dei giovani e degli
animatori hanno vissuto la riconciliazione all’ombra di Maria. La serata si è conclusa con
una cena frugale all’aria ristoratrice della montagna e con una lunga passeggiata da Garda a
Bardolino, tra canti, festa e amicizia! Il giorno successivo è stato riservato al parco giochi di
Gardaland. Il momento tanto atteso dai ragazzi è stato preparato e ha avuto una sua finalità
pedagogica: saper gestire il proprio tempo di divertimento, condividerlo con gli altri e
socializzare. La giornata è riuscita bene e ha favorito la conoscenza reciproca e l’amicizia.
L’ultimo giorno è stato il più intenso e impegnativo. In mattinata, mentre si svolgevano le
attività, si è riunita per la prima volta la nuova Consulta PGVR, per fare il punto della
situazione e avviare una programmazione che coinvolga tutte le realtà giovanili della nostra
Provincia. Tra i presenti si è creato un clima di collaborazione che ha favorito l’emergere di
nuove proposte e di un cammino formativo comune. In serata, durante la celebrazione
eucaristica di conclusione, dopo la presentazione finale dei lavori del campo, guidata dallo
studente Massimiliano, il superiore provinciale, p. Gianni Congiu, ha conferito il ministero
dell’accolitato agli studenti Habib e Daniele, tra i canti e la commozione dei giovani presenti
che hanno ricevuto una bella testimonianza vocazionale. Alla celebrazione, animata da
diversi strumenti musicali, ha preso parte anche il sindaco di Bussolengo, signora Paola
Boscaini, che alla fine della messa, ha rivolto parole di augurio ai festeggiati e di arrivederci
ai giovani in partenza. La festa dei nostri studenti è continuata all’aperto con un ottimo
buffet, allestito dalle cuoche. Una lunga serata di giochi di gruppo, a concorso, giudicati da
apposita giuria ha stimolato il lavoro di squadra e la competizione dei ragazzi. Tutto si è
concluso con balli di gruppo, canti e con gli abbracci dell’arrivederci. Ci ha onorato della
sua presenza il provinciale che fino a tarda sera si è intrattenuto con i giovani. Domenica
mattina abbiamo salutato il gruppo di Roma e dopo pranzo quello di Francavilla. I sardi
sono rimasti altri due giorni per un po’ di riposo e divertimento all’acqua park!
Sono stati giorni intensi, di lavoro, di collaborazione e di grande pazienza. I giovani ci
hanno stupiti come sempre. Nonostante la vivacità tipica della loro età, hanno interiorizzato
i contenuti proposti, hanno stretto nuovi rapporti di amicizia e vissuto una esperienza
umana e spirituale che li ha aiutati a crescere e a prepararsi alla vita. Questi erano gli
obbiettivi del campo che ci auguriamo portino frutti nelle varie realtà locali.
P. Massimiliano, alla sua prima esperienza, con l’ascolto paziente e la valorizzazione di
tutte le forze disponibili, è riuscito a instaurare un clima sereno, favorendo la
partecipazione attiva di tutti e guidando il campo verso il raggiungimento delle sue finalità.
La comunità redentorista di Bussolengo, come sempre, ha messo a disposizione dei
giovani, mezzi e risorse, rendendo la loro permanenza più piacevole e accompagnandoci
con la preghiera.
Anche quest’anno abbiamo sperimentato che, al di là della fatica di accompagnare, il lavoro
educativo è una delle sfide più urgenti per la famiglia, per la Chiesa e per la società e che
richiede una passione e una dedizione totale. Siamo certi che ciò che è stato seminato
porterà nel tempo i suoi frutti! L’importante è seminare.
Pagina 8 [128]____________________________________________________________________CRONACA
A SAN GIOACCHINO
FESTA PER FRATELL’ANTONIO
Per fratell’Antonio Velocci e per la nostra Provincia, il 29 giugno 2015 è stato
un giorno di grande festa.
Questo lungo tratto di vita – dal 1955 ad oggi – ha richiamato intorno a fratel
Velocci non solo i ricordi e le presenze dei familiari, ma è stata un’occasione per
rivedere, anzi rivivere, i motivi dell’esistenza contenuta negli anni che si
contano per la celebrazione. Quanto si è dato: a Dio e ai fratelli. Quanto si è
ricevuto: dai fratelli e da Dio. Dove siamo stati. Dove abbiamo camminato,
gioito, sofferto, pregato. Che cosa abbiamo fatto.
Anche per la Provincia è motivo di allegrezza: la perseveranza è dono di Dio
per il bene personale e per quello dell’Unità e della Congregazione.
Dunque tutti in festa. Tutti a complimentarsi col festeggiando; tutti a dire grazie
ai nostri santi, alla Madonna e a Dio, singolarmente e insieme.
Per questo motivo, da Scifelli è venuto il fratello, p. Alfredo; da Roma l’altro
fratello, Luigi, e i nipoti Giancarlo, Enzo e Maria Pia; da Monte San Giovanni
Campano la nipote Maria; e i pronipoti Elisa, da Chieti, Cristiana, Gilberto, e
Alessandra da Roma.
Alla concelebrazione eucaristica, presieduta dal Provinciale p. Giovanni
Congiu, un bel gruppo di confratelli, compresi quelli di Monterone e di
Montespaccato (p. Marcelli).
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Pagina 10 [130]____________________________________________________________________CRONACA
Cinquantesimo di sacerdozio
di p. Alfiere Ubaldi
Il 19 marzo 2015 p. Ubaldi ha ricordato i 50 anni di vita sacerdotale.
Dopo la lettera del padre Generale e a quella del padre Provinciale,
trascriviamo il biglietto che il 2 luglio gli ha scritto il vescovo di Sulmona-Valva
e il saluto che è stato letto durante la celebrazione dell’anniversario a Scanno.
Il saluto del vescovo
Reverendissimo p. Alfiere, nella ricorrenza del tuo 50° di sacerdozio, elevo al Signore la
preghiera di lode e di ringraziamento pe il dono del sacerdozio alla sua Chiesa.
Il Signore ti ricolmi di grazie e di benedizioni perché, sull’esempio di lui, Buon Pastore, tu
possa essere segno di misericordia, di pace e di speranza.
Auguri vivissimi per il tuo 50° di sacerdozio da parte dell’intera diocesi di Sulmona-Valva e
dal vescovo Angelo.
Auguri!
Angelo Spina
Vescovo
L’augurio della Comunità parrocchiale di Scanno
Con queste semplici parole, vorrei unire alla gioia di tutti voi qui presenti, un sincero augurio
per il caro padre Alfiere da parte di tutta la comunità parrocchiale di Scanno, suo paese di
origine. Questo augurio arriva in primis dal parroco don Carmelo e da ogni membro della
comunità, nonché da ogni associazione che fa parte della parrocchia.
Cinquant’anni di sacerdozio sono un traguardo importante, che è memore prima di tutto
dell’amore per il Signore, insieme a quello per la Chiesa e per la vita consacrata.
Cinquant’anni di dedizione alle anime bisognose ed alla vita comunitaria dei padri redentoristi
di sant’Alfonso.
Il nostro piccolo paese è stato, ed è, culla di vocazioni che rinvigoriscono la vita della
Chiesa. È con onore che in occasioni come questa, con semplici righe, si può manifestare un
grande orgoglio.
Adesso, non ultimo per importanza, il nostro pensiero vuole andare ai genitori di p. Alfiere,
Maria e Francesco, che ricordiamo con affetto e che dal cielo stanno sicuramente godendo di
questo momento.
È commovente ricordare la dedizione della mamma Maria nella cura per il decoro della
chiesa di Sant’Antonio a Scanno, dove è nata questa grande vocazione, e la sua passione per le
attività legate prima al Terzordine francescano, poi al gruppo parrocchiale di Sant’Antonio e
San Francesco.
L’augurio più sincero giunga anche ai familiari di p. Alfiere, alla sorella, ai nipoti, perché
godano di questo momento di gioia che investe la loro famiglia.
Ancora l’augurio più grande e bello, caro p. Alfiere, è quello di vederti continuare per
ancora lunghi anni nel tuo amato ministero.
Con tanta stima e affetto.
PREDICAZIONI_____________________________________________________________pagina 11 [131]
LE QUARANT’ORE A MURO LUCANO
G
iovedì, 26 marzo, con Tommaso, un giovane che frequenta la nostra parrocchia
di Frosinone, sono andato a Muro Lucano per la predicazione delle “40 Ore”. È
la quinta volta che mi reco nel paese natio di san Gerardo Maiella: due volte per
la novena in onore del santo; tre volte per le Quarant’ore.
Muro Lucano è annoverato tra i 100 comuni più belli d’Italia. Si trova a 48
chilometri da Potenza, all’estremo nord della Basilicata. A 654 metri sul livello del
mare, con le case costruite ad anfiteatro ed abbarbicate alla parete scoscesa della roccia.
Le origini risalgono al X secolo.
Le Quarant’ore indicano il tempo trascorso da Gesù fra la sua morte (venerdì
pomeriggio) e la sua risurrezione (domenica mattina). La liturgia cattolica commemora
questo arco cronologico con la pubblica adorazione del Ss. Sacramento esposto
solennemente nell’ostensorio.
La predicazione è stata incentrata su temi legati alla liturgia del giorno. La
spiritualità cristiana affonda le radici nell’amore di Dio che va al di là dei nostri schemi
e delle nostre misure; un amore non legato ai nostri perfezionismi ma al nostro lasciarci
amare; e portare a tutti la speranza che c’è qualcuno che ci ama davvero. Alla
predicazione ho affiancato, come sempre, il ministero della penitenza e la visita agli
ammalati.
La figura del nostro san Gerardo mi è stata sempre presente con il suo amore
appassionato all’eucaristia, la sua dedizione agli ammalati, il suo zelo apostolico per la
conversione dei peccatori: “Gli ammalati e i poveri – diceva – sono miei amici, perché
sono gli amici di Gesù”; “O mio Dio, vi potessi convertire tanti peccatori quanti sono i
granelli dell’arena del mare e della terra, quante sono le fronde degli alberi e le stelle
del cielo, i raggi del sole e della luna, e le creature tutte della terra”.
Il soggiorno a Muro è stato ben sostenuto dalla presenza di Tommaso, molto
servizievole in parrocchia, dal parroco don Giustino, sempre così accogliente, da suor
Maura di 93 anni e dal giovane Michele.
Foto pubblicitaria di Muro Lucano
Pagina 12 [132]_______________________________________________________________IN MEMORIA
PERIRONO TRE MISSIONARI REDENTORISTI
NELLA CATASTROFE SISMICA DELLA MARSICA
DI CENTO ANNI FA, IL 13 GENNAIO 1915
_______________________
p. Ezio Marcelli, cssr
«Cent’anni fa uno dei terremoti più devastanti della storia sconvolse l’area della Marsica in
Abruzzo, preannunciato nei giorni precedenti da strani fenomeni, che non vennero compresi dalla
popolazione locale: gas infiammabili che fuoriuscivano dai terreni e le acque degli stagni e dei pozzi
divenute improvvisamente bollenti nei dintorni del piccolo comune di Trasacco. Alle 7 e 52 del
mattino del 13 gennaio avvenne la prima interminabile scossa, che raggiunse magnitudo 7 della scala
Richter e colpì Avezzano, Ortucchio, Pescina, propagandosi poi verso la valle Roveto e verso la
conca di Rieti» (Corriere della Sera, 13 gennaio 2015).
«Si era appena a pochi giorni dopo il terremoto. La maggior parte dei morti giacevano ancora
sotto le macerie. I soccorsi stentavano a mettersi in opera. Gli atterriti superstiti vivevano nelle
vicinanze delle case distrutte, in rifugi provvisori. Si era in pieno inverno, quell’anno particolarmente rigido. Nuove scosse di terremoto e burrasche di neve ci minacciavano» (Ignazio Silone,
Uscita di Sicurezza).
Il sisma delle 7.52 del 13 gennaio 1915 distrusse l’intera area della Marsica colpendo anche parte
del Lazio meridionale, causando più di 32.000 morti. In tutta l’Italia, il ricordo di quell’apocalisse è
stato reso vivo attraverso articoli di giornali, convegni, dediche, concerti, mostre, filmati, radio e
telegiornali. Corpi militari, associazioni, istituti hanno dato vita a celebrazioni e convegni con due
prospettive particolari: il ricordo, che non
deve essere fine a se stesso ma deve
condurre a una vigilanza accorta e
diligente; la memoria delle grandi figure,
specialmente di preti, che in quella
devastazione furono segno di incoraggiamento e di speranza, e celebrare lo
“spirito di coesione nazionale nelle
emergenze” espresso dai corpi militari, da
associazioni laiche e religiose, dalle
autorità civili, e dal volontariato organizzato o di singoli cittadini.
Le Poste italiane hanno emesso un
francobollo il cui logo fa riferimento
proprio a questo sentimento nazionale. Il Corpo dei finanzieri ha raccolto in un volume le azioni
che lo ha distinto in quell’anno, ma anche in seguito. Il libro si intitola “Le Fiamme Gialle nei giorni
del terremoto della Marsica”. La Zecca dello Stato – che approfitta anche per affermare di essere
l’unica in Europa a coniare senza l’uso del computer – ha emesso una medaglia d’argento di cinque
euro. A Lecce nei Marsi, il 26 settembre c. a. sarà intitolata una strada all’ostetrica Maria Pacifici
che riuscì a far nascere due gemelli dalla giovane madre schiacciata, insieme al marito, dalle macerie.
Ad Avezzano è stata aperta una mostra su don Orione. All’università di Roma Tre si è svolto un
seminario su “Don Orione e Silone a 100 anni dal terremoto”. Il Comitato organizzativo del
comune di Magliano de’ Marsi ha redatto un volume, firmato da Americo Tancredi ed Eleonora Di
IN MEMORIA________________________________________________________________pagina 13 [133]
Cristofano, intitolato “Magliano de’ Marsi. 13 gennaio 1915. Storia di un sisma tra vita
quotidiana, arte e solidarietà”. In esso, oltre a fotografie di edifici distrutti, a documenti particolari
riferiti all’evento catastrofico, sono riportati tutti i nomi dei 561 maglianesi morti sotto le macerie e
quelli dei 60, morti nei giorni successivi per le conseguenze del sisma. Inoltre da Luciano Dionisi è
stato preparato un logo che rappresenta la chiesa di Santa Lucia distrutta e ridotta a un cumulo di
macerie (foto in basso, a sinistra). In questo tempio, riedificato con grande impegno da parte degli
abitanti (foto a destra), molte voci di missionari redentoristi hanno annunciato il Vangelo.
A CERCHIO E A ORTUCCHIO, in quell’infausto giorno, tre missionari redentoristi stavano
predicando una missione. Erano Alessio D’Arpino, nato a Castelliri il 28 maggio 1884, morto a
Ortucchio; Emilio Annessi, del 1884, e Antonio Mirabella, del 1875, morti a Cerchio.
Vere dignum et iustum est andare a visitare quei luoghi e venerare le memorie dei tre confratelli
che persero la vita annunciando la parola di Dio; e, in loro, onorare il ricordo di quanti
nell’adempimento del loro ministero hanno sacrificato l’esistenza, sofferto rifiuti e rinunce. Perciò,
invogliato anche dal p. Provinciale, il due settembre mi sono recato a Ortucchio e a Cerchio.
Nella parrocchia Santa Maria Capodacqua di Ortucchio, ho
incontrato p. Riziero Cerchi, che vanta una certa vicinanza con i
redentoristi per il fatto di essere un oblato del Cuore Eucaristico,
istituto di diritto diocesano fondato nel 1995 da un figlio di
sant’Alfonso della Provincia di Napoli; e la medaglia che porta al collo
è la stessa dell’arciconfraternita di San Gioacchino. Ma è poco
informato sui redentoristi morti nella zona a causa di quel terremoto
spaventoso: ne ha solo sentito parlare, ma non è in grado di fornire
notizie. Sappiamo però con assoluta certezza, per via di altre
testimonianze, che a Ortucchio ci lasciò la vita p. Alessio D’Arpino,
del quale, a Scifelli, ho trovato una fotografia (riportata a lato). Qui ho
pure saputo che era parente stretto della madre di p. Angelo Gabriele.
Mi è andata meglio, anzi benissimo nella parrocchia dei Santi Giovanni e Paolo a Cerchio.
Dove è responsabile della comunità parrocchiale un prete di colore, don Emmanuel Essiet. Il
quale, oltre a darmi varie informazioni, mi accompagna in sacrestia per mostrarmi il luogo dove
sono conservati i resti di due confratelli e la lapide che ne tramanda la memoria.
In questa chiesa perirono circa 120 donne mentre stavano partecipando ad una messa a loro
riservata dai Padri Redentoristi Antonio Mirabella e Paolo Annessa. Anche questi ultimi, mentre
stavano officiando la santa messa, furono schiacciati dall’improvvisa e repentina caduta della mura
del sacro edificio. Uno dei sopravvissuti a quella ecatombe fu l’arciprete di Cerchio don Salvatore
Relleva (1884-1962). Questi rimase illeso in quanto non stava officiando la messa ed in quel preci-
Pagina 14 [134]_____________________________________________________________IN MEMORIA
so momento si trovava a passare attraverso la porta della sacrestia: questo fu la salvezza,
l’architrave della porta resse e di conseguenza lui rimase perfettamente illeso.
I resti mortali dei missionari furono tumulati, in un secondo tempo, nella sacrestia della nuova
chiesa parrocchiale nuovamente intitolata ai santi Giovanni e Paolo martiri, inaugurata al cospetto
delle autorità civili, militari e religiose e dell’intera popolazione festante, il 27 settembre 1930. Qui
fu posta la seguente ed ancora esistente epigrafe: “
La chiesa dei Santi Giovanni e Paolo: come fu ridotta dal terremoto e come è stata ricostruita
IN MEMORIA______________________________________________________________pagina 15 [135]
Il ricordo dei nostri missionari è stato sempre vivo e riconoscente nel popolo marsicano. Già
nell’anno seguente, 1916, quando il loro sacrificio ancora li commuoveva, si preoccuparono di
stamparne, diffonderne e perpetuarne il ricordo
“Le foto a mezzo busto dei sunnominati padri furono pubblicate, insieme agli altri religiosi
defunti in quella occasione, a pagina 19 del numero unico, scritto a più mani, in occasione del I
anniversario: “MARSICA/NEL PRIMO ANNIVERSARIO/DEL TERREMOTO DEL 13 GENNAIO
19015/NUMERO UNICO”, Tipografia dei Monasteri di Subiaco, s.d.(ma 1916)”.
Per loro, insieme ad un altro padre redentorista, fu stampato un ricordino funebre dove sono
state riprodotte le proprie immagini e la seguente scritta:
A PX O
Beati servi illi quos
cum venerit Dominus
invenerit vigilantes (Luc. XII, 37).
IN MEMORIA / DEI MISSION ARI REDEN TORISTI
P. Antonio Mirabelli. P. Emilio Annessi,
P. Alessio d’Arpino
DAI SOLCH I DI ORTUCCH IO
E DI CERCH IO N E’ MARSI
OVE SPARGEVAN O IL SEME
DELLA DIVIN A PAROLA
CH IAMATI ALLA MERCEDE DI CRISTO
CH E LI TROVO ’ CON LA VIGILE LAMPADA
N EL TERREMOTO DEL XIII GEN N AIO MCMXV
TIP. PISTOLESI, ROMA.
A conclusione dell’incontro, don Emmanuel, con molta cordialità, mi ha invitato a tornare la
domenica seguente per celebrare la messa in onore della Madonna delle Grazie, molto sentita a
Cerchio, insistendo sulla convenienza che un redentorista, a 100 anni dal terremoto, celebrasse nello
stesso luogo dove i suoi confratelli lasciarono la vita mentre annunciavano la parola di Gesù.
E così, accompagnato da Raffaella Di Girolamo – nipote addetta ai miei trasferimenti personali
in terra d’Abruzzo, gratuiti – sono tornato a Cerchio per ricordare e onorare i confratelli, e per
celebrare la nostra Madre celeste.
Le macerie dell’interno della chiesa di Cerchio
La Madonna delle Grazie ricamata sopra una stola
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P. GIOVANNI VICIDOMINI
Prot. P072 / 2015
Ciorani, 04 luglio 2015
Carissimi,
alle prime luci dell’alba di ieri, 3 luglio, festa di san
Tommaso, P. Giovanni Vicidomini (Angri 1943 – Pagani 2015)
ha rimesso lo Spirito nelle mani del Padre, unendo il suo
sacrificio a quello di Cristo sul Calvario.
Gli ultimi tre anni sono stati per il nostro confratello una
graduale ascensione verso il dolore: dopo un intervento alla
vescica nel 2012, sono sopraggiunti via via problemi all’apparato
renale e urinario, che negli ultimi mesi si erano evoluti in
metastasi, e che solo in parte la dialisi alleviava. Dopo un ultimo
ricovero al reparto di Nefrologia dell’ospedale di Nocera
Inferiore, avvenuto sabato 27 giugno, festa della Madonna del
Perpetuo Soccorso, il confratello ha chiesto di poter spendere le
ultime ore di vita nella nostra casa di Pagani, reparto infermeria.
Sabato 4 luglio una folla numerosa ha riempito in ogni ordine di posto la Basilica di
sant'Alfonso. Ha presieduto la liturgia S. Ecc.za Mons. Gioacchino Illiano, vescovo emerito di
Nocera – Sarno. Molti erano i confratelli, oltre a sacerdoti diocesani e religiose.
Nell’omelia ho voluto ricordare p. Giovanni alla luce dell’icona di Gesù Via Verità e Vita
(Gv 14,1-6). Sono, queste ultime, tre parole esplosive, che non trovano corrispondente nella
storia delle religioni, perché postulano un rapporto vitale col Cristo, un riferimento costante
alla sua Parola, un ripartire quotidianamente da lui.
Mi piace sottolineare che P. Giovanni ha fatto della sua vita una sequela di Cristo.
Sembra poco, ma a me dice tanto. Mi induce a cogliere alcuni riverberi che il mistero di Gesù
ha prodotto nella sua vita, che vorrei condividere con voi, certo che chi l’ha conosciuto ne
aggiungerebbe altri.
Il primo riverbero che mi viene a mente è il suo esempio di uomo mite. Quel che
colpiva della sua persona era la gentilezza, che affiorava con la stessa spontaneità con cui lui
donava un sorriso. A Pagani ha avuto modo di esercitare la qualità mai sufficientemente
apprezzata della accoglienza, a favore soprattutto di confratelli in visita ai nostri luoghi storici,
e del semplice popolo di Dio. Abbiamo ritrovato nella sua personalità quanto Isaia disse
guardando al Cristo: “Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce. Non
spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta” (Mt 12,19-20). Almeno io
non ricordo di averlo mai sentito gridare, o pretendere di far valere le sue ragioni a furia di
sbattere i pugni sul tavolo. Nell’affiorare di tensioni a livello di comunità, ha imboccato la
strada della sofferenza silenziosa piuttosto che quella della reazione adirata. Questa mitezza
gli ha fatto compagnia nell’ultimo doloroso tratto di vita, a partire dalla metà di febbraio u.s.. I
laici, e in particolar modo i parenti, si meravigliavano di come egli soffrisse senza lamentarsi.
Erano edificati dalla mite sottomissione con cui ha accettato la volontà di Dio, anche quando
questa si è presentata alla sua coscienza come ombra di morte.
Il secondo tratto che mi piace ricordare di questo confratello è stato il suo amore
sincero alla vocazione Redentorista. P. Giovanni ci dice che amare la nostra famiglia religiosa è
decisivo quanto amare quella naturale. Egli era un Redentorista contento, e felice di esserlo.
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Lo è stato in varie mansioni, dove i Superiori lo hanno inviato: prima a Tropea (19681969), poi Lettere (1969-1970), poi Sant’Angelo a Cupolo (1970-1978), nel campo della
formazione e dell’insegnamento ai nostri aspiranti. Poi a Cava dei Tirreni (1978 – 1981):
ricordava con piacere e nostalgia questa pur breve esperienza a tempo pieno in ambito
parrocchiale, precario quanto avventuroso. Dopo un triennio a Napoli come Vicario
Provinciale (1981-1984), ha trascorso praticamente gli ultimi trent’anni (1984-2015) a
Pagani, con un’intensa esperienza di insegnamento prima, e poi dal 1990 come Archivista
Provinciale, per assumere poi l’incarico di Superiore nel 2008. Ma questi segmenti di strada
non devono far perdere lo spirito costante con cui p. Giovanni l’ha percorsa: egli ha amato in
modo singolare il suo fondatore sant'Alfonso, ha fatto molto per diffonderne la conoscenza e
divulgarne il messaggio spirituale, ha organizzato convegni e promosso e curato studi. Sono
certo che il nostro caro fondatore, appena lo vedrà in paradiso, gli darà un caloroso e grato
benvenuto.
Un terzo tratto che vorrei ricordare di p. Giovanni è quello di un’esistenza feconda.
Entrato giovanissimo – ad appena 11 anni – nella nostra Scuola Missionaria di Lettere,
professo nel 1960 e ordinato presbitero il 16 marzo 1968, ha avuto modo di affinare i suoi
talenti e di metterli al servizio della redenzione abbondante. Ha imitato il suo fondatore
nell’uso prezioso del tempo: con una doppia laurea in Lingue e Civiltà straniere e in Materie
Letterarie, ha messo a disposizione dei semplici la sua cultura, senza assumere atteggiamenti
di superiorità. Aveva sempre qualcosa da fare: e se riusciva a delegare agli altri qualcosa,
spendeva le sue ore migliori, spesso ininterrotte, nel suo amato Archivio. Un modo per
spulciare nei meandri della storia, fatta di grandi gesta e di piccole meschinità, che proprio per
via di questa conviventia oppositorum continua ad essere maestra di vita.
La Madonna del Perpetuo Soccorso, di cui solo da qualche giorno abbiamo iniziato
l’anno giubilare, il nostro caro sant'Alfonso e tutti i nostri santi e beati accompagnino p.
Giovanni quanto prima all’abbraccio eterno del Padre di ogni misericordia. E intercedano per
la nostra Congregazione, perché non le manchino sante e numerose vocazioni.
p. Serafino Fiore cssr
Sup. Prov.
Pagina 18 [138]_______________________________________________________LE NOSTRE LETTURE
P. SALVATORE BRUGNANO, redentorista (a cura di), Scritti spirituali del Ven. P. Vito
Michele di Netta redentorista. Missionari Redentoristi, Tropea (VV), 2014, pp. 39.
p. Vincenzo La Mendola – Con l’efficace titolo di Scritti spirituali p. Salvatore Brugnano,
infaticabile studioso della tradizione agiografica redentorista, pubblica due manoscritti inediti del
venerabile p. Vito Michele di Netta (1787-1849), conservati presso la Postulazione Generale
redentorista a Roma. I due testi, intitolati rispettivamente Cose di Coscienza e Itinerario, vengono
per la prima volta dati alle stampe e sono parte integrante di un progetto più ampio di rilettura e di
riscoperta della vita e della spiritualità del redentorista, considerato un indiscusso protagonista della
predicazione popolare calabrese nella prima metà dell’Ottocento.
Gli Scritti spirituali del venerabile Di Netta sono una finestra aperta sulla sua interiorità, offrono
la possibilità di accostare direttamente il suo metodo di vita spirituale per raggiungere la santità,
scopo che si era prefissato sin dalle sue prime esperienze nella Congregazione del Santissimo
Redentore. L’edizione, agile e popolare, consente di mettere a disposizione di un più vasto numero
di lettori pagine di spiritualità che, lette alla luce del contesto storico nel quale sono state scritte,
presentano ancora oggi, nei contenuti, una evidente attualità.
Il vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, monsignor Luigi Renzo, sinceramente ammirato per il
lavoro del curatore, per il quale ha parole di vero apprezzamento, presenta il volumetto augurando
“a questi scritti spirituali buona diffusione a edificazione del popolo di Dio”. La Raccolta offre
scritti di vario genere e lunghezza, appunti spirituali intimi di un uomo che quotidianamente vive un
anelito perenne alla perfezione evangelica.
Le varie sezioni sono precedute puntualmente da una pagina di Ambientazione nella quale,
brevemente e opportunamente, p. Brugnano ricostruisce il contesto e mette in rilievo le tappe
essenziali della prima formazione del p. Di Netta, permeata da un forte desiderio di osservare la
Regola della Congregazione del Santissimo Redentore e di imitare la vita del mio Beato Padre
Alfonso (p. 27).
Apre la Raccolta il testo autografo Sentimenti dati dal Nostro Padre Alfonso Liguori ai nostri
Chierici, (p. 5) nel quale traspare la capacità di sintesi del chierico Di Netta e la sua acutezza nel
saper cogliere il nocciolo degli insegnamenti impartiti dal fondatore ai giovani in formazione,
compendiati nelle sue lettere e circolari, testi sui quali più volte sarebbe ritornato negli anni intensi
della formazione iniziale.
Due sono i fondamenti della proposta formativa alfonsiana ai giovani che si preparano al
sacerdozio, assunti da Vito Michele: l’umiltà e l’obbedienza, virtù che gli avrebbero assicurato la
perseveranza e la vittoria sul demonio, obbiettivi più volte riformulati nel suo itinerario di vita
interiore. Affiora dal breve testo, diviso in cinque punti, l’importanza che il giovane chierico di
Vallata (AV) attribuiva al proprio direttore spirituale, ai lettori (professori), ai superiori e ai suoi
formatori, indice della serietà del cammino intrapreso, oltre che della efficienza della struttura
formativa della Congregazione agli inizi dell’Ottocento, in una fase di riorganizzazione.
Seguono la Formula dell’Oblazione in forma dialogica, (p. 6) nella quale si riporta la modalità
di richiesta di ammissione alla professione, la Formula della Professione (p. 7) e una Preghiera a
Maria Santissima sulla vocazione. Anche se si presentano con le caratteristiche dei testi liturgici è
possibile rintracciare tracce sostanziose della spiritualità dei Redentoristi tesa a imitare la vita
sacrosanta del vostro Divino Figliolo e mio Salvatore Gesù Cristo e col procurare la salute delle
anime, specialmente le più abbandonate della campagna, linee direttrici sulle quali si svilupperà
l’impianto spirituale del p. Di Netta, come si può constatare dalla lettura della Raccolta che stiamo
presentando.
Interessanti sono inoltre i ventisette Ricordi di San Filippo Neri ai suoi figli spirituali,
fedelmente appuntati dal chierico Di Netta, e in circolazione negli ambienti redentoristi come
promemoria classico della vita spirituale, ristampato in differenti versioni dal Cinquecento in poi.
Anche in questa opzione Di Netta è figlio del suo tempo, appoggiandosi ad una scuola di spiritualità
LE NOSTRE LETTURE_____________________________________________________pagina 19 [139]
sicura si pone nel solco della tradizione alfonsiana, impregnata di riferimenti a san Filippo Neri.
Emerge, come una costante, l’orientamento cristologico della spiritualità del venerabile, aspetto
continuamente ribadito anche nella Settimana santificata (pp. 12 -17).
Lo schema settimanale di impegni di vita spirituale è diviso in sette percorsi, corrispondenti ai
giorni della settimana, a sua volta sottodivisi in sei punti che sostanzialmente seguono una traccia
uniforme: I (offerta della giornata per un fine preciso), II (argomento da meditare), III (esercizi
pratici di preghiera), IV (Atti di fede, umiltà, silenzio ecc..), V (esercizio penitenziale), VI
(giaculatoria da ripetere frequentemente). Il concetto del “tempo santificato” si può ricondurre nelle
sue intuizioni iniziali al beato Gennaro Maria Sarnelli e si ritrova, in forma diversa, negli scritti
spirituali del p. Emanuele Ribera (1811-1874).
I Redentoristi, per la loro meditazione comune e per gli esercizi di pietà, seguivano un
programma di un anno durante il quale venivano meditate le 12 virtù di Cristo, sotto la protezione
degli apostoli. P. Di Netta è in consonanza piena con questa tradizione di vita spirituale che in modo
originale personalizza e adatta al suo cammino. Santificare il tempo impiegandolo in una serie di
esercizi e pratiche denota l’impegno e l’importanza attribuita alla propria santificazione.
Il cammino comunitario così veniva affiancato da un itinerario personale che richiedeva al
redentorista un’applicazione e una fedeltà ai continui propositi, fatti sotto la guida di un direttore
spirituale. Dallo schema è facile individuare il clima di fervore delle comunità nelle quali il
venerabile ha soggiornato e le devozioni che in esse circolavano, prima fra tutte quella verso S.
Alfonso, di cui era in fase finale il processo di canonizzazione, verso san Michele, san Giuseppe e
altri santi cari alla tradizione alfonsiana.
Una delle preoccupazioni continue del p. di Netta era quella della Perseveranza, domandata
con frequenza alla Madonna, i cui riferimenti abbondano nei suoi scritti. L’impegno di conversione
che traspare dalle sue pagine autografe si può rintracciare, in modo più evidente, nel testo
Risoluzioni e propositi, nel quale vengono messi in luce la sua determinazione nel piangere i
peccati, estirpare dal cuore le passioni, evitare i difetti, (II) stimare il prossimo come se stesso e
non concedere tregua al proprio corpo (VI). Le Massime sono citazioni tratte dalla Scrittura e dalla
Patristica che servivano ad argomentare e rafforzare i propositi fatti e, all’occorrenza, si
trasformavano in giaculatorie da ripetere, per facilitare l’interiorizzazione dei concetti sui quali si
voleva focalizzare la propria attenzione.
Nelle Cose di Coscienza, in undici punti, emerge l’importanza che il Di Netta attribuiva alla
liturgia: la Messa e l’Ufficio sono i momenti più forti del suo programma di preghiera e i cardini del
suo edificio ascetica. Vi si preparava con attenzione e li viveva con un fervore straordinario. Al
punto IX affiora “l’ecclesialità” dell’autore e il suo senso di appartenenza alla società: la preghiera
per la Chiesa, per i governanti e per i popoli a cui ho predicato la divina Parola, ci danno una idea
della responsabilità che il missionario redentorista sentiva verso il mondo nel quale viveva e verso
le persone alle quali aveva dato fede facendosi mediatore e intercessore presso Dio. Un posto
eminente in questa comunione spirituale col mondo era riservato alle Anime del Purgatorio per le
quali tante volte vorrei soffrire il martirio quante volte bisognerebbe per liberarle tutte (p. 19).
Le Massime di prudenza e le Massime di prudenza per un superiore ci svelano più da vicino
l’umanità del p. di Netta, la sua delicatezza nei rapporti con i confratelli e con i laici. Ne viene fuori
una disciplina equilibrata e sapienziale che dimostra la capacità di leggere la realtà a sé circostante e
la concretezza del suo modo di vivere. La carica di superiore, esercitata per tanti anni, gli ha
permesso di toccare con mano la complessità delle dinamiche di vita comunitaria contribuendo
notevolmente ad affinare la sua umanità e il suo senso critico, tutto compendiato nel motto fortiter
et suaviter, esplicitato in carità sempre, forte e dolce (p. 25). L’apice di questo cammino di ricerca
costante di una misura è splendidamente sintetizzata nel punto 30: sia l’austerità unita con la
cortesia, la dolcezza con la fermezza, sobrio nelle parole, ma sempre in fatiche; scusa edifica ma
cerca di persuadere. Parole queste ultime che ci permettono di cogliere la tensione continua alla
moderazione, sia nella vita spirituale quanto nella vita di relazioni, che ha contraddistinto p. Vito
Michele di Netta, discepolo attento di s. Alfonso.
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I Rimproveri a se stesso (p. 27) sono una sorta di auto-esortazione ai temi evangelici del distacco
(da se stesso, dalle cose e dagli affetti) e alla povertà di spirito. Gli Altri due propositi (1816-1817)
sono indicativi dell’attaccamento del venerabile alla spiritualità ignaziana. Di questa il Di Netta
interiorizza alcuni temi che ricorrono nei suoi scritti: l’esercizio della presenza di Dio e il motto Ad
Majorem Dei gloriam, fedelmente vissuti nella chiesa gesuitica del Gesù di Tropea, passata ai
Redentoristi, dopo la soppressione dei Gesuiti. Anche nella scelta di temi di vita spirituale di
derivazione ignaziana p. Di Netta è in sintonia con s. Alfonso.
In due brevissimi testi dal titolo Esame della Presenza di Dio e Esame sul silenzio (p. 28) è
constatabile l’adozione del metodo ignaziano della verifica (esame) proposto nel libro degli
Esercizi, testo familiare al Di Netta. I Propositi (1820-1823) sembrano appunti ricavati dagli
esercizi spirituali e da ritiri fatti in comunità.
Il testo più lungo e più importante, inserito nella presente raccolta, è certamente l’Itinerario.
Scritto per figlie e i figli spirituali che il Di Netta nelle sue campagne missionarie incontrava e con i
quali iniziava una direzione spirituale, efficace e duratura, che sfociava spesso in una speciale
consacrazione, è una testimonianza del metodo di direzione spirituale adottato dal redentorista.
Molte donne si sono consacrate a Dio col voto di verginità e hanno scelto la vita di “monache di
casa”, vivendo nel mondo e dando testimonianza di santità, su sollecitazione del p. Di Netta e sotto
la sua guida.
L’Itinerario può essere considerato un promemoria per prediche e istruzioni anche a monasteri
femminili, nei quali si recava per la predicazione e la direzione spirituale. I fondamenti di vita
spirituale proposti alle religiose sono gli stessi adottati per sé, segno chiaro della continuità tra vita,
predicazione e insegnamento che contraddistinsero la vita “dell’apostolo delle Calabrie”. La forma
e lo stile dello scritto denotano la sua finalità pedagogica e sono indicative della sua essenzialità
nella scelta di temi e obbiettivi di vita spirituale sui quali concentrarsi ed esercitarsi.
Il lettore che si accosta al volumetto deve tener presente innanzitutto che l’autore scrive per se
stesso e non per la pubblicazione. Gli scritti di vario argomento che abbiamo presentato, nelle loro
linee essenziali di contenuto, sono redatti in un arco di tempo abbastanza ampio (1816-1824 circa) e
solo ad esclusivo uso personale. Per questo vi si possono trovare immediatezza e incisività,
ripetizioni e incompiutezze. Ripercorrendoli è possibile accorgersi dell’evoluzione del cammino
interiore del p. Di Netta e cogliere alcuni frammenti della sua umanità.
Le brevi introduzioni del curatore, le note al testo e le traduzioni dei passi biblici e patristici,
facilitano la contestualizzazione della produzione ascetico-spirituale del Di Netta e agevolano la
comprensione di una spiritualità ormai distante dalla nostra per le forme, ma attuale per i suoi
contenuti e per la sua incisività. A prescindere da questo i documenti editi in questo volumetto sono
la testimonianza diretta del vissuto interiore di uno dei protagonisti della predicazione popolare in
Calabria nel secolo XIX. Questo indubbiamente è il suo principale merito storico.
Auspichiamo, sicuri di intercettare un progetto già in essere, altre “raccolte” di autografi inediti
del p. Di Netta che consentano un maggiore comprensione a tutto tondo del percorso di vita
spirituale del personaggio e della sua incidenza sul cammino della Chiesa e della società
dell’Ottocento calabrese.
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Direttore p. Ezio Marcelli Via Monterone 75 00186 Roma
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