CORSO DI DEMOGRAFIA – Storia & Scenari
Giuseppe A. Micheli
LEZIONE 8
Lowest low fertility Sud
Europea e geografia della
famiglia ceppo
Demos - Storia e Scenari - Lezione 8
1
Argomenti di questa lezione
In questa lezione discuteremo dei seguenti argomenti:
1. Lowest low fertility sud-europea dagli anni settanta
2. Due transizioni europee che non convergono
3. Stagnazione demografica e famiglia ceppo
4. Patrilocalismo e alleanze tra parentele
5. Società coniugali e società consanguinee
Demos - Storia e Scenari - Lezione 8
2
Cambio di regime nel Sud Europa
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3
Due punti più critici nell’area
di lowest low fertility
Dagli anni Novanta una stagnazione di pari intensità tocca i paesi della
Europa orientale. Al 2000 sono intorno a 1,3 figli per donna Croazia e
Slovenia (1,26), Slovacchia e Repubblica Ceca (1,14), Lituania e Lettonia
(1,25), Romania e Ungheria, Bulgaria (1,26) e la stessa Polonia. Ragioni
sono in parte simili a quelle dell’Ovest, in parte specifiche.
Le misure di fecondità nazionali mascherano rilevanti differenze locali.
Negli anni Novanta, quando l’Italia era intorno a 1,2 figli per donna,
Liguria, Emilia, Friuli sono rimaste per un decennio sotto la soglia di un
figlio per donna. Negli stessi anni raggiungevano livelli simili le regioni
del nord della Spagna (Asturie, Paesi Baschi etc). E negli anni Novanta,
dopo la riunificazione, alcune regioni dell’Est Germania (Pomerania,
Meclemburgo-Pomerania) hanno segnato Tft inferiori a 0,7 figli per
donna. Un segnale di come i processi demografici possano essere
condizionati dal clima economico, sociale e psicologico.
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4
Curve di fecondità age-specific,
Italia 1968-1984-2000
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Modello mediterraneo e
deparentalizzazione
Cosa caratterizza la fecondità del modello familiare che sta evolvendo nei
paesi mediterranei? Qui l’arco di vita feconda non si limita a ridursi in in
età matura (come da tempo, con l’abbassamento dell’età dell’ultimo
figlio): esso si riduce ‘dal basso’, grazie a un visibile accresciuto controllo
della fecondità precoce e una forte dilazione delle scelte.
Il declino della fecondità, unito all’aumento della longevità, producono un
fenomeno che gli antropologi chiamano ‘deparentalizzazione’ (Solinas,
1995). In esso “tramonta la parentela come grande rete connettiva
capace di confermare ad ogni suo singolo membro la legittimità della sua
esistenza”.
Una simulazione di Lasslett (1993) mostra come caduta della fecondità e
aumento della durata di vita facciano crollare la parentela laterale
orizzontale e diagonale mentre cresce la parentela verticale, non a
sufficienza per controbilanciare la contrazione dei legami parentali di
altro tipo.
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Una simulazione: italiani e
vittoriani
Dimensione della parentela, a diverse età di un individuo, nell’Inghilterra
vittoriana (A) e nell’Italia alle soglie del XXI secolo (B).
Alla nascita
A 20 anni
A 60 anni
A
B
A
B
A
B
0
0
0,8
0,1
0,8
0,8
Fratria, Cugini I°
11,6
1,1
17,6
2,2
9,5
1,9
Nonni, bisnonni
2,2
7,2
0
2,9
0
0
Genitori, zii
7,8
3,0
4,0
3,0
0,2
0,8
Figli
0
0
1,6
0
2,6
1,2
Nipoti, bisnipoti, nipoti
0
0
4,2
0,1
10,5
1,9
Legami orizzontali
11,6
1,1
18,4
2,3
10,3
2,7
Legami verticali ascend.
10,0
10,2
4,0
5,9
0,2
0,8
Legami verticali discend
0
0
5,8
0,1
13,1
3,1
21,6
11,3
28,2
8,3
23,6
6,6
Coniuge
Totale legami
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7
Deparentalizzazione e legami
orizzontali alla nascita
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8
Crepe nel modello di
diffusione unilineare
La convivenza more uxorio è un primo tratto distintivo della seconda transizione demografica nelle regioni del Nord Europa. A lungo esso è parso non diffondersi nelle regioni Mediterranee, salvo per la realtà metropolitane al Nord e le
underclasses delle conurbazioni del Sud. Oggi segnali di indebolimento dell’istituto matrimoniale (crescita del celibato e nubilato definitivo e dei divorzi) sono
presenti sia nel Nord sia (in misura più contenuta) nel Sud dell’Europa (anche se
in Italia restano a livelli lontani dagli altri paesi europei). Altre forme di
cambiamento dell’istituto matrimoniale sono ancora più lente a diffondersi: così
è per le unioni libere, la coabitazione giovanile, le nascite naturali.
Ma il modello della SDT implica un secondo tratto distintivo, una significativa
ripresa delle nascite, fuori o al di là dell’istituto matrimoniale. Su questo punto
la convergenza sembra a tutt’oggi ancora più problematica.
Se l’ipotesi della SDT è quella di un processo di diffusione di un modello
culturale da un centro a una periferia, essa si scontra con i dati di fatto. Non è
tramite il ridimensionamento del modello familiare che le culture mediterranee
producono una nuova regolazione della loro riproduzione.
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9
Due vie alla modernizzazione
Confrontiamo i paesiBEL
europei secondo il TFTDAN
e la
FIN
% di nascite extramatriFRA
GER
moniali. Si può dire con
GRE
van de Kaa che in Europa
EIR
ITA
si sta convergendo verLUX
so una TRANSIZIONE
OLA
NOR
CONIUGALE (posposiPOR
zione delle nozze, auSPA
SVE
mento di coabitazioni),
SVI
ma resta divergenteING
la
SCO
TRANSIZIONE DELLA
NIR
FECONDITà (bassa EOV
fecondità versus più
nascite extranuziali).
AUS
23,6
8,9
46,4
25,2
30,1
10,5
2,2
14,5
6,3
12,9
11,4
38,6
14,7
9,4
47
6,1
28,3SW
27,1
18,7
GRE
19,7
2,5
TFT
2,25
2
1,75
1,5
ITA
1,45
1,59
1,67
1,78
1,78
1,48
NIR
1,42
EIR
2,19
1,29
1,62
1,62
1,93
1,54
1,3
2,14
EU
LU
NE
1,59
1,84
BE
POR
1,67
GER
2,26
1,66
SWE
NOR
ENG
FIN
FRA
SCO
DE
AUS
SPA
1,25
0
10
20
30
40
50
% nascite 60
extranuziali
Dietro la convergenza verso tassi demografici omogenei, i paesi Europei seguono
due distinti ‘sentieri di sviluppo’ demografici, poggianti su basi distinte: da un lato
stabilità della famiglia senza figli, dall’altro figli senza matrimoni.
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10
Due transizioni che non
convergono
Torniamo allora alla Seconda Transizione Demografica. Van de Kaa
(2001) mette insieme
velocità e omogeneità
della SDT in due differenti processi: transizione coniugale (calendario dei matrimoni,
diffusione coabitazioni)
e della fecondità (TFT,
nascite extra-coniugali).
Modelli
demografici
Trends NordEuropei
Trends SudEuropei
Sintesi
Calendario
matrimoni
Posposizione
Posposizione
Coabitazioni
Rapida crescita
Crescita zero
o lenta
Transizione
coniugale
converge
Tassi fecondità totale
Medi/in
crescita
Bassi/stabili
Nascita extra
matrimonio
In rapida
crescita
Bassi/stabili
Transizione
della
fecondità
ancora
divergente
Mentre posposizione dei matrimoni e diffusione delle coabitazioni giustificano una diagnosi di convergenza nella transizione dei modelli di legami
forti orizzontali tra Sud e Nord, lo stesso non si può dire per la fecondità
(stabile o in lieve crescita al Nord, in calo al Sud) e per le nascite extranuziali (stabili al Sud e in crescita al Nord). Ne risulta una persistente divergenza nella transizione dei modelli di legami di sangue verticali.
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Le radici dei modelli familiari
Nel 1884 Frédéric Le Play introduce la distinzione tra “tre gradi di stabilità dei regimi familiari”. Uno, preso come punto di riferimento è la famiglia patriarcale, dove “la stabilità regna al più alto grado” in quanto
“tutti i figli si sposano stabilendosi presso la casa paterna”. Da questo
regime gli altri due in misura più o meno accentuata si discostano:
“L’ordine opposto domina la famiglia instabile, dove nessuno aderisce a una casa,
dove i figli lasciano uno per uno la casa paterna da quando possono essere autosufficienti, dove i genitori restano isolati in vecchiaia e muoiono nell’abbandono.
Il padre, che si è creata un’esistenza al di fuori delle tradizioni degli avi, non inculca
le sue pratiche ai figli, e d’altronde sa che non potrebbe ottenere alcun risultato
duraturo. I giovani si ispirano allo spirito di indipendenza e nelle scelte di carriera
cedono alle loro inclinazioni e agli impulsi fortuiti del loro ambiente sociale ….
Un regime intermedio si costituisce dove opera la famiglia ceppo. Uno dei figli si
sposa e vive presso i genitori, perpetuando col loro concorso la tradizione degli
antenati. Gli altri figli escono di casa, salvo preferiscano restare lì in stato di
celibato. Chi esce può andare per la sua strada oppure tentare coi fratelli delle
imprese, restando o meno fedele alle tradizioni” (Le Play, 1884).
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12
Primato dei processi culturali nella
formazione delle pratiche
La tipologia di Le Play è in genere ricondotta a due coordinate: a) localizzazione
della residenza post-nuziale, b) modo di ripartizione dell’asse ereditario.
Brettell (1995) invece sostiene che la trasmissione dell’asse ereditario è secondaria
e la linea fondamentale di discrimine passa tra famiglie patriarcali e ceppo
(patrilocali) e famiglie instabili (neolocali).
Ma anche la dicotomia neo/patrilocalismo poggia a sua volta su un pilastro fondamentale, cioè una doppio livello di interpretazione del concetto di solidarietà:
Una solidarietà basata sul legame coniugale (famiglie instabili),
Una solidarietà basata sui legami di sangue tra genitori (madri) e figli
(famiglie ceppo).
Qualunque cambiamento nei comportamenti demografici trova le sue radici nei
patterns sottostanti di organizzazione sociale, a cavallo tra struttura e cultura.
Scrive Reher (1999):
“Storicamente la forza dei legami familiari risulta avere condizionato
Le procedure di attuazione della successione nelle regioni a famiglia ceppo”
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13
Low fertility e ‘path dependency’
I modelli europei di
declino della fecondità,
che combaciano con la
geografia di Le Play dei
modelli familiari, sono
parte integrante delle
culture regionali.
“No matter how nearly
universal the factors of
modernization may be,
once they enter into
contact with different
historical, cultural,
geographical or social
realities the end result
will necessarily be
different in each
context“(Reher, 1998)
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14
Familismo amorale e low fertility
Nel 1958 Banfield ha coniato la categoria di familismo amorale per spiegare il
modello di comportamenti collettivi di un frammento di Europa Mediterranea. Oggi
questa chiave di lettura è ancora in auge. L’uso della categoria ‘familismo’ è
frequente, ma c’è poca consapevolezza della doppia dimensione concettuale
implicita nel termine ‘familismo’ coniato 50 anni fa:
“La nostra ipotesi è che i Montegranesi si
comportano come se osservassero questa
regola: massimizza i vantaggi materiali a
breve termine della famiglia nucleare,
supponendo che tutti gli altri agiscano allo stesso modo. Definiamo le persone che
agiscono così ‘familisti amorali'."
“Non si può dire che l’adulto abbia la sua individualità a prescindere dal bene della famiglia cui appartiene. Il familista amorale non
esiste come Ego, ma come genitore (..) Gli amici sono un lusso che i Montegranesi non
possono permettersi (..). Amici e vicini sono
non solo costosi, ma anche pericolosi”.
La categoria di familismo poggia su due
distinti principi gerarchici: Il bene della
famiglia [1] viene prima di quello della
collettività (familismo amorale),[2] viene
prima di quello dei singoli membri incluso
Ego (solidaretà tra generazioni). Banfield fa perno sul primo, Reher (1998)
illumina il persistere del secondo.
Di recente (Dalla Zuanna, 2001) la bassa
fecondità è vista come il trade off fra
quantità e qualità dei figli: genitori familisti
non disposti ad avere figli di “bassa qualità”
preferiscono averne uno o (al massimo) due,
ma senza far mancare loro nulla. La low
fertility sarebbe il frutto della volontà
delle coppie di far coesistere “razionalità
economica” e “razionalità familista”.
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Famiglia ceppo e azienda famiglia
La geografia di Le Play combacia con altre carte recenti. La prima
sovrapposizione è quella con l’Italia della ’azienda-famiglia’.
Bagnasco (1988), studiando la nascita di sistemi localistici di piccole imprese, trova nel centro-nord una correlazione territoriale a inizio ‘900 tra grande dimensione familiare, sviluppo di piccola impresa e lavoro autonomo in
agricoltura. Una relazione tra famiglia ceppo e ’distretto industriale’.
Della azienda famiglia gli studi di economia informale hanno sottolineato la
flessibilità e l’autonomia organizzativa e gestionale che ne fa un
meccanismo di crisis management.
Come la famiglia consanguinea (o ceppo), essa possiede capacità di
adattamento funzionale al tessuto sociale e a quello della produzione, in un
momento di grandi trasformazioni nel sistema sociotecnico.
“Uno dei figli si sposa e vive presso i genitori, perpetuando col loro concorso la
tradizione degli antenati. Gli altri figli escono di casa, salvo preferiscano restare lì in
stato di celibato. Chi esce può andare per la sua strada oppure tentare coi fratelli
delle imprese, restando o meno fedele alle tradizioni”.
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16
Famiglia ceppo e alleanza tra
parentele
L’economia industriale ha messo a fuoco negli anni Ottanta un particolare sistema territoriale di produzione, definita ‘distretto industriale marshalliano’ (Piore & Sabel, 1984). I
distretti industriali sono sistemi verticalmente integrati di produzione, che inseriscono in
un ciclo trasformativo unico l’intero processo che va dalla materia prima al prodotto finale
per il mercato. L’integrazione si realizza in un sistema flessibile di alleanze familiari, alla
cui guida stanno generalmente persone legate tra loro da parentela stretta in linea orizzontale, specie fratelli (siblings), come già prefigurava Le Play (“i figli che lasciano la casa
paterna possono diventare indipendenti oppure intraprendere insieme delle alleanze di impresa”. Descrizione che ricorda la definizione di Becattini (2000) di distretto industriale:
““un’entità socio-territoriale caratterizzata dalla coesistenza attiva in una stessa regione –
definita dai confini naturali e storici che la circoscrivono - di una comunità umana e di una
popolazione di aziende (che) tendono a intrecciarsi strettamente”.
Tra le qualità delle aziende familiari, spina dorsale dei distretti, la capacità di far fronte,
con l’utilizzo di strategie flessibili, alle tensioni di una società in trasformazione e la loro
autonomia organizzativa che le rende un efficace meccanismo di Crisis Management.
La sovrapposizione geografica tra famiglia ceppo e distretti non si limita all’Italia. Sono in
regioni a famiglia ceppo sia molti dei quasi-distretti francesi (le regioni montuose o quella
di Limoges) sia i pochi sistemi locali produttivi spagnoli (Galizia, Paesi Baschi, Cataluña).
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Maggiorascato e alleanza tra sib
Let
us recapitulate
Le Play’s
scheme.
In the
“(Nella)
famiglia instabile
nessuno
aderisce
a una
stem-family,
continuity
is
ensured
by
blood-ties,
casa, i figli lasciano uno a uno la casa paterna da
with
onesono
child
(usually thei genitori
eldest restano
one) being
quando
autosufficienti,
isolati
singled
out as
heir general
to the home (law of
in vecchiaia
e muoiono
nell’abbandono.
majorat).
Famiglia instabile
Famiglia ceppo
Il padre, che si è creata un’esistenza al di
fuori delle tradizioni degli avi, non inculca le
sue pratiche ai figli. I giovani si ispirano allo
spirito di indipendenza ….
Un regime intermedio si costituisce dove opera la famiglia ceppo. Uno dei figli si
sposa e vive presso i genitori, perpetuando col loro concorso la tradizione degli
antenati. Gli altri figli escono di casa, salvo preferiscano restare lì in stato di
celibato. Chi esce può andare per la sua strada oppure tentare coi fratelli delle
imprese, restando o meno fedele alle tradizioni” (Le Play, 1884).
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Famiglia coniugale/consanguinea
La transizione al moderno è letta in genere (Levi-Strauss, 1949) come
disgregazione del gruppo dei consanguinei e in particolare dei siblings ,
fratelli e sorelle nati entro la stessa famiglia elementare.
Nelle società organizzate su base consanguinea la famiglia è un nucleo di
parenti legati da vincoli di sangue, circondati da frangie di coniugi che
allacciano e connettono una famiglia all'altra.
Nelle società organizzate su base coniugale (Linton, 1936) la famiglia è il
nucleo costituito da coniugi più prole, circondato da una frangia di
parenti, ed è ai matrimoni che spetta la funzione di legare più nuclei.
Il modello di famiglia ceppo poggia sul pilastro del legame di sangue. La
famiglia instabile ha invece il suo centro di gravità nel legame orizzontale del
rapporto di coppia. Una analisi simile è quella che troviamo in Linton (1936) 50
anni prima di Reher, e marca la distinzione tra società occidentali ed altre.
In realtà le società moderne mostrano la persistenza di legami patrilineari
legati alla diffusione dell'impresa familiare e di flussi di supporto economico
e di servizi in una rete parentale più larga.
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Vantaggi delle società
consanguinee
Le famiglie organizzate su base coniugale possiedono alcuni svantaggi intrinseci per lo svolgimento delle funzioni universalmente loro assegnate. La
maggior parte delle difficoltà si attenuano se e quando il nucleo centrale
della famiglia è costituito da un gruppo di fratelli e sorelle (Linton, 1936).
Nelle famiglie organizzate su base coniugale
Nelle famiglie organizzate su base consanguinea
Il calendario delle unioni è oggi posposto per fattori
culturali ed economici. Gli individui che entrano in
una nuova unione vi accedono portandosi dietro un
bagaglio di abitudini e strati della personalità del
tutto formati e cristallizzati, e necessitano quindi
di un periodo di aggiustamento.
Non occorre periodo di adattamento reciproco tra
personalità formatesi separatamente. L’attaccamento affettivo tra fratelli e sorelle è meno forte di quello che unisce due partner, ma la loro associazione e cooperazione sarà favorita e rafforzata dalla lunga consuetudine.
Ogni volta che un figlio si sposa ed esce di casa, l’unità di cooperazione si indebolisce. La composizione
delle famiglie è troppo variabile per prestarsi a formare un’organizzazione compatta e relativamente
permanente.
Con la discendenza unilineare la famiglia acquista
una continuità che persiste per generazioni, e può
essere estesa a includere un numero di persone
molto più vasto di quanto possa avvenire nelle
famiglie organizzate su base coniugale.
La famiglia coniugale, di dimensione ridotta, si
estingue con la morte di uno dei partner interessati,
lasciando l’altro partner senza adeguato sostegno.
Essendo allargata a un numero più vasto di persone, la famiglia assicura sostegno economico e di
care a tutti i componenti anziani o bisognosi.
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