Confederazione Generale Italiana del Lavoro
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Commento allo schema di Decreto legislativo attuativo dell’articolo 8 legge
30/03 "Delega al Governo per la razionalizzazione delle funzioni ispettive in
materia di previdenza sociale e di lavoro"
A cura di Alessandro Genovesi
In generale rispetto al testo dell’art. 8 della legge 30/03:
1- Appare accanto al coordinamento, una funzione di direzione centralista e piramidale.
Siamo di fronte alla possibile riduzione o azzeramento dell’autonomia ispettiva di diverse
istituzioni, soprattutto degli enti previdenziali (vedi art. 2 dello schema). Poiché si parla di
“livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili” e di “legislazione
sociale” stiamo parlando anche della sicurezza e salute. In attesa dei decreti specifici
sul riordino dei servizi ispettivi connessi alla salute e sicurezza, la norma presente
(generale) vige fino all’uscita dalla norma “speciale”.
Questo aspetto pone più di un problema di coordinamento con le Regioni, essendo tale
materia concorrente (ed essendoci una delega in materia già approvata).
2- Non è chiaro cosa si intenda per “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
sociali e civili”. Secondo i nostri giuristi si intendono tutti i diritti inderogabili (si veda lo
specchietto riassuntivo sui diritti inderogabili). Da qui la limitazione della discrezionalità
dell’ispettore, in caso di conciliazione monocratica: l’ispettore in ogni caso non può far altro
che rispettare le norme sui diritti inderogabili (pena il ricorso per conciliazione su diritti
indisponibili). A suo tempo avevamo già segnalato il rischio che dietro tale formulazione si
potesse nascondere l’idea di una efficacia parziale delle norme contrattuali che sono cosa
diversa dai “livelli esenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali”
3- Rimane aperta la questione del rispetto dei contratti nazionali (quali) e firmati da chi? Il
decreto elude la vexata quaestio su cosa fare in presenza di norme contrattuali inerenti
stessi settori ma firmate da organizzazioni sindacali diverse (i “contratti pirata”, ma d’ora in
poi anche i “contratti separati”).
4- Siamo in presenza di una nuova fattispecie di conciliazione aggiuntiva rispetto a
quella prevista dalle fonti contrattuali e dall’art. 410 C.P.C.,. In realtà il legislatore
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resuscita una disposizione del 1912. Occorrerà intervenire, in sede parlamentare, perché la
possibile conciliazione sia ricondotta a quella prevista dall’art. 410 C.P.C. , che vede la
presenza di commissioni composte anche dai rappresentanti delle parti sociali.
5- Rimane tutta aperta la questione del rapporto tra la presente normativa e il riordino delle
norme sulla sicurezza e la prevenzione. Quest’ultime su cui è in piedi uno specifico iter
legislativo al fine di dare attuazione alla delega sulla sicurezza. Sarà da capire la valenza
del coinvolgimento dei servizi ispettivi dell’INAIL e delle stesse ASL.
Commenti specifici sull’articolato dello schema di decreto legislativo
Art. 1:
•
rimane indefinito cosa si intende per “livelli minimi”;
•
non si specifica chi debbano essere i firmatari dei contratti collettivi (né se siano compresi i
contratti di 2° livello);
•
siamo in presenza di una concezione centralista, ove la direzione si esercita in maniera
esclusivamente piramidale.
Art. 2:
•
il coordinamento e la direzione comprende gli enti previdenziali : si danno quindi per
abrogate (ex art. 19) le norme sull’autonomia ispettiva degli organi previdenziali o questa
sussiste accanto alle nuove disposizioni? Secondo i nostri giuristi tale autonomia dovrebbe
continuare a persistere vista la “natura” specifica degli enti previdenziali e relativi servizi
ispettivi (noi comunque dobbiamo dirlo!). Il testo sembrerebbe
autorizzare
un’interpretazione per cui l’attività degli ispettori degli enti previdenziali possa certo
allargarsi ad altri campi (in primis la qualificazione dei rapporti), ma solo previa
autorizzazione della DPL.
•
Specificando che tale azione di coordinamento e direzione riguarda anche gli
accertamenti sulla natura del rapporto (vedi anche commento art. 17 ), si intende che
sussiste una possibilità specifica di ricorso amministrativo, rimanendo sempre
valida però la possibilità di ricorso e contro ricorso presso il giudice del lavoro così
come disciplinato dalle normative passate (occorre dirlo esplicitamente!)
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•
Al riguardo segnaliamo l’assenza delle parti sociali a livello di coordinamento regionale e la
sola eventualità – a discrezione delle DPL – di convocare i Cles ove le parti sociali sono
rappresentate
Art. 6
•
la distinzione tra quando si opera come ufficiale giudiziario (ispezioni) e quando non si
opera come tale (art.8) , può far venire meno l’obbligo di denuncia o segnalazione alle
autorità competenti a fronte di irregolarità di cui si viene a conoscenza, indipendentemente
dalle circostanze. Di fatto si indebolisce la tutela al singolo ispettore.
Art. 8:
•
chi individua le “questioni di maggiore rilevanza sociale”? (comma 1)
•
il comma 2 formalmente disciplina una discrezionalità (principio di buona fede) che non
assorbe o elimina l’obbligatorietà di verbalizzare irregolarità o un uso fraudolento di alcuni
rapporti di lavoro (per esempio contratto a progetto). Il rischio però è quello di trasformare
una funzione di “promozione” in una sorta di consulenza che porti a non contestare
l’irregolarità, ma a consigliare su come applicare correttamente la norma, senza
verbalizzazione alcuna. Come si può facilmente comprendere si tratta di una norma
ambigua ed insidiosa.
•
Tale disposizione dovrebbe essere letta coordinandola con le precisazioni che la
relazione tecnica di accompagno fa in relazione alla diffida (art. 13), dove si
specificano i casi ove l’istituto interviene: tenuta ed esibizione del libro matricola,
registro infortuni, comunicazione responsabile sicurezza, consegna modulo DS 22,
CUD, libretto personale di controllo, accertamenti in materia ENPALS, adempimenti
in materia di formazione dell’apprendista.
•
il comma 3 prevede che le istituzioni preposte alla sorveglianza possano stipulare a
pagamento convenzioni con i soggetti che dovrebbero controllare; ciò potrebbe
configurare un conflitto di interessi e una lesione del principio di imparzialità così
come definita dallo stesso art. 97 della Costituzione. Al riguardo sarebbe interessante un
parere della stessa Commissione Affari costituzionali. Dirimente sarebbe chiarire che
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l’oggetto della convenzione può essere solo la diffusione di corrette interpretazioni in caso
di emanazione di nuove disposizioni legislative e/o amministrative.
•
Ai commi 4 e 5 si interviene su materie che né la legge 30 né il D.lg. 276/03 hanno
delegato. Anche perché la certificazione, fino al momento della contestazione, ha effetto
anche verso se stessi. Siamo di fronte ad un eccesso di delega.
Art. 10:
•
Il comma 2 è sensato, ma allora il singolo ispettore dovrebbe poter contestare tutte le
tipologie possibili di evasione e irregolarità, invece alcune materie (art.7 e art. 6 comma 3)
non sono contemplate (questo dovrebbe almeno essere previsto dal modello unico di
verbale di cui al comma 4).
•
Il comma 5 introduce il “possono” in relazione all’utilizzo dei verbali: è da chiarire se viene
quindi meno l’obbligatorietà del verbale come prova in giudizio.
Art. 11 (scritto con i piedi anche rispetto all’art. 12):
•
comma 1 : non è chiaro da chi le richieste vengono concretamente avanzate. (Possono
essere anonime?). Il riferimento a “anche con qualifica ispettiva” vuol dire che possono
agire in conciliazione anche gli amministrativi interni, a discapito della competenza delle
persone preposte alla conciliazione. Per cosa si intenda per profili disponibili
rimandiamo alla scheda finale.
•
Da una prima lettura sembrerebbe che alla richiesta di intervento (“da cui emergano profili
di tutela disponibili”, cioè emergono dalla richiesta di intervento? l’italiano dice così, e siamo
senza parole…) non segua un’ispezione, ma la mera convocazione, con effetti certi di
intimidazione nei confronti di lavoratori completamente irregolari.
•
Comma 2 e 3: si prefigura una terza sede di conciliazione oltre quella contrattuale
collettiva e quella fissata dall’art. 410 del Codice di Procedura Civile. Del resto la
norma specifica la possibilità di assistenza (già contemplata nel 410) e gli effetti ai sensi del
2113 c. 4 che già il 410 faceva salvi (non a caso si parla di una specifica conciliazione
monocratica). Occorrerà riportare la conciliazione ai termini previsti dal 410 C.P.C.,
anche vista l’estrema debolezza del lavoratore irregolare. Da questo punto di vista,
anche in sede contrattuale occorrerebbe sancire il rinvio solo alla conciliazione
contrattuale o a quella prevista dal 410 C.P.C..
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•
Segnaliamo che i commi 1-5 dell’art. 11 si basano su una segnalazione senza
ispezione, mentre nel caso di ispezione scatta il c. 6 dell’art. 11: ovvero è l’ispettore
che valuta, durante l’ispezione, se siamo in presenza di diritti disponibili (vedi
sempre scheda finale). Se però tra i diritti disponibili, così individuati dall’ispettore,
rientrano eventuali crediti retributivi, scatta l’art.12.
Da qui l’estrema debolezza dell’art. 11, essendo i diritti disponibili citati (esclusi gli eventuali crediti
normati dall’art. 12) a questo punto di difficile identificazione.
Art. 12:
Si è in presenza di diritti disponibili che riguardano però i crediti retributivi. Scatta la diffida ed entro
15 giorni il datore può conciliare, secondo le modalità descritte dall’art. 11.
In sintesi il complesso dell’art. 11 c. 6 e dell’art. 12 prevede che nel caso di visita ispettiva, se
si è in presenza di crediti contributivi scatta prima la diffida e poi la conciliazione. Se siamo in
presenza di diritti disponibili (ma non comprendenti crediti retributivi) scatta direttamente l’art. 11.
E’ evidente quanto sarebbe pericoloso l’effetto combinato della conciliazione in una possibile
“terza sede” con la diffida (che va letta alla luce delle diverse tipologie precarie introdotte dalla
legge 30) prevista dall’art. 12 (diffida per crediti retributivi) e magari con un uso “disinvolto” della
funzione di consulenza.
Art. 14
•
il ricorso amministrativo (con eccezione sulle contestazioni relative alla natura del rapporto
di lavoro) si può fare alla stessa DPL che ha contestato le irregolarità. Permane però la
possibilità di ricorso al giudice, anche per materie non inerenti la natura del rapporto
di lavoro.
Art. 15
•
Il ricorso in caso di contestazione previdenziale avviene presso le Direzioni Regionali del
Lavoro. L’esplicitazione del ricorso “in via alternativa” fa salve le altre procedure di ricorso
(Giudice del lavoro e Enti previdenziali a cui è affidata l’esecutività del recupero).
Art. 17:
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E’ chiara la finalità della norma: con i nuovi Comitati regionali per i rapporti di lavoro vengono di
fatto “svuotate” i Comitati regionali dell’INPS (composte anche dalle parti sociali) a cui competeva
la valutazione nei casi di ricorso inerenti a una contestazione sulla reale natura dei rapporti di
lavoro (e relative omissioni contributive). Viene meno quindi uno strumento anche di “auto tutela”
dello stesso istituto previdenziale, finalizzato a recuperare risorse sottratte illegalmente alla
previdenza pubblica. Ciò è del resto “coerente” con il tentativo governativo di affossare l’Istituto
previdenziale, aumentandone i compiti impropri (assistenza) e riducendone le possibilità di reperire
risorse.
Art. 18: non ci sono risorse per la formazione del personale delle DPL chiamato ora a svolgere
nuovi e complessi compiti
Art. 19: quest’ articolo abroga le “norme in contrasto”: che succede a:
- norme sull’autonomia organizzativa degli ispettori enti previdenziali?
- aggiunge una nuova fattispecie o modifica il 410?
- modifica lo status di pubblico ufficiale degli ispettori?
Giudizio politico
In sintesi stiamo di fronte ad una normativa confusa, caratterizzata
1- dalla trasformazione degli ispettori da agenti di controllo ad accompagnatori e
consulenti delle imprese;
2- da un’impostazione centralistica, che riduce l’autonomia organizzativa degli enti
previdenziali e degli stessi soggetti ispettivi locali, riducendo le tutele e frustrando
professionalmente gli ispettori;
3- da una riduzione degli obblighi investigativi finora previsti;
4- da una proposta che punta a promuovere un sistema di conciliazione dove il lavoratore
è più debole (proprio il lavoratore a nero che dovrebbe più di altri essere tutelato), vista la
presenza solo eventuale delle organizzazioni sindacali (diversamente da quanto previsto
dal 410 e dalle procedure normate dai contratti);
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5- da possibili commistioni tra controllori e controllati, attraverso le nuove norme sui
ricorsi che in parte escludono il coinvolgimento di un soggetto terzo (il giudice) e attraverso
la possibilità di convenzioni a pagamento tra ispettori e le stesse aziende da controllare;
6- da una maggiore difficoltà, a seguito di visite ispettive, per riconoscere eventuali rapporti di
lavoro aventi natura diversa da quella formale. Questo attraverso una DPL (che certificherà
ai sensi del 276/03 anche lei direttamente gli stessi rapporti di lavoro) i cui ispettori
consiglieranno come realmente far svolgere le prestazioni di lavoro senza più l’obbligo
esclusivo di sanzionare e denunciare eventuali irregolarità nel rapporto;
Occorrerà allora cercare, anche attraverso i pareri i Camera e Senato, di evitare tali stravolgimenti,
riconducendo la conciliazione a quanto previsto dall’art. 410 e impedendo una commistione tra
funzioni di controllo e possibili “contratti di consulenza” .
Occorrerà quindi porre la massima attenzione affinché non vengano conciliati nella eventuale
conciliazione monocratica diritti indisponibili agendo sia sul versante dell’informazione verso i
lavoratori che verso gli stessi ispettori (anche prevedendo azioni legali successive atte a garantire
in sede giudiziaria la tutela reale dei lavoratori).
COSA SI INTENDE PER DIRITTI DISPONIBILI
Sono tutti quei diritti che la legge e i contratti collettivi non prevedono espressamente come norme
inderogabili.
I principali casi di norme inderogabili sono:
•
la retribuzione (un qualsiasi forma) nella misura minima stabilita dai contratti collettivi,
ritenuta rispondente ai canoni indicati dall’art. 36 della Costituzione;
•
il TFR;
•
il diritto alla salute;
•
le norme di igiene e sicurezza sul lavoro;
•
le ferie e i riposi;
•
il diritto a non essere licenziati durante i periodi di maternità o a causa di matrimonio;
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•
il diritto a trattamenti non discriminatori relativi al sesso, alla religione, alle posizioni
politiche e sindacali, ecc.;
•
i diritti sindacali in genere;
•
il diritto alla qualifica e a non essere adibiti a mansioni inferiori;
•
il diritto a non essere trasferiti da un’unità produttiva all’altra, in mancanza di esigenze
tecnico-organizzative e produttive (Cass. 3 marzo 1983 n. 1596)
•
il diritto alla riassunzione entro 6 mesi dal licenziamento per riduzione del personale;
•
il diritto ai contributi e premi.
Solo la conciliazione (non contestata in altra sede giuridica) ai sensi dell’art. 410 del C.P.C.
permette ai sensi dell’art. 2113 c. 4 la derogabilità da alcuni dei diritti citati.
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