N. 58626 di Repertorio
N. 8852 di Raccolta
VERBALE DI ASSEMBLEA
REPUBBLICA ITALIANA
18 dicembre 2008
L’anno duemilaotto il giorno diciotto del mese di dicembre.
In Milano, via San Protaso n. 3.
Avanti a me Filippo Zabban, notaio in Milano, iscritto presso il Collegio notarile di
Milano, è personalmente comparso il signor:
- Franco Bellei, nato a Modena il giorno 24 aprile 1944, domiciliato per la carica presso
la sede sociale,
della cui identità personale io Notaio sono certo,
il quale interviene al presente atto nella qualità di Vice-Presidente del Consiglio di
Amministrazione della società
"UniCredit, società per azioni"
con sede in Roma, via A. Specchi n. 16, capitale sociale Euro 6.684.287.462,00 (sei
miliardi seicentottantaquattro milioni duecentottantasette mila quattrocentosessantadue
virgola zero zero) sottoscritto e versato, iscritta nel Registro delle Imprese di Roma, al
numero di iscrizione e codice fiscale 00348170101, Repertorio Economico
Amministrativo n. 1179152, quotata presso la Borsa Valori di Milano, nonché presso la
Borsa di Francoforte e la Borsa di Varsavia.
Si premette:
- che in Milano, Via Tommaso Grossi n. 10, in data 4 dicembre 2008 si è svolta
l'assemblea speciale dei possessori di azioni di risparmio della predetta Società, ivi
convocata in terza convocazione per le ore 12;
- che di tale riunione il comparente, quale Vice-Presidente del Consiglio di
Amministrazione, ha assunto e mantenuto la presidenza fino al suo termine;
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- che della verbalizzazione sono stato incaricato io notaio, presente alla riunione, come
risulta anche dal resoconto che segue.
Tutto ciò premesso, si fa constare come segue (ai sensi dell'art. 2375 del Codice Civile
ed in conformità a quanto previsto dalle altre disposizioni applicabili, anche a ragione
della condizione della Società, le cui azioni sono quotate, fra l'altro, anche presso il
Mercato Telematico organizzato e gestito da Borsa Italiana S.p.A.) dello svolgimento
della
assemblea speciale
dei possessori di azioni di risparmio del giorno 4 dicembre 2008 della predetta Società:
"In Milano, Via Tommaso Grossi n. 10, alle ore 12 del giorno 4 dicembre 2008 si è
riunita l'assemblea dei possessori di azioni di risparmio della società
"UniCredit, società per azioni"
con sede in Roma, Via A. Specchi n. 16, capitale sociale Euro 6.684.287.462,00 (sei
miliardi seicentottantaquattro milioni duecentottantasette mila quattrocentosessantadue
virgola zero zero) sottoscritto e versato, iscritta nel Registro delle Imprese di Roma, al
numero di iscrizione e codice fiscale 00348170101, Repertorio Economico
Amministrativo n. 1179152, quotata presso la Borsa Valori di Milano, nonché presso la
Borsa di Francoforte e la Borsa di Varsavia.
Il dottor Franco Bellei, Vice-Presidente del Consiglio di Amministrazione della Società
– dopo aver rivolto un saluto di benvenuto agli intervenuti – dichiara di assumere la
presidenza dell'assemblea ai sensi dell'art. 15 dello statuto sociale.
Interviene il signor Gianfranco D'Atri, delegato della signora Marianna D'Atri, per
proporre si addivenga ad elezione del presidente dell'assemblea mediante votazione; il
dottor Bellei ringrazia per questa proposta di approvazione assembleare della sua
nomina a presidente della riunione – in quanto personalmente gratificante – ma precisa
di trovare già titolo per l'assunzione della presidenza nella richiamata norma dello
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statuto sociale. Afferma altresì di avere intenzione di proseguire in detti termini, salvo
che si voglia discuterne.
Comunica, quindi, che in relazione all’art. 10 dello statuto sociale, l'avviso di
convocazione dell'assemblea è stato pubblicato nei termini di legge sulla Gazzetta
Ufficiale della Repubblica Italiana, parte seconda, n. 127, del 25 ottobre 2008, avviso T08AAA3027, con il seguente
ORDINE DEL GIORNO
“1. Costituzione del Fondo ex Art. 146 D. Lgs 58/1998 (TUF).
2. Esame, per quanto di competenza, delle misure di rafforzamento del capitale,
proposte dal Consiglio di Amministrazione di UniCredit.
3. Proposte del Rappresentante comune di adeguamento dello Statuto alle prescrizioni
dell’Art. 147, comma 4 del TUF.”.
Comunica inoltre che l'avviso di convocazione dell'assemblea è stato pubblicato su “Il
Sole 24 ORE” del giorno 25 ottobre 2008, nonché sul sito Internet della Società.
Propone il notaio Filippo Zabban, presente in assemblea, quale segretario della riunione,
perché il medesimo provveda alla verbalizzazione mediante redazione di pubblico atto
notarile. Chiede agli intervenuti se abbiano obiezioni al riguardo; nessuno formula
obiezioni.
Interviene peraltro un socio per chiedere il preventivo dei costi dell'intervento del
Notaio. Richiesto dal notaio di presentarsi, l'azionista precisa di essere Elman Rosania,
nato il 5 giugno 1959 a Venosa, provincia di Potenza, nel sud Italia; di essere azionista
meridionale, ex Banca Mediterranea, nel 2000 incorporata dalla Banca di Roma, e di
essere già intervenuto in altre assemblee della Società. Il notaio comunica che nella
fattispecie non è stato concordato un preventivo ma che, nella giornata di ieri, si è
parlato, con il segretario del Consiglio di Amministrazione, di un compenso di circa
2.000 Euro per il caso di una verbalizzazione che non implicasse diversi giorni di lavoro,
in esito ad un'assemblea della durata di diverse ore. Tale cifra, in funzione della durata
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dell'assemblea,
è
destinata
eventualmente
ad
incrementarsi,
in
conseguenza
dell'aggravarsi dell'impegno.
Quindi l'avvocato Rosania chiede se anche la precedente assemblea abbia comportato
stesso costo; il notaio risponde di non esserne al corrente e, a domanda del socio,
chiarisce ancora di non essere stato il verbalizzante, in quell'occasione.
Prende la parola il signor Pier Luigi Zola, socio e delegato della Informatica
Finanziaria, che ringrazia per l'informazione che, a suo parere, non si era obbligati a
fornire e che giudica "un po' prematura" dato che il consuntivo – "la fattura" - si fa alla
fine. Ottiene poi conferma dal dottor Bellei circa l'assunzione della presidenza ai sensi
dello statuto.
Il Presidente della riunione riprende, comunicando che:
• l’assemblea in prima convocazione non si è validamente costituita, come da
verbale in data 2 dicembre 2008, a rogito notaio Stefania Becelli di Milano,
repertorio n. 52289/3908, in termini di registrazione;
• l’assemblea in seconda convocazione non si è validamente costituita, come da
verbale in data 3 dicembre 2008, a rogito notaio Filippo Zabban di Milano,
repertorio n. 58518/8827, in termini di registrazione;
• è stato pubblicato avviso sul sito della Società, per informare che, in relazione alle
segnalazioni pervenute, l’assemblea si sarebbe tenuta in terza convocazione;
pertanto, precisa, l’assemblea viene tenuta in terza convocazione.
Precisa altresì che sono stati espletati nei termini di legge tutti gli adempimenti - anche
di carattere informativo - previsti dalla legge in relazione agli argomenti all'ordine del
giorno.
Informa che sono presenti:
- esso stesso Vice-Presidente per il Consiglio di Amministrazione;
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- per il Collegio Sindacale, i dottori Giorgio Loli, Presidente, Vincenzo Nicastro e Aldo
Milanese, sindaci effettivi; viene poi giustificata l'assenza dei membri del Collegio
non presenti;
- il dottor Lorenzo Lampiano, Segretario del Consiglio di Amministrazione;
- la dottoressa Stella D’Atri, Rappresentante Comune degli azionisti di risparmio;
- personale direttivo della Direzione Generale ed altro personale della Banca addetto alle
operazioni assembleari, ai sensi dell’art. 2 comma 4 del Regolamento Assembleare.
Quindi il Presidente precisa:
- che, ai sensi dell’art. 2 comma 5 del Regolamento Assembleare, è consentito ai
soggetti ivi indicati – se presenti – di assistere all’assemblea, e
- che sono – al momento - presenti i giornalisti signori Silvia Borelli per AP COM,
Rosario Murgida per MF DOW JONES e Gianluca Semeraro per THOMSON
REUTERS.
Il Presidente chiede se qualcuno sia contrario alla loro ammissione; nessuno interviene
in proposito.
Prende invece la parola il socio Pier Luigi Zola, il quale, svolta una breve
considerazione su chi possa giustificare l'assenza dei sindaci, chiede ragione dell'assenza
degli altri consiglieri.
Il dottor Bellei riferisce che tutti hanno avuto impegni e di essere stato, pertanto, l'unico
a poter intervenire.
Il socio – affermato che, normalmente, alle assemblee speciali non c'è nessuno e di
essere quindi stupito del fatto che siano presenti tre dei cinque sindaci - domanda se la
presenza degli amministratori sia obbligatoria, quanto meno ai sensi della normativa in
materia di governance; il Presidente precisa che la presenza a questa assemblea, come
pure alle altre, è – semmai – opportuna, ma non obbligatoria.
Interviene l'avvocato Elman Rosania (socio e delegato dei signori Vito Antonio
Acquavia, Tommaso Bufano, Andrea Cappiello, Potito Casella, Donato Antonio De
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Bonis, Gianpaolo Cristian Di Lucchio, Loredana Erminia Di Lucchio, Pasquale Galano,
Domenico Angelo Giglio, Maria Adelaide Mitrione, Cinzia Annamaria Varlotta e
Giovanni Varlotta) per chiedere che sia dato atto dei nominativi dei funzionari e
dipendenti della Società presenti in sala; al che è comunicata la presenza della signora
Simona Stocchi e del signor Aldo Tominetti.
Il dottor Bellei informa quindi gli intervenuti che, ai sensi dell’art. 3 del Regolamento
Assembleare, è in corso registrazione audio ai soli fini di supporto nella redazione del
verbale.
Comunica ancora che il capitale sociale alla data odierna è di euro 6.684.287.462 ed è
rappresentato:
• per euro 6.673.434.186 da numero 13.346.868.372 azioni ordinarie;
• per euro 10.853.276 da numero 21.706.552 azioni di risparmio.
Precisa che l’assemblea, come specificato nell’avviso di convocazione, riguarda
esclusivamente i possessori di azioni di risparmio e, conseguentemente, il capitale
sociale al quale far riferimento, ai fini della costituzione dell’adunanza e della validità
delle deliberazioni, è del succitato importo di euro 10.853.276 rappresentato da numero
21.706.552 azioni di risparmio dal valore nominale di euro 0,50 ciascuna.
Comunica che sono, al momento, rappresentate numero 62.140 azioni di risparmio - pari
allo 0,28627% del capitale sociale riferito alle sole azioni di risparmio - da numero 14
presenti (numero 8 titolari di diritto di voto sono presenti in proprio e numero 18 titolari
di diritto di voto sono rappresentati per delega).
I signori Pier Luigi Zola e Domenico Le Pera chiedono di avere copia del foglio
presenze; l'avvocato Elman Rosania prega fornire, per completezza, l'elenco dei
partecipanti completo delle date e luoghi di nascita in allegato al verbale (come –
afferma – essere già avvenuto per altre assemblee di Capitalia), e che sia precisata e
messa a verbale l'eventuale presenza di stampa nazionale o internazionale.
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Il Presidente chiarisce di aver già comunicato quest'ultimo dato; viene altresì precisato
che i dati richiesti saranno forniti, se in possesso della struttura della Società che si
occupa della predisposizione del foglio presenze.
Quindi il Presidente comunica che:
- in relazione al disposto dell’allegato 3E Regolamento Emittenti adottato con delibera
11971 del 14 maggio 1999 e successive modifiche e fatto riferimento alle sole azioni di
risparmio, non risultano azionisti che detengano direttamente o indirettamente oltre il
2% del capitale rappresentato da azioni di risparmio;
- sempre in relazione al disposto dell’allegato 3E Regolamento Emittenti adottato con
delibera 11971 del 14 maggio 1999 e successive modifiche, e sempre fatto riferimento
alle sole azioni di risparmio, alla società non risulta l’esistenza di patti parasociali;
- è stata accertata la legittimazione all'intervento dei soci presenti o rappresentati e così
l'identità degli azionisti o dei loro rappresentanti, ed è stata così effettuata la verifica
della rispondenza delle deleghe alle disposizioni di cui all’art. 2372 del Codice Civile ed
all’art. 142 del “Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione
finanziaria”.
Il Presidente dichiara quindi l'assemblea regolarmente costituita e valida per
deliberare sugli argomenti posti all'ordine del giorno a termini di legge e di statuto.
Chiede quindi ai presenti di comunicare se ci sia qualcuno che si trovi in eventuali
situazioni di esclusione del diritto di voto ai sensi della disciplina vigente. Nessuno
interviene.
Il dottor Bellei quindi
- si riserva, dal momento che l'affluenza alla sala assembleare potrebbe continuare,
di comunicare nuovamente le presenze al momento delle rispettive votazioni,
fermo restando che l'elenco nominativo degli azionisti partecipanti in proprio o
per delega, con specificazione delle altre informazioni necessarie, costituirà
allegato al verbale della riunione;
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- informa gli intervenuti che le votazioni dell’odierna assemblea avranno luogo
mediante alzata di mano e li invita, per consentire la migliore regolarità allo
svolgimento dei lavori dell'assemblea, a non assentarsi fino a votazioni avvenute;
- chiede a chi avesse necessità di uscire di registrare la propria uscita presso la
segreteria e l’eventuale successivo rientro.
Conclusa questa introduzione, si passa alla trattazione del primo argomento all'ordine
del giorno, avente ad oggetto la "Costituzione del Fondo ex art. 146 D. Lgs. 58/1998
(TUF).".
Il Presidente dà lettura della seguente relazione predisposta dall’organo amministrativo
sul punto ai sensi dell’art. 3 D.M. 437/98:
"Signori soci,
siete stati convocati in Assemblea Speciale per deliberare in merito alla proposta di
costituzione del Fondo ex Art. 146 D.Lgs 58/1998 (TUIF).
Con la presente relazione si intende fornire un'illustrazione della proposta sulla materia
all'ordine del giorno.
Ai sensi dell'art. 146, comma 1, lett. b), del TUF, l'Assemblea Speciale è competente per
deliberare la costituzione di un fondo per le spese necessarie alla tutela dei comuni
interessi degli azionisti di risparmio (il "Fondo").
Al riguardo, Vi ricordiamo che il compenso del Rappresentante Comune nonché le
spese per la convocazione e lo svolgimento delle Assemblee Speciali sono a carico della
Banca, anche in assenza del Fondo.
Si rammenta, inoltre, che la legge prevede che, in caso di costituzione del Fondo, la
provvista sia anticipata dalla Banca, la quale diviene così titolare di un diritto di
credito nei confronti dei singoli azionisti di risparmio, pro-quota, pari all'ammontare
del Fondo, produttivo di interessi al saggio legale. Al proposito, si evidenzia che per il
soddisfacimento di tale credito la Banca ha, tra l'altro, il diritto di rivalersi sugli utili
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spettanti
agli
azionisti
di
risparmio,
riducendone
pertanto
correlativamente
l'ammontare.
Il Vostro Consiglio di Amministrazione, non è a conoscenza di nuove circostanze che
supportino la necessità di costituire il Fondo, il quale, come sopra indicato, potrebbe
gravare sui dividendi destinati agli azionisti di risparmio.”.
Al termine della lettura il Presidente ricorda che nel corso della precedente assemblea
era stato deliberato di assegnare un compenso di euro 25.000 per il Rappresentante
Comune ed euro 5.000 per le spese.
Su richiesta del signor Vincenzo Trimarchi, socio e delegato della signora Clara Pisani,
viene precisato che l'ultima indicazione non è parte della relazione ma si è trattato di
chiarimento offerto dal Presidente a favore dei presenti.
Quindi, prende la parola la dottoressa Stella D'Atri, socia e Rappresentante Comune dei
possessori di azioni di risparmio, per dare lettura della seguente relazione:
"Signori soci,
siete stati convocati in Assemblea Speciale per deliberare in merito alla proposta di
costituzione del Fondo ex Art. 146 D.Lgs 58/1998 (TUIF).
Con la presente relazione si intende fornire un'illustrazione della proposta sulla materia
all'ordine del giorno.
1.1 L'art. 146 comma 1 del TUIF prevede che l'assemblea speciale deliberi, tra l'altro,
"sulla costituzione di un fondo per le spese necessarie alla tutela dei comuni interessi e
sul rendiconto relativo".
L'assemblea del 22 Aprile 2008, nella quale e' stato nominato l'attuale Rappresentante
Comune, non prevedeva nell'ordine del giorno tale punto; si rende pertanto necessario
provvedere.
Il Fondo è necessario a dotare il Rappresentante comune delle risorse necessarie a
svolgere la propria funzione; in tal proposito va evidenziato che:
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1.
gli interessi degli azionisti di risparmio, data la particolarità di questa tipologia
di azioni, non sono necessariamente allineati con quelli degli azionisti ordinari o
del management;
2.
gli azionisti di risparmio sono privi del diritto di voto nell'assemblea ordinaria e
straordinaria della società, e trovano nel Rappresentante comune {e nel fondo)
uno strumento di tutela dei propri interessi;
3.
il fondo ha il chiaro scopo di garantire al Rappresentante comune l'autonomia
operativa ed i mezzi eventualmente necessari per difendere gli interessi della
categoria, anche nell'eventualità di una contrapposizione con la società stessa,
ma non esclusivamente a tale fine.
Ai sensi dell'art- 146, comma 1 lett. c) del TUIF, il fondo deve essere anticipato dalla
società, che potrà - a seguito di apposita decisione assunta dal Consiglio di
Amministrazione - decidere se farsi carico dello stesso o di rivalersi sulla quota di
dividendo eccedente il minimo garantito alle azioni di risparmio.
1.2
Tenendo conto che una delle voci di costo, generalmente imputate al Fondo, è il
com-penso del Rappresentante Comune, e che, per il triennio in corso (2008-2010), in
assenza di un fondo deliberato, con decisione assunta dal Consiglio di Amministrazione,
la società ha deciso di farsi carico del compenso oltre le spese nel limite di Euro 5.000,
il Rappresentante Comune, a seguito della deliberazione dei signori soci, farà formale
richiesta alla società di farsi carico dell'importo del Fondo deliberato, eccedente il
compenso, nella nuova misura.
Il Fondo può essere - a seconda dei casi - gestito autonomamente dal Rappresentante
Comune, ovvero amministrato dalla società. In tale ipotesi, deve essere garantita al
Rappresentante comune la massima autonomia nell'utilizzo dello stesso, attraverso
procedure che non prevedano una preventiva approvazione della spesa da parte della
società.
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La responsabilità dell'utilizzo del Fondo spetta al Rappresentante comune, che è
chiamato a rendicontare l'effettivo utilizzo all'assemblea ai sensi dell'Art, 156, comma 1,
lettera c) del TUIF.
1.3
Allo scopo di individuare un ammontare congruo per il Fondo comune è
necessario tenere presente che l'ammontare deve garantire un'adeguata autonomia
operativa del Rappresentante comune e deve essere potenzialmente sufficiente a
sostenere il costo degli apporti professionali richiesti a valutare eventuali operazioni
potenzialmente lesive degli interessi della categoria.
Dall'analisi delle delibere delle assemblee speciali di società italiane con azioni quotate
sul mercato regolamentato italiano relative al Fondo comune si evidenzia che il range
oscilla tra un minimo di Euro 5.000 ed un massimo di Euro 2.000.000, con i seguenti
valori:
Media
Euro 195.714
Mediana
Euro 30.000'
Media rettificata (1)
Euro 61.250
(1) La media è stata rettificata eliminando i valori minimi e massimi osservati.
Fonte: elaborazione D&C Governance su dati proprietari ~ Ottobre '08
Un altro elemento di cui tenere conto nella quantificazione del fondo è I'incidenza sul
valore del patrimonio tutelato. A tal fine si fa presente che, al 13 Novembre 2008, la
capitalizzazione di borsa delle azioni di risparmio era pari a Euro 60.127.149.
Proposta di delibera relativa al primo punto all'ordine del giorno
Dopo aver illustrato l'argomento posto al primo punto dell'ordine del giorno, sì riporta
di seguito la proposta che il Rappresentante Comune presenterà all'Assemblea.
"L'assemblea degli azionisti di risparmio di Unicredit S.p.A.
delibera
di stabilire in Euro (importo da definire) l'ammontare del fondo per le spese necessarie
alla tutela dei comuni interessi dei possessori di azioni di risparmio Unicredit S.p.A..
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Il fondo - ove utilizzato nel corso di un esercizio - dovrà essere reintegrato all'importo
originario alla data di chiusura dell'esercizio medesimo. Gli importi relativi alla
costituzione del fondo ed alla sua reintegrazione saranno anticipati dalla Società, che
potrà rivalersi sugli utili spettanti agli azionisti di risparmio ai sensi di legge.".
Al termine della lettura, la dottoressa D'Atri chiarisce che la costituzione del Fondo per
un determinato importo non determina automaticamente un diritto della Società che
anticipa la provvista a rivalersi sugli utili (sempre in eccedenza rispetto al minimo
garantito); tutto dipende infatti dalle somme effettivamente utilizzate rispetto al Fondo,
di cui è deliberato l'importo massimo di spesa. Precisa che gli utilizzi del Fondo possono
essere diversi da quelli connessi ad un eventuale contrasto con la Società e chiarisce che
la tutela degli interessi della categoria dei titolari di azioni di risparmio va intesa come
promozione dei relativi interessi. Spiega che pertanto il Fondo potrebbe essere utilizzato
per lo sviluppo di strumenti di comunicazione specifici come, ad esempio, la creazione
di una pagina Internet dedicata a tematiche o informazioni utili o di interesse per la
categoria. Afferma che ugualmente sarebbe possibile l'utilizzo del Fondo anche per la
predisposizione di pareri su temi di interesse, anche al di fuori da specifiche situazioni di
contrasto con la Società. Ritiene, infatti, che il suo utilizzo debba essere, più in generale,
teso al miglioramento della percezione del titolo e del suo valore.
Al termine il Presidente chiede agli azionisti intervenuti se - a completamento della
proposta del Rappresentante Comune - vogliano formulare una proposta circa l’entità
dell’ammontare del Fondo per la tutela dei comuni interessi dei possessori di azioni di
risparmio UniCredit.
Prende la parola il dottor Paolo Spadafora, socio e delegato della società Investimenti
Sud Italia Srl, che dà lettura della propria proposta come segue:
"In questo periodo di grandi turbamenti finanziari è molto importante che ogni player
svolga puntualmente ed in modo indipendente i compiti che gli sono attribuiti.
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Oggi ci viene proposto di dotare il rappresentante comune del fondo ex art. 146 del Tuf,
che a mio avviso, dovrebbe essere di congrua entità in relazione agli interessi da
tutelare.
Quello che stamattina è accaduto in borsa con un andamento anomalo e contrastato tra
le azioni ordinarie e quelle di risparmio (secondo rilevazioni che il socio comunica)
dimostra carenze nel flusso informativo tra la Società, il Rappresentante Comune ed il
mercato.
E’ necessario quindi dotare il Rappresentante Comune di adeguati strumenti per
l’esercizio delle prerogative previste dal Tuf. A tal fine propongo di dotare il fondo di
una somma direttamente proporzionale al numero di azoni da tutelare in ragione di un
centesimo per ogni azione di risparmio in circolazione.
Si tratta di una cifra solo accantonata e non necessariamente spesa e comunque per un
prezzo veramente ridicolo se messo in relazione ai movimenti quotidiani dei prezzi, il
cui range (fra il minimo ed il massimo) è molto al di sopra del centesimo proposto.
Visto il dividendo del 2007 per le azioni di risparmio (0,265 euro), l’incidenza sulla
redditività del titolo risulta irrisoria ma, al contempo, dotando il rappresentante degli
strumenti per svolgere pienamente la propria missione, i vantaggi in termini di crescita
di valore potrebbero essere infinitamente maggiori del centesimo impegnato.
La mia proposta è pertanto di stabilire in 217.065 euro l’ammontare del fondo per le
spese necessarie alla tutela dei comuni interessi dei possessori di azioni di risparmio
Unicredit Spa.".
Al termine, il Presidente chiede al socio se la proposta formulata è da ritenersi
comprensiva del compenso e dei rimborsi. In esito a breve scambio di richieste di
chiarimenti e precisazioni fra il dottor Bellei, il Rappresentante Comune, il notaio ed il
dottor Spadafora, quest'ultimo precisa che la proposta avanzata deve ritenersi
comprensiva di tali voci.
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Interviene quindi il socio Elman Rosania che chiede alla Rappresentante Comune se,
con le proprie precisazioni, abbia proceduto ad integrare la relazione che era stata
depositata sul sito. La dottoressa Stella D'Atri conferma la circostanza.
Il socio chiede quindi, formalmente, di intervenire ed afferma che il Presidente, essendo
stato presente alle passate assemblee, probabilmente conosce il modo di procedere del
socio stesso. Annuncia di aver predisposto un testo scritto che esprime la sua puntuale
volontà ed il suo pensiero e ne chiede l’inserimento integrale a verbale. Illustra come sia
questo il suo uso da quando è stato costretto, insieme ad altri azionisti di minoranza di
Banca Mediterranea, ad essere incorporato, a maggioranza, all’interno della società
capitolina. In tal modo, chiosa, "non ho mai demandato ad alcuna interpretazione orale il
mio pensiero".
Dà quindi lettura del proprio intervento facendo presente che il testo scritto sarà
consegnato al notaio; chiede tuttavia di avere la possibilità di correggerlo in maniera tale
da presentare un "testo pulito".
Si dà atto che, nel corso dell'intervento, il socio, fra l'altro:
- ottiene conferma della circostanza che la lingua ufficiale della corrente assemblea è
quella italiana;
- ottiene il permesso dal Presidente di registrare – autonomamente - il solo proprio
intervento, come afferma essergli stato consentito nel corso di altri interventi nelle
precedenti riunioni assembleari;
- ad espressa domanda del notaio conferma che, in caso di difformità fra il testo scritto e
quanto espresso in assemblea, prevarrà il testo scritto; accenna alle ragioni di tale
desiderio. Si riproduce qui di seguito il testo consegnato:
"Assemblea speciale dei portatori di azioni di risparmio Unicredit spa - Milano 4 dicembre 2008
INTERVENTO SCRITTO DI ELMAN ROSANIA
PER MINORANZA PROVENIENTE DALL’EX CONTROLLATA BANCA MEDITERRANEA SPA
da trascrivere integralmente al punto n. 1 all’o.d.g.
“Costituzione del Fondo ex art. 146 D. Lgv 58/1998 (TUIF)”
14
-°-°-°-°-°-°-°-°-°-°-°-°-°-°-°-°-
«« Illustre Signor Vice Presidente, Signor Rappresentante Comune degli Azionisti Portatori di Azioni
di Risparmio,
Illustri Signori Amministratori, Sindaci, Azionisti di Risparmio e Partecipanti tutti,
prendo la parola in questa Assemblea Speciale degli azionisti portatori di azioni risparmio in lingua
italiana (e non in inglese, la lingua ufficiale imposta durante lo svolgimento delle assemblee ordinarie e straordinarie di
Unicredit spa primo Gruppo Bancario Italiano), comunicando che sto provvedendo alla relativa registrazione
audio.
Intervengo per conto della minoranza costituita da soci (persone fisiche) del sud Italia collocati nelle
province di Potenza (regione Basilicata), di Foggia (regione Puglia), di Avellino e Salerno (regione Campania),
nonché detentori di modeste interessenze in azioni ordinarie Unicredit spa e recentemente divenuti
anche titolari di azioni di risparmio Unicredit spa.
Soci che mi hanno incaricato di partecipare all’odierna Assemblea Speciale (differente dalle altre assemblee
ordinarie e straordinarie di Unicredit spa) al fine di conoscere meglio la realtà del Gruppo Bancario Unicredit,
nel quale gli stessi soci minoritari sono stati “costretti” a confluire a seguito della fusione per
incorporazione dell’ex controllata meridionale Banca Mediterranea spa (con sede a Pescopagano prov.
Potenza) in Banca di Roma spa (all’epoca titolare del 53,09% del capitale sociale) varata a maggioranza dalle
competenti assemblee societarie tenute a Potenza ed a Roma rispettivamente il 26 e 28 aprile 2000.
In effetti la Banca di Roma spa (incorporante di Banca Mediterranea spa) si trasformava nel 2002 in Capitalia
spa che, a sua volta, confluiva nel 2007 in Unicredit spa; e pertanto i soci (persone fisiche) di minoranza
del sud Italia da me rappresentati sono divenuti azionisti di Unicredit spa non per libera scelta, ma
unicamente per effetto della fusione per incorporazione e del relativo concambio azionario loro
imposto nel 2000.
Sulle cause e sulle modalità della “discussa” operazione di fusione dell’ex controllata Banca
Mediterranea spa e del conseguente forzato mutamento di destinazione dei risparmi dei soci (persone
fisiche) di minoranza lucani, campani e pugliesi del sud Italia ho svolto diversi interventi, presenziando insieme ad alcuni di loro ed insieme a colleghi ed esperti e collaboratori - a tutte le assemblee degli
azionisti di Banca di Roma/Capitalia spa svoltesi a Roma dal 2000 fino al 30.07.2007 (data dell’ultima
assemblea della storia di Capitalia spa nella quale veniva approvata la fusione per incorporazione della banca romana nella
banca lombardo-ligure Unicredit spa).
E la stessa minoranza meridionale ha preso parte anche all’assemblea degli azionisti di Unicredit spa
tenuta il 30.07.2007 a Genova, nonché alle altre due assemblee ordinarie e straordinarie tenute a Roma
in data 08.05.2008 e 14.11.2008 (cioè successivamente all’acquisizione di Capitalia spa da parte di Unicredit spa).
In merito alla fusione per incorporazione della Banca Mediterranea spa in Banca di Roma spa
(controllante fin dal 1995 della quota del 50,03% della banca meridionale, salita poi al 53,09%) fu scritta una pagina
non bella sul rispetto della verità e dei diritti delle minoranze, per cui gli stessi soci del gruppo da me
rappresentato sottoposero quella “discussa “ incorporazione del 2000 al vaglio della magistratura civile.
Ci sono voluti ben otto anni circa per definire la prima fase del giudizio ed il 5 febbraio c.a. è stata
depositata la sentenza n.71/2008 da parte del competente Tribunale Civile di Melfi (nella regione Basilicata
del sud Italia) che ha gravemente censurato il comportamento dell’incorporante Banca di Roma/Capitalia
spa, annullando per mancanza di chiarezza, precisione e verità il bilancio dell’ex controllata Banca
Mediterranea spa al 31.12.1999 - preso a base della determinazione del patrimonio dell’ incorporata,
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nonché rideterminando il rapporto di concambio in maniera più favorevole alla minoranza da me
rappresentata in misura superiore al 35 % del prezzo concambiato deliberato a maggioranza il 26 e 28
aprile 2000 sia a Potenza che a Roma.
Di questa sentenza, impugnabile in secondo grado, è allegato lo stralcio delle pagine
1/40/57/58/59/61/63 al verbale dell’assemblea ordinaria dei soci Unicredit dell’8 maggio 2008 (allegato
E/2 verbale-atto al repertorio n. 4606 del notaio Salvatore Mariconda), quale parte integrante del mio intervento
svolto nella citata assemblea di bilancio a Roma (nella quale peraltro, a fronte dei 381.000 soci Unicredit spa,
erano presenti soltanto 134 aventi diritto al voto - tra soci e delegati non soci - con un indice percentuale di partecipazione
assembleare pari a 0,0003517 per cento).
E detta sentenza pare essere unica nel suo genere e senza precedenti non soltanto in Italia e comunque
prova che, pur tra infinite difficoltà e complessità giudiziarie e di varia natura, non è poi impossibile
per le minoranze azionarie e per i singoli risparmiatori far valere le proprie legittime ragioni contro
maggioranze azionarie ed amministratori che controllano banche e finanza.
Va ancora detto che, come già precisato nell’intervento da me reso all’assemblea dei soci Unicredit
dell’8 maggio 2008, la sentenza ha accolto parzialmente le richieste dei soci del gruppo di minoranza
da me rappresentati sul punto del risarcimento dei danni determinato dalla nullità del bilancio come
riconosciuta in via principale dal competente Tribunale Civile di Melfi.
Ad ogni modo, riguardo al primo punto all’ordine del giorno sulla costituzione del Fondo ex art. 146
Decreto Legislativo n.58/1998 (TUIF) la minoranza di provenienza dall’ex controllata Banca
Mediterranea spa ha preso atto della relazione del Rappresentante Comune, nonché della relazione
illustrativa depositata dal Consiglio di Amministrazione di Unicredit spa ed allo stato, salvo ulteriori
approfondimenti, si pronuncia a favore della costituzione del detto Fondo, anche in considerazione
delle integrazioni orali rese in questa assemblea dal Rappresentante Comune rispetto alla relazione
scritta del 17 novembre 2008 depositata presso gli uffici di Unicredit spa.
Pertanto, Signor Vice Presidente e Signor Rappresentante Comune, per la minoranza proveniente
dall’ex controllata Banca Mediterranea spa (anche per delega assembleare conferitami dai sigg. prof. Maria
Mitrione, Giulia Notargiacomo, dott. Potito Casella, geom. Pasquale Galano, dott. Loredana Di Lucchio, dott. Gianpaolo Di
Lucchio, Vito Antonio Acquavia, prof. Lidia Luciano, rag. Donato De Bonis, dott. Tommaso Bufano, comm. Domenico
Giglio, geom. Andrea Cappiello, dott. Cinzia Varlotta e Giovanni Varlotta) voterò a favore di questo primo punto
all’o.d.g. insieme agli altri professionisti delegati dalla stessa minoranza meridionale: il dott.
Francesco Rizzo (delegato del socio Salvatore Catapano), già partecipe alle assemblee dei soci di Capitalia
spa tenute a Roma il 30.04.2004 ed il 28.06.2007, nonché all’assemblea dei soci Unicredit tenuta a
Genova il 30.07.2007 ed il dott. Michele Tucciariello (delegato della socia Lidia Luciana).
Vi ringrazio per l’attenzione ed auguro buon proseguimento dei lavori »»."
Interviene quindi il professor Gianfranco D'Atri che constata come, per la prima volta,
questa riunione sia così affollata.
Ringrazia i presenti ed afferma che gli assenti hanno sbagliato.
Spiega come finora sia stata condivisa la circostanza che l’assemblea degli azionisti di
risparmio è "un’assemblea normale" della Società: infatti è presieduta secondo statuto e
si dà la parola a tutti. Quindi, prosegue, se si tratta di un’assemblea normale, si applica
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anche il codice di autodisciplina, che prevede per gli amministratori – a suo dire l’obbligo, non il piacere, di essere presenti. Non gli sembra che l'esiguo numero delle
azioni di risparmio presenti alla riunione abbia rilevanza da un punto di vista legale:
osserva che le presenze potrebbero diventare di più ove, con apposita delibera, venissero
emesse altre azioni di risparmio ovvero potrebbero essere di meno, se le medesime
azioni venissero "tolte dalla circolazione". Chiarisce che quel che conta è che, alla data
odierna, c’è un’assemblea e considera tale circostanza un segnale positivo. Esclude che
ci sia stata, da parte degli amministratori, una volontà esplicita di offendere 10-12
persone che sono presenti (afferma che in molte assemblee ordinarie di società quotate
non si hanno neanche 10-12 persone presenti). Quindi, chiede al Presidente di
sottolineare questo richiamo agli amministratori non intervenuti ed invita il Collegio
Sindacale a riflettere su tale richiamo che è doveroso, "perché dovevano essere
presenti".
Rileva infatti che – ove non si decida di far scomparire la categoria delle azioni di
risparmio – tali azioni vanno valorizzate. Evidenzia come quella compiuta dagli
amministratori sia operazione molto articolata, "in cui di fatto si emettono strumenti
speciali": pur non volendo entrare nel merito dello strumento, rileva come stia
prevalendo un'idea di differenziazione delle forme tecniche di raccolta del risparmio e
del denaro. Osservato come ci siano già le azioni di risparmio, afferma che non è il caso
di renderle meno interessanti trascurandole. Considera che - in tal modo - si avrebbe
l'effetto di trascurare "chi ha messo i soldi" e ricorda come l'attività principale di
UniCredit sia la raccolta dei soldi.
Afferma quindi che, già solo a livello linguistico, sottovalutare il ruolo delle azioni di
risparmio è un errore di comunicazione di cui non si è in grado di valutare l'impatto.
Si chiede se la perdita di 50 centesimi dell’azione di risparmio negli ultimi giorni possa
essere effetto di questo atteggiamento, o se ciò dipenda da altre motivazioni. Riferisce
trattarsi di circostanza che "non sappiamo" ma che deve trattarsi di qualcosa che deve
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essere sottoposta all'attenzione del collegio sindacale in quanto è l’organo che deve
generalmente verificare che il comportamento degli organi societari sia congruo.
Afferma di considerare in modo positivo per l'interesse della Società la proposta relativa
al Fondo perché - alla data odierna - non esiste nessun contrasto come invece avviene in
altre realtà societarie (cita in proposito lo stanziamento di un fondo da un milione di
euro stante l'esistenza di un conflitto fra gli azionisti di risparmio ed una società,
conflitto poi risolto).
Chiarisce che, in altri termini, non si tratta di stabilire "un fondo per andare in causa" ma
di una circostanza atta a trasmettere al mercato un segnale positivo: l'organizzazione
viene dotata degli strumenti idonei a contribuire all’analisi delle situazioni e dei fatti
nonché - in caso estremo ed ai sensi di legge - anche a munire il Rappresentante Comune
di strumenti validi al contrasto.
Osserva come, operando diversamente, si potrebbe mandare un altro messaggio che
potrebbe essere percepito come "dal momento che forse abbiamo fatto qualcosa di
sbagliato, è meglio che noi stessi non diamo gli strumenti che potrebbero servire ad
enfatizzare questo nostro errore". Il professor D'Atri sottolinea come la costituzione del
fondo serva invece a mandare un segnale esattamente opposto che suoni come "siamo
sicuri di avere fatto bene e quindi ben vengano gli strumenti di tutela". Il professore
chiarisce che ovviamente questo non è - direttamente – un compito del consiglio di
amministrazione, ma dei soci.
Afferma quindi che l’importo del fondo può variare in quanto non esistono regole fisse,
oggettive, e che l’importo può essere determinato in qualsiasi maniera, ma l’importante
è che il fondo venga stabilito.
Osserva come un'indicazione in tal senso nella relazione (relativa ad un fondo di un
certo numero di euro di cui si sarebbe potuta far carico la Società) sarebbe stato un
messaggio positivo per gli azionisti: l'aver invece detto che del fondo non c'è bisogno o
non serve gli pare abbia una valenza negativa.
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Afferma che sarebbe opportuno avere consapevolezza della circostanza che la creazione
del Fondo (sulla cui misura ognuno può avere poi un’opinione diversa) è funzionale al
miglioramento dell’immagine della società nei confronti del mercato e ciò prim'ancora
di contare chi è a favore e chi è contro.
Cita, quindi, il passaggio della relazione degli Amministratori che, a pagina 3, recita "il
vostro consiglio di amministrazione non è a conoscenza di nuove circostanze che
supportino la necessità di costituire il fondo" per sostenere che si tratta di una frase
sbagliata. Afferma che, invece, la circostanza esiste ed è rinvenibile nell'incorso
aumento straordinario (pertanto – rileva - come, al massimo, tale necessità non ci sia
stata fino a settembre) e chiede per quale motivo gli amministratori abbiano ritenuto che
quella circostanza non implichi la costituzione del fondo; precisa non essere necessario
che la risposta sia fornita in questa sede.
Concludendo, chiede al Presidente, quale unico amministratore presente, di indicare a
nome del Consiglio un importo che riterrebbe congruo quale ammontare del fondo e
precisa che la risposta potrebbe anche essere "zero". Chiede la verbalizzazione della
risposta che sarà fornita.
Interviene quindi il signor Vincenzo Trimarchi, il quale – precisato di prendere la
parola quale socio, nonché quale delegato - chiede - affinché tutti possano leggerlo - la
distribuzione di un appunto che dichiara costituire parte del proprio intervento.
Avvenutane la consegna agli intervenuti, il socio porge un saluto e chiarisce che il
proprio intervento “sancisce due aspetti”.
Il primo è il neminem laedere: il non danneggiare alcuno, "espressione del diritto
romano che sanciva il principio di convivenza civile la cui violazione determina
responsabilità. La complessità crescente della società amplifica ed estende la validità
del principio dal campo giuridico a quello dell’organizzazione dei rapporti, non solo
contrattuali, fra i diversi attori economici. La corporate governante delle grandi
aziende, oggi, deve prendere atto della pluralità di interessi portati da soggetti, diversi
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dai soci di controllo e dai manager. Questi stakeholder subiscono le conseguenze delle
scelte aziendali senza averne avuto piena conoscenza e senza possibilità di contribuire
alla loro definizione. L’adesione concreta all’antico principio fornisce un codice di
condotta di semplice applicazione ma di forte impatto, soprattutto nell’attuale
congiuntura.".
L’altra definizione (che pure al socio premerebbe offrire e che, afferma, essere stata da
lui stesso coniata ed ancora in fase di elaborazione) è quella di azionista di riferimento.
Afferma che negli ultimi due anni il suo patrimonio è stato "letteralmente devastato dalle
questioni che noi ben conosciamo delle crisi finanziarie".
Il signor Trimarchi afferma di ritenersi un azionista di riferimento, non di maggioranza,
e di considerare "azionista di riferimento colui che investe direttamente il proprio
patrimonio economico (con i soldi di tasca propria) in acquisto di azioni delle società",
persona i cui denari servono anche a retribuire gli amministratori (che per statuto hanno
l’obbligo di creare valore per gli azionisti) ed i sindaci (che hanno l’obbligo di
controllare l’operato degli amministratori).
Alla luce di queste due precisazioni (che definisce i paletti sui quali poggiano le teorie
che il socio porta all'attenzione delle assemblee di cui è in quota-parte padrone), passa
ad esaminare le relazioni del rappresentante comune degli azionisti e degli
amministratori e rileva una divergenza.
In quella del rappresentante comune degli azionisti percepisce un contributo che è
orientato alla tutela del patrimonio degli azionisti di riferimento ("il mio patrimonio
viene investito ed io ho percepito da questa relazione una forma orientata alla tutela di
questo mio investimento"). Sembra all'azionista che il fondo della cui istituzione si tratta
sia quasi un fondo di garanzia e che tale ultimo termine debba essere adottato perché la
tutela dell’investimento deve essere impressa nella mente degli amministratori. Osserva
quindi con varie argomentazioni – precisando che non si tratta di una questione
personale - che l’unica cosa che non va male sono le retribuzioni degli amministratori,
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che rimangono le stesse anche quando crollano i titoli. Considera questa situazione
sempre più intollerabile ed auspica che, proprio adesso ed in questa fase, si impari ad
ascoltare con grande attenzione ed a rispettare eventuali meccanismi di tutela di coloro
che – in questa situazione - stanno realmente soffrendo e ciò perché "io sto soffrendo e
voi no".
Dalla lettura della relazione degli amministratori percepisce, invece, una scarsa
attenzione alle garanzie del proprio investimento. Osserva come in essa si ricordi "che il
compenso del Rappresentante Comune nonché le spese per la convocazione e lo
svolgimento di Assemblee … sono a carico della Banca, anche in assenza del Fondo". Si
chiede chi avrebbe dovuto farsene carico. Pensa che si tratti comunque di
un’affermazione che lascia percepire una demotivazione o una scarsa attenzione nei
confronti dell'investimento.
Lamenta il fatto che nella relazione si dica "si rammenta.. che la legge prevede.." e che
gli amministratori non si siano fatti interpreti delle leggi; afferma che le leggi non sono
degli assiomi ma devono essere oggetto di interpretazione. Cita ancora la relazione
laddove si dice che la provvista viene "anticipata dalla Banca, la quale diviene così
titolare di un diritto di credito nei confronti dei singoli azionisti di risparmio … pari
all’ammontare del Fondo, produttivo di interessi al saggio legale. Al proposito, si
evidenzia che per il soddisfacimento di tale credito la Banca ha fra l’altro il diritto di
rivalersi sugli utili spettanti agli azionisti" per osservare che sembra un messaggio teso a
mettere in guardia l'azionista dall'arrivo di "un altro tsunami", quando invece il fondo
appare al signor Trimarchi uno strumento di tutela.
Continua la lettura recitando che “Il Vostro Consiglio di Amministrazione non è a
conoscenza di nuove circostanze che supportino la necessità di costituire il Fondo il
quale … potrebbe gravare sui dividendi destinati agli azionisti di risparmio.” Rileva,
nella veste di azionista ordinario, di aver avuto notizia che probabilmente il dividendo
sarà dato in azioni. Considera tale meccanismo "drammatico", perché quel dividendo
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poteva servire, ad esempio, a pagare una parte del mutuo della casa acquistata. A chi
volesse obiettare
"tu hai le azioni e le vendi", fa notare che l'effetto che si
determinerebbe sarebbe un altro crollo del titolo.
Rilegge quindi il passaggio “si rileva inoltre che all’articolo 6, eccetera, la
deliberazione dell’assemblea straordinaria di aumento del capitale non rientra fra le
operazioni che richiedono l’approvazione da parte dell’assemblea speciale degli
azionisti di risparmio"; osserva che tale passaggio sembra quasi dire "questi non sono
affari vostri", mentre così evidentemente non è , posto che i soci ci mettono denaro.
Ricordato il proprio interesse a che si attivino tutti i meccanismi di tutela
dell'investimento effettuato "e chi più ha da proporre proponga, non limiti".
Alla luce del richiamo ad “un esaustivo esame delle misure di rafforzamento del capitale
contenuto nella relazione illustrativa degli amministratori per l'assemblea che si è
svolta il 14 novembre”, il socio afferma di aver partecipato, aver svolto una serie di
domande ed avuto delle risposte, ma non la risposta cruciale "i cosiddetti interessi che si
pagheranno a quelli che avranno in possesso i cashes li pago io dal mio dividendo?".
Invitato a considerare che si tratta di osservazioni inerenti il punto 2 all'ordine del
giorno, conclude esprimendo il desiderio di vedere registrato "un mio urlo di dolore
rispetto a questa fase in cui il mio patrimonio economico è stato letteralmente
devastato".
Interviene il socio Paolo Rainelli, che preliminarmente ringrazia il consiglio di
amministrazione e la rappresentante comune per la predisposizione delle relazioni
illustrative.
All’esito della discussione finora svoltasi, il socio afferma di ritenere che la costituzione
del fondo - allo stato attuale – rappresenti un costo non necessario. Quindi, considerata
la sua idoneità ad incidere sui dividendi percepibili in futuro dagli azionisti di risparmio,
preannuncia voto contrario alla proposta del rappresentante comune, ringraziando
comunque per l’illustrazione e per la discussione che c’è stata.
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Interviene quindi il socio Pier Luigi Zola; dopo alcune considerazioni preliminari,
rileva l'entità dei compensi, degli onorari e delle stock options (stratosferiche, inadeguate
e fuori dai tempi) per consiglieri ed amministratori delegati e che accadano cose di cui si
parla ma a fronte delle quali, poi, non sono presi provvedimenti.
Considera veramente speciale questa assemblea speciale, perché questo tipo di
assemblee si risolve normalmente in pochi minuti ed i rappresentanti comuni sono
inattivi ed ingessati sulle posizioni della società.
Fa cenno ad altra società, che cita, onde poter svolgere un paragone in relazione
all'acquisto di azioni finalizzato ad avere la maggioranza in sede di assemblea speciale.
L'azionista riferisce quindi che qualcuno avrebbe detto che qualcosa del genere stia
capitando anche in questa Società. Comunica di avere fatto un confronto con
l’assemblea del 27 aprile (ultima assemblea speciale che ha nominato la dottoressa
D'Atri) quando la Cordusio era presente con 16.000 voti, mentre il gruppo che poi ha
nominato la dottoressa D’Atri era a 24. Gli sembra che oggi, salvo errori (e chiede di ciò
conferma al Presidente, se informato sulla natura dei soci), Cordusio sia passata a 17.000
voti. Rileva come i nomi di Giancarlo Gervasoni e Luca Laurini siano scritti in
minuscolo rispetto agli altri che sono scritti in maiuscolo e chiede pertanto se Luca
Laurini è portatore di un qualcosa che si avvicina a Unicredit. Afferma di aver fatto
questa richiesta perché, sommando i 20mila dell'uno ai 17mila dell'altro si avrebbero
37mila voti, la maggioranza su 62mila.
Afferma di avanzare questa richiesta di chiarimento solo per vedere se sia possibile fare
un confronto fra questa situazione e quanto accaduto in altra citata società. Afferma che
tutto ciò – pur essendo ovviamente legittimo – gli appare un sistema per correre ai ripari
e voler veramente impedire certe situazioni.
Quanto poi alla proposta in discussione, auspica una distinzione fra il concetto di
onorario più rimborso eventuali spese per il rappresentante comune e quello che è il
fondo comune; così è – riferisce – per altre assemblee speciali di ogni tipo (privilegiate,
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di risparmio, obbligazionisti e così via) ove, in genere, il fondo comune è da intendersi
al di fuori dell’onorario. Afferma che normalmente l’onorario è dato per non fare niente,
passare i 3 anni, fare fattura, non convocare mai nessuno e non dire mai niente a
nessuno.
Osserva come in questa società, invece, il rappresentante comune si sia già attivato,
abbia fatto delle cose, come essersi procurata delle tabelle da presentare ai soci per la
determinazione dell’eventuale ammontare del fondo comune.
Entrando nel merito dell'argomento in discussione, afferma di non essere d'accordo con
il passaggio della relazione degli amministratori ove si accenna alla previsione di legge:
rammenta, infatti, come l'art. 146, comma 1, lettera c del TUF preveda una possibilità e
non un obbligo. Fatto riferimento all'intervento del socio Trimarchi ed al suo timore che
la legge potrebbe obbligare a "prelevare i soldi del fondo comune dai dividendi", osserva
come tale prelievo possa non essere esercitato. Rammenta come in altre società il fondo
venga costituito ed i relativi costi siano assunti dalla società, oltre all’onorario. Afferma
di ritenere che l’art. 146 faccia riferimento ad un fondo comune non comprensivo
dell’onorario, rammenta come nella delibera si sia parlato di onorario e non di fondo e
che, per questo motivo, "va discusso nel senso di un extra che non comprende
l’onorario".
Passa quindi ad analizzare la relazione del rappresentante comune ed afferma di volersi
soffermare su due punti.
Quanto al tipo di proposte (la media, la mediana, la media rettificata), chiarisce trattarsi
di tre valori medi desunti – come saputo da informazioni avute prima dell’assemblea dal
rappresentante comune - dall'analisi di 15 società (con rilevazione massima di un fondo
di 2 milioni a quella minima di 5.000 euro).
Chiede quindi alla dottoressa D’Atri, rappresentante comune, di chiarire meglio ancora
quali possono essere analiticamente i casi di intervento al di fuori delle ipotesi di
conflittualità o contrapposizione con la società. Riferisce di aver sentito parlare di studi e
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di un sito e fa riferimento ad altro intervento di socio per affermare che l’analisi del
punto 2 potrebbe far emergere l’opportunità, di approfondimenti su una operazione che
definisce "un po’ atipica se non anomala, sperando che sia innovativa" e manifesta, in
proposito, i propri dubbi.
Auspica che venga precisato che non c’è intenzione di fare causa a nessuno bensì di
offrire dei contributi affinché il titolo di risparmio "venga tenuto su"; ne rileva – peraltro
- l'odierno negativo andamento.
Afferma di non sapere se ciò sia dipeso dagli acquisti, circostanza che - forse - si potrà
comprendere ex post, quando ne verranno analizzati "fin dove è possibile" i movimenti.
Chiede quindi al Presidente un chiarimento circa il fatto che questi acquisti (avvenuti
nell'intervallo fra le due assemblee speciali) hanno prodotto l'effetto di spostare la
maggioranza di questa assemblea.
Accennando alla presidenza dell'assemblea, fa riferimento a vicenda di altra società e
rileva, in esito a propria analisi dello statuto, una flessibilità in materia, tale da
consentire che possa presiedere l’uno o l’altro.
Fa quindi riferimento alla constatazione dell'avvocato Rosania relativa al fatto che tutte
le assemblee del gruppo sono in lingua inglese (per aiutare il presidente che è di origine
tedesca, obbligando alla traduzione), mentre nelle assemblee speciali si usa l’italiano; si
chiede se quindi è previsto che il presidente tedesco non interverrà mai alle assemblee
speciali. Rileva la particolarità di questa presa di posizione e svolge e riferisce
considerazioni sulla simpatia del Presidente della Società.
Passa quindi ad esaminare le presenze alla corrente assemblea e - rimarcato come,
normalmente, alle assemblee speciali "se viene un consigliere e un sindaco va già bene"
– dichiara di essere contento che su cinque sindaci ne siano intervenuti tre. E’
importante, afferma, che il sindaco sia presente anche perché "con troppe assenze poi
arriva il cartellino rosso per loro". Dichiara di non sapere se c’è il cartellino rosso anche
per i consiglieri, però, richiamata la governance, riferisce che vengono scritti quintali di
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carta sul fatto che i consiglieri debbono intervenire e poi le assemblee speciali vengono
disertate da parte dei membri del Consiglio.
Anche su questo argomento, afferma, bisognerebbe cambiare strada a meno che, come
ha detto il professor D’Atri, si decida di eliminare le azioni di risparmio e - con esse - le
relative assemblee speciali.
Avviandosi al termine del proprio intervento prega il notaio di verbalizzare "al meglio il
senso delle cose" che intendeva esprimere e si riserva il diritto di replica, in esito alle
risposte ricevute.
Quindi il socio prosegue ancora brevemente esprimendo apprezzamento per la proposta
svolta dall'azionista che lo ha preceduto, trovandola ben motivata, ma invita a scegliere
una via di mezzo, utilizzando la richiamata tabellina. Accennato anche agli interessi
relativi alla giacenza del relativo importo, ove non sia speso, ed allo strumento da usare
per il relativo deposito, propone di fissare in euro 61.250 l'ammontare del Fondo, quale
proposta alternativa a quella già avanzata da altro socio.
Il Presidente dà quindi atto che, sentita la proposta della dottoressa D’Atri che ha
presentato una proposta di costituzione del Fondo senza indicarne l'ammontare, una
prima proposta circa il relativo ammontare è stata avanzata dal socio Spatafora per euro
217.065 ed una seconda, ad essa alternativa, è stata ora avanzata dal socio Zola per euro
61.250.
Interviene quindi il socio Angelo Busani, il quale esprime preoccupazione per
l’incidenza che il Fondo potrebbe avere sui dividendi. Invita quindi i soci a privilegiare
la non costituzione del fondo e a tendere al recupero il più possibile dei dividendi, e
pertanto a votare contro la proposta di delibera di istituzione del Fondo medesimo.
Prende la parola l'azionista Vincenzo Trimarchi per proporre che, come per gli
investitori istituzionali che possono accedere a questi cashes, si potrebbe stabilire che il
Fondo, proprio in virtù di una posizione istituzionale, potrebbe acquisire questi cashes
con i relativi vantaggi.
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Interviene il signor Domenico Le Pera, delegato della società DC Governance, e precisa
che la società che rappresenta si occupa di corporate governance. Riferisce di aver
condotto un’analisi sulla materia costituente il punto all'ordine del giorno e quindi di
come tenga a dare, in proposito, l’opinione della società da lui rappresentata.
Illustra come la legge preveda il Fondo come uno strumento di tutela, che, nella
situazione attuale di incertezza, egli vede necessario e doveroso. Afferma di ritenere la
proposta del rappresentante comune oltremodo opportuna. Ribadisce che l'attività svolta
dalla DC Governance è proprio quella di lavorare sulla corporate governance, e quindi
sulle migliori pratiche di mercato. Conferma che non ci sono obblighi di legge sul punto
(dato che, sicuramente, la società ha cose molto più importanti a cui pensare), ma che
tuttavia i dettagli contribuiscono a dare al mercato un’immagine positiva, attenta e
puntuale della società: pertanto ritiene la costituzione del fondo una delibera doverosa.
Rileva che per quanto concerne l’ammontare del Fondo medesimo ci siano opinioni
differenti. Richiamata l'attenzione degli intervenuti su alcune espressioni utilizzate nella
relazione degli amministratori che non fanno chiarezza in merito al tema del fondo
comune, evidenzia come i relativi assunti non trovano un riscontro puntuale nella legge,
ma costituiscono un’interpretazione non unanime della dottrina. Rileva come altresì si
tratti di una materia non approfonditamente analizzata. Afferma che quanto sostenuto
dal Consiglio di Amministrazione non è condivisibile e che, pertanto, gradirebbe un
approfondimento in merito da parte della Società.
Quanto all'ammontare del Fondo, riferisce di essere stato anch'egli in procinto di
proporre una cifra in linea con la prassi di mercato, e quindi coincidente con la media
rettificata. Specifica che la media rettificata è stata calcolata, a quanto gli risulta,
semplicemente escludendo dall’insieme numerico di riferimento il valore massimo (due
milioni) ed il valore minimo (cinquemila euro): la media rettificata così ottenuta è pari a
61.250 euro, importo che gli appare congruo.
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Dichiara quindi di associarsi alla proposta già fatta da altro socio e chiede di integrare la
proposta del rappresentante comune con questo specifico importo. Riferisce di ritenere
valide le considerazioni già svolte ed invita il Rappresentante Comune a chiedere alla
Società di farsi carico di questo importo per la quota eccedente.
Afferma, quindi, di non condividere l’interpretazione dell’articolo 146 del Testo Unico
data dal Consiglio di Amministrazione (quando si definisce la possibilità - che,
ribadisce, è una possibilità stabilita dalla legge - di rivalersi, su una quota di utili, nei
confronti dei singoli azionisti di risparmio). In particolare, afferma che, contrariamente a
quanto dedotto dal consiglio di amministrazione – deduzione sulla quale dissente - dalla
lettera della legge non risulta uno specifico riferimento alla produttività di interessi al
saggio legale.
Prende nuovamente la parola il socio Pier Luigi Zola il quale integra la propria proposta
chiedendo che, anche a ragione di quanto affermato dal socio Le Pera, il Fondo sia posto
a carico della Società, che provveda altresì a gestirlo. Chiede si usi un libretto al
portatore, magari gestito dalla Società, e che gli eventuali nuovi utilizzi vadano appunto
a carico della Società, senza onerare i dividendi degli azionisti di risparmio.
Ribadisce che, come riferitogli prima dell’assemblea dal Rappresentante Comune, non
c’è nessuna intenzione, né nessun motivo di fare causa. Afferma che questo
Rappresentante, a differenza di quelli che stanno "lì a fare la mummia per tre anni", si è
già attivato, forse anche a titolo gratuito.
Invita ad infondere coraggio ed a dare una svolta nuova, che sia anche di esempio.
Ribadisce che si possono anche far sparire le azioni di risparmio, ma che "questa
manfrina del rappresentante comune che fa la mummia" proprio non gli piace. Tale
costume, con il tempo, dovrà cambiare, anche perché si spendono tanti soldi in cose
"veramente avventurose a livello di consigli di amministrazione, di amministratori
delegati e di presidenti", trascurando l’azionariato diffuso.
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Il signor Luca Laurini, delegato del socio Marinella Odello, si associa all’intervento del
signor Busani e di altro socio: non ritiene in questo momento utile la costituzione del
Fondo e quindi preannuncia proprio voto contrario.
Il dottor Bellei invita quindi la dottoressa Stella D'Atri a prendere la parola.
Il Rappresentante Comune spiega di voler offrire dei chiarimenti a chi li ha richiesti.
Chiarisce che il Fondo consiste in somme che vengono messe a disposizione e che esiste
un tetto di spesa, cioè un limite massimo per le somme che sono a disposizione del
Rappresentante Comune per la tutela degli interessi della categoria.
Precisa, anche al fine di tranquillizzare i soci (e ciò indipendentemente dalle intenzioni
di voto di ciascuno), che il Rappresentante Comune è tenuto a presentare un rendiconto
delle spese sostenute; comunica che ciò vale per qualunque spesa effettuata, anche di
ordine operativo, come il trasporto, e sebbene siano state già deliberate al momento della
nomina.
Quanto poi all’utilizzo del Fondo, precisa che, anche alla luce di esperienze di altri
Rappresentanti Comuni di altre società in cui ci sono azioni di risparmio, ove si
presentassero situazioni di contrasto, il Fondo costituirebbe anche la fonte per accedere a
consulenze legali. Non è tuttavia questo, precisa, lo spirito, bensì quello di permettere
alla Società tutta (inclusi gli azionisti di risparmio) di crescere e di incrementare il
proprio valore. Ribadisce che non c’è un interesse o una intenzione specifica di fare
causa alla Società per partito preso o per gusto personale.
Al socio Zola che chiedeva cosa si potesse fare con quanto messo a disposizione,
accenna alla possibilità di creare una sito internet dedicato agli azionisti di risparmio.
Osserva che attualmente le informazioni del sito di UniCredit si riferiscono, come è
giusto, a tutti i soci, mentre ritiene che i soci di risparmio avrebbero invece necessità di
informazioni più specifiche nei loro riguardi. Accenna così alla possibilità di mettere a
disposizione i recapiti del Rappresentante Comune, allo stato non disponibili sul sito.
29
Annovera anche il possibile ricorso a consulenze di tipo economico e legale, non
strettamente legate all'insorgere di una causa.
Rinnovato l'augurio che la Società continui a crescere, sottolinea come sia stata portata
avanti una strategia – e chiede le sia concesso di usare un termine senza alcuna
connotazione negativa – abbastanza "aggressiva", mediante una serie di acquisizioni e di
operazioni straordinarie. Ritiene quindi che, per tutelare gli interessi della categoria,
potrebbe essere utile che il Rappresentante degli azionisti di risparmio avesse la
possibilità di ottenere dei pareri che siano indipendenti da quelli ottenuti dalla Società.
Ribadisce che questo modus operandi serve semplicemente a rassicurare gli azionisti di
risparmio sulla circostanza che i loro specifici interessi non vengono danneggiati e che,
anzi, le operazioni portate avanti dalla Società contribuiscono alla creazione di valore.
Riferisce poi, in risposta a quesito avanzato, che i fondi possono essere impostati in due
maniere: si può mettere una somma di denaro direttamente a disposizione del
Rappresentante Comune (ricorda come fosse usato un libretto di risparmio ed immagina
che oggi si potrebbe pensare ad uno strumento come una carta prepagata o qualcosa del
genere), ovvero la società direttamente si occupa di effettuare il pagamento di quanto
richiesto dal Rappresentante Comune tramite i mezzi che ritiene più opportuni (ad
esempio un bonifico). La dottoressa specifica di ritenere l'utilizzo del bonifico bancario
il mezzo più ovvio.
Interviene a questo punto l 'avvocato Rosania per chiedere al Presidente di poter operare
su di un computer al termine dell'assemblea per correggere eventuali refusi come gli era
concesso in Capitalia.
Il dottor Bellei cede quindi la parola al dottor Michele Carpaneda, delegato del socio
Eracle Sas di Domenico Le Pera. Il delegato rammenta come sia in corso, nel mondo e
in Italia, una situazione di conclamata crisi finanziaria e, soprattutto, di crisi di fiducia
complessiva. Spiega come, al di là della crisi finanziaria, c'è il terrore di un drastico
crollo dei consumi e come ciò significherà scioperi, disoccupazione e recessione.
30
Dichiara che c'è la paura della recessione e poco o nulla viene fatto, nella misura del
possibile, per evitarla.
Osserva come - proprio in tale momento storico - l'assemblea in corso sia quella degli
azionisti di risparmio, cioè dei titolari di uno strumento giuridico creato nel nostro paese
a metà degli anni '70, in una situazione di crisi finanziaria del mercato borsistico, in una
situazione di alta inflazione, in una situazione nella quale lo strumento obbligazione
legato all'andamento dei tassi era uno strumento inutilizzabile. Ricorda come l'azione di
risparmio nacque come titolo giuridico di partecipazione al capitale privilegiato nella
ripartizione del dividendo e con la capitalizzazione nel tempo di tale ripartizione.
Il delegato osserva poi che, durante la conclamata situazione di crisi finanziaria
descritta, questa Società ha ritenuto di non proporre, a valere sull'utile del 2008, la
distribuzione di un dividendo, ma di capitalizzarlo. Nota come l'azionista di risparmio,
per bocca del suo Rappresentante Comune, abbia chiesto la convocazione di una
assemblea per destinare una somma, sostanzialmente modesta rispetto ai numeri della
Società, ad iniziative tendenti a cercare di rendere appetibile l'azione di risparmio e
come si sia pertanto trattato di un'opportunità, di un'occasione per comunicare al
mercato.
Il dottor Carpaneda rileva come quantomeno inelegante che, in una situazione di questo
genere, il delegato di una società del Gruppo, portatore di un numero rilevante di azioni,
venga in assemblea e dica che non si devono creare problemi ai possibili dividendi, che
non ci saranno, ed auspica quindi che non si costituisca nessun fondo.
Afferma che "se i giornalisti non fossero andati via e qualcuno avesse voglia di scrivere
cose che sui giornali possono fare male, oggi ne trarrebbe tanti spunti interessanti".
Al termine di questo intervento, allorché il Presidente si accinge ad effettuare un
riassunto delle proposte avanzate, il socio Vincenzo Trimarchi chiede la parola per
agganciarsi all'intervento del dottor Carpaneda. Rileva come tale intervento abbia
fondato sulla fiducia il meccanismo che si collega anche a questa proposta. Osserva
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come sia fondamentale la fiducia e come ne abbia oggi bisogno il mercato. Prosegue
assumendo di ritenere che, proprio perché gli amministratori hanno determinato la
sfiducia del mercato della finanza, si sia in presenza di una sfida per gli amministratori.
Quindi, afferma, ben venga qualsiasi meccanismo che possa rilanciare la fiducia e che
parta dagli amministratori. I soci possono avanzare delle proposte, ma è attraverso gli
articolati meccanismi degli amministratori che gli azionisti di riferimento (ricorda che
con tale locuzione intende far riferimento a quelli che vengono definiti "piccoli
azionisti", definizione che il socio rifiuta di accettare) diventano per l'ennesima volta
vittime del sistema. Pertanto, ribadisce, è una sfida che viene lanciata agli
amministratori e la capacità di coglierla sta al loro buon senso.
Al termine il Presidente Bellei prende la parola e constata che questo ultimo breve
intervento conclude il discorso iniziato dallo stesso socio con le critiche avanzate nel
corso del precedente intervento.
In relazione a ciò esprime il desiderio di sottolineare che la presentazione dell'organo
amministrativo non era maliziosa, né sottovalutava alcunché, né teneva in scarsa
considerazione la presente assemblea. Si tendeva ad indicare quali siano le condizioni ad
oggi: l’avere stanziato dei fondi che sono stati ritenuti congrui, almeno fino ad ora, per
l'espletamento di queste mansioni e la circostanza che gli amministratori non avvertano
l’esigenza di creare un fondo ulteriore perché non si è ravvisata la necessità di disporre
di risorse per poter espletare quello che già questa assemblea sta espletando. Chiarisce
che si è voluto illustrare quanto è già stato fatto.
Stante questo atteggiamento degli amministratori, sarà poi l'assemblea a decidere se
occorra dell'altro: gli amministratori non sentono questo bisogno, ma comunicano quale
sarebbe la formula tecnica ineccepibile per poter procedere. Rileva, in proposito, che
anche la richiesta del Rappresentante Comune prende atto del fatto che l'organo
amministrativo, se crede, può rivalersi sul dividendo dei risparmiatori speciali per gli
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eventuali costi aggiuntivi di questo fondo. Quindi, ribadisce, si sta semplicemente
illustrando come siano le cose e come vadano regolate.
A questa relazione, continua, segue l'intervento degli amministratori in assemblea, cioè
nel luogo in cui, chiaramente, emergono interpretazioni diverse rispetto a cosa si debba
intendere per avvantaggiare o svantaggiare gli azionisti del risparmio. In questa sede si
confrontano diverse opinioni ed il Consiglio si atterrà a quanto sarà deliberato.
Richiama quindi le preziose osservazioni del professor D’Atri (che, ricorda, aveva detto
di non sapere come andranno le votazioni e di non sapere se sia stato ritenuto che non
ricorressero le condizioni straordinarie per fare immediatamente questo tipo di fondo) e
ne interpreta il pensiero come un invito a cominciare a pensarci perché, se non adesso, in
futuro potrebbe esserci il bisogno di avere delle articolazioni diverse.
Richiamate quindi le due proposte che saranno messe ai voti, ricorda che il compito
degli amministratori non è quello di convincere gli azionisti in un senso o nell'altro.
Rammenta altresì che, proprio come ricordato in uno degli ultimi interventi, le azioni di
risparmio nascono privilegiate nel risparmio, ma senza diritto di voti nell'assemblea
ordinaria e straordinaria e ciò perché hanno una mission diversa.
Afferma che, pertanto, è possibile che qualche azionista portatore di risparmio non abbia
voglia di incrementare un costo (seppur relativo rispetto ai volumi a cui la Società è
abituata) e, proprio per questo, la decisione è rimessa all'assemblea.
Riassumendo, il dottor Bellei sottolinea come gli amministratori abbiano fatto un lavoro
rigoroso, che non trasferisce dei contenuti finali ma indica come stiano le cose e che la
volontà dell'organo amministrativo è di procedere in questi termini. Questo, precisa, non
esclude che in futuro, aumentando queste discussioni e questo tipo di sensibilità, si arrivi
a ragionare in termini diversi. Anche in tal caso, afferma, la proposta avrà origine del
Rappresentante Comune e non dagli amministratori. Dà atto di avere la possibilità di
segnalare anche questo incremento di sensibilità in esito ai lavori di questa giornata.
Questa, conclude, è la risposta data all'assemblea ed a tutte le osservazioni avanzate.
33
Quindi il dottor Bellei prende atto di una richiesta di replica ed invita chi volesse
intervenire a rispettare i tempi.
Il professor Gianfranco D'Altri rammenta la circostanza che si è in assemblea, ne
rammenta il formalismo e fa presente che ciò che succederà nel futuro non fa parte di
questa assemblea.
Quindi - pur concordando nell'auspicio che le cose vadano sempre meglio - afferma che
si debba prendere atto di come stanno le cose in questo momento, secondo quanto risulta
dalle carte e dagli scritti.
Fa notare, quindi, che la decisione del consiglio di amministrazione emerge da quanto è
stato scritto e che volontà diverse non erano state espresse.
Riagganciandosi anche a quanto sostenuto da altri soci, afferma che le parole sono da
ritenersi sbagliate e che andrà in qualche modo individuato un nesso causale. Non
concorda infatti sulla neutralità dell'intervento del Consiglio di Amministrazione, che,
anzi, definisce un assist.
Afferma di avere intenzione di concludere il tutto con una denuncia ex art. 2408 c.c.
(unico strumento che rimane quando non si riesce a dialogare).
Dà atto di aver rilevato, infatti, una serie di indizi in base ai quali l'azione del Consiglio
non è stata neutra: in primo luogo le risultanze sulla carta ove si parla, mentre è falso,
della creazione di un debito.
In secondo luogo, come è stato fatto notare da alcuni soci, dall’elenco degli interventi si
evince con chiarezza che ci sono due soci che determinano la maggioranza: il professore
osserva, invitando il Presidente a svolgere un'indagine sulla legittimità del relativo
intervento, che un socio è "Cordusio Finanziaria" e l’altro è un creditore pignoratizio di
ovvero presso UniCredit. Chiede che si provveda ad una verifica circa la legittimità dei
voti. Afferma di rilevare una connessione.
Un terzo indizio è che, per combinazione, proprio quei due nominativi sono gli unici
indicati dagli organi interni con caratteri diversi: se ciò non consente di avanzare, "a
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livello civilistico", alcuna denuncia, gli pare che chiunque potrebbe sostenere che si tratti
di un promemoria di due voti particolari.
Il delegato quindi chiede al presidente, "nel suo interesse", di assumersi la responsabilità
di dichiarare che nessuna interferenza è stata fatta da nessun organo dell'azienda: si
tratterebbe di escludere che contatti, anche telefonici, con sms o altro, siano mai
intervenuti fra i soci che voteranno contro la proposta di adozione di un fondo e gli
organi della Banca. Il professore chiede al Presidente di rendere tale dichiarazione, pur
ammettendo che forse lo stesso non possa renderla.
Il dottor Bellei, rispondendo con una battuta, non rende tale dichiarazione e, a seguito di
ciò, il delegato D'Atri chiede che, in subordine, il Presidente escluda dal voto tali soci,
perché, in base alla norma di legge, sono palesemente in conflitto e non sono quindi
legittimati al voto.
Chiede nuovamente se i voti espressi dal signor Luca Laurini e Cordusio Fiduciaria
siano in qualche modo riconducibili alla Società, spiegando che quest'ultima non
avrebbe diritto di voto in queste deliberazioni.
Ribadisce che ove li si escludesse dal voto si eviterebbe di portare la questione
all'attenzione del Collegio Sindacale perché lo stesso verifichi se vi sia stata, in
occasione
di
questa
assemblea,
una
indebita
ingerenza
nelle
deliberazioni
dell'assemblea: afferma in proposito di far fatica a ricordare l'esatto testo della
disposizione, ma di volersi riferire al dettato dell'articolo 2636 del codice civile: il
Collegio Sindacale, attraverso l'utilizzo dei poteri allo stesso conferiti, potrà fare i dovuti
accertamenti su ciò che, immagina, il Presidente in questo momento non possa garantire,
con il risultato di tranquillizzare.
Ripete quindi la richiesta di fugare almeno tale dubbio. Ritiene che quella che il dottor
Carpaneda ha, più saggiamente, definita ineleganza sia poca correttezza. La stessa che,
in precedenti occasioni, c'è stata allorché è stato chiesto di verificare i depositi effettuati
e si è avuta risposta negativa con argomenti che hanno richiesto ulteriore discussione.
35
Gli sembra che il risultato finale di queste ineleganze è che i soci sono portati a dubitare
della buona fede, con l’effetto che la clientela ritira i propri depositi.
Considera poi che il Consiglio di Amministrazione non deve essere neutrale ma,
piuttosto, pro-attivo.
Accenna quindi alla possibilità che – ove l'assemblea respingesse la proposta di
costituzione del Fondo, come pare probabile viste le dichiarazioni di voto – i soci (che
ritengono leso il loro diritto per il fatto che non è costituito il Fondo) si attivino anche
cercando chiarimenti nell'operato del pignorato o del creditore pignoratizio per capire se
l'azione del creditore pignoratizio sia stata dannosa.
Invita, quindi, l'assemblea a dedicarsi a qualcosa di più positivo.
Ritiene che il Consiglio di Amministrazione - come è stato deliberato, con scelta
strategica valida, di nominare un Rappresentante effettivo munendolo di un compenso
effettivo (perché il Rappresentante deve fare qualcosa e bisogna pretendere che faccia
qualcosa, poiché il compenso non deve essere un prezzo di silenzio) – possa deliberare
in autonomia la costituzione di un fondo che non sarà il Fondo previsto dall'art. 146, con
ciò evitando di dover convocare una nuova assemblea. Fa presente che alcune società
provvedono in questi termini.
Concludendo il proprio intervento propone che si votino le proposte avanzate l'una dopo
l'altra, nell'ordine dei rispettivi valori.
Chiede quindi la parola il dottor Carpaneda che, invitato dal Presidente a replicare nel
tempo previsto, comunica di non essere aduso alle repliche, non amando che l'azionista
pretenda la replica dopo interventi molto precisi operati dalla presidenza dell'assemblea.
Sottolinea quindi che il delegato che lo ha preceduto, pur avendo dato inizio al proprio
intervento in maniera molto violenta, ha espresso una proposta molto concreta che
giudica in linea con quanto comunicato dal presidente.
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Ricorda di aver parlato, nel corso del precedente intervento, di crisi di fiducia, ed
afferma che nei momenti in cui ci sono le crisi di fiducia è storicamente acclarato che
diventa importante il recupero dei valori e delle regole.
Quindi ringrazia il Vice Presidente per il suo intervento di replica, cogliendone alcuni
passaggi che sintetizza così: “dobbiamo rispettare le regole; il Consiglio di
amministrazione ha espresso un'opinione precisa nella sua relazione, non posso essere io
a cambiarla; l'assemblea si è costituita e voterà". Afferma di aver comunque colto – nella
posizione espressa dall'unico esponente del Consiglio d'Amministrazione presente in
assemblea che è quindi, per definizione, espressione del Consiglio stesso - spunti e
stimoli importanti di rispetto e di attenzione al ruolo degli azionisti di risparmio ed
afferma che sarà sua cura trasmetterli nelle sedi opportune. "Vedremo" afferma,
augurando che possano esserci altre assemblee, magari con delibere diverse da questa o
altre e diverse soluzioni.
Termina ribadendo il personale ringraziamento al Presidente dell'assemblea per il suo
intervento.
Prende nuovamente la parola il socio Vincenzo Trimarchi ed afferma di essersi sentito
provocato allorché il Presidente ha pronunciato la frase “Noi abbiamo già dato” e chiede
cosa sia stato dato.
Il dottor Bellei spiega che intendeva far riferimento al fatto che l'assemblea ha
deliberato, a suo tempo, un compenso congruo e non c'è stata nessuna rivalsa.
Il socio Trimarchi, quindi, sottolinea come allora quel "noi" fosse riferito all'assemblea.
Segue breve scambio di battute sulla circostanza che gli amministratori, nello
svolgimento delle loro attività, possano o meno avvalersi di un fondo.
Allorché il Presidente dichiara di voler chiudere la discussione, interviene il socio Pier
Luigi Zola. Questi elogia il dottor Bellei per il modo democratico ed aperto con cui ha
condotto l'assemblea e riferisce del diverso e recente uso in altra società, che cita, ove il
presidente di una delle ultime riunioni "si è preso una denuncia alla Procura".
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Chiarisce di voler prendere la parola dopo gli ultimi tre interventi e in particolare dopo
quello del professor D'Atri; infatti si associa e fa suo l'intento di esercitare il diritto di
cui all'art. 2408 del codice civile, dichiarandosi disposto a firmare congiuntamente
quanto necessario.
A proposito dell'intervento del dottor Carpaneda, osserva come questi si dichiari
fiducioso per un prospettato miglioramento nel futuro. Afferma di non condividere tale
atteggiamento e ciò perché "ciò che ci ha combinato l’UniCredito, in persona del suo
grande Alessandro" è cosa attuale, come attuali sono i problemi la cui trattazione
rimanda al secondo punto all'ordine del giorno. Considera infatti necessario affrontare
questi problemi per poterli capire e non per fare causa. Accenna anche alla possibilità
che il Governo intervenga in aiuto delle banche. Svolge poi rapide osservazioni
affermando che è in corso una messinscena e su questo "noi vogliamo prendere dei
provvedimenti".
Condivide il piccolo spiraglio aperto dal dottor Bellei, ma crede che le porte andrebbero
spalancate subito perché i problemi "sono già più che maturi, quasi marci".
Ritiene che l'aver accennato ad una decurtazione del dividendo abbia creato un terrore di
fondo in alcuni azionisti ed accenna al modo elegante in cui il dottor Carpaneda ha
ragionato sulla circostanza che il dividendo non c'è e quindi non si saprebbe cosa
decurtare.
Afferma di voler formulare una domanda tramite il Presidente e che un'indagine su
questo problema non sarebbe comunque impedita da un'eventuale mancata risposta.
Premette di aver comprato le due azioni di risparmio 15 giorni fa, nutrendo fiducia nel
gruppo D'Atri e giusto per partecipare all'assemblea. Quindi, richiamate precedenti
osservazioni del professor D'Atri, esplicita al signor Laurini la domanda circa il
momento dell'acquisto delle sue 20.000 azioni. Afferma di essere interessato a scoprire
tale dato importante, sebbene si tratti di comportamento lecito ("io ne ho comprate 2 e
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lui ne ha comprate 20.000 negli ultimi 15 giorni"); accenna quindi al motivo per cui
considera importante la conoscenza di tale circostanza.
Al termine il Presidente dichiara di non essere a conoscenza del dato e di non essere in
grado – allo stato - di dare una risposta. Anche il signor Laurini afferma, nella qualità di
delegato, di non sapere quando l'acquisto sia stato compiuto.
Quindi il Presidente dichiara concluso il dibattito affermando, fra l'altro, che è stato
possibile riscontrare il mantenimento di alcune posizioni ma anche leggeri cambiamenti.
Allorché si accinge a porre ai voti la proposta del Rappresentante Comune integrata
dalla cifra indicata dal dottor Spadafora, il dottor Carpaneda propone che si voti,
preliminarmente, la semplice istituzione del Fondo.
Il Presidente accoglie il suggerimento e pone ai voti la proposta, come avanzata dalla
dottoressa D'Atri, e quindi priva dell'importo del Fondo stesso.
Prega i signori soci, che si fossero momentaneamente allontanati, di ritornare al proprio
posto e di non lasciarlo per tutta la durata delle votazioni.
Chiede ai partecipanti di fare presenti eventuali situazioni di esclusione dal diritto di
voto, o sue limitazioni ai sensi degli articoli 120, 121 e 122 del D.lgs 24 febbraio 1998,
n°58 e degli artt. 19, 20 e 24 del Decreto Legislativo del 1° settembre 1993.
Su richiesta del socio Vincenzo Trimarchi, il Presidente precisa che si tratta di norme in
materia di soglia di comunicazione e sul conflitto d'interessi di fonte CONSOB e
bancaria.
A domanda del socio Trimarchi che chiede se la responsabilità per il proprio
rappresentato venga assunta dal signor Laurini, quest’ultimo fa presente di essere solo
un delegato.
Il Presidente quindi prosegue e, constatato che nessuno dei presenti denuncia l'esistenza
di situazioni ostative al diritto di voto, mette in votazione la proposta di cui è stata data
lettura.
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Hanno quindi luogo le votazioni con espressione del voto per alzata di mano e riscontro
del nominativo.
Chiuse le operazioni di voto, il Presidente dichiara chiusa la votazione e dà atto che la
rilevazione dei voti espressi ha dato il seguente risultato: presenti alla votazione n.
62.155 azioni di risparmio delle quali
•
n. 25.055 voti favorevoli, pari ad oltre il 40,30727% del capitale sociale
intervenuto;
•
n. 37.100 voti contrari, pari ad oltre il 59,68468% del capitale sociale intervenuto;
nessuno si è astenuto.
Si dà atto che sono disponibili e saranno allegati al verbale dell’assemblea i dati riferiti
ai voti espressi.
Il dottor Bellei annuncia quindi che la costituzione del Fondo è stata, in questa sede,
respinta, richiamate le disposizioni di legge, anche speciale.
Si passa quindi alla trattazione del secondo punto all’Ordine del Giorno.
Il dottor Carpaneda propone di dare per lette le relazioni predisposte su tale argomento.
Nessuno si oppone.
Il Presidente quindi premette che tale punto non prevede una votazione da parte
dell'assemblea degli azionisti di risparmio.
Quindi, stante la mancata lettura delle relazioni, il Presidente dichiara aperta la
discussione sul secondo punto all'ordine del giorno.
Prende quindi la parola il dottor Michele Carpaneda che, preliminarmente, si scusa con
tutti i presenti perché dovrà allontanarsi al termine del proprio intervento, privandosi del
piacere di ascoltare gli interventi degli altri soci sul punto.
Chiede quindi al Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione, Presidente di questa
Assemblea, alla luce dell'attenzione che varrebbe la pena di dare agli azionisti di
risparmio, di prendere e far prendere in considerazione l'ipotesi che una tranches dei
titoli cashes – eventualmente emessi ove non si avesse pieno successo dell'aumento di
40
capitale – sia dedicata agli azionisti di risparmio, considerato che saranno titoli ad
altissima redditività.
Prende quindi la parola la dottoressa Stella D'Atri che precisa, in qualità di
Rappresentante Comune, che al di là di quello che già è stato espresso nella relazione, la
decisione di convocare l'assemblea speciale inserendo all’ordine del giorno la trattazione
delle operazioni sul capitale approvate il 14 novembre, nasce, da una parte, dalla
constatazione di una generalizzata incertezza sull'operazione in essere da parte di alcuni
azionisti e, a suo avviso anche dal mercato, e, dall'altra, dal desiderio di dare alla Società
un’occasione per fornire direttamente ai soci di risparmio maggiori chiarimenti.
Afferma quindi di voler rendere noto all'assemblea che in occasione dell'incontro con il
dottor Profumo, poco più di due mesi fa, il Rappresentante Comune aveva suggerito il
ricorso all'emissione di azioni di risparmio proprio per accedere ai fondi del mercato dei
capitali, mentre la Società ha deciso di ricorrere a un altro tipo di strumento, quello dei
cashes. Riferisce che la propria fiducia nel management la induce a pensare che si tratti
di un buon strumento.
Fa propria la proposta del dottor Carpaneda, informando l'intenzione di proporre al
Consiglio di Amministrazione di estendere ai soci di risparmio la possibilità di
sottoscrivere questi strumenti.
Riferisce, quindi, di aver ricevuto una serie di domande sull'operazione, domande che ha
trasmesso alla segreteria del Consiglio di Amministrazione nella giornata del 3
dicembre. Si augura che tale preventiva comunicazione sia risultata utile per facilitare la
preparazione di risposte, così rendendo più efficiente l'assemblea.
Illustra come si tratti di quesiti di varia natura, alcuni generici e altri abbastanza specifici
e riferisce di averli volti in forma di domanda ed arricchiti di alcuni riferimenti
normativi, al fine di facilitarne l'interpretazione, di voler porre delle domande precise e
quindi di poter avere risposte precise.
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Allorchè sia accinge a darne lettura, il Presidente, alle ore 14 e 20, propone una
sospensione dei lavori per pochi minuti.
Alle ore 14 e 28 riprendono i lavori dell'Assemblea, con la prosecuzione dell'intervento
della dottoressa Stella D'Atri; la stessa dà lettura come segue delle domande che le sono
pervenute, alle quali, ribadisce, si è limitata ad aggiungere specifico riferimento
normativo:
"Perché l'assegnazione di somme (equivalenti a un dividendo privilegiato), di fatto
antergate ai dividendi delle azioni di risparmio, non configura violazione degli interessi
della categoria ex articolo 2376, comma 1, del codice civile?
Perché l'aumento di capitale deliberato non viola l'articolo 2441, comma 5, sempre del
codice civile?
Esiste una relazione o parere del collegio sindacale ex articolo 2441, comma 6?
Perché l'emissione di azioni e successivo acquisto del diritto di usufrutto non viola
l'articolo 2357, comma 2?
Perché l'emissione, con preliminare accordo finanziario con Mediobanca, non viola
l'articolo 2358?
Esiste una relazione o parere del collegio sindacale sull'operazione per come presentata
dall'amministratore delegato in occasione dell'assemblea dei soci del 14 novembre?
Qual è il profilo fiscale, in capo a Unicredit, del costo dell'usufrutto? L'inerenza e la
detraibilità.
Qual è il profilo contabile in termini di descrizione in conto economico e patrimoniale
degli importi interessati?
Qual è la compatibilità dell'emissione dei cashes con l'articolo 979, comma 2?
L'emissione delle nuove azioni avverrà prima o dopo lo stacco della cedola?
Il pagamento del dividendo in azioni è configurabile, dal punto di vista tecnico
giuridico, come un aumento di capitale gratuito?
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Chi riceverà il dividendo in azioni per la quota dei cashes ai sensi dell'articolo 2352,
comma 2? " (La Rappresentante Comune chiarisce che s'intende dividendo in azioni per
la quota del sottostante, quindi le azioni Unicredit sottostanti alla emissione dei cashes).
"Come si qualifica l'espressione contenuta nella relazione degli amministratori per
l'assemblea del 14 novembre: «La Banca si riserverà il diritto di usufrutto» e qual è la
compatibilità con gli articoli 2357 e 2358 del codice civile?
Come è stato determinato lo spread di 450 bps e qual è la valutazione implicita del
rating di Unicredit?".
Al termine il Presidente conferma che la signora D'Atri ha gentilmente fornito già nella
giornata del 3 dicembre queste prime domande a nome degli azionisti di risparmio e che
la Società ha cercato di aggregare una risposta che, si augura, sia altrettanto diligente.
Quindi cede la parola al signor Michele Tucciariello, delegato della signora Lidia
Luciano. Il medesimo dà lettura di intervento scritto; qui di seguito se ne trascrive il
testo, quale consegnato:
"Assemblea speciale dei portatori di azioni di risparmio Unicredit spa - Milano 4 dicembre 2008
INTERVENTO SCRITTO DI MICHELE TUCCIARIELLO
PER MINORANZA PROVENIENTE DALL’EX CPONTROLLATA MERIDIONALE BANCA MEDITERRANEA SPA
da riportare integralmente al punto n. 2 all’o.d.g.
“Esame, per quanto di competenza, delle misure di
rafforzamento del capitale, proposte dal CdA di Unicredit”
-----------------------------
«« Illustre Signor Vice Presidente, Signor Rappresentante Comune degli Azioni
sti Portatori di Azioni di Risparmio,
Illustri Signori Amministratori, Sindaci, Azionisti di Risparmio e Partecipanti,
prendo la parola in lingua italiana quale delegato di un socio appartenente al gruppo di minoranza
proveniente dall’ex controllata del sud Italia Banca Mediterranea spa e guidato dall’avvocato Elman
Rosania (poc’anzi intervenuto al primo punto all’o.d.g.) e svolgerò qualche breve riflessione nell’interesse
della medesima minoranza, provvedendo alla registrazione audio.
Le assemblee ordinarie o straordinarie di società quotate, con largo flottante e con il controllo detenuto,
anche senza patti di sindacato, da una quota modesta di grandi investitori sono quasi sempre una
pantomima (messinscena, cosa o situazione fittizia) di democrazia aziendale, anzi una sua parodia (detta di
persona, cosa o azione che sia una cattiva riproduzione di ciò che si propone di imitare o che comunque sia assai lontana da
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ciò che dovrebbe essere): ed entrambe le definizioni sono tratte dal dizionario della lingua italiana Devoto-
Oli.
Non scopro nulla di nuovo.
«Le azioni si pesano, non si contano» disse qualcuno che se ne intendeva molto più di me, ma trovo
comunque desolante che all’assemblea straordinaria ed ordinaria di Unicredit del 14 novembre scorso
fossero presenti, tra soci e delegati non soci, 134 azionisti (rispetto ai 381.000 azionisti iscritti a libro),
chiamati ad avallare proposte elaborate da un ristretto gruppo di dirigenti, da contare sulle dita di una
mano sola, magari amputata di qualche dito: a quanto dice qualche socio, con il preventivo accordo dei
principali e determinanti azionisti.
Così la sparuta pattuglia dei soci dissenzienti, molti ma ininfluenti, non potendo fare altro, si è sfogata
come da copione in commenti acuminati sulle proposte all’ordine del giorno, in valutazioni anche
ipercritiche sull’operato del management, sulla effettiva situazione patrimoniale e finanziaria di
Unicredit, sull’utilità e sui vantaggi (per chi e perché) dell’aumento di capitale e delle altre misure di
“rafforzamento patrimoniale” presentate alle due assemblee.
Molteplici le valutazioni condivisibili, talune espressioni “forti”, diverse le informazioni “delicate” in
quanto astrattamente di rilievo penale, delle quali ciascun interventore naturalmente assume la piena e
personale responsabilità.
A queste osservazioni ha risposto pacatamente - quasi mai con spirito polemico - l’Amministratore
Delegato dott. Alessandro Profumo: in qualche caso, la risposta non vi è stata, forse per la congerie di
osservazioni, forse per la mancanza di tempo, forse per pura dimenticanza: o forse, ancora, per assoluta
mancanza di argomenti.
Ed anche i giornalisti presenti, non molti, diversi giunti nei locali dell’assemblea a lavori ormai
avanzati, non hanno dato conto di questi interventi, essendo stati evidentemente considerati poco più
che ronzìo di mosche.
Eppure qualcuno di questi interventi, sempre che le notizie poste alla loro base siano fondate, è di
notevole interesse.
Secondo il socio Gianmario Fiorentini (cfr. intervento pagg. 39-42 versione ufficiale inglese e pagg. 224-227
versione tradotta in italiano del verbale assembleare di Unicredit del 14.11.2008, atto 5064 al repertorio del notaio Salvatore
Mariconda in Roma) Mediobanca avrebbe collocato i “cashes” già prima del 5 ottobre 2008, data della
delibera del Consiglio di Amministrazione di Unicredit che ha varato l’aumento di capitale di cui si
discute, “cashes” prenotati ancor prima dalle Fondazioni azioniste: se ciò fosse vero, a parte gli aspetti
di “insider”, l’indipendenza e la riservatezza degli amministratori di Unicredit sarebbero da censurare
gravemente, anche ad opera della Magistratura.
E sullo stesso argomento il socio La Verde (cfr. verbale cit., intervento pagg. 86-94 versione ufficiale inglese e
pagg. 274-282 versione tradotta in italiano) aggiunge qualche particolare: ad esempio, che Merryll, da
consulente tanto autorevole quanto critico indica in 7,4 miliardi di euro l’importo necessario a
rafforzare il patrimonio di Unicredit spa (e quindi i 3 miliardi di euro + i 3,6 miliardi di euro prossimi venturi
risulterebbero insufficienti); poi la stessa Merryll, da advisor indipendente, parteciperebbe con Unicredit
spa alla creazione di una SIV destinata ad investire ben 1,5 miliardi di euro in titoli che il socio
definisce “di varia qualità”.
Il socio Santoro (cfr. verbale cit., intervento pagg. 51-56 versione ufficiale inglese e pagg. 237-242 versione tradotta in
italiano) afferma che i bilanci di Capitalia “sono assolutamente falsi” (e quindi con implicite refluenze sulla
situazione patrimoniale di quest’ultima approntata ai fini della fusione e, quindi, sui bilanci di Unicredit che gli attivi di
Capitalia hanno recepito).
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Il socio Marbot (cfr. verbale cit., intervento pagg. 23-28 versione ufficiale inglese e pagg. 207-212 versione tradotta in
italiano) esprime perplessità sui “rischi politici” cui sono esposte le banche nei Paesi dell’Est europeo (e
quindi anche le controllate o partecipate Unicredit), rischi che potrebbero concretizzarsi nella revoca
delle licenze all’esercizio dell’attività creditizia.
Diversi altri sono stati gli interventi su punti meritevoli di interesse ed attenzione in quanto relativi ad
aspetti vitali della situazione e dell’operatività di Unicredit spa - aspetti del pari non sfiorati neppure
dalla stampa - e che qui, per economia di esposizione, non si riprendono: la loro consultazione è
comunque possibile, per chi lo volesse, dalla lettura del verbale assembleare del 14 novembre 2008,
disponibile sul sito ufficiale di Unicredit spa in formato pdf (senza però poter ricercare parole all’interno del
“file“).
Vorrei riprendere solo uno dei temi sottolineato da più soci all’assemblea del 14 novembre scorso:
quello relativo alle vere ragioni dell’aumento di capitale, se cioè abbiano prevalso esigenze di
patrimonializzazione ovvero di liquidità.
Sono del parere che abbiano prevalso queste ultime in quanto, diversamente, non si spiegherebbe la
presentazione nella stessa occasione ed al medesimo consesso di due proposte di segno opposto: una
volta all’emissione di nuove azioni in sede di assemblea straordinaria e l’altra volta, in sede ordinaria,
alla vendita di azioni proprie, per di più con una perdita attesa intorno ai 600 milioni di euro.
Le comunicazioni fornite dall’Amministratore Delegato dott. Profumo, in risposta agli interventi di
alcuni soci, circa la situazione di liquidità di Unicredit (stock disponibile € 89 miliardi - orizzonte di liquidità
“oltre i tre mesi”) non mi sembrano conclusive.
Le disponibilità dichiarate - per quel che ricordo statisticamente in linea con quelle di un sistema
“sano” ed immune da turbative - possono essere adeguate o meno in funzione dell’entità e del
classamento temporale di uscite (personale, fornitori, rimborsi di finanziamenti ricevuti, concessione di nuovi
finanziamenti, scadenze di obbligazioni, ecc.), ma anche e soprattutto di impegni condizionati (ad esempio,
acquisto di attività finanziarie al verificarsi di determinate previsioni contrattuali, ecc.) o non preavvisati (tiraggio su
margini disponibili su apertura credito, rimborsi di depositi, pagamenti a fronte della soccombenza in cause passive, ecc.).
Nessuna di queste possibilità preoccupa il management di Unicredit?
E perché deve essere fatto tutto entro il 31.12.2008 (aumento di capitale, vendita delle azioni proprie, vendita di
immobili, cartolarizzazioni)? Perché dopo che succede? E’ solo una questione di numeretti da far comparire
in quel bilancio a proposito del Tier Core 1 ? Oppure bisogna aprire l’ombrello, perché è prevista
pioggia e burrasca?
Forse le cose stanno come ha detto l’Amministratore Delegato dott. Profumo, forse l’unica finalità
dell’aumento di capitale è il miglioramento dei coefficienti patrimoniali: anche nel caso della vendita di
azioni proprie, di immobili e di cartolarizzazioni, anche rimettendoci (azioni proprie) o rinunciando a
ricavi (cartolarizzazioni) o vendendo un’icona del proprio passato (il prestigioso e storico immobile in Piazza
Cordusio a Milano).
L’impressione che resta, a mio avviso, è quella di un nobile in difficoltà che vende (svende?) preziosi e
suppellettili.
E resta anche un’altra impressione: che in troppi sapessero dell’operazione prima del tempo dovuto;
troppi “pre”, troppe prenotazioni, pre-collocazioni da parte dei soggetti partecipi o cointeressati, al
punto che, forse, è mancato il tempo del necessario intervento, preventivo, dei rispettivi organi
deliberativi, e che tale intervento sia stato richiesto, a posteriori, per ratificare i provvedimenti adottati
“in via di urgenza”.
Ma questo sarebbe il meno.
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Il più andrebbe ricercato nella conoscenza e diffusione di informazioni privilegiate, prima che esse
fossero rese pubbliche; e vi è da sperare che ciò non sia accaduto e che i “pre” siano stati in effetti dei
“post”, cioè che siano intervenuti dopo la pubblicità della delibera, in ogni caso con rapidità ed
efficienza - ben conosciute in Mediobanca - e con pronta sensibilità dei sottoscrittori dei “Cashes” e dei
loro vertici.
Per le altre considerazioni relative all’aumento di capitale mi riporto a quanto dedurrà ed illustrerà in
questa assemblea l’avvocato Elman Rosania, rappresentante del gruppo dei soci appartenenti all’ex
controllata del sud Italia Banca Mediterranea spa.
Vi ringrazio »»."
Prende quindi la parola l’avvocato Elman Rosania, il quale premette che, su questo
tema così complesso, dopo una riflessione di qualche settimana, si è permesso di
redigere un testo "un po' oltre la norma", perché costituito non da quattro o cinque
cartelle ma da otto. Dichiara, quindi, che egli potrebbe anche omettere la lettura, non
tenendo al ruolo di platea, e trattandosi di tematiche in parte tecniche, desiderando solo
che la testimonianza resti agli atti. Rammenta di provenire dalla scuola capitolina, ove
ciò era consentito, e che con il presidente Geronzi c'era un rispetto reciproco ed era
permessa una sintesi.
Precisa che quanto occorsogli l'8 maggio 2007, per la sua scarsa esperienza, non gli era
mai successo in otto anni: riferisce di aver subito due interruzioni dell'intervento senza
che sia stato riportato il suo testo scritto. Comunica che se il Presidente sarà così
disponibile non ha remore a consegnare al notaio il testo con eventuale correzione di
qualche refuso. Fa presente che ci sono alcuni azionisti che sono venuti anche a Roma e
conoscono la sua posizione; precisa, tuttavia, che in questa sede viene svolta qualche
ulteriore considerazione. Ribadisce di non aver difficoltà a consegnare il testo scritto e
quindi ad ometterne la lettura.
Interviene il Presidente per ricordare che è buona prassi che il socio dica quello che ha
da dire e, caso mai, consegni un testo che sintetizzi o rappresenti l’intervento svolto.
Quindi il Presidente precisa che, anche la Società, come il socio, non può che essere
puntuale e pignola su queste cose.
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Quindi l'avvocato ulteriormente accenna alle proprie esperienze pregresse nelle
assemblee di Capitalia, ed a quanto nel corso delle medesime egli abbia potuto imparare;
manifesta inoltre apprezzamento in merito alla numerosa presenza di amministratori
intervenuti all’assemblea UniCredit del giorno 8 maggio dalle dieci e mezzo di mattina
fino alle ventidue e fa cenno alla distanza da lui percorsa per intervenire all’odierna
riunione. Quindi l’avvocato Rosania dà lettura del proprio intervento. Qui di seguito si
riproduce il testo dal medesimo consegnato:
"Assemblea speciale dei portatori di azioni di risparmio Unicredit spa - Milano 4 dicembre 2008
INTERVENTO SCRITTO DI ELMAN ROSANIA
PER MINORANZA PROVENIENTE DALL’EX CONTROLLATA BANCA MEDITERRANEA SPA
da riportare integralmente al punto n. 2 all’o.d.g.
“Esame, per quanto di competenza, delle misure di
rafforzamento del capitale, proposte dal CdA di Unicredit”
Illustre Signor Vice Presidente, Signor Rappresentante Comune degli Azionisti
Portatori di Azioni di Risparmio,
Illustri Signori Amministratori, Sindaci, Azionisti di Risparmio e Partecipanti tutti,
dopo essere intervenuto al precedente primo punto all’ordine del giorno sulla costituzione del Fondo ex
art. 146 Decreto Legislativo n.58/1998, riprendo, in questo secondo punto in discussione, la parola
sempre in lingua italiana (e non in lingua inglese che, come già precisato, è la lingua ufficiale imposta nello
svolgimento delle assemblee ordinarie e straordinarie di Unicredit spa primo Gruppo Bancario Italiano).
Credo che molti soci di Unicredit abbiano una matrice simile a quella dei soci del sud Italia
appartenenti all’ex controllata Banca Mediterranea spa, considerato il numero di fusioni/acquisizioni
realizzate dall’attuale Gruppo Bancario Unicredit fin dal 1995, epoca dell’acquisizione di Carimonte e
Credito Romagnolo, poi Rolo Banca (il Gruppo si chiamava ancora Credito Italiano); come noto, sono seguite
le aggregazioni con numerose ed importanti Casse di Risparmio del Centro-Nord e finalmente, nel
2003, se non erro, il Gruppo ha assunto la sua attuale configurazione e tra il 2005 ed il 2007 si è
espanso nei mercati europei.
Lo scorso anno è anche ripresa la campagna di ulteriori acquisizioni in Italia mediante il “matrimonio”
imprevisto ed improvviso con Capitalia spa, celebrato senza un periodo, per quanto breve, di
fidanzamento, cioè senza adeguata e reciproca conoscenza e riflessione, e nei cui patti è stato previsto
che fosse lo sposo Unicredit e non la sposa Capitalia ad apportare la dote.
Forse è stato un matrimonio, come quello sconsigliato dai bravi a Don Abbondio (nella famosa opera “I
promessi sposi” dello scrittore italiano Alessandro Manzoni), che “non s’aveva a fare”; o forse no, al contrario, è
stato un matrimonio che “s’aveva a fare” e (chi sa perché?) anche in gran fretta.
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Sarà un caso, le difficoltà di Unicredit sono cominciate proprio d’allora e credo che molti soci
Unicredit, più originari che derivati, la pensano così.
Entro subito nel vivo del tema in discussione in questo secondo punto all’ordine del giorno, su cui sono
peraltro intervenuto nelle assemblee straordinaria ed ordinaria di Unicredit spa tenute il 14 novembre
scorso a Roma (come risulta dal relativo verbale-atto n 5046 al repertorio del notaio Salvatore Mariconda in Roma: cfr.
assemblea straordina-ria pagg. 96-104 con risposte A.D. Profumo a pagg. 152-153 e replica Rosania a pagg. 150-161 nella
versione ufficiale inglese, nonché pagg. 285-292 con risposte A.D. Profumo a pagg. 345-346 e replica Rosania a pagg. 352353 nella versione tradotta in italiano; cfr. inoltre successiva assemblea ordinaria pagg. 172-174 e replica Rosania a pagg.
178-179 nella versione ufficiale inglese, nonchè pagg. 366-368 e replica Rosania a pagg. 372-373 nella versione tradotta in
italiano).
Per non abusare del tempo che mi è concesso, ricorderò solo i punti salienti di quanto ho osservato
nelle sopra citate recenti assemblee tenute a Roma, delle perplessità da me espresse in quella
circostanza, maturate attraverso una conoscenza non professionale delle vicende del Gruppo, attinta sia
attraverso la faticosa lettura di bilanci e situazioni di periodo sia attraverso la meno faticosa ma anche
meno precisa lettura di quotidiani, specializzati e non, che nel tempo hanno seguito le vicende di
Unicredit.
Le perplessità della minoranza proveniente dall’ex controllata meridionale Banca Mediterranea spa forse utili ad una Vostra riflessione sull’argomento - riguardano i tempi (1° punto), le motivazioni (2°
punto), le modalità (3° punto) ed in ultimo
i costi (4° punto) dell’aumento di capitale sociale di cui
si discute.
SUL PRIMO PUNTO non mi è sembrato appropriato il momento in cui è stato annunciato l’aumento di
capitale, in una congiuntura sfavorevole più unica che rara della vita del Paese e dell’intero contesto
finanziario internazionale, con il titolo Unicredit oggetto di una persistente e gravissima crisi di
sfiducia.
Si è del sommesso parere che le operazioni proposte sarebbero state in tutto condivisibili se presentate,
ad esempio un anno fa, quando il vento sembrava soffiare ancora propizio nelle vele di Unicredit,
quando i risultati - quelli del bilancio al 31.12.2007 - erano, al di là del dividendo, quasi tutti di segno
positivo: un bilancio in cui le luci sommergevano le ombre, che pure vi si intravedevano.
Un rafforzamento patrimoniale effettuato nell’anno in cui si incastravano faticosamente i conti di
Unicredit con quelli di Capitalia sarebbe stato opportuno, oltre che prudente, non fosse altro che per
neutralizzare gli effetti negativi di un attivo patrimoniale, quello acquisito, in cui cominciavano a
materializzarsi le dimensioni dei “crediti dubbi”; le possibilità di ingenti sopravvenienze passive, non
fronteggiate da adeguati accantonamenti a fronte delle posizioni Parmalat, Cirio ed altre; il valore, in
termini di effettiva esigibilità, degli impieghi “cartolarizzati” (ad esempio Trevi).
Su questi stessi cruciali elementi non aveva mancato di soffermarsi il collega Fabrizio Clementi,
intervenuto dopo di me per la minoranza di provenienza dall’ex controllata Banca Mediterranea spa
all’assemblea degli azionisti Unicredit spa dell’8 maggio scorso (cfr. verbale assemblea 08.05.2008 atto al
repertorio 4606 del notaio Salvatore Mariconda in Roma, pagg. 411 e ss. nella versione tradotta in italiano) e tale
intervento aveva un singolare valore di anticipazione e denuncia di fatti che sarebbero e che sono poi
accaduti.
E mi sembra il caso di riportarne in questa sede adeguato stralcio:
« In tema di passività potenziali, dovrebbero rappresentare argomenti di seria riflessione per i soci –
come lo sono certamente per gli amministratori ed i sindaci – le informazioni riportate alle pagg. 118121 della Nota integrativa (volume del bilancio individuale di Unicredit spa nella stesura odierna consegnata
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in assemblea agli azionisti), concernenti alcune vertenze giudiziarie, civili e penali in corso, che
coinvolgono Unicredit, sia quale successore di Capitalia o di banche a questa già facenti capo, sia in
proprio, direttamente o perché avviate nei confronti di società del gruppo.
Talune di queste vertenze sono di recente avvio; altre, la più parte, relative a dissesti clamorosi
(Cirio, Parmalat), sono ormai in fase avanzata di trattazione, e, in almeno un caso (Cirio), si è pervenuti
alla sentenza di primo grado.
Il comune denominatore di tutti questi casi - per i quali le richieste di risarcimento sono il più delle
volte ancora indeterminate, in altri casi invece incluse in un intervallo dagli estremi assai distanti - è
che si rivendicano dagli attori o dalle parti civili somme ingenti, di tale ordine di grandezza da
rappresentare una seria minaccia per il patrimonio del gruppo.
Nelle assemblee di Capitalia relative ai bilanci di esercizio 2005 e 2006 gli amministratori avevano
riferito che le azioni nei confronti della Capogruppo e delle altre partecipate erano totalmente
infondate e che, pertanto, non si rendeva necessario alcuno specifico accantonamento.
Questa condotta non era sembrata ai soci di minoranza dell’ex controllata Banca Mediterranea
ispirata a principi di particolare prudenza, tant’è che, nell’assemblea di Unicredit tenuta il 30 luglio
2007 a Genova - al pari di quanto dedotto dall’avv. Rosania nell’altra contemporanea assemblea di
Capitalia a Roma - non mancavo di richiamare l’attenzione dei signori amministratori su tale specifica
circostanza.
Se andate … alla pagina 7 dell’allegato d) del verbale-atto a repertorio n. 80390 del notaio Rosa
Voiello in Genova ... chiedevo se si era “tenuto conto nel progetto di fusione delle sopravvenienze a
Capitalia derivanti dalle vertenze Parmalat, Cirio, Giacomelli … e Banca Mediterranea” e
l’Amministratore Delegato dott. Profumo così rispondeva (pag. 126 del citato verbale):
“In merito alle domande relative ai contenziosi attualmente a carico di Capitalia - formulate da più
soci - ricorda che la società di revisione incaricata da Unicredit di analizzare tali aspetti ha
colloquiato con la struttura manageriale ed i revisori di Capitalia; alla luce di ciò è lecito ritenere che
le vertenze in essere siano correttamente valutate nel bilancio di Capitalia, senza necessità di
procedere a rettifiche. Perfezionata la fusione, Unicredit prenderà piena conoscenza in ordine a tutte
le situazioni, comprese quelle relative alla Banca Mediterranea a cui accennava il socio nel suo
intervento”.
Se non ho interpretato male la risposta sopra citata, non vi è stata necessità di procedere a
rettifiche in sede di bilancio di fusione; del pari, se non ho interpretato male le informazioni riportate
nelle pagine 105-109 della Nota integrativa del bilancio di Unicredit spa (stesura ante assemblea),
nessuno specifico accantonamento è stato costituito a fronte delle possibili sopravvenienze passive
derivanti da tali vertenze.
Con il massimo rispetto, e pur tenuto nel debito conto le considerazioni svolte a sostegno delle
impostazioni di bilancio seguite, non mi sembra che esse in tutto e per tutto siano state ispirate dai
criteri di prudenza raccomandati dall’Organismo Italiano di Contabilità (OIC), ai punti C.VI.c) e d)
dei Principi contabili.
Infatti, per alcune di esse sembra verosimile che si tratti di azioni temerarie; per altre, le
conclusioni di azioni stragiudiziali a suo tempo intercorse tra gli attori ed altri soggetti ritenuti
responsabili hanno tracciato una strada dalla quale i giudizi in corso difficilmente potranno
discostarsi; per altre ancora (caso Cirio/Eurolat) è intervenuta una sentenza, ancorché in primo grado,
ed è stato quantificato l’ammontare del risarcimento richiesto a Capitalia ed al signor Cragnotti di
importo non lieve di euro 223,3 milioni; per altre, infine, esiste una indicazione di un range, tra un
minimo ed un massimo, cui, ritenendolo opportuno, sarebbe stato possibile orientarsi per procedere ad
un accantonamento cautelativo.
Infine vi sono i processi penali (Ciappazzi, Parmatour ed Eurolat), per i quali le parti civili si sono
riservate di quantificare i danni – patrimoniali e non – in sede di conclusioni: per cui è vero che si
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verte in una situazione di relativa indeterminatezza, ma è anche vero che ciascuna delle parti coinvolte
potrebbe ragionevolmente individuare quali dei propri comportamenti abbiano potuto determinare, o
concorrere a determinare, un danno alle parti civili, ed in quale misura.
Trascuro, perché troppo recenti, le vertenze avviate da soci di minoranza di consociate estere del
gruppo.
Tutto ciò premesso chiedo: tra la data della citata assemblea del 30 luglio 2007 e la data odierna
sono state effettuate rettifiche delle posizioni ex Capitalia coinvolte nelle vertenze di cui si è detto?
E, prescindendo da tali posizioni, sono state effettuate rettifiche di crediti verso la clientela ed
attività finanziarie provenienti dal gruppo Capitalia e, nel caso affermativo, per quale ammontare? »
A queste circostanziate osservazioni, nella stessa assemblea dell’8 maggio 2008, così rispondeva
l’Amministratore Delegato dott. Alessandro Profumo:
«Per quanto poi attiene la richiesta relativa ad eventuali accantonamenti effettuati con riferimento ai
procedimenti penali e civili di Parmalat, informa che, non è allo stato possibile prevedere in maniera
attendibile rischi per il responsabile civile che possano giustificare un accantonamento in bilancio,
anche tenuto conto della mancata quantificazione del danno da parte delle parti civili, e che il
dibattimento per i procedimenti in corso è nella sua fase iniziale …» (cfr. verbale cit., pag. 464 nella versione
tradotta in italiano).
E, più avanti, rispondendo nella medesima assemblea dell’8 maggio 2008 ad altra domanda - il cui
testo si omette per economia d’intervento - il dott. Profumo «con riferimento alla richiesta se vi fossero
stati pagamenti e accantonamenti relativi alla vicenda Cirio precisa che a seguito della sentenza di
condanna in primo grado - in merito alla quale non è stato peraltro ancora richiesto alcun pagamento
e contro cui è in corso di predisposizione l’atto di appello - si è sinora proceduto ad appostare fondi a
presidio di quello che - allo stato - appare essere il rischio di esborso per Unicredit» (cfr. verbale cit., pag.
461 nella versione tradotta in italiano).
Insomma, a fronte della vicenda, vi era un accantonamento di ammontare volutamente imprecisato, ma
che è ragionevole ritenere di importo inferiore a quello indicato nella sentenza di condanna (altrimenti
non sarebbero mancate assicurazioni sulla sua adeguatezza); e poi nessun accantonamento a fronte della vicenda
Parmalat, come precisato dallo stesso Amministratore Delegato di Unicredit nella risposta data ad un
altro azionista intervenuto sempre all’assemblea dell’8 maggio 2008:
«Riguardo all’ ammontare degli accantonamenti effettuati da Unicredit per far fronte ai 5
miliardi di euro richiesti dal Commissario di Parmalat spa ... chiarisce che, allo stato, non si è
effettuata alcuna appostazione contabile in quanto la domanda è considerata del tutto infondata
(presentando, addirittura, profili di inammissibilità). Peraltro il criterio adottato dal Commissario per
quantificare il danno non consente di determinare in modo attendibile il rischio di esborso» (cfr. verbale
cit., pag. 456 nella versione tradotta in italiano).
E di altri accantonamenti, a fronte delle altre possibili sopravvenienze in relazione ai sopra citati casi,
l’Amministratore Delegato di Unicredit non parla, per cui verosimilmente non sono stati effettuati
accantonamenti di sorta.
Per riassumere: questi rischi potenziali, in gran parte di matrice Capitalia, non hanno trovato correttivi
nei bilanci delle banche del gruppo che li avevano originati (e quindi neppure nel consolidato di gruppo).
In questa scelta aziendale-societaria la minoranza di provenienza dall’ex controllata meridionale Banca
Mediterranea pensa che abbia giocato un qualche ruolo la dichiarata, ferma convinzione del
management di Capitalia circa la loro inesistenza; ma la stessa minoranza ritiene che abbia concorso a
determinare tale atteggiamento, scarsamente prudente, la necessità di non deprimere ulteriormente i
risultati dei bilanci di Capitalia redatti tra il 2004 ed il 2006, già indeboliti nei ratios patrimoniali ed
economici dalla rilevante incidenza dei “crediti dubbi“ e dalla conseguente entità delle rettifiche
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annuali; e soprattutto la consapevolezza della impossibilità, per quei conti economici, di sopportare
ulteriori, ingenti accantonamenti.
Ma sorprende che questi rischi non siano stati presi in considerazione neppure nelle situazioni
patrimoniali approntate per la fusione, in cui le valutazioni del management di Capitalia sono state
necessariamente espresse in contraddittorio con i colleghi di Unicredit.
E sorprende ancora di più che, pure dopo la fusione, Unicredit ha ritenuto di condividere le
impostazioni già seguite da Capitalia. Perché? E perché presentare - come si è sopra ricordato motivazioni oscure per Cirio e contraddittorie per Parmalat?
E perché per Parmalat il rischio è definito inesistente (la domanda è infondata, presenta profili di
inammissibilità) ovvero indeterminato nel suo ammontare, quando poi queste valutazioni sono state
sconfessate subito dopo la chiusura e l’approvazione del bilancio al 31.12.2007 di Unnicredit spa ?
Occorre infatti ricordare che meno di tre mesi dopo l’assemblea degli azionisti dell’8 maggio 2008 di
cui stiamo parlando (tre mesi, non tre anni dopo) Unicredit dirama sul suo sito internet il seguente
comunicato stampa (e-mail di redazione):
«
Siglato accordo tra Parmalat e UniCredit Group, Milano 1 agosto 2008 h 17,35.
Unicredit comunica di aver raggiunto in data odierna con Parmalat S.p.A. (Assuntore del Concordato
Parmalat) e con il Commissario Straordinario delle società in Amministrazione Straordinaria del
Gruppo Parmalat, del Gruppo Parmatour, di Parma Associazione Calcio e di altre Società dell’ex
Gruppo Parmalat tuttora in Amministrazione Straordinaria accordi transattivi di tutti i reciproci
rapporti e pretese comunque riferibili al Gruppo Unicredit, ivi compreso l’ex Gruppo Capitalia,
relativi al periodo antecedente la dichiarazione di insolvenza del Gruppo Parmalat e inerenti al
dissesto di questo.
L’accordo prevede un esborso complessivo per il Gruppo UniCredit, pari a € 271,7 milioni così
ripartito:
€ 229,7 milioni per rinuncia a tutte le azioni revocatorie e
risarcitorie attuali o potenziali
= 37 milioni (settore turismo Parmatour)
=
4 milioni (settore calcio Parma Calcio)
=
1 milione (per 42 Società in A.S.)
Unicredit ha altresì rinunciato ai giudizi di opposizione e ai crediti ammessi ma non ancora
soddisfatti.
Unicredit conferma il convincimento che i propri comportamenti nella vicenda sono stati sempre
improntati a correttezza e che, in particolare, il Gruppo non ha mai avuto consapevolezza alcuna dello
stato di insolvenza di Parmalat e delle altre società del Gruppo. Pertanto, la decisione di addivenire ad
una composizione transattiva è motivata soltanto dall’intento di eliminare i costi e le incertezze di un
ampio e complesso contenzioso e non comporta alcun riconoscimento - neppure implicito - di
responsabilità di sorta.
Il Commissario Straordinario si è impegnato a rinunciare a qualsiasi ulteriore azione o pretesa
revocatoria e risarcitoria nei confronti del Gruppo Unicredit, per concorso nella causazione e/o
aggravamento dei vari dissesti e rinuncia o revoca le costituzioni di parte civile.
I vertici di Parmalat e di Unicredit e il Commissario Straordinario hanno espresso soddisfazione per
l’accordo raggiunto ».
A non riprendere il discorso sull’inammissibilità della domanda e sull’ indeterminatezza dell’importo, è
di tutta evidenza che una transazione di tale complessità e portata non è stata definita in pochi giorni.
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Essa, ragionevolmente, ha presupposto incontri di manager e legali, prolungati scambi di
corrispondenza, esami successivi da parte degli organi amministrativi: a tutto questo, finalmente, può
presumersi che sia seguita entro il mese di luglio 2007 l’approvazione da parte di Unicredit.
Pertanto è verosimile che l’8 maggio 2008, allorché il dott. Profumo forniva le risposte più sopra
riportate, gli uffici della Direzione Generale di Unicredit coinvolti nella questione stavano lavorando
già da tempo, forse da mesi, a quella ipotesi di accordo.
E se è così riesce difficile sostenere che quella ipotesi transattiva non sia stata tenuta in considerazione
nella predisposizione della chiusura del bilancio al 31.12.2007 di Unicredit, bilancio nel quale - è bene
ricordarlo - nessun accantonamento risulta iscritto a copertura, ancorché parziale, dello specifico
rischio, con tutto quanto ne consegue in termini di esattezza e precisione di quel bilancio, ivi inclusa la
determinazione dell’utile.
E non si sostenga che si tratta di importo, in valori assoluti, trascurabile a fronte delle grandezze
patrimoniali ed economiche del bilancio 2007 di Unicredit: anche in senso relativo sono pur sempre
272 milioni di euro (quasi 540 miliardi di vecchie lire) e qualche peso un importo del genere non può non
averlo.
A parte ciò, i miliardi sono pur fatti di centinaia di milioni e quelli perduti - o passibili di una rilevante
svalutazione - non sono mai “pochi”: come i 160 milioni di euro circa di esposizioni verso Lheman
(comunicato stampa Unicredit del 17 settembre 2008), come i circa 600 milioni di euro di perdite che
verosimilmente deriveranno dalla vendita di azioni proprie, a seguito della delibera di dismissione
assunta a maggioranza nella recente assemblea ordinaria di Unicredit del 14.11.2008.
Mettendo in conto anche la transazione Parmalat e dando per ammesso, ma non concesso, che il rischio
Cirio derivante dalla sentenza di condanna sia pienamente coperto, si può tranquillamente ritenere che
oltre un terzo delle disponibilità rivenienti dall’aumento di capitale varato nella recente assemblea
straordinaria del 14.11.2008 sono già andate virtualmente in fumo, prima ancora che esso sia stato
realizzato: ai fini patrimoniali, in quanto quelle disponibilità sono o saranno presto assorbite, almeno in
parte significativa, da perdite e sopravvenienze passive non neutralizzate da specifici accantonamenti;
ma anche ai fini della liquidità, essendo le entrate attese dall’aumento destinate a fronteggiare, per circa
un terzo, uscite di cassa in favore di terzi e/o perdite su crediti o da realizzo.
L’argomento “liquidità” introduce il SECONDO PUNTO delle perplessità della minoranza di provenienza
ex Banca Mediterranea sull’operazione di aumento di capitale.
Infatti esso è stato motivato esclusivamente dall’opportunità, anzi dalla necessità imposta dalla crisi
finanziaria, di migliorare i ratios patrimoniali (anche se, come si è visto, il miglioramento sarà alquanto inferiore a
quello atteso).
Ma le affermazioni fatte ed i dati riportati a sostegno di questa tesi non convincono.
A pagina 2 della relazione predisposta dagli amministratori e sottoposta all’ assemblea straordinaria di
Unicredit del 14 novembre scorso è scritto:
«Si sottolinea altresì che l’operazione, pur generando un flusso positivo di cassa al momento della
finalizzazione dell’aumento di capitale, risponde, come in precedenza evidenziato, all’obiettivo
primario di incrementare la base di capitale di UniCredit ed influenza marginalmente la posizione di
liquidità complessiva del Gruppo, date le elevate dimensioni del bilancio consolidato (totale attivo al 30
giugno 2008 pari a circa 1.060 miliardi di euro).
In particolare, le fonti di finanziamento del Gruppo sono diversificate, sia per durata che per
strumento: la componente più stabile è rappresentata dai depositi della clientela pari a circa 400
miliardi di Euro e corrispondenti a circa il 50% delle fonti di finanziamento globali del Gruppo».
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Vorrei formulare un’osservazione che, se inesatta, vorrete attribuire alla mia scarsa conoscenza della
materia: l’adeguatezza o meno della liquidità è misurata più che dall’entità e dalla natura delle fonti di
finanziamento (e dei mezzi propri non impegnati) dall’utilizzo - e dall’entità e modalità di utilizzo - che si è
fatto delle disponibilità proprie e di quelle raccolte, per cui se gli impieghi/investimenti effettuati a
valere su quelle disponibilità sono per varie ragioni non suscettibili di rientro “a chiamata”, la liquidità
può essere scarsa o comunque inadeguata a fronteggiare impegni a vista od a breve scadenza.
In proposito le informazioni fornite dal Consiglio di amministrazione nella sua relazione sono evasive:
a quanto ammonta la liquidità di Unicredit? E, per quanto essa possa essere elevata in valori assoluti, vi
sono impegni in corso di maturazione che suggeriscono, anzi impongono il ricorso a misure
straordinarie, anche di alienazione di cespiti, anche in perdita?
E’ questo che non si sa e che non si comprende.
E non sapendo, non può farsi a meno di notare alcune coincidenze:
- la necessità di perfezionare l’aumento di capitale entro la fine del corrente esercizio 2008;
- la programmata vendita di azioni proprie (circa 171 milioni di titoli Unicredit a prezzi di carico assai lontani
dalle quotazioni correnti), con l’accettazione del rischio di sopportare una rilevante minusvalenza,
intorno ai 600 milioni di euro, salvo improbabili e robuste inversioni di tendenza dei corsi;
- la vendita che la stampa (cfr. il secondo quotidiano italiano “La Repubblica” del 22.11.2008) presenta come
imminente di diversi cespiti immobiliari, tra i quali la storica e prestigiosa sede di Unicredit in
piazza Cordusio a Milano;
- le altre misure preannunciate alla seconda e terza alinea di pag. 2 della relazione degli
amministratori all’assemblea del 14 novembre scorso (risk mitigation con vendita di crediti: se in bonis e
garantiti, perché ?; e se dubbi, a quale prezzo e con quale perdita?).
Indipendentemente dall’impatto che queste misure avranno sui ratios patrimoniali
(impatto in qualche
caso limitato dalle perdite di cui si è detto) sembra che il management di Unicredit avesse quale obiettivo
prevalente - ed urgente - la necessità di “fare cassa”. Perché ? Davvero «Annibale è alle porte di
Roma» (citazione del famoso oratore latino Cicerone) che può valere l’italiano «il nemico è alle porte di
Unicredit ?» O addirittura le ha superate ?
Se così non è - come sinceramente la minoranza di provenienza dall’ex controllata meridionale Banca
Mediterranea si augura non sia - perché svendere l’argenteria (le azioni proprie e, magari, una parte dei crediti)
o vendere, magari con profitto, quadri, tappeti, arazzi, mobili antichi, insomma il patrimonio di
famiglia (gli immobili, tra cui un importante pezzo della storia del Credito Italiano, il prestigioso palazzo a Milano in
piazza Cordusio) ?
Il TERZO PUNTO è relativo ai partners prescelti per l’operazione.
Il partner principale è Mediobanca, istituzione tra le più importanti del nostro Paese, che non è certo
una controllata di Unicredit, specie dopo la vendita a fine 2007 di una robusta interessenza, se ben
ricordo intorno al 9%: eppure rimane ancora in essere una partecipazione di Unicredit che sfiora pure il
9%.
E’ evidente che partecipante e partecipata non sono reciprocamente indifferenti e che il regime
patrimoniale ed economico prescelto per l’operazione è particolarmente complesso.
Cosa succederà se la Fiduciary Bank (a proposito la minoranza ex Banca Mediterranea vorrebbe sapere chi è o chi
sarà?) non riuscirà a collocare tutti i “cashes” relativi all’inoptato? Questi verranno assunti tutti da
Mediobanca, magari dando luogo ad una temporanea ma significativa situazione di partecipazioni
incrociate? O l’aumento di capitale di Unicredit sarà limitato alle sole quote effettivamente sottoscritte?
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A parte ciò, forse sarebbe stato preferibile non fare ricorso nell’operazione di aumento del capitale
sociale ad un’entità del gruppo Merryll (vale qui l’altra famosa citazione latina riferita alla «moglie di Cesare»); e
comunque quale sarà esattamente il ruolo di Merryl International: solo quello di trovare sottoscrittori? e
quali saranno i suoi compensi?
Il QUARTO PUNTO, l’ultimo che vorrei affrontare in questa assemblea speciale, attiene ai costi
ed ai rendimenti dell’operazione di aumento di capitale.
Se si è ben capito, Unicredit si riserva il diritto di usufrutto sulle azioni consegnate alla Banca
Depositaria, in sostanza il dividendo maturato sulle azioni stesse ed in contropartita si impegna a
corrispondere alla Banca Depositaria un canone pari all’Euribor a sei mesi, maggiorato di 450 b.p. (in
sostanza un po’ di più degli ultimi dividendi, attestati intorno all’8%, se non si erra).
A sua volta la Fiduciary Bank corrisponderà ai sottoscrittori dei “cashes” un interesse nella stessa
misura, con l’eventuale maggiorazione dell’8% circa rispetto a quello che risulterà il rendimento
effettivo in termini di dividendo delle azioni Unicredit.
Insomma l’unico termine certo di questi interessi è l’Euribor a sei mesi (al 25.11.2008 era del 4,050%),
mentre l’altro parametro del dividendo è incerto, se non nell’ “an”, quantomeno nel “quantum”.
Ed è un bel costo di capitale, anche se quello previsto per l’esercizio 2008 - da corrispondere ad
aprile/maggio 2009 - sarà non in contanti, ma in azioni.
E allora che succederà con questi complessi regolamenti di conti? Alla Banca Depositaria si daranno
azioni, e conteggiate a quale prezzo? E poi che succederà ?
In definitiva l’aumento di capitale è certamente utile, forse necessario alla luce delle circostanze
rappresentate nelle pagine precedenti, ma tuttavia non convincono talune reticenze informative, i tempi
prescelti e le modalità di esecuzione.
E soprattutto non convince l’asserzione della relativa indifferenza dell’operazione alla liquidità
complessiva del Gruppo, quando tutta una serie di provvedimenti, pur con utili riflessi sugli indici di
patrimonializzazione (dalla vendita di azioni proprie, alla cessione di crediti, alla vendita di importanti cespiti
immobiliari), sembra testimoniare il contrario, specie alla luce dei costi di talune di queste dismissioni, in
termini di perdite da realizzo.
In conclusione, Signor Vice Presidente, l’impressione che se ne trae di questa operazione di aumento
del capitale sociale di Unicredit, è che si sia indicata la cura, tacendo sulla natura della malattia e
soprattutto sulla sua gravità.
E per queste ragioni i soci di provenienza dall’ex controllata del sud Italia Banca Mediterranea spa e da
me rappresentati, consapevoli della gravità di un voto negativo e dell’ambiguità di una astensione
formale, hanno preferito non partecipare al voto nelle recenti assemblee straordinaria ed ordinaria di
Unicredit tenute il 14 novembre 2008 a Roma.
Grazie per l’attenzione e buon proseguimento dei lavori."
Interviene quindi brevemente il socio Zola, per precisare che le domande che voleva
porre sono state già formulate da altri azionisti e che pertanto si riserva di prendere la
parola a seguito delle risposte del Presidente.
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Prende la parola il Presidente e – rilevato che sull’argomento non vi è nulla da
deliberare – evidenzia l’opportunità di aumentare la consapevolezza di come si sia
sviluppata l’esigenza dell’aumento di capitale, che ha dovuto essere particolarmente
articolato e soprattutto tempestivo.
Fa riferimento al fatto che la Società era stata rimproverata di essere arrivata tardi
all'aumento, allorchè il titolo era già sceso e pertanto l'aumento di capitale è più faticoso
per quanto riguarda l’azienda e quindi più penalizzante.
Fa anche presente che il valore fissato per l’aumento di capitale (pari ad Euro 3,08338)
nasce da un dato puntuale del giorno prima, che rispetto al valore medio del semestre
precedente (di oltre 4 euro) rappresenta uno sconto implicito.
Rammenta, quindi, che su questo argomento (ampiamente dibattuto nell'ultima
assemblea che, precisa, è l'unica a cui egli non abbia partecipato negli ultimi 14 anni, ma
della quale dichiara di aver letto i resoconti) le risposte fornite in assemblea straordinaria
sono state molto esaurienti. Rileva che quell’assemblea aveva il titolo per fare questo
tipo di osservazioni e che era presente il 42,8% dell'azionariato della Banca e la proposta
è stata approvata con una percentuale del 99,7%.
Afferma, pertanto, che non si sta parlando di un argomento nuovo, in relazione al quale
siano ancora da verificare problemi. Precisa che comunque - per completezza e per
riguardo anche alla Rappresentante Comune che ha avuto la gentilezza di far avere alla
Società le domande in anticipo – intende dare una risposta, si augura, in modo completo
ed esauriente. Rammenta agli intervenuti che, comunque, sul sito Internet della Società è
disponibile tutta la relativa documentazione e, così, pertanto le risposte a tutte le
domande.
Comunica perplessità in merito al fatto che anche gli azionisti di risparmio abbiano
titolo, non a partecipare all'aumento di capitale, ma a sottoscrivere i cashes, in quanto i
cashes sono gestiti da terzi e non dalla Banca. Precisa che l'aumento di capitale
deliberato sarà sottoscritto da Mediobanca, la quale si occuperà delle fasi successive
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dell’operazione. Ribadisce dubbi in merito alla possibilità per gli azionisti di risparmio
di sottoscrivere i cashes. Comunica di non sapere fino a che punto detti azionisti
rappresentino un "interesse complessivo", ma precisa che se ci fossero le condizioni, se
ne potrebbe tenere conto.
Dà quindi lettura della risposta agli azionisti, il cui testo si riproduce qui di seguito:
“Ricordo ai presenti che il Rappresentate Comune degli Azionisti di Risparmio ha
partecipato all’assemblea ordinaria e straordinaria del 14 novembre corso in cui è stata
fornita ampia informativa sulle misure di rafforzamento patrimoniale in esame, anche in
risposta ai chiarimenti richiesti dagli azionisti. Il verbale dell’assemblea è stato
pubblicato ai sensi di legge ed è disponibile sul sito internet di UniCredit.
In ogni caso, a beneficio degli Azionisti di Risparmio qui intervenuti, intendo comunque
fornire un’illustrazione delle misure di rafforzamento del capitale, con ciò rispondendo
alle domande formulate – alcune delle quali ci sono state cortesemente anticipate dal
rappresentante comune – la cui trattazione può aiutare a chiarire i termini
dell’operazione. Segnalo, a tal proposito, che alcune delle domande vertono su
operazioni che non sono state oggetto di deliberazione da parte dell’assemblea degli
azionisti, ma che rientrano nelle ordinarie competenze gestionali del Consiglio di
Amministrazione. Altre domande riguardano profili che esulano dalle decisioni assunte
dalla Società ma che riguardano soggetti terzi intervenuti, con vari ruoli,
nell’operazione di rafforzamento del capitale.
Passo quindi a riassumervi i termini dell’operazione approvata dall’assemblea
straordinaria il 14 novembre scorso, con ciò rispondendo alle domande che avete posto.
“L’assemblea straordinaria ho approvato una delibera di aumento di capitale in
opzione ai soci di 3 miliardi di euro di cui circa 487 milioni di capitale sociale e 2.513
milioni di euro di sovrapprezzo. Il prezzo di emissione è di euro 3,083 (prezzo di
riferimento al 3 ottobre 2008, venerdì antecedente il Consiglio di Amministrazione che
ha approvato le proposte presentate oggi in assemblea). Il numero massimo di azioni
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ordinarie offerte in opzione ai titolari di azioni ordinarie e di risparmio è di circa 973
milioni; il rapporto di assegnazione è di 4 nuove azioni ordinarie ogni 55 esistenti,
ovvero 7 nuove azioni ordinarie UniCredit ogni 95 esistenti se si considerano le azioni
proprie attualmente in portafoglio (azioni che, sulla base delle condizioni di mercato,
potrebbero essere dismesse prima dell’avvio dell’offerta). Le azioni avranno godimento
regolare, ossia godimento 1° gennaio 2008, e quindi avranno gli stessi diritti delle
azioni in circolazione al momento dell’emissione delle nuove azioni.
Si tratta, quindi, di un aumento di capitale in opzione ai soci, di un’operazione aperta a
tutti i soci: non si applica pertanto la procedura prevista per l’aumento di capitale con
esclusione del diritto di opzione.
Il prezzo dell’aumento di capitale (Euro 3,083) è stato fissato con riferimento alla
quotazione del titolo alla chiusura del giorno di borsa aperta precedente la delibera di
approvazione dell’operazione. Al riguardo, alla data del 3 ottobre (ultimo giorno di
borsa aperta precedente la riunione del consiglio di amministrazione ha convocato
l’assemblea che ha approvato l’aumento di capitale), la media annuale del prezzo del
titolo era 4,7 euro e la media del semestre precedente era 4,0 euro.
In caso di non integrale sottoscrizione dell’aumento di capitale, le azioni residue
saranno sottoscritte da Mediobanca. Pertanto, l’intero controvalore dell’operazione di
aumento di capitale risulta integralmente garantito al prezzo di Euro 3,083 e questo è
un elemento particolarmente importante.
Tali azioni costituiranno il sottostante dei c.d. CASHES emessi da un soggetto terzo e
collocati da Merrill Lynch e dalla stessa Mediobanca presso investitori istituzionali.
I “CASHES” saranno titoli “di debito” che maturano interessi su base trimestrale o
semestrale, convertibili in azioni sulla base di un rapporto di conversione fissato al
momento dell’emissione al prezzo di riferimento delle azioni UniCredit al 3 ottobre u.s.
(ossia, Euro 3,083).
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Con riferimento alla cedola, si osserva che essa non interferisce con il privilegio nel
pagamento degli utili attribuito alla categoria degli azionisti di risparmio: a tal
proposito va segnalato che gli interessi eventualmente corrisposti ai sottoscrittori dei
CASHES non verrebbero pagati da UniCredit ma dal soggetto terzo che emetterà i
CASHES, laddove l'onere sopportato da UniCredit sarà il corrispettivo a fronte
dell'usufrutto che, come si illustrerà tra breve, intende impedire la diluizione degli
attuali azionisti sino alla conversione dello strumento CASHES. Tale corrispettivo sarà
contabilizzato a stato patrimoniale in quanto il contratto di usufrutto ha per oggetto le
azioni UniCredit, le quali costituiscono il sottostante dei CASHES.
Con riferimento alla fissazione del prezzo di emissione delle azioni si ricorda che esso
non è stato stabilito al fine di agevolare alcuno: come poc’anzi ricordato, la fissazione
del prezzo è avvenuta sulla base dell’ultima quotazione disponibile secondo criteri
assolutamente svincolati da qualsiasi implicazione rispetto alle decisioni che
porteranno gli investitori istituzionali a sottoscrivere i CASHES.
E’ previsto che UniCredit si riservi il diritto di usufrutto sulle azioni sottostante ai
CASHES in modo da far sì che la loro emissione non abbia un effetto diluitivo sul diritto
di voto e sul diritto agli utili in capo agli attuali azionisti fino al momento della
conversione dello strumento stesso.
Il collocamento dei CASHES è stato affidato a Merrill Lynch e Mediobanca, in qualità
di joint placement agent, sulla base di apposito mandato che prevede che i CASHES
siano collocati privatamente e non mediante un’offerta pubblica. Coerentemente con la
prassi internazionale, la scelta degli investitori a favore dei quali i CASHES saranno
emessi sarà effettuata senza obbligo di consultazione da parte di UniCredit.
Si tratta, peraltro, di uno strumento finanziario di particolare complessità, ivi inclusa la
difficoltà nella valutazione e percezione del rischio a questi associato da parte degli
investitori retail; in ragione di tale complessità e alla luce delle tutele e delle procedure
imposte dalla Direttiva 39/2004/CE relativa ai mercati sugli strumenti finanziari (la
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cosiddetta MiFID) si è ritenuto che i CASHES non siano adeguati per il collocamento
presso gli investitori retail.
Le tempistiche indicative dell’operazione prevedono: entro la fine di dicembre 2008
l’avvio dell’offerta in opzione; nel mese di gennaio 2009 la chiusura dell’aumento di
capitale ed eventualmente, nel caso in cui l’aumento di capitale non dovesse essere
sottoscritto e quindi i diritti dovessero restare inoptati, la sottoscrizione dei CASHES.
L’operazione avviene, ovviamente, nel rispetto delle norme che avete citato nei vostri
interventi.”.
Al termine dell’intervento del Presidente, prende la parola la dottoressa Stella D’Atri, la
quale, innanzitutto, sottolinea che, proprio nell'esercizio del suo ruolo, si era presa “la
briga” di limitare il numero delle domande al consiglio di amministrazione e che ha fatto
pervenire al Presidente della riunione solo quelle che non trovavano già una risposta nei
testi del verbale e della relazione, che precedentemente si era studiata.
Rileva che il testo letto dal Presidente, anche se con parole diverse, ricorda il discorso
fatto nell’ultima assemblea straordinaria.
Chiarisce, quindi, che lo scopo di porre domande precise nasceva dalla speranza di avere
delle risposte puntuali su punti specifici e non una spiegazione dell'operazione.
Dopo alcune considerazioni generali, comunica di aver ascoltato con attenzione il
Presidente e di aver avuto l’impressione che non vi sia stata alcuna risposta alle
domande specifiche svolte. Afferma che la richiesta non era di fornire una spiegazione
dell'operazione ma di chiarire specifici punti dell'operazione medesima che non sono
risultati chiari e che, probabilmente, sono completamente legittimi. Si trattava di una
richiesta di chiarimento.
Afferma altresì che la formalizzazione delle domande si è basata su una presunzione
della correttezza dell'operato.
Conclude il proprio intervento invitando nuovamente il Presidente a verificare la
possibilità di fare ricorso ad un pensatoio per avere qualche dettaglio in più.
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Prende nuovamente la parola il Presidente per spiegare subito, anche a ragione del
garbo e della puntualità con cui si è posta la dottoressa D’Atri, perché egli abbia letto
una risposta così generale. Precisa che ciò è stato fatto perché in tal modo si reputa di
aver dato risposte alle domande formulate e nello stesso tempo di aver spiegato
l’operazione nel suo complesso.
Cita, quindi, l’esempio della domanda “perché l'aumento deliberato non violi il 2441 che
è il diritto di opzione?” Precisa che l’opzione è stata data e quindi la domanda formulata
ha trovato una risposta.
Dopo breve scambio di battute con un azionista intervenuto, il Presidente conclude
affermando di ritenere di aver dato risposta, nei contenuti.
Interviene il professor Gianfranco D’Atri, il quale si definisce molto più immediato ed
esplicito della figlia, anche a ragione – precisa – del fatto di essere professore
universitario. Fatto quindi riferimento al proprio titolo accademico ed alla circostanza
che all’odierna riunione siano presenti persone degne di titolo e di intelligenza,
comunica di ritenere l’intervento del Presidente un’offesa alla propria intelligenza.
Afferma di sapere che l'intervento non è stato predisposto direttamente dal Presidente,
ma dagli uffici della Società e quindi dichiara di ritenere ci sia “qualcosa che non va in
questa struttura.".
Si chiede, quindi, perché a Roma ci fosse un pensatoio, assente in questa occasione e
ritiene che ciò faccia sempre parte di una “sottovalutazione del ruolo”. Rilevato che i
giornalisti intervenuti si sono allontanati, stante il prostrarsi della riunione, dichiara che
egli, nella sua attività pubblicistica, se non verrà convinto dal Presidente, ne terrà conto.
Si chiede che effetto abbia ottenuto il Presidente negando delle risposte.
Dichiara comunque di voler parlare per sé e di non voler coinvolgere gli altri, perché,
sebbene ne dubiti, qualcuno potrebbe aver colto qualche indicazione.
Sottolinea lo sforzo del Rappresentante Comune: si è fatta carico delle domande magari
esposte anche in maniera grezza dagli azionisti di risparmio, le ha elaborate e, quindi, le
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ha formulate. Ribadisce la convinzione che a tali domande è necessario dare, in questa
sede, precise risposte.
Assume, quindi, che chi ha portato il Presidente a non formulare tali risposte ha fatto un
grave torto allo stesso Presidente, ed ha provocato un danno nel senso civilistico del
termine, perché sta danneggiando il valore dell'azienda, perché obbliga un terzo che
avrebbe tutta l'intenzione di comprendere e che è coinvolto anche monetariamente a non
capire.
Comunica di credere di aver perso, nel corso della mattina, 5.000 euro (oltre le perdite
precedenti ovviamente), solo perché non si riesce a capire niente.
Quindi il professor D’Atri spiega, anche formulando esempi, in che modo – a suo parere
– potrebbero essere date risposte convincenti; accenna quindi a Mediobanca, ai problemi
che riguardano il conflitto di interessi, alla necessità di analizzare gli argomenti oggetto
di domanda in maniera puntuale.
Dichiara che quando c'è un aumento di capitale non basta dichiarare che è esercitabile il
diritto d'opzione. Rammenta che in alcuni casi ci sono state anche sentenze che hanno
stabilito che il diritto di opzione è violato, anche se formalmente è concesso, allorchè
nella sua concreta attuazione non è esercitabile. Chiarisce che nella fattispecie il sospetto
che si vuole dirimere è che tale diritto in effetti, in base ad un'analisi giuridica, non sia
esercitabile. Si chiede se in proposito sia stato chiesto un qualche parere legale e
comunica di ritenere che ciò sia stato fatto. Chiede che tale parere sia reso noto, non
reputando ci siano motivi per tenerlo nascosto.
Prosegue, il professor D’Atri, affermando che è chiaro che le risposte chieste non sono
state fornite a nessuno e pertanto neppure al mercato e che l’unico strumento che resta –
in difetto di risposte a richieste di dialogo - è la denunzia al collegio sindacale ai sensi
dell’articolo 2408 del codice civile.
Ricorda che la lista delle domande è stata presentata il giorno 3 dicembre, come si fa
sempre, non avendo senso che in assemblea si facciano domande a trabocchetto.
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Domanda quindi, esplicitamente, quale sia la compatibilità dell'aumento di capitale con
l’articolo 979, comma 2, del codice civile che riguarda l'usufrutto. Rammenta come,
secondo il codice civile, l’usufrutto nei confronti di una società, o di una persona
giuridica, abbia durata limitata a trent'anni: tanto premesso si chiede come sia stato
possibile creare tale strumento con una durata di 42 anni e perché sia stata usata la
definizione di "perpetuo". Considera possibile che sia rinvenibile una ragione ma
afferma di non riuscire, prima facie, a vederla. Insiste nell’affermare che il Presidente
dovrebbe dare ai soci una risposta in proposito, dal momento che in ciò che è stato letto
questa risposta non c’è.
Si chiede se la Banca operi in tal modo in "tutte le cose"; dichiara che ciò gli pare
impossibile anche perché, come cliente di Unicredit e conoscendo anche altri che ne
sono clienti, sa quanti documenti si devono portare per avere un extra fido di 1.500 euro
sul conto corrente. Invita la Società a fare l’operazione come se stesse affidando 1.500
euro a un operaio e la invita altresì a chiedere gli stessi documenti.
Dichiara di essere alterato, in quanto realmente offeso.
Comunica che tale effetto è dovuto non all'intervento del dottor Bellei, ma di coloro che
"forse pensavano di fare al meglio il loro lavoro".
Ribadisce, quindi, che non è così che si deve fare; chiede tuttavia scusa per essersi
alterato.
Tornando alla questione delle risposte, afferma che non si tratta di risposte che possano
essere fornite dal Presidente, perché esse richiedono un approfondimento da parte dei
funzionari.
Auspica che il Collegio Sindacale accerti se era dovere degli amministratori fornire le
risposte o meno e, ove riscontrasse tale dovere, prenda provvedimenti.
Considera che l'alternativa sarebbe quella di dire ai soci che hanno sbagliato a porre
certe domande perché "è un pour parler".
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Afferma quindi di gradire una riflessione ed una eventuale delibera in tal senso perché
queste domande, anche se non hanno ricevuto una risposta, rimangono in piedi e le
risposte saranno trovate altrove.
Se invece, ribadisce, le risposte saranno successivamente fornite in altre sedi e al
Rappresentante Comune (perché, formalmente, sono state poste dalla dottoressa D'Atri),
l’incidente potrà considerarsi superato.
Manifesta l'intenzione di abbandonare a breve la riunione nel timore di "arrabbiarsi"
ancora; ritiene comunque di non avere nulla da perdere allontanandosi perché "ci sarà
una nuova relazione già letta e riscritta dieci volte". Anticipa di non voler intervenire né
in replica, né in altre sedi. Invita la Società a fare quel che vuole ed afferma che ognuno,
poi, farà quello che vuole.
Conclude, confermando di aver lasciato una copia del suo articolo su “Il
Sussidiario.Net” nella speranza che il Presidente partecipi al dibattito, iscrivendosi sul
sito.
Interviene, quindi, il socio Pier Luigi Zola che afferma "che queste domande sono
propedeutiche al futuro". Sottolinea la atipicità dell'operazione e considera che la
presenza di Mediobanca non sia una garanzia. Rammenta i nomi dei famosi gruppi
bancari coinvolti nell'operazione, citati dal Presidente; invita a non dimenticare
l'inaspettato e repentino fallimento di Lehman Brothers, per rilevare come persino questi
soggetti non siano più affidabili.
Fatto riferimento alle incertezze derivanti dall'attuale crisi, accenna quindi a come i
verbali del Presidente Geronzi brillassero per ampiezza e fossero "spessissimi" a ragione
di ore ed ore di discussione, con attacchi durissimi come quelli di un azionista, che cita.
Condivide la rilevazione di altro socio che ha definito l'assemblea di Genova più aperta.
Al di là di tutto ciò, si associa alle considerazioni generali ed in particolare a quelle del
professor D’Atri, il cui intervento, afferma, ha assorbito le sue domande, dalle quali
quindi soprassiede. Afferma che il Presidente ha dato lettura, non per sua colpa, di un
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documento che definisce "una banalità". Afferma che tutti hanno capito quali siano i
discorsi e che qualcosa debba cambiare, facendo presente che "la storia non finirà qui".
Fa presente che la richiesta di costituire il Fondo comune aveva origine dall'intensità
dell'operato della Rappresentante Comune, alla quale riconosce di essersi già guadagnata
l'onorario, se si comparasse la sua attività con quella di altri rappresentanti comuni
"ingessati". Considera tale operato atipico ed auspica che l'attivismo della dottoressa
D’Atri non venga tranciato prima dei tre anni, magari adducendo una qualche giusta
causa. Invita a non confondere tale attivismo con l'interventismo assembleare del
"D’Atri padre", cui pure riconosce serietà nell'esercizio della funzione di azionista e uno
spirito creativo non finalizzato ad arrecare disturbo.
Dichiara di non avere intenzione di porre alcuna domanda perché la posizione della
Società ormai è chiara. Afferma, infatti, che l'Amministrare Delegato deve rendere conto
di tante cose e che se ha tanti amici, ha pure tanti nemici (precisando il socio di non
essere fra questi ultimi). Non ritiene che la partita personale dell'Amministratore
Delegato sia finita ed immagina che egli possa avere pensato al matrimonio con
Capitalia come ad un trampolino di lancio della propria carriera. Ipotizza, a tale
proposito, che con quel matrimonio sia stato incorporato qualche scheletro nell’armadio
di Capitalia ("che a Roma ha fatto di tutto e di più"), e poi, magari, anche tedesco.
Rimanda tale giudizio al futuro.
Ribadisce comunque l'atipicità dell'operazione. Rileva il valore corrente del titolo (oggi
come oggi terrificante) e quindi, fra l'altro, afferma di non sapere se la quotazione si
fermerà o scenderà ancora. Si chiede perchè, nessuno volendo sottoscrivere, ciò abbia
tuttavia luogo da parte di Mediobanca ed a chi questo giovi. Argomenta, considerando
come sia poco credibile che questo istituto possa rimetterci, della possibile esistenza di
un qualche meccanismo – oggetto di studio – in conseguenza del quale qualcosa non
funzioni.
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Svolge, quindi, alcune considerazioni sul ricorso all'usufrutto: avendo "per molto tempo
bazzicato nel mondo immobiliare", afferma di avere dimestichezza con questo istituto
ma di non essere certo che l’usufrutto, in campo finanziario, segua gli stessi precetti di
quello in campo immobiliare. Ritiene che l'intervento di Mediobanca non costituisca una
forma di garanzia, in considerazione del relativo "tremendo ... oscurantismo" corrente
fino a qualche anno fa. Fa quindi riferimento alle vicende, anche giudiziarie, dell'attuale
Presidente della società da ultimo citata e lo definisce persona a fine carriera, che fa
parte di gente ormai superata.
Svolge una breve digressione sui cambiamenti conseguenti all'elezione del nuovo
Presidente degli Stati Uniti d'America e, quindi, afferma di ritenere che ci sia un
movimento a livello internazionale che non riguarda i piccoli, trattandosi solo di una
guerra dei ricchi a cui ai piccoli è solo dato di assistere.
Ribadisce che le domande formulate hanno un senso tecnico molto importante e che
risposte idonee non sono rinvenibili nei documenti letti dal Presidente. Non esclude che
qualcuna ci sia anche stata, ma ritiene che le domande di chiarezza poste esigano una
risposta che non c’è nei documenti citati e, pertanto, tutto è rimandato al futuro.
Rileva come la dottoressa D’Atri abbia dato inizio alla sua attività, si sia messa di buzzo
buono, anticipi con i suoi soldi ("perché le ricerche continua a farle a sue spese"), e
quindi si guadagni senz’altro l’onorario stabilito.
Suggerisce alla Rappresentante Comune di studiare, per una nuova assemblea, un ordine
del giorno più furbo, argomentato in modo da mettere in qualche lieve difficoltà ("nel
senso buono") la Società, al fine di portarla a rispondere. Auspica che il modo di operare
della dottoressa D'Atri serva da esempio a tutti gli altri rappresentanti comuni che
recitano la funzione in modo ingessato, come lettori di veline della società a cui fanno
riferimento.
Al termine dell'intervento, allorchè il presidente si avvia a chiudere questa seconda parte
dell'assemblea, interviene il socio Vincenzo Trimarchi.
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Questi chiede se sia vero che lo spread da 450 bps viene tratto dal dividendo. Afferma
infatti di non aver capito questo passaggio. Il Presidente rinvia ad altro momento la
risposta.
Il socio afferma che c’è stato un grosso tentativo di dialogare per cercare di sottolineare
che gli imbrogli fanno male alla Società e per cercare di sbrogliare la situazione.
Comunica di avere la percezione che, forse non per cattiva fede, ma per una scarsa
capacità intellettuale, non si riesca a comprendere che si tratta di un contributo.
Alla luce dell'impegno che la partecipazione alla riunione comporta per un socio che
provenga da fuori Milano, riferisce, a mo' di esempio, delle difficoltà incontrate anche
solo per sapere se sarebbe stato offerto un ristoro agli intervenuti.
Si dichiara, da studioso di qualità dei servizi di pubblica utilità, attento alla lettura
dell’orientamento alla qualità e, quindi, all'analisi dei dettagli. Lo infastidisce quindi la
doppia misura per cui gli azionisti ordinari vengono trattati in una certa maniera e gli
azionisti di risparmio in un modo estremamente riduttivo (agli stessi non si bada e non si
offre neanche ristoro). Dà atto che in seguito a contatti con la segreteria del dottor
Profumo evidentemente qualcosa è successo, ma opina dell'adeguatezza del ristoro,
auspicandone un miglioramento.
Invita quindi gli amministratori della Società a far proprio il concetto di neminem
laedere dell’azionista di riferimento che, ricorda, è colui che, di propria tasca, prende i
soldi, li investe nella Società e paga gli stipendi, perché vuole vedere il proprio
investimento crescere sempre di più. Concludendo afferma, fra l'altro, che di ciò ci si è
dimenticati.
Riprende la parola il dottor Paolo Spadafora e rammenta di essere uno di quelli che ha
formulato le domande trasmesse dalla Rappresentante Comune. Comunica di essersi
aspettato un cambiamento, anche alla luce delle immagini dei dipendenti delle banche
americane che uscivano dagli uffici con i cartoni, e, tanto più, dalla prima banca che,
afferma, avrebbe dovuto fare da apripista.
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Ritiene, invece, che la prima banca abbia dato la peggior prova di voler mantenere un
sistema che comunque non si riuscirà a mantenere, che cambierà e crollerà ugualmente.
Lamenta che avrebbe potuto esserci un nuovo ordine mondiale della finanza ma che si
vuole continuare a costruire ancora sui derivati. Si rammarica che, dato che questa volta
si tratta di un derivato "buono", non venga offerto alla clientela retail: considera, infatti,
tale prodotto non così complesso e rischioso da non poter essere dato a tale tipo di
clientela. Crede, infatti, che non esista un diritto di opzione in capo all'azionista ("voi mi
state dando un diritto di uccidermi e quindi è come se questo diritto non ci fosse") e
chiede se i consiglieri di amministrazione siano intenzionati ad esercitarlo ovvero a
comportarsi "come tutti noi".
Dopo scambio di battute con il Presidente sempre sull'aumento deliberato, il dottor
Spadafora conclude, esprimendo dubbi sull'allocamento del valore dell'usufrutto a
bilancio. Afferma che tale dubbio tecnico sarà comunque risolto dalla lettura del relativo
bilancio.
Al termine degli interventi, il dottor Bellei fa presente che la risposta complessiva
fornita contiene implicitamente risposta a gran parte delle domande che sono state poste
anche se, probabilmente, non tutte. Fa il caso della domanda su come sia stato
determinato lo spread di 450 bps rilevando come, in quel momento, sia stato il mercato
stesso a dire "questa è la possibilità che può essere recepita sul mercato".
Ciò posto, afferma di comprendere la posizione del professor D’Atri che avrebbe
preferito delle risposte puntuali, punto per punto. Non condivide invece l'altra posizione
del socio che considera il Presidente incolpevole di quanto letto e lo invita a farsi
promotore di istanze al Consiglio di Amministrazione: il dottor Bellei, scherzando,
afferma che eventualmente il cameriere è anch’egli responsabile della bistecca che porta
e invita il socio a considerare, invece, la sua parte di "colpa ... rispetto a questo tipo di
questioni".
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Quindi afferma di ritenere necessario un rodaggio fra amministratori e possessori di
azioni di risparmio al fine di capire ciò che è possibile discutere serenamente e ciò che
non lo è, il tutto anche fatto riferimento ai giusti campi di reciproco confronto rispetto
agli argomenti affrontati. Considera che gli amministratori debbano cercare di capire
quello che bisogna fare meglio e gli azionisti quello che è opportuno chiedere ed in
quale sede e ciò al fine di evitare che si pensi che da parte della Società ci sia la volontà
di non essere trasparenti.
Insiste affermando la necessità di un rodaggio perché non c’è nessuna volontà di essere
ostili, ma si tratta solo di vedere quali siano i campi giusti di reciproco confronto rispetto
a questo tipo di questioni.
Interviene la dottoressa Stella D'Atri, la quale chiede formalmente al Presidente, in
virtù del discorso di parziale apertura dal medesimo appena pronunciato, se vorrà fare in
modo che ci sia un incontro tra ella, Rappresentante Comune degli azionisti di
risparmio, egli Vice-Presidente, il Presidente e l’Amministratore Delegato della Società
proprio per stabilire le sedi opportune dei vari discorsi.
Il dottor Bellei, premesso che il rodaggio non è sempre definibile immediatamente,
prende atto della richiesta affermando di riscontrarne la necessità. La dottoressa D'Atri
rassicura il Presidente sulla non necessaria imminenza dell'appuntamento.
Si passa quindi alla trattazione del terzo punto all'ordine del giorno.
Il Presidente chiede se si possa omettere la lettura delle due relazioni redatte sul punto e
precisa che i punti sono parecchi e che non su tutti c'è una condivisione. Dichiara che gli
amministratori sono disponibili a portare in Consiglio di Amministrazione, in tempi
utili, la verifica di quanto accettabile rispetto a quanto richiesto. Nessuno formula
obiezioni in merito alla omissione di lettura delle relazioni, ed il socio Vincenzo
Trimarchi si dichiara soddisfatto dell’ultima dichiarazione del Presidente della riunione
e comunica che il dottor Bellei è riuscito a conquistare la sua fiducia.
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Il Presidente, quindi, rammenta la propria posizione di latore del messaggio degli
amministratori e comunica di sentire il bisogno di fare questa affermazione per onestà
intellettuale.
A tale scambio di battute interviene anche la dottoressa D'Atri che prega il Presidente di
contattarla prima di "bocciare … tutte le proposte".
A questo punto il dottor Bellei chiede se si possa ritenere conclusa la discussione sul
terzo punto all'ordine del giorno e, nessuno intervenendo, augura buon natale a tutti e
dichiara chiusi i lavori dell'assemblea speciale dei titolari di azioni di risparmio alle ore
16 e 5.".
A richiesta del comparente si allegano al presente verbale:
- elenco presenze (redatto a cura della Società), in originale, sotto la lettera "A";
- relazione illustrativa degli Amministratori di Unicredit S.p.A., redatta ai sensi dell'art.
3 D.M. 437 del 5 novembre 1998, in copia del testo pubblicato sul sito della Società,
sotto la lettera "B";
- relazione del Rappresentante Comune degli azionisti di risparmio di Unicredit S.p.A.
per l'assemblea del 2, 3 e 4 dicembre 2008, in copia del testo pubblicato sul sito della
Società, sotto la lettera "C";
- testo dell'intervento del socio Elman Rosania relativo al primo punto all'ordine del
giorno, sotto la lettera "D";
- testo dell'intervento del delegato Michele Tucciariello relativo al secondo punto
all'ordine del giorno, sotto la lettera "E";
- testo dell'intervento del socio Elman Rosania relativo al secondo punto all'ordine del
giorno, sotto la lettera "F".
In questa sede di sottoscrizione del verbale il Presidente della riunione precisa che:
- premessa la correttezza del numero dei 14 presenti in sala al momento dell'apertura
dell'assemblea, il numero dei titolari di diritto di voto a quel momento presenti in
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proprio era di 7 (e non di 8 come comunicato) ed il numero dei titolari di diritto di voto
rappresentati per delega era di 19 (e non di 18 come comunicato);
- la percentuale corretta dei voti favorevoli e dei contrari rispetto al capitale sociale
presente alla votazione del primo punto all'ordine del giorno è, rispettivamente, il
40,31051% ed il 59,68949% e non il 40,30727% ed il 59,68468% come erroneamente
comunicato in assemblea, immutato restando il dato numerico dei voti, esattamente
comunicato;
- ai soli fini della migliore intelligibilità dell'intervento dell’avvocato Elman Rosania
riportato alla pagina 46 del presente verbale, la data dell’assemblea di UniCredit S.p.A.
indicata dal socio nel giorno 8 maggio 2007, è invece 8 maggio 2008.
Di questo atto
io Notaio ho dato lettura al comparente, che lo approva e con me lo sottoscrive alle ore
17 e 30.
Omessa la lettura degli allegati per volontà espressami dal comparente.
Scritto
con sistema elettronico da persona di mia fiducia e da me Notaio completato a mano,
consta il presente atto di settantuno mezzi fogli scritti sulla prima facciata, per un totale
quindi di settantuno pagine sin qui.
Firmato Franco Bellei
Firmato Filippo Zabban
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