APPUNTI DELLE LEZIONI DI MEDICINA DEL LAVORO
INDICE
Pag. 1
Introduzione
Pag. 4
Evoluzione storica della Medicina del Lavoro nel XX secolo
Pag. 9
Normativa e legislazione sulla tutela della salute negli ambienti di lavoro
Pag. 15 Compiti e organizzazione dei servizi aziendali e pubblici di prevenzione
e sicurezza sul Lavoro
Pag. 20 Igiene del lavoro. I rischi
Pag. 22 La valutazione del rischio. Il monitoraggio ambientale
Pag. 26 La quantificazione dei composti chimici aerodispersi
Pag. 28
I limiti massimi ammissibili
Pag. 30
Il monitoraggio biologico
Pag. 33
La bonifica ambientale
Pag.
35 La tossicologia industriale.
Pag.
39 Tossicocinetica dei tossici industriali
Pag.
48 Tossicodinamica
Pag.
49
Valutazione del rischio tossicologico
Pag.
51
Piombo
Pag.
70 Mercurio
Pag.
77 Cromo
Pag.
82 Cadmio
Pag.
87
Manganese
Pag.
89
Berillio
Pag.
92
Solventi
Pag. 120 Fitofarmaci
Pag. 132 Mossido di Carbonio
Pag. 137
Acido Cianidrico
Pag. 140
Amine aromatiche
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INTRODUZIONE
La evoluzione storica della Medicina del Lavoro è strettamente collegata con l'evoluzione della
tecnologia.
Nell'antichità il lavoro manuale era riservato agli schiavi in quanto esso veniva considerato
cosa indegna e degradante per l'uomo libero.
Tito Lucrezio Caro nel "De rerum natura"descriveva le drammatiche condizioni di lavoro degli
schiavi
Ippocrate, Galeno e Plinio già segnalarono forme morbose che comparivano con particolare
frequenza in determinate categorie di artigiani.
In seguito, nel secolo XV, Agricola e Paracelso descrissero gli aspetti del lavoro nelle miniere
di metalli e le malattie che colpivano i minatori e i fonditori, in alcuni casi suggerendo anche
possibili applicazioni preventive..
Spetta tuttavia a Bernardino Ramazzini da Carpi il merito di avere per primo considerato che
alcune malattie trovano la loro origine nel lavoro e pertanto di avere indagato, in prima
persona, i rapporti esistenti tra varie attività lavorative ed insorgenza di malattie, intravedendo
inoltre, per
primo,
la necessità di introdurre la anamnesi lavorativa nell'approccio col
paziente.
Nel trattato "De morbis artificum diatriba" infatti il Ramazzini, non solo descrive la malattia
causata dallo svolgimento del mestiere ma, propugnando l'aforisma "meglio prevenire che
curare", suggerisce anche i rimedi utili a limitare o a prevenire la malattia stessa.
Il Ramazzini pertanto deve essere considerato l'antesignano della medicina del lavoro in quanto
non solo ha considerato e descritto il lavoratore ammalato, ma si è personalmente recato nella
bottega per rendersi conto dell'ambiente di lavoro e per trarne opportuni suggerimenti ai fini
preventivi.
Nella prefazione del trattato il Ramazzini scrive: “ Pioché dunque non solo nel passato, ma
anche ai nostri tempi, nelle società ben regolate, sono state fissate delle leggi a vantaggio dei
lavoratori, è altrettanto giusto che anche la medicina apporti il proprio contributo in favore e a
sollievo di coloro che lo Stato si preoccupa di favorire e, con un impegno particolare che fino
ad ora è stato assente, abbia cura della loro salute in modo che per quanto è posibile, possano
esercitare senza pericolo l’attività a cui si sono dedicati. Io, da parte mia, ho fatto tutto quello
che pensavo fosse giusto fare e non mi sono sentito sminuito quando, per osservare tutte le
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caratteristiche del lavoro manuale, entravo nelle botteghe artigiane più modeste; d’altra perte
in questa nostra epoca anche la medicina impiega osservazioni derivate dalla meccanica. Mi
interessa fare notare, in particolare ai miei colleghi medici, che in tutte le realtà è possibile
ritrovare le lavorazioni che descrivo ed, inoltre, che le stesse lavorazioni in alcune regioni
possono essere eseguite in modo diverso. Questo significa che volta per volta le malattie
prodotte da quelle lavorazioni potranno essere diverse da quelle che io descrivo.
Nelle botteghe artigiane, come è giusto, cioè direttamente sul campo ho cercato di raccogliere
tutte le osservazioni interessanti e formulare indicazioni, cosa questa più importante, sia per la
cura che per la prevenzione delle malattie che di solito incombono su quelli che lavorano.
Dunque il medico che è chiamato a curare un lavoratore non deve, coma fa di solito, sentirgli
immediatamente il polso senza informarsi delle sue condizioni, né deve subito sentenziare sul
da farsi; il medico, come fa il giudice, deve mettersi a sedere, anche su uno sgabello o su una
panca quando non trova, come succede nelle case dei ricchi, una sedia dorata. Deve parlare
affabilmente co l’ammalato e sapere decidere quando è necessario dare consigli medici o
invece fare prevalere atteggiamenti di comprensione o di pietà; molte sono le domande che il
medico deve rivolgere al malato o a coloro che lo assistono. Ippocatre nel De affectionibus
dice: Quando sei di fronte ad un ammalato devi chiedergli di cosa soffra, per quale motivo, da
quanti giorni, se va di corpo e cosa mangia. A tutte queste domande bisogna aggiungerne
un’altra: che lavoro fa.
Quando il malato è uno del popolo, questa domanda risulta importante, anzi necessaria, se non
altro per individuare la causa della sua malattia: Succede raramente, nella pratica, che il
medico faccia questa domanda agli ammalati. Ma anche quando, per un qualche motivo, è a
conoscenza del tipo di lavoro svolto dall’ammalato, il medico non ne tiene conto,
compromettendo con ciò l’efficacia della cura.
Accogli dunque benevolmente, amico lettore, questo mio trattato, forse scritto con poca arte,
ma con l’intento di giovare alla società o per lo meno di dare sollievo ai lavoratori o, se
preferisci,, Accetta quest’opera, ispirata non dal desiderio della gloria, ma dal senso del
dovere e dall’interesse per gli altri”.
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Contrariamente
a quanto avveniva nel passato, il Ramazzini pertanto non si
limitava a
descrivere situazioni, magari anche con una notevole carica di pietismo, ma si
faceva
propugnatore della prevenzione, dopo avere dimostrato che certe malattie non avevano una
origine naturale o spontanea bensì erano legate al mestiere.
Nella seconda metà del diciottesimo secolo, coll'inizio della rivoluzione industriale, avviene
la prevalente trasformazione del lavoro da artigianale ad industriale con tutti i problemi
inerenti ai carichi di lavoro, all'orario di lavoro ed all'impiego indiscriminato di mano d'opera
femminile e minorile.
Nel 1910 Luigi Devoto fonda in Milano la Clinica del Lavoro, fornendo una base scientifica
alla medicina del lavoro e soprattutto propugnando il concetto della prevenzione delle malattie
da lavoro.
LA TUTELA DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA NEGLI AMBIENTI DI
LAVORO
L'obiettivo della Medicina del Lavoro, secondo le indicazioni del comitato congiunto OILOMS (1959), è quello di: ". promuovere e mantenere il più alto grado di benessere fisico,
mentale e sociale del lavoratori in tutte le occupazioni; adoperarsi per prevenire ogni danno
causato alla salute da condizioni legate al lavoro e proteggere i lavoratori contro i rischi
derivanti dalla presenza di agenti nocivi; destinare e mantenere i lavoratori in occupazioni
consone alle loro attitudini
fisiologiche e psicologiche; in sostanza, adattare il lavoro
all'uomo e collocare ogni persona al posto giusto.
La moderna Medicina del Lavoro, dovendo pertanto rispondere a quelli che sono gli obiettivi
sanciti dall'OIL-OMS, è divenuta una disciplina composita, dove la Clinica delle malattie
professionali, cioè la branca specializzata nel riconoscimento diagnostico, nella terapia e
riabilitazione della malattia causata dal lavoro, è una delle diverse componenti della
Medicina del Lavoro, assieme all'Igiene Industriale, alla Tossicologia Industriale, alla
Fisiologia del Lavoro, alla Ergonomia, alla Psicologia del Lavoro, alla Epidemiologia ed alla
Medicina Preventiva dei Lavoratori. La Medicina del Lavoro pertanto, pur essendo una
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branca nata come uno dei tanti rami dal tronco comune della clinica, è cresciuta
assumendo nel tempo una connotazione sempre più propria ed uno spazio sempre più
diversificato rispetto alle origini.
Identificare pertanto la Medicina del Lavoro con la Clinica delle malattie professionali
vorrebbe dire sancire il fallimento della medicina del lavoro, intesa come disciplina che,
secondo le indicazioni OIL-OMS si prefigge lo scopo di prevenire le malattie da lavoro e
di promuovere il benessere psicofisico del lavoratore.
EVOLUZIONE STORICA DELLA MEDICINA DEL LAVORO NEL XX SECOLO
Nella introduzione abbiamo trattato a larghi tratti la evoluzione storica della nostra disciplina
fino ad arrivare al 1910 cioè alla fondazione della Clinica del Lavoro “L. Devoto” di Milano,
evento che pone le basi alla moderna Medicina del Lavoro.
A questo punto veniamo a considerare la evoluzione che ha subito nello scorso secolo la
disciplina, soprattutto nel profilo della patologia professionale.
L’evoluzione della patologia da lavoro è strettamente correlata ai mutamenti della storia
sociale, politica ed economica, alle innovazioni tecnologiche e scientifiche e alle trasformazioni
organizzative realizzate progressivamente nell’industria e nell’agricoltura.
In questo senso, particolarmente interessante è il momento di passaggio dal IX al XX secolo,
passaggio segnato essenzialmente dall’enorme sviluppo dell’industria, dei trasporti e del
commercio, dallo spostamento gradualmente crescente di manodopera dall’agricoltura
all’industria e dalla sostituzione progressiva dei piccoli laboratori artigiani con i grandi
complessi industriali.
Nella vita e nel lavoro dell’uomo si attua in altri termini una trasformazione rivoluzionaria ed
inevitabilmente si impone sempre più all’attenzione generale il problema della salute dei
lavoratori, inteso come problema medico, sociale e politico al tempo stesso.
Nel 1906, in occasione della inaugurazione del traforo del Sempione, si tiene a Milano il Primo
Congresso Internazionale di Medicina del Lavoro, dal quale emerge in maniera ufficiale la
patologia da lavoro di più frequente riscontro all’epoca. Dai volumi degli Atti di tale congresso
si desume che all’inizio del secolo i problemi di salute dei lavoratori erano principalmente
riconducibili :
- alle malattie infettive e parassitarie come la tubercolosi, il carbonchio, il tetano,
- l’anchilostomiasi;
- alle patologie dell’udito;
- alle intossicazioni da piombo, zolfo, cemento.
Non poche furono inoltre le ricerche condotte su particolari categorie di lavoratori come donne
e bambini, ad evidenziare se non la sensibilità, almeno l’interesse per soggetti
costituzionalmente più vulnerabili, impiegati comunque in attività lavorative assolutamente non
consone.
Altra piaga frequente negli ambienti lavorativi di inizio secolo è l’anchilostomiasi, famigerata
per la severa anemia, diffusa tra minatori, fornaciai, solfatai e tra gli agricoltori.
L’importanza dell’anchilostomiasi è decisamente evidente se si considerano alcuni dati di
allora: nel 1882, in seguito ai lavori di costruzione della galleria del San Gottardo, i lavoratori
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malati di anchilostomiasi furono oltre 10.000, e 20 anni dopo, grazie a semplici interventi
igienici di svuotamento e pulizia quotidiana delle latrine, l’incidenza di tale malattia tra i
lavoratori del traforo del Sempione, pur sempre rimanendo elevata, veniva notevolmente
abbattuta.
Nonostante gli sforzi messi in atto, l’anchilostomiasi restava quindi ancora una patologia
diffusa, ma ciò che importa è che si comincia ad intravedere la iniziale maturazione di una
coscienza sanitaria che assieme alle progressive trasformazioni politiche di sanità pubblica
apriranno la strada alla prevenzione ambientale che è parte integrante della Medicina del
Lavoro ed elemento indispensabile nell’abbattimento di una qualunque patologia lavorativa.
Il segno tangibile dell’efficacia di tale prevenzione si apprezza col tempo: i dati statistici
riferiscono infatti l’incidenza di tale malattia professionale progressivamente ridotta negli anni
e via via sempre minore al punto che, secondo i dati più recenti disponibili, nel 1996
nell’industria e nell’agricoltura si contano rispettivamente nessuno e due casi denunciati di
anchilostomiasi.
Una malattia da lavoro di cui molto si parla agli inizi del secolo è il fosforismo, dovuto
all’impiego di fosforo bianco nell’industria dei fiammiferi.
Questa industria , agli inizi del secolo, era estremamente fiorente e redditizia e ciò spiega
l’estrema resistenza, soprattutto da parte degli imprenditori evidentemente, all’abolizione
dell’uso del fosforo bianco che, se da un lato generava un’attività industriale necessaria,
estremamente fiorente e con un tornaconto economico rapido ed abbondante, dall’altro
procurava una malattia tanto deturpante ed avvilente da essere soprannominata volgarmente
“lebbra delle fiammiferaie”.
Inoltre, in tali fabbriche, numerose in Italia un po’ ovunque e particolarmente concentrate in
Piemonte, in Lombardia e in Toscana nella zona di Empoli soprattutto, veniva impiegata di
norma manodopera a basso costo, donne e bambini principalmente, o si ricorreva addirittura a
detenuti o mendicanti o a coloro costretti al lavoro in fabbrica per estinguere i debiti di gioco.
La scoperta del fosforo rosso e la conseguente introduzione dei fiammiferi cosiddetti “svedesi”,
l’adozione di nuovi sistemi di lavorazione meccanica, i progressi dell’igiene industriale e le
numerose pressioni delle associazioni operaie hanno portato nel 1906 alla Convenzione di
Berna che sancisce ufficialmente a livello internazionale l’abolizione dell’impiego del fosforo
bianco.
Altro quadro clinico oramai appartenente alla storia delle malattie da lavoro è il saturnismo.
L’intossicazione da piombo nei primi decenni del secolo riguardava prevalentemente i
lavoratori addetti alla metallurgia del Pb, i tipografi o gli esposti a pigmenti piombiferi quali
ceramisti e verniciatori, con riferimento in questo ultimo caso all’uso della biacca o di altri
colori piombiferi quali il minio.
Successivamente, il saturnismo propriamente detto riguardava i tipografi impiegati nella
tecnica del linotype, fino praticamente a scomparire in questo settore lavorativo, mentre intanto
il rischio da piombo negli altri ambienti di lavoro diminuiva progressivamente, fino ad essere
definitivamente controllato con l’applicazione del D.Lgs 277/1991.
Da dati pubblicati dall’INAIL appare bene evidente la progressiva riduzione dei casi di
patologie da piombo indennizzati dall’Istituto ( da 2.134 nel 1976, a 220 nel 1984 e a 34 nel
1996). Da rilevare poi come i casi indennizzati si riferiscano, nella quasi totalità, a forme di
intossicazione lieve e reversibile.
Alla storia appartiene anche l’idrargirismo, cioè l’intossicazione da mercurio che fino agli anni
Cinquanta era ancora concretamente possibile nelle industrie in cui venivano adoperate
amalgame per l’estrazione di metalli preziosi o nei cappellifici, dove il mercurio veniva
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impiegato nelle cosiddette operazioni di secretaggio, nella produzione di feltri per i cappelli
allora tanto in voga.
Il mutamento dei cicli tecnologici, ancora una volta il miglioramento dell’igiene degli ambienti
di lavoro e non di minore importanza le mutate richieste del mercato portano alla scomparsa di
questa grave malattia professionale.
Anche il solfocarbonismo, che ha rappresentato una gravissima intossicazione professionale,
in passato largamente diffusa, vuoi per il cambiamento delle tecnologie o per il moltiplicarsi
delle conoscenze scientifiche o per il miglioramento delle misure di prevenzione oggi è una
malattia da lavoro pressoché scomparsa.
Il solfuro di carbonio ha trovato impiego
prevalente negli anni tra le due guerre mondiali prima e poi intorno agli anni Cinquanta
nell’ambito della manifattura del rayon.
Successivamente l’industria tessile della viscosa subiva un declino produttivo dovuto
fondamentalmente al cambiamento di gusto e orientamento da parte del mercato dei filati.
Inevitabilmente, quindi, con il ridursi della richiesta commerciale e grazie agli inevitabili
progressi della prevenzione ambientale si riduceva parallelamente il rischio da solfuro di
carbonio.
Il benzolismo è un’altra patologia che fino agli anni Cinquanta è seriamente presente in quanto
il benzene viene ampiamente utilizzato come solvente, come materia prima e, già durante la
seconda guerra mondiale, come carburante.Il rischio di intossicazione in quegli anni è da
ritenersi elevato soprattutto nell’industria rotocalcografica dove il benzene trova largo impiego
come solvente e come diluente di coloranti ed inchiostri e nella industria calzaturiera ove
viene impiegato come solvente nei collanti.
Nel 1963, con una apposita legge, si decide sulla carta la scomparsa del benzolismo, poiché
scompare la possibilità di utilizzare estesamente il benzene come solvente, venendone tollerate
solo minime quantità, presenti come impurità nei sostituti.
Negli anni a seguire si verificò la netta e progressiva diminuzione dei casi denunciati di
emopatia benzenica fino alla loro definitiva scomparsa.
Per quanto riguarda la patologia da rumore, questa inizia ad imporsi con il progredire della
meccanizzazione dell’industria moderna.
In Italia la patologia da rumore ha un trend particolarmente interessante, poiché nel corso del
secolo si osserva un progressivo aumento di incidenza, tanto che nel 1989 rappresenta ancora in
assoluto la più frequente patologia professionale, seguita a distanza dalle broncopneumopatie
pneumoconiogene e non e dalle dermatosi.
Da sottolineare tuttavia che tale andamento è anche condizionato dal fatto che negli anni ’80 il
danno indennizzabile da ipoacusia professionale fu abbassato all’11% (rispetto a tutte le altre
patologie professionali che venivano indennizzate soltanto se il danno raggiungeva il 21%),
con le ovvie conseguenze di un enorme incremento dei casi indennizzati, venendosi in tal
modo a creare una discrepanza nei confronti delle altre malattie professionali.
Da rilevare che, per quanto concerne la prevalenza delle ipoacusie, tra le malattie professionali
maggiormente riconosciute ed indennizzate dall’INAIL, la situazione è attualmente invariata e
ciò si spiega soprattutto tenendo conto che la maggior parte della patologia professionale
emergente non è a tutt’oggi ancora stata inserita tra la patologia indennizzabile.
Nel periodo successivo all’ultima guerra mondiale col verificarsi di un notevole incremento
della emigrazione verso i bacini minerari del nord (Francia, Germania e Belgio), con lo
svilupparsi nel nostro paese di una vasta rete autostradale e con l’incremento della industria
metallurgica si profila un nuovo panorama della patologia da lavoro.
Vengono pertanto alla ribalta sempre più copiosi i casi di pneumoconiosi che per molto
tempo rimarranno frequentissime malattie indennizzate dall’INAIL.
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Nel periodo compreso tra la metà degli anni Sessanta e quella dei Settanta è da menzionare
l’elevato riscontro di polineuropatie nel comparto calzaturiero, causate dapprima dai
cresilfosfati ed in seguito dal N - esano.
Intorno alla fine degli anni Sessanta i rischi lavorativi sono ormai profondamente mutati
rispetto al passato e ciò è ormai ben evidente e tangibile.
Con gli anni ’70, in seguito allo sviluppo di nuovi paesi esportatori di prodotti industriali a
basso costo e grazie alle nuove tecnologie microelettroniche , avveniva una radicale
modificazione nei rapporti forza lavoro nel senso che, contrariamene a quanto accadeva nel
passato, nei paesi maggiormente evoluti con maggior benessere, si verificava una netta
riduzione del numero dei lavoratori addetti sia all’agricoltura che all’industria ed il terziario
veniva a rappresentare il settore lavorativo più sviluppato, col conseguente prevalere dei nuovi
rischi e delle nuove patologie propri di tale settore.(1)
(1) La composizione della forza lavoro è distinta in tre settori: SETTORE PRIMARIO
comprendente l’agricoltura e l’attività mineraria che producono beni materiali non riproducibili
(terra); SETTORE SECONDARIO: comprende l’industria che produce beni materiali
riproducibili (macchine); SETTORE TERZIARIO comprende quelle attività che non
producono beni ma Servizi, attraverso l’impiego del lavoro(sanità, trasporti, credito,
assicurazioni,comunicazioni, commercio, catene di distribuzione, pubblicità, informatica,
pubblica amministrazione, scuola, giustizia, polizia, vigili del fuoco ecc.)
I rischi lavorativi si sono completamente trasformati: nuovi criteri tecnologici e preventivi
hanno condotto a riduzioni più o meno sostanziali e talvolta alla eliminazione completa di
cause di rischio professionale tradizionale.
La evoluzione delle tecnologie ha inoltre portato ad un aumento numerico dei rischi, anche se
a potenziale aggressivo singolarmente ridotto; ciò soprattutto nei confronti del rischio chimico (
si consideri il ritmo con cui è stato sintetizzato e successivamente immesso nei cicli produttivi
un numero enorme di nuovi composti chimici).
Da rilevare anche il notevole incremento del carico psichico sia lavorativo che psicosociale.
Inoltre, rispetto ai primi decenni del secolo, già intorno agli anni Sessanta ed ancor più
attualmente, si avverte il progressivo aumento del rischio ambientale extralavorativo che si
aggiunge al rischio lavorativo, intensificandolo, potenziandone gli effetti e conferendogli
connotati ancora più complessi.
Così, ad esempio, negli anni Sessanta e Settanta in Italia e precisamente in zone dell’Emilia
Romagna come Sassuolo, Scandiano e Faenza con elevata concentrazione di industrie
ceramiche che impiegavano piombo, si registrava un importante inquinamento ambientale da
parte di questo metallo.
Ne derivava il rischio concreto di assunzione e quindi di intossicazione extraprofessionale da
piombo il quale era presente in maniera consistente ad esempio nell’acqua potabile ed in alcuni
alimenti.
In seguito la situazione è nettamente migliorata soprattutto grazie all’attività dei Servizi di
Igiene Pubblica istituiti dalla legge 833 del 1978 e da ultimo con la applicazione del
Dlgs.277/91.
Oltre al progressivo prevalere del settore terziario, alla evoluzione delle tecnologie dobbiamo
considerare anche un terzo motivo, quale causa della trasformazione che si è verificata nel
profilo della patologia da lavoro nell’ultimo trentennio, cioè quello di una più attenta e
specifica prevenzione nei luoghi di lavoro.
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A questo proposito han rivestito un ruolo assi importante la istituzione e lo sviluppo dei servizi
territoriali di medicina del lavoro dapprima come iniziativa degli enti locali (anni ’70) ed in
seguito come applicazione della legge 833/78.
La maturazione di una coscienza preventiva” sia tra i lavoratori che tra gli imprenditori ,
assieme al progredire delle conoscenze nel campo della medicina del lavoro, della tossicologia
industriale e ella impiantistica hanno concretamente reso possibili tali trasformazioni.
E’ proprio da questa trasformazione del rischio lavorativo che deriva la nuova tipologia di
malattia da lavoro che si delinea a partire dagli anni Sessanta.
La patologia da lavoro nell’ultimo quarto dello scorso secolo è più che altro caratterizzata dalla
notevole diminuzione di forme acute, dalla presenza di frequenti manifestazioni croniche, e
dalla frequente comparsa lesioni aspecifiche di tipo usurante, a cui si aggiungono gli effetti
parafisiologici dell’invecchiamento, che fungono così da fattori di confondimento, con
conseguente immancabile difficoltà nella formulazione della diagnosi corretta di malattia da
lavoro.
I quadri di patologia professionale attualmente emergenti sono riferiti principalmente a:
1- patologia d’organo tossico–degenerativa associata a bassi livelli di
esposizione;
2- sindromi allergiche respiratorie e cutanee;
3- danni da rumore e da altri agenti fisici (campi magnetici,
radiazioni non ionizzanti, vibrazioni, scuotimenti…)
4- rischio infettivo professionale
5- sick building syndrome
6- patologia da VDT
7- patologia da postura, da movimenti ripetitivi ed in generale da
fattori biomeccanici
8- patologia da fattori relazionali.
9- Patologia neoplastica
Circa quest’ultimo aspetto si rammenta, ad esempio, il notevole incremento dei mesoteliomi
attribuibili all’amianto, anche nelle basse esposizioni.
Soprattutto dagli anni Settanta la sick building syndrome, la patologia da VDT e da fattori
relazionali e la patologia da postura incongrua e da movimenti ripetitivi si impongono
all’attenzione della Medicina del Lavoro nei lavoratori del settore terziario, il cui incremento
numerico determina evidentemente, come sopra accennavo, una ulteriore modificazione dei
rischi e quindi la comparsa di nuove malattie da lavoro.
Di grande rilevanza, in quanto senz’altro destinate a divenire la patologia da lavoro prevalente
in futuro, sono a tutt’oggi la patologia da fattori relazionali e la patologia da fattori
biomeccanici.
Per quanto riguarda la patologia da fattori relazionali, l’incremento del carico psicologico, sia
al lavoro che al di fuori, è sempre più evidente oramai in tutte le categorie lavorative.
Lo stress, il burn out, il mobbing sono condizioni che sempre più di frequente e sempre più in
maniera specifica sono correlati a orari, turni, carichi lavorativi, ai rapporti interpersonali con
colleghi e superiori, alle aspettative, alle ambizioni e all’esistenza o meno di possibilità di
carriera.
L’Italia in questo senso ha ancora molto da imparare dal resto dell’Europa: infatti, a differenza
degli altri paesi del continente, sottovaluta ancora la portata e quindi sottostima l’importanza di
questa categoria di disturbi legati al lavoro.
Infine, per quanto riguarda la patologia da fattori biomeccanici, l’evidenza epidemiologica in
Italia, ed ancor più negli altri stati dei Nord Europa e in America, di una elevata incidenza di
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patologie come il low back pain, dovuta alla movimentazione manuale di carichi, o della
Sindrome del Tunnel Carpale, conseguenza diretta di elevata ripetitività del compito, posizione
incongrua e sforzo eccessivo, fa a ragione comprendere quale sarà il futuro della patologia
professionale ed inevitabilmente i nuovi argomenti di studio della Medicina del Lavoro.
Proprio a Bologna, al 58° Congresso Nazionale della SIMLII tenutosi nel 1995, l’argomento
principale era rappresentato dalla patologia professionale dell’arto superiore da fattori
biomeccanici, argomento trattato per la prima volta nel nostro paese. Nel corso del Congresso,
dall’assemblea dei soci della Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale
(SIMLII)I, fu sollecitato all’unanimità il riconoscimento e la tabellazione della STC come
malattia professionale indennizzabile.
Concludendo, oggi lo scenario delle malattie da lavoro è decisamente, velocemente e
radicalmente cambiato rispetto non solo agli inizi del XX secolo, ma anche rispetto al
panorama degli anni sessanta, con mutamenti che hanno reso “insignificanti”, patologie da
lavoro un tempo temibili, come il saturnismo, il benzolismo, il solfocarbonismo e le stesse
pneumoconiosi, cambiamenti che però allo stesso tempo hanno dato vita a nuovi fattori di
rischio, come quelli biomeccanici e relazionali, e quindi a nuove malattie che richiedono
appunto un giusto ed opportuno inquadramento sotto il profilo diagnostico, preventivo ed
assicurativo.
NORMATIVA E LEGGI SULLA TUTELA DELLA SALUTE NEGLI AMBIENTI DI
LAVORO
a) Precedenti nella legislatura italiana
Già dalla fine del IX secolo, l'acquisizione di nuove conoscenze nel campo della patologia da
lavoro favorisce lo sviluppo di iniziative legislative che conducono alla istituzione delle
assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni e le malattie professionali nel seguente ordine:
1898- provvedimenti contro gli infortuni nell'industria
1904- T.U. assicurazione contro gli infortuni
1912- istituzione dell’Ispettorato del Lavoro
1917- provvedimenti contro gli infortuni in agricoltura.
1929- prima assicurazione nei confronti di alcune malattie professionali
nell'industria, affidata all'INAIL nel 1933
b) Legislazione vigente
art. 2087 Codice Civile: “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio della
impresa le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica,
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sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di
lavoro”
1955 - DPR n. 547: norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
1956- DPR 303: disposizioni legislative che forniscono gli elementi per il controllo
dell'igiene negli ambienti di lavoro e il controllo sanitario periodico dei
lavoratori esposti ai principali rischi di malattia professionale chimici , fisici e
biologici. All’art. 33 è previsto che nelle lavorazioni industriali che espongono alla
azione di sostanze tossiche o infettanti o che risultino comunque nocivi, indicate
nelle tabelle allegate al DPR, i lavoratori devono essere visitati da un medico
competente: a) prima della loro ammissione al lavoro per constatare se essi
abbiano i requisiti di idoneità al lavoro al quale sono destinati; b) successivamente
nei periodi indicati nella tabella, per constatare il loro stato di salute
Nel 1965 (D. P. R. 30/6/65 n.1124) è stato approvato il TESTO UNICO
sull'assicurazione obbligatoria degli infortuni e delle malattie
professionali.
Il D.M. 18/4/73 riporta l'elenco delle malattie per le quali è obbligatoria
la denuncia contro gli infortuni e le malattie professionali.
Questo Decreto Ministeriale cioè rende attuale per la prima volta la
previsione dell'art. 139 del Testo Unico (DPR 1124) fornendo l'elenco
delle malattie soggette a denuncia obbligatoria da parte di ogni medico
che per primo le riscontra ed esaudendo in tal modo anche il principio
della raccomandazione CEE 23/7/62. La denuncia va attualmente
inoltrata al Servizio di Medicina del Lavoro della USL competente.
L. 300/1970 (Statuto dei lavoratori) Art. 5:divieto degli accertamenti da parte del datore di
lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia professionale. Art. 9: possibilità
del controllo dell’ambiente di lavoro da parte delle rappresentanze dei lavoratori.
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1978- L. 833: con la riforma sanitaria e la istituzione dei Servizi di Medicina del
Lavoro del S.S.N. è stata infine attuata una più attenta e specifica
prevenzione nei luoghi di lavoro. Ai Servizi di Medicina del Lavoro delle
USL vengono attribuite le funzioni di vigilanza che prima della presente legge
erano esercitate dagli Ispettorati del Lavoro
1991- il DL.gs 277 che prende in considerazione il rischio da piombo, amianto e rumore
con il recepimento di una specifica direttiva comunitaria, ha definito la figura
ed i compiti del medico del lavoro che viene chiamato "Medico
Competente" e deve essere in possesso della Specializzazione in Medicina del
Lavoro.
1994 - il DL.gs n. 626 che, recependo 8 direttive CEE riguardanti la sicurezza nel
lavoro e la salvaguardia della salute dei lavoratori, prevede tra l'altro la istituzione del
Servizio di Prevenzione e Protezione, obbligando ad eseguire una accurata valutazione dei
rischi ed a monitorare tali rischi nel tempo coinvolgendo tutte le figure interessate alla
prevenzione (datore di lavoro, dirigenti, preposti, medico competente, rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza e lavoratori), inoltre sottopone a sorveglianza sanitaria gli addetti alla
movimentazione manuale di carichi, gli addetti ai videoterminali e gli esposti a rischi
biologici, fisici, chimici ed a quelli cancerogeni. Infine obbliga a promuovere una adeguata
informazione/formazione dei lavoratori. Con tale legge poi l’obbligo del Medico
Competente viene esteso alla sorveglianza sanitaria di tutti i lavoratori esposti ai rischi
tabellati.
Il DL.626/91 si applica a tutti i settori lavorativi pubblici e privati e a tutti i lavoratori
dipendenti o figure ad essi equiparate quali : soci di cooperative o società, apprendisti, studenti
in genere e universitari che facciano uso dio laboratori, macchine, apparecchi, attrezzature,
agenti chimici, fisici o biologici.
12
Vediamo ora nel dettaglio quali sono le innovazioni apportate da questa importantissima e
basilare normativa che ci ha fatto entrare, a tutti gli effetti, in Europa per quanto concerne la
prevenzione dei rischi e dei danni da lavoro
Il DL.gs 626 prevede:
A) MISURE ORGANIZZATIVE
1) istituzione del SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
2) nomina del MEDICO COMPETENTE (MEDICO del LAVORO)
3) elezione del RAPPRESENTENTE/I PER LA SICUREZZA
B) MISURE OPERATIVE
1) VALUTAZIONE DEI RISCHI
2) Definizione dei PIANI DI EMERGENZA
3) SORVEGLIANZA SANITARIA DEI LAVORATORI
4) INFORMAZIONE E FORMAZIONE
Esaminiamo ora nel dettaglio i vari punti.
Misure organizzative 1 : Servizio di Prevenzione e Protezione
-
E’ organizzato all’interno della azienda, o condotto dal datore di lavoro stesso.
Ha un oorganico ed un Responsabile (il cui nominativo viene comunicato all’Organo
di Vigilanza (cioè la USL competente)
Individua e valuta i fattori di rischio e le relative misure di prevenzione.
Elabora le procedure di sicurezza.
Propone i programmi di informazione e formazione dei lavoratori
Partecipa alle riunioni periodiche di prevenzione e protezione.
Fornisce ai lavoratori le informazioni sui rischi e le misure di prevenzione
Può essere compostio o integrato da personale esterno.
Misure organizzative 2 : Medico Competente
- E’ un medico specializzato in Medicina del Lavoro
- Cura la sorveglianza sanitaria obbligatoria in caso di esposizione ad agenti fisici,
chimici, biomeccanici e biologici
- Collabora alla valutazione dei rischi
- Cura l’archivio dei documenti sanitari
- Fornisce informazioni ai lavoratori sugli accertamenti sanitari
- Fa elaborazioni di tipo epidemiologico
- Collabora alla programmazione del controllo della esposizione e visita i luoghi di
lavoro almeno due volte all’anno
13
-
Allontana temporaneamente il lavoratore ed esprime il parere per la assegnazione
ad altro posto di lavoro disponibile nella azienda
Effettua visite richieste dai lavoratori
Collabora alla predisposizione del Servizio di Pronto Soccorso.
Collabora alla attività di informazione e formazione.
Misure organizzative 3: Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS)
- E’ eletto dai lavoratori
- Nella misura di: 1 fino a 100,3 tra 201-1000, 6 oltre i 1000
- Accede ai luoghi di lavoro
- E’ consultato su:
valutazione dei rischi
designazione per il Servizio di Prevenzione e Protezione(SPP), per il Pronto Soccorso
organizzazione della formazione
- Riceve:
informazione sulla prevenzione in azienda
informazione dagli organi di vigilanza
formazione adeguata
- Promuove la salute e la sicurezza
- Formula osservazioni in occasione di ispezioni
- Partecipa alle riunioni di prevenzione
- Fa proposte in tema di prevenzione
- Avverte il responsabile aziendale dei rischi evidenziati
- Può fare ricorso alle Autorità Competenti
Misure operative 1: Valutazione dei rischi
-
-
La fa il datore di lavoro con il Servizio di Prevenzione e Protezione ed il Medico
Competente (consultando il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza)
Si compone di:
individuazione dei fattori di rischio
valutazione dei rischi
individuazione delle misure di prevenzione
programma di attuazione delle misure
E’ tradotta in un documento scritto per azienda o per unità produttiva (Documento
di Valutazione del Rischio) che deve essere sempre disponibile alla richiesta di
visione da parte degli organi di vigilanza (USL, Vigili del fuoco ecc.).
Misure operative 2: Piani di emergenza
- Riguardano la prevenzione incendi, la evacuazione dei lavoratori, il pronto soccorso
- Devono essere definite procedure specifiche
- Devono essre designati e formati i lavoratori incaricati di adottarle
- Devono essere organizzati i rapporti necessari con le strutture pubbliche competenti
in
questa materia (Vigili del Fuoco, Protezione Civile;118 ecc.)
14
Misure operative 3: Sorveglianza Sanitaria
- Viene estesa a Movimentazione manuale dei carichi, Videoterminali, Agenti
Biologici
- Viene definita in modo completo (visite, esami clinici e biologici, indagini
diagnostiche, controllo della esposizione)
- Viene introdotta la sorveglianza sanitaria a domanda del lavoratore
- Viene resa più complessa dal punto di vista gestionale (registri degli esposti a
cancerogeni e ad agenti biologici)
- E’ sanzionato penalmente il lavoratore che si sottrae alle visite
Misure operative 4: Informazione e Formazione
- Destinatari:
Lavoratori in genere
Addetti ai servizi d’emergenza
Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza
-
Come:
in orario di lavoro
a carico del datore di lavoro
-
Quando:
all’assunzione
in caso di trasferimento o cambio di mansione
in caso di introduzione di nuove tecnologie
da ripetere periodicamente in relazione all’evoluzione dei rischi.
Chi attua le misure previste? 1: Il Datore di Lavoro
-
osserva le misure generali di tutela
effettua la valutazione dei rischi
redige il documento di valutazione ed il programma attuativo delle misure di
prevenzione
- designa gli addetti al Servizio di Prevenzione e Protezione ed il relativo responsabile
- nomina il Medico Competente
Chi attua le misure previste? 2: il Datore di Lavoro, il Dirigente, il Preposto
-
Designano i lavoratori addetti ai piani di emergenza (che non possono rifiutarsi!)
Aggiornano le misure di prevenzione
Tengono conto delle capacità individuali nell’affidare i compiti lavorativi
Forniscono i mezzi di protezione
Controllano l’accesso alle zone a rischio
Richiedono ai lavoratori l’osservanza delle norme di sicurezza e dell’uso dei
dispositivi di protezione
Richiedono le prestazioni del medico Competente
Addottano le misure per le emergenze
Informano i lavoratori dei pericoli più gravi
Non richiedono ai lavoratori di operare in situazioni di imminente pericolo
Permettono l’azione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza
Evitano di causare rischi per la popolazione e l’ambiente
15
-
Curano la compilazione del registro degli infortuni
Consultano il Rappresentane dei Lavoratori per la Sicurezza
Adottano le misure necessarie per la prevenzione degli incendi
Chi attua le misure previste? 3: i Lavoratori
- Si prendono cura della propria ed altrui sicurezza
- Osservano le disposizioni e le istruzioni impartite
- Utilizzano correttamente macchinari ed attrezzature
- Utilizzano correttamente i dispositivi di protezione
- Segnalano immediatamente situazioni di pericolo
- Non rimuovono o modificano dispositivi di sicurezza
- Non compiono manovre che possano mettere altrio in pericolo
- Si sottopongono ai controlli sanitari
- Contribuiscono all’adempimento di tutti gli obblighi imposti dalle autorità
competenti
Le Sanzioni: sono sanzioni penali (la responsabilità penale è personale):arresto o ammenda
Altra normativa di importanza fondamentale per la prevenzione dei rischi e danni da lavoro è
quella inerente alla radioprotezione fisica e sanitaria DL.gs 230/95 (il medico competente
addetto alla sorveglianza sanitaria dei radioesposti viene definito medico autorizzato) e quella
inerente alla protezione della gestante DLgs 151/2001.
Ricordiamo infine le sentenze n° 179 e 206/1988 della Corte Costituzionale che
riconoscono, ai fini dell’indennizzo, anche le malattie da lavoro non tabellate con la differenza
che, in tal caso, l’onere della prova è a carico del lavoratore.
COMPITI E ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI AZIENDALI E DEI SERVIZI
PUBBLICI DI PREVENZIONE E SICUREZZA DEL LAVORO
A) SERVIZI AZIENDALI
Per ciò che concerne i servizi aziendali prima della applicazione del D.L.gs 626/94 la
legislazione italiana è abbastanza carente, nel senso che l’unica menzione a servizi aziendali è
reperibile nell’art. 27 del D.P.R. 303/56 e concerne l’organizzazione del “pronto soccorso”.
La Convenzione ILO n. 171 del 1975 relativa ai compiti dei servizi aziendali di medicina del
lavoro all’art .5 così li distingueva:
- identificare e valutare i rischi per la salute sui luoghi di lavoro.
16
-
Controllare i fattori ambientali e le attività di lavoro che possono compromettere la salute
degli operai, ivi compresi i presidi sanitari, le mense aziendali, gli alloggi, allorché queste
facilitazioni siano fornite ai lavoratori
Fornire consulenza in materia di pianificazione e organizzazione del lavoro, ivi compresa la
progettazione dei posti di lavoro, la scelta, manutenzione e conduzione delle macchine e
delle attrezzature, nonché sulle sostanze utilizzate in produzione
Collaborare alla stesura dei programmi per il miglioramento delle attività di lavoro ed
all’esame e valutazione di nuove apparecchiature sotto l’aspetto della salute e sicurezza
Dare consulenza nel campo della salute, della sicurezza e dell’igiene del lavoro, nel campo
dell’ergonomia ed in merito ai mezzi di protezione individuale
Sorvegliare la salute degli operai in rapporto al lavoro
Promuovere l’adattamento del lavoro all’uomo
Contribuire alla riqualificazione professionale
Collaborare alla diffusione delle informazioni,alla formazione ed educazione nel campo
della salute, dell’igiene e della ergonomia
Organizzare il pronto soccorso e i presidi d’urgenza
Partecipare all’analisi degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali.
In Italia tuttavia la Legge non prevedeva l’obbligo di instaurare i servizi aziendali di
medicina del lavoro. Soltanto le grandi industrie (Fiat, Montedison, Marelli, Pirelli ecc.)
avevano istituito i servizi interni , mentre le piccole e medie imprese si rivolgevano
all’ENPI ( Ente Nazionale per la Prevenzione degli Infortuni) che, attraverso gli Istituti di
Medicina Industriale, erogava tali prestazioni
Con la soppressione dell’ENPI a seguito della applicazione della riforma sanitaria( L.
833/78) venne a cessare anche quest’ultima possibilità.
Con l’applicazione del D.Lgs 626/94, in tutti i settori lavorativi, pubblici o privati,
vige l’obbligo al datore di lavoro di provvedere nel merito.
Ripetiamo ora in sintesi quanto riportato precedentemente per esteso descrivendo il DLgs
626, cioé quali siano gli obblighi che la legge attribuisce al servizio aziendale di medicina
del lavoro.
Il D.Lgs 626/94 prevede pertanto misure organizzative quali:
- Istituzione del Servizio di Prevenzione e Protezione dotato di un Responsabile ed
eventualmente di un organico
- Nomina del Medico Competente
- Elezione del Rappresentante/i per la Sicurezza (RLS)
e misure operative quali:
- Valutazione dei rischi
- Definizione dei piani d’emergenza
17
-
-
- Sorveglianza sanitaria dei lavoratori
- Informazione e formazione
Il datore di lavoro attraverso il Servizio di Prevenzione e Protezione ed il Medico
Competente, consultato il Rappresentante per la Sicurezza, esegue la Valutazione dei
rischi che consiste in:
individuazione dei fattori di rischio
valutazione degli stessi
individuazione delle misure di prevenzione
programma di attuazione delle misure
stesura del documento per azienda o per unità produttiva. Documento che deve esser
conservato a disposizione dell’Organo di Vigilanza
I Piani di emergenza riguardano la : prevenzione incendi, la evacuazione dei lavoratori ed
il pronto soccorso.
Devono essere definite procedure specifiche, devono essere e
designati e formati i lavoratori incaricati di adottarle. Infine devono essere organizzati i
rapporti necessari con le strutture pubbliche competenti quali Vigili del Fuoco, 118,
Protezione Civile ecc
Tramite il D.Lgs 626/94 la Sorveglianza Sanitaria da parte del Medico Competente viene
estesa agli addetti alla movimentazione manuale dei carichi, ai videoterminalisti, agli
esposti al rischio biologico, chimico e agli agenti cancerogeni.
Essa viene definita in modo completo con visite ,esami clinici, biologici e strumentali,
indagini diagnostiche e controllo della esposizione. Viene introdotta la sorveglianza a
domanda del lavoratore.
Il ruolo del Medico competente sarà pertanto quello di:
curare la sorveglianza sanitaria obbligatoria in caso di esposizione ad agenti chimici, fisici,
biomeccanici e biologici
collaborare alla valutazione dei rischi
curare l’archivio dei documenti sanitari
fornire informazioni ai lavoratori sugli accertamenti sanitari
fare elaborazioni di tipo epidemiologico collaborare alla programmazione del controllo
dell’esposizione e visitare i luoghi di lavoro almeno due volte all’anno
allontanare temporaneamente il lavoratore ed esprimere il parere per l’assegnazione ad altro
posto di lavoro disponibile in azienda
effettuare visite a richiesta dei lavoratori
collaborare alla predisposizione del servizio di pronto soccorso
collaborare alla attività di informazione e formazione.
B) SERVIZI PUBBLICI
STRUTTURE UNIVERSITARIE
In numerosi Atenei esistono strutture universitarie (Istituti, Servizi), dotate o meno di posti
letto in cui, oltre alle attività didattiche svolte nei Corsi di Laurea Specialistica, in quelli di
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Laurea Breve e nelle Scuole di Specializzazione ed alla attività di ricerca, viene svolta attività
di diagnosi e cura delle malattie professionali.
In alcune sedi universitarie inoltre sono stati istituiti, come a Bologna, Servizi di Medicina del
Lavoro per la applicazione del D.L.gs 626/94 alle strutture dell’ateneo.
SERVIZI OSPEDALIERI DI MEDICINA DEL LAVORO
Tali servizi, con o senza posti letto, già esistenti prima della riforma sanitaria, sono entrati a
fare parte del SSN quali strutture di secondo livello e svolgono numerose funzioni
(diagnostiche, di sorveglianza sanitaria per la applicazione del D.L.gs 626/94 per aziende
pubbliche e private, visite di idoneità, indagini epidemiologiche ecc.)
SERVIZI DI MEDICINA DEL LAVORO DELLE ASL
Previsti dalla L.833/78, tali servizi sono diversamente strutturati da regione a regione in
funzione della programmazione regionale, in alcuni casi venendo accorpati alla medicina legale
ed alla igiene pubblica.
I compiti del servizio di medicina del lavoro, nella nostra regione denominato SPSAL
( Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro) sono diversi consistendo in:
Attività di prevenzione
essa è senza dubbio la attività prevalente e la più importante e si fonda:
-
sulla costituzione di mappe di rischio in base all’obbligo da parte delle aziende di
comunicare le sostanze presenti nel ciclo produttivo e le loro caratteristiche
tossicologiche
- sulla individuazione e controllo delle situazioni di pericolosità negli ambienti di
lavoro
- sulla diffusione delle conoscenze dei dati ai fini di una corretta gestione degli
strumenti informativi
- sulla indicazione delle misure idonee a sanare gli ambienti di lavoro
Attività ispettiva:
è’ condotta dal personale del servizio (medici e tecnici) con qualifica di ufficiale di polizia
giudiziaria ed è finalizzata al a controllare l’applicazione nelle unità produttive pubbliche o
private, delle norme sull’igiene e sicurezza sul lavoro.
Gli interventi ispettivi possono essere programmati, come nel caso delle aziende classificate a
rischio medio-alto o occasionali , quando avvengono su richiesta della magistratura( in caso di
infortunio o di malattia professionale) o di lavoratori per segnalare particolari situazioni a
rischio.
Controlli su nuovi insediamenti produttivi o su ampliamenti e ristrutturazioni:
in tali situazioni il servizio di medicina del lavoro assieme al servizio di igiene pubblica
esprime pareri, su richiesta del sindaco, per verificare la compatibilità tra questi la salute dei
lavoratori e la tutela dell’ambiente.
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Attivazione di un sistema informativo:
la creazione di un sistema informativo consistente in analisi statistiche e valutazioni
epidemiologiche rappresenta una altra importante funzione dei servizi di medicina del lavoro
che consentirebbe di mirare gli interventi preventivi sul territorio e di utilizzare al meglio le
risorse economiche ed il personale del servizio stesso.
Accertamenti sanitari:
vigilanza sui servizi sanitari aziendali per ciò che concerne la esecuzione della sorveglianza
sanitaria dei lavoratori esposti a rischi professionali.
Valutazione della idoneità alla mansione specifica ai sensi dell’art. 5 della L. .300/70 (visita di
idoneità per cambio posto di lavoro).
Partecipazione di diritto alla Commissione per il riconoscimento della invalidità civile.
Educazione sanitaria:
funzione molto importante attribuita al servizio dalla L. 833/78 consistente non solo nella
informazione ma anche nella formazione di tutte le figure coinvolte nella prevenzione dei rischi
e danni da lavoro: datori di lavoro e lavoratori, dirigenti, preposti, RLS, responsabili dei SPP,
lavoratori, medici competenti, amministratori locali, magistrati ecc.
ARPA (agenzia regionale prevenzione e ambiente).
Negli anni ’90 tali agenzie hanno sostituito i PMP ( presidi multizonali di prevenzione).
Mentre questi ultimi collaboravano strettamente con i le USL nel controllo e tutela dell’igiene
ambientale e per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie
professionali,attualmente l’ARPA, emanazione periferica del Ministero dell’ambiente si occupa
esclusivamente dei problemi di igiene ambientale.
ISPESL (istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro)
L’ISPESL è stato istituito dalla L. 833/78, a seguito della soppressione dell’ENPI, come organo
tecnico e scientifico del Ministero della Sanità. Esso è un centro nazionale di informazione,
documentazione, ricerca e sperimentazione. Opera, su richiesta, per organismi pubblici e
privati e per le imprese, in materia della tutela della salute e della sicurezza e benessere nei
luoghi di lavoro.
IGIENE DEL LAVORO
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I RISCHI NEGLI AMBIENTI DI LAVORO
Prima di introdurre l’argomento è bene riportare alcune definizioni preliminari.
PERICOLO: così possiamo definire la proprietà potenzialmente causa di danno posseduta da
una determinata entità ( composti chimici, agenti fisici, agenti biologici, condizioni particolari
di lavoro ecc).
RISCHIO: cosi viene definita la possibilità che un pericolo possa provocare danno effettivo
in condizioni di impiego o di normale attività.
Facciamo alcuni esempi.
Un solvente dotato di elevata tossicità costituisce un pericolo: se questo viene utilizzato
mediante un procedimento tecnologico a ciclo ermeticamente chiuso il rischio sarà assente.
Questo subentra e progressivamente aumenterà parallelamente alla progressiva
apertura del
ciclo ed alla conseguente crescente possibilità di esposizione dei lavoratori.
La corrente elettrica rappresenta un pericolo, tuttavia se l’impianto è a norma e l’utensile
azionato elettricamente è normalmente dotato di tutti i dispositivi di sicurezza il rischio
elettrico per il lavoratore è azzerato.
Altro esempio può essere costituito dal lavoro in quota (pericolo) che non costituisce rischio se
il lavoratore è regolarmente agganciato.
Si deduce da quanto riportato che il rischio è un fattore percentuale che decresce in funzione
della applicazione di norme preventive di sicurezza.
Il RISCHIO inoltre deve essere considerato sotto un duplice aspetto quello della sicurezza e
quello della salute.
I RISCHI PER LA SICUREZZA possono riguardare la collettività dei lavoratori di una
azienda come quelli legati a carenze di regolare presenza di vie di fuga in caso di improvvisa
necessità (incendio), oppure quelli derivati dalla mancata applicazione delle norme antincendio.
Inoltre possono riguardare il singolo lavoratore come avviene nel caso della mancanza di
dispositivi di sicurezza su macchine o apparecchiature varie con conseguente possibilità di
infortuni sul lavoro.
21
I RISCHI PER LA SALUTE sono rappresentati da fattori di rischio (chimici, fisici, biologici,
biomeccanici, relazionali) in grado di provocare un danno alla salute acuto (infortunio) o
cronico (malattia professionale); essi inoltre sono peculiari dell’ambiente di lavoro.
CLASSIFICAZIONE DEI FATTORI DI RISCHIO DA LAVORO
1) Fattori di ordine chimico
2) Fattori di ordine fisico
3) Fattori di ordine biologico
4) Fattori legati al carico di lavoro ed alla postura (biodinamici)
5) Fattori legati alla organizzazione del lavoro(relazionali)
Principali fattori di ordine chimico
metalli (Pb, Hg, Cd, Cr, ecc.)ed altri elementi tossici(alogeni, As ecc.)
solventi (idrocarburi alifatici ed aromatici semplici o alogenoderivati, idrocarburi
tecnici, alcoli, acetati, chetoni, glicoli, eteri ); ammine alifatiche ed aromatiche ed altri
nitrocomposti; antiparassitari agricoli (pesticidi); gas irritanti e gas tossici; polveri inorganiche
ed organiche
Principali fattori di ordine fisico
radiazioni ionizzanti e radiazioni non ionizzanti; rumore; vibrazioni; microclima insalubre;
luminosità; barotraumatismi
Fattori di ordine biologico
Virus, batteri, miceti, parassiti
Fattori legati al carico di lavoro e alla postura
lavoro fisico ( posture incongrue, sforzi muscolari eccessivi, movimenti ripetitivi ecc.)
lavoro psichico
Fattori legati alla organizzazione del lavoro
turni antifisiologici, ritmi e tempi, pendolarismo, cottimo, monotonia, autoritarismo eccessivo
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Gli eventi dannosi conseguenti alla esposizione ai fattori di rischio si distinguono
nell’infortunio sul lavoro e nella malattia professionale .
INFORTUNIO SUL LAVORO: lesione provocata da causa violenta in occasione di lavoro.
La causa violenta è concentrata nel tempo cioè non superiore alla durata del turno di lavoro.
Qualora l’infortunio comporti un astensione dal lavoro superiore ai tre giorni determina una
inabilità temporanea a cui corrisponde una indennità giornaliera. In questo caso il datore di
lavoro ha l’obbligo di inoltrare la denuncia all’INAIL entro il terzo giorno
MALATTIA PROFESSIONALE: sono le malattie causate dai fattori di rischio
sopramenzionati (rischi per la salute). In tal caso il fattore di rischio agisce in un arco di tempo
più o meno lungo ed in genere è nota la sua presenza tanto che, nei casi previsti dalla legge
(rischi tabellati), il datore di lavoro deve pagare un premio assicurativo suppletivo.
Oltre che per le malattie causate da rischi tabellati, esiste l’obbligo della denuncia, da parte
del medico che le riscontra per la prima volta, anche per le malattie professionali comprese
nell’elenco allegato al D.M. 18/4/73
Da rammentare che oltre alle malattie professionali causate dai rischi tabellati, esiste la
possibilità di ottenere l’indennizzo anche per quelle non tabellate (sentenza 179 e 206/88 della
Corte Costituzionale) con la differenza che, in quest’ultimo caso, l’onere della prova è a carico
del lavoratore.
LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO: significato e metodologia
La valutazione del rischio consiste nella valutazione globale delle probabilità che i fattori
di rischio presenti nell’ambiente di lavoro costituiscano un reale possibilità di arrecare
danni alla salute o interferiscano sulla sicurezza dei lavoratori.
L’obiettivo della valutazione del rischio è quello di consentire al datore di lavoro di prendere
gli opportuni provvedimenti necessari alla salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Deve pertanto essere valutata la esistenza ed il livello del rischio (risk assessment)
La valutazione dei rischi come abbiamo precedentemente sottolineato è, per ogni realtà
lavorativa, obbligatoria a seguito dell’applicazione del D.L. 626/94, sia nei confronti del
23
rischio per la sicurezza che di quello per la salute. La valutazione del rischio sta alla base della
prevenzione primaria (prevenzione ambientale) che raggiunge lo scopo attraverso:
-
la ricerca e la individuazione dei rischi
-
la quantificazione degli stessi
-
il loro confronto con i valori limite
-
la bonifica dell’ambiente di lavoro
-
il monitoraggio ambientale (risk management)
La ricerca dei fattori di rischio
La ricerca e la individuazione di fattori di rischio è indispensabile in quanto, se non si
conosce esattamente il rischio specifico in tutte le sue dimensioni, è ovvio sarà pressoché
impossibile applicare le fasi successive della prevenzione, per cui saranno necessari:
- personale esperto e preparato
- conoscenza delle tecnologie
- esperienza nella valutazione del rischio fisico, chimico, biologico, biomeccanico e
relazionale
- conoscenza della composizione chimica dei materiali impiegati, degli intermedi e
dei prodotti finiti.
Esistono metodologie varie da seguire nella valutazione dei rischi, basate in genere su
check list.
Il rischio può essere riscontrato assente oppure, in altri casi può essere ritenuto accettabile,
tenendo conto che la accettabilità del rischio è normalmente fissata ad un livello tale da non
causare danno alla maggior parte dei lavoratori esposti per un determinato tempo. In casi
estremi sarà necessario valutare il rapporto costi/benefici.
Il rischio poi andrà gestito (risk management), cioè andranno presi tutti i provvedimenti
rivolti a minimizzare il rischio e/o il danno e andrà effettuato anche un monitoraggio
ambientale mediante la quantificazione periodica dei vari fattori di rischio tutte le volte
24
che si ritenga avvenuta una variazione degli stessi oppure a periodicità opportunamente
stabilite.
Secondo quanto stabilito nel 1984 da un gruppo di lavoro internazionale formato da esperti
del NIOSH, dell’OSHA e della Commissione Salute e Sicurezza della CEE, per
“monitoraggio” si intende la “sistematica, continua o ripetuta attività mirata ai fini della
salute e progettata per portare, se necessario, ad azioni correttive” e per Monitoraggio
Ambientale si intende “ la misura e la valutazione degli agenti lesivi per la salute negli
ambienti di lavoro e la valutazione della esposizione e dei rischi per la salute ad essa
associati utilizzando appropriati limiti di riferimento”.
Le molteplici finalità del monitoraggio ambientale possono così essere riassunte:
-verifica delle condizioni di inquinamento dell’ambiente di lavoro in rapporto a valori
limite stabiliti dalla normativa italiana (D.Lgs.277/91) oppure in rapporto a limiti di
consenso quali i TLV dell’ACGIH
-studio della correlazione tra le concentrazioni di uno o più inquinanti presenti
nell’ambiente di lavoro e la dose nei fluidi biologici dei lavoratori esposti
(monitoraggio biologico)
-verifica della efficacia di eventuali misure ambientali
- controllo dello stato di efficienza dei vari sistemi di abbattimento e verifica di
eventuali variazioni
- istituzione di un archivio di dati ambientali utili per risalire a possibili
rapporti di causa-effetto tra una patologia eventualmente denunciata da uno o più
lavoratori e la esposizione documentata
-istituzione di un libretto individuale di rischio che riporti i valori di esposizione
per ogni singola mansione nel tempo.
La quantificazione dei rischi
25
Riportiamo sommariamente le modalità di quantificazione dei fattori di rischio di ordine
fisico in quanto una esposizione più approfondita dell’argomento compete alla formazione
specialistica. Si ritiene tuttavia opportuno soffermarci maggiormente sulla quantificazione
del rischio chimico e da polveri.
Rischio fisico.
La quantificazione della rumorosità ambientale viene effettuata mediante fonometria
attenendosi alle disposizioni previste dal D.Lgs.277/91 e i valori vengono espressi come
valori integrati in riferimento alla giornata ( LEP d) o alla settimana lavorativa (LEPw).
La quantificazione della esposizione a radiazioni ionizzanti viene valutata dall’esperto
qualificato (sorveglianza fisica) mediante valutazioni e controlli ambientali e valutazioni
delle dosi individuali assorbite dai lavoratori radioesposti.
Sono inoltre quantificabili le esposizioni a vibrazioni, a radiazioni non ionizzanti, a
microclima insalubre, ad agenti biologici (batteri, miceti) e a fattori biomeccanici.
Rischi da agenti chimici e da polveri
DEFINIZIONI dello stato degli inquinanti areodispersi
fumo: dispersione in aria di particelle solide (diametro da 0,001 a 10 micron)
provenienti o dalla combustione incompleta di sostanze carboniose o dalla
sublimazione di sostanze gassose, prodotte dalla volatilizzazione di
sostanze surriscaldate
nebbia: dispersione in aria di goccioline di liquido (diametro 2 - 50 micron)
provenienti dalla condensazione di vapori saturi o dalla diretta
nebulizzazione di liquidi.
polveri: dispersione in aria di particelle solide, di diametro molto variabile,
provenienti dalla movimentazione di solidi preesistenti allo stato
polverulento.
n.b. il fumo ha una granulometria stretta mentre la polvere, a causa del suo processo di
formazione, ha granulometria più ampia.
aerosol: miscela bifasica con una fase disperdente aeriforme ed una fase
dispersa liquida o solida, avente un certo carattere di stabilità.
Distinguiamo due tipi fondamentali di aerosol:
a) di dispersione: polveri, spray
b) di condensazione: fumi, nebbie.
Polveri: particelle solide che si liberano a seguito di lavorazioni meccaniche, distinguibili in
granulari, quando sono grossolanamente comparabili ad una sfera ed in fibrose, quando hanno
26
una forma allungata, con lunghezza superiore ai 5 micron e con rapporto lunghezza - larghezza
maggiore di 3.
Per POLVERE TOTALE si intende l'insieme di particelle solide che si liberano a seguito di
lavorazioni meccaniche, che rimangono sospese nell'aria il tempo sufficiente per essere inalate.
La granulometria delle polveri totali varia tra valori al di sotto del micron ad alcune decine di
micron.
Per POLVERE INALABILE (totali)si intende l'insieme di particelle che rimangono sospese
nell'aria il tempo sufficiente per essere inalate.
Esse si suddividono in :
FRAZIONE EXTRATORACICA: quella che non penetra il laringe
FRAZIONE TORACICA:quella che penetra oltre il laringe
FRAZIONE TRACHEOBRONCHIALE:quella che penetra oltre il laringe, ma non raggiunge
le
vie respiratorie non cigliate
FRAZIONE RESPIRABILE: quella che penetra le vie respiratorie non cigliate
Per POLVERE RESPIRABILE
si intende pertanto definire la frazione inferiore ai 5 micron che non viene trattenuta da un
PRESELETTORE di particolari caratteristiche come vengono sotto riferite:
diametro in
% che attraversa il
micron
preselettore
2
90
2,5
75
3,5
50
5
25
10
0
QUANTIFICAZIONE DEI COMPOSTI CHIMICI AERODISPERSII
Si attua mediante campionamento e analisi.
Esistono diverse metodiche di campionamento.
a)metodiche nelle quali l'analisi viene eseguita in un momento successivo a quello
della raccolta del campione per cui occorre poter disporre di un laboratorio attrezzato:
1-Campionamento Diretto (raccolta di un campione d'aria)
2-Campionamento con Concentrazione
3-Campionamento per Diffusione (diffusione passiva)
b)metodiche in cui l'analisi viene eseguita all'atto stesso del campionamento:
1) - Impiego di Fiale Rivelatrici
2) - Dispositivi di analisi Automatici(in continuo)
Considerando la durata del prelievo si possono considerare tre tipi di campionamento:
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A) Campionamento istantaneo (determina la concentrazione dell'inquinante al momento del prelievo):
1) Campionamento diretto
2) Campionamento con fiale rivelatrici
Entrambi i metodi di campionamento permettono di valutare la concentrazione reale del tossico nell’aria in quel
determinato momento
B) Campionamento integrato o per concentrazione (determina i valori medi dell'inquinante prelevato in
periodi variabili):
1) Campionamento per Concentrazione o integrato
2) Campionamento per Diffusione
Nella pratica avviene spesso che durante il periodo in cui si svolge il campionamento integrato si rende necessaria
la esecuzione di campionamenti istantanei per evidenziare eventuali picchi di concentrazione.
C) Campionamento continuo (permette di effettuare il rilievo delle concentrazioni dell'inquinante nel tempo in
continuo). Utilizzato anche per valutare l’inquinamento urbano.
Metodi di Campionamento Diretto
a) Campionatori a volume fisso: ad es. campionatori sotto vuoto
b) Campionatori a volume variabile: ad es. siringhe da gas,sacche di plastica ecc.
Metodi di Campionamento con Concentrazione (Integrato) mediante l’impiego di una pompa dotata di
flussimetro e contalitri viene aspirata l’aria dell’ambiente per un periodo di tempo significativo( ad esempio per un
ciclo produttivo). L’aria aspirata dalla pompa passa attraverso un sistema che trattiene l’inquinante che, in un
secondo tempo, verrà dosato in laboratorio:
1) assorbimento fisico : gorgogliatori in serie (l’inquinante si scioglie nel liquido
contenuto nei gorgogliatori).
2) adsorbimento: filtri a carbone attivo, gel di silice, allumina
Metodi di campionamento per Diffusione
Campionatori passivi che consistono in apposito campionatore che, posto al livello della zona di respirazione
(bavero della tuta) viene attraversato dall’aria trattenendo una quantità di inquinante proporzionale alla sua
concentrazione : in seguito, dopo estrazione, il tossico viene dosato in laboratorio mediante metodiche
opportune(gascromatografiche oppure in cromatografia liquida).
Il campionamento può essere eseguito in varie posizioni dell'ambiente di lavoro mediante:
Linea di prelievo fissa: a)dispositivo di captazione b)pompa dotata di flussimetro e contalitri, oppure mediante
Campionatori individuali, consistenti in piccola pompa fissata alla cintura del lavoratore collegata alla fialetta di
carbone attivo fissata al bavero del lavoratore in modo tale da dosare l'inquinante aerodisperso a livello della zona
di respirazione.
fiale rivelatrici:si basano su reazioni cromatiche caratteristiche fra l'inquinante ed opportuni reattivi contenuti
nella fiala
analizzatori automatici in continuo: attualmente sono disponibili solo per un numero limitato di inquinanti
(CO,SO2,NOx,O3 ecc.)
DETERMINAZIONE DELLE POLVERI
a) Campionamento Numerico: si attua mediante l’impiego di svariate metodiche che hanno la finalità di
trattenere su un vetrino da microscopio il quantitativo di polveri contenuto nell’aria che ha attraversato il sistema
utilizzato.
Dopo lettura al microscopio le polveri vengono espresse in pp/cm3
b) Campionamento Ponderale: viene utilizzata una pompa come per il campionamento dei tossici per
concentrazione ed il quantitativo di polvere trattenuto da una membrana - filtro applicata all’ingresso dell’aria
aspirata dalla pompa viene dosato per pesata. Mediante l'impiego dei campionatori è possibile, utilizzando un
apposito preselettore, determinare anche la sola frazione inalabile.
Le polveri vengono espresse in mg/m3
ANALISI DELLE POLVERI
A) Nel caso del prelievo numerico la conta delle particelle verrà effettuata al microscopio in campo chiaro.
La percentuale delle particelle di silice cristallina si effettua al microscopio a contrasto di fase utilizzando una
miscela diafanizzante di aldeide cinnamica e dimetilformamide.
Con l'analisi del quarzo a contrasto di fase si possono determinare anche la tridimite e la cristobalite. Le particelle
di quarzo al contrasto di fase assumono un colore azzurro. Vengono solitamente conteggiate le particelle di
28
diametro compreso tra 0'5 e 5 micron. Il contrasto di fase viene utilizzato anche per il conteggio delle fibre di
amianto.
B) Nel caso di prelievo ponderale i filtri a membrana vengono sottoposti a diffrattometria a raggi X per il calcolo
della percentuale in quarzo.
Tale analisi può essere praticata sulle polveri totali e su quelle inalabili.
LIVELLI MASSIMI AMMISSIBILI
Per esprimere un giudizio sul significato, ai fini della sicurezza dei lavoratori, delle
concentrazioni delle sostanze tossiche riscontrate negli ambienti di lavoro dobbiamo ricorrere
al loro confronto con i cosiddetti livelli massimi ammissibili.
Si è posto dunque il problema di verificare e stabilire a quali concentrazioni i lavoratori
potessero rimanere esposti senza avere danni alla salute.
In attesa di una lista ufficiale europea attualmente si fa riferimento ai pochi valori limite
stabiliti dalla normativa italiana(D.Lgs.277/91) oppure a limiti di consenso quali i TLV
dell’ACGIH
I TLV (threshold limit value)stabiliti dalla associazione degli igienisti industriali americani
(ACGIH) rappresentano concentrazioni medie per un turno di lavoro e si ottengono
moltiplicando le varie concentrazioni per i tempi di esposizione e dividendo il prodotto così
ottenuto per la durata di un turno lavorativo. I TLV vengono stabiliti in base ai dati più
attendibili ricavati dalla esperienza in campo industriale, ai risultati di ricerche sperimentali
sull'uomo e sull'animale ed alla combinazione di questi elementi di giudizio.Tali valori
vengono sottoposti a revisione annuale.Secondo l'ACGIH vengono stabiliti 3 tipi di TLV:
TLV-TWA(valore limite di soglia media ponderata nel tempo):
E' la concentrazione media ponderata per una giornata lavorativa di 8 ore ,per 40 ore
settimanali e per l'arco della vita lavorativa a cui quasi tutti i lavoratori possono essere
sottoposti ripetutamente senza effetti negativi.Se la esposizione umana o animale ad alte
concentrazioni non ha messo in evidenza effetti tossici sono ammesse escursioni per
esposizioni di breve durata che possono superare un valore pari a tre volte il TLV-TWA per
non più di 30 minuti complessivi durante la giornata lavorativa e, in nessun caso, un valore pari
a 5 volte il TLV-TWA, sempre nel presupposto che questo non venga superato.
TLV-STEL (valore limite di soglia per breve tempo di esposizione):
E' la concentrazione a cui i lavoratori possono essere esposti continuativamente per un breve
periodo di tempo senza che insorgano irritazione, alterazione cronica o irreversibile del tessuto,
narcosi di grado sufficiente ad accrescere le probabilità di infortuni o menomare le capacità di
mettersi in salvo o di ridurre materialmente l’efficienza lavorativa, purché il TLV-TWA
29
giornaliero non venga superato. Le esposizioni al valore STEL non devono superare i 15' per
più di 4 volte al di (fra due esposizioni successive devono intercorrere almeno 60').
TLV-C (valore limite di soglia, ceiling) E' la concentrazione che non deve essere superata
durante l’attività lavorativa, neppure istantaneamente.
TLV di miscela
In un ambiente di lavoro il più delle volte si trovano contemporaneamente presenti più
inquinanti. In tali situazioni i TLV, pur contenendo coefficienti di sicurezza, devono essere
valutati in rapporto a FATTORI di CORREZIONE.
Ad eccezione di eventuali effetti antagonisti viene applicata la seguente formula:
C1/T1 + C2/t2 +C3/T3 +.........Cn/Tn ≤ 1
Dove C1 e C2 sono le concentrazioni ambientali degli inquinanti presenti e T1 e T2 sono i
rispettivi TLV.
ESEMPIO:
L'aria di un ambiente di lavoro contiene 400 ppm di Acetone(TLV=750ppm),
150 ppm di Acetato di Butile (TLV=200ppm) e 100ppm di Butanone (TLV=200ppm):
400/750=0,53 150/200=0,75 100/200=0,50
0,53+0,75+0,50 = 1,78 il TLV di miscela è superato!
I valori TLV si possono esprimere sia in ppm che in mg/m3.
Conoscendo il peso molecolare, mediante la applicazione della seguente formula, possiamo
trasformare un valore nell'altro:
mg/m3 x 24,45
-------------------------- =valore in ppm
peso molecolare
ppm x peso molecolare
------------------------------- = valore in mg/m3
24,45
La PREVENZIONE AMBIENTALE non deve rappresentare, ovviamente, un intervento
trasversale, bensì longitudinale attraverso il MONITORAGGIO AMBIENTALE dei fattori di
rischio, che consiste nel controllo periodico dei fattori di rischio nell' ambiente di lavoro.
Il MONITORAGGIO AMBIENTALE è necessario per i vari motivi che modificano le
condizioni di rischio da lavoro quali:
- modificazioni dei cicli tecnologici
- impiego di nuovi materiali o eliminazione di altri
30
- aumento dei carichi di lavoro, dei tempi di lavoro, della produttività ecc.
Il MONITORAGGIO BIOLOGICO invece mira al controllo della entità del rischio,
mediante la valutazione di indicatori biologici specifici.
Con il termine di monitoraggio biologico dei rischi da lavoro intendiamo indicare il controllo
periodico dei lavoratori esposti al rischio di intossicazione professionale mediante la ricerca di
due tipi di indicatori biologici:
- INDICATORI DI DOSE
- INDICATORI DI EFFETTO
Gli indicatori di dose, meglio definibili indicatori di esposizione, forniscono informazioni
sulla avvenuta esposizione e sulla entità della stessa. Essi esprimono la dose interna del tossico
ovvero la quantità di tossico assorbita dal soggetto esposto, nell’espletamento della sua
mansione nell’arco del turno di lavoro, attraverso tutte le vie di penetrazione (respiratoria,
cutanea digerente).La dose interna è in funzione anche di altri fattori, oltre alla entità della
esposizione, dipendendo anche dal carico di lavoro, da fattori individuali interferenti sulla
tossicocinetica, da alterazioni funzionali degli organi ecc.
Una sostanza tossica una volta assorbita può subire le seguenti trasformazioni:
- venire completamente degradata (es. acetato di etile)
- venire trasformata in metaboliti comunemente presenti nelle urine ( toluene)
- venire trasformata in metaboliti peculiari (xilene, stirene,t ricloroetilene)
- venire trasformata in composti non noti
Gli indicatori di dose pertanto consistono nel dosaggio dell'agente nocivo, o di eventuali suoi
metaboliti, nel sangue, nelle urine, nelle feci, nel sudore, nel latte, negli annessi cutanei o
nell'aria espirata.
Fornendo alcuni esempi, nel caso di esposizione a metalli e loro composti il dosaggio del
metallo nel sangue o nelle urine rappresenta l'indicatore di dose e tale valore, e per alcuni
di essi (Cromo), se determinato a settimana lavorativa inoltrata, presenta spesso una
correlazione con la concentrazione del tossico presente nell'ambiente di lavoro.
Nei confronti della esposizione a solventi o ad altri tossici di natura organica si possono dosare
i tossici come tali oppure i loro metaboliti nel sangue e nelle urine.
Per i solventi come per altri tossici volatili, è possibile eseguire il dosaggio del tossico
direttamente nell’aria espirata.
Gli indicatori di effetto biologico ra ppresentano variabili che esprimono l'effetto del fattore
nocivo su un sistema biologico (ad esempio la variazione di una attività enzimatica valutabile
31
direttamente o indirettamente attraverso gli effetti indotti).
Gli "Indicatori di Effetto Biologico" sono tanto più validi quanto più sono in grado di svelare
modificazioni precoci e completamente reversibili.
Gli indicatori di effetto a loro volta sono distinti in:
1) Indicatori di effetto subcritico che sono in grado di valutare l’effetto della esposizione ad
un tossico quando ancora non si sono verificate alterazioni cellulari,
ad esempio l’ALA-deidrasi nella esposizione a Pb
2) Indicatori di effetto critico che evidenziano effetti biologici precoci, tuttavia ancora
reversibili; ad esempio la Protoporfirina IX e l’ALAU sempre nella esposizione a PB
In tale modo il MONITORAGGIO BIOLOGICO costituisce un intervento di ordine
preventivo nel vero senso del termine.
ESEMPI DI INDICATORI DI EFFETTO BIOLOGICO
Esposizione al piombo
dosaggio dell'enzima ALA-DeidratasiI (ALAD)nel sangue.
,,
dell'ALA nelle urine (ALAU)
,,
della Protoporfirina IX (EP) nel sangue.
,,
della Zncoprotoporfirina(ZPP) nel sangue.
,,
della Coproporfirina III (CP) nel sangue.
esposizione al cadmio:
dosaggio della Beta-2-Microglobulina (urine)
esposizione ad anticolinesterasici
Acetil-Colinesterasi Eritrocitaria (Ache) nel sangue Pseudocolinesterasi plasmatica (Pche) nel sangue.
Esterasi Neurotossica (NTE) nei linfociti
Esposizione ad induttori enzimatici
Gamma-G-T (sangue)
Acido-D-Glucarico (urine)
Isoenzimi Gamma -G-T (sangue)
6-Beta-Idrossicortisolo( urine)
Test alla Antipirinasaliva)
Al fine di dare una interpretazione ai livelli di esposizione i valori degli indicatori di dose e di
quelli di effetto vanno rapportati a valori limite occupazionali cioè riferiti alla esposizione
professionale. La normativa italiana ha stabilito tali limiti solo per alcuni tossici (piombo,
protossido di azoto, alotano) per cui si fa di solito riferimento ai valori definiti dall’ACGIH
chiamati IBE ( indice biologico di esposizione), che rappresentano i valori del livello
dell’indicatore che, con elevata probabilità, è possibile riscontrare in campioni prelevati su
lavoratori esposti a livelli di concentrazione nell’aria dell’ordine del TLV-TWA.
32
Con il termine Valore di Riferimento invece si intende il valore di un determinato indicatore
ottenuto dalla elaborazione statistica dei risultati del suo dosaggio in campioni biologici
prelevati da una popolazione o da un gruppo di riferimento, costituito da soggetti non esposti in
modo abnorme alla sostanza in esame per ragioni lavorative, ambientali o abitudinarie.
LE CONDIZIONI ESSENZIALI PER PROGRAMMARE IL MONITORAGGIO
BIOLOGICO DI UN TOSSICO SONO:
- una dettagliata conoscenza del metabolismo della sostanza nell'organismo umano
e delle alterazioni che questa causa a carico dell'organo critico
- esistenza di indicatori biologici
- possibilità di ottenere agevolmente il materiale biologico più adatto
- esistenza di metodi analitici attendibili
- conoscenza delle relazioni Dose - Effetto
Sfortunatamente per numerosi tossici di ordine lavorativo tali requisiti non sono
sufficientemente noti (vedi cancerogeni, allergizzanti ecc.)
Per una applicazione pratica di un programma di monitoraggio biologico è necessario conosere:
- il comportamento degli indicatori utilizzati in relazione alla esposizione
considerando in particolare: entità, continuità, durata, intervallo tra termine della
esposizione e determinazione del parametro.
- tutti i fattori fisiologici e patologici, indipendenti dalla esposizione, che possono
modificare i livelli degli indicatori (età, sesso, gravidanza, menopausa, stato di
nutrizione, anomalie metaboliche ereditarie, malattie intercorrenti, assunzione
di farmaci, abitudini alimentari, assunzione di alcoolici, fumo di tabacco ecc.)
- esposizione contemporanea a tossici in grado di influenzare vicendevolmente la loro
cinetica ( es. Toluene e Benzene; Xilene e MEK)
- eventuale presenza di fattori ambientali di ordine chimico che inibiscono o aumentano
l'attività degli enzimi che metabolizzano i tossici.
Il monitoraggio biologico dei rischi chimici va eseguito anche in presenza di esposizione
potenziale, cioè tutte le volte in cui si ha la presenza di fattori di rischio nel ciclo produttivo,
anche se è stato dimostrato il rispetto dei livelli di sicurezza, in quanto ciò non garantisce che
una parte dei lavoratori possa manifestare effetti biologici sfavorevoli.
Anche in ambienti considerati "sicuri" i livelli di sicurezza possono talora essere superati
anche più volte nella stessa giornata in rapporto a particolari situazioni legate a fattori diversi
(assorbimento dei tossici per vie diverse da quella respiratoria, spostamenti nell'ambiente di
33
lavoro, cause accidentali, manovre errate, cause extralavorative.) Dobbiamo inoltre sottolineare
come il controllo biologico preventivo individuale vada sempre preceduto dalla conoscenza
diretta e completa del ciclo produttivo, dei materiali impiegati, degli intermedi e dei prodotti
finiti e ciò al fine di arrivare alla esatta conoscenza di ogni rischio potenziale.
BONIFICA AMBIENTALE e successiva verifica (sono necessari impiantisti esperti).
La importanza di una corretta progettazione ai fini preventivi è indubbia, in quanto, se
gli aspetti preventivi vengono presi in considerazione nella fase di progettazione dell'
insediamento produttivo, essi risulteranno sempre meno onerosi e più efficaci di certe misure
di ripiego applicate in ambienti costruiti senza criteri preventivi
POSSIBILI INTERVENTI PER LA ELIMINAZIONE DELL'INQUINAMENTO NEGLI
AMBIENTI DI LAVORO
a) interventi alla sorgente
- eliminazione della sostanza nociva
- modifica del processo produttivo
- modifica all'impianto(ciclo chiuso)
- modifica alla organizzazione del lavoro
a)manutenzione b) pulizia c) controllo dei ritmi di produzione
b) interventi sulla propagazione
- aspirazione localizzata
- ventilazione generale
- modifica alla organizzazione del lavoro a)spazio b) lay-out
c) interventi sull'uomo
1) modifica alla organizzazione del lavoro
a) riduzione del tempo di esposizione
b) eliminazione del cottimo
2) chiusura in cabine
3) dispositivi di protezione individuale (DPI)
ABBATTIMENTO DEGLI INQUINANTI
1)Abbattimento di Polveri, Fumi e Nebbie
a- cicloni e camere di sedimentazione
b- filtri a tessuto
c- filtri elettrostatici
d- lavaggio con acqua
2) Abbattimento di Gas e Vapori
a- lavaggio (assorbimento)
b- adsorbimento (carbone attivo)
c- combustione termica
d -combustione catalitica
La prevenzione dei rischi e danni da lavoro viene pertanto distinta in:
-
Prevenzione Primaria o Prevenzione Ambientale il cui obbiettivo è quello di
abolire o quantomeno ridurre il rischio
-
Prevenzione Secondaria o Medica che in genere è in grado di ridurre soltanto
34
il danno e consiste nella idoneità preassuntiva alla mansione, nella formazione
specifica, nella sorveglianza sanitaria periodica (diagnosi precoce), nel
cambiamento di mansione e nella idoneità con prescrizioni.
PREVENZIONE MEDICA
e' quasi sempre Prevenzione Secondaria. In certi casi tuttavia, oltre alla DIAGNOSI
PRECOCE (che non è più prevenzione), possono essere colte situazioni, riferibili a
modificazioni prodotte dal fattore di rischio, che rientrano ancora nell'ambito "fisiologico" e
pertanto sono ancora completamente reversibili.
In tale caso, come anche nel caso di condizioni di ipersuscettibilità al rischio lavorativo
riscontrata in occasione della prima visita di idoneità al lavoro, la prevenzione medica può
coincidere con la prevenzione primaria.
La PREVENZIONE MEDICA si articola in:
1) PRIMA VISITA di IDONEITA' (visita di preventiva)
2) SORVEGLIANZA SANITARIA (visita periodica)
3) MONITORAGGIO BIOLOGICO
L'intervento medico il più' delle volte è OBBLIGATORIO per LEGGE
Le fasi della prevenzione medica, rappresentate dalle visite mediche e dal monitoraggio
biologico, spesso, nella pratica, sono concomitanti, anche se devono essere tenute distinte per
importanza e finalità.
La SORVEGLIANZA SANITARIA mira infatti ad evidenziare la assenza di modificazioni
dello stato di salute, magari (ma non sempre) in fase preclinica e reversibile, al fine di
verificare la IDONEITA' a proseguire il lavoro a rischio.
La esecuzione del MONITORAGGIO BIOLOGICO ovviamente non esclude dall'obbligo di
effettuare le VISITE PERIODICHE della sorveglianza sanitaria previste dalla Legge.
La Visita di AVVIAMENTO AL LAVORO (prima visita di idoneità o visita di preventiva)
deve essere corredata degli esami clinici , strumentali e laboratoristici necessari ad individuare
condizioni di NON IDONEITA' a svolgere il lavoro a rischio, sia assolute che relative.
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Le Le VISITE PERIODICHE o di sorveglianza devono essere eseguite con periodicità che
varia in funzione dei diversi fattori di rischio e della loro intensità. Tali visite hanno lo scopo di
individuare sia alterazioni provocate dai rischi professionali, sia situazioni patologiche insorte
per cause indipendenti dal rischio ma che rappresentano motivo di non idoneità'.
La visita medica periodica, intesa come rilievo della anamnesi ed obbiettività clinica da
parte del Medico Competente (cioè dallo Specialista in Medicina del Lavoro) deve essere
eseguita con periodicità prevista dalla normativa vigente.
La visita medica periodica non può sostituire la esecuzione del monitoraggio biologico.
TOSSICOLOGIA INDUSTRIALE
Studia gli effetti dei composti chimici impiegati nella industria ed in particolare:
assorbimento, accumulo, metabolismo, escrezione, meccanismi di azione, interazioni con altre
sostanze, diagnostica delle intossicazioni, terapia, monitoraggio biologico.
E' definito TOSSICO ogni sostanza che può produrre, come tale o attraverso i suoi metaboliti,
effetti dannosi su un sistema biologico.
Per TOSSICITA' pertanto si intende la capacità di una sostanza di provocare effetti nocivi
nell'organismo.
Secondo Paracelso "tutte le sostanze sono velenose, non esiste nessuna sostanza che non sia un
veleno. La giusta dose distingue il veleno dalla medicina".
Viene definito RISCHIO la probabilità con la quale si avrà un effetto tossico secondo le
condizioni di impiego di una determinata sostanza.
Si definisce ORGANO CRITICO il primo organo in cui il tossico raggiunge la
concentrazione critica, cioè la concentrazione alla quale le cellule più sensibili dell'organismo
subiscono alterazioni reversibili o irreversibili. Si ha ACCUMULO si quando la quantità di
tossico assorbita supera quella escreta.
TIPO DI INTOSSICAZIONE
1) Locale: l’effetto del tossico è indotto esclusivamente nel primo punto di contatto
es.: ingestione di caustici → tubo digerente, corrosivi → cute, gas e
vapori irritanti→ albero respiratorio e mucose.
2) Generale o sistemica: i danni si esplicano solo dopo assorbimento e distribuzione del
tossico e sono prevalenti nell’organo bersaglio, cioè in quell’organo o tessuto o
36
apparato in cui viene, per primo, raggiunta la concentrazione critica del tossico
(organo critico).
L’effetto si definisce reversibile
quando scompare con il cessare della esposizione;
irreversibile quando permane o si accentua al termine della esposizione.
FORME DI INTOSSICAZIONE
1) ACUTA: breve esposizione, rapido assorbimento(la dose può essere unica o
assunta in più riprese nell’arco delle 24 h.), rapida sintomatologia
(ad eccezione di alcuni irritanti respiratori quali il fosgene o gli ossidi
di N), rapido esito in morte o guarigione
2) SUBACUTA: esposizioni a dosi non capaci di produrre una intossicazione
acuta, ripetute nel corso di diversi giorni o settimane, prima
che compaiono i sintomi della intossicazione.
3) CRONICA: esposizioni ripetute in un lungo periodo di tempo può avvenire:
a) per accumulo del tossico: (la quantità eliminata è inferiore a quella
introdotta) i segni della intossicazione compaiono quando il tossico
raggiunge la concentrazione critica nell’organo bersaglio.
b) per accumulo di effetto : cioè per gli effetti provocati dalle esposizioni
ripetute e prolungate nel tempo, senza che il tossico venga accumulato
Effetti acuti possono conseguire ad una assunzione del tossico qualora intervengano condizioni
particolari (ad es. DDT accumulato o Pb accumulato e condizioni di rapida cessione)
Effetti cronici possono seguire una intossicazione acuta grave(CO) o lieve (neuropatia ritardata
da anticolinesterasici)
ASPETTI QUANTITATIVI DELLA TOSSICITA’
Essi riguardano le dosi.
Per DOSE, nella sperimentazione tossicologica, si intende la quantità di sostanza chimica
somministrata per una determinata via, espressa per unità di peso corporeo(mg/kg) e, nella
tossicità cronica, espressa anche per unità di tempo di durata della somministrazione
(mg/kg/die oppure mg/m3x ore). Per convenzione si intende che il turno lavorativo sia di 8 ore.
La quantità di aria che in media un soggetto respira in 8 ore è di circa 10 metri cubi, ne deriva
che la dose per via inalatoria può approssimativamente essere espressa come quantità di tossico
37
per m3 di aria (concentrazione ambientale) moltiplicata per la durata della esposizione e per il
volume di aria inspirato , da cui: mg/m3 x 8 ore x 10 m3/ 8ore.
Questa è la dose esterna , rappresentante la contaminazione ambientale, e che è differente dalla
DOSE INTERNA, che rappresenta la quantità di tossico realmente assorbita, reperibile negli
organi interni, nei tessuti e negli escreti.
EFFETTO: viene così definita una modificazione biologica a livello individuale che consegue
ad un determinato livello di esposizione o di dose
RISPOSTA: si intende la percentuale di popolazione che ha sviluppato quel determinato
effetto conseguente ad una specifica dose o livello di esposizione.
CURVA DOSE/EFFETTO:
modificazione biologica individuale conseguente ad un
determinato livello di
dose.
Graficamente si evidenzia con una curva a concavità positiva o negativa. Essa può essere con
soglia di effetto o con soglia di dose.
CURVA DOSE/RISPOSTA:
rappresenta la relazione tra la dose e la percentuale della popolazione che risponde ad essa con
un particolare effetto. Graficamente si presenta con curva ad S italica. L’andamento della curva
dimostra che esiste una dose bassa alla quale nessuno degli individui risponde, ed una dose alta
alla quale tutti gli individui manifestano quella determinata modificazione.
DOSI e SOGLIE di NON EFFETTO
Esiste per ogni tossico una dose alla quale nessuno degli animali trattati risponde, cioè una
dose alla quale il trattamento è risultato inefficace:
Dose Efficace = 0%
(DE0)
ed esiste una dose alla quale tutti gli animali trattati rispondono:
Dose Efficace = 100% (DE100)
Qualora il tossico venga inalato si determina la Concentrazione Efficace (CE).
Quando l’effetto tossico è la morte allora la dose viene definita Dose Letale(DL) e, se il tossico
viene assorbito per via inalatoria si parla di Concentrazione Letale (CL).
Col termine di NOAEL (No Observed Adverse Effect Level) si esprime il livello di dose senza
effetto nocivo .
L’effetto “adverse” o nocivo è quello capace di causare, promuovere o facilitare e/o aggravare
una
compromissione
sia
strutturale
che
funzionale,
sottintendendo
come
questa
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compromissione sia potenzialmente capace di abbassare la qualità della vita, determinare la
insorgenza di una malattia invalidante o condurre a morte prematura(Sherwin 1983).
Nella prevenzione, cioè nella tossicologia professionale, il termine di “adverse” deve fare
riferimento alla compromissione dello stato di salute e pertanto
deve consistere in una
alterazione precoce, reversibile, capace di predire il manifestarsi di evidenti segni e sintomi di
compromissione della salute, così da potere
permettere di promuovere interventi di
prevenzione per evitare una malattia manifesta ed un possibile stato di invalidità(Sherwin
1983).
Nella seguente sequela di effetti:
1)effetti non osservati, 2) effetti
compensatori, 3) effetti precoci di dubbio significato,
4)compromissione della salute in fase precoce, 5) malattia manifesta
gli effetti cominciano a diventare “adverse” tra il punto 2 ed il 3.
Terminologia:
DE50: Dose Efficace per il 50% degli animali.
DL50: Dose Letale per il 50% degli animali.
CE50: Concentrazione Efficace per il 50% degli
animali. Riferita ad una sostanza
aerodispersa.
CL50: Concentrazione Letale per il 50% degli animali.
ADI : Acceptable Daily Intake:rappresenta la quantità di tossico assorbita giornalmente che
non provochi effetti nocivi.
NOAEL: No Observed Adverse Effect Level
LOAEL : Lowest Observed Adverse Effect Level
TOSSICOCINETICA
Per la valutazione delle proprietà tossicologiche di un agente chimico è necessario anzitutto
conoscere le vie di penetrazione, le modalità di assorbimento, di distribuzione nell’organismo,
gli interventi metabolici che lo coinvolgono, l’eventuale accumulo, la escrezione e la velocità
con la quale questi processi si svolgono.
VIE DI PENETRAZIONE DEI TOSSICI
orale, inalatoria, cutanea, mucosa, parenterale
ASSORBIMENTO
39
Qualsiasi sia la via di introduzione, le sostanze per penetrare nell’organismo e venire in tal
modo assorbite, devono attraversare delle membrane biologiche.
Una volta assorbita, la sostanza viene distribuita nei liquidi corporei per arrivare agli organi
bersaglio e soprattutto all’organo critico.
Diverse sono le barriere biologiche che lo xenobiotico deve attraversare: cute, membrana
alveolare, epitelio gastrointestinale, la barriera ematoencefalica, le membrane che racchiudono
il sangue e gli altri fluidi, le membrane cellulari e quelle intracellulari.
Sotto l’aspetto strutturale le membrane biologiche possono essere distinte in quattro tipi:
a) quelle composte di vari strati di cellule(cute)
b) quelle composte da un singolo strato di cellule(epiteli alveolare ed intestinale)
c) quelle di spessore più piccolo di una cellula singola (membrane cellulari)
d) quelle che circondano le strutture intracellulari
Le membrane biologiche sono formate da uno strato bimolecolare di lipidi nel quale sono
immersi molti tipi di proteine, hanno uno spessore di 50-100 Amstrong,
le membrane non sono continue presentando molte porosità imbibite d’acqua(pori acquosi o
canali ionici) del diametro inferiore all’Amstrong.
La velocità di diffusione delle sostanze chimiche attraverso le membrane biologiche è in
funzione:
a) del gradiente di concentrazione esistente
attraverso le membrane: C1- C2
b) della superficie di membrana disponibile per
il trasporto: A
c) dello spessore della membrana: d
d) della costante di diffusione della sostanza trasferita: K
K dipende:
dal p.m. della sostanza
dal grado di ionizzazione
dalla sua liposolubilità
La velocità(V) di diffusione di una sostanza(legge di Fick) si esprime coll'equazione:
40
K A ( C1- C2)
V=
---------------------d
Il trasporto di sostanze chimiche attraverso le membrane biologiche può avvenire per:
-FILTRAZIONE: piccole molecole idrofile attraverso i pori delle membrane
-DIFFUSIONE: dovuta alla esistenza di un gradiente di concentrazione
Attraverso questo meccanismo diffondono le molecole liposolubili e non ionizzate
Pertanto le sostanze organiche non ionizzate diffonderanno in funzione della loro liposolubilità.
-TRASPORTO ATTIVO: avviene "contro un gradiente" e necessita
di vettori "carriers". E’ un trasporto SELETTIVO
-PINOCITOSI: attraverso invaginazioni della membrana cellulare possono essere
assorbite soluzioni
- FAGOCITOSI: quando il materiale inglobato è solido
ASSORBIMENTO ATTRAVERSO L'APPARATO
- bocca:
DIGERENTE
le sostanze assorbite non sono digerite e saltano in fegato
- stomaco e intestino :attraverso la parete intestinale diffondono più rapidamente le
molecole liposolubili e non ionizzate
ASSORBIMENTO PER VIA INALATORIA
il grado di esposizione nei confronti di un tossico è in funzione di C x T, cioè della sua
concentrazione per il tempo di esposizione. La quantità assorbita dipende da:
- frequenza e volume respiratori (ventilazione)
- solubilità nei liquidi biologici (coefficiente di ri partizione aria alv./sangue)
- diametro delle particelle
- perfusione polmonare
ASSORBIMENTO ATTRAVERSO LA CUTE
è in funzione di diversi parametri quali le proprietà fisico - chimiche come la idro e la
liposolubilità, la concentrazione, la intergrità dei tegumenti, il veicolo usato(solventi) ecc. Può
verificarsi attraverso due vie : la transepidermica e la pilo-sebacea.
LA BARRIERA EMATO-ENCEFALICA (tra il plasma e lo spazio extracellulare
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del SNC) si comporta come una semplice membrana lipidica attraverso la quale le sostanze
estranee diffonderanno in funzione del grado di dissociazione, della loro concentrazione ed in
rapporto alla loro lipofilia e non ionizzazione.
E' più permeabile nel neonato che nell'adulto.
BARRIERA PLACENTARE
è permeabile a numerose sostanze chimiche che la attraversano per semplice diffusione. La
velocità di trasporto dipende in parte dal peso molecolare, dal grado di ionizzazione e dalla
liposolubilità. Le sostanze presenti nel plasma allo stato ionizzato la attraversano difficilmente.
TRASPORTO E DISTRIBUZIONE DEI TOSSICI
I tossici , una volta assorbiti, possono combinarsi con le proteine (albumine, globuline) e, sotto
questo legame, non sono disponibili nè alla metabolizzazione nè alla eliminazione.
La quota libera, biologicamente attiva, è in equilibrio con quella legata alle proteine
plasmatiche.
I tossici hanno tendenza a localizzarsi in determinati tessuti(ad es. il tessuto adiposo o gli
organi ricchi di lipidi trattengono i tossici liposolubili, molti tossici si concentrano nelle
emazie, il Pb tende a depositarsi nello scheletro).
L'organo critico non è necessariamente quello in cui si verifica l'accumulo prevalente del
tossico (ad es.per il Pb l'accumulo avviene nello scheletro mentre l'organo critico è
rappresentato dall'apparato emopoietico).
Quando l'assorbimento supera l'escrezione si verifica un ACCUMULO( Body burden) del
tossico nell'organismo.
VIE DI ELIMINAZIONE DEI TOSSICI
1) urinaria, 2) intestinale (bile, succhi pancreatici, secrezioni gastrointestinali),
3) sudore, saliva, lacrime, 4) aria espirata, 6) latte, 7) annessi cutanei, 8) placenta
ESCREZIONE URINARIA
a) Filtrazione Glomerulare:
si produce un ultrafiltrato del plasma contenente le sostanze estranee o i loro metaboliti alla
stessa concentrazione della loro concentrazione libera nel plasma. In tale modo, in seguito
all’abbassamento della concentrazione della sostanza libera, la frazione legata alle proteine può
dissociarsi e venire così eliminata.
42
b) Trasporto Tubulare Passivo:
Avviene nel tubulo distale. L’epitelio tubulare si comporta come una membrana lipidica che
permette il passaggio delle sostanze liposolubili e non ionizzate.
c) Trasporto Tubulare Attivo:
avviene a livello del tubulo prossimale ed i composti escreti per trasporto attivo sono le
sostanze lipofobe e ionizzate che vengono trasportate mediante l’impiego di carrires contro un
gradiente di concentrazione.
ESCREZIONE BILIARE
I prodotti del metabolismo epatico vengono:
1) trasportati nella circolazione generale, 2) eliminati con la bile. Per alcune sostanze la
concentrazione nella bile e nel sangue è la stessa, ma molti composti polari vengono escreti
nella bile attivamente. Nell’intestino le sostanze coniugate essendo polari non vengono
riassorbite, tuttavia alcune di esse possono venire idrolizzate dagli enzimi presenti nella bile
stessa o nell’intestino ed essere in tal modo riassorbite (circolo entero - epatico).
La escrezione biliare può essere incrementata con la somministrazione di FENOBARBITAL
ELIMINAZIONE POLMONARE
la eliminazione attraverso l’aria espirata riguarda prevalentemente le sostanze volatili (ad
esempio i solventi) e quelle gassose come il Protossido di azoto.
Da ricordare che le sostanze particolate (polveri) che si depositano nel tratto dell’epitelio
respiratorio fornito di ciglia vibratili possono essere direttamente eliminate attraverso la
clearance bronchiale e raggiungere l’intestino.
METABOLISMO DEI TOSSICI
Le sostanze organiche estranee (xenobiotici) vengono sottoposte nell'organismo a
trasformazioni metaboliche che tendono a rendere il composto più polare, cioè più facilmente
eliminabile attraverso gli emuntori.
Sede principale del metabolismo è il fegato tuttavia quasi tutti i tessuti sono coinvolti nei
processi metabolici di biotrasformazione dei tossici (rene, polmone, placenta ecc.).
Le biotrasfomazioni avvengono soprattutto a livello di determinate strutture subcellularicute.
43
Nel citoplasma esiste un complesso sistema di citomembrane, noto come reticolo
endoplasmatico.
Dal punto di vista morfologico si distingue un reticolo rugoso, così definito in quanto la
superficie esterna delle membrane che lo delimitano è rivestita di ribosomi, e un reticolo liscio
privo di ribosomi.
Quando le cellule vengono sottoposte ad omogeneizzazione, il reticolo plasmatico viene
frantumato e i frammenti delle sue pareti essendo elastici si accartocciano dando luogo alla
formazione di vescicole, chiamate microsomi
In realtà i microsomi sono strutture che in vivo non esistono in quanto si formano dal reticolo
plasmatico in seguito alla omogeneizzazione e centrifugazione degli epatociti.
La attività di biotrasformazione delle sostanze esogene avviene prevalentemente nel reticolo
endoplasmico liscio.
Tale attività è catalizzata soprattutto da enzimi presenti nei microsomi.
Alcuni composti vanno incontro ad idrolisi spontanea producendo in tal modo metaboliti senza
che sia intervenuta alcuna attività enzimatica.
I processi metabolici si possono considerare schematicamente divisi in due fasi intercorrelate
fra loro:
una prima fase PRESINTETICA ed una seconda fase definita di SINTESI.
Nel corso dei processi metabolici si possono formare metaboliti dotati di tossicità più elevata di
quella del composto di partenza: si possono cioè produrre derivati intermedi più attivi
(BIOATTIVAZIONE) o meno attivi (INATTIVAZIONE) della sostanza iniziale.
Esempi di bioattivazione:
Benzene: Benzene Epossido
Pb Tetraetili: Pb Trietile
Oarathion: Paraoxon
2-Naftilamina: 2-Nafftilidrossilamina
Metanolo:Formaldeide
Tetracloruro di Carbonio: CCl3’+Cl
L'attività metabolica in altre parole è riconducibile essenzialmente a due livelli di reazioni
chimiche:
reazioni di I e di II fase.Le reazioni di I FASE, rappresentate da OSSIDAZIONI,
RIDUZIONI e IDROLISI, possono dare luogo alla formazione di metaboliti intermedi
44
altamente reattivi (elettrofili), capaci cioè di legarsi a componenti molecolari delle cellule e
responsabili di effetti lesivi a carico del sito in cui ha sede la attività metabolica oppure di
lesioni a distanza. Le reazioni della II FASE, reazioni di CONIUGAZIONE, intervengono su
gruppi funzionali presenti sulle sostanze come tali, o prodottisi in seguito a reazioni della I fase
e portano alla formazione di composti polari idrosolubili e pertanto facilmente smaltibili
attraverso gli emuntori.
REAZIONI della I FASE
Reazioni Ossidative
sono catalizzate dalle "Monossigenasi o Ossigenasi a funzione mista" presenti nelle frazioni
microsomiali del fegato.
Il sistema enzimatico è dotato di scarsa specificità di substrato e coinvolge il citocromo P 450 e
la Flavoproteina reduttasi. Un componente fosfolipidico sarebbe essenziale per l'attività del
sistema.
Reazioni riduttive
riduzione di azo e nitrocomposti (nitrobenzene, anilina). Coinvolgono il Citocromo P 450.
Reazioni di idrolisi
catalizzate da enzimi esterasici presenti in altri tessuti oltre al fegato.
Nel fegato esiste una epossido idratasi che catalizza il metabolismo degli epossidi.
REAZIONI della II FASE
Dette anche reazioni di coniugazione, tendono a trasformare le sostanze esogene in composti
polari, idrosolubili e facilmente eliminabili attraverso gli emuntori.
Le sostanze coniuganti possono essere:
1)-acido glicuronico.Coniuga:
--composti con gruppi ossidrilici sia fenolici che alcolici
--composti con gruppi carbossilici
--composti sulfidrilici
-- composti con gruppi aminici
2) Glutatione :- epossidi,-alcheni,-alogenuri alchilici,-arilici
3)-solfato inorganico.:-gruppi ossidrilici,-gruppi alcolici,-gruppi fenolici
4)-glicocolla:-idrocarburi aromatici
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5)-Donatori di metili,acetili:-amine,-fenoli, tioli,-sulfonamidi
FATTORI CHE INFLUENZANO IL METABOLISMO DEI TOSSICI
La trasformazione di composto esogeno nell’organismo può presentare variazioni notevoli tra
individuo e individuo ed anche variazioni nello stesso individuo nel corso del tempo.
1)Fattori GENETICI
a) differenze tra specie animali
b) differenze tra diverse razze di una stessa specie
c) differenza tra gli individui di una stessa razza
alcuni esempi:
- dotazione di colinesterasi atipica incapace di idrolizzare la succinilcolina;
- variazioni individuali nel metabolismo dell’antipirina, del fenilbutazone
e della bis-idrossicumarina;
d) diverso rapporto tra isoenzimi di una medesima attività enzimatica: per esempio la
ALA deidratasi e ipersensibilità nei confronti del Pb-ione.
2) Fattori FISIOLOGICI
a) Età: es. deficit di glicuroconiugazione negli immaturi. Il neonato ha uno scarso
sviluppo del sistema microsomiale epatico per cui è molto suscettibile ai tossici;
Nell’anziano tutte le attività enzimatiche sono rallentate.
b) Sesso: specie nell'animale il maschio metabolizza più rapidamente che la
femmina. Nella femmina il tessuto adiposo è superiore del 50% per cui accumula più
facilmente tossici lipofili
c) Ormoni : gli steroidi stimolano l'attività degli enzimi microsomiali
d) Gravidanza : sia durante la gravidanza che durante l'assunzione di contraccettivi orali si ha
una riduzione nella attività degli enzimi che metabolizzano gli xenobiotici.
Probabilmente
a causa degli effetti inibitori esercitati sulle glicuroniltransferasi da Progesterone e
Pregnadiolo
e) Stato di nutrizione: diete ipoproteiche riducono le attività enzimatiche.
La dieta povera in calcio favorisce l'assorbimento di Pb.
Il dimagramento rapido libera DDT dai depositi tissutali.
f) Costituzione corporea : gli obesi trattengono più a lungo le sostanze
46
lipotrope.
3)
Malattie intercorrenti: insufficienza epatobiliare e Pb; malattie infettive ed esposizione al
Pb.
4) Tossici Voluttuari: Alcool (induttore enzimatico); modificazioni del metabolismo di
alcuni
tossici (trielina, metanolo ecc.) dopo somministrazione di alcool.
FATTORI CHE MODIFICANO LA TOSSICITA’
.Se in teoria è possibile poter predire per ogni tossico la relazione dose/risposta, in pratica la risposta individuale
è assai più variabile di quanto previsto dal modello teorico, in quanto esistono numerosi fattori in grado di
influenzare Il tossico assorbito viene distribuito, metabolizzato ed escreto, perciò la risposta tossica non sarà
proporzionale alla dose assorbita ma alla dose che arriva ai recettori dell’organismo responsabili della risposta,
per cui sarà necessario avere una approfondita conoscenza della cinetica dello xenobiotico per potere predirne la
tossicità.
Poiché la esposizione lavorativa è intermittente (8 ore su 24), si hanno due possibilità: o il tossico viene eliminato
completamente durante gli intervalli o, se la sua eliminazione è incompleta, si verifica il suo progressivo
accumulola tossicità.
Solo tenendo in considerazione tali fattori saremo in gradi di predire i possibili effetti tossici di un composto.
I fattori più importanti che modificano la tossicità di una sostanza possono essere suddivisi in quattro gruppi:
1) proprietà fisico - chimiche della sostanza
2) modalità dell’interazione
3) fattori di ordine biologico legati all’ospite
4) fattori ambientali
A causa della loro reciproca interazione si spiegano le diverse risposte che una stessa dose esterna può evocare in
soggetti diversi ma anche nello stesso soggetto in momenti diversi a seguito della variabilità della dose che
effettivamente raggiunge il bersaglio (organo critico).
Proprietà fisico – chimiche
Dissociazione delle molecole, dimensione delle molecole, ionizzazione, liposolubilità.
Le molecole non polari e liposolubili attraversano facilmente le membrane biologiche.
Volatilità: una elevata volatilità aumenta il rischio di effetto tossico. Reattività chimica del composto. Stabilità
chimica del composto. Tipo di formulazione del composto (polvere, liquido). Veicoli in cui il composto viene
disperso. Stato di dispersione del tossico nell’aria (gas, vapore, fumo, polvere ecc.)
Dimensioni delle particelle inalate.
Modalità di interazione
Continuità o discontinuità delle concentrazioni e dei tempi di esposizione nella giornata lavorativa. Queste
intermittenze nella esposizione possono modificare gli effetti del tossico in quanto viene ad esserne modificata la
cinetica.
Fattori biologici
I fattori in grado di interferire sulla quantità della dose assunta, a parità di condizioni ambientali sono numerosi.
Anzitutto dobbiamo considerare tutti i fattori che possono influenzare la ventilazione polmonare: sesso, età,
costituzione, allenamento, carico di lavoro, patologie ed alterazioni a carico dell’apparato respiratorio.
Fattori ambientali
Negli ambienti di lavoro è più frequente riscontrare una esposizione contemporanea a più sostanze chimiche: ad
esempio i diluenti organici sono costituiti da miscele di solventi, e così’ dicasi , facendo alcuni esempi, per i
pigmenti utilizzati in varie tecnologie, per i materiali di saldatura, nella formulazione dei pesticidi ecc.
Sostanze assunte contemporaneamente possono determinare interazioni nell’organismo ospite sia di ordine
tossicocinetico venendo ad interessare la loro concentrazione nei liquidi biologici e quella dei metaboliti, sia di
47
ordine tossicodinamico con conseguente modificazione della azione tossica sugli organi bersaglio. Entrambi i due
tipi di interazioni sono dose-dipendenti verificandosi soltanto nelle esposizioni elevate (professionali) e
mai per i bassi livelli di esposizione.
Effetti tossicocinetici: infiammazione delle mucose respiratorie da azione di agenti irritanti e conseguente
vasodilatazione con aumento dell’assorbimento di altre sostanze tossiche inalate.
Effetti tossicodinamici:
riduzione della tossicità del mercurio da parte della contemporanea assunzione di selenio, in quanto si formerebbe
un complesso proteico mercurio-selenio.
Nella contemporanea esposizione di più tossici può verificare:
a) I singoli tossici esercitano effetti indipendenti:
contemporanea esposizione ad un agente irritante le vie respiratorie (anidride
solforosa) ed un tossico sistemico
b) I componenti hanno effetto additivo:
nella esposizione ad una miscela di solventi si ha una sommazione della azione
depressiva sul SNC
c) I componenti hanno effetto sinergico o di potenziamento:
epatotossici come il CCl4 aumentano la tossicità del Cd.
La neurotosicità dell’esano e del MIBK sono potenziate dal MEK (non
neurotossico)
d) I componenti producono effetti antagonisti:
metanolo e glicole etilenico ed etanolo.
Oltre alle interazioni derivanti dalla contemporaneità di esposizione a tossici è da considerare anche come in
alcuni casi sia importante la sequela con cui si succede la esposizione affinché si manifestino interazioni: ad
esempio l’olio di croton nei confronti del 3,4 benzopirene e comparsa di carcinoma cutaneo spinocellulare.
PRINCIPALI MECCANISMI D'AZIONE DEI TOSSICI
1)Interferenza col trasporto di O2 e azione sullaHb:
CO, tossici metaemoglobinizzanti
2) Interferenza con l'utilizzazione di O2 e la produzione di energia :
CN-, Dinitrofenoli
3) Azione sugli enzimi :
-Inibizione:
a) competitiva: può essere rimossa con aggiunta disubstrato
b) non competitiva:
reversibile
irreversibile: Es.: esteri fosforici, Pb, As
-Stimolazione (induzione)
a) Selettiva
b) Non selettiva : Es. barbiturici, IPA, organoclorati, alcol ecc.
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4) Generazione di radicali liberi :
I R.L. sono molecole che posseggono un elettrone non pari su un'orbita esterna. Possono essere
prodotti dalla cattura di elettroni ma più spesso originano dalla scissione di un legame
covalente: A:B = A° + B°.
Gli EPOSSIDI appartengono ai di R.L. Molte molecole importanti per il funzionamento
cellulare rappresentano il bersaglio elettivo dei
R.L., in particolare gli acidi grassi insaturi dei fosfolipidi di membrana, i gruppi tiolici, gli
acidi nucleici ecc.
Gli acidi grassi insaturi delle membrane biologiche in presenza di R.L. e di O2 subiscono una
degradazione ossidativa definita Lipoperossidazione.
5) Azione sul sistema immunitario:
- immunodepressione (PCB,asbesto)
- immunostimolazione
- immunosensibilizzazione (allergica)
6) Ipersensibilità di origine genetica:
Es. carenze parziali o totali di enzimi( deficit di alfa-2-antitripsina,
emoglobinopatie e talassemie, deficit di 6GPD ed ipersensibilità agli emolizzanti).
SUSCETTIBILTA’ INDIVIDUALE
La risposta individuale ai tossici può, in alcuni casi variare a causa di una condizione di ipersuscettibilità
individuale..
L’ipersuscettibilità ai tossici professionale rappresenta un problema non piccolo per il Medico del lavoro, il quale
da un canto deve assolutamente proteggere il lavoratore a rischio, mentre dall’altro, non può pretendere che la
situazione ambientale, riferita ai possibili contaminanti, sia ridotta ulteriormente al di sotto dei valori di assoluta
sicurezza per i lavoratori non affetti dall’handicap.
I principali fattori che influenzano la suscettibilità individuale ai tossici professionali sono:
1) condizioni genetiche
2) condizioni fisiologici
3) abitudini di vita
4) esposizioni multiple
5) condizioni patologiche
Condizioni genetiche determinanti uno stato di ipersuscettibilità
Riportiamo alcuni esempi:
Deficit di glucosio 6 fosfato deidrogenasi
Nel nostro paese le zone in cui tale deficit è diffuso tra la popolazione sono la Sardegna, la Sicilia e il Delta
padano. Tale deficit può condizionare la comparsa di emolisi in seguito ad assunzione di alimenti (fave) o di
alcuni farmaci (antimalarici, sulfamidici, CAF, alcuni antipiretici ed analgesici) oppure in seguito
all’assorbimento di alcuni tossici in grado di interferire con i processi ossidoriduttivi ed in grado di ossidare i
gruppi -SH delle membrane eritrocitarie, il glutatione, il ferroeme e la globina.
49
Tali tossici sono rappresentati dall’Idrogeno Arsenicale, dai derivati amminici, nitrici e clorati degli idrocarburi
aromatici. La metaemoglobinemia e più raramente l’emolisi, nei soggetti portatori del deficit congenito, si può
verificare a livelli di esposizione di gran lunga inferiori a quelli necessari a far comparire i disturbi nei soggetti
normali.
Deficit di α1 antitripsina sierica
insorgono la BPCO e l’enfisema che, in genere, risultano fatali entro la quinta decade di vita. Soprattutto gli
omozigoti, ma anche gli eterozigoti( 5% della popolazione generale) non dovrebbero tale enzima è prodotto dal
fegato ed ha la funzione di inibire la elastasi polmonare liberatasi durante la flogosi.
Nei portatori omozigoti (circa lo 0,006% della popolazione generale) già in giovane età essere esposti ad agenti
broncoirritanti, in considerazione del loro handicap.
Modificazione della composizione isoenzimatica della ALA deidratasi
In alcuni soggetti si verifica la prevalenza di una frazione isoenzimatica maggiormente sensibile al blocco
esercitato dal Pb ione, per cui tali soggetti risultano più suscettibili a manifestare la empatia saturnina
VALUTAZIONE DEL RISCHIO TOSSICOLOGICO
La tossicologia occupazionale deve essere considerata una branca eminentemente preventiva della Medicina del
Lavoro in quanto è in grado di prevedere gli effetti degli agenti chimici a breve e a lungo termine e pertanto
fornire le informazioni atte ad attuare la prevenzione del danno.
Sotto questo aspetto il medico del lavoro possiede anche le competenze per attuare la prevenzione della
popolazione generale nei confronti dei tossici ambientali.
Pertanto è compito del Medico del Lavoro quello di valutare il rischio chimico nell’ambiente di lavoro, cioè se
questo è presente nelle condizioni di impiego dei vari composti chimici.
Questa attività viene espressamente richiesta al Medico Competente dalla Direttiva 93/67 del 20/7/1993 che
delinea i principi per la valutazione dei rischi per l’uomo e l’ambiente delle sostanze incluse nella Direttiva
sull’etichettatura dei composti chimici.
La valutazione del rischio può essere definita, secondo Foà come un
“processo sistematico, multistadio, di analisi critica di dati al fine di caratterizzare il tipo (qualità) e l’entità
(quantità) del danno alla salute che un agente chimico potrebbe causare in differenti situazioni di esposizione”. E d
ancora:
“L’obiettivo del processo di valutazione del rischio atteso è pertanto quello di identificare le condizioni di
esposizione nelle quali è possibile che, sia in via ipotetica che reale, si estrinsechino le potenzialità pericolose di
una sostanza”.
Nella Direttiva CEE 93/67 sono definite le quattro componenti principali del processo di valutazione del rischio
chimico.
1) IDENTIFICAZIONE DELLA TOSSICITA’ INTRINSECA (pericolo o hazard):
consistente nella identificazione della capacità della sostanza di produrre un effetto deleterio sull’uomo:
essa consegue alla raccolta ed alla analisi critica dei dati che dimostrano effetti biologici prodotti dalla sostanza in
esame e nei meccanismi di azione del composto in oggetto.
2)VALUTAZIONE DELLA CURVA DOSE-RISPOSTA :
descrizione della relazione per ognuno degli effetti biologici documentati provocati al composto in oggetto,
mettendo in evidenza eventuali incertezze biologiche o statistiche di questa relazione.
3)VALUTAZIONE DELLA ESPOSIZIONE UMANA:
in pratica consiste nel determinare l’entità delle emissioni, le vie di distribuzione, la velocità di trasferimento del
composto chimico, la sua trasformazione o degradazione, al fine di stimare le concentrazioni o le dosi alle quali la
popolazione umana o i compartimenti ambientali possono essere esposti.
Devono venire stimate le proprietà fisico-chimiche del composto in esame le quali permettono di ipotizzare
verso quale compartimento ambientale(aria, acqua, suolo) esso presenti maggiore affinità e quindi quale sia la via
di esposizione prevalente per l’uomo.
4) CARATTERIZZAZIONE E PREVISIONE DEL RISCHIO:
deriva dalla combinazione delle componenti (1, 2 e 3) e rappresenta la
quantificazione delle probabilità che una esposizione possa determinare un danno
50
alla salute in un determinata popolazione.
Nelle condizioni di massima conoscenza si può disporre di una dose giornaliera senza effetto alcuno o con effetto
accettabile con cui potere confrontare la dose che può assumere l’uomo nelle condizioni di esposizione
evidenziate.
Dal rapporto:
DOSE ACCETTABILE / DOSE STIMATA deriva il margine di sicurezza che quanto più è grande tanto più è
maggiore il livello di protezione.
Da quanto esposto appare evidente come sia importante conoscere le condizioni di impiego delle sostanze
chimiche potendo esse rappresentare un rischio anche elevato; ed appunto è in questo tipo di attività di
conoscenza che si caratterizza in modo peculiare la professione del medico del Lavoro.
Il D.Lgs.25/02 che rinnova la legislazione vigente in materia di protezione dei lavoratori dal rischio chimico
introducendo nel D.Lgs.626/94 un nuovo titolo (VIIbis) prevede alcuni obblighi nel caso si detengano e si
utilizzano sostanze o preparati chimici classificati pericolosi:
- Determinazione preliminare della presenza di agenti chimici pericolosi nei luoghi di lavoro
- Valutazione del rischio che prenda in considerazione in particolare:
a) le proprietà pericolose degli agenti chimici utilizzati
b) le informazioni disponibili su tali agenti
c) il livello e la durata di esposizione
d) il tipo di attivitàsvolta
e) i valori limite di esposizione e,se noti,i valori limite biologici
f) gli effetti delle misure preventive e protettive adottate
-
Nel caso di nuove attività che comportino la presenza di agenti chimici pericolosi, la valutazione dei rischi e
la attuazione delle misure di prevenzione devono essere predisposte preventivamente. Tali attività possono
iniziare solo successivamente alla valutazione dei rischi ed alla predisposizione delle misure preventive e
protettive previste.
Anche in tema di sorveglianza sanitaria nel D.Lgs. 25/02 vi sono importanti novità, essa deve infatti essere
effettuata:
- prima di adibire il lavoratore alla mansione che comporta esposizione
- periodicamente con cadenza stabilita dal Medico Competente
- alla cessazione del rapporto di lavoro
Lo studio delle relazioni tra entità della esposizione e rischio di danni alla salute deve essere effettuato utilizzando
parametri che permettano di definire da un lato l’intensità della esposizione e dall’altro le modificazioni indotte dal
tossico in causa sulle condizioni di salute dei lavoratori esposti; tali parametri caratterizzano quelli interventi che
vengono definiti MONITORAGGIO AMBIENTALE e MONITORAGGIO BIOLOGICO
PIOMBO
CARATTERISTICHE FISICO-CHIMICHE
Metallo di colore grigio bluastro, duttile e malleabile. Lucente al taglio, si ossida rapidamente
formando una patina grigiastra.
Fonde a 337°C Bolle a 1525°C. A 470°C inizia ad emettere fumi e vapori in quantità
misurabile. A 500°C i vapori si combinano con l'O2 atmosferico dando luogo alla formazione
di OSSIDI di Pb. Gli acidi organici, anche se deboli, lo solubilizzano.
E' solubilizzato dall'acqua contenente nitrati o sali d'ammonio.
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Il minerale principale da cui viene estratto è la GALENA (solfato di Pb), oltre alla Cerussite
(carbonato di Pb).
Oltre al Pb metallico i composti principali del Pb che possono essere fonte di rischio sono:
OSSIDI: Litargirio o Massicot(PbO), Biossido(PbO2), Minio (PbO3)
SALI INORGANICI: Carbonato (biacca), Solfato (bianco mulhouse), Cromato
(giallo cromo), Antimoniato (giallo napoli)
SALI ORGANICI: Stearato, Adipato
COMPOSTI METALLO-ORGANICI: Pb-Tetraetile, Pb-tetrametile
LEGHE: Pb-Stagno, Pb-Antimonio, Pb-Rame ecc.
PRINCIPALI USI DEL Pb E FONTI DI ESPOSIZIONE
-miniere di Pb e di Zn
-metallurgia del Pb e dello Zn, produzione di tubi, lastre, trattamenti
termici
-recupero e fusione rottami in Pb
-utilizzo di tubazioni in Pb
-produzione di munizioni
-produzione di accumulatori
-produzione ed impiego di pigmenti (verniciatura, ceramica)
-produzione di manufatti in plastica
-utilizzazione di leghe (saldatura, giocattoli, stampa,oggetti)
-produzione e montaggio di schermi antiradiazione
-produzione di barriere antirumore e antivibrazione
-produzione di vetri e cristalli;laboratori di taglio diamanti
-saldature elettriche, taglio con cannello, cantieri navali
-polveri e fumi nei poligoni di tiro
-impiego di lubrificanti contenenti sali di Pb
-Trafilerie; ricopertura di fili e di cavi
-fabbricazione di Pb Tetraetile
-industria tipografica
-fabbricazione di circuiti stampanti
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Nel complesso le lavorazioni a rischio elevato sono quelle che comportano esposizione a
vapori, fumi e polveri (metallurgia , saldatura, industria degli accumulatori, cantieri navali,
plastica, verniciatura, pigmenti).
Il rischio risulta minore nei minatori, tipografie, industria elettronica e, attualmente, nella
verniciatura.
Il rischio risulta di minima entità nei vigili, taxisti, garagisti ed esattori autostradali.
FONTI DI ASSORBIMENTO DI PB DI NATURA EXTRAPROFESSIONALE
1) ARIA
2) ACQUA ED ALIMENTI
3) RITENZIONE DI PROIETTILI O PALLINI
ARIA
IL PIOMBO DEVE ESSERE CONSIDERATO ATTUALMENTE UNO DEI PIU' IMPORTANTI INQUINANTI
ATMOSFERICI DEGLI AMB IENTI CIRCOSTANTI LE INDUSTRIE E DELLE ZONE URBANE.
LA CONCENTRAZIONE ATMOSFERICA MEDIA NELLE STRADE A TRAFFICO INTENSO PUO'
RAGGIUNGERE I 3 GAMMA/M3, TUTTAVIA IN CERTE CONDIZIONI DI TRAFFICO INTENSO, IN
INCROCI STRADALI O IN TUNNEL SONO STATE OSSERVATE ANCHE CONCENTRAZIONI DI OLTRE 20
GAMMA/M3.
IL PIOMBO ATMOSFERICO DEPOSITANDOSI QUINDI SUL TERRENO (AD ES.IN PROSSIMITA' DELLE
AUTOSTRADE) INQUINERA' VEGETALI E ACQUA.
ANCHE IL FUMO DI SIGARETTA CONTIENE PIOMBO, CONTRIBUENDO PERTANTO ALLA ASSUNZIONE
EXTRAPROFESSIONALE DEL METALLO (I FUMATORI HANNO UNA PIOMBEMIA PIU' ALTA DI COLORO
CHE NON FUMANO).
ACQUA E ALIMENTI
LA CONCENTRAZIONE DEL PIOMBO NELL'ACQUA E NEGLI ALIMENTI VARIA IN FUNZIONE DELLA
CONCENTRAZIONE NEL TERRENO ED IN FUNZIONE DELLE CARATTERISTICHE FISICO-CHIMICHE
CHE NE INFLUENZANO L'ASSORBIMENTO
( Ph DEL TERRENO, COMPOSIZIONE DEL TERRENO, GRADO DI DISPERSIONE).
DAI DATI DELLA LETTERATURA, PERALTRO ABBASTANZA SCARSI, SI RILEVANO, PER UNO STESSO
ALIMENTO, CONCENTRAZIONI DI PIOMBO CONSIDEREVOLMENTE DIFFERENTI, LEGATE ALLA
REGIONE DI ORIGINE.
PIOMBO NELL'ACQUA
OLTRE ALLE CONCENTRAZIONI DEL METALLO, LOCALMENTE VARIABILI, NELLE ACQUE
SOTTERANEE ED IN QUELLE SUPERFICIALI, HANNO MOLTA IMPORTANZA LE CONCENTRAZIONI CHE
SI RISCONTRANO DOPO IL PASSAGGIO DELL'ACQUA POTABILE ATTRAVERSO LE CONDUTTURE IN Pb.
LE ACQUE DOLCI SONO PIU' PERICOLOSE DELLE ACQUE DURE, IN QUANTO CON L'ACQUA RICCA DI
CALCIO LA SUPERFICIE INTERNA DEL TUBO SI RIVESTE DI UNA CAMICIA DI INCROSTAZIONE CHE
IMPEDISCE LA SOLUZIONE DEL Pb.
PIU' L'ACQUA E' DOLCE PIU' IL PIOMBO , ANZICHE' PRECIPITARE, RESTA IN SOSPENSIONE.
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CLORURI E NITRATI E SALI DI AMMONIO FAVORISCONO LA SOLUZIONE DEL PIOMBO.
UNO STUDIO ESEGUITO IN INGHILTERRA (CRAWFORD E COLL.1972) HA DIMOSTRATO UN RAPPORTO
INVERSO TRA CONTENUTO IN CALCIO DELL'ACQUA POTABILE E QUOZIENTE DI MORTALITA'
INFANTILE, NEL SENSO CHE NELLE CITTA' CON ACQUA A BASSO CONTENUTO IN CALCIO LA
MORTALITA' INFANTILE ERA SUPERIORE, ELIMINATA NATURALMENTE L'INFLUENZA DEI BEN NOTI
FATTORI SOCIALI ASSOCIATI ALLA MORTALITA' INFANTILE STESSA.
L'ACQUA DI PRIMA USCITA (RISTAGNATA A LUNGO NELLA TUBATURA) CONTIENE UNA MAGGIORE
QUANTITA' DEL METALLO.
ESISTONO STUDI IN LETTERATURA, TRA CUI UNO CONDOTTO IN ITALIA DA SATTA (1946) IN CUI
VIENE RICHIAMATA L'ATTENZIONE SULLA POSSIBILITA' DI UNA LENTA INTOSSICAZIONE DA PIOMBO
SPECIALMENTE IN BAMBINI, IN SEGUITO ALLA RIPETUTA INGESTIONE DI ACQUE DEL MATTINO CHE
HANNO SOSTATO A LUNGO NEI TUBI.
DALLE ANALISI CONDOTTE A SIENA DA SATTA FURONO DIMOSTRATE QUANTITA' DI Pb COMPRESE
FRA 50 E 330 GAMMA/L NEI CAMPIONI COSTITUITI DAI PRIMI DUE LITRI D'ACQUA DEFLUITA AL
MATTINO, DOPO UNA SOSTA NOTTURNA DENTRO LE TUBAZIONI, DI 8 ORE (N.B. ALLORA NON SI
UTILIZZAVA ANCORA L'ASSORBIMENTO ATOMICO PER CUI I VALORI RISULTAVANO PIU' ELEVATI) .
IN ABITAZIONI DEL BELGIO IN CUI ESISTONO ANCORA TUBATURE IN Pb FURONO RISCONTRATE
CONCENTRAZIONI DEL METALLO ANCHE SUPERIORI A 700 GAMMA/L NELL'ACQUA DEL MATTINO.
SECONDO LE RACCOMANDAZIONI DELL'OMS LA MASSIMA CONCENTRAZIONE AMMISSIBILE DEL
PIOMBO NELL'ACUA POTABILE NON DEVE SUPERARE I
50 GAMMA/LITRO.
ALIMENTI
CERAMICHE DI QUALITA' SCADENTE SE VENGONO A CONTATTO CON SOLUZIONI DEBOLMENTE
ACIDE POSSONO RILASCIARE NOTEVOLI QUANTITA' DEL METALLO: NUMEROSI A.A. HANNO
SEGNALATO CASI DI INTOSSICAZIONE DA PIOMBO IN SOGGETTI CHE UTILIZZAVANO RECIPIENTI DI
QUESTO TIPO PER CONSERVARE SUCCHI DI FRUTTA, SCIROPPI, MARMELLATE, VINO.
KLEIN E COLL.NEL 1970 DIMOSTRARONO CHE LA QUANTITA' DI PIOMBO LIBERATO DA 264
DIFFERENTI TIPI DI MATERIALI PER RIVESTIMENTO DI STOVIGLIE DESTINATE A CONTENERE CIBI,
NEL 50% DEI CASI, SUPERAVA IL LIMITE MASSIMO FISSATO DALLA FDA (7 PPM) IL 30% DEI
CAMPIONI CONTENEVA PIU' DI 100 PPM DI Pb.
Il Pb PUO' ESSERE INTRODOTTO ATTRAVERSO IL CONSUMO DI VEGETALI CONTAMINATI (FRUTTA E
ORTAGGI) OPPURE ATTRAVERSO LATTE CONTENENTE IL METALLO (BESTIAME ALIMENTATO CON
FORAGGI CONTAMINATI); ATTRAVERSO FARINE.
NEGLI U S A ED IN AUSTRALIA SONO STATI SEGNALATI NUMEROSI CASI DI INTOSSICAZIONE DA
PIOMBO, ANCHE GRAVI E MORTALI , IN BAMBINI CHE INTRODUCEVANO IL METALLO ATTRAVERSO
LA INGESTIONE DI FRAMMENTI DI PITTURE E DI INTONACI. PARTICOLARMENTE COLPITI ERANO
I SOGGETTI IN ETA' PRESCOLARE E QUELLI PROVENIENTI DEGLI STRATI SOCIALI PIU' BASSI.
SEMPRE NEGLI U S A SONO STATI SEGNALATI NUMEROSI CASI DI INTOSSICAZIONE DOVUTA AL
CONSUMO DI SUPERALCOOLICI PRODOTTI ILLEGALMENTE E DISTILLATI IN VECCHI RADIATORI
DI AUTO. VINO
IN UNA NORMALE DIETA ALIMENTARE IL VINO CONTRIBUISCE IN MANIERA DETERMINANTE
ALL'APPORTO DI PIOMBO, TANTO CHE ABITUALMENTE I FORTI BEVITORI DI VINO PRESENTANO
LIVELLI DI PIOMBEMIA PIU' ELEVATI DI QUELLI RISCONTRATI NEGLI ASTEMI.
IN ITALIA IL VALORE MASSIMO AMMISSIBILE DI Pb NEL VINO E' STATO STABILITO DAL D.M.2/7/84 IN
mg 0,3/LITRO.
NESSUN VALORE MASSIMO AMMISSIBILE E' STATO FISSATO INVECE DALLA FAO.
IN GENERE IL CONTENUTO MEDIO DI PIOMBO NEI VINI E' ASSAI VARIABILE:
ESSO E' DI SOLITO COMPRESO FRA 50 e 400 gamma/litro.
ESISTONO TUTTAVIA SEGNALAZIONI, SPECIE FRANCESI, CHE INDICANO COME TALI QUANTITA'
POSSONO ESSERE LARGAMENTE SUPERATE, ANCHE FINO A RAGGIUNGERE I 5 MG/LITRO.
NEI CASI DI ASSUNZIONE CONSIDEREVOLE, PER QUANTITA' E DURATA, DI VINI CON ELEVATA
CONTAMINAZIONE DA PIOMBO, SI OSSERVANO ANCHE QUADRI CLINICI DI SATURNISMO FLORIDO
CHE SONO ORMAI DI DIFFICILE RISCONTRO NELLA PATOLOGIA PROFESSIONALE.
INFATTI IN QUESTO SETTORE, GLI INTERVENTI DI PREVENZIONE CONDOTTI NEGLI ULTIMI
DECENNI, HANNO SIGNIFICATIVAMENTE RIDOTTO IL RISCHIO DI CONTRARRE IL SATURNISMO
NEGLI INSEDIAMENTI INDUSTRIALI.
DELLE 11 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE COMPARSE IN LETTERATURA DAL 1960 IN RIFERIMENTO
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AD INTOSSICAZIONI DA Pb PER ASSUNZIONE DI VINO CONTAMINATO, RISULTA CHE LA MAGGIOR
PARTE DI ESSE SI RIFERISCONO A CASI ITALIANI (8 SU UN TOTALE DI 25 CASI): LE REGIONI
INTERESSATE DA QUESTI EPISODI SONO: EMILIA-ROMAGNA, LOMBARDIA,PIEMONTE, PUGLIA,
BASILICATA E SARDEGNA.
ASSORBIMENTO COMPLESSIVO DI Pb ATTRAVERSO GLI ALIMENTI
DA UNA RICERCA CONDOTTA DALLA CLINICA DEL LAVORO DI MILANO SULLA INTRODUZIONE DEL
METALLO CON GLI ALIMENTI (ZURLO E GRIFFINI, 1979) RISULTA CHE UN SOGGETTO ADULTO DI
SESSO MASCHILE INGERISCE IN MEDIA 505 GAMMA/DIE DI Pb E 400 GAMMA/DIE SE DI SESSO
FEMMINILE.
UN'ANALOGA RICERCA CONDOTTA DALL'ISTITUTO DI MEDICINA DEL LAVORO DI CAGLIARI
(DEVOTO E SPINAZZOLA, 1972) HA EVIDENZIATO UNA INTRODUZIONE DI Pb CON GLI ALIMENTI DI
400 GAMMA/DIE NEGLI AGRICOLTORI E DI 480 GAMMA/DIE NEI CITTADINI.
DA UNA INDAGINE CONDOTTA IN ITALIA NEL 1972 SUI PRODOTTI ALIMENTARI PER BAMBINI E'
STATA STIMATA UNA INGESTIONE GIORNALIERA DI Pb (DAL 4° AL 12° MESE DI VITA): DA 170
GAMMA/DIE A 4 MESI A 280 GAMMA/ DIE A 12 MESI.
L'ALIMENTO CON MAGGIORE CONTENUTO IN Pb E' RISULTATO IL LATTE IN POLVERE
(GAMMA1,8/GRAMMO), SEGUITO DALLE FARINE (GAMMA 1,2/GRAMMO).
DA RILEVARE CHE L'ASSORBIMENTO DI Pb NEL CANALE DIGERENTE DA 3 MESI A 8 ANNI DI ETA' E' DI
CIRCA IL 50% (RISPETTO AL 10% DELL'ADULTO).
L'OMS HA RACCOMANDATO NEL 1971 CHE LA MASSIMA INTRODUZIONE GIORNALIERA DI Pb COL
CIBO E LE BEVANDE NON SUPERI I 5 GAMMA/Kg (CHE VUOLE DIRE CHE UN ADULTO DI 70 Kg NON
DOVREBBE INGERIRE PIU' DI 350 GAMMA/DIE DI PIOMBO).
ASSORBIMENTO del PIOMBO
Il Pb può essere assorbito per via inalatoria, digerente e cutanea.
Mentre la via cutanea interessa prevalentemente il Pb-Tetraetile ed il Pb-Naftenato presente in
certi oli industriali, l'assorbimento per via inalatoria interessa soprattutto la esposizione
professionale e quello per via digerente, la esposizione extraprofessionale.
ASSORBIMENTO PER VIA RESPIRATORIA
Si ritiene che il 35-50% del Pb pervenuto al polmone distale venga assorbito e direttamente
trasferito al sangue. Tale percentuale è in funzione di:
-solubilità del composto
-dimensione delle particelle
-ventilazione polmonare
-stati flogistici, broncospasmo, respirazione nasale
Con ciò si spiega perché a parità di esposizione, l'assorbimento del Pb non è omogeneo.
ASSORBIMENTO PER VIA DIGERENTE
Il Pb che transita attraverso il canale digerente proviene da:
-introduzione per via orale (acqua, alimenti, scarsa igiene)
-provenienza dall'apparato respiratorio(clearence ciliare)
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-provenienza dalla bile, succhi pancreatici e saliva
-escrezione attraverso la parete gastrointestinale
Del Pb che transita attraverso l'intestino l'individuo adulto ne assorbe una quantità pari all'810%, mentre il bambino ne assorbe circa il 50%.
E' stato ipotizzato un meccanismo competitivo tra assorbimento intestinale del Pb e quello del
Ca. Una dieta povera in calcio fa aumentare l'assorbimento del piombo, mentre un elevato
contenuto dietetico di calcio e fosfati fanno diminuire l'assorbimento del metallo. La Vitamina
D fa aumentare l'assorbimento di Pb.Il filtro epatico ed il circolo entero-epatico del Pb
concorrono a ritardare gli effetti tossici del metallo ingerito rispetto a quello inalato che viene
messo in circolo direttamente.
DISTRIBUZIONE
Il Pb è trasportato ai tessuti attraverso il sangue e si deposita in funzione di un gradiente e delle
specifiche affinità dei vari tessuti. Oltre il 90% del Pb presente nel nostro organismo è
depositato nello scheletro. La quota restante è distribuita tra sangue e tessuti molli.
Il 90-95% del metallo presente nel sangue si trova adsorbito alla superficie interna della
membrana eritrocitaria, forse legato a fosfati e lipoproteine.
Nel plasma in parte è legato a proteine ed in parte è libero (ionizzato) e diffusibile.
Quest'ultimo costituisce il punto centrale del pool del Pb nell'organismo, essendo i suoi
livelli in equilibrio con la quantità assorbita, quella depositata e quella escreta.
Esso costituisce inoltre la quota biologicamente attiva.
Qualora venga raggiunta una condizione di equilibrio nell'organismo si può ipotizzare la
presenza di 4 compartimenti in base alle differenti velocità di scambio del Pb (vedi figura)
Pb delle ossa.
Non si conosce esattamente il legame Pb-ossa, ma se ne ipotizzano per lo meno due tipi: uno
con legame molto tenace nella matrice ossea (Pb di vecchia data), l'altro, più mobilizzabile e
riferito al Pb di più recente deposito, anche se quest'ultimo può persistere Le ossa lunghe hanno
un contenuto di Pb maggiore delle piatte. I denti contengono più per anni dopo la cessata
esposizione.
Nella popolazione generale la quantità di Pb nelle ossa aumenta con l'età fino a raggiungere
valori massimi alla quarta decade, quindi si mantiene costante per decrescere infine nella
vecchiaia (osteoporosi).
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Dai depositi il metallo può mobilizzarsi, anche rapidamente, in particolari condizioni (malattie
infettive particolarmente debilitanti, gravidanza, dieta povera in calcio, fratture, alcolismo acuto
o cronico ecc.) potendo dare luogo alla insorgenza di quadri clinicamente acuti (forme floride).
VIE DI ELIMINAZIONE
-feci (bile, succhi pancreatici, saliva, escrezione tranmucosa)
-urine (la quota è correla ta al Pb diffusibile)
-sudore, latte, placenta
-annessi cutanei
MECCANISMI DI AZIONE
Il Pb si lega a gruppi sulfidrilici (SH), a gruppi amminici (NH2), idrossilici (-OH) e
fosfatici (-H2PO3).La membrana cellulare rappresenta il primo ed il più importante sito
d'azione del Pb in quanto essa è sede dei gruppi menzionati.
Le azioni esplicate dal Pb possono così sintetizzarsi:
- azione inibente sugli enzimi (eritroblasti, eritrociti, fegato, reni )
- azione spasmogena sulla muscolatura liscia diretta e mediata(precursori
dell’eme)
- azione sul sistema nervoso centrale e su quello periferico diretta e mediata
(pre cursori dell’eme)
- azione genotossica
AZIONE DEL PIOMBO SUL SANGUE
1) INTERFERENZA SULLA SINTESI DELL EME
Il Pb ione blocca numerosi enzimi necessari alla sintesi dell'eme ed in particolare:
-ALA-DEIDRATASI
-EMESINTETASI
-CoproporfirinogenoIII Decarbossilasi
Tali blocchi comportano:
- aumento dell'acido Delta-aminolevulinico (ALA) nel sangue e nelle urine
(ALAU)
- aumento del tasso di Protoporfirina IX libera eritrocitaria( EP) e di
Zinco-protoporfirina (ZPP) nelle emazie
- aumento del tasso di Coproporfirina III nelle urine(CPU)
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- anche il porfobilinogeno, l'uroprfirina e la Coproporfirina I possono
essere escreti in quantità più elevata
- aumento del livello del ferro serico
e provocano la comparsa di ANEMIA
2) ALTERAZIONI MORFOLOGICHE
Mediante biopsia midollare si evidenzia la comparsa di granulazioni basofile negli eritroblasti.
Esse derivano dalla inibizione della emesintetasi e consistono in accumuli, all'interno dei
mitocondri, di Fe non utilizzato. Si presume pertanto che le punteggiature basofile che si
riscontrano anche nelle emazie circolanti non siano altro che frammenti di mitocondri
contenenti Fe, di RNA e di residui microsomiali.
3) EFFETTI SULLE EMAZIE CIRCOLANTI
Il Pb ione determina la inibizione della Na, K-ATPasi della membrana eritrocitaria. Tale azione
diviene particolarmente importante qualora il Pb ione raggiunga elevate concentrazioni
provocando in tal modo la comparsa di una anemia emolitica...
Tale anemia, associata ad iperbilirubinemia indiretta, si accompagna di solito con gli altri
disturbi riferiti al saturnismo florido (colica, paralisi del nervo radiale, sindrome di Fanconi).
All'anemia emolitica segue RETICOLOCITOSI. E' stata segnalata anche la formazione di HbF.
L’anemia saturnina di solito nell' adulto è di modesta entità, non scendendo al di sotto dei
3.500.000 G.R. e degli 8-10 g. di Hb, mentre più severa lo è nei bambini (nei quali esordisce
con microcitemia ed ipocromia).
Negli stadi precoci e nelle riacuzie si ha un accorciamento della vita media dei G.R.
Gli effetti ematologici del Pb sono gli unici per i quali esista un rapporto
dose-risposta: la inibizione dell'ALA deidratasi (ALAD) è misurabile a valori di piombemia
inferiori ai 20 mcg %, rappresentando in tal modo il guasto metabolico critico della
intossicazione saturnina.
La escrezione dell'ALAU e l'aumento delle EP/ZPP sono misurabili a valori di
Piombemia(PbB) maggiori di 40 mcg%.
La reticolocitosi da emolisi a valori di piombemia di 60-80 mcg%.
La anemia non si sviluppa con piombemia al di sotto degli 80 mcg%.
Le granulazioni basofile non sono correlabili ai vari parametri.
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EFFETTI DEL Pb SUL SISTEMA NERVOSO
a) S N Centrale
ENCEFALOPATIA SATURNINA
Si può dire che, al giorno d'oggi, questa forma sia pressoché scomparsa( di eccezionale
riscontro in artigiani, mentre esistono ancora segnalazioni negli USA ed in Australia in bambini
ed in consumatori di Wisky contaminato).
Si può distinguere una forma acuta ed una cronica.
Forma ACUTA
Compare con Piombemie maggiori di 150 mcg%.
Anatomopatologicamente è caratterizzata da edema cerebrale, congestione vascolare e presenza
di petecchie emorragiche (notevole è la componente vascolare).
Si ha anche una prevalenza delle lesioni nella corteccia cerebellare rispetto alla cerebrale. Nella
sostanza bianca si verifica perdita di mielina e reazione astrocitaria.
Si hanno notevoli alterazioni metaboliche cellulari.
La sintomatologia è variabile: compaiono convulsioni, delirio, psicosi tossica e coma.
Le crisi convulsive sono dovute sia alla azione tossica del Pb sulle cellule nervose, sia a crisi
ipertensive con ipertensione endocranica e con papilla da stasi.
La prognosi della forma acuta è infausta: prima dell'impiego dei chelanti moriva oltre il 70%.
Ora la mortalità è del 15% e circa nel 25% residua un danno cerebrale permanente con grave
ritardo mentale, cecità, turbe sensorie e turbe comportamentali.
L'alcool aggrava la entità della forma
Forma CRONICA
Essa può fare seguito a diversi accessi di episodi acuti o insorgere come tale ed è caratterizzata
dalla prevalenza di turbe psichiche e di alterazioni del comportamento.
Anatomopatologicamente si possono riscontrare ampie distruzioni di tessuto con formazioni
cavitarie ed alterazioni della parete vascolare che confermano il contributo vascolare nella
patogenesi della encefalopatia.
Le forme più lievi possono essere poste in evidenza solo con i test psicologici.
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I tipici sintomi della forma subclinica sono rappresentati da basse preformances rilevate ai test
psicometrici, turbe psicomotorie, diminuzione delle funzioni intellettive ed alterazioni della
personalità.
b) S.N. Periferico
Le POLINEURITI saturnine sono, insieme alla colica, le manifestazioni morbose più
caratteristiche del saturnismo, anche se divenute ormai di rara osservazione.
Si tratta, nella maggior parte dei casi, di neuriti a carico del RADIALE con paralisi dei muscoli
estensori della mano,
senza turbe sensitive, spesso unilaterali ed a destra.
Possono venire interessati dalla paralisi anche altri muscoli dell'arto superiore, quelli oculari
estrinseci e muscoli estensori degli arti inferiori (nervi peronieri ed estensori delle dita con
comparsa di piede cadente).
In rari casi la paralisi motoria può essere generalizzata con comparsa di asfissia per paralisi
laringea e dei muscoli respiratori.
Nei bamini è stata descritta anche la comparsa di neurite ottica con cecità.
Sono state segnalate anche turbe della funzione uditiva.
Sotto l'aspetto anatomopatologico si verifica la demielinizzazione e degenerazione Walleriana.
Si ritiene che concomitino anche lesioni a carico delle corna anteriori del midollo.
Nella patogenesi si verifica depressione della funzione colinergica ed alterazione del flusso
degli ioni.
La PARALISI del RADIALE è preceduta da parestesie e da debolezza motoria degli
estensori; altre volte la paralisi è improvvisa o in pieno benessere, oppure in corso di colica.
Sotto l'aspetto funzionale vi è un allungamento della velocità di conduzione motoria,
fibrillazione e diminuzione del numero di unità motorie attivate alla contrazione massimale.
Fra i muscoli innervati dal radiale il primo ad essere interessato è l'estensore comune delle dita
(mano che fa le corna). Vengono quindi coinvolti gli altri muscoli estensori (mano cadente).
Nei muscoli paralizzati, di solito, si instaura precocemente l'atrofia, che non si accompagna a
contratture. Generalmente mancano alterazioni della sensibilità.
I riflessi superficiali e profondi sono aboliti. La PROGNOSI nelle forme gravi è severa.
Talora nelle forme lievi si ottiene la guarigione, ma occorre una efficace terapia chelante e
l'allontanamento definitivo dal rischio.
Se la chelazione non è efficace il quadro neuropatico non guarisce.
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EFFETTI SUL SISTEMA NEUROVEGETATIVO
Il Pb può indurre effetti stimolanti sul sistema vagale, determinando la comparsa di
ipervagotonia (vagotonia tossica presente anche nella intossicazione da altri metalli)
ALTERAZIONI A CARICO DELL'APPARATO DIGERENTE
TURBE DIGESTIVE
Possono essere precoci e precedere il quadro di saturnismo conclamato.
Compaiono manifestazioni dispeptiche quali: lingua suburrale, alitosi, sapore metallico specie
quando si fuma, anoressia, scialorrea, nausea, stipsi, meteorismo.
Frequente comparsa di patologia gastroduodenale nella cui genesi possono giocare un ruolo
importante sia le alterazioni vascolari a livello della parete, sia una vagotonia tossica indotta
dal metallo. Presenza di dolori addominali (colon irritabile). Costante è la stipsi.
ORLETTO DI BURTON: Striscia di colore grigio-bluastro, situata sul margine libero della
gengiva, specie a livello degli incisivi e dei canini. Non si forma se manca il dente ed è
favorita dalla mancanza di igiene personale. E' dovuto al solfuro di Pb che si forma all'interno
dei capillari della mucosa gengivale e che precipita in forma insolubile, di colore nero,
obliterando così i capillari e colorando di nero la sottomucosa. Il solfuro di Pb si forma per
reazione del Pb che circola nei capillari con l'idrogeno solforato sviluppato dai batteri, che
prolificano per scarsa igiene buccale.
L'orletto di Burton è patognomonico solo della esposizione al Pb, non concomitando
obbligatoriamente ad intossicazione saturnina
PAROTITE SATURNINA
E' dovuta ad ipertrofia cronica semplice delle ghiandole, causata dal Pb. Spesso si complica per
infezione batterica.
COLICA SATURNINA
Rappresenta il quadro più tipico e drammatico del saturnismo florido.
Frequentemente la colica è preceduta da prodromi consistenti in: malessere, pallore cutaneo,
dispepsia associata a stipsi ostinata.
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Il dolore, localizzato prevalentemente in regione ombelicale e periombelicale, può insorgere
gradatamente o improvvisamente. Il dolore si accompagna quasi sempre a chiusura dell'alvo a
feci e, talora, anche a gas. Può concomitare rialzo termico e talora modica leucocitosi.
Si accompagna di solito ad ipertensione arteriosa, bradicardia, anemia emolitica, subittero,
oliguria. Può concomitare anche una neurite del radiale. Assume carattere parossistico, con
crisi dolorose subentranti, intervallate da periodi brevi di remissione ed il p. trova sollievo alla
compressione dell'addome.La colica può persistere anche per 3-4 giorni ed il dolore in genere
scompare con l'apertura dell'alvo. La somministrazione endovenosa di un sale di calcio (calcio
gluconato) fa regredire solitamente la colica in modo molto rapido.
EFFETTI DEL PIOMBO SUL RENE
NEFROPATIA ACUTA
Le alterazioni renali caratteristiche della fase florida sono transitorie e reversibili, legate allo
spasmo indotto dal Pb ione sulla muscolatura dei vasi renali, con oliguria ed alterazione della
clearance della urea.
Se persiste tuttavia una elevata esposizione con il ripetersi di episodi acuti, si verifica il
passaggio delle primitive alterazioni funzionali ischemiche in alterazioni anatomiche
rappresentate dalla arteriolo e glomerulosclerosi con progressivo passaggio nella nefrosclerosi.
La tipica nefropatia acuta saturnina, rilevabile nel corso del saturnismo florido e nel
saturnismo infantile, è caratterizzata dalla SINDROME DI FANCONI, dovuta alla lesione
(reversibile) dell'epitelio del tubulo prossimale con aminoaciduria, glicosuria ed iperfosfaturia.
In questa fase è possibile il riscontro nelle cellule di sfaldamento dei tubuli renali di
INCLUSIONI INTRANUCLEARI costituite da complessi piombo-proteici che rappresentano
un meccanismo di detossificazione.
Tale meccanismo tuttavia si esaurisce entro i primi anni di esposizione lasciando il posto ad
una fibrosi interstiziale di grado modesto.
NEFROPATIA CRONICA
Tranne che nei bambini gravemente intossicati e nei bevitori di wisky contaminato al giorno
d'oggi non vediamo più le forme croniche e progressive di nefropatia saturnina. Il danno renale
è caratterizzato dalla fibrosi interstiziale cronica, dalla degenerazione tubulare e da alterazioni
vascolari delle arterie e delle arteriole.
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La NEFROSCLEROSI SATURNINA è preceduta di solito dall'instaurarsi di una
ipertensione arteriosa stabile.
Il quadro anatomopatologico del rene grinzo saturnino, che rappresenta l'esito irreversibile
della nefropatia saturnina cronica, è identico a quello che si osserva nella arteriosclerosi. In
questi casi, l'anemia che si associa, riconosce anche una concausa nella uremia.
ALTRI EFFETTI TOSSICI DEL PIOMBO
IPERTENSIONE ARTERIOSA : si può instaurare acutamente durante la colica saturnina ed
è dovuta allo spasmo della muscolatura liscia della parete arteriolare con riduzione del flusso
ematico renale. Concomita anche, come concausa, una attivazione del sistema reninaangiotensina da parte del Pb.
Nella malattia cronica la ipertensione concomita in genere con la nefropatia; anche se sono stati
frequentemente segnalati, nei soggetti con esposizione elevata al Pb, valori pressori medi,
elevati anche in assenza di nefropatia.
ALTERAZIONI CARDIACHE
Durante la colica è stata riscontrata la comparsa di alterazioni ECGrafiche quali inversione dell'onda T, ampia
angolatura del QRS-T, rallentamento della conduzione A-V, bradicardia. Tali alterazioni regrediscono in genere
dopo il trattamento chelante.
- Nei bambini intossicati sono stati riscontrati gravi
forme di miocardite.
GOTTA SATURNINA
Fino dal passato è stata segnalata la associazione tra saturnismo ed artropatia gottosa, associata soprattutto alla
nefropatia saturnina cronica. Le manifestazioni non differiscono dalle altre forme di gotta. L'iperuricemia ha una
duplice derivazione:
- dalla diminuita escrezione tubulare dell'acido urico per alterazione funzionale del
tubulo
- dall'aumentata sintesi di purine a partire dall'ALA
ABERRAZIONI CROMOSOMICHE
Sia sperimentalmente ma anche in lavoratori esposti sono state poste in evidenza aberrazioni cromosomiche
linfocitarie.
Sia sperimentalmente che in lavoratori esposti è stata posta in evidenza una depressione della captazione dello
iodio da parte della tiroide.
In lavoratori esposti al rischio sono stati segnalati casi di ridotta fertilità in assenza di evidenti alterazioni ormonali
quantitative o qualitative.
CANCEROGENESI
Nel ratto il piombo somministrato per lungo tempo attarverso gli alimenti produce un aumento dei tumori renali.
QUADRI CLINICI DELLA INTOSSICAZIONE DA Pb
I primi sintomi compaiono in genere al di sopra dei 70 mcgr% di piombemia. Sono poco
specifici e non gravi: astenia, apatia, irritabilità, perdita di interesse alle attività del tempo
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libero. Il p. si accorge dei disturbi soltanto se si allontana dal rischio e nota quindi la scomparsa
degli stessi.
Aumentando la esposizione compaiono: insonnia, cefalea, sapore metallico in bocca specie se
si fuma, anoressia, dispepia, stipsi o diarrea. Sono presenti dolori muscolari, dolorabilità alle
articolazioni, intorpidimento agli arti inferiori, tremori a fini scosse, iperiflessia.
A questo stadio (piombemia di 80-100 mcgr%) vi è modesta anemia, inibizione quasi completa
dell'ALAD, netto aumento dell'ALAU, EP/ZPP e CP; all'EMG si riscontra depressione della
velocità di conduzione motoria.
A questo punto , se non si interviene, possono comparire i segni del saturnismo florido,
compresa l'encefelopatia.
Il termine di SATURNISMO andrebbe riservato alla intossicazione cronica da Pb, tuttavia
esiste anche la possibilità che si verifichi una intossicazione acuta con la conseguente comparsa
di una sequela di sintomi, che in parte si identificano con quelli del saturnismo florido, cioè di
quegli episodi acuti che compaiono nel corso della intossicazione cronica in seguito ad una
eccessiva mobilizzazione del metallo dai depositi, oppure per un improvviso incremento
dell'apporto dall'esterno.
La INTOSSICAZIONE ACUTA ormai non si osserva più nella industria, tranne che in caso di ingestione
accidentale di acetato di Pb. Essa è tuttavia ancora segnalata nel bambino (non in Italia).
La sintomatologia,che presenta una gravità crescente in funzione della dose introdotta, comprende:
- turbe digestive: dolori epigastrici ed addominali, vomito, diarrea, scialorrea con
sapore metallico, orletto gengivale
- lesioni renali: albuminuria, cilindruria, oliguria
- lesioni epatiche: epatomegalia, ittero, necrosi epatocellulare
- anemia emolitica
- miocardite
- encefalopatia
INTOSSICAZIONE CRONICA (SATURNISMO)
La maggior parte degli AA riconoscono tre fasi nel decorso della intossicazione cronica o
saturnismo:
Fase di impregnazione o di abnorme assorbimento del tossico: caratterizzata da un abnorme
aumento del metallo nel sangue, feci e urine e con alterazioni degli indici di effetto biologico.
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Fase di stato o intossicazione franca: caratterizzata dalla comparsa, dopo prodromi di scarso
rilievo, di sintomi di acuzie o subacuzie (saturnismo florido).
Fase di saturnismo cronico: in fase stazionaria o lentamente evolutiva, dominato dalle
manifestazioni croniche (anemia, nefropatia, sindrome psicorganica ecc.)
Secondo gli AA anglosassoni col termine di saturnismo si intende definire una condizione
patologica in cui i sintomi soggettivi ed oggettivi si accompagnano a valori alterati dei
tradizionali indici di laboratorio: non viene pertanto fatta diagnosi di saturnismo in assenza di
una palese malattia.
Secondo i criteri dell'OMS tuttavia, in base ai quali il lavoratore deve mantenere la integrità
psicofisica, dobbiamo considerare anche una intossicazione latente in cui, accanto alla
positività dei test di laboratorio, abbiamo una sequela di sintomi aspecifici (SATURNISMO
LATENTE o presaturnismo).
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Per fare diagnosi differenziale non dobbiamo basarci naturalmente soltanto sulla piombemia,
anche se questa, quando eccede certi limiti(120-150 mcgr%), è già sufficiente a confermare la
diagnosi di saturnismo.
Si deve comunque evitare l'errore che il medico, per spiegare un quadro sintomatologico strano,
si appoggi al risultato della sola piombemia modicamente elevata, per fare una diagnosi di
saturnismo.
Il compito più difficile è quello di confermare od escludere la diagnosi di saturnismo in un
soggetto con pregressa esposizione e con una sintomatologia in atto . In tale caso,se i test di
laboratorio sono normali, occorre eseguire il test di mobilizzazione con Ca Na2 EDTA.
della ENCEFALOPATIA ACUTA con:
- meningite asettica
DIAGNOSI DIFFERENZIALE dellaCOLICA SATURNINA con:
- appendicite acuta
- gastroduodenite acuta
- malattia ulcerosa
- colica renale
- colica epatica
- porfiria
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- infestazione parassitaria
- meningite infettiva
- neoplasie
della PARALISI DEL RADIALE con:
- polineuriti tossiche
- polineuriti virali
- sindrome di Guillain Barrè
- polineurite diabetica
tutte le forme soprariferite sono anche sensitive.
TEST DIAGNOSTICI
INDICATORI DI DOSE
- piombemia PbB
- piomburia PbU
- piomburia provocata PbU EDTA
- piombo nei capelli PbH
- piombo nelle ossa (metodo alla rx fluorescenza)
INDICATORI DI EFFETTO
- ALA deidratasi eritrocitaria ALAD
- protoporfirina IX libera intraeritrocitaria EP
- zincoprotoprfirina ZPP
- acido delta-aminolevulinico urinario ALAU
- coproporfirina III nelle urine CPU
Altri esami:
- esame morfologico del sangue
- conteggio delle emazie con punteggiati basofili
- conteggio dei reticolociti
- dosaggio enzimi nelle urine
- elettromiografia EMG
- test psicometrici
- rx del tubo digerente
TERAPIA DEL SATURNISMO
La diagnosi di saturnismo impone l’immediato allontanamento dal rischio ed il trattamento con
CHELANTI secondo schemi che dipendono dalla entità del quadro.
Attualmente i chelanti disponibili per la terapia del saturnismo sono tre:
Ca Na2 EDTA, BAL, PENICILLAMINA.
I primi due sono utilizzati per via parenterale, l’ultimo per os.
In letteratura non compaiono trials in cui i differenti metodi di trattamento siano stati scientificamente comparati,
per cui risulta poco agevole stabilire quale sia il trattamento migliore. La regola generale è la seguente: più gravi
sono i sintomi più rapido ed efficace deve essere il trattamento.
E. D. T . A. (acido etilen-diammino-tetracetico)
Nella terapia del saturnismo si usa il suo sale monocalcico disodico(Ca Na2 EDTA).
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Il farmaco viene impiegato anche nella intossicazioni da rame, ferro, manganese, vanadio e, localmente, nelle
ulcere da cromo.
Agisce scambiando lo ione Ca con uno ione Pb che si lega ad atomi di ossigeno e di azoto per formare un chelato
molto stabile.
Non viene metabolizzato ed il 70% viene eliminato nelle prime 4 ore di trattamento, prevalentemente attraverso le
urine ma anche con la bile e le feci.
Supera difficilmente e molto lentamente la barriera ematoencefalica e non rimuove il Pb delle emazie. Chela
esclusivamente il Pb extracellulare.
OCCORRE SOSPENDERE LA TERAPIA DOPO ALCUNI GIORNI IN MODO CHE SI RICOSTITUISCA IL
Pb PLASMATICO DISPONIBILE.
Durante il trattamento chelante con Versenato possono comparire ALBUMINURIA ed IPERAZOTEMIA, che in
genere scompaiono al termine del trattamento. Sono stati descritti casi di necrosi tubulare attribuibili al farmaco.
E’ possibile la comparsa di FEBBRE, CEFALEA e DERMATITI allergiche.
La via di somministrazione del CaNa2EDTA è prevalentemente quella endovenosa.
In caso di grave intossicazione o di nefropatia si può ricorrere alla somministrazione per via venosa associata a
DIALISI PERITONEALE, per cui si elimina attraverso il liquido dialitico una quantità di metallo notevolmente
superiore a quella eliminata con le urine.
Il farmaco può essere somministrato anche per via intramuscolare alla dose di 100-600 mg/die.
Solitamente si impiega la via venosa per infusione lenta, somministrando in media 1 grammo/die diluito in
soluzione fisiologica.
Nei casi molto gravi conviene somministrare un eccesso di chelante per infusione continua lenta ed eventualmente
associarlo alla contemporanea somministrazione di basse dosi per via intramuscolare, al fine di evitare una
eccessiva mobilizzazione del metallo che potrebbe scatenare la insorgenza di una forma florida.
PENICILLAMINA (DIMETILCISTEINA)
Il farmaco viene anche impiegato come chelante del rame nel morbo di Wilson, nelle intossicazioni da oro e
mercurio e nella artrite reumatoide.
Lega il Pb mediante atomi di S e di N. E’ efficace per via orale.
Il chelato è eliminato con le urine.
Il farmaco viene assorbito massivamente a livello gastrico, per cui viene evitata una eccessiva chelazione del Pb
presente nel tubo digerente.
Può indurre la comparsa di manifestazioni a tipo nefrosico, di dermatiti allergiche, leucopenia e trombocitopenia.
Determina allergia crociata con la pennicillina.
Viene somministrata per os, a stomaco vuoto, alla dose media di 1 grammo/die.
La prima dose non dovrebbe superare i 250 mg.
Nel corso del trattamento è opportuno controllare la crasi ematica e la funzionalità renale.
BAL o DIMERCAPROLO (2,3-dimercapto-1-propanolo)
E’ stato usato nella terapia della intossicazione da vescicanti arsenicali.
E’ il farmaco di elezione nella terapia della intossicazione acuta da arsenico, mercurio e oro.
Somministrato per via intramuscolare, raggiunge i massimi livelli ematici fra la 2° E’ stato il primo chelante
impiegato nel saturnismo.
e la 3° ora e viene eliminato completamente fra la 6° e la 24° ora.
Si distribuisce rapidamente in tutti i tessuti compreso l’encefalo.
Riduce rapidamente il contenuto in Pb delle emazie (chela il Pb intraeritrocitario).
La dose singola è di 2,5-5 mg/kg. a seconda della gravità del quadro.
Esaurendosi l’effetto farmacologico entro le 4 ore, nella terapia d’attacco deve essere somministrato ogni 4 ore per
almeno 4 giorni.
rovoca la insorgenza di effetti secondari immediati e reversibili (lacrimazione, blefarospasmo, parestesie, nausea,
tachicardia, ipertensione).
Oggi si usa il BAL solo nella encefalopatia, in quanto il solo Versenato, nelle prime ore di trattamento, può
aggravare la sintomatologia neurologica ed incrementare una sindrome di Fanconi (mediante un rapido incremento
del Pb-ione nel sangue in seguito alla sua fuoruscita dalle emazie per la scomparsa del Pb circolante, eliminato
dalla rapida azione chelante del Versenato).
L’associazione BAL -VERSENATO pare ridurre notevolmente la mortalità per encefalopatia.
Il meso-DMSA (acido meso-2,3-dimercapto-succinico)
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è un analogo del BAL che tuttavia ha la caratteristica di essere IDROSOLUBILE (contrariamente al BAL),
assorbibile per via orale e molto meno tossico del BAL, con un indice terapeutico circa 30 volte maggiore.
Nel 1991 la FDA ne ha approvato la somministrazione orale nel trattamento dei bambini intossicati la cui
piombemia fosse superiore a 45 gamma%.
Non è in grado di attraversare le membrane cellulari per cui , similmente all'EDTA, ha esclusivamente una
distribuzione extracellulare.
Altro chelante analogo al BAL è il DMPS (2,3-dimercapto-1-propansulfonato), liposolubile e pertanto a
distribuzione intracellulare nell'organismo. In passato era stato usato nella terapia del saturnismo sotto il nome di
Unithiol, ma il suo impiego fu abbandonato a causa della elevata tossicità.
SCHEMI TERAPEUTICI
a) in assenza di encefalopatia:
cicli di terapia con Ca Na2 EDTA alla dose di g.1-2 al di in 500 cc di soluzione fisiologica per infusione venosa
lenta, ripetuta per 3-5 giorni e per cicli successivi, intervallati da periodi di 7-10 giorni onde permettere la
ricostituzione del metallo nel comparto ematico.
b) in caso di encefalopatia saturnina:
BAL 2,5 mg/kg + Ca Na2 EDTA 8 mg/kg per via intramuscolare ogni 4 ore per 5-7 giorni, seguiti da un secondo
ciclo dopo 2-3 settimane di intervallo se la piombemia è al di sopra degli 80 gamma%., somministrando i due
farmaci ad intervalli più allargati (ogni 8-12 ore).
La terapia dovrebbe essere continuata con un trattamento a base di PENICILLAMINA per os per 3-6 mesi alla
dose di 500-750 mg/24 ore
c) in corso di colica:
Ca NA2EDTA+ BAL intramuscolo per 3-5 giorni, seguiti da ciclo di PENICILLAMINA per os per 2 mesi oppure
fino a quando la Pburia non è scesa
al di sotto dei 500 gamma/24 h.
d) nella neuropatia del radiale:
il trattamento base è fatto con PENICILLAMINA per os per 1-2 mesi. Se la piombemia è superiore a 100gamma%
si deve ricorrere al trattamento BAL+Ca Na2EDTA per via intra-muscolare per 3-5 giorni prima del trattamento
con Penicillamina.
INTOSSICAZIONE DA DERIVATI ALCHILICI DEL Pb
Questi composti organici del Pb devono essere trattati a parte per la diversità delle modalità di ASSORBIMENTO,
del METABOLISMO, e per il tipo di AZIONE TOSSICA.
Tra i numerosi composti piombo-alchilici soltanto due vengono industrialmente utilizzati: il Pb TETRAETILE
(TEL) e quello TETRAMETILE (TML).
L’unico campo di impiego è quello della etilazione delle benzine: uniti a Cloruro e Bromuro di Etilene
costituiscono l’ETHYL FLUID,che viene aggiunto alle benzine nella misura non superiore all’1% .
In seguito .alla combustione vengono trasformati ed eliminati sotto forma di sali di Pb.
La esposizione al rischio si verifica solo in alcune fasi del processo di etilazione delle benzine (prevalentemente
durante il contatto con i fanghi). Pericolosi sono anche i fanghi delle cisterne contenenti benzine etilate.
Assorbito attraverso l’apparato respiratorio e la cute, passa facilmente la barriera emato-encefalica.
Si accumula prevalentemente nei tessuti ricchi di lipidi e nell’encefalo.
Il TML è meno tossico del TEL, tuttavia essendo quest’ultimo meno volatile, il rischio risulta praticamente uguale
per i due composti.
Una volta assorbito si lega in parte ai lipidi del sangue.
Nel fegato (e pare anche nel cervello) viene metabolizzato dalle ossidasi microsomiali in Pb-Trietile, che sembra
essere il metabolita tossico.
PATOGENESI
Non interferisce nella sintesi dell’eme e non esercita azione spasmogena sulla muscolatura liscia. Determina
la inibizione delle fosforilazioni ossidative con conseguente ostacolo della glicolisi aerobica. Inibisce la 5idrossi-triptofano decarbossilasi con conseguente riduzione della concentrazione di serotonina nel cervello.
Interferisce sulla conduzione adrenergica e colinergica.
La intossicazione esordisce con sintomi aspecifici e, nei casi lievi ,non progredisce con ulteriore aggravamento.
Nei casi gravi la sintomatologia può essere improvvisa e drammatica.
Più precoce è l’insorgenza dei sintomi più severa è l’intossicazione (in genere, se i sintomi insorgono 8 giorni
dopo la cessazione della esposizione, la prognosi è favorevole).
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L’INTOSSICAZIONE LIEVE e gli stadi PREMONITORI di una intossicazione più grave sono caratterizzati da
sintomi nervosi (insonnia,instabilità emotiva, cefalea, onirismo terrifico, iperattività psichica, turbe vestibolari); da
turbe gastroenteriche (anoressia, nausea, sapore metallico, vomito, diarrea). Sono presenti tremore, accentuazione
dei riflessi tendinei e ipotensione arteriosa.
Nei casi gravi, ai prodromi fa rapidamente seguito un quadro drammatico con allucinazioni, agitazione
psicomotoria, accessi di riso e di urla. La ipereccitazione può durare per alcuni giorni e sfociare in uno stato
comatoso seguito da morte o dal miglioramento. Qualora compaia il coma la prognosi è severa.
Durante la remissione, che può richiedere settimane o mesi, persistono a lungo i sintomi neurologici.
DIAGNOSI
Oltre alla tipica sintomatologia si riscontra un aumento della Piomburia senza aumento della Piombemia ed una
diminuzione della ALA-deidratasi senza aumento dell’ALA urinario.
TERAPIA
Il trattamento è esclusivamente sintomatico.
Sono necessari abbondanti dosaggi di barbiturici e benzodiazepine.
PREVENZIONE del RISCHIO da Pb
Il DL 277/91 che ha recepito le direttive CEE sul rumore, piombo e amianto, indica le norme
per la protezione dei lavoratori dai rischi relativi.
Il DL stabilisce che nel caso di esposizione al Pb, al fine di adottare misure preventive e
protettive, il datore di lavoro è tenuto ad effettuare una valutazione della esposizione dei
lavoratori al metallo. In particolare deve essere valutata la concentrazione del Pb nell’atmosfera
dell’ambiente di lavoro, individuando sia i punti di emissione sia quelli a maggior rischio. La
valutazione della esposizione comprende una determinazione della esposizione personale (è
consigliabile l’uso del campionatore individuale) ed una determinazione della piombemia.
Se il Pb nell’ambiente di lavoro supera i 40 gamma/m3,come media ponderata per 8 ore
lavorative e/o i livelli individuali di piombemia sono uguali o superano i 35 gamma/100 ml,
il datore di lavoro è tenuto ad attuare le seguenti misure:
1) informazione dei lavoratori :
- sul corretto uso dei mezzi individuali di protezione
- sulla necessità del monitoraggio ambientale e biologico
- sui risultati dei controlli ambientali e biologici
2) assunzione di misure tecniche, organizzative e procedurali:
- caratteristiche degli ambienti e degli impianti
- impiego del Pb in quantità non eccedente
- riduzione al minimo del numero di esposti
- evitare e ridurre la emissione e la diffusione del Pb
- uso di appropriati indumenti di lavoro e di mezzi protettivi individuali
3) misure igieniche:
- regolare ed adeguata pulizia degli impianti e dei locali
- disponibilità di aree senza rischio di contaminazione da Pb per sostare nelle
pause, fumare o consumare cibi e bevande
- disponibilità di servizi igienici provvisti di docce
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- possibilità di riporre gli indumenti da lavoro in luoghi separati da quelli
destinati agli abiti civili. Il trasporto degli abiti da lavoro va effettuato
in imballaggi chiusi ed il lavaggio va eseguito in lavanderie che
dispongano di macchine esclusivamente adibite a tale funzione.
4) controllo sanitario:
- visite mediche preventive onde verificare la esistenza della idoneità
(assenza di emopatie congenite e acquisite, di insufficienza renale o
epatica)
- visite periodiche per il controllo delle condizioni di salute e della
persistenza della idoneità. La periodicità delle visite è annuale, salvo si
verifichi il superamento dei valori limite biologici (vedi tabella)
5) controllo della esposizione dei lavoratori:
va eseguito attraverso la misurazione della concentrazione del metallo nell’aria
(media ponderata per 8 ore giornaliere).
Il controllo va effettuato :
-annualmente :
-se il Pb ambientale è al disotto di 100gamma/m3 in due controlli
immediatamente precedenti.
-la piombemia è uguale o inferiore a 60 gamma%
- semestralmente:
-se vengono superati tali parametri.
Se viene superata la concentrazione ambientale di 150 gamma/m3 il datore di lavoro deve:
-
- identificare e rimuovere le cause
- provvedere alla determinazione dei parametri biologici
- verificare l’efficacia delle misure adottate mediante la nuova determinazione
del Pb nell’aria
informare i lavoratori e l’organo di vigilanza
MERCURIO
E' l'unico metallo liquido alla temperatura ambientale.
E' dotato di discreta VOLATILITA' per cui alla t° ambientale emette vapori in quantità
apprezzabile (vedi tab.).
Molti metalli si sciolgono nel mercurio con la conseguente formazione di AMALGAME.
Il principale minerale da cui viene estratto il M. è il CINABRO (solfuro di mercurio). L'Italia
detiene più di 1/5 delle riserve mondiali del metallo.
70
Tra i componenti di maggior interesse sotto l'aspetto tossicologico ricordiamo i sali solubili (ad
es. il Cloruro mercurico o Sublimato corrosivo), il cloruro mercuroso o Calomelano, gli Ossidi,
il Nitrato di Hg ed i composti organo-mercuriali.
Nelle tabelle vengono riportate le principali lavorazioni a rischio ed i composti del mercurio
maggiormente interessati.
Il M. è presente nel suolo, nella atmosfera e nelle acque in un equilibrio geochimico che tende a mantenere
costanti le singole concentrazioni ed i vari dei composti inorganici ed organici.
L'enorme aumento dell'impiego del M. a livello industriale ha sconvolto, nel corso di questi decenni, l'equilibrio
preesistente, rendendo così assai complesso il controllo a livello ambientale e problematica la valutazione della
esposizione industriale (prevalentemente la produzione di Cloro-Soda e la combustione del petrolio e derivati).
Conseguenza di ciò è la assunzione del Mercurio nella catena alimentare attraverso due vie: acqua ed alimenti
(vegetali ed animali).
La valutazione del M. in vari strati di ghiaccio in Groenlandia dimostra, similmente a quanto avviene nei confronti
del Piombo, un notevole incremento a partire dall’inizio del 1900 fino ai giorni nostri, correlabile all’incremento
del M. nell’acqua piovana.
Per quanto riguarda il nostro paese, la maggior fonte di inquinamento industriale da Hg è rappresentata dagli
impianti di produzione Cloro-soda.
Negli USA fu calcolato che la perdita di Hg per ogni tonnellata di cloro prodotta fino al 1970 variava da 45 a 250
grammi, con una perdita media annuale di 400 tonnellate. Da quel periodo in poi, mediante il riciclo delle acque di
scarico, e l'impianto di bacini di sedimentazione, la riduzione degli scarichi di Hg è risultata mediamente
dell'86%. Non dobbiamo tuttavia sottovalutare la liberazione di M. nell’atmosfera derivante dalla combustione di
petroli ed altri idrocarburi naturali (la concentrazione dl metallo nella atmosfera delle grandi città è stata valutata
di circa i mcg/m3 ).Il risultato globaleè che circa 2000 tonnellate di Hg sono state disperse tra gli anni ’60 e’70 (4
volte più rispetto al periodo 1900-1940). La conseguenza più grave di tale dispersione è rappresentata dalla
assunzione del M. nella catena alimentare attraverso l’acqua e gli stessi alimenti.
L’ingresso del derivato organico del M, nella catena alimentare dell’uomo si verifica nel seguente modo: il M.
inorganico e quello inorganico vengono trasformati in METILMERCURIO ad opera dei microrganismi nelle
condizioni anaerobie esistenti nei fondali delle riviere o dei laghi (vedi tab.).
I derivati organici vengono quindi assorbiti dal plancton che a sua volta è assorbito dai pesci, il cui contenuto in
metilmercurio aumenta progressivamente.
Anche il fitoplancton si arricchisce in organomercuriali.
La ingestione di carni animali nutriti con cereali trattati agli organomercuriali può provocare intossicazioni. In
Svezia ed in Canada sono state riscontrate elevate concentrazioni di Mercurio (100 ppm) in alcuni uccelli. La
causa di tale contaminazione si identificava nel fatto che gli uccelli si erano alimentati con granaglie o con pesce
contenenti il metallo.
La contaminazione delle acque da parte del M. accelera il processo di contaminazione degli alimenti in quanto il
M. ed i suoi composti si concentrano negli organismi acquatici viventi ad un tasso di 103-105 rispetto al M. libero
nelle acque, prevalentemente come Metilmercurio, in quanto i microrganismi anaerobi dei fanghi trasformano il
Mercurio in composto alchilato.
L'inserimento del M nella catena alimentare ha determinato la comparsa di quella gravissima epidemia che va
sotto il nome di SINDROME di MINAMATA, dal nome del villaggio presso l'omonima baia nel Giappone,
interessata dagli scarichi di un impianto industriale per la produzione di acetaldeide.
Nel periodo dal 1953 al 1960 furono colpite dalla intossicazione 121 persone, di cui 48 decedute a seguito della
alimentazione con pesce contaminato.
Significativi sono anche, per quanto riguarda il nostro paese, i dati relativi ad una analoga zona costiera con
analoghi problemi di scarichi industriali, la baia di VADA (Livorno): nel 1979 infatti le concentrazioni medie di
Hg totale in pesci di diverso tipo arrivavano a 2,1 mg/Kg di pesce umido, rappresentate per più del 90% da
metilmercurio.
Da notare che il tasso di M. nel pesce destinato alla alimentazione umana non deve superare, in Italia,
limitatamente al pesce spada, lo squalo congelato ed il pesce importato gli 0,7 mg/kg di pesce umido.
La produzione di pane con grano trattato con preparati organomercuriali fu la causa di numerosi casi di
avvelenamento avvenuti in Iraq (1956,1964,1962), in Pakistan ( 1961) ed in Guatemala (1963,1964,1965).
ASSORBIMENTO DEL MERCURIO
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Via inalatoria: è la principale via di assorbimento del mercurio metallico(sotto forma di
vapore) nella esposizione professionale. La percentuale di ritenzione polmonare varia dal 74 al
76%.
Attraverso la via respiratoria vengono assorbiti anche i derivati organici.
Via digerente: è la principale via di assorbimento dei composti inorganici solubili del
Mercurio. Sotto il profilo della esposizione professionale è irrilevante.
Il Mercurio metallico viene assorbito dal tubo digerente in quantità irrilevante.
Attraverso questa via i composti organici del metallo sono assorbiti in elevata quantità.
Via cutanea:i composti organici, se veicolati da solventi adatti, possono essere assorbiti
attraverso la cute integra.
Viasottocutanea: rappresenta sempre una via di assorbimento accidentale.
TRASPORTO e DISTRIBUZIONE nei TESSUTI
Il MERCURIO possiede una spiccata affinità per i gruppi sulfidrilici.
Il M. elementare inalato viene in massima parte ossidato, nel sangue e negli eritrociti, a ione
mercurico.
Finché si trova allo stato elementare è liposolubile ed oltrepassa facilmente la barriera
ematoencefalica, accumulandosi nel cervello.
Dopo la ossidazione a ione mercurico, si comporta tossicologicamente come ione.
Nel sangue è distribuito equamente tra plasma (legato alla albumina) e all’interno delle emazie
(fissato in gran parte ai gruppi SH della globina).
I composti organici del M. vengono trasportati all’interno dei globuli rossi nella misura del
90%.
Nella esposizione a vapori, il M. si deposita in gran parte nel SNC e nel rene, con facile
passaggio attraverso la barriera placentare ed accumulo nel feto.
Sia i composti inorganici che quelli organici si depositano in parte nel SNC ed in gran parte nei
parenchimi specialmente nel rene.
Nel SNC il M è particolarmente concentrato nelle cellule di Purkinje del cervelletto, nel nucleo
dentato e, successivamente, in altre zone dell’encefalo.
L’emivita biologica del M. inorganico accumulato a livello renale, valutabile in 64 giorni, è più
lunga di quello del M. nell’organismo in toto (58 gg), tuttavia inferiore a quella nel SNC (1
anno).
72
Una parte importante del M. inorganico si fissa nel rene ad una proteina simile alla Tioneina.
Tale proteina sembra avere un ruolo di difesa poiché l’azione tossica del metallo si avrebbe
solo quando la sua capacità di fissarlo sia esaurita.
I composti organici del M., essendo molto liposolubili, attraversano facilmente la barriera
ematoencefalica, accumulandosi nel cervello. Essi attraversano facilmente anche la barriera
placentare. Tutti i composti organomercuriali si concentrano facilmente nei capelli.
Il M. intracellulare è particolarmente accumulato nei lisosomi.
ESCREZIONE
Sotto qualsiasi forma penetri nell’organismo il M. viene eliminato attraverso :
- reni (l’eliminazione aumenta con il progredire della esposizione)
- feci (bile, succhi digestivi, saliva, mucosa digerente)
- ghiandole sudoripare
- capelli e annessi cutanei
- placenta
- latte
- aria espirata(M. inorganico)
Viene prevalentemente secreto dai tubuli renali.
I processi di deposito e di escrezione renale sono sincronizzati: a partire dal momento in cui
inizia la esposizione c’è una latenza nella escrezione massima fino a che il rene non abbia
accumulato una certa quantità di metallo. Una quota discreta del M. viene eliminata col sudore,
anche se tale via di eliminazione non è stata sufficientemente valutata
MECCANISMO di AZIONE
Il meccanismo di azione del M. è tuttora in parte sconosciuto.
Giunto a contatto con i tessuti in concentrazioni elevate provoca necrosi coagulativa per
precipitazione delle proteine cellulari.
Per la spiccata affinità del M. per i gruppi sulfidrilici il metallo viene a bloccare numerosi
recettori costituenti la maggior parte dei componenti proteici, quelli essenziali per la integrità
delle membrane cellulari ed in particolare gli enzimi.
In vitro gli ioni Mercurio inibiscono un centinaio di enzimi ed interferiscono nella maggior
parte delle funzioni di membrana.
E’ stato ipotizzato che la tossicità a livello cellulare sia da attribuire alla azione del M. sugli
enzimi idrolitici lisosomiali in seguito all’accumulo selettivo del metallo a livello dei lisosomi.
73
A livello renale pare che rivesta un ruolo importante la metallotioneina la cui sintesi nel rene è
stimolata dal M. stesso: una volta saturata la capacità di legame compaiono gli effetti tossici a
livello dell’organo. Il M. non stimola la sintesi della tioneina a livello epatico.
Il M. alchilato deprime la sintesi proteica ed il ciclo di Krebs.
Pare che esistano delle interazioni biologiche tra M. e Selenio, per cui alcuni composti del
Selenio sembrano esercitare un effetto protettivo nei confronti del M. organico.
INTOSSICAZIONE ACUTA DA MERCURIO INORGANICO
a) Per via inalatoria (sotto forma di vapori)
Per esposizione ad elevate concentrazioni ambientali di vapori si verifica una irritazione delle
vie respiratorie (bronchiti e bronchioliti erosive) che nelle forme più gravi può sfociare
nell’edema polmonare chimico e nella polmonite chimica interstiziale(ARDS).
b) Per via digerente (sali solubili) la dose letale per l’uomo si aggira sul grammo.
Irritazione massiva dell’apparato digerente con gastroenterite emorragica dovuta all’azione
necrotizzante del M. sulle mucose. Stomatite ulcerosa.
Necrosi del tubulare renale con nefropatia anurica e shock. Se il p. supera la fase anurica, dopo
un periodo di poliuria isostenurica (per la distruzione dell’epitelio tubulare), si può avere una
lenta guarigione.
c) Per penetrazione parenterale.
Comparsa di manifestazioni infiammatorie locali. Raramente si verifica la possibilità di gravi
fenomeni embolici. Si può verificare la formazione di granulomi e la comparsa di segni di
intossicazione generale.
Il M. ò provocare la comparsa di dermatiti allergiche sia da contatto, sia in seguito alla sua
introduzione.
INTOSSICAZIONE CRONICA da MERCURIO INORGANICO
Maggiormente interessati sono gli apparati nervoso,digerente e renale.
A carico del SNC:
a ) di ordine psichico: eretismo, turbe della personalità e del carattere, allucinazioni,
ipocondria, demenza.
74
b) il tremore è il sintomo più caratteristico. E’ statico ed intenzionale. Inizialmente è
lieve ed
inavvertito. Nelle forme più gravi (concussio mercurialis) può continuare anche
durate il sonno, con scosse tonico cloniche che possono interessare tutta la muscolatura
volontaria.
c) Nei casi più gravi si associano alterazioni dei nuclei della base e del cervelletto con facies
parkinsonianana, asinergia, adiadococinesia, nistagmo, turbe della parola
(psellismo).
A carico del S.N.P.
Comparsa di polineuriti sensitivo motorie per interessamento delle cellule delle corna anteriori
e degenerazione assonica.
A carico dell’APPARATO DIGERENTE :
Stomatite, gengivite facilmente emorragica, piorrea espulsiva. Orletto gengivale di colore
grigio argento. Ipertrofia delle ghiandole salivari. Sono presenti anoressia, dispepsia,
dimagrimento fino alla cachessia.
A carico del RENE.
Sindrome nefrosica con albuminuria ed edemi. Si ha un interessamento tubulare su base tossica
ed un interessamento glomerulare su base verosimilmente immunologica. La nefropatia tende a
regredire coll’allontanamento dal rischio.
Mercurialentis: fenomeno evidenziabile all’esame oftalmologico, attualmente de raro riscontro.
Consiste nella comparsa di un riflesso grigio - bruno dovuto al deposito di particelle di M. nella
capsula del cristallino.
Una dermatosi eritemato - papulosa può comparire anche nella intossicazione cronica.
La comparsa della sintomatologia neurologica e psichica del mercurialismo cronico è
preceduta da una “sindrome neurovegetativa o micromercurialismo” caratterizzata da aumento
di volume della tiroide (aumento della captazione del radioiodio), tachicardia, dermografismo,
gengivite ed incremento della eliminazione urinaria del metallo.
Inizia quindi a comparire il tremore, all’inizio intenzionale e che interessa le funzioni motorie
molto innervate quali polpastrelli, labbra e palpebre.
INTOSSICAZIONE da COMPOSTI ORGANICI del MERCURIO
I composti organici del mercurio possono agire come tali, determinando la insorgenza di un
quadro prevalentemente neurologico, oppure liberare il mercurio ione determinando quindi la
comparsa dei sintomi dell’idrargirismo.
75
Nella intossicazione da composti alchilici, dopo una latenza variabile da alcuni a parecchi
giorni, compare una sintomatologia caratterizzata da astenia, apatia, parestesie alle labbra, alla
lingua ed alle dita.
Compare quindi atassia cerebellare, disartria, insorgenza di movimenti coreici ed atetosici.
Cecità di origine corticale. Sordità. Interessamento dei nervi periferici.
Sintomi psichici: irritabilità, depressione, confusione mentale. Coma e morte.
Nella intossicazione da ETIL-MERCURIO, oltre ai sintomi esposti,
compaiono: atrofia muscolare progressiva e turbe digestive. Particolarmente sensibile è il SNC
del feto.
Il composto è teratogeno provocando la insorgenza di malformazioni gravi.
Frequente la comparsa di dermatiti.
0,3 mg./die nella dieta per alcune settimane possono provocare la comparsa di un quadro
neurologico. I segni neurologici iniziano quando nel cervello viene raggiunta la concentrazione
di 8 ppm pari a 12 mg.
Già a concentrazioni di 1 ppm (corrispondenti a 2 gamma/l nel sangue) si avvertono
parestesie.
DIAGNOSI
La diagnosi viene posta in base alla anamnesi lavorativa e a quella patologica, alla obiettività
clinica e ai valori del mercurio nel sangue, urine e capelli.
Utile possono risultare l’elettromiografia e la esplorazione della funzionalità renale.
Dosaggio del M. nelle urine:
si ha un’ampia fluttuazione nella escrezione del metallo nell’arco delle 24 ore e della settimana,
per cui tale parametro non può essere utilizzato come indicatore di intossicazione, ma soltanto
come indicatore di esposizione ( soprattutto come valore medio rilevato nel gruppo omogeneo
di esposti).
Nei soggetti esposti un valore medio di 50 gamma/l rilevato nel gruppo omogeneo
corrisponde all’incirca alla esposizione a 0,05 mg/m3 (attualmente il TLV-TWA è di 0,025
mg/m3
L’IBE attualmente è di 35 gamma/g. di creatinina.
Dosaggio del mercurio nel sangue:
è stata evidenziata una correlazione tra le concentrazioni ematiche del metallo e la incidenza
dei sintomi soggettivi in gruppi di esposti esaminati.
Il BEI è di 15 gamma/ litro nella esposizione al M. inorganico
Dosaggio nei capelli :
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il dosaggio del metallo nei capelli può risultare utile nella valutazione della quantità assorbita
con la crescita del capello, per cui tale valore fornisce un indice di accumulo.
TERAPIA
a) INTOSSICAZIONE ACUTA
In caso di ingestione di un sale solubile:
- lavanda gastrica con acqua albuminosa e bicarbonato
- somministrazione intra muscolare di BAL alla dose di 3-4 mg Kg ogni 4 ore per via
intramuscolare nei primi due giorni ed ogni 12 ore per 10 giorni.
b) INTOSSICAZIONE CRONICA
E' solo sintomatica. Non esiste terapia efficace dell'intossicazione cronica
INTOSSICAZIONE DA COMPOSTI ORGANICI
La terapia è solo sintomatica
CROMO
Metallo che allo stato puro è di colore grigio acciaio. E’ molto resistente all’usura.
E’ presente sotto forma bi-, tri- ed esavalente.
E’ un oligoelemento essenziale e si trova nei tessuti in forma trivalente.
Hanno interesse industriale solo i composti tri- ed esavalenti.
I composti del Cr trivalente (cromici) derivano dal sesquiossido (Cr2O) e rivestono importanza
industriale il verde cromo ed il solfato cromico
I composti esavalenti o cromati derivanti dal triossido (CrO3) o acido cromico, sono forti
ossidanti, tossici e diffusamente utilizzati.
La principale fonte naturale di Cr è la CROMITE, di cui esistono giacimenti anche in Italia.
IMPIEGHI del CROMO e FONTI di RISCHIO
- metallurgia del cromo
- siderurgia degli acciai speciali
- cromatura galvanica
- concia minerale delle pelli: gli atomi di Cr si legano ai gruppi carbossilici
del collageno formando ponti che saldano le catene proteiche in modo
tale da rendere la pelle imputrescibile e resistente
- fabbricazione di cromati e bicromati: pigmenti e coloranti e loro
impiego (industria tessile litografia, stampa, conceria, tintoria,
fotografia)
- addizione del Cr nei mattoni refrattari per altiforni
- manipolazione del cemento contenete Cr esavalente
CINETICA
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E’ assorbito principalmente per via inalatoria, mentre le altre vie non hanno importanza sotto il
profilo professionale.
Il CROMO ESAVALENTE è dotato di notevole potere OSSIDANTE per cui, a contatto con i
tessuti provoca la ossidazione dei gruppi SH-- di alcuni aminoacidi con formazione di ponti
S-S e conseguente alterazione della struttura delle proteine (EFFETTO USTIONE).
Probabilmente da tale effetto deriva la capacità del Cr esavalente di passare attraverso le
membrane biologiche intatte, e in tale passaggio si riduce a Cr TRIVALENTE.
Il Cr trivalente ha la proprietà di legarsi alle proteine dando origine a
complessi Cr-PROTEINA dotati anche di azione antigenica.
Si ritiene che nell’organismo il Cr si trovi solo sotto forma trivalente, tanto che sia entrato
come tale attraverso soluzioni di continuo della cute o attraverso le vie respiratorie o sia
penetrato sotto forma esavalente attraverso l’effetto ustione.
Non si hanno notizie circa gli eventuali effetti tossici del Cr metallico.
Una volta assorbito il Cr trivalente è trasportato per via ematica , legato alle proteine
plasmatiche.
Il Cr esavalente, per la possibilità di attraversare le membrane cellulari, penetra negli eritrociti
ove, sotto forma trivalente, si lega alla globina.
Circa il 50% del Cr intracellulare è legato all’acido ribonucleico.
Si accumula nei polmoni, ossa, fegato, milza e reni. La via principale di eliminazione è quella
urinaria. In parte viene eliminato attraverso le mucose digerenti.
MECCANISMO D’AZIONE
- effetto irritante (effetto ustione)
- effetto sensibilizzante
- azione sugli enzimi
- azione oncogena
QUADRI CLINICI
INTOSSICAZIONE ACUTA
L'assorbimento accidentale di sali di cromo provoca generalmente sintomi acuti da irritazione
gastrointestinale.
78
E' presente un interessamento renale con oliguria ed il quadro può sfociare nella insufficienza
renale acuta.
Sono state descritte anche lesioni epatiche con ittero.
La inalazione dei elevate quantità di cromo esavalente o di fumi e vapori di Cr può
determinare gravi effetti irritativi a carico dell’apparato respiratorio.
INTOSSICAZIONE CRONICA
a) Manifestazioni Cutanee
La lesione tipica è l'ULCERA da Cromo con sede preferenziale al dorso delle mani e degli
avambracci: le ulcere si manifestano negli esposti ad acido cromico ed a cromati, assumendo il
tipico aspetto ad "occhio di pollo"; sono dovute all'effetto ossidante (concia) o "effetto ustione".
Sono rotondeggianti, a margini lisci, rilevati, duri; molto profonde, potendo raggiungere l'osso
sottostante. Con l'allontanamento dal rischio si ha la guarigione, residuando di solito una
cicatrice infossata e spesso iperpigmentata.In epoca preantibiotica, nelle localizzazioni alle dita
(peraltro molto frequenti) si verificava spesso una complicanza osteomielitica che a volte
richiedeva l'amputazione della falange o del dito.
L'ECZEMA ALLERGICO è dovuto ai composti del Cr esavalente e si manifesta in quelle
categorie di lavoratori che vengono a contatto con i vari prodotti del Cr esavalente.
Frequentemente colpiti sono coloro che lavorano a contatto con il CEMENTO (eczema dei
muratori). Nel soggetto sensibilizzato anche il Cr metallico può scatenare la comparsa
dell'eczema.L'eczema da cromo di solito è inizialmente localizzato alle mani, avambracci,
caviglie e piedi, quindi si può estendere.
b) Manifestazioni respiratorie
ULCERAZIONE DEL SETTO NASALE:
Si manifesta negli esposti al Cr esavalente e si localizza prevalentemente nella regione antero
inferiore del setto cartilagineo (zona di Little), in cui la mucosa, essendo priva di sottomucosa
con relative ghiandole, presenta minore resistenza nei confronti dell'effetto ustione.
L'ulcera, spesso preceduta da atrofia localizzata della mucosa, decorre per lo più in modo
silente e progredisce fino alla perforazione del setto. Raramente si instaura anosmia.
Sono state descritte ulcere da cromo in altre sedi dell'apparato respiratorio (faringe, laringe,
trachea e grossi bronchi).
79
La esposizione al Cr esavalente può determinare anche la comparsa di bronchiti croniche
irritative con alterazioni della funzionalità respiratoria.
I casi di ASMA ALLERGICO da cromo sono poco frequenti
c) Manifestazioni a carico dell'apparato digerente
Negli esposti al Cr esavalente è stata segnalata una più elevata incidenza di ulcere gastriche e
duodenali.
E' stata descritta anche una enteropatia cronica da Cr con quadro simile alla colite ulcerosa ed
alla ileite terminale.
In letteratura sono stati riferiti casi di epatopatia ad impronta necrotica attribuiti al metallo.
d) Manifestazioni Renali
Da alcuni è ammessa la Nefropatia da Cr, dovuta prevalentemente all'azione del metallo sugli
enzimi delle cellule dei tubuli renali:
Sarebbe una tipica nefropatia da eliminazione: il Cr filtrato attraverso i glomeruli viene
riassorbito dai tubuli. In condizioni di aumentato assorbimento il Cr non verrebbe
completamente eliminato e di conseguenza si accumulerebbe nel tubulo, determinando in tal
modo la inibizione del riassorbimento tubulare del metallo stesso, per cui si avrebbe un
incremento della sua Clearence che sarebbe proporzionale alla durata della esposizione.
e) Rischio Oncogeno.
Il Cr esavalente attraversa le membrane cellulari ma la sua vita è molto breve in quanto viene
rapidamente ridotto a Cr trivalente. E' la forma trivalente che risulta cancerogena.
Se la riduzione da ESA a TRIVALENTE avviene nel citoplasma, lontano dal nucleo, il rischio
oncogeno è basso, ma se avviene in prossimità del DNA nucleare, il potenziale oncogeno
diviene ELEVATO.
Pertanto se il Cr, divenuto trivalente, si lega ai componenti citoplasmatici, esso non risulta
oncogeno, ma se si lega agli acidi nucleici, agli enzimi nucleari e ai nucleotidi, lo sarà.
I cromati INSOLUBILI, non potendo cedere il Cr+++ non sono oncogeni.
I Cromati altamente o rapidamente solubili(come quelli di Na o di K o l'Acido Cromico
stesso),venendo eliminati rapidamente, non risultano oncogeni.
I Cromati a lenta o moderata solubilità ( cromato di Ca, di Pb o di Zn) risulterebbero i più
pericolosi per la lunga persistenza nei tessuti e per la capacità di raggiungere i nuclei delle
cellule del polmone.
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Le forme neoplastiche sono in prevalenza di origine broncogena e le metastasi ai linfonodi
toracici sono frequenti.
Nei lavoratori esposti ai cromati sono stati descritti anche tumori a carico dei seni paranasali ed
orofaringei, tuttavia senza che vi sia certezza che la frequenza di tali neoplasie sia veramente
superiore a quella attesa.
DIAGNOSTICA DI LABORATORIO
CROMURIA: si ha un incremento della clearence renale del Cr che è direttamente
proporzionale alla durata della esposizione. La cromuria (CrU) è un
l'indicatore di esposizione
.Enzimuria: il dosaggio della Beta-glicurunidasi sarebbe correlabile alla entità della
esposizione
Cutireazione al Bicromato di K: che risulta positiva nei soggetti sensibilizzati
Citologia dell'escreato e del muco nasale
Rinoscopia anteriore
LAVORAZIONI DEL CROMO A RISCHIO DI PATOLOGIA NEOPLASTICA
- FONDERIE DI MINERALE DI CROMO: non risulta maggiore evidenza di
tumori:Presenza di rischi da altri fattori
-LAVORAZIONE DEL CROMO METALLICO e LEGHE: non risulta
maggiore evidenza di tumori. Rischi da altri fattori
-PRODUZIONE DI PIGMNENTI: aumento delle neoplasie polmonari (cromati
di Ca, Pb e Zn)
- GALVANICA: non risulta maggiore evidenza di tumori. Rischi da altri fattori.
-SALDATURA: aumento dei tumori (vi sono oncogeni diversi dal Cr)
-PRODUZIONE FERRO-LEGHE: non risulta maggiore evidenza. Rischi da
altri fattori
-VERNICIATURA A SPRUZZO: non risulta una chiara relazione con
l'aumento di patologia neoplastica
CADMIO
Il CADMIO (Cd) è un sottoprodotto della industria dello ZINCO.
Questo metallo è oggigiorno impiegato in larga misura, prevalentemente nella produzione di
leghe metalliche e nella copertura dei metalli.
FONTI di INTOSSICAZIONE
-Metallurgia dello zinco ed estrazione del Cd dai suoi residui
-Cadmiatura galvanica
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-Fabbricazione di leghe: Cd-Fe(acciai per cuscinetti a sfere);Cd-Cu-Zn (cavi
elettrici);Cd-Pb-Zn-Bi o lega di Wood che fonde a 71° e viene usata per
bocchettoni antincendio e per valvole fusibili
-Fabbricazione ed impiego di bacchette per saldatura
-Fabbricazione di accumulatori al Cd-Ni
-Uso nell'industria atomica(fabbricazione di barre di controllo e di vetri al Cd
per la cattura di neutroni)
-Fabbricazione ed impiego di smalti e vernici
- Produzione di: cellule fotoelettriche, lampade a vapori di Cd, fuochi d'artificio,
apparecchiature elettriche
- Come stabilizzante nella industria delle materie plastiche
- E' contenuto nei concimi fosfati.
Il Cd, pur non essendo un oligoelemento biologicamente indispensabile per la vita animale, si
trova anche negli individui non esposti professionalmente in quantità progressivamente
crescente con l'età. Il metallo viene infatti assorbito attraverso gli alimenti in ragione circa del
6% dei 40 gamma introdotti giornalmente. Il Cd assieme al Pb è presente nel fumo di sigaretta,
nell'aria atmosferica degli agglomerati urbani e delle zone industriali.
I licheni ed i muschi sono organismi che accumulano i metalli pesanti tra cui il Cd. La loro
concentrazione in Cd permette di valutare la entità dell'inquinamento atmosferico (il loro tasso
in Cd è generalmente inferiore al ppm ma in prossimità di fonti inquinanti può raggiungere le
100 ppm).
Essendo il Cd solubile negli acidi inorganici ed organici, esso può essere ceduto da stoviglie e
contenitori per cibi in Zn contenenti Cd oppure da contenitori cadmiati.
Il consumo di acqua contaminata da raffinerie di Zn,Cd e Cu, ed il consumo di riso coltivato in
tali acque, ha provocato in Giappone la comparsa di una intossicazione collettiva, chiamata
"Sindrome di Itai Itai, caratterizzata da gravi quadri di osteomalacia con notevole componente
algica.
CINETICA
Nella esposizione professionale il Cd è assorbito prevalentemente attraverso la via respiratoria
con una ritenzione che varia dal 10 al 40 %.
Attraverso la via digerente ne viene assorbito circa il 5%. L’assorbimento attraverso l’apparato
digerente è limitato in quanto la ingestione di quantità consistenti del metallo provoca
rapidamente il vomito.
Una dieta mista normale contiene giornalmente da 30 a 60 gamma di metallo.
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E’ un tossico che si accumula. Un basso contenuto in calcio nella dieta fa aumentare
l’assorbimento del metallo. Si deposita prevalentemente nei polmoni, reni, fegato, pancreas,
tiroide e testicoli. Il fegato è il principale deposito iniziale.
La eliminazione dal fegato tuttavia è più rapida di quella dal pancreas e dai reni per cui, dopo
un certo periodo, la concentrazione in questi organi supera quella del fegato.
La quantità totale di Cd in un individuo adulto non esposto professionalmente varia da 10 a 50
mg. Nei tessuti si fissa selettivamente alla tioneina, una alfa-globulina ricca di radicali SH- per
cui il Cd si fissa ad essi. Il Cd stimola la sintesi della tioneina soprattutto nel fegato ma anche
in altri organi quali il rene.Nel sangue il Cd per il 90% è all’interno delle emazie legato alla
emoglobina ed alla tioneina. Secondo alcuni AA il trasporto del metallo dal fegato agli altri
organi avviene sotto forma di complesso metallo-tioneina, complesso che passa attraverso il
filtro glomerulare e viene riassorbito nel tubulo prossimale; alcuni AA hanno ipotizzato che
tale complesso sarebbe, nei confronti del rene, più tossico del Cd libero e dei sui composti non
coniugati.Negli esposti il livello del Cd ematico aumenta in apparente relazione alla
esposizione con valori variabili da 2 a 10 gamma % ed oltre. Cessando la esposizione, la
cadmiemia per lo più diminuisce ma di solito non ritorna normale (al di sotto di 1 gamma %).
Negli esposti la eliminazione urinaria di Cd si mantiene abbastanza bassa per un periodo di
tempo necessario affinchè si raggiunga nel rene una concentrazione critica in grado di
innescare la lesione renale e solo allora si avrà un netto incremento della cadmiuria associata
naturalmente alla proteinuria.
Se la esposizione cessa la cadmiuria diminuisce senza tuttavia ritornare ai valori normali.
Attraverso le feci viene eliminato il Cd non assorbito e quello eliminato con la bile.
Il metallo viene eliminato anche attraverso gli annessi cutanei.
La cadmiemia (CdS) è l’indicatore più attendibile della esposizione recente, essendo correlata
strettamente alla concentrazione del metallo nell’aria dell’ambiente di lavoro.
La cadmiuria (CdU) è l’indicatore più idoneo dell’accumulo tissutale: essa aumenta quando il
Cd ha raggiunto nel rene la situazione critica e da tale momento sta ad indicare, oltre alla
quantità di metallo accumulato , anche la entità della esposizione.
Tra CdS e CdU non vi è correlazione nella esposizione recente.
MECCANISMI DI AZIONE
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Il CADMIO in generale agisce attraverso la inibizione diretta di diversi enzimi, specialmente
di quelle contenenti gruppi sulfidrilici, interferendo per questa o per altre vie anche col
metabolismo di oligoelementi quali Zn, Co e Cu.
Sono inibite la anidrasi carbonica,la alfa-1-antitripsina e l’angiotensinasi esercita anche una
spiccata azione irritante sui tessuti con cui viene a contatto
(mucose respiratorie e le digerenti)
INTOSSICAZIONE ACUTA
a) PER INGESTIONE
Si tratta in genere di intossicazioni di origine extraprofessionale.
Sono quasi sempre dovute alla ingestione di cibi o di bevande contenute in recipienti cadmiati.
Il Cd agisce come irritante della mucosa gastroenterica e possiede spiccata azione emetica (il vomito in genere
previene la ingestione di elevate quantità di Cd).
La sintomatologia inizia entro pochi minuti dalla assunzione dell'alimento
contaminato (10'-30') e ciò è utile per fare la diagnosi differenziale con altre intossicazioni alimentari. I sintomi
sono caratterizzati da scialorrea, gastralgie, vomito talora sanguinolento, algie addominali, diarrea, tenesmo e
mialgie.Rari sono i casi mortali.
b) PER VIA INALATORIA
I fumi di CdO sono inodori e non sonoimmediatamente irritanti. Ciò rappresenta un inconveniente in quanto il
lavoratore non si allontana precocemente dal rischio.
I sintomi iniziano a carico delle vie superiori in genere dopo 3-4ore dall'inizio della esposizione con secchezza
delle mucose rinofaringee e laringotrachealiI, starnutazione e tosse secca..
E' presente in bocca sapore metallico(accentuato dal fumo di sigaretta).
In seguito compare cefalea, febbre con brivido,dolori torecici, nausea e vomito.
Il quadro viene frequentemente scambiato per una forma influenzale o per una febbre da fumi etallici. Questi
segni possono attenuarsi fino a scomparire.
Dopo un periodo di 12-36 ore si instaura una tipica ARDS con un quadro sintomatologico ingravescente che
corrisponde alla fase delledema polmonare, in genere non vi è febbre ma tosse,polipnea,dolore toracico.Si può
avere emoconcentrazione.
Compaiono quindi dispnea ingravescente e cianosi.
L'ascoltazione del torace in questa fase può essere normale, comparendo i rantoli solo quando inizia lo scompenso
cardiaco. Dispnea e cianosi si accentuano in 4°-5° giornata, quando compare la polmonite interstiziale
proliferativi.
Il decesso può avvenire in 1°-3° giornata in seguito all'edema ed allo scompenso cardiaco oppure in 5°-7°
giornata in seguito alla grave insufficienza respiratoria secondaria alla polmonite chimica..
All’esame radiologico si apprezza un tipico quadro caratterizzato dalla presenza di opacità reticolo micronodulari
prevalenti ai campi medio inferiori.
La mortalità si aggira sul 15-20%.
Più precoci sono i sintomi della irritazione delle alte vie respiratorie ed il dolore toracico (entro 12 ore dall'inizio
della esposizione), più' severa è la prognosi.
Di solito l'exitus avviene entro 7 giorni e, se viene superato tale termine, la prognosi in genere è buona. Entro l'11°
giorno si ha la guarigione.
Tranne nei rari casi in cui si instaura una fibrosi interstiziale il quadro radiologico si normalizza entro 30 giorni.
ANATOMIA PATOLOGICA( INTOSSICAZIONE ACUTA)
1) FASE EDEMATOSA
Inizia di solito già durante la esposizione, raggiunge l'acme in un periodo di 4-48 h.
Generalmente diminuisce dopo 72 h.
Rappresenta una reazione infiammatoria aspecifica, non molto dissimile da quella da altri irritanti consistendo in
un RAPIDO STRAVASO di fluidi dai capillari nello interstizio, qui la pressione dei fluidi può essere tale da scollare
l'intero foglio dell'epitelio alveolare dallo stroma.
I fluidi che invadono gli alveoli diventano progressivamente più viscosiI per il precipitare di fibrina.
2) FASE PROLIFERATIVA
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Questa presenta una risposta più specifica alla azione del Cadmio e conduce al quadro della polmonite
proliferativa interstiziale con ispessimento dei setti interalveolari, metaplasia cuboide dell’epitelio alveolare,
proliferazione dello stroma reticolare con infiltrazione linfocitaria e formazione di mammelloni solidi protrudenti
nel lume alveolare con tendenza ad obliterarlo.
3) FASE FIBROGENA
Rappresenta una fibrosi interstiziale generalizzata con distribuzione peribronchiolare e perivascolare.
Si osserva solo negli individui capaci di superare l'insulto massivo dei primi due stadi. Non sempre è presente. In
alcuni casi può residuare un deficit ventilatorio restrittivo.
TERAPIA DELLA INTOSSICAZIONE ACUTA PER VIA RESPIRATORIA
1) Anche in assenza di chiari sintomi è necessario il RIPOSO assoluto per ritardare il tempo di comparsa
dell'edema
polmonare. Trascurare tale precauzione potrebbe risultare fatale.
2 ) Appena evidenti i sintomi respiratori iniziare ossigenoterapia con: Ossigeno al 70-100% umidificato ed alla
pressione atmosferica. L'uso prolungato di O2 al 100% va tuttavia evitato.
3) In certi casi può essere utile la tracheotomia
4) Somministrare aerosols con broncodilatatoriI simpaticomimetici (Isuprel, Epinefrina ecc.) insieme a mucolitici
epatoprotettori del surfactans non irritanti per evitare il broncospasmo ed incrementare la produzione di muco
5) Somministrare steroidiI ad alte dosi per via venosa, quindi per os onde combattere l'edema e l'insorgenza di
bronchiolite obliterante.
6) Somministrare analgesici per il dolore toracico, evitando assolutamente morfina ed altri depressori del respiro.
7) Antibioticoterapia ad ampio spettro.
8)Evitare assolutamente l'uso di chelanti
INTOSSICAZIONE CRONICA
Apparato respiratorio
1) LESIONI NASALI
Comparsa di atrofia della mucosa nasale, talora con piccole ulcerazioni fino alla completa e
spesso ignorata perforazione del setto.
IIposmia fino alla anosmia che pare dovuta all'effetto distrofico diretto sulla mucosa olfattiva
2) ENFISEMA POLMONARE
Insorge di solito senza precedenti bronchitici e senza concomitanti bronchiti.
Si ha un aumento del volume residuo senza aumento della C P T.
Anatomopalogicamente è un enfisema panlobulare, distrofico, con parenchima periferico ben
areato, ben diverso da quello cronico ostruttivo, avvicinandosi a quello senile. Insorge
tardivamente dopo una esposizione media superiore ai 10 anni.
Nella patogenesi viene invocata la inibizione della alfa-1-antitripsina da parte del metallo. Alle
PFR si ha uno spiccato aumento del VR.
Secondo un ‘altra interpretazione patogenetica, l’enfisema deriverebbe dalla azione sui setti
degli enzimi derivanti dalla necrosi di macrofagi alveolari provocata dal Cd.
L’aumento della attività alfa-1-antitripsinasica non sarebbe stato riscontrato, secondo altri AA,
in gruppi di lavoratori esposti sia con che senza enfisema.
MODIFICAZIONI A CARICO DEI DENTI
Comparsa di pigmentazione gialla dello smalto dei denti che inizia ad anello sul colletto del
dente scendendo verso il basso senza raggiungere tuttavia il bordo.
Si ha assenza di impregnazione delle gengive.
LESIONI RENALI
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Friberg nel 1950 descrisse la tipica proteinuria che non precipita con i comuni test al
riscaldamento e con l'acido Picrico (reattivo di Esbach), ma solo con acido nitrico al 25%,
acido Tricloroacetico al 25% o acidisolfosalicilico al 3%.
Si tratta di una proteinuria abasso peso molecolare (20'000-30'000), con mobilità variabile alla
elettroforesi dalle albumine alle gammaglobuline (con prevalenza alle alfa e beta).
La proteinuria è rappresentata da catene lambda e K delle immunoglobuline, beta-2microglobulina, lisosima, ribonucleasi, Retinol Binding Protein.
La proteinuria a basso peso molecolare sarebbe un segno precoce della intossicazione da Cd.
In caso di esposizione ulteriormente protratta possono comparire:
glicosuria, aminoaciduria, iperfosfaturia, ipercalciuria (S.di FANCONI secondaria).
Le lesioni sono espressione di un danno a carico del TUBULO PROSSIMALE.
La modificazione della funzionalità renale inizia quando la concentrazione del metallo nella
corteccia dell'organo raggiunge le 200 ppm.
Tardivamente può comparire anche un interessamento glomerulare con aumento della
creatininemia.
Rari sono i casi evolventi verso la insufficienza renale cronica.
Frequente è la comparsa di litiasi renale calcica.
LESIONI OSSEE
articolari o di neuriti (SINDROME DI ITAI ITAI per i Giapponesi). In seguito ad
assorbimento protratto di Cd, sia in campo professionale che extraprofessionale, sono state
descritte turbe a carico dell'apparato locomotore consistenti nella comparsa di dolore al rachide
LS ed agli arti inferiori con difficoltà alla deambulazione, in assenza di lesioni
Tali disturbi corrispondono a quadri di osteoporosi e osteomalacia dovuti alla alterazione del
metabolismo dell'osso provocate dal Cd in esso accumulato ed alla eccessiva perdita di calcio e
di fosfati attraverso il rene. E’ riportato anche un aumento della calcolosi renale calcica.
Pare che questi quadri siano favoriti da un diminuito apporto alimentare di Calcio e di Vitamina
D. All'esame radiologico si riscontrano fissurazioni simmetriche delle ossa, spesso al collo del
femore ma anche alle scapole ed al bacino (Milkman-Looser).
Si possono inoltre riscontrare turbe genearli quali dimagramento, astenia, alfa , beta e gamma
iperglobulinemia, ipertransferrinemia.
E' frequente una anemia di grado medio-modesto, tendenzialmente ipocromica ma anche
normocromica, nella cui genesi è stato ipotizzata una diminuzione dell'assorbimento del Ferro
ed anche una depressione della chelatasi.
Nell'animale intossicato l'anemia si previene mediante la somministrazione di Fe e Vit.C.
Risultati di indagini epidemiologiche e di ricerche sperimentali avrebbero fatto ipotizzare che il
Cd provocasse la insorgenza di IPERTENSIONE ARTRERIOSA, tali ipotesi tuttavia non
appaiono del tutto confermate dai dati della letteratura più recente, mentre parrebbe appurato
che il Cd eleverebbe solo i valori della sistolica.
E' stato ipotizzato che il Cd possa produrre un incremento delle neoplasie prostatiche e
polmonari.
MANGANESE
Oligoelemento biologicamente indispensabile il cui fabbisogno giornagliero è di 4 mg.
E' un regolatore della emopoiesi e dello sviluppo osseo.
E' un metallo di colore grigio acciaio, molto duro. Allo stato metallico ha proprietà riducenti.
Ha diverse valenze.
In natura è diffusamente rappresentato, specie i suoi ossidi, tra cui il più importante è il biossido (Pirolusite). Il Mn
puro non viene usato.
86
FONTI DI RISCHIO
- estrazione e trasporto del minerale
- industria siderurgica e metalmeccanica: produzione di leghe: Fe-Mn (acciaio
al Mn), Cu-Mn (bronzo)
- insaccamento delle scorie Thomas (contenenti l'8% di Mn)
- produzione di elettrodi per saldatura
- fabbricazione di pile a secco (contenenti pirolusite)
- produzione di Permanganato di K e suo impiego nella industria chimica
- impiego di sali di Mn come pigmenti (ceramica, vetro, tessile)
- impiego di composti organici: Resinato e Oleato di Mn (essicanti di vernici),
ASSORBIMENTO E CINETICA
Viene assorbito prevalentemente per via respiratoria sotto forma di polveri e fumi.
La via digerente è meno importante a causa della bassa percentuale della quota assorbita (soprattutto per la sua
scarsa solubilità nel succo gastrico).
Si deposita prevalentemente nelle ossa, fegato e nel rene, milza, midollo osseo e cervello.
In circolo si trova sotto forma trivalente, legato ad una proteina (TRANSMANGANINA) che è una beta1 globulina
e serve per il trasporto del metallo.
L'emuntorio principale è quello biliare, con parziale riassorbimento attraverso il circolo entero - epatico. La
eliminazione urinaria è molto bassa, salvo in caso di terapia chelante. La eliminazione avviene in una prima fase
rapida che dura circa 4 giorni (ne viene eliminato il 30% circa), ed una seconda fase lenta di circa 40 giorni.
Nei soggetti non esposti la via principale di introduzione è quella orale.
PATOGENESI
Mentre il metallo è poco tossico, gli OSSIDI ed i composti ORGANICI presentano elevata tossicità. A dosi
elevate presenta una duplice azione tossica: locale e generale.
azione locale: esercita effetto irritante a carico delle mucose respiratorie e digerenti
azione generale: azione tossica sul SNC soprattutto a livello del corpo striato, nucleo dentato e putamen. Inibisce
le sostanze neurotrasmettitrici centrali: dopamina, serotonina, colinesterasi e monoamminossidasi. Inibisce
l'adenilciclasi e stimola la cAMP-fosfodiesterasi con conseguente caduta dell'cAMP nelle cellule nervose.Provoca
lesioni epatiche.Provoca la insorgenza di poliglobulia forse in relazione ad alteraziobni del SNC.
INTOSSICAZIONE ACUTA
a) per INGESTIONE
Gastroenterite emorragica con edema della glottide in seguito ad ingestione dei composti del Mn più
dotati di effetto ossidante (ad es. permanganato di K)
b) per INALAZIONE
Gli OSSIDI di Mn possono provocare la insorgenza di fenomeni irritativi delle vie respiratorie con febbre.
Nei saldatori può provocare l'insorgenza di un quadro simile alla "febbre da fumi metallici".
In soggetti affetti da infezioni respiratorie provoca la comparsa di manifestazioni flogistiche fino ad arrivare alla
POLMONITE MANGANICA, ad estensione lobare, con espettorato vischioso colore ruggine (miele denso) e
talora emoftoico. Tale quadro, nella cui patogenesi ha molta importanza la inibizione macrofagica da parte del
metallo, presenta una elevata mortalità.
INTOSSICAZIONE CRONICA (manganismo)
Al I stadio della malattia si possono avere segni neurologici e psichici aspecifici quali: astenia, sonnolenza,
ipereccitabilità, diminuzione della libido ,motilità goffa.
Segue un II Stadio con difficoltà alla deambulazione, amimia, disartria, tremori sia spontanei anche in seguito a
fatica od emozioni.
III Stadio con riso spastico, accentuazione dei tremori, impossibilità di effettuare la marcia all'indietro, andatura a
gallinaccio, psicosi maniaco - depressiva.
La cessazione della esposizione arresta in genere la evolutività, talora con lieve e parziale regressione del quadro.
Vi è diversa suscettibilità a contrarre il manganismo ed è legata sia alla differente capacità di escrezione del
tossico sia anche a situazioni ferrocarenziali.
A carico del sangue si ha leucopenia e poliglobulia. Possono comparire rinite cronica con epistassi e stomatite
eritemato - ulcerosa.
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In taluni casi viene segnalata la insorgenza di epatopatia cronica ad evoluzione cirrogena.
PROGNOSI
In caso di polmonite, con l'avvento della antibioticoterapia, la prognosi è nettamente migliorata. Nel caso di
manganismo, se la intossicazione viene diagnosticata in fase precoce (I stadio) e se è seguita dall'allontanamento
definitivo, si può ottenere anche una guarigione completa, entro alcuni mesi dopo trattamento chelante.
Nel manganismo al II stadio i sintomi nervosi di solito non regrediscono e nel migliore dei casi si ottiene l'arresto
della evoluzione in seguito all'allontanamento definitivo.
TERAPIA
a) polmonite chimica: riposo assoluto. Ossigenoterapia, antibioticoterapia ad
ampio spettro. Terapia sintomatica
c) manganismo cronico: viene somministrato CaNa2EDTA alle stesse dosi
usate per il saturnismo. L'uso del chelante è indicato soprattutto nel I stadio in
quanto, dopo la insorgenza dei segni motori, i risultati della terapia chelante sono
meno evidenti.E' stato utilizzato anche il sale sodico-dicalcico dell'acido DietilenTriammino-Pentacetico (DPTA), alla dose giornaliera di di 1 g. profuso lentamente per
vena. Viene usato anche la L-DOPA che risulta molto utile nel migliorare la acinesia e la
rigidità.
BERILLIO
Metallo leggero, molto duro ed elastico.
Si estrae prevalentemente dal berillo (silicato di Al e Be).
FONTI DI RISCHIO
Estrazione del minerale e Metallurgia.
Fabbricazione do LEGHE. La più importante e' la Cu-Be (bronzo al berillio)
Essendo amagnetico ed ottimo conduttore, impiegato nella industria elettrica
ed in quella elettronica, in orologeria e negli apparecchi di precisione.
Fabbricazione filamenti per lampade.
Altre leghe con Mg, Ni, Co ed Al sono le più usate (aeronautica, tv ecc.).
Ricerche spaziali: la debole densità, la durezza e l'amagnetismo sono caratteristiche che ne condizionano l'impiego
nella fabbricazione delle strutture leggere dei razzi e dei satelliti artificiali. Industria nucleare.
Larga utilizzazione nei reattori nucleari (serve come fonte di neutroni).
Preparazione di pietre preziose sintetiche. Ceramica. Industria del cristallo.
Tubi fluorescenti: il 2% di Be aggiunto al silicato di Zn costituisce la migliore sostanza fluorescente che tuttavia
oggi non è più usata.
ESPOSIZIONE EXTRAPROFESSIONALE
Contaminazione dell'aria in prossimità di insediamenti industriali.
Combustione del carbone. Fumo di sigaretta.
Attraverso l'acqua e gli alimenti ( circa 100 gamma/die)
CINETICA
Il dosaggio del metallo nelle urine può essere correlato con una recente esposizione.
La La principale via di assorbimento è quella respiratoria (fumi, vapori e polveri). Viene
assorbito tuttavia in minima parte anche sotto forma di composti idrosolubili.
Per via digerente viene assorbito in misura inferiore all'1%.
E' presente nel sangue in concentrazioni molto basse (1 o 2 gamma nella intera massa
sanguigna).
Si localizza diffusamente in tutti gli organi ma dapprima nel polmone, quindi nel fegato, milza
e scheletro.
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Sembra non esistere una correlazione tra Be ematico ed entità della esposizione.
Viene escreto molto lentamente attraverso feci ed urine.
La escrezione urinaria si protrae per lunghi tempi anche dopo la cessazione della esposizione.
MECCANISMO d'AZIONE
L'attività biologica del Berillio è elevata: è sufficiente la concentrazione anche solo di 1
gamma/m3 nell'aria per provocare la insorgenza di manifestazioni croniche.
Concentrazioni atmosferiche di 25 gamma /m3 possono indurre la comparsa di effetti acuti.
I sali idrosolubili di Be quali il fluoruro, il solfato ed il cloruro così come l'ossido di Be sono
dotati di elevata azione irritante nei confronti della cute e delle mucose (respiratorie e
congiuntivali).
Le particelle di Be metallico NON sono irritanti.
L'effetto irritante dei composti del Be è alla base dei quadri di patologia acuta.
Gli effetti cronici provocati dallo ione Be sono dovuti ad un meccanismo, molto
presumibilmente di tipo immunitario.L'esatto meccanismo d'azione tuttavia è tutt' ora incerto.
Sembra che il Be si comporti da aptene e, una volta coniugato con una proteina, inneschi il
meccanismo immunitario. Nei soggetti affetti da berilliosi è costante una
ipergammaglobulinemia. Linfocititi di pazienti affetti da berilliosi cimentati con berillio- ioni
subiscono una trasformazione blastica.
Nel BAL di soggetti affetti da berilliosi è presente un alto numero di linfociti con elevata
percentuale di linfociti T.
Le particelle di Be come pure gli ossidi di Be inducono la formazione di granulomi epitelioidi
nei soggetti predisposti, infiltrazione dei setti ed infine fibrosi.
Sembra che il FLUORURO di Be possa provocare una tipica alveolite da ipersensibilizzazione
se inalato in concentrazioni superiori al TLV ma non elevate al punto da provocare l'insorgenza
di effetti da irritazione.
Dai polmoni il Be viene lentamente trasferito agli altri organi.
Il Fluoruro di Be è da considerarsi un forte sensibilizzante cutaneo.
Il Be ha una grande affinità per alcuni enzimi quali la fosfatasi alcalina, la fosfoglicomutasi e la
Na, K -ATPasi
Si localizza nel nucleo dei gli epatociti ove inibisce la sintesi del DNA
Il Be è stato riscontrato essere induttore dei sistemi enzimatici lizosomiali e cellulari epatici.
Il Be agisce nei processi osteogenetici mediante il blocco delle fosfatasi alcaline dell'osso.
In diverse specie di animali è stato riscontrato cancerogeno.
Nell'uomo è sospettata una azione oncogena a carico del polmone.
INTOSSICAZIONE ACUTA
La inalazione di Sali alogogenati o di ossidi del Be determina un quadro irritativo delle vie respiratorie il cui
esordio può essere analogo a quello della febbre da fumi metallici.
La inalazione di forti dosi di Be provoca uno spiccato risentimento dell'albero bronchiale con tosse secca, dolore
toracico e talora può essere presente spiccato broncospasmo.
In funzione della entità della dose inalata si ha una ARDS cioè una compromissione del polmone distale che porta
all'EDEMA ed alla POLMONITE CHIMICA (broncop
Il quadro radiologico è caratterizzato in un primo tempo dalla comparsa di opacità sfocate in sede parailare e dalla
presenza di micronodulazione diffusa con aspetto miliariforme. In seguito compaiono infiltrati omogenei che
dipartono dall'ilo ai campi medio-inferiori.
Nei casi particolarmente gravi si ha una accentuazione della cianosi e della dispnea, epatomegalia interessamento
renale con proteinuria; la mortalità è molto elevata.
Nei casi favorevoli la normalizzazione del quadro può richiedere anche anni.
E’ concomitante una irritazione delle vie aeree superiori, con ulcerazioni della mucosa rinofaringea e soffusioni
emorragiche. E' stata segnalata anche la perforazione del setto nasale.
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Associate coesistonocongiuntivite e dermatiti papulose e papulo-vescicolari.
La penetrazione di frammenti di Be sottocute determina la formazione di granulomi e di ulcere torpide formati da
cellule epitelioidi, monociti, linfociti circondati da uno stroma fibroso che possono andare incontro a
caseificazione.
Raramente guariscono se non si esegue una escissione chirurgica.
INTOSSICAZIONE CRONICA (BERILLIOSI)
La BERILLIOSI (CBD chronic beryllium disease) insorge da 2 a 9 anni dall'inizio della
esposizione ed è una pneumopatia interstiziale granulomatosa che insorge solo in una
determinata e non elevata percentuale degli esposti.
Raramente la forma può rappresentare la prosecuzione di una intossicazione acuta.
La forma può esordire anche anche dopo diversi anni dalla cessazione dalla esposizione.
In una fase precoce si ha alveolite con ispessimento dei setti alveolari ed infiltrazione
dell'interstizio da parte di linfociti, plasmacellule, cellule epitelioidi, cellule giganti con
inclusioni concoidi, asteroidi e cristalline.
Analoga composizione è quella dei granulomi diffusi a tutto il polmone ma che possono essere
presenti anche nel fegato, nella milza e nei linfonodi.
A tale quadro corrisponde un corteo sintomatologico caratterizzato da tosse secca, dispnea,
dolore toracico, astenia, dimagrimento. Il quadro evolve verso la fibrosi intersiziale diffusa.
Insorgenza di cuore polmonare cronico.
La dispnea aumenta, compaiono cianosi, ippocratismo digitale ed evoluzione verso la
insufficienza respiratoria.
Sotto il profilo funzionale il deficit di diffusione alveolo-capillare è precoce e può precedere
la comparsa dei segni radiologici.
Il deficit funzionale ventilatorio è di tipo restrittivo anche se in alcuni casi può insorgere
anche una componente ostruttiva.
Possono concomitare epatosplenomegalia e dolori. Articolari.
Sotto il profilo radiologico si ha dapprima la comparsa di una micronodulazione (tipo p) ed in
seguito compare reticolazione seguita da una nodulazione diffusa (tipo q) con quadro
miliariforme a tempesta di neve simile a quello della sarcoidosi.
Possono aggiungersi atelettasie agli apici o alle basi ed enfisema bolloso.
La guarigione è eccezionale e la mortalità nei casi gravi e' elevata.
La maggioranza degli AA concordano per un meccanismo immunologico (vi sarebbe una
buona correlazione tra gravità del quadro e trasformazione blastica dei linfociti).
Gravi situazioni stressanti (interventi chirurgici, gravidanze, malattie infettive)possono
accelerare l'aggravamento e la evoluzione .
Può concomitare una litiasi renale calcica.
Dal punto di vista umorale sono presenti iperprotidemia con ipergamma-globulinemia ed
ipercalcemia con ipercalciuria.
Viene descritto anche un quadro di reumatismo cronico di tipo reumatoide.
La diagnosi differenziale viene posta con la SARCOIDOSI
Il patch test al Be può essere positivo.Nella berilliosi non vi è coalescenza delle immagini
radioopache.La risposta alla terapia cortisonica è meno buona nella berilliosi.Si possono
riscontrare dermatiti eczematose allergiche accompagnate spesso da congiuntiviti.i.
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SOLVENTI
Definizione.
Composti organici generalmente ma non necessariamente liquidi alla temperatura ed alla
pressione ambientale, capaci do sciogliere numerose sostanze organiche insolubili in
acqua, senza modificarne le proprietà.
PRINCIPALI CAMPI DI APPLICAZIONE DEI SOLVENTI
INDUSTRIA CHIMICA (petrolchimica, sintesi)
PRODUZIONE VERNICI ED INCHIOSTRI
VERNICIATURA (metalmeccanica, legno)
INDUSTRIA CALZATURIERA
INDUSTRIA DEL CAUCCIU'
INDUSTRIA DEL GIOCATTOLO
SGRASSANTI (metalmeccanica, elettronica ecc.)
LAVANDERIE A SECCO
INDUSTRIA GRAFICA
INDUSTRIA FRIGORIFERA
PROFUMERIA
INDUSTRIA ALIMENTARE
TAPEZZERIA
SANITA'
HOBBISTICA
CLASSIFICAZIONE DEI
SOLVENTI
- IDROCARBURI ALIFATICI
- IDROCARBURI AROMATICI
- IDROCARBURI ALICICLICI
- DERIVATI ALOGENATI DEGLI IDROCARBURI ALIFATICI ed
AROMATICI
- IDROCARBURI TECNICI
- ALCOOLI e GLICOLI
- ALDEIDI e CHETONI
- ESTERI ed ETERI DI ALCOOLI e GLICOLI
- AMMIDI
- NITROPARAFFINE AROMATICHE ed ALIFATICHE
- COMPOSTI a STRUTTURA VARIA
I solventi disponibili sono molto numerosi, tuttavia nelle varie attività lavorative, sia
artigianali che industriali, ricorrono frequentemente gli stesi prodotti ed in numero
piuttosto limitato per cui, in effetti, si restringe notevolmente il numero di composti che
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rivestono particolare interesse sotto il profilo,della pratica quotidiana del medico del
lavoro
Il consumo medio annuo di solventi industriali in Italia è di circa 800.000 tonnellate di cui il:
50% utilizzati per vernici, diluenti, colle, inchiostri e profumi
20% nella industria della gomma
20% nella industria dei pesticidi
9% nello sgrassaggio dei metalli e nei lavasecco
1% nella industria degli esplosivi
Nei prodotti vernicianti i solventi sono prevalentemente rappresentati da Toluene e Xilene;
mentre nelle pelletterie vi è un massiccio impiego di N-Esano.
Secondo la CEE nel 1990 in Europa si è verificato un consumo di 4.400.000 tonnellate di
solventi: di cui il 43% nella verniciatura ed il 10% nello sgrassaggio dei metalli., il consumo
era ripartito nel seguente ordine:
Idrocarburi alifatici
28%
Idrocarburi aromatici
20%
Idrocarburi clorurati
18%
Alcooli
14%
Chetoni
10%
Esteri
7%
Glicoli e Eteri
3%
CARATTERISTICHE GENERALI
DEI SOLVENTI
Caratteristiche fisico chimiche e biologiche dei solventi
Ad eccezione di alcuni composti (ad esempio i fluoroalcani) i solventi, alla temperatura
ambientale, si presentano allo stato liquido.
La maggior parte di questi composti presenta una elevata volatilità, tale da farli diffondere
rapidamente nell'ambiente di lavoro, raggiungendo facilmente concentrazioni pericolose.
Ad eccezione della maggior parte dei composti alifatici alogenati, i solventi sono infiammabili
e spesso i loro vapori diluiti nell'aria, costituiscono miscele esplosive.
Circa la biodegradabilità i solventi si comportano in maniera diversa a seconda della
composizione chimica: dalla rapida biodegradabilità di alcuni composti (esteri, alcoli, chetoni
ecc.) si passa alla lunga persistenza di molti composti alogenati nell'ambiente e negli organismi
viventi (vedi tabelle allegate).
La principale via d'assorbimento, nella esposizione professionale, è quella respiratoria, anche
se diversi solventi possono essere facilmente assorbiti attraverso la cute integra.
Per diversi solventi la via respiratoria rappresenta anche una importante via di eliminazione
(vedi tabella).
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Tutti i solventi in genere, oltre ad esercitare una azione sgrassante della cute, rendendola
oltretutto più vulnerabile nei confronti degli agenti fisici e chimici, possono, in misura diversa
fra loro, esercitare direttamente un effetto irritante, fino a determinare la comparsa di gravi
dermatiti.
Alcuni solventi sono in grado di indurre la comparsa di sensibilizzazione allergica (eczema,
orticaria).
Anche l'occhio può facilmente essere il bersaglio dell'azione irritante esercitata dai solventi con
la comparsa di congiuntiviti e, nei casi più gravi, di cheratiti.
Effetto irritante viene ad esercitarsi anche a carico delle mucose delle prime vie aeree e di
quelle bronchiali (rino-faringo-tracheiti, bronchiti), fino a determinare, nei casi più gravi, la
comparsa di edema polmonare acuto.
Altra azione importante esercitata da quasi tutti i solventi (tranne pochissime eccezioni) è
rappresentata dalle modificazioni indotte sul SNC in seguito ad intossicazione acuta.
Sia per la grande quantità di sangue che affluisce all'encefalo, che per la spiccata lipofilia dei
solventi, nei casi di introduzione massiva (per via digerente o per via respiratoria) questi
composti raggiungono elevate concentrazioni nel SNC determinando dapprima fugaci effetti di
tipo irritativo (come ad es. la ebbrezza alcolica), seguiti dalla comparsa di spiccati effetti
depressivi, fino alla narcosi ed al coma. Nelle intossicazioni gravissime viene saltata la fase
eccitatoria e compaiono immediatamente gli effetti depressivi che possono condurre
rapidamente alla morte per paralisi dei centri vitali.
Rammentiamo come molti solventi siano stati impiegati per la narcosi in chirurgia.
Gli effetti cronici dei solventi sul SNC talora consistono nella induzione di un progressivo
degrado delle funzioni psichiche superiori, con abbassamento delle varie performances e
l'instaurarsi di una sindrome psico-organica talora accompagnata da ipotrofia della corteccia
cerebrale, rilevabile alla TAC o alla RMN.
Altro effetto della esposizione cronica ai solventi è rappresentato dalla comparsa di alterazioni
a carico del Sistema Nervoso vegetativo, la cosiddetta Sindrome vagale (caratterizzata da
vampate di calore, tachicardia, alterazioni del ritmo cardiaco, dermografismo, alterazioni della
sudorazione ecc.).
Altri effetti cronici indotti dai solventi a carico del S.N. sono rappresentati dalle polineuriti
che interessano generalmente i nervi periferici e sono di tipo sensitivo-motorio.
93
Numerosi solventi possono indurre la comparsa di lesioni epatiche sia mediante un effetto
citotossico diretto sull'epatocita che porta al quadro della necrosi centrolobulare (tipica la
azione esercitata da alcuni composti alifatici alogenati , ad esempio il Tetracloruro di
Carbonio).
Altri solventi possono favorire la comparsa di steatosi epatica.Ed altri ancora possono
esercitare induzione enzimatica.
Alcuni solventi infine possono provocare lesioni tubulari renali.
Dobbiamo infine rammentare come tra i solventi siano stati riscontrati numerosi composti
dotati di effetti mutageni e cancerogeni per l'uomo (benzene, cloruro di vinile, tetracloruro di
carbonio, Dimetilsolfato).
Moltissimi poi sono i solventi riscontrati cancerogeni sperimentali e pertanto considerati come
possibili cancerogeni per l'uomo(a quest'ultimo gruppo appartengono numerosi composti
clorurati).
Una volta assorbiti i solventi vengono sottoposti a biotrasformazioni metaboliche con
conseguente possibilità di ottenere:
- una degradazione completa (eteri, esteri alcoli)
- una trasformazione in metaboliti peculiari (xilene, stirene, tricloroetilene
ecc.)
- una trasformazione in metaboliti comuni ad altri composti assunti con gli
alimenti (benzene, toluene)
- una trasformazione in composti non noti
IDROCARBURI
TECNICI
Sotto questo termine vengono compresi diversi composti liquidi, derivati dalla distillazione del PETROLIO e
costituiti da miscele di IDROCARBURI.
Gli idrocarburi contenuti in questi prodotti sono rappresentati prevalentemente dagli ALIFATICI saturi (paraffine)
lineari o ramificati, da idrocarburi ALICICLICI ciclopentadienici e cicloesanici (naftenici) ed, in minor misura, da
idrocarburi AROMATICI.
Essi vengono definiti con vari termini e, secondo le loro caratteristiche, vengono impiegati come combustibili
(benzine, nafta, gasolio, kerosene, oli combustibili ecc.), grassanti e diluenti (benzine, ragia minerale,
solvente Stoddard, petrolio, nafta, etere di petrolio, White spirit ecc.), insetticidi e oli lubrificanti.
La esposizione protratta (professionale) a questi prodotti provoca prevalentemente la comparsa di fenomeni
irritativi a carico della cute e delle mucose (congiuntive, vie aeree superiori) e la comparsa di alterazioni a carico
del S.N.
La eventuale mielotossicità è in funzione del contenuto in BENZENE.
La via principale di introduzione è quella RESPIRATORIA, attraverso la quale vengono anche inparteeliminati i
vari idrocarburi. Via accidentale è quella DIGERENTE.
Questi prodotti possono venire assorbiti in parte anche attraverso la CUTE integra.
INTOSSICAZIONE ACUTA
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Tale forma di intossicazione riguarda soprattutto il petrolio greggio e gli oli leggeri in quanto più inalabili e più
assorbibili..
Le forme acute conseguono alla inalazione oppure alla ingestione di quantità elevate di solvente.
a) forma FULMINANTE
Conseguente ad ingestione oppure ad inalazione massiva.
Predomina l'effetto narcotico con rapida perdita di coscienza, convulsioni, collasso c.c., coma e morte nello spazio
di una decina di minuti.
b) FORMA ACUTA(per inalazione o per ingestione)
Rapida comparsa di sintomi nervosi di tipo irritativo con delirio, vertigini, contrazioni muscolari, seguiti da
disturbi depressivi con affievolimento di coscienza, sopore, diminuzione dei riflessi, amnesia, irritazione oculare,
turbe respiratorie, cianosi, nausea, vomito e turbe enteriche.
Se introdotto per via respiratoria si ha un grave quadro irritativo con EDEMA POLMONARE emorragico e
POLMONITE CHIMICA con grave evoluzione.
La insorgenza della pneumopatia è rapida e già dopo 30' dalla introduzione è possibile riscontrare opacità
radiologiche.
Le lesioni prediligono le basi polmonari bilateralmente oppure quella destra.
Si possono avere superinfezioni batteriche con decorso iperpirettico e la comparsa di ascessi polmonari.
Talora si associano gravi lesioni degenerative epatiche, renali e miocardiche.
La guarigione avviene in genere dopo 15 giorni con scomparsa anche dei segni radiologici (opacità isolate oppure
confluenti).
INTOSSICAZIONE CRONICA
a) CUTE
Le alterazioni cutanee rappresentano i disturbi più frequenti nella esposizione cronica a questi prodotti.
Esse insorgono nelle sedi più esposte quali mani, avambracci, volto, faccia interna delle cosce, scroto. Sono in
genere dermatiti croniche con IPERCHERATOSI diffusa, FOLLICOLITI con comedoni occlusivi,
MELANODERMIA.
Talora insorgono VERRUCHE (con possibilità di evoluzione neoplastica).
Frequenti sono le forme da SENSIBILIZZAZIONE.
SISTEMA NERVOSO
Il quadro neurologico che viene più spesso riferito alla esposizione cronica è quello della SINDROME PSICOORGANICA.
Apparato EMOPOIETICO
Forme di anemia, piastrinopenia, leucopenia, aplasia midollare e di leucosi sono state attribuite alla presenza di
BENZENE.
IDROCARBURI ALIFATICI
a)allo stato GASSOSO:
METANO: non tossico(solo asfissiante)
ETANO:
idem
PROPANO: modesta neurotossicità(vertigini)
BUTANO:
idem(sonnolenza)
b)allo stato LIQUIDO:
PENTANO, ESANO, EPTANO, OTTANO
sono dotati di blanda azione irritante sulla cute e sulle mucose.
Posseggono blanda azione narcotica.
L'ESANO (n-esano), impiegato soprattutto come COLLANTE nei calzaturifici, è considerato
NEUROTOSSICO e responsabile della polineurite dei calzaturieri (forma sensitivo motoria che
interessa i 4 arti, soprattutto gli inferiori).
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Il metabolita neurotossico dell'esano è il 2-5-ESANDIONE, che è anche metabolita del MetilN-Butilchetone, solvente impiegato come collante nei calzaturifici e anch'egli riscontrato
neurotossico.
IDROCARBURI
AROMATICI
Oltre al BENZENE il cui impiego come solvente è proibito per legge e che fino alla prima
metà degli anni 60 , prima della sua proibizione, rappresentava uno tra i solventi più
diffusamente utilizzati, a questo gruppo di solventi appartengono il TOLUENE e lo XILENE
(nei suoi tre isomeri), che in parte hanno sostituito il benzene stesso nel suo impiego come
solvente e lo STIRENE, utilizzato diffusamente nella produzione di manufatti in vetroresina.
n.b.
la desinenza in -ene indica il prodotto puro mentre quella in -olo sta ad indicare il prodotto
commerciale.
BENZENE
Dal 1963,a seguito della applicazione delle disposizioni di legge che proibivano l'impiego
del Benzene come solvente, il rischio è limitato alla presenza nei suoi sostituti nella misura
del 2%, tollerata dalla legge.
In alcune attività artigianali e nel lavoro domiciliare sono state riscontrate evasioni della legge,
soprattutto per il basso costo del benzene e per le sue qualità tecniche.
Il rischio professionale, seppure diluito, è presente nella PETROLCHIMICA, in altri settori
della industria chimica e presso coloro che lavorano o che manipolano derivati del petrolio
contenenti il B.
La esposizione extraprofessionale è rappresentata dalla presenza del B. come contaminate l'aria
nelle aree ad elevato traffico autoveicolare e nelle zone circostanti le raffinerie (vedi figure).
Anche il fumo di sigaretta, sia attivo che passivo, rappresenta una fonte di introduzione. Il B.
infine può essere un contaminante delle acque e di cibi e bevande.
VIE DI ASSORBIMENTO, DEPOSITO E VIE DI ELIMINAZIOINE
Nella esposizione professionale la via di assorbimento più importante è la respiratoria.
96
Attraverso tale via, in ambienti di lavoro sprovvisti di adeguati sistemi di aspirazione,
possono essere introdotte quantità pericolose del tossico, anche se il B. è presente nelle
miscele dei sostituti entro le misure previste dalla legge.
L'assorbimento per via transcutanea attualmente risulta irrilevante.
Nella esposizione professionale la via digerente non rappresenta una via di assorbimento,
mentre lo può diventare nella esposizione extraprofessionale , per la presenza del B. come
contaminante di cibi e bevande.
Il Benzene assorbito viene depositato nei tessuti in relazione al loro contenuto il lipidi.
Nella esposizione cronica i principali organi di deposito sono: tessuto adiposo, midollo osseo
ed, in minor misura, fegato e milza.
L'abbondanza di adipe costituisce un fattore predisponenente per la intossicazione cronica, in
quanto il B. permane più a lungo nell'organismo (la eliminazione dei metaboliti è più lenta
nella femmina che nel maschio e forse questo è il motivo della maggior vulnerabilità del sesso
femminile).
Il 50% circa del Benzene assorbito viene eliminato come tale attraverso il polmone dopo la
esposizione.
La quota trattenuta viene sottoposta a trasformazione metabolica, con escrezione piuttosto
rapida dei metaboliti, che si completa in 24-48 ore.
Attraverso le urine viene escreta una
piccola quantità del solvente come tale (non
superiore al 3%)
La biotrasformazione avviene prevalentemente a livello del sistema reticolo endoplasmatico.
La prima reazione è catalizzata dalle monossidasi microsomiali e tasforma il tossico in
BENZENE EPOSSIDO, prodotto intermedio altamente reattivo (radicale libero) che può
legarsi a costituenti cellulari (proteine, ac.nucleici ecc.) oppure essere ulteriormente
metabolizzato.
Il B-epossido viene quindi trasformato in FENOLO, il quale viene successivamente coniugato
con ac.glicuronico o con solfati ed eliminato attraverso i reni.
Il Fenolo libero e coniugato rappresenta il principale metabolita urinario.
In piccola parte il B.Epossido si lega al glutatione per formare ACIDO MERCAPTURICO (Nacetil-S-fenil-cisteina).
Esistono altre due vie metaboliche di minore importanza che portano alla eliminazione l'una, di
CHINOLO(idrochinone), CATECOLO (1,2-di-idrobenzene), IDROSSICHINOLO (1,2,4-
97
benzen-triolo) e l'altra, dopo apertura dell'anello, porta alla eliminazione di ACIDO
TRANS,TRANS MUCONICO.
PATOGENESI
Sia gli effetti tossici che quelli cancerogeni e genotossici vengono generalmente attribuiti
essenzialmente al BENZENE EPOSSIDO.
In letteratura tuttavia non vi è totale accordo in quanto diversi AA ipotizzano anche
l'intervento degli altri metaboliti( fenolici e non) nella patogenesi della intossicazione cronica.
Il BENZENE EPOSSIDO comunque è un radicale libero altamente elettrofilo che si lega con
legame covalente a complessi macromolecolari cellulari provocando modificazioni strutturali a
livello delle matrici biologiche e tale modificazione può essere considerata il primo passo verso
l'effetto tossico (lesione chimica).
Anche l'AC.TRANS-TRANS MUCONICO ha potenzialità mutagene in quanto può
trasformarsi in diepossido.
E' stato ipotizzato che gli enzimi presenti nel midollo osseo possano produrre dal Benzene
ac.t,t,muconico ed in seguito i relativi diepossidi, spiegando in tal modo la tossicità e la
cancerogenicità.
EFFETTI CRONICI DEL BENZENE
solventi, trattiamo, tra gli effetti cronici, soltanto quelli esercitati dal B. sul SISTEMA
EMOPOIETICO, essendo gli altri aspetti della azione cronica simili a quelli provocati dalla
maggior parte dei solventi (epatotossicità, neurotossicità ecc.).
Il tempo di latenza tra inizio della esposizione e comparsa dei sintomi può essere molto lungo
(anche di diversi anni), per cui i sintomi possono comparire anche dopo la cessazione della
esposizione.
I fattori individuali di ipersuscettibilità rivestono una importanza notevole: a parità di
esposizione solo alcuni soggetti possono manifestare il danno midollare.
Maggiormente colpito è il sesso femminile.
I PRODROMI della intossicazione cronica, se presenti, sono del tutto aspecifici (turbe
dispeptiche di lieve entità, cefalea e vertigini).
E’ da premettere che la mielopatia benzenica (ipoplasia ed aplasia midollare) rappresenta la
patologia da B. dosedipendente e, in quanto tale, attualmente a seguito della
98
proibizione del B. come solvente, la si può considerare scomparsa, al contrario di quello che si
verifica Omettendo la descrizione degli effetti acuti, peraltro sovrapponibili a quelli degli altri
nei confronti della patologia genotossica (blastica) del solvente, più poltre trattata, che, non
essendo dose dipendente ma stocastica, è purtroppo tutt’oggi di elevata attualità.
I primi sintomi riferibili a danno midollare sono rappresentati dai segni correlabili ad uno lieve
stato anemico (anemia normo o ipercromica di tipo iporigenerativo con aumento del VCM) e
ad una piastrinopenia con conseguente diatesi emorragica..
In questa fase il controllo del morfologico, oltre alla anemia, rileva una LEUCOPENIA con
linfocitosi relativa e piastrinopenia, bilirubinemia normale e sideremia elevata da scarsa
utilizzazione di Fe.
Alla mielobiopsia il quadro è in genere ipoplastico con riduzione degli elementi di tutte le serie.
In certi casi può essere presente dissociazione tra il quadro midollare (iperplastico) e il quadro
periferico.
Nei casi a con midollo iperplastico spesso si ha un blocco maturativi.
Negli stadi iniziali talora si può riscontare una ipoplasia selettiva a carico di una sola serie e
l'interessamento di tutti gli elementi solo in un secondo tempo.
In certi casi la SINDROME EMORRAGICA è presente anche in assenza di piastrinopenia,
dipendendo in tal caso da una alterazione funzionale delle piastrine o da una aumentata fragilità
capillare.
Se i p. vengono allontanati dal rischio precocemente ed opportunamente trattati possono
giungere alla guarigione, in genere dopo diversi anni.
L'allontanamento dal rischio anche in fase precoce non esclude tuttavia che una buona parte dei
p. sviluppi la emopatia in modo sfavorevole.
Se la esposizione al tossico non è sospesa definitivamente i sintomi subiscono un Progressivo
aggravamento e si instaura il quadro della APLASIA MIDOLLARE.
Un quadro di PANCITOPENIA ACUTA si può riscontrare anche in assenza dei segni di
intossicazione cronica.
TOSSICITA' CRONICA:FORME BLASTICHE
Le LEUCOSI BENZENICHE insorgono in genere in p. con anemia iporigenerativa datante
da lungo tempo nel cui decorso il midollo passa dal quadro ipoplastico a quello leucemico.
99
Le leucemie benzeniche sono in genere leucemie acute emocitoblastiche e mieloblastiche; è
possibile una modesta leucocitosi, tranne che in fase terminale.
Modesta è in genere la splenomegalia.
Alla mielobiopsia si riscontra la sostituzione da parte di elementi indifferenziati.
In alcuni casi il midollo è povero mentre esiste infiltrazione leucemica in altri organi.
Frequentemente le leucemie insorgono durante la esposizione, tuttavia sono state descritte
forme leucemiche insorte anche dopo diversi anni dalla cessazione del rischio.
Sono state descritte anche ERITROLEUCEMIE e data la rarità di tali forme, il numero di esse
è risultato sempre più elevato di quello atteso.
I francesi attribuiscono al Benzene anche la insorgenza di leucosi croniche.
Il decorso delle Leucemie benzeniche è simile a quello delle forme "spontanee", cioè fatale.
DIAGNOSI
In considerazione della particolare gravità della intossicazione cronica da B., che risulta fatale
nella maggior parte dei casi, al giorno d'oggi è assurdo parlare di diagnosi di BENZOLISMO,
in quanto tale rischio non dovrebbe più esistere in alcun modo (il NIOSH propone TLV non
superiori a 1ppm).
Esiste purtroppo ancora oggi la probabilità che lavoratori siano esposti al rischio, seppure
minimo, anche utilizzando miscele di solventi a norma di legge, soprattutto se non vengono
applicate le norme di igiene industriale.
E' pertanto necessario eseguire una accurata sorveglianza sanitaria ed un efficiente
monitoraggio biologico ogni volta si presenti il rischio, anche se diluito.
Il controllo sanitario periodico, oltre l'esame clinico, dovrà comprendere la esecuzione dell'es.
emocromocitometrico completo con VCM e con formula leucocitaria, conta delle piastrine e la
esecuzione dei test biologici di esposizione.
I risultati dell'esame morfologico devono essere riferiti a quelli dei controlli precedenti e
soprattutto a quelli precedenti l'assunzione e non ai "valori normali", essendo molto ampio il
range di normalità degli elementi figurati del sangue .
Il riscontro di una alterazione della crasi ematica ai primi controlli periodici consiglia
l'immediato e definitivo allontanamento dal rischio.
Il controllo periodico dell'esame morfologico non consente tuttavia di escludere la possibilità di
comparsa di improvvise alterazioni della crasi ematica in lavoratori con precedenti controlli
costantemente normali, in quanto l'inizio della ipoplasia midollare può essere spesso insidioso,
100
date le ampie riserve funzionali del midollo osseo, per cui il quadro ipoplastico si può
manifestare in seguito alla azione di concomitanti fattori scatenanti.
Dai valori dei parametri utilizzati per il monitoraggio biologico della esposizione a benzene si
ricavano utili informazioni sulla possibilità di esistenza di danni latenti.
I principali indicatori di dose utilizzati sono:
1) dosaggio del FENOLO TOTALE(libero e coniugato) nelle urine (indicatore non
specifico) non dovrebbe venire più utilizzato.
2) dosaggio del BENZENE nell'aria espirata
3) dosaggio del BENZENE nel sangue e nelle urine
4) determinazione del rapporto SOLFATI INORGANICI / SOLFATI TOTALI nelle
urine (attualmente non più utilizzato)
5)
dosaggio dell’acido Trans, Trans Muconico : attualmente rappresenta il test più
6)
dosaggio dell’acido 5- fenilmercapturico urinario
Gli ultimi due markers vengono oggi utilizzati in quanto indicatori specifici
7) conteggio delle aberrazioni cromosomiche. Test dei MICRONUCLEI
Il dosaggio del fenolo urinario, essendo questo metabolita un indicatore assolutamente
aspecifico e non utilizzabile nelle esposizioni a basse dosi, attualmente non dovrebbe più
venire utilizzato.
TOLUENE
E’ uno.tra i solventi maggiormente impiegati.
- solvente di oli, resine, gomma naturale e sintetica, bitumi, asfalti ecc.
- diluente di pitture, vernici, inchiostri
- nelle sintesi chimiche (esplosivi, fenolo, industria farmaceutica, profumi
ecc.)
- è presente nei carburanti, specie in quelli per la aeronautica, per le
proprietà antidetonanti.
Il prodotto, altamente purificato contiene tracce di Benzene nell'ordine dello 0,01%,tuttavia
quello industriale ne contiene quantità maggiori (n.b.la legge permette un contenuto del 2 0/00
come impurità)
Il Toluene è meno volatile del Benzene e più volatile dello Xilene.
Viene assorbito prevalentemente per via respiratoria nella misura del 50% della quantità inalata.
101
L'attività fisica aumenta la quantità di solvente inalata.
L'assorbimento per via transcutanea è più elevato che per il Benzene e, mentre è trascurabile
l'assorbimento cutaneo dei vapori areodispersi, può divenire pericoloso quello conseguente al
contatto cutaneo con la fase liquida.
Il 18% del TOLUENE assorbito viene eliminato attraverso l'aria alveolare, mentre l'82% viene
trattenuto e metabolizzato.
La quota trattenuta si distribuisce nell'organismo pressappoco come per il Benzene.
METABOLISMO:
La quota di solvente trattenuta viene metabolizzata, a livello epatico, dal sistema reticoloendoplasmatico e precisamente si ha la idrossilazione della catena laterale da parte delle
ossidasi epatiche a funzione mista, seguita da ossidazione ad acido benzoico ed infine da
coniugazione con Glicina per formare ACIDO IPPURICO (vedi fig.). L'80% del T. assorbito
viene eliminato come acido ippurico attraverso le urine.
Lo 0,05% del Toluene assorbito viene trasformato in O-CRESOLO ed eliminato come tale
attraverso le urine.
Data la non peculiarità dell'acido ippurico quale indicatore di dose assorbita, in quanto
presente, anche in quantità elevate, nei soggetti non esposti, il dosaggio dell' O-Cresolo
urinario, se non fosse molto indaginoso e, allo stato attuale, non ancora utilizzabile
routinariamente, potrebbe rappresentare un indicatore specifico di dose assorbita.
AZIONE TOSSICA
La tossicità acuta del Toluene è superiore a quella del Benzene.
Il T. possiede una notevole azione irritante nei confronti della cute, dell'occhio e delle mucose
respiratorie.
L'azione predominante è quella esercitata sul S.N.C.
Provoca induzione enzimatica.
Possibilità di sensibilizzare il miocardio alle catecolamine endogene.
Assenza di azione mielotossica.
INTOSSICAZIONE ACUTA:
In seguito a contatto oculare può provocare congiuntiviti e cheratiti.
A livello respiratorio si possono manifestare, oltre a faringo-tracheo-bronchiti anche edema
polmonare a carattere emorragico, polmonite chimica.
Il quadro della intossicazione acuta è tuttavia caratterizzato dalla predominanza dei disturbi
nervosi (cefalea, vertigini, astenia, parestesie, disturbi della coordinazione e dell'equilibrio,
perdita della coscienza e, nei casi gravissimi, coma e morte).
Sono stati segnalati casi di morte improvvisa specie in seguito ad assunzione voluttuaria.
TOSSICITA' CRONICA
Turbe a carico del S.N.C. con cefalea, insonnia, irritabilità e astenia.
In casi di inalazione voluttuaria è stata riscontrata la insorgenza di encefalopatia permanente,
caratterizzata da tremore, atassia e da turbe comportamentali.
La esposizione cronica porta alla comparsa di quadri riferibili a sindrome psico-organica.
102
Comparsa di turbe dell’equilibrio per alterazioni delle vie vestibolari centrali con
iperreflettività bilaterale.
Epatotossicità': si può riscontrare epatomegalia da induzione enzimatica. Epatosteatosi. In
passato sono stati segnalati casi di epatopatia a lieve impronta citotossica e necrotica con
aumento delle transaminasi e riduzione del t. di protrombina. Nelle intossicazioni voluttuarie
sono stati segnalati quadri di danno renale con acidosi tubulare, acidosi ipercloremica,
ipocaliemia ed ipobicarbonatemia. I casi di danno midollare riscontrati negli esposti al T. sono
da riferire al contenuto in Benzene, presente, in quantità variabile, come impurità.
XILENE
Lo XILENE è costituito da una miscela dei suoi tre isomeri (orto, meta e para), tra cui il metaxilene è in quantità prevalente (circa il 50-70%).
E' un solvente moltoinfiammabile, come peraltro lo sono sia il Benzene che il Toluene.
E' molto meno volatile del Toluene.
Gli impieghi dello Xilene sono pressoché gli stessi del Toluene, unitamente al quale spesso
viene utilizzato come solvente e diluente.
E' molto usato, come lo è anche il Toluene, nei laboratori biologici.
La via di introduzione principale è quella respiratoria.
L'assorbimento per via transcutanea è simile a quello del Toluene.
Il 60% dello Xilene inalato viene assorbito. Della quota di Xilene assorbita circa il 10%viene
eliminato attraverso i polmoni ed il 90% viene trattenuto e metabolizzato. La quota assorbita
viene trasportata nel sangue prevalentemente unita alle proteine sieriche.
Si deposita, analogamente agli altri solventi aromatici, prevalentemente nei tessuti ricchi in
lipidi.
METABOLISMO
Esistono due vie di biotrasformazione dello xilene di cui la principale consiste nella
ossidazione di uno dei metili con trasformazione in acido toluico e successiva coniugazione
degli acidi meta e para- toluico con glicina con conseguente trasformazione in acido
metilippurico (Acidi meta e para-toluico) e come tali eliminati attraverso le urine.
L'acido orto toluico invece viene direttamente glicoroconiugato ed eliminato con le urine.
La seconda via di biotrasformazione consiste nella idrossilazione dei tre isomeri con
conseguente formazione di Orto, Meta e Para xilenolo che sono eliminati anch'essi attraverso i
reni come tali o previa glicuro o solfoconiugazione.
Approssimativamente il 95% dello Xilene ritenuto viene eliminato sotto forma di Ac.MetilIppurico attraverso le urine.
TOSSICITA'
La soglia olfattiva dello X. è più bassa di quelle del Benzene e Toluene.
103
La tossicità sia acuta che cronica dello Xilene è pressocchè sovrapponibile a quella del
Toluene.
Nella intossicazione acuta si hanno gravi sintomi a carico del S.N.C.
In seguito ad inalazione massiva o ad introduzione nelle vie respiratorie si ha edema
polmonare acuto a carattere emorragico e polmonite chimica, lesioni oculari (congiuntiviti,
cheratiti) e cutanee, ove il contatto prolungato provoca la comparsa di dermatite bollosa.
E' stato segnalato danno epatico con aumento delle transaminasi.
Nella esposizione CRONICA possono comparire dermatiti, congiuntiviti, flogosi delle vie
aeree.
A carico del S.N.C. : sindrome psico-organica e possibile comparsa di disfunzioni vascolari
autonomiche.
Sono stati ipotizzati danni a carico del fegato e del rene.
STIRENE
Lo STIRENE o VINIL-BENZENE è uno tra i composti aromatici maggiormente impiegati.
Liquido a bassa volatilità e con bassa soglia olfattiva (inferiore ad 1 ppm).
E' una molecola molto reattiva per cui facilmente reagisce con altri composti e polimerizza
anche spontaneamente.
IMPIEGHI
Come solvente viene scarsamente impiegato, mentre il principale campo di impiego è nella
produzione di POLIMERI quali il Polistirene, resine ABS (acrilonitrile, butadiene, stirene),
gomma SBR (styrene butadiene rubber), manufatti plastici rinforzati, vetroresina FRP (
fiberglass reinforced polyester).
Viene assorbito prevalentemente per via aerea.
Attraverso la cute viene assorbito soprattutto in seguito al contatto con la fase liquida.
Circa il 60-75% dello S. inalato viene assorbito.
Una piccola parte dello S. assorbito (4-5%) viene eliminato attraverso il respiro, il restante
viene metabolizzato. Tende ad accumularsi nel tessuto adiposo per tempi piuttosto lunghi.
METABOLISMO dello STIRENE
Lo S. viene trasformato in epossido dalle ossidasi microsomiali epatiche quindi in glicole
stirenico dalle epossidoidratasi. Infine viene trasformato in acido mandelico e acido
fenilgliossilico.
Nelle esposizioni elevate (oltre le 250 ppm) una parte dello S. viene trasformata in
Ac.Benzoico e, dopo essere stata coniugata con glicina, viene eliminata attraverso il rene come
acido ippurico.
104
I metaboliti dello S. vengono tutti eliminati attraverso le urine nelle quali sono presenti anche
piccole quantita' di S. non metabolizzato.
Nelle esposizioni fino a 250 ppm l'Ac. Mandelico urinario è ben correlabile con la esposizione
giornaliera, mentre quello Fenigliossilico fornisce informazioni anche sulla esposizione
protratta.
EFFETTI TOSSICI
Effetto irritante su cute e mucose: manifestazioni acute e croniche cutanee, respiratorie ed
oculari.
Effetti sul S.N.C.: anche nella esposizione professionale è possibile riscontrare alterazioni
E.E.Grafiche, modificazioni dei potenziali evocati visivi, cefalea, astenia, vertigini, turbe del
sonno, sindrome autonomica, alterazioni della acuità visiva e della discriminazione cromatica.
Modificazioni della performance psicomotoria correlata alla quantità della escrezione urinaria
dell'acido mandelico.
Nelle esposizioni elevate sono stati descritti anche casi di epatite tossica, di alterazioni della
crasi ematica (leucopenia, anisocitosi ed emazie a punteggiatura basofila), turbe digestive
(anoressia, nausea e vomito), disordini del ciclo mestruale ed incremento della abortività
spontanea. Possibile insorgenza di POLINEVRITI.
E' mutageno al test di Ames. Negli esposti sono state riscontrate aberrazioni cromosomiche.
Allo stato attuale non risulta cancerogeno.
IDROCARBURI ALIFATICI ALOGENATI
Sono derivati dagli IDROCARBURI ALIFATICI SATURI ed INSATURI, nei quali uno o più
atomi di Idrogeno sono sostituiti da ALOGENI.
I composti di questo gruppo utilizzati come SOLVENTI appartengono essenzialmente ai
CLORODERIVATI ed, in minore misura, ai FLUORODERIVATI.
Tra i derivati IODIOSOSTITUITI ricordiamo lo IODURO di METILE(CH3I) e lo
IODIOFORMIO(CHI3),utilizzati come intermediari nella industria chimica ed entrambi dotati
di elevata epato e nefrotossicità.
I BROMODERIVATI sono composti dotati tutti di epato e nefrotossicità nettamente superiore
a quella del CCl4.
105
Tra essi ricordiamo il BROMURO di METILE (BH3Br), utilizzato come insetticida e nella
industria del freddo, dotato di elevatissima neurotossicità.
FLUORODERIVATI DEGLI IDROCARBURI ALIFATICI
I composti maggiormente noti sono i derivati degli idrocarburi saturi (FLUOROALCANI),
utilizzati come propellenti, nella industria del freddo, come solventi e come anestetici.
I Fluoroderivati degli idrocarburi alifatici insaturi (FLUOROALCHENI), sono utilizzati
soprattutto come monomeri per la produzione di polimeri fluorurati e per la sintesi di pesticidi.
Essi provocano notevole irritazione delle vie respiratorie, in alcuni casi anche edema
polmonare alveolite essudativa e fibrosi interstiziale come postumo. Sono dotate anche di
spiccata epato e nefrotossicità.
Ricordiamo la FEBBRE da FUMI di POLIMERI FLUORURATI (TEFLON).
Particolare menzione per il Perfluoroisobutilene (CF3)2C=CF2 che è un irritante polmonare
dieci volte più tossico del Fosgene (edema polmonare emorragico).
FLUOROALCANI
I prodotti di maggiore impiego sono:
-Triclorotriflouroetano o FREON 113
-Tricloromonofluorometano o FREON 11
-Diclorotetrafluoroetano o FREON 114
-Clorobromotrifluoroetano o ALOTANO
-Diclorodifluorometossipropano o METOSSIFLUORANO
Se esposti al calore si decompongono in composti broncoirritanti (acido cloridrico e fluoridrico
e fosgene).
La loro biodegradabilità è notevolmente più rapida che per i cloroderivati.
E' stato ipotizzato che l'utilizzo su vasta scala di questi composti potrebbe ridurre la quantità di
ozono stratosferico con conseguente aumento di raggi UV che raggiungono la superficie
terrestre.
TOSSICITA'
La tossicità dei FLUOROALCANI è notevolmente inferiore a quella dei Cloroalcani.
106
a) debole azione irritante sulle mucose respiratorie senza alterazioni
strutturali e della attività ciliare. La inalazione di forti concentrazioni di
fluoroalcani può modificare le proprietà del surfactante e favorire la
comparsa di atelettasia.
b) modesta epatossicità, segnalata soprattutto a carico dell'ALOTANO e
modesta nefrotossicità a carico del METOSSIFLUORANO e
ALOTANO
c) cardiotossicità : rappresenta, accanto alla neurotossicità, la
predominante di questo gruppo di composti
caratteristica
ed è dovuta a:
- sensibilizzazione del miocardio alle catecolamine
- diminuzione dell'inotropismo per inibizione della ATPasi miocardica
- esacerbazione delle alterazioni cardiache indotte dalla ipossia (aritmie, segni di
ischemia, scompenso) Quest'ultima sembra avvenire solo in condizioni
sperimentali.
- la cardotossicità aumenta nel cuore infartuato
neurotossicità::
d) deterioramento delle performances psico-fisiche
e) sintomi irritativi, vertigini, tremori
f) anestesia
g) polinevriti
CLORODERIVATI DEGLI IDROCARBURI ALIFATICI
Alcuni di questi composti, appartenenti sia al gruppo dei CLOROALCANI
(DICLOROMETANO, 111-TRICLOROETANO) sia a quello dei CLOROALCHENI
(TRICLOROETILENE, TETRACLOROETILENE) trovano vastissimo impiego come
solventi.
Altri impieghi sono rappresentati da:
- uso come sgrassanti (tesssile, metalmeccanica)
- estintori di fiamma
- refrigeranti e propellenti
- anestetici di superficie
- antiparassitari
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- sintesi chimiche
- industria alimentare
CARATTERISTICHE FISCO-CHIMICHE
Sono tutti scarsamente biodegradabili e la loro persistenza nell'ambiente e negli organismi
viventi è molto lunga. Tranne in Cloruro di Etile e quello di Metile sono tutti allo stato liquido
alla pressione ambientale e sono in genere molto volatili.
Ad eccezione del Cloruro di Metile , di quello di Etile e del Dicloroetano non sono
infiammabili. Per effetto della luce e del calore si decompongono parzialmente in composti più
tossici quali FOSGENE, CO, Ac. CLORIDRICO, DICLORO-ACETILCLORURO.
ASSORBIMENTO, METABOLISMO ed ELIMINAZIONE
La principale via di assorbimento è quella inalatoria,tuttavia possono venire assorbiti per via
transcutanea in quantità significativa.
La eliminazione per via alveolare è differente tra i vari composti e la quota trattenuta e
metabolizzata varia notevolmente a seconda del composto.
Tendono ad accumularsi nell'organismo tanto che alla fine della settimana si raggiunge una
dose interna notevolmente maggiore di quella di inizio settimana.
Vengono tutti metabolizzati, in diversa misura tra di loro, ad ACIDO
TRICLOROACETICO e TRICLOROETANOLO e la eliminazione urinaria di tali
cataboliti, individuabili con la reazione di FUJIWARA, è quantitativamente diversa da un
composto all'altro(vedi figure).
EFFETTI TOSSICI
La tossicità e la liposolubilità aumentano con l'aumentare degli atomi di idrogeno sostituiti.
Tutti i composti del gruppo esercitano a carico del SNC una spiccata azione prevalentemente
depressiva, di tipo narcotico, ad eccezione del Cloruro di Metile che produce prevalentemente
effetti di tipo irritativo.
Frequente è la comparsa di neuriti a carico di alcuni nervi cranici, che recentemente venivano
attribuite al tetracloroetano contenuto come impurità negli altri composti.
Provocano anche la insorgenza di turbe psichiche, modificazioni delle performances,
alterazioni della memoria e del carattere.
108
Frequente è la insorgenza di turbe neurovegetative(sindrome autonomica).
Possibile insorgenza di fenomeni di assuefazione edi dipendenza
Epatotossicità
La epatotossicità è caratteristica comune di questo gruppo di composti ma in misura
notevolmente diversa tra loro.
Per quanto riguarda la epatotossicità acuta esplicantesi con fenomeni di necrosi
centrolobularee citolisi, sono chiamati in causa il Tetracloruro di C., il Dicloroetano, l'112Tricloroetano, Tetracloroetano e il Cloroformio e, con minor frequenza, i Cloroalcheni.
Forme di epatopatia cronica cronica, prevalentemente a tipo di epatosclerosi ma più spesso a
tipo di epatosteatosi, sono state attribuite alla esposizione cronica o ripetuta nel tempo ai
composti del gruppo, limitatamente a quelli dotati di maggiore epatotossicità acuta.
Quasi tutti i composti del gruppo sono stati riscontrati esercitare un
effetto induttore sugli
enzimi microsomiali epatici.
Nefrotossicità': i composti dotati di elevata epatotossicità risultano essere anche nefrotossici
(necrosi tubulare acuta) .
Cardiotossicità: Nella intossicazione acuta tutti i composti del gruppo possono provocare la
comparsa di alterazioni del ritmo, della conduzione e della contrattilità miocardica con
possibilità anche di morte improvvisa per arresto cardiaco. Turbe del ritmo e della
conduzione ed alterazioni di tipo ischemico coronarico sono state segnalate quali postumi di
una intossicazione acuta.
E' stato ipotizzato che tutti i composti del gruppo esercitino azione depressiva sulla ATPasi
miocardica.
In caso di severa esposizione professionale o in caso di intossicazione subacuta sono state
segnalati con una discreta frequenza casi di morte improvvisa per fibrillazione ventricolare.
Nella patogenesi di tali eventi è stata ipotizzata la insorgenza di sensibilizzazione alle
catecolamine endogene.
Tutti i composti del gruppo esercitano una azione irritante sulla cute e sulle mucose. Oltre
alle conseguenze della perdita del film lipidico protettivo, viene ad esercitarsi una spiccata
azione irritativa diretta, con comparsa di eritema, flittene fino alla necrosi. Possono provocare
lesioni corneali.
Azione oncogena: Cloruro di Vinile e Tetracloruro di C. sono considerati oncogeni per
l'uomo. Numerosi sono gli oncogeni sperimentali fra i quali il Tricloroetilene ed il
109
Percloroetilene. Da non dimenticare che questi ultimi subiscono una trasformazione
metabolica ad epossidi.
TETRACLOROMETANO o TETRACLORURO di CARBONIO
CCl4
Liquido molto volatile utilizzato in passato come solvente, refrigerante, insetticida (fumigante
assieme al dicloroetano), propellente, per la carica degli estintori.
Oggi il suo impiego è notevolmente limitato per la elevata tossicità.
Viene trasformato in parte in triclorometano da parte delle monossidasi microsomiali epatiche
e tale metabolita, essendo un radicale libero ( -CCL3 ), determina gravi danni cellulari, come
conseguenza di una lipoperossidazione delle membrane intracellulari degli epatociti, con gravi
lesioni degenerative fino alla necrosi.
Presenta una spiccata tossicità a carico del S.N.C., fegato e reni.
La intossicazione acuta esordisce con gravi sintomi a carico del S.N.C. inizialmente di tipo
irritativo, seguiti da quelli di tipo depressivo.
Dopo uno o due giorni compaiono i segni della insufficienza epatica, con grave quadro di
epatopatia acuta di tipo necrotico.
Concomita una sindrome emorragica per deficit dei fattori emocoagulativi epatodipendenti.
Contemporaneamente alle lesioni epatiche compaiono lesioni a carico dei tubuli renali
prossimali con fenomeni di necrosi ed insufficienza renale acuta.
Elevata è la mortalità.
La contemporanea assunzione di induttori enzimatici aggrava la tossicità del composto.
Nella esposizione cronica si può riscontrare la insorgenza di steatosi epatica che conduce
progressivamente a cirrosi.
Nell'uomo è stato segnalato un aumento della percentuale di incidenza di epatomi.
1,1,1-TRICLOROETANO o CLOROTENE o METIL-CLOROFORMIO (CCl3-CH3)
E' il meno tossico tra i cloroderivati alifatici.
E' stato fino ad alcuni anni fa uno dei solventi del gruppo maggiormente impiegati,
specialmente come sgrassante nel comparto metalmeccanico.
Attualmente i suo impiego come solvente è vietato a causa del suo contributo, assieme ai
fluoroalcani a formare il buco dell’ozono
Viene eliminato in grande quantità attraverso l'apparato respiratorio.
110
La quota trattenutaviene in parte metabolizzata a tricloroetanolo e acido tricloroacetico.
Presenta una scarsa tossicità, limitata al S.N.C.in quanto non risulta epato o nefrotossico.
L'isomero 1,1,2-TRICLOROETANO viene prevalentemente trattenuto e completamente
metabolizzato (vedi fig.). Il prodotto non viene quasi mai impiegato.
Solo in minima parte viene eliminato sotto forma di metaboliti Fujiwara positivi.
Esso presenta una elevata neuro, epato e nefrotossicità.
MONOCLOROETILENE o CLORURO di VINILE CLCH=CH2
Alla pressione ambientale è allo stato gassoso.
E' dotato di spiccato potere irritante su cute e mucose.
E' utilizzato come monomero per la produzione di PVC.
Viene metabolizzato ad acido monocloroacetico, S-formil-etil-glutatione e acido tiodiglicolico.
Presenta una tossicità acuta caratterizzata, oltre che dagli effetti irritativi, agisce sul S.N.C. con
netta depressione preceduta da euforia, vertigini, disorientamento, perdita di coscienza e morte
oppure rapido miglioramento se l'infortunato viene opportunamente soccorso.
TOSSICITA' CRONICA:
in seguito a ripetuti contatti manuali(pulizia delle autoclavi di polimerizzazione) provoca la
comparsa di fenomeni di acroosteolisi a carico delle falangi distali delle dita, associati a lesioni
di tipo sclerodermico ed al fenomeno di Raynaud.
Fenomeni di osteolisi sono stati descritti anche in altre sedi( rotula,arti inferiori, bacino).
Le lesioni ossee, che interessano le falangi ungueali di più dita di entrambe le mani, sono
simmetriche.
Si ha osteolisi con deformazione e riduzione del volume della falange(talora l'osso appare
amputato all'esame radiologico).
Dopo l'allontanamento dalla esposizione le condizioni generali migliorano
rapidamente,mentre le falangi colpite rimangono deformate (a forma di bacchetta da tamburo,
con unghie più ampie e bombate).
Caratteristiche istologiche delle lesioni osteolitiche sono:
-ispessimento scleroialino del periostio
-metaplasia condroide degli strati più profondi
Nei tessuti molli circostanti si riscontrano processi di capillarità e arteriolite stenosante.
111
Il tossico può provocare la comparsa di lesioni epatiche caratterizzate da fibrosi epatica con
splenomegalia con comparsa di un quadro simile alla S.di Banti, con ipertensione portale e
varici esofagee.
Il quadro è spesso associato ad anemia, leucopenia e trombocitopenia.
Nella patogenesi è invocato un meccanismo autoimmune (per la presenza di un aumento delle
IgG e la presenza di immunocomplessi circolanti).
Sarebbe un metabolita del CV che avrebbe il ruolo di aptene.
Il rischio maggiore tuttavia è quello cancerogeno in quanto il CV provoca la comparsa di
angiosarcoma epatico (con un eccesso di 300 volte superiore all'atteso) e una maggiore
incidenza di neoplasie in altre sedi (polmone ,encefalo e tessuto linfatico ed emopoietico).
Il metabolita genotossico sarebbe rappresentato dall'ossido di cloroacetaldeide.
TRICLOROETILENE o TRIELINA ( CCl2=CHCl )
Fino a pochi anni fa è stato uno fra i solventi maggiormente impiegati, specialmente nelle
lavanderie a secco ed in metalmeccanica.
Viene impiegato come solvente di cere, resine, vernici, catrami, inchiostri, mastici ecc.
Nella industria alimentare viene utilizzato per la estrazione di grassi ed oli da vegetali ed
animali.
Viene impiegato nella decaffeinizzazione e nella denicotinizzazione.
In passato è stato impiegato come anestetico in chirurgia.
Liquido volatile, non infiammabile.
Si decompone per effetto della luce e del calore in acido cloridrico, fosgene, CO e in
dicloroacetilcloruro.
Per tali motivi viene conservato in recipienti scuri ed addizionato a stabilizzanti.
Il 75% circa della quota inalata viene trattenuto dall'organismo e metabolizzato.
Viene trasformato in EPOSSIDO, quindi in idrato di cloralio, che a sua volta viene ridotto a
Tricloroetanolo (TCE) od ossidato ad acido
Tricloroacetico (TCA) (vedi figure).
Il TCA è il metabolita principale e costituendo da solo circa l'85% dei metaboliti urinari della
Trielina.
ll Tricloroetanolo viene eliminato sotto forma di glicuroconiugato.
La emivita del TCE è breve (circa 12 ore), mentre quella del TCA è più lunga (circa 100 ore).
112
Il TCA contrae facilmente legami con le proteine e pertanto la sua permanenza nell'organismo
èpiù lunga.
In corso di esposizione e nelle prime ore dopo la cessazione di questa prevale in assoluto la
eliminazione di TCE, mentre quella di TCA è prevalente solo dopo che sono trascorse 10 o più
ore dalla fine della esposizione.
TOSSICITA'
La TRIELINA esplica i suoi effetti tossici soprattutto attraverso i metaboliti.
La spiccata azione sul SNC è dovuta prevalentemente al tricloroetanolo ed al cloralio idrato,
mentre gli effetti tossici sul fegato e rene sono verisimilmente attribuibili all'epossido. Esplica
azione irritante su cute e mucose.
A carico del SNC agisce sia sulla corteccia che sui centri diencefalici (diencefalosi tossica).
Sensibilizza il miocardio alle catecolamine.
Interferisce sul metabolismo dell'alcool etilico attraverso la inibizione competitiva della etanodeidrogenasi, che trasforma sia l'alcool in aldeide acetica che il cloralio idrato in
tricloroetanolo.
La contemporanea assunzione di alcool e di trielina oltre ad aumentare la quota di solvente
eliminata per via respiratoria, provoca anche un aumento della emivita dell'alcool stesso.
La Trielina inoltre deprime la idrolisi della aldeide acetica bloccando la acetaldeidedeidrogenasi con conseguente accumulo di acetaldeide.
INTOSSICAZIONE ACUTA
Inalazione massiva o per ingestione accidentale. La DL per l'uomo per via orale è di circa 60
ml.
Se introdotto per os compaiono rapidamente turbe gastroenteriche (vomito, diarrea, emorragia,
dolore, talora ileo).Se inalato compare irritazione delle vie aeree fino all'edema polmonare.
Precocemente compaiono i segni a carico del SNC (dapprima quelli di tipo eccitatorio, seguiti
dai depressivi).
Comparsa di turbe del ritmo cardiaco e della conduzione. Possibilità di morte improvvisa.
Lesioni dell'occhio(congiuntiviti, cheratiti).
Quali postumi della intossicazione acuta possono comparire lesioni a carico di alcuni nervi
cranici. In particolare del Trigemino e dell'Ottico.
113
Lesioni epatiche e renali anche di grave entità che da parte di molti AA vengono in genere
attribuite alla presenza di contaminanti più tossici.
INTOSSICAZIONE CRONICA
La esposizione protratta nel tempo può portare ad una progressiva degenerazione del S.N. con
astenia, cefalea, torpore psichico, sonnolenza (segno del metrò), turbe del sonno, perdita della
memoria, sindrome psico-organica, gravi psicosi fino alla demenza. Alterazioni delle
perfomances, dopo 8 ore di esposizione, potenzialmente responsabili di infortuni in itinere.
Interessamento dei nervi cranici con insorgenza di gravi forme di nevriti resistenti alle terapie.
Particolarmente interessato è il trigemino, con analgesia e perdita del senso gustativo. Il nervo
ottico, con gravi turbe visive e possibile comparsa di scotoma centrale.
Possibile comparsa di polineuriti a carico dei nervi periferici con insorgenza di polineuropatia
simmetrica sensitivo-motoria specie agli arti inferiori con inizio distale e progressione in senso
prossimale.
Sindrome autonoica con nausea, vomito vertigini, vampate di calore, iperidrosi,
dermografismo, tachicardia, polipnea.
Risulta abbastanza frequentemente segnalata la TOSSICOMANIA, in cui il solvente viene
assunto in dosi anche elevate per il gradevole senso di ebbrezza e di torpore che provoca.
Frequente comparsa dei segni da intolleranza all'alcool (degrease's flush), con vasodilatazione
cutanea arrossamento del volto e tachicardia.
L'etilismo cronico aggrava le alterazioni a carico del S.N.
Anche nella intossicazione cronica viene interessato il cuore con comparsa di extrasistoli, di
turbe del ritmo (fibrillazione ventricolare), e di forme anginose.
L'nteressamento epatico e renale nei soggetti professionalmente esposti è raramente segnalato,
mentre viene segnalato nei tossicomani che inalano il solvente. Si tratta di epatopatie ad
impronta necrotica (nercrosi centrolobulare), talora accompagnate da interessamento
renale(necrosi tubulare).
Da parte di alcuni AA viene segnalata anche la epatosteatosi.
Frequente negli esposti alla trielina è l'nteressamento cutaneo con comparsa di dermatiti
generalizzate (esfoliativa, eritrodermica, papulovescicolare) talora accompagnate da ipertermia
e marcata eosinofilia con quadri simili allo Steven Johnson.
Dermatiti da contatto di tipo irritativo e di tipo allergico.
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Il metabolita Ac.Tricloroacetico, legandosi alle proteine, può spiazzare altre sostanze, compresi
alcuni farmaci quali dicumarolici, fenilbutazonici, sulfaniluree, anticonvulsivanti.
La trielina è un cancerogeno sperimentale: nell'animale (topo) induce la comparsa di neoplasie
epatiche e renali.
E'stata ipotizzato, oltre all'effetto cancerogeno dell'epossido, anche la presenza di un
metabolita oncogeno, la diclorovinilcisteina, quale responsabile dei tumori renali.
Possiede anche attività mutagena, riscontrata in vitro.
In soggetti esposti sono state riscontrate alterazioni cromosomiche linfocitarie.
TETRACLOROETILENE o PERCLOROETILENE ( CCl2=CCl2)
Solvente che ha caratteristiche fisico-chimiche molto affini alla trielina (non infiammabilità,
decomponibilità spontanea in composti irritanti, scarsa biodegradabilità). E' meno volatile della
trielina.
Trova gli stessi impieghi della trielina, e, in certi settori (lavanderie a secco), la ha praticamente
sostituita.
A differenza della Trielina oltre il 90% del Percloroetilene assorbito viene successivamente
eliminato attraverso la via respiratoria.
La quota ritenuta subisce la stessa trasformazione metabolica della trielina, con inversione del
rapporto tra i metaboliti urinari in quanto il metabolita principale è l'Ac.Tricloroacetico.
Ha una lunga emivita biologica(150 ore) e tende ad essere trattenuto nel tessuto adiposo.
Possiede le stesse caratteristiche biologiche e tossicologiche della trielina.
ALCOLI
Sono composti organici caratterizzati dalla presenza di un -OH legato ad un atomo di
carbonio.
Quelli a catena alifatica inferiore a 12 atomi di C sono allo stato liquido, mentre quelli a catena
più lunga sono solidi.
La presenza dell'-OH nella molecola la rende idrosolubile, mentre l'idrocarburo di partenza è
solo liposolubile. Tale caratteristica si riduce col crescere della catena alifatica tanto che gli
alcoli superiori si comportano come gli idrocarburi corrispondenti.
115
Nella esposizione professionale le vie di assorbimento sono rappresentate dalla respiratoria e da
quella transcutanea. Quest'ultima rappresenta la via principale di assorbimento per i composti a
maggior peso molecolare che hanno una minore tensione di vapore.
Oltre che come solventi ,gli alcoli trovano impiego nella industria chimica, nelle sintesi, e nella
industria alimentare.
Una volta assorbiti vengono prevalentemente metabolizzati dal fegato e solo in piccola parte
eliminati come tali attraverso il respiro o attraverso le urine.
Vengono ossidati dall'alcol-deidrogenasi ad aldeidi, quindi, o sono completamente degradati,
oppure vengono eliminati attraverso le urine, dopo essere stati coniugati.
La tossicità degli alcoli è in genere inferiore a quella delle corrispondenti aldeidi.
La esposizione contemporanea ad alcoli diversi oppure ad alcoli e ad altri composti organici
che utilizzano le stesse vie metaboliche può modificare la tossicocinetica dei composti. Alcuni
alcoli sono induttori enzimatici. Raramente gli alcoli causano la insorgenza di tecnopatie.
Una elevata esposizione a vapori di alcooli può causare turbe a carico del S.N.C. con nausea,
vertigini, torpore fino al coma.
Hanno azione irritante su cute e mucose(occhio), specialmente l'a. Allilico ed il Butilico.
ALCOL METILICO (Metanolo) CH3OH
Liquido incolore, volatile e di odore gradevole.
Nella esposizione professionale viene assorbito prevalentemente attraverso la via respiratoria.
Viene rapidamente metabolizzato a livello epatico
E' ossidato dalla alcool-deidrogenasi ad aldeide formica e dalla aldeide-deidrogenasi in acido
formico.
Nella intossicazione acuta è presente in elevata concentrazione nel liquor e nei liquidi
dell'occhio.
Nella retina può venire ossidato ad aldeide formica per effetto della retinolo-deidrogenasi dei
coni e dei bastoncelli.
La emivita è abbastanza breve (1-2 ore) e viene eliminato attraverso le urine sotto forma di
ACIDO FORMICO e solo in piccola parte come tale(una piccola quantità viene emessa
attraverso il respiro).
Se la dose introdotta è elevata la emivita si allunga per effetto della saturazione dei sistemi
metabolici.
116
La ossidazione del Metanolo è competitiva con quella dell'etanolo ed il fenomeno viene
sfruttato a scopo terapeutico.
TOSSICITA'
La DL per l'uomo è variabile(in media 30 ml).
Nella intossicazione acuta si verifica un grave stato di acidosi per effetto dell'acido Formico e
dell'acido Lattico che si forma per la inibizione della citocromo-ossidasi da parte dell'acido
formico stesso.
Il danno oculare sarebbe da attribuire all'acido formico che produrrebbe lesioni sia a livello
della retina(edema ) che a carico del nervo ottico(modificazioni del flusso assoplasmatico con
atrofia).
La intossicazione acuta, spesso mortale, può conseguire sia alla ingestione che alla inalazione.
Nella intossicazione acuta, dopo un periodo di latenza di diverse ore, compaiono:
-Turbe digestive: dolore, nausea, vomito
-Turbe neurologiche: eccitazione, depressione, coma.
-Turbe visive: midriasi, diminuzione del visus, abolizione del riflesso alla
luce, amaurosi.
-Turbe emodinamiche: ipotensione
-Turbe metaboliche: acidosi
In caso di intossicazione mortale la concentrazione del Metanolo nel sangue supera di solito il
g/l.
Il decesso si verifica per paralisi respiratoria, edema polmonare, collasso c.c., edema cerebrale.
Quali postumi di una intossicazione acuta possono persistere gravi alterazioni visive.
Il trattamento antidotico della intossicazione acuta viene praticato somministrando etanolo
(infusione venosa di 3000 cc di soluzione al 5% in 24 h).
Trattamento della acidosi con bicarbonato di Na per os o per infusione.
Iperventilazione assistita. Nei casi molto gravi è necessario ricorrere alla emodialisi.
Nella esposizione cronica, oltre alla possibile comparsa di fenomeni irritativi a carico della cute
e delle mucose respiratorie e oculari, è possibile il manifestarsi di una diminuzione della acuità
visiva.
SOLFURO DI CARBONIO
E' un composto di sintesi. Liquido, incolore, molto volatile, infiammabile,
i vapori frammisti all'aria sono esplosivi.
117
Mentre il prodotto puro ha odore gradevole quello tecnico, contenendo tracce di H2S, emana
odore sgradevole.
Fino a pochi anni fa è stato largamente utilizzato nella produzione del raion col metodo della
viscosa.
E' un ottimo solvente e viene impiegato come solvente dello zolfo, del caucciù
(vulcanizzazione a freddo), nell'industria della gomma, solvente di grassi, oli, resine cere,
lacche. Insetticida e ratticida.
Nella esposizione professionale viene assorbito per via inalatoria e transcutanea.
Della quota assorbita circa il 10-30% viene eliminato col respiro, l'1% come tale attraverso le
urine, mentre il restante viene metabolizzato.
Circa l'80% viene eliminato sotto forma di solfati inorganici.
Una parte viene trattenuta nell'organismo e si distribuisce in tutti gli organi.
Contrae legami con i gruppi aminici e con atomi di N delle proteine. Per questa caratteristica e
per la liposolubilità si spiega la tendenza ad essere in parte trattenuto nell'organismo.
La coniugazione con aminoacidi determina la formazione di ditiocarbammati e di tiourea che
in parte vengono escreti con le urine.
Patogenesi :
Gli effetti tossici esercitati dal CS2 come tale o attraverso i metaboliti sono molteplici per la
capacità di agire cogli aminogruppi, gruppi tiolici di proteine, polipeptidi, con conseguente
inibizione e denaturazione di sistemi enzimatici e blocco di aminoacidi essenziali.
Il Ditiocarbamato e il 2-Tiazolidinone-4-tione, entrambi metaboliti del CS2, esercitano azione
chelante e, chelando il RAME, possono inibire gli enzimi che hanno tale metallo (tirosinasi,
citocromossidasi, dopamino-beta-idrossilasi).
Secondo molti AA le manifestazioni a carico della psiche, comuni nel solfocarbonismo,
sarebbero dovute a tali inibizioni enzimatiche.
Il CS2 reagisce con la Piridossamina formando disolfuro di tiourame ed in tale modo provoca
una deplezione di Vitamina B6.
Interferisce con il metabolismo delle catecolamine con conseguenti ripercussione sul
metabolismo lipidico. Per inibizione delle MAO determina un accumulo di serotonina nel
S.N.C. La neurite periferica sarebbe da attribuire alle alterazioni del metabolismo del rame.
Deprime la lipoproteinlipasi e la attività lipolitica delle pareti arteriose. Altera il metabolismo
dei lipidi con aumento delle betalipoproteine, degli acidi grassi e del colesterolo. Stimola la
sintesi epatica del colesterolo.
intossicazione acuta:
encefalopatia acuta con grave eccitazione psicomotoria seguita da coma e morte.
Nei soggetti sopravvissuti residuano sempre gravi postumi neuropsichici.
intossicazione cronica:
insonnia ,cefalea, turbe psichiche. Parkinson. Deperimento organico.
Polineurite sensitivo motoria prevalente agli arti inferiori, simmetrica.
Turbe visive, neurite ottica retrobulbare con restringimento progressivo del campo visivo.
Oligospermia e perdita della libido. Ipotiroidismo e iposurrenalismo conseguenti all'azione del
CS2 sull'ipotalamo-ipofisi.
Turbe vascolari: aterosclerosi, encefalopatia vascolare, retinopatia, coronarite, ipertensione,
nefrosclerosi.
Per valutare la entità della esposizione è utile il test alla azide sodica:
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2NaN3 + 2I ---- 3N2 +2NaI Si determina il tempo necessario per la scomparsa del colore
dello iodio.
FITOFARMACI
In passato venivano chiamati PESTICIDI, intendendo definire con tale termine
i presidi
chimici utilizzati in agricoltura per combattere i parassiti delle piante e dei prodotti agricoli.
Il termine “Pesticidi” deriva dall’inglese (pest = animali o piante dannose) e tale termine fu
suggerito dall’OMS.
In Italia questi prodotti vengono più correttamente definiti Antiparassitari agricoli e sono costituiti
da un gruppo di sostanze aventi come caratteristica comune la capacità di agire contro le
crittograme parassite (ANTICRITTOGAMICI o Funghicidi), contro insetti (INSETTICIDI) e
acari (ACARICIDI), contro nematodi (NEMATOCIDI), contro le fanerogame superiori parassite
e infestanti (ERBICIDI o DISERBANTI), contro mammiferi roditori (RODENTICIDI e
RATTICIDI).
Significato analogo ha il termine di FITOFARMACI, usato di solito dai fitoiatri ed anche dal
Ministero della Sanità, termine che comprende anche i FITOREGOLATORI, gli INTEGRATORI
e i COADIUVANTI.
Appare evidente come i fitofarmaci rappresentino un gruppo di composti assai eterogenei dal
punto di vista chimico e fisico, dotati però tutti della capacità di interferire in qualche modo con
sistemi biologici viventi.
Da tale punto di vista possono forse essere considerati come l’unica classe di sostanze tossiche
(anche per l’uomo) che viene volontariamente disseminata nell’ambiente.
E’ evidente come la possibilità di utilizzare questi prodotti sia stata e sia tutt’ora (e lo sarà
probabilmente anche in futuro) un presidio indispensabile per la salvaguardia della agricoltura ma
anche per la eliminazione di diverse malattie a diffusione endemica (basti ricordare la scomparsa
119
pressoché totale nelle nostre regioni e, in generale nei paesi occidentali, di una grave malattia
quale la malaria).
Questi motivi possono, almeno in parte, spiegare l’elevato consumo mondiale dei fitofarmaci di
cui più del 60% avviene nei paesi occidentali, tra i quali l’Italia copre circa il 3% dei consumi
mondiali.
A fronte di questo vasto impiego i dati sulla mortalità e morbilità da fitofarmaci indicano una
incidenza di questi fenomeni relativamente bassa per cui hanno sicuramente contribuito, assieme
ad oggettive difficoltà di controllo intrinseche all’attività agricola stessa, a determinare una scarsa
considerazione dei problemi relativi alla loro nocività.
Le norme che regolamentano la produzione, la registrazione, il commercio e l’impiego dei
pesticidi sono in genere molto severe nei paesi occidentali.
L’Italia forse è uno dei paesi in cui vi è maggiore rigore sia nella registrazione dei prodotti sia
nella regolamentazione del loro impiego e nella determinazione dei residui accettabili sulle
derrate agricole.
Col DPR n.223 del 1988 che recepiva una Direttiva CEE, i pesticidi utilizzati nel nostro paese, la
cui DL50 o CL50 nell’animale sono comprese al di sotto dei 500mg/kg, sono stati divisi in due
Classi (rispettivamente fino a 50 e fino a 500mg/kg).
Per la commercializzazione e per l’acquisto i prodotti appartenenti ad entrambe le classi è
necessario il possesso di un patentino, ottenuto mediante il superamento di un apposito esame e
che ha una durata di 5 anni.
Ogni tipo di pesticida deve essere utilizzato solo per le colture indicate nella registrazione (pianta,
seme, terreno ecc.) e devono venire scrupolosamente osservati sia il TEMPO di CARENZA che
il TEMPO di RIENTRO specifici per ogni prodotto e riportati nelle istruzioni scritte, allegate per
legge ad ogni confezione.
Il Tempo di carenza è l’ntervallo di tempo che deve intercorrere tra l'ultimo trattamento
antiparassitario e la raccolta del prodotto, mentre il Tempo di rientro è l’intervallo necessario per
poter rientrare nelle colture trattate onde espletare operazioni varie (dirado, diserbo manuale,
potatura ecc.).
Per oggi tipo di pesticida infine è stato stabilito il RESIDUO MASSIMO TOLLERATO (cioè la
quantità massima di principio attivo che può essere tollerata nei prodotti destinati alla
alimentazione).
I pesticidi possono essere sotto forma liquida solida e gassosa.
120
I fitofarmaci sono messi in commercio sotto forma di formulati in cui il principio attivo o più
principi attivi vengono addizionati a solventi o diluenti se sono allo stato liquido e a disperdenti
inerti se sono sotto forma di polveri.
ESPOSIZIONE
La esposizione umana a pesticidi può verificarsi nell’ambito sia professionale che
extraprofessionale.
La esposizione professionale avviene sia in campo industriale, durante la loro produzione che in
campo agricolo durante il loro impiego.
Altri gruppi di soggetti professionalmente esposti sono rappresentati dagli addetti alla
formulazione e dagli addetti ai trattamenti disinfestanti in sanità pubblica.
La esposizione assume in questi ambiti caratteristiche assai diverse, tali da influire sulle modalità
con cui può essere attuato il controllo del rischio sia sotto il profilo ambientale che sotto quello
sanitario come appare evidente nella successiva tabella.
Nella Formulazione si verifica una modalità di esposizione intermedia fra quella industriale
produttiva e quella degli utilizzatori in campo agricolo o in sanità pubblica, in quanto avviene di
solito in ambienti chiusi e con tecnologie tipicamente industriali, comportando tuttavia una
rotazione rapida dei tipi di prodotti e di principi attivi.
Esiste infine un rischio da fitofarmaci non legato ad attività lavorativa. Essendo infatti tali
sostanze immesse nell’ambiente di vita, la esposizione ai fitofarmaci o ai loro residui può
interessare anche la popolazione generale, che può venire a contatto con questi prodotti, sia per
contiguità degli insediamenti abitativi con aree di produzione o di utilizzazione, che per
contaminazione delle acque o degli alimenti.
ESTERI FOSFORICI
Gli ESTERI FOSFORICI, detti anche Organofoforici, rappresentano tutt’ora il gruppo di
insetticidi maggiormente utilizzato in agricoltura.
Caratteristica comune di questi composti è la presenza di acido fosforico esterificato con un
radicale organico.
Oltre che per via digerente ed inalatoria, tutti i composti appartenenti a questo gruppo di pesticidi
vengono rapidamente assorbiti attraverso la cute e le mucose.
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La maggior parte degli insetticidi organofosforici, specie quelli a maggiore impiego, sono in
genere rapidamente metabolizzati ed allontanati dall’organismo, per cui essi sono di solito
responsabili di quadri di intossicazione acuta o al massimo subacuta, senza accumulo di tossico
nell’organismo.
Molti organofosforici non agiscono come tali ma attraverso il prodotto derivato dalla ossidazione
(ad es.il PARATHION).
Oltre alle reazioni di attivazione possono andare incontro a reazioni di detossificazione che li
privano della capacità inibente: la principale reazione è rappresentata dalla rimozione del radicale
non alchilico (ad es. dal Parathion si forma Paranitrofenolo) con la contemporanea formazione di
alchilfosfati.
Un’altra importante reazione è l’ossigeno-dealchilazione. Tale reazione, che avviene di solito per
idrolisi enzimatica, è di per se’ una reazione detossicante; essa può avvenire anche dopo che il
tossico si è già legato alla acetilcolinesterasi, determinando in tal modo l’invecchiamento
dell’enzima.
PATOGENESI
Tutti gli insetticidi organofosforici basano il loro meccanismo d’azione tossica sulla inibizione
della ACETILCOLINESTERASI (AchE) nel tessuto nervoso e a livello neuromuscolare. La
AchE è presente anche nel sangue all’interno delle emazie
Tale inibizione è detta impropriamente “irreversibile” ma in realtà la inibizione dell’enzima da
parte dell’insetticida è reversibile, almeno in un primo momento, in presenza di specifici
catalizzatori della reazione nel senso opposto (tali composti,le ossime, trovano impiego nella
terapia della intossicazione acuta).
Il complesso enzima + inibitore, dopo un intervallo di tempo variabile, va incontro ad un processo
detto “invecchiamento”, determinato dalla formazione di una carica negativa sulla molecola, con
successiva alterazione strutturale che determina l’irreversibile perdita funzionale dell’enzima.
A questo punto il ripristino della capacità acetilcolinesterasica dipende dalla sintesi di nuovo
enzima.
Il tossico inibisce anche altri enzimi a funzione esterasica o non ; è importante (esclusivamente ai
fini diagnostici) la inibizione della Pseudocolinesterasi plasmatica (PchE) e quella della Esterasi
Neurotossica (NTE) presente, oltre che nel nervo, anche nei linfociti e nelle piastrine; questo
ultimo blocco è responsabile della polineurite ritardata.
122
Il blocco della acetilcolinesterasi del S.N. (presente nelle sinapsi del S.N.C. e periferico,nella
prima sinapsi del sistema nervoso simpatico e nelle sinapsi del parasimpatico), determina il
polimorfo quadro sintomatologico della intossicazione acuta.
Alla inibizione della AchE consegue che l’Acetilcolina non idrolizzata dall’enzima inibito, si
accumula nello spazio sinaptico determinando la continua attivazione dei recettori colinergici
INTOSSICAZIONE ACUTA
La sintomatologia in genere esordisce solo quando la inibizione della AchE supera il 70%.
SINTOMI MUSCARINICI
interessano gli organi innervati dal parasimpatico e le ghiandole sudoripare (sono
sperimentalmente riproducibili mediante somministrazione di muscarina e possono essere
neutralizzati dalla ATROPINA)
SINTOMI NICOTINICI
interessano i gangli del sistema vegetativo simpatico e le terminazioni neuromuscolari
SINTOMI A CARICO DEL SNC
I sintomi muscarinici comprendono: miosi, nausea , vomito, diarrea,dolori addominali, scialorrea,
iperlacrimazione, bradicardia con ipotensione, broncospasmo con ipersecrezione bronchiale.
I sintomi nicotinici comprendono: tachicardia con ipertensione, midriasi, astenia, facile esauribilità
muscolare, crampi con fascicolazioni.
I sintomi a carico del SNC comprendono: confusione, disorientamento, ansietà, insonnia,
incoordinazione motoria, convulsioni, coma.
I quadri clinici che derivano dall’insieme di questi sintomi assumono particolare connotazione a
seconda della quantità di tossico assorbita.
I sintomi muscarinici prevalentemente localizzati al digerente (nausea,vomito e algie) compaiono
per primi nelle intossocazioni di più lieve entità.
Miosi con turbe visive, bradicardia, cefalea ed ipersecrezione bronchiale stanno ad indicare una
intossicazione più severa; mentre la presenza di sintomi nicotinici è indizio di maggiore gravità.
Nei casi più gravi il decesso avviene per arresto cardiaco o per insufficienza respiratoria.
123
In seguito a contatti limitati si possono avere solo effetti locali non seguiti da intossicazione
sistemica: es.miosi o spasmo della accomodazione oppure ipersecrezione bronchiale e
broncospasmo.
La intossicazione acuta si accompagna a marcata riduzione delle colinesterasi ematiche (AchE e
PchE), però non si riscontra sempre una stretta correlazione tra entità della inibizione e sintomi.
La intossicazione acuta può essere seguita da sequele di ordine psichiatrico,psicologico,
ematologico (leucopenia,ipocoagulazione), renale ed epatico.
INTOSSICAZIONE SUBACUTA e CRONICA
Il problema della esistenza o meno di una intossicazione cronica da Organofosforici è attualmente
alquanto controverso.
Un effetto abbastanza chiarito, sequela della intossica-zione acuta, è la cosidetta NEUROPATIA
RITARDATA.
Tale quadro si sviluppa con il classico quadro della paralisi ascendente dopo un intervallo di 10-15
giorni da un episodio di intossicazione acuta, anche se di lieve entità.
Il meccanismo patogenetico è rappresentato dalla nibizione ed il successivo invecchiamento di
una proteina ampiamente diffusa nella frazione microsomiale dei neuroni, nota come esterasi
neurotossica o NTE (neuropathy target enzyme)
presente anche nel sangue e in altri tessuti.
Tale assonopatia distale centrale periferica, secondo indagini sperimentali, si manifesta quando i
livelli di NTE sono scesi al di sotto del 20%. Essa è di solito evidente solo a livello periferico.
In riferimento alla attività sull’NTE gli esteri fosforici si suddividono in due gruppi: il primo,
comprendente i composti in grado di provocare l’aging della NTE, ed il secondo comprende
organofosforici, cosidetti protettori, che non invecchiano la NTE (a questo gruppo appartengono i
composti attualmente in uso nel nostro paese).
DIAGNOSI
Si basa essenzialmente sulla anamnesi lavorativa, sulla sintomatologia e sulle indagini di
laboratorio.
I principali esami sono:AchE, PchE, NTE (nei linfociti), dosaggio dei metaboliti.
Talora può mancare una perfetta corrispondenza tra sintomatologia ed inibizione dell’enzima, per
cui tale dosaggio può risultare più utile per valutare l’entità della esposizione piuttosto che la
124
gravità della intossicazione.Quest’ultima sembra più in rapporto sia coll’entità della depressione
enzimatica, sia con il tempo in cui tale depressione si realizza. Infatti i soggetti cronicamente
esposti possono presentare progressive riduzione dell’enzima, anche vicino al 20% dei valori
iniziali, senza avvertire disturbi, mentre lo stesso grado di depressione, se insorto acutamente, può
causare gravi disturbi.
La AchP si rigenera spontaneamente (nel fegato) e torna ai valori di partenza entro un breve
periodo(15-30 giorni), mentre la AchE non presenta rigenerazione spontanea, per cui si reintegra
solo col rinnovarsi della popolazione eritrocitaria.
Il dosaggio della NTE linfocitaria dopo una intossicazione acuta può costituire un utile test
preditivo per il manifestarsi o meno della polineuropatia ritardata, tuttavia andrebbe riferito ad un
valore preespositorio.
TERAPIA
ATROPINA
L' atropina contrasta i sintomi parasimpatici (protezione dei recettori muscarinici) e i sintomi a
livello del S N C .
Viene somministrata sotto forme di SOLFATO di ATROPINA alla dose di 1-2 mg per via
endovenosa ripetuti ogni 10'-15' fino all'instaurarsi dei fenomeni di atropinizzazione (midriasi,
tachicardia, rossore cutaneo).
Nelle emergenze extraospedaliere la terapia atropinica è controindicata qualora vi sia anossia,
per il pericolo di insorgenza di fibrillazione ventricolare o di gravi lesioni ischemiche del
miocardio.
Pertanto ,in presenza di anossiemia, la terapia atropinica va intrapresa dopo adeguata
ossigenoterapia.
Ottenuta la atropinizzazione, questa va mantenuta a lungo (24-48h), in quanto la rapida
sospensione dell'antidoto può portare a grave insufficienza respiratoria acuta o ad edema
polmonare.
La mancata comparsa dei segni di atropinizzazione dopo la somministrazione parenterale di 1-2
mg del farmaco conferma la ipotesi di intossicazione da esteri fosforici, mentre la comprsa
immediata di midriasi e tachicardia , dopo tale dose, pone in dubbio la intossicazione o depone
125
per una forma molto lieve. L'Atropina non ha alcun effetto sui sintomi nicotinosimili. Non va
mai somministrata a scopo preventivo.
OSSIME
Sono antidoti specifici in quanto riattivatoriI delle colinesterasi.
Sono farmaci caratterizzati dalla presenza di un radicale ossimico ( -CH=NOH) orientato in
modo da esercitare un attacco nucleofilico al P che ha occupato il sito attivo delle
colinesterasi, con conseguente formazione di un complesso OSSIMA-FOSFONATO e
rimozione del radicale fosforico.
Le più note sono la PRALIDOSSIMA o 2PAM (metil ioduro di Piridin-2-Aldossima) ed il CONTRATHION o
P2S (Piridina-2-Aloxino Etasulfonato).
La TOXOGONINA ed il DAM,non presenti in Italia, sono meno attivi ma presentano il vantaggio di poter
attraversare la barriera ematoencefalica e di poter così riattivare l'enzima nel cervello.
Il 2PAM viene solitamente somministrato alla dose di g.0,5 endovena lentamente (10') per evitare la comparsa di
disturbi quali diplopia, astenia, nausea e tachicardia. Tale dose può essere ripetuta dopo 12 ore. E' consigliabile
tuttavia la somministrazione per infusione venosa continua (nei casi più gravi alla dose anche di 0,5 g/h).
La somministrazione del CONTRATHION si effettua per via endovenosa lenta (flaconi da 200 mg). Nei casi
gravi possono essere somministrati 400 mg per vena (lentamente), seguiti, se dopo 30' persistono i sintomi, da
somministrazione di 200 mg per via venosa lenta, ripetibili una terza volta nella giornata.
Le ossime vanno somministrate in associazione con la terapia atropinica.
Il trattamento con le ossime va continuato anche dopo che è stata superata la fase acuta, in quanto, essendo la
emivita delle ossime molto breve e la loro eliminazione attraverso le urine molto rapida, gli esteri fosforici,
specialmente gli inibitori indiretti che presentano un metabolismo lento ( es.Parathion), possono raggiungere, dopo
la sospensione dell'antidoto, livelli ematici molto pericolosi e determinare lacomparsa di una ricaduta, talora anche
mortale.
Essendo le ossime eliminate per via renale, in caso di insufficienza renale, i dosaggi andranno proporzionalmente
ridotti.
Sono controindicati: morfina, fenotiazina, amminofillinici e tranquillanti..
Anche in caso di intossicazione non grave è sempre opportuno ricoverare il p. in reparto di terapia intensiva.
TERAPIA DELLA INTOSSICAZIONE ACUTA
A) MISURE DI DECONTAMINAZIONE
Sono finalizzate alla decontaminazione del tossico non ancora assorbito e consistono in:
- togliere gli indumenti contaminati
- lavare la cute contaminata con acqua e sapone o con una soluzione alcalina di
ammoniaca al 5-10 per mille, evitando un eccessivo frizionamento della cute
- irrigazione degli occhi in caso di contaminazione oculare
- lavaggio gastrico o somministrazione di emetici(ad eccezione di stato convulsivo o
di coma).
B) MISURE DI RIANIMAZIONE
Nei casi più severi di intossicazione è necessario praticare immediatamente la Respirazione
artificiale o assistita e la somministrazione di OSSIGENO per il pericolo di morte per
insufficienza respiratoria acuta (paralisi dei muscoli respiratori, ingombro bronchiale, paralisi
del centro respiratorio).
Può essere necessario praticare una intubazione tracheale oppure una tracheotomia.
126
CARBAMMATI INSETTICIDI
Gli esteri dell’acido metil e dimetil carbammico sono utilizzati da molto tempo come
parasimpaticomimetici (Eserina o Fisiostigmina,Neostigmina o Prostigmina).
In seguito fu scoperto che il Metil e il Dimetil-carbammato avevano proprietà insetticida.
I Carbammati Insetticidi sono pertanto esteri dell’ acido Carbammico .
Il loro meccanismo d’azione è simile a quello degli esteri fosforici (inibizione della AchE e di
altre esterasi)
Tuttavia il legame tra l’insetticida e l’enzima è meno stabile per cui il rischio per l’uomo è assai
limitato. La inibizione infatti è transitoria e “in vivo” l’enzima attivo è rigenerato molto più
rapidamente di quanto avviene dopo la inibizione da organofosforici.Sono tutti inibitori diretti.
Dopol’assorbimento (per via digerente, respiratoria o cutanea), i Carbamati vengono metabolizzati
rapidamente nell’organismo mediante idrolisi con formazione di metaboliti privi di attività
anticolinesterasica ma non necessariamente privi di azione tossica (vedi nitrosocarbaryl)
Oltre alla idrolisi vanno incontro anche ad altre trasformazioni metaboliche (ad es. il Carbaryl
viene ossidato a 1-Naftolo ed eliminato con le urine).
INTOSSICAZIONE ACUTA
Gli insetticidi Carbammati producono gli stessi sintomi degli esteri fosforici ma con
sintomatologia molto fugace.
La loro tossicità acuta varia entro limiti piuttosto ampi: accanto al Carbaryl, che è il prodotto più
diffuso,”scarsamente tossico”, abbiamo l’Aldicarb (Temkin), il cui uso in Italia è limitato alle
barbabie-tole, che ha una DL50 di 1 mg/kg ed è stato ipotizzato che la causa della sua elevata
tossicità sia dovuta al metabolita Aldicarb sulfossido, inibitore molto più potente.
I Carbammati, a differenza degli organofosforici, penetrano in minima quantità nel SNC così da
non indurre effetti sulla AchE cerebrale.
La dose letale è un multiplo considerevolmente maggiore della dose che provoca una iniziale
sintomatologia (al contrario di ciò che avviene con i fosforoorganici).
La esistenza di effetti cronici viene posta in discussione.
Non esiste un rapporto diretto evidente tra inibizione delle colinesterasi ed entità delle esposizione
o della intossicazione e ciò è da attribuirsi alla rapida riattivazione dell’enzima.
Nei confronti del Carbaryl non viene in genere segnalata la esistenza di un rapporto diretto fra il
valore dell’1-Naftolo urinario e quadro sintomatologico.
Tale parametro non viene correlato con certezza nemmeno con la esposizione.
Questi aspetti pertanto impediscono pertanto la possibilità di effettuare un valido monitoraggio
biologico degli esposti.
Sotto l’aspetto TERAPEUTICO il migliore antidoto è la ATROPINA,che tuttavia deve essere
somministrata con cautela,data la rapida riattivazione della AchE.
I riattivatori delle colinesterasi (Ossime) sono inefficaci e possono addirittura aggravare le
manifestazioni tossiche.
INSETTICIDI ORGANOCLORATI
Sono composti dotati di eccezionale stabilità chimica e quindi capaci di accumularsi
nell’ambiente: Capostipite di questi composti è stato il DDT (diclori-difenil-tricloroetano), il
primo ed il più usato tra gli insetticidi di sintesi.
Hanno ormai un interesse storico in quanto sono stati quasi tutti rimpiazzati da altri composti;
ricordiamo che l’uso del DDT in campo agricolo è vietato con il D.M. del 11.10. 1978.
127
Caratteristica principale dell’azione tossica di questi composti è l’azione selettiva a livello della
permeabilità delle membrane delle cellule nervose, che potrebbe avvenire con vari meccanismi
molecolari(azione sui canali del sodio, sulla pompa sodio/potasio, sui meccanismi di produzione
di energia ATP dipendenti). Il quadro dell’intossicazione acuta nell’animale è caratterizzato da
convulsioni seguite da coma e dalla morte.
Nell’uomo sono stati descritti casi di intossicazione acuta, in persone che avevano ingerito DDT a
scopo suicida, caratterizzati da nausea, vomito e alterazioni neurologiche, prevalentemente
convulsioni, risoltesi rapidamente in maniera favorevole. Non sono noti, al momento, quadri
patologici da esposizione cronica ad insetticidi organoclorati.
Il DDT è stato ritenuto dalla IARC (International Agency for Research on Cancer) cancerogeno
per l’animale con sufficiente evidenza.
INSETTICIDI PIRETROIDI
caratterizzate da parestesie facciali risolventesi spontaneamente alcune ore dopo la fine della esposizione.
Non esistono ancora dati precisi per un valido monitoraggio biologico a causa della incompletezza delle conoscenze
del complesso metabolismo di questi composti.
Il trattamento delle reazioni da piretroidi è puramente sintomatico.
Il Piretro è stato uno dei primi composti impiegati dall’uomo a scopo insetticida.Gli estratti naturali di Piretro sono
piuttosto diffusi nei prodotti destinati all’uso domestico, mentre i piretroidi di sintesi si stanno diffondendo nell’uso
agricolo. Proprio a motivo della loro relativamente recente introduzione in campo agricolo le informazioni sulla
tossicologia di questi composti sono piuttosto scarse.
I piretroidi esplicano la loro azione a livello del sistema nervoso degli insetti e degli animali di laboratorio,
probabilmente determinando una prolungata apertura dei canali del sodio delle membrane cellulari, con conseguente
persistente depolarizzazione delle membrane nervose.
Il piretro e i suoi derivati possono essere assorbiti per via respiratoria e digestiva, mentre scarso è l’assorbimento
cutaneo:Assai complesso è il loro metabolismo, che si svolge principalmente in sede epatica, attraverso reazioni di
idrolisi ed ossidazione.
Queste sostanze sono attivi induttori degli enzimi microsomiali epatici.
Presentano una tossicità acuta relativamente bassa nei confronti dei mammiferi, mentre è elevata la tossicità acuta
verso gli insetti. Sembra esistere pertanto un buon margine di sicurezza tra il livello di tossicità negli insetti e nei
mammiferi compreso l’uomo.
In corso di esposizione professionale sono stati rilevati prevalentemente effetti di sensibilizzazione. La capacità
sensibilizzante sembra essere maggiore per i composti a base di piretro di origine vegetale rispetto a quelli contenenti
piretroidi di sintesi.
L’estrinsecazione più frequente dell’effetto allergizzante del piretro è rappresentata dalla comparsa di dermatite da
contatto allergica eritemato- vesciculo-papulosa: in alcuni individui sono state segnalate reazioni simili alla rinite
allergica. Esistono anche segnalazioni di asma estrinseco conseguenti alla esposizione a miscele contenenti piretro.
E’ stato altresì riportato un caso di polmonite da piretroidi, con dolore toracico, tosse, dispnea e quadro radiologico di
un infiltrato interstiziale bilaterale:
recentemente sono state segnalate, in operai esposti a piretroidi, turbe neurologiche
ANTICRITTOGAMICI DITIOCARBAMMATI
Sono tra i fungicidi più utilizzati; essi sono costituiti da gruppi tiocarbammici legati a cationi metallici (zinco,
manganese ed altri). Generalmente sono dotati di bassa tossicità per l’uomo ed il loro uso non è stato associato a
problemi rilevanti per i lavoratori esposti: più frequentemente dermatiti da contatto allergiche e anche irritative,
talvolta sono possibili crisi di asma allergico.
I soggetti con deficit di G-6-P DH e di glutatione ridotto possono sviluppare una anemia emolitica a seguito di una
introduzione del composto.
Due di questi composti il Maneb(manganese-etilenbisditiocarbammato) e lo Zineb (zinco-etilenbisditiocarbammato)
sono stati dichiarati teratogeni. In effetti questi composti possono essere trasformati in etilen-tiourea, composto dotato
di capacità mutagena, teratogena e cancerogena.. per tale motivo devono venire adottate tutte le misure di prevenzione
onde ridurre al minimo l’esposizione dei lavoratori a questi composti.
La terapia è sintomatica, utile in via preventiva la ricerca nei lavoratori di possibili deficit enzimatici eritrocitari:
128
ERBICIDI DPIRIDILICI
Il PARAQUAT è il prodotto più noto di questo gruppo.
L’assorbimento può avvenire sia per via orale che per le vie respiratoria e transcutanea, queste ultime due direttamente
interessate nella esposizione professionale.
Il Paraquat si accumula nei polmoni grazie ad un processo di assorbimento attivo ad opera dei pneumociti di I e di II
tipo.
Il meccanismo della sua azione lesiva si basa sulla capacità di provocare la formazione di radicali liberi ossidanti .
Il composto viene eliminato immodificato con le urine; oltre il 90% della dose assorbita viene escreta nelle prime 48
ore. Esiste tuttavia un accumulo in sede renale.
La tossicologia nell’uomo è stata studiata in numerosi casi in cui il prodotto era stato ingerito a scopo suicida.
Il reperto più evidente consiste in una notevole proliferazione fibrocellulare dell’interstizio polmonare che conduce a
morte per insufficienza respiratoria nel giro di due o tre settimane.
L’inizio dei sintomi respiratori può essere differito, dal momento della intossicazione, anche di due settimane.
Si ritiene che le lesioni polmonari si manifestano con tale ritardo perchè nelle prime fasi della intossicazione i reni
sono ancora in grado di provvedere alla escrezione del tossico; successivamente, coll’instaurarsi di una progressiva
insufficienza renale, il tossico raggiunge la concentrazione ematica sufficiente ad iniziare il processo patologico
polmonare, per il quale non è possibile, al momento, alcuna terapia efficace.
Alla ingestione inoltre può fare seguito la comparsa di un danno a carico del SNC, dell’apparato gastroenterico, del
cuore e dei reni.
La esposizione professionale siè dimostrata in grado di produrre prevalentemente lesioni circoscritte quali dermatiti,
lesioni ungueali e cheratocongiuntiviti; meno frequentemente sono stati segnalati segni di interessamento epatico e
neurologico, mentre rarissimi sono i casi di interessamento polmonare, nei quali tuttavia non è mai stata osservata la
comparsa di fibrosi polmonare, tipica nei casi da ingestione.
Utile il dosaggio del tossico nelle urine come indicatore di dose assorbita.
TERAPIA
Il solo sospetto di avvelenamento richiede un rapido intervento senza attendere i risultati degli esami di laboratorio.
Nel caso di ingestione gli obiettivi principali del trattamento terapeutico sono:
- eliminare la massima quantità possibile di tossico all’interno del tubo gastroenterico e non
ancora assorbito
- attivare tutte le possibili vie di eliminazione del tossico
- effettuare i trattamenti sintomatici sulla base del monitoraggio continuo delle funzioni e
degli equilibri biologici.
Il trattamento ospedaliero prevede la lavanda gastrica immediata ed il contemporaneo dosaggio del tossico nelle urine.
Alla lavanda gastrica dovrà fare seguito la somministrazione orale di un litro di sospensione composta da terra di
Fuller,mannitolo e acqua. La terra di Fuller lega il tossico neutralizzandolo.
Misure di pronto soccorso da prendre subito anche a domicilio:
in caso di ingestione provocare il vomito e ricoverare al più presto possibile il p.nel più vicino ospedale che deve
essere stato preavvertito telefonicamente.
In caso di contaminazione oculare eseguire immediatamente un abbondante lavaggio con acqua per 10’-15’; nel caso
di contaminazione cutanea rimuovere gli indumenti contaminati e lavare subito la cute con acqua e sapone.
ERBICIDI FENOSSIACETICI
I più noti composti di questo gruppo sono i Sali e gli esteri dell’acido 2,4-diclorofenossiacetico (2,4D) e 2,4,5triclorofenossiacetico (2,4,5-T).
Il 2,4-D è dotato di una tossicità acuta moderata, La DL50 orale acuta nel ratto è di 375 mg/kg per cui appartiene
alla seconda classe tossicologica. Viene assorbito prevalentemente per via digestiva e respiratoria, scarso è
l’assorbimento cutaneo. Dopo quattro giorni circa l’80% della dose assorbita è eliminata immodificata attraverso
le urine.
In caso di assorbimento per via orale sono descritte: perdita di coscienza, ipertonia muscolare, mialgie, possibili
crisi epilettiche, febbre, sudorazione profusa e vomito.
Nel corso della intossicazione per gia inalatoria e transcutanea, di più stretto interesse professionale, possono
manifestarsi debolezza muscolare, parestesie ed altri segni di neuropatia periferica prevalentemente a carico degli
arti inferiori, che può evolvere verso una paraparesi flaccida.
129
Nel 1986 è stata segnalata dal National Cancer Institute di Bethesda una possibile correlazione tra esposizione ad
erbicidi a base di 2,4-D e comparsa di linfoma non Hodgkin.
Per quanto riguarda il 2,4,5-T il suo uso in campo agricolo è stato vietato nel nostro Paese dal 1970.
Il contatto di questi composti con la cute produce un tipo di dermatite piuttosto grave, detto anche cloracne
Questo tipo di effetto tuttavia non è specifico dei derivati fenossiacetici quanto di un composto che si può produrre
durante la sintesi del 2,4,5-T e cioè la 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-diossina(TCDD) ormai nota per l’incidente di
Severo: La supposta teratogenicità di questi composti, che ha portato a drastiche misure per limitarne l’impiego,
appare ora sempre più in relazione alla presenza anche di limitatissime quantità di TCDD come impurezza nel
2,4,5-T e nei composti correlati.
Il Monitoraggio può essere eseguito dosando i composti immodificati nelle urine.
Il trattamento della intossicazione acuta è sintomatico, utile può dimostrarsi l’induzione di una diuresi forzata e
l’alcalinizzazione delle urine. Secondo alcuni AA potrebbero essere utili la somministrazione di solfato di
chinidina per ridurre i disturbi muscolari e prevenire possibili, seppure assai rare, aritmie cardiache.
PATOLOGIA DA OSSIDO DI CARBONIO
Il MONOSSIDO di CARBONIO (CO) è un asfissiante chimico che, contrariamente agli
asfissianti semplici (es. metano, azoto ecc.) che agiscono come tali solo se presenti
nell’ambiente in quantità tali da ridurre enormemente la pressione parziale dell’O2, agisce in
piccole concentrazioni provocando la insorgenza di gravi quadri di asfissia.
CARATTERISTICHE CHIMICO-FISICHE
Gas incolore e inodore. Non irritante. Ha una densità leggermente inferiore a quella dell’aria.
Trae origine dalla combustione incompleta di sostanze organiche carboniose (carbone, legno,
carburanti, ecc.). Fornelli, stufe, forni, impianti di riscaldamento possono costituire fonti di
rischio. E’ contenuto nei gas di scarico dei motori a scoppio.
Si può formare anche quando una fiamma libera lambisce superfici fredde.
FONTI DI RISCHIO
a) professionali
- industria estrattiva
- industria del vetro
- industria metallurgica (fonderie)
- petrolchimica
- prova motori a scoppio, autofficine, garages
- produzione del gas da riscaldamento
- incendi
b) extraprofessionali
- incidenti domestici
- traffico automobilistico
130
- fumo di tabacco
MECCANISO D’AZIONEM
1) legame con la emoglobina: il CO per la elevata affinità che ha verso l’emoglobina, che è di
circa 210 volte superiore a quella per l’O2, spiazza quest’ultimo dalla sua combinazione con
l’emoglobina:
HbO2 + CO → Hb CO + O2
In tal modo la Hb non è più in grado di legare l'O2 per cui si instaura una ANOSSIA
ANEMICA.
La quantità di Hb trasformata in HbCO dipende da:
- concentrazione del CO nell’aria e sua pressione parziale
- durata della esposizione
- grado di attività muscolare che attraverso l’incremento della ventilazione polmonare
aumenta l’assorbimento del CO
- pressione parziale dell’O2 nell’aria
Il CO è distribuito nell’organismo nel seguente modo:
-
quota intravascolare 80-90% di cui il 99% legato alla Hb e l’1% libero e attivo sciolto
nel plasma
- quota extravascolare 20-10% legato alla mioglobina, al citocromo, catalasi e perossidasi.
2) Effetto Haldane
Il CO aumenta la affinità della emoglobina per l’ossigeno (con spostamento a sinistra della
curva di dissociazione della HbO2). Tale effetto riduce ulteriormente la disponibilità di O2 a
livello tissutale (ANOSSIA ANEMICA).
3) Legame con la mioglobina
Anche se la affinità del CO per la mioglobina è inferiore di quella per l’emoglobina, la
inibizione parziale della mioglobina potrebbe ridurre il trasporto dell'Ossigeno ai mitocondri
delle fibre muscolari, specie al muscolo cardiaco.
4) Legame col citocromo:
Il citocromo P 450, potendo fissare il CO, viene inattivato con conseguente depressione
del metabolismo ossidativo delle sostanze estranee da parte del fegato.
5) Interferenze su varie attività enzimatiche
Durante attività fisica leggera un soggetto adulto che sosti in un ambiente contenete CO per 50’ presenterà i
seguenti valori di HbCO
131
% di CO nell’aria inspirata
% HbCO
<
0.02 (200 ppm)
<
5
<
0,05 (500 ppm)
< 13
< 0,10 (1000 ppm)
< 22
< 0,20 (2000 ppm)
<
38
All’equilibrio, cioè quando la concentrazione del CO nel sangue è uguale a quella nell’aria alveolare (tempo =
∞) i livelli di HbCO saranno rispettivamente:
% CO nell’aria inspirata
% HbCO all’equilibrio
< 0,02 %
< 22,6%
< 0,05 %
< 44,8%
< 0,10 %
< 62 %
< 0,20 %
< 78 %
INTOSSICAZIONE ACUTA
a) Forma fulminante:
quando la esposizione è massiva per cui il decesso si verifica quasi immediatamente.
b) Forma progressiva:
si può dividere in tre stadi:
- fase di impregnazione o precomatosa
- fase di stato o di coma
- fase di morte apparente
I sintomi sono caratterizzati da violenta cefalea con malessere generale e senso di stordimento,
vertigini, nausea vomito, agitazione, impotenza muscolare, si ha quindi perdita di coscienza e
subentra il coma.
c) Forma lieve:
HbCO = 10%: riduzione dell’acuità mentale; dispnea per uno sforzo intenso
HbCO = 20%: dispnea per sforzi moderati, cefalea, diminuzione della velocità di
Conduzione nel nervo
HbCO = 30%: cefalea, irritabilità, marcate turbe visive e mentali
HbCO =40-50%:cefalea, confusione, agitazione, nausea, vomito, perdita di coscienza
al
minimo sforzo
HbCO =60-70%: convulsioni, coma e morte
132
SEQUELE della INTOSSICAZIONE ACUTA
1) cardiache: coronaropatie, aritmie, turbe della ripolarizzazione
2) sistema nervoso centrale e periferico: motorie (parkinsonismo, plineuriti), psichiche
(riduzione delle capacità intellettive, turbe della personalità, demenza, schizofrenia)
3) organi di senso: ipoacusia, sindrome di Meniere, turbe visive
4) apparato digerente: - turbe funzionali epatiche
5) rene: cilindruria, ematuria
6) sangue: poliglobulia
INTOSSICAZIONE CRONICA
Verte sulla triade sintomatologica ASTENIA, VERTIGINI e CEFALEA.
La esistenza di una intossicazione cronica da CO è stata tuttavia messa in dubbio da diversi
AA che adducevano il motivo che i forti fumatori, in cui si raggiunge un elevato tasso di
HbCO ( 5-8% ), non presentano la classica triade sintomatologica.
Se si considera però che la presenza di HbCO sposta a sinistra la curva dissociativa della HbO2,
un tasso di carbossiemoglobina dell’8%, che può essere riscontrato nella esposizione al TLV
(50 ppm), o un tasso anche di poco superiore possono creare un livello di ipossia in grado di
determinare, col tempo, la insorgenza di effetti dannosi a carico dei tessuti e degli organi che
maggiormente richiedono un apporto ottimale di O2.
Oltre alla triade sopra riportata, nella esposizione cronica al CO possono comparire:
- alterazioni neurofisiologiche: aumento della cronassia sia a livello vestibolare che a livello
dei nervi motori
- alterazioni psicologiche e comportamentali
- alterazioni cardiovascolari
- aumento della infortunistica
La ipossia determinata dall’aumento della HbCO può determinare danni a carico dei tessuti che
richiedono maggiore apporto di ossigeno.
Nel tessuto nervoso avviene un adeguato rifornimento di energia (ATP) solo per via ossidativa.
133
Per glicolisi aerobia da 1 mole di glucosio si ottengono 38 moli di ATP, mentre nella glicolisi
anaerobia 1 mole di glucosio genera soltanto 2 moli di ATP.
Quando l’apporto di O2 non è sufficiente, interviene un meccanismo di compenso
rappresentato dalla glicolisi da parte della lattico-deidrogenasi per cui ne consegue una acidosi
tissutale con conseguente edema cellulare, disturbi della microcircolazione, con riduzione
locale del flusso ematico. Tale situazione spiega la sintomatologia a carico del S.N.
La esposizione cronica al CO rappresenta un notevole rischio aterogeno per l’apparato
cardiocircolatorio (esperienze di Astrup).
La ipossia determinata dal CO provoca una sofferenza dell’endotelio arteriolare consistente in
una maggiore permeabilita ai lipidi macromolecolari con conseguente loro accumulo
subintimale ed innesco del processo aterogeno.
La esposizione a CO rappresenta un fattore aggravante la malattia anginosa (esperienza di
Anderson). e la claudicatio intermittens.
In uno studio epidemiologico condotto in oltre 1000 volontari in età da 30 a 70 anni è stato
dimostrato che soggetti con tassi di HbCO superiori o uguali al 5% presentavano un rischio di
coronaropatia ischemica ed altre manifestazioni angiosclerotiche 21 volte superiori a quello di
soggetti della stessa età e sesso con concentrazione di HbCO inferiore al 3%.
EFFETTI SUI TEST NEUROFISIOLOGICI
E:E:G.
modificazioni nell’uomo riscontrate a valori diversi a partire dal 7% di HbCO: basso voltaggio, riduzione di
ampiezza dell’onda α, instabilità delle frequenze fondamentali.
Potenziali evocati visivi:
le alterazioni riguardano il tempo di latenza e l’ampiezza delle onde e vengono rapportati a livelli di HbCO
superiori al 7 %
Potenziali evocati uditivi: anche essi sono modificati a partire dal 7 % di HbCO
Riflessi elettrocorticali condizionati: non sono modificati a livelli di HbCO del 16%
EFFETTI SUI TEST PSICOLOGICI COMPORTAMENTALI NELL’UOMO
- Coordinazione motoria: il test è normale con tassi variabili dal 3 al 30% di HbCO
- Tempi di reazione: molto spesso sono normali a livello di esposizione al TLV, tranne in alcune
ricerche che dimostrano alterazioni a valori di HbCO del 5 %
- test di destrezza e performance nella guida: le riduzioni corrispondono a livelli di HbCO del
6-7% In alcune ricerche tuttavia a tali livelli non
134
sono state dimostrate modificazioni
- Performance lavorativa: concordemente non compromessa ai valori di esposizione al TLV
- Discriminazione temporale: la capacità di distinguere la durata di stimoli acustici o visivi è
normale a livelli maggiori del 13-15 % di HbCO
- Discriminazione e vigilanza visiva:i dati variano: da alterazioni segnalate a tassi di 3-5 % di
HbCO,si hanno test normali a livelli di 15-18-20 %
- Frequenza di fusione centrale critica della retina: in genere non è modificata per livelli di
HbCO inferiori al 12
- Discriminazione e vigilanza uditiva: i test sono già alterati a livelli che superano il 7%
-Test arimetici di attenzione e di intelligenza:i test sono già alterati a partire da livelli di 3-5%
diHbCO.
TERAPIA
La terapia della intossicazione acuta è essenzialmente rappresentata dalla
OSSIGENOTERAPIA naturalmente dopo avere allontanato l’infortunato dall’ambiente
inquinato.
L’ossigeno andrebbe addizionato a piccola percentuale di CO2 al fine di mantenere stimolati i
centri del respiro; sarebbe inoltre preferibile la ossigenoterapia iperbarica.
MONITORAGGIO BIOLOGICO
Nel procedere al monitoraggio biologico degli esposti al CO è opportuno considerare che:
nei non fumatori si ha un tasso di HbCO variabile dallo 0,7 a 3,6%, nei fumatori può essere
raggiunto un tasso di HbCO del 6-8%, ad una esposizione di 25 ppm (TLV-TWA) si ha un
tasso di HbCO del 3,5% ed a 35 ppm si ha un tasso di HbCO del 5% e a 50 ppm dell'8%.
Il tasso di CO nell'aria espirata nel soggetto non esposto e non fumatore è di solito inferiore ai 2
ppm, esso aumenta nell'inquinamento urbano (6-12 ppm).
L'ACGIH propone un BEI di 20 ppm a fine turno.
Al fine di salvaguardare i cardiopatici , Lauwerys propone i seguenti limiti per i non fumatori:
HBCO inferiore al 3,5% e CO nell'aria espirata inferiore ai 12 ppm.
ACIDO CIANIDRICO (HCN o Acido Prussico)
135
Liquido altamente volatile o gas incolore che presenta il caratteristico odore di mandorle
amare.
In natura è presente nelle strutture glucosidiche di alcuni vegetali. Si produce dalla
decomposizione di cianuri alcalini con acidi forti. Industrialmente viene ottenuto dalla reazione
del metano con Ammoniaca e Ossigeno. E’ stato usato per la fumigazione di stive di navi, di
fabbricati e di frutteti. E’ utilizzato per la sintesi di nitrili, specie per le fibre sintetiche e per le
plastiche.
Derivati principali:
CIANURI: molto utilizzati sono i cianuri alcalini di Na, K e di Ca nella galvanoplastica, nei
processi termici in metallurgia (tempera), nella estrazione di metalli preziosi, nella sintesi dei
nitrili e nelle fumigazioni. E’ presente nel fumo di sigaretta.
PATOGENESI
Il radicale CN- ,che nel sangue circola in concentrazione più elevata all’interno delle emazie
che nel plasma, ha una particolare affinità per i metalli contenuti negli enzimi, specie per il Fe
trivalente (ferrico), per il Cu e per il Co.
Il più importante degli enzimi inibiti è la citocromo ossidasi : il tossico si unisce sia al Fe
trivalente che al Co dell’enzima, bloccando in tal modo la respirazione cellulare, in quanto
l’enzima rappresenta la catena finale del meccanismo di transfert di elettroni all’ossigeno
molecolare. Si verifica pertanto una IPOSSIA ISTOTOSSICA.
L’ossigeno, non potendo venire utilizzato dalle cellule, permane nel sangue venoso che
presenta pertanto lo stesso grado di saturazione in O2 del sangue arterioso.
Nei casi non mortali il radicale CN- viene progressivamente liberato dal legame con lo ione
ferrico della citocromo-ossidasi subendo la trasformazione in TIOCIANATO (SCN-) non
tossico, polare ed eliminabile attraverso le urine.
La reazione che porta alla produzione di tiocianato è la seguente ed è catalizzata dalla
transulfatasi:
S2 O3 - - +
CN- → SO3-- + SCN-
tiosolfato
solfito
tiocianato
La affinità del CN verso composti normalmente presenti nell’organismo osserva la seguente
progressione discendente: IDROSSICOBALAMINA, METAEMOGLOBINA, CITOCROMOOSSIDASI e PIGMENTI RESPIRATORI, EMOGLOBINA.
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INTOSSICAZIONE ACUTA
a) Forma fulminante:
La inalazione anche di poche boccate di vapori di HCN o la ingestione di 200-300 mg di
cianuri comporta la insorgenza di rapida morte per arresto respiratorio. Attualmente la terapia
antidotica, qualora venga tempestivamente instaurata, permette la sopravvivenza in un numero
abbastanza elevato di casi.
b) Forma grave :
Viene solitamente distinta in quattro fasi.
1) Fase di ECCITAZIONE: cefalea, alito di odore di mandorle amare, vertigini,
lipotimia, nausea e vomito, polipnea, agitazione con urli
2) Fase di DEPRESSIONE: dispnea con fasi di apnea, stupore ansioso, cute rosea
3) Fase CONVULSIVA: convulsioni tonico-cloniche, perdita di coscienza
4) Fase PARALITICA: coma profondo, collasso c.c, arresto respiratorio.
INTOSSICAZIONE CRONICA
Nella esposizione cronica a cianuri, specie nella galvano-plastica è stata descritta la insorgenza
di sintomi aspecifici quali: astenia, cefalea, vertigini, affezioni cutanee di varia morfologia e
comparsa di gozzo per la inibizione della captazione dello iodio da parte della tiroide.
TERAPIA
Lo ione CN- non ha grande affinità per la emoglobina mentre la ha per il Fe trivalente della
metaemoglobina combinandosi con questa in maniera molto stabile, formando
CIANMETAEMOGLOBINA.
La formazione del 10-20 % di metaemoglobina, non costituendo alcun rischio, è in grado di
distaccare il CN- dalla citocromo ossidasi, riattivandola.
Mediante la somministrazione di metaemoglobinizzanti quali Nitrito di Amile e Nitrito di
Sodio, si riuscirà a liberare gli enzimi respiratori bloccati e la contemporanea somministrazione
endovenosa di Tiosolfato trasformerà il CN- in Tiocianato. Utile anche la somministrazione di
Idrossicobalamina.
SCHEMA TERAPEUTICO
Si basa sull’allontanamento dell’infortunato dalla atmosfera inquinata, esecuzione della
respirazione artificiale e ossigenoterapia e sulla terapia antidotica.
Casi di lieve entità:Inalazione immediata di una soluzione di Nitrito di Amile (0,5 ml)
ogni 5’, cessando quando la pressione massima arriva ad 80 mm di Hg.
Casi gravi :Somministrazione di Nitrito di Sodio in soluzione al 3% nella quantità di
10 ml ogni 2’-3’ fino a che la pressione arteriosa massima raggiunge 80 mm di Hg.
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Oppure: 4-Dimetilaminofenazolo cloridrato 2,5-3,25 mg per via venosa. Il farmaco esplica
attività metaemoglobinizzante più rapida dei nitriti.
Alla somministrazione dei metaemoglobinizzanti deve fare seguito la somministrazione
endovenosa di una soluzione al 25 % di Tiosolfato di Sodio.
La somministrazione di Nitrito di Sodio e di Tiosolfato va ripetuta dopo 30’ se non si è avuto
miglioramento.
La rigenerazione in ossiemoglobina della quota di metaemoglobina trasformata a scopo
terapeutico avviene spontaneamete ad opera dei sistemi riduttivi eritrocitari in tempi abbastanza
brevi.
Utile può risultare la somministrazione di Co2EDTA (Etilendiamminotetracetato dicobaltico)
alla dose di 2 fiale da 300 mg per via venosa oppure di Idrossicobalamina per via venosa alla
dose di 100-200 mg/kg.
In caso di ingestione è utile la somministrazione di idrossicobalamina per os, dopo la lavanda
gastrica, al fine di legare il CN- ancora presente nel tubo digerente.
AMINE AROMATICHE
I derivati aminici della serie aromatica sono caratterizzati, sotto l’aspetto chimico, dalla
sostituzione di un atomo di idrogeno del Benzene con un gruppo aminico (NH2).
Capostipite della serie deve essere considerata la ANILINA che viene ottenuta dal Benzene
mediante il seguente ciclo produttivo:
Benzene → reazione di nitrazione mediante introduzione di NO2 e formazione di Nitrobenze
→ riduzione dell’NO2 a NH2
I derivati aminici e nitrici del benzene costituiscono un vasto gruppo di sostanze largamente
impiegate:
- come intermedi : coloranti, farmaceutici, sintesi chimiche varie, industria della gomma
- come stabilizzanti degli esplosivi
- come solventi per la distillazione estrattiva dei petroli
ASSORBIMENTO e CINETICA
Le amine aromatiche nella esposizione professionale sono assorbite per via respiratoria e per
via cutanea.
Passano la barriera cutanea sia allo stato liquido che allo stato di vapore per cui è notevole il
rischio di intossicazione relativo al contatto diretto o indiretto (abiti).
Nel fegato vengono sottoposti ad ossidazione da parte degli enzimi microsomiali quindi
vengono coniugati per essere escreti attraveso le urine.
La ANILINA viene ossidata a p-aminofenolo, che dopo essere stato glucuroconiugato, viene
eliminato con le urine.
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La Anilina in parte viene anche N-idrossilata a Fenilidrossilamina ( che è il metabolita
responsabile della azione metaemoglobinizzante) e che, a sua volta, può venire ossidata a
p-aminofenolo.
La Anilina esercita attività induttrice enzimatica.
In piccole quantità sia l’anilina che numerose altre amine aromatiche vengono escrete come
tali.
PATOGENESI
La importanza tossicologica delle amine aromatiche deriva dal fatto che questi composti
esercitano azione metaemoglobinizzante, inoltre molti tra questi composti sono stati riscontrati
cancerogeni per l’animale ed alcuni anche per l’uomo.
Azione metaemoglobinizzante
Le sostanze metaemoglobinizzanti determinano una ossidazione del Ferro ferroso (Fe--) della
HbO2 in Ferro ferrico(Fe---) trasformando la Hb in MetaHb.
Al pari della HbCO, la MetaHb è incapace di fissare l’O2.
Nell’uomo è normale il riscontro di un tasso di MetaHb pari all’1% circa.
La presenza di MetaHb impartisce al sangue un colore rosso scuro, che non scompare anche
dopo la esposizione all’aria. Nell’uomo un tasso di MetaHb superiore al 10% determina la
comparsa di cianosi che inizia alle labbra, unghie e alle orecchie.
Come per la HbCO, la MetaHB comporta lo spostamento a sinistra della curva di dissociazione
della HbO2 (curva di Haldane) per cui si viene ulteriormente ad aggravarsi lo stato anossico
instauratosi.
La morte sopravviene quando il tasso di MetaHb supera i 2/3 del totale.
Molti agenti metaemoglobinizzanti quali gli amino, nitro e cloroderivati degli idrocarburi
aromatici oltre alla MetaHb provocano la formazione di Sulfoemoglobina, Corpi di Heinz, e
portano alla emolisi.
La Sulfoemoglobina deriva dalla ossidazione della globina, non raggiunge mai concentrazioni
elevate in vivo e persiste fino alla morte del globulo rosso.
I Corpi di Heinz sono granuli intraeritrocitari, birifrangenti e si ritiene siano costituiti dalla
precipitazione di polimeri derivati dalla Hb denaturata.
Essi sono adesi alla membrana del G.R., forse interferendo sulla pompa ionica di membrana
attraverso un legame disolfurico tra i loro gruppi SH e quelli degli enzimi di membrana.
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Secondo molti AA la MetaHb, la SulfoHb ed i Corpi di Heinz dovrebbero essere le tappe di un
unico processo ossidativo a carico delle emazie che precede l’emolisi.
Epatotossicità:
alcune amine aromatiche provocano induzione enzimatica.
In letteratura sono riportati casi di atrofia giallo acuta insorta in soggetti ad elevata esposizione.
Effetto sensibilizzante:
molti composti del gruppo (es.parafenilendiammina), oltre che esercitare effetti irritanti su cute
e mucose, possono determinare la comparsa di fenomeni di sensibilizzazione e spesso anche di
sensibilizzazione crociata con farmaci.
Effetti cancerogeni :
alcuni derivati quali la beta-naftilamina, la Benzidina e il 4-aminodifenile sono stati riscontrati
cancerogeni per l’uomo, in grado di provocare la comparsa di neoplasie a carico dell’apparato
escretore urinario.
Tali sostanze non sono direttamente cancerogene, ma lo sono i loro metaboliti attivi derivanti
dalla N-idrossilazione.
Rhen nel 1895 attribuì alla anilina la insorgenza di tumori vescicali riscontrati in operai addetti
alla sintesi di coloranti (da qui deriva l’uso improprio di definire tali neoplasie “tumori da
anilina”). Le neoplasie più frequenti sono quelle a carico della vescica, a livello del trigono. Vi
possono essere tuttavia altre localizzazioni (calici, bacinetto e ureteri) uniche o in più sedi
concomitanti.
TERAPIA
E’ importante instaurare tempestivamente la terapia nel caso di intossicazione acuta.
Di solito i pazienti con un tasso di MetaHb inferiore al 30% necessitano solo di riposo al letto,
senza effettuare trattamento antidotico.
Nei p. con valori di MetaHb superiori al 30% occorre dosare la MetaHb ripetutamente in
quanto la riconversione della HbO2 è abbastanza rapida e, d’altra parte, l’uso di Blu di
Metilene, alla dose di 1-3 mg/kg in soluzione all’1% per infusione venosa lenta, va riservato
solo ai casi con MetaHb superiore al 60%.
L’Acido Ascorbico riduce la MetaHb molto lentamente e non è di grande utilità.
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Nelle forme gravissime è indicato l’uso di O2 iperbarico e, se si assiocia una grave emolisi, la
exanguinotrasfusione.
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APPUNTI DELLE LEZIONI DI MEDICINA DEL LAVORO