- Direz. e Redaz.: Piazza di Trevi, 86 00187 ROMA ANNO XXII N. 5 Maggio 1974 Spedizione in abbonamento postale Gruppo 111/70 - - O R G A N O MENSILE DELL'ASSOCIAZIONE I T A L I A N A PER I L C O N S I G L I O DEI C O M U N I D ' E U R O P A La petizione popolare per i poteri costituenti al Parlamento Europeo I1 13 febbraio l'Esecutivo nazionale delllAICCE - anche nello spirito della risoluzione « L e responsabilità del CCE nella battaglia per la Federazione europea e la sua cooperazione con altre organizzazioni politiche », approvata dalllAssemblea dei Delegati del CCE a Montecatini Terme il 28-30 maggio 1973 (la si veda nel n. 6, giugno 1973, di Comuni d'Europa ») - ha ribadito l'esigenza di una stretta collaborazione, sia al centro che in periferia, fra 1'AICCE e il Movimento Federalista Europeo (Commissione italiana), nel quadro del Consiglio italiano del Movimento Europeo, dei suoi Comitati provinciali per l'Europa e delle sue altre strutture organizzative e politiche. I1 19 marzo a Neu Isenburg (Germania federale) si sono incontrate due delegazioni, una rappresentativa delllUnion des L'EUROPA HA BISOGNO DI UN GOVERNO: L'ltalia ha bisogno dell' Europa per sopravvivere e rinnovarsi. L'Europa ha bisogno di un governo europeo per non soccombere nefla prova di forza che si sta sviluppando nel quadro mondiale. M a non ci sarà mai un governo europeo fino a che r cittadini non mostreranno di volerlo. Per dare ai cittadini la possibilità di manifestare la loro volontà europea. i federalisti hanno promosso in tutti i paesi della Comunità la raccolta di firme per una petizione, da presentare e ripresentare fin che sia necessario, al Parlamento europeo e ::i Parlamenti nazionali. Con In petizione si chiede che venga affidato al Parlamento eurapeo, uaieo rappresentante dei cittadini a livello europeo, i l compito di elaborare il rapporto suil'unione europea previsto dai vertice di Parigi. Nel contempo si chiede che questo rapporto preveda la creazione di un governo europeo responsabile davanti ad un Parlamento europeo eletto a suffragio universale. Per spro2are i partiti e il governo a fare questa decisiva scelta europea, i iederalisti hanno promosso sin dal 1969 la presentazione di una legge di iniziativa popolare per il riconoscimento del diritto di voto europeo in Italia. Sottoscrivendo la petizione per il governo europeo, i cittadini favoriranno anche I'approvazbne di questa legge. CIME AICCE FAFE AEDE . Consiglio Italiano Movimento Europeo Associazione Italiana per il Consiglio dei Comuni d'Europa . Moviriiento Federalista Eiiropro Sezione Italiana dell'UEF Associazione Eiiropea Insegnanti - - fédéralistes européens (UEF: il segretario eeneralc Caterina Chizzola, Eickhorn segretario del17Europa Union Deutchlands e Meriano) e l'altra rappresentativa del CCE (il segretario gencrale europeo Philippovich, il delegato alle relazioni coi movimenti europeisti Serafini, l'incaricato sovranazionale del settore studi Martini e Lena Townsend, Alderman del Greater Londoi~C o ~ ~ n c i lsi ) : sono scambiati i rispettivi punti di vista sulla democratizzazione della Comunità europea e si sono esaminati gli aspetti pratici di una campagna per la petizione in favore del « piano Spinelli » (mandato al Parlamento Europeo di redigere subito lo Statuto politico della Con~unità).I1 3 maggio l'Esecutivo ha dato mandato alla Segreteria politica dell'AICCE di portare avanti l'organizzazione della campagna; e 1'11 maggio la Segreteria ha partecipato a Roma ad una riunione comune con la Segreteria del Movimento Federalista Europeo, coi responsabili regionali del MFE, con la Segreteria del Consiglio italiano del Movimento Europeo e con quella del17AEDE (sezione italiana dell'Associatiotz européezne des Enseignants) per il lancio della campagna. Sentito ancora una volta l'Esecutivo dell'AICCE il 22 maggio, il Segretario generale delllAICCE Serafini si è quindi rivolto ai membri del Consiglio Nazionale, alle Federazioni regionali C ai Comitati di promozione delle Federazioni regionali e a tutti i Soci (titolari e individuali) dell'AICCE con la « lettera », che di seguito pubblichiamo. Le ragioni dell'appoggio al « piano Spinelli n sono state esposte da Serafini anche nella relazione «L'Unione Europea e la lotta per la Ragione », pubblicata nel n. 4, aprile '74, di K Comuni d'Europa »: nel quale numero sono stati pubblicati altresì (nella rubrica K Pensiero e azione dei federalisti europei ») i testi della petizione popolare da rivolgere al Parlamento Europeo e ai due rami del Pai-lamento italiano. Cari coileglzi ed amici, vi è izofo clze il CCE si è sempre battuto per una costrztzione dell'unità eztropea a ~ n i s u r ae con la partecipazione delle forze popolari e denzocratiche: per raggiungere questo scopo il CCE ha, anche recentemente, più volte ribadito che sono essenziali u n intervento coordinato e sovranazionale dei Poteri locali e regionali e l'elezione diretta di u n Parlavzento europeo, che dovrà esprimere u n governo comunitario ad esso responsabile. La linea politica portata avanti dal CCE, in pieno accordo coi1 tutte le altre forze democratiche e federaliste, è quella di chiedere che sia orvzai conferito al Parlamento europeo, eletto a suffragio universale e diretto, il mandato di redigere la Costituzione del primo nucleo degli Stati Uniti d'Europa. Frattanto, poiché i Vertici europei di Parigz e di Copenhagen hanno stabilito di chiedere che le Istituzioni etiropee presentino entro il 1975 u n progetto di Unione europea da reulizzarsi non oltre la scadenza del 1980, il CCE e più particolarmente I'AICCE, sua Sezione italiana, hanno fatto proprio il Piano Spinelli, cioè la richiesta ai Governi della Comztnità di accordarsi i~ninediatainente sul conferimento al Parlamento europeo attuale del coi~zpito di redigere uno Statuto politico dell1Unione europea ( S t a t u t o che dovrà prevedere anzitutto l'elezione a suffragio diretto di uno dei rami del Parlanzento europeo, così come la formazione di u n autentico Governo eztropeo per le nzaterie che non possono più avere una gestione intergovernativa e diplomatica). A questo punto l'Union des fédéralistes européens ( U E F ) ha deciso di lanciare una campagna per una petizione popolare al Parlamerito europeo, i n base all'art. 48 del suo Regolamento, i n favore del Pi~inoSpinelli, lasciando a ciascuna struttura nazionale, federalista :de~nocratica,di stabilire l'articolazione della campagna di ciascun Paese della Coinunità. L'art. 48 del Regolamento del Parlamento europeo prevede che utla petizione possa essere presentata quatz- COMUNI D'EUROPA SOMMARIO La petizione popolare per i poteri costituenti al Parlamento Europeo . . . . . . . . . . . 1 Materie prime: imperialismo o £ederalismo?, di Gian Piero Roz 3 Per un Mediterraneo democratico, di Adachiccra Zevi . . . . . . 7 Costituita la Federazione regionale sarda delllAICCE . . . . . . 5 L'impegno dei cristiani per la Comunità europea, di Gianfranco Martini . . . . . . . . . . 8 Dizionarietto: Rendita fondiaria urbana, di Giuseppe Canzpos Venuti . . . . 10 C.P.E. (Congresso del Popolo Europeo), di Alberto Cabella . . 11 L'affratellamento dei Comuni, contributo all'integrazione della società europea . . . . . . . . l 2 I sindacati e l'Europa, di Andrea Chiti-Batelli . . . . . . . . . 17 L'agricoltura comunitaria a Casalc Monferrato . . . . . . . . . . 21 do è suffragata da firme, che rechino nonze e cognome del firmafario, indirizzo, professione e nazionalità. Secondo gli intendimenti delllUEF - e più particolarnlente dei federalisti inglesi e olandesi - la petizione dovrebbe già essere in condizione di u n possibile inoltro - cioè con un congruo numero di firme - ad una delle sessioni del Parlamento europeo che precederanno l'interruzione estiva: ma si va affermando la tendenza che la raccolta di firnze continui anche al di là del raggiunginzetzto di un numero mininlo, cioè sotto fortna di una campagna « permanente » e conzunque a più largo respiro, per evidenti motivi politici, al fine di creare un impegno popolare più ampio intorno al Piano Spinelli. La Conlnlissione italiana de1l1UEF (Movimento Federalista Et~ropeo)ha deciso di impegnarsi a fondo nella raccolta delle firme per il Parlamento europeo, accompagnandola in pari tempo con la raccolta delle firme per una petizione di appoggio da presentare ai due rami del Parlamento nazionale (con firme per il Senato e firme per la Camera dei deputati). Fino a che non si proceda alle elezioni generalizzate del Parlamento europeo ( e il risultato delle elezioni presidenziali francesi, se dobbiamo stare alle intenzioni comunicate durante la campagna elettorale da Giscard d'Estaing, dovrebbe aver fatto cadere l'opposizone francese a questo proposito), continuerà in Italia la campagna per le elezioni unilaterali (canzpagna che ha visto un così rilevante impegno dei Consigli regionali italiani ed anche dei Consigli comunali e provinciali): tna si affianca ad essa, con altre nlodalità, la canzpagna per la petizione in favore del Piano Spinelli. Sulla raccolta di firme per il Piano Spinelli si è addivenuti a un accordo tra il Movimento Federalista Europeo, I'AICCE, I'AEDE (Association européenne des Enseignants, Sezione italiana), e i Comitati provinciali per l'Europa del CIME (Consiglio italiatzo del Movimento europeo). Cosa deve fare 1'AICCE e cosa debbon fare i Consiglieri regionali, provinciali e comunali degli Enti ad essa aderenti o essi stessi aderenti a titolo individuale? L'impegno dell'AICCE in questa occasione si articola in 3 punti e su questi, cari colleghi ed amici, voglio soprattutto richiamare la vostra attenzione: 1) le Amministrazioni ( m i rivolgo particolarmente alle Amministrazioni conzunali) aderenti all'AICCE sono pregate di collaborare in ogni modo all'organizzazione pratica della raccolta delle firme da parte dei federalisti europei, che ad esse si rivolgeranno, e soprattutto di permettere l'occupazione del suolo pubblico da parte di bancarelle o di altre infrastrutture necessarie per la raccolta all'aperto delle firme in calce alla petizione; 2 ) codeste Anznzinistrazioni sono pregate altresì di appoggiare la raccolta delle singole firme dei menzbri dei Consigli regionali, provinciali e comunali sulle schede della petizione; 3) le stesse Amministrazioni sono pregate di facilitare la diffusione di manifesti, che saranno fatti pervenire loro nei modi opportuni. I n realtà in una larga parte di casi saranno i federalisti europei (direttanlente oppure attraverso le Federazioni regionali delllAICCE oppure attraverso i Comitati provinciali per l'Europa) che si rivolgeranno alle Amministrazioni locali e regionali: dunque si tratterà in linea generale semplicemente di venire incontro a quanto sarà da loro chiesto. Ma per ulteriori chiarimenti e anche per un'iniziativa diretta, ove quella dei federalisti non riuscisse a coprire adeguatamente tutto il territorio nazionale, vi potete senz'altro rivolgere alla Segreteria dell'AICCE, a Piazza di Trevi 86 Ronza. Mi rendo conto che nella crisi della Comunità europea alcuni anzici, più facili allo scoraggiamento o meno portati a guardare al di la della mediocre congiuntura presente (così come alcuni dz noi funzmo invece costretti a fare durante la più lunga Resistenza al fascismo, cioè prima della stretta finale, dell'ultima grande guerra e dunque già negli anni '30), saranno portati talvolta a nutrire dei dubbi nei riguardi di queste campagne popolari ed anche dell'impegno politico incessante, sempre nuovo, che si chiede ai Poteri locali in favore dei federalisti europei. Ma vi prego di saper guardare fermamente al di la del presente, alquanto grigio, tanto più che non di rado muta improvvisamente lo scenario politico e i nostri sforzi hanno un premio fino a poco prima imprevedibile. Proprio in questi giorni io ricordo agli amici la presenza di Mario Soares, in veste di coraggioso ma modesto esule democratico portoghese, al Controvertice federalista organizzato a Parigi, nell'ottobre del 1972, durante il Vertice dei Capi di Stato e di Governo della Comunità europea: chi avrebbe detto che era così vicina la caduta del regime totalitario in Portogallo, dove sembrava esser divenuto un fatto permanente? Mentre l'Europa dei governi procede col passo della tartaruga ( m a spesso procede addirittura come i gamberi, e scusatemi questi accostanlenti da manuale di zoologia), maggio 1974 il fronte democratico europeo lentamente matura, nuove forze sociali e culturali si convincono che non c'è alternativa democratica alla costruzione della Federazione europea. Pertanto, proprio mentre preoccupanti accenti nazionalistici ritornano sulla bocca degli statisti e mentre sembra che, nel processo di integrazione europea, sulle forze centripete finiscano per prevalere quelle centrifughe, si avvicina il giorno in cui questo fronte democratico europeo potrà prendere finalmente piena coscienza di se stesso e rzbaltare la situazione esterna. Il malessere delllEuropa, quello dei suoi singoli Paesi, la crisi della democrazia tradizionale non sono di questi ultinzi mesi, ma già covavano da tempo: il 1968 ne fu un'evidente espressione. Senonché, nzentre il '68 giunse per nlolti imprevisto e sembrò mettere il dito su diverse plaghe reali, denunciando classi dirigenti nazionali irretite nell'autoconservazione e nel corporativismo, esso poi fallì perché al momento negativo non seppe affzancare u n momento positivo, cioè obiettivi chiari e raggiungibzli, anche se per questo non necessariamente mediocri e rinutzciatari. Il '68 è rimasto a mezz'aria, soprattutto perché non seppe assumere come obiettivo, accanto all'abbattimento di privilegi, di feudalita, di oligarchie, la creazione della Federazzone europea sovranazionale, democratica e popolare, autonoma dalle Superpotenze e capace effettivamente di contestarne la ragion di Stato, creando anche una scala socio-economica tale da permettere l'esperienza di un nuovo modello di sviluppo « personalista e conzunitario ». Quando abbastanza untuosanlente ci si dice che occorre attivare i giovani all'ideale della Federazione europea, non si deve intendere ciò come u n tentativo di distrarli dalle loro generose follie » per portarli agli obiettivi concreti n, che noi paternalisticamente vogliamo offrir loro: si tratta piuttosto di stabilire fermamente coi giovani che non si f a nessuna seria riforma, e neanche nessuna seria rivoluzione politica, senza prospettare chiaranlente l'alternativrc, anche di potere, alla « triste » società presente. La Federazione europea non è una distrazione per vichiamare i giovani all'ord~ne,che è quello oltretutto che piace e conviene alle vecchie generazioni, ma è un duro discorso sulle esigenze della Ragione, u n duro discorso, profondamente antidemagogico, che è quello che i giovani tutto sommato si attenderebbero da noi in ogni occasione. E' in questo spirito che m i auguro che un contributo particolarmente importante diano alla campagna per la petizione federalista le Anznzinistrazioni delle città « medaglia d'oro della Resistenza D. Mentre rimango a vostra completa disposizione con tutta la segreteria dell'AICCE, per i chiarimenti che riterrete utili, vi auguro buon lavoro, vi ringrazio della fiducia che continuate ad avere nella conzune battaglia e vi saluto con molta cordialità. Umberto Serafini P.S. - I1 coordinatore della campagna in favore della petizione è per i federalisti europei, su scala nazionale il prof. Massimo Malcovati, via San Lanfranco 60, ~ a v i a : maggio 1974 COMUNI D'EUROPA Materie prime : in2 permialismo o federalismo ? di Gian Piero Roz delllIstituto Affari Internazionali I lavori dellJAssemblea I1 2 maggio si è conclusa la sesta Assemblea straordinaria delle Nazioni Unite sulle materie prime, Assemblea inaugurata 1'8 aprile dal Segretario generale delllONU, Kurt Waldheim. Come è noto, ogni anno, in autunno, si svolge l'Assemblea delle Nazioni Unite in cui si discute dei pricipali problemi connessi con il sistema internazionale, visti in prevalenza sotto l'aspetto politico. Tuttavia, il Segretario generale delle Nazioni Unite ha l'obbligo di convocare delle Assemblee straordinarie su argomenti specifici a richiesta dei due terzi dei paesi membri. In occasione della riunione dei paesi consumatori di petrolio a Washington, per controbilanciare l'iniziativa americana, il ministro degli esteri della Francia, Jobert, aveva proposto che alle Nazioni Unite si tenesse una Assemblea sul petrolio. Tale proposta f u ripresa dal Presidente algerino Boumediène, che, in qualità di Presidente in cari'ca del gruppo dei non allineati, depose presso il Segretario generale una proposta di convocazione di Assemblea straordinaria sulle Materie Prime con lo scopo di coinvolgere maggiormente l'interesse dei paesi del Terzo Mondo e di evitare un conEronto troppo aperto sul problema petrolifero. I lavori dell'Assemblea erano suddivisi tra quattro organi differenti. Mentre alllAssemblea vera e propria i rappresentanti dei vari governi pronunciavano discorsi programmatici ed avanzavano proposte, una « Commissione ad hoc D, l'unica di questa sessione mentre solitamente ne vengono costituite numerosissime, presieduta dal rappresentante permanente dell'Iran alle Nazioni Unite, Freydoun Hoveida, esaminava i due documenti presentati dal N gruppo dei 77 D. Questo gruppo raccoglie i paesi in via di sviluppo, è i1 nucleo centrale ed iniziale delI'UNCTAD (Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo) ed a lui si deve l'elaborazione dei documenti fondamentali presentati a Santiago nel 1972; è composto attualmente da 97 stati ed aveva presentato, alla apertura dei lavori delllAssemblea, un draft di « dichiarazione per un nuovo ordine economico mondiale D, ed un programma di azione ». 11 primo documento fu esaminato dalla Commissione tra il 10 e il 18 aprile mentre il programma di azione fu analizzato a partire dal 18. La Commissione ad hoc » creò inoltre, in considerazione delle proposte di modifica ai due documenti di base che venivano avanzate nel dibattito in assemblea generale, un wovking pavty che si riunì per la prima volta il 17 aprile, gruppo di lavoro aperto a tutti i paesi. I1 wovking party lavorò soprattutto su proposte riguardanti speciali misure per mitigare le difficoltà immediate dei paesi in via di sviluppo colpiti molto seriamente dalla crisi economica, tenendo conto soprattutto dei problemi dei paesi meno sviluppati (1) e di quelli (1) Come è noto i K paesi meno sviluppati 2 sono stati definiti dal Comitato per la pianificazione dello sviluppo dell'ECOSOC (Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite) nel 1971 e la loro categoria i3 stata ufficialinente riconosciuta dall'Assemblea dell'UNCTAD a Santiago. Essi sono: Botswana, Burundi, Dahomey, Ethiopia, Guinea, Alto-Volta, Lesotho, Malawi, Mali, Ni- senza sbocco sul mare. I1 tvorking pavty trasmise alla « Commissione ad hoc » una serie di raccomandazioni presentate da diversi paesi e riguardanti la creazione di speciali commissioni delle Nazioni Unite. Vi era infine un ultimo gruppo di lavoro, il « Comitato per le credenziali » composto da nove paesi e che aveva il compito di verificare la legittimità delle rappresentanze nazionali. I lavori di questo speciale comitato si arenarono sul problema del riconoscimento del Sud Africa. Una proposta del Senegal tendente a non accettare la rappresentanza sudafricana fu bocciata essendo il voto risultato pari: Cina, Senegal, URSS e Tanzania votarono in favore di questa proposta mentre Giappone, Nicaragua, USA ed Uruguay vi si opposero; la Grecia, ultimo membro della commissione, si astenne. Si decise quindi di presentare alllAssemblea generale la proposta del Senegal. I1 29 aprile, dopo che l'ultimo dei 101 oratori iscritti a parlare davanti alllAssemblea aveva pronunciato il suo discorso e dopo la replica del Segretario generale delllONU Waldheim, la seduta dell'Assemblea fu aggiornata al giorno successivo per poter prendere in esame le conclusioni dei tre gruppi di lavoro. 11 30 aprile il disaccordo tra il gruppo dei paesi in via di sviluppo ed i paesi industrializzati, che fino ad allora si era concretamente manifestato solo in sede di commissione, apparve in sede di assemblea e ne bloccò i lavori. La premessa la si vide al momento dell'analisi dei lavori del Comitato per le credenziali: una proposta della Siria tendente alla approvazione delle credenziali di tutti gli stati eccezion fatta per quelle dei rappresentanti del Sud Africa fu messa ai voti: ottantasei paesi votarono a favore della proposta, 15 si astennero (Giappone, Nepal, Nuova Zelanda, Botswana, più la maggior parte dei paesi latino-americani), e 26 votarono contro appellandosi al regolamento delle Nazioni Unite e rifiutandosi di dare un giudizio politico. Votarono contro tutti i Paesi delllEuropa occidentale, Italia compvesa, gli Stati Uniti, l'Australia, Israele, il Malawi, il Brasile, il Canadà ed altri minori. Nel corso della discussione molte critiche si levarono anche contro il Portogallo (non gli si riconosceva che la rappresentanza del territorio metropolitano) e contro quella della repubblica Kmera accusata di non r a p presentare che 114 del paese. Ma il fatto più importante fu la rottura dell'assemblea in due blocchi. Tale rottura bloccava già da alcuni giorni i lavori della « Commissione ad hoc » in quanto i paesi industrializzati, guidati dagli USA, si opponevano al gruppo dei 77 soprattutto sulla dichiarazione per un nuovo ordine economico e sociale. In particolare giudicavano inaccettabile la formulazione del secondo principio che sancisce il diritto alle nazionalizzazioni senza fare accenno agli indennizzi. I1 29 apriger, Uganda, Tanzania, Ruanda, Somalia, Sudan, Ciad, Haiti, Afganistan, Butan, Laos, Maldive, Nepal, Samoa occidentale, Sikkim, Yemen. Di questi, quindici sono senza litorale. 3 le la commissione aveva aggiornato i suoi lavori « sine die » in quanto nessun accordo pareva possibile e non si prospettavano soluzioni. Solo il primo maggio la « Commissione ad hoc » adottò N by consensus » i due documenti presentati dal gruppo dei 77, leggermente emendati nelle loro parti meno importanti, documenti che venncro immediatamente trasmessi all'Assemblea unitamente alle sei proposte trasmessegli dal wovking pavty più uno schema, presentato dagli Stati Uniti, per la costituzione di un fondo di 4 miliardi di dollari per uno speciale programma di aiuto ai paesi in via di sviluppo particolarmente colpiti dalla crisi economi. ca. Tale proposta era stata presentata dagli USA di sorpresa nella giornata del 29 maggio, con la giustificazione che il governo americano aveva dovuto attendere i risultati del colloquio Kissinger-Boumediène, svoltosi ad Algeri, prima di presentare tale proposta. Questa tesi f u smentita dai rappresentanti algerini, tra cui il Ministro degli Esteri Bouteflika, i quali definirono tale proposta K una manovra D tesa a dividere i paesi non allineati. I documenti vennero presentati « by consensus » ma questo « consensus » si riferiva alla modalità di presentazione dei documenti alllAssemblea generale e non al loro contenuto. Era stato un accordo « i n extremis » per evitare che l'Assemblea generale si concludesse con un nulla di fatto. I1 problema venne quindi solo rinviato. Ed il lo maggio anche l'Assemblea fu obbli. gata ad adottare i due documenti senza v o t o cioè a divulgare semplicemente dei documenti presentati dai paesi in via di sviluppo che mettevano in discussione il potere dei paesi industrializzati, documenti destinati a restare negli archivi e non a costituire una base di azione. La sesta Assemblea generale straordinaria si è così conclusa con un nulla di fatto, cioè con l'adozione senza voto della « Dichiarazione su di un nuovo ordine economico mondiale », del K Programma di azione » con delle speciali misure per i paesi in via di sviluppo particolarmente colpiti dalla attuale crisi economica. Tali misure, è da sottolineare per rendere più evidente l'ampiezza del disaccordo, non sono quelle preconizzate dalla proposta americana di cui abbiamo parlato, ma bensì sono contenute in un documento presentato successivamente dalla Siria a nome del gruppo dei 77, documento le cui linee erano state definite da Boumediène nel suo discorso di apertura. Infine, dato che il disaccordo di base aveva praticamente bloccato per una settimana i lavori della cc Commissione ad hoc », e che questa non aveva quindi potuto esaminare le proposte del working gvoup, queste ultime invero di importanza secondaria sono state trasmesse allJECOSOC,il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, che era riunito in quei giorni a New York, affinché le valutasse e desse loro eventualmente un seguito. Una dimostrazione di più del fallimento di questa sessione dedicata alle materie prime, fallimento che può condurre a delle gravi conseguenze per il commercio mondiale per i prossimi mesi. Dopo questa conferenza, infatti, le posizioni dei paesi industrializzati e quelle dei paesi in via di sviluppo produttori di materie prime si sono allontanate, favorendo così la possibilità di ricorso, da una parte e dall'altra, a delle misure drastiche che possono condurre COMUNI D'EUROPA 4 - maggio 1974 P - su scala più vasta dei periodi simili a quello della recente crisi petrolifera, come vedremo nella terza parte di questo studio. I documenti di vedegià re, la sesta Assemblea straordinaria delle N Nazioni Unite si è ne '' di estremamente controversi. primo e più importante è la dichiarazione per un nuovo Ordine enunciazione di 20 principi su a~~ deve esser' foriordine, principi che presupaccettati la pongono come diritto autodeterminazione dei popoli^ acquisizione di territori la ltintegrità e la interferenza negli affari interni degli altri stati. 11 primo principio richiama particolarmen. te l'attenzi0nesui gravissimi problemi dei paesi meno di quelli senza sbocco sul mare e delle isole e sollecita degli aiuti particolari. 11 secondo principio proclama la Permanetzte di stato s ~ l l l esue risorse tzdturalt )), sancisce il diritto di Ogni stato ad esercitare un effett i sulle ~ ~sue risorse e sul loro sfruttamento 1 nzezzi appropriati alla situazione, inclusi il diritto alla t z a z i o f l a l l ~ ~ a z i o ned e alla e s ~ r o ~ r i a z i o ni en favore d i cittadlfli 20cali E' proprio su questa enunciazione del diritto alla nazionalizzazione che si è verificata la rottura tra paesi ricchi e paesi poveri, i primi non volendo accettare questo ~ r i n cipio, i secondi non vo'endo fare delle concessioni sul problema dell'indennizzo. Anche sul terzo principio il disaccordo è stato completo. Esso infatto sancisce che gli stati, territori o popoli che si trovano sotto l'occupazione straniera, o sotto il dominio di alleati » o di potenze coloniali, oppure che sono vittime dell'apartheid (la sottolineahma è N.d.A.) « i l diritto alla restituzione ed al rimblirso totale per lo sfruttamento e i danni, delle risorse naturali e di tutte le dtrerisorse di questi stati, territori e popoli D. principi riguardano la necessità dj porre limiti alle attività delle multinaziOnalil la necessità per i paesi in via di svitutte le loro luppo di la necessità che la riforma sistema internazionale faciliti i paesi in via di e la promozione tratzsfert di verso i paesi sottoInfine una serie di principi riguardano il ed in particolare richiedo110 che s ~ ~ s s i s t'un a giusto ed equo raPporto tra i prezzi materie prime, dei beni manifatturati e semimanifatturati espor tati dai paesi in via di sviluppo ed i prezzi delle materie prime, dei prodotti di base, dei manufatti C dei beni capitali e delle attrez7ature che loro importano D. 11 documento comprende inoltre una richiesta affinché tutii gli stati membri proclaminO la loro determina zione unitaria ad operare urgentemente Per lo di un nuovo ordine econe basato giustizia, la sovranità, l'eguaglianza, l'interdipendenza, l'interesse comune e la cooperazione tra tutti gli stati, indipendentemente dal loro sistema politico e sociale ». 11 secondo documento scaturito dalla sesta Assemblea straordinaria è il programma d'azione che consiste in « urgenti ed effettive misure (che) devono essere prese dalla comunità internazionale per aiutare i paesi in via di sviluppo ». « I1 programma d'Azione m è suddiviso in nove sezioni che in parte ricalcano i problemi posti dalla dichiarazione di cui il programma di azione è la logica conseguenza. lnnanzitutto il programma concerne i problemi fondamentali delle materie prime e dei prodotti di base in relazione al commercio ed allo sviluppo. In questa prima sezione si insiste in modo particolare sulla necessità di porre fine alla dominazione ed allo sfruttamento esterni al fine di pervenire ad esercitare una sovranità permanente sulle risorse naturali. Questa sezione auspica inoltre la formazione di associazioni di produttori al fine di poter meglio controllare l'evoluzione delle ragioni di scambio, e questo soprattutto in funzione delle importazioni dei prodotti alimentari di cui hanno bisogno i paesi in via di sviluppo. Seguono infine delle Taccomandazioni sull'organizzazione del commerci0 internazionale. La seconda sezione si rifeinvece al sistema monetario internazionale ed al finanziamento dello sviluppo del Terzo Mondo. Essa contiene un certo numero di obiettivi tra cui delle misure per frenare l'inflazione nei paesi industrializzati e per prevenirla prima che sia stata trasferita nei paesi in via di sviluppo, nonche delle misure per eliminare l'instabilità del sistema al fine di evitare una perdita di valore delle riserve dei paesi in via di sviluppo. La terza e quarta sezione si occupano della industrializzazione e del tyans f e r t di tecnologia, mentre la quinta si sofferma sulle attività delle società multinazionali. Vi si richiede la creazione di un codice per prevenire le interferenze negli affari interni dei paesi in cui operano le multinazionali e per impedire la loro collaborazione con i regimi razzisti e con ministrazione coloniale. s i auspica inoltre che il codice regoli i problemi di transfert delle tecnologie all~internodelle nali, che regoli il problema del rimpatrio dej profitti e che promuova il ]oro reinvestimento nei paesi in via di sviluppo. La sesta sezione del programma di azione riguarda la Carta dei diritti e dei doveri economici degli stati, elaborata dal N gruppo dei 77 » in accasione della terza UNCTAD e da questa adot. tata: se ne auspica l'adozione da parte dell'Assemblea generale nel corso della sua prossima sessione ordinaria (settembre-dicembre 1974). Nella sezione seguente, a proposito della cooperazione tra paesi in via di sviluppo, si auspica la creazione di meccanismi per la difesa del livello dei prezzi: in questo contesto l'incremento effettivo della mobilitazione delle loro risorse naturali, da parte di tutto il gruppo dei paesi esportatori di petrolio, a beneficio del loro sviluppo economico, è il benvenuto così si legge nel programma. E di seguito nello stesso tempo è di primaria importanza una cooperazione tra i paesi del Terzo Mondo rapido sviluppo e con il più grande per di solidarietà possibile per assistere i paesi in via di sviluppo a far fronte agli immediati problemi che si pongono a causa di questa legittima e perfettamente giustificata azione ». L'ottava sezione si occupa del problema del controllo delle risorse naturali mentre la nona conclude il Programma di Azione con l'elencazione di un certo numero di misure per rafforzare il ruolo del sistema )), delle Nazioni Unite nel campo della cooperazione economica internazionale. I1 programma speciale di misure di emergenza per mitigare le difficoltà dei paesi sottosviluppati particolarmente colpiti dalla crisi economica conclude i documenti adottati dal17Assembleaed interviene come appendice al Programma d'Azione. Questo p r e gramma speciale che dovrebbe protrarsi « il più a lungo possibile almeno fino alla fine della Seconda Decade dello Sviluppo » prevede in primo luogo che il Segretario generale delle Nazioni Unite dovrebbe K lanciare una operazione di emergenza al fine di procurare delle tempestive risorse ai paesi in via di sviluppo particolarmente colpiti dalla crisi allo scopo di mantenere costanti le loro importazioni necessarie per almeno i prossimi 12 mesi ». I1 programma prevede inoltre 12 tipi di speciali misure che si possono prendere: accordi commerciali su basi favorevoli, dilazioni di pagamento per le importazioni essenziali, aiuti in merci, ivi compresi aiuti alimentari, sotto forma di doni oppure di dilazioni di pagamento in moneta locale, crediti a lungo termine ai fornitori a condizioni favorevoli, aiuti finanziari a lungo termine, emissione di diritti speciali di prelievo a particolari condizioni, instaurazione di un legame tra la creazione di diritti speciali di prelievo e aiuto allo sviluppo, rinegoziazione del debito estero, caso per caso, in vista di concludere degli accordi sulla cancellazione del debito, oppure su di una moratoria O di un rinvio a nuovo ruolo, sussidi per le spese di trasporto e di transito specialmente per i passi senza litorale, ecc. I1 programma speciale si conclude quindi con delle richieste al Fondo Monetario Internazionale, alla Banca Mondiale ed al UNPD (Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo) circa altri sussidi specifici da concedere ai paesi meno sviluppati. Lo scontro Paesi sottosviluppati-Paesi industrializzati Abbiamo visto che le posizioni dei paesi in via di sviluppo e quelle dei paesi industrializzati si sono scontrate e non hanno p@ tuto trovare un punto di incontro nei documenti presentati dal gruppo dei 77. Eppure il contenuto dei documenti in questione non era affatto nuovo ed i paesi industrializzati potevano conoscerne il contenuto aimeno a grandi linee ben prima dell'inizio delllAssemblea. Infatti i documenti del gruppo dei 77 non fanno altro che riprendere le posizioni già espresse nella «Dichiarazione e principi del programma di azione di Lima 2 adottate dal gruppo alla seconda riunione ministeriale tenutasi a Lima nel novembre771 in preparazione alla terza UNCTAD e riprese da quest'ultima. Inoltre i documenti sud detti riprendono quasi testualmente la Dichiarazione Economica adottata al vertice dei paesi non allineati, tenutosi ad Algeri lo scorso settembre; in particolare, la seLione sette della Dichiarazione Economica sulla « sovranità e risorse naturali contiene espressi ancor più duramente i principi sul diritto dei paesi in via di sviluppo di procedere alle nazionali~zazionied alle espropriazioni K in conformità alle leggi nazionali dei singoli stati ». Sono documenti noti, che erano già stati all'origine di forti divergenze tra i due blocchi (ricordiamo tra l'altro il fallimento dell'UNCTAD di Santiago in cui vi fu una frattura anche all'interno stesso maggio 1974 COMUNI D'EUROPA 5 dei paesi in via di sviluppo) e che a maggior ragione hanno catalizzatc le posizioni a New York, data l'attuale situazione economica mondiale. I pacsi in via di sviluppo infatti, con l'cccezioiie di alcuni dei paesi esportatori di petrolio, si trovano iii una situazione draiilinalica, scnsibilincntc pcggiorc chc iil passato c cile, seconuo le previsioni degli esperti della Banca Mondiale e d d l i ' U N C ' l ' ~ ~ , si degraderà ancora nei prossimi anni. Dall'altra si trovano i paesi industrializzati che devono affrontare una crisi economica molto grave da cui sono esenti solo gli Stati Uniti cd in parte ia Germania e che cercano una via di uscita all'impasse in cui si trovano, Yeinbra quindi opportuno analizzare la si. tuazione reale dei paesi in via di sviluppo. L'assemblea era stata convocata per discutere del problema delle materie prime. Ora, quando si parla di materie prime si pensa automaticamente ai paesi in via di sviluppo in quanto le loro esportazioni sono costituite principalmente, per l'appunto, di materie prime. Ora, negli ultimi tempi i prezzi delle materie prime sono saliti talvolta in modo vertiginoso tanto che le ragioni di scambio tra di cssc ed i prodotti manifatturati sono rimasti immutati nel corso del 4" trimestre del 1973 in rapporto alla media del 1950. Ma, come ha fatto notare il Segretario generale delle Nazioni Unite Kurt Waldheim, «sembra che i prezzi delle materie prime esportate soprattutto dei paesi in via di sviluppo siano aumentate di meno che le materie prime che occupano una parte importante nelle esportazioni dei paesi industrializzati ». 11 punto fondamentale che sovente viene dimenticato è che infatti la maggzor parte delle esportazioni di materie prime proviene dai paesi industrializzati. Nel 1973, ad esempio i paesi in via di sviluppo hailno esportato solo il 38% delle materie prime esportate nel mondo, mentre i paesi industrializ~ a t ne i hanno esportate il 55%, il 7% essendo coinmercializzato dai paesi comunisti. Inoltre non bisogna dimenticare che le materie prime di molti paesi del Terzo Mondo sono controllate da grandi compagnie multinazionali oppure semplicemente straniere. Per fare un esempio attuale, collegato con Presso l'aula consiliare della Provincia di Cagliari, il 23 febbraio scorso, si sono tenuti il recente colpo di stato, lo sfruttamento i lavori per la costituzione della Federazione regionale delllAICCE. Al termine della seduta, dell'uranio del Niger non è controllato da cui hanno partecipato Sindaci di tutta l'Isola, è stato approvato il regolamento della Fedequesti che per il 14,66% il resto essendo sotto razione ed è stata eletta la Giunta Esecutiva. Nelle foto: ( i n alto), d a sinistra, Gianfranco Putzu presidente della Provincia di Nuoro, Antonio Romagnino i n rappresentanza delllAEDE, controllo della Francia, del Belgio, della Ger- Raffaele Gallus presidente della Provincia d i Cagliari, Aurelio Dozio i n rappresentanza delmania e delllItalia (tramite 1'Agip Nucleare) I'AICCE, Franco Murtas sindaco d i Cagliari, Guido Spina assessore al lavoro della ReInoltre la commercializzazione delle materie gione, Giuseppe Usai i n rappresentanza del MFE; (itz basso), i n primo piano, il professor prime è strettamente controllata sul mercato Iginio Cossu, l'avv. Piero Soggiu, l'on. Mariano Pintus, il sindaco di Ortacesus Luigi Pisano e il sindaco di Villacidro Francesco Matta. internazionale da trusts finanziari occidentali ed i prezzi dipendono in larga misura dalla speculazione che opera sulle borse mer- il 6,1°/0. Per il Piombo le proporzioni sono Quanto poi ai principali prodotti manifatturati che essi importano, negli ultimi cinque ci mondiali, Londra e New York in partico- rispettivamente del 47,S0h e del 9,8%, per lare. Se si considerano, infine, le sei materie la Bauxite del 64,4Ob e del 38%, per lo Sta- anni si sono verificati i seguenti aumenti: il prezzo dell'acciaio è aumentato di 3 volte, prime considerate come strategiche, ecce- gno del 47,2010 e del 23,3%, e per il Rame quello del cemento di 4, quello dei trattori zion fatta per il petrolio, si vede che, consi- del 39,1% e del 29,6% infine per lo Zinco del 55,2Oh e del 10,9%. I1 resto della produzione di 2. Infine il prezzo dei concimi chimici è derando solo i maggiori produttori, i paesi raddoppialo tra il mese di giugno '72 ed il in via di sviluppo, che hanno il controllo proviene dai paehi corilunisti u da al11i paesi settembre '73. Come ha fatto rilevare il preche ne producono quantità minime. effettivo delle loro risorse, non controllano Se si considerano inoltre le materie pri- sidente algerino Boumediène nel suo discor. nessuna materia in modo sensibile: il 92,1% me ed i prodotti di base importati massic- so inaugurale, « p e r i 25 paesi che sono clasdella produzione di Uranio del mondo occi. ciamente dai paesi in via di sviluppo, si sificati dalllONU nella categoria dei paesi dentale è controllata dai paesi industrializ- constata che la situazione è ancora peggiore. meno sviluppati, l'effetto del rincaro dei prozati o ad essi assimilati (2), mentre i paesi I1 prezzo del grano è raddoppiato dal lu- dotti alimentari sulla bilancia dei pagamenti in via di sviluppo (3) non ne producono che glio 1972 al luglio 1973 ed è quasi raddoppiato è del 70°/o superiore all'effetto dell'incremento nel corso dell'ultimo semestre del 1973; il dei prezzi del petrolio n. (2) In questa categoria sono inclusi Canada, Stati Questa è la situazione attuale. E per l'avprezzo dello zucchero si è quadruplicato in Uniti, Guyana Britannica, Grecia, Sud Africa, Giamaica, venire le previsioni non sono meno pessimimeno di tre anni; l'incremento del prezzo Messico, Surinam, Filippine, Australia, Giappone, Malesia, Thailandia, CEE. del grano e del riso ha comportato un au- stiche: gli esperti delllUNCTAD prevedono in(3) Peru, Bolivia, Cile, Zambia, Gabon, Niger, Guinea, Indonesia. mento della spesa dei paesi in via di sviluppo fatti che nel 1974 il prezzo medio del rame Fonte: Annuaire des Minerauu ei Métaux 1972, citato di circa 7 miliardi di dollari rispetto al '71. potrebbe scendere del 16Oh rispetto al 1973, da Le Monde » ed elaborato dall'autore. Costituita la Federazione regionale sarda dell'AICCE COMUNI D'EUROPA 6 -- . -- - . p - - p p ~ p ~ che il prezzo tlel ferro, pur rimanendo costante nel 1974, a causa dei contratti a lungo termine slipulaii negli anni prcccdenLi, scenderà nel 1975, che, sempre ncl 1974 si verificherà una cad~ita dei prczzi del caucciì~, dei semi oleosi. del cuoio, delle fibrc tessili e dei concimi nat~iraliincntrc i prczzi del grano, dello zucchero c del riso aumcntcranno Pino al 506.0 rispetto al '73. Uno s t ~ ~ d iciella o Banca Mondiale pubblicdto di recente conlerma queste ipotesi e prevede un progressivo detcrioramcnto dclle ragioni di scambio per i paesi in via di sviluppo nci prossimi anni. Gli esperti della BIRD (Banca intern~izionalcper la ricostruzione e lo sviluppo) hanno suddiviso questi paesi, cscludcndo i paesi produttori di petrolio, in tre categocie; paesi a d alto reddito', a reddito mcdio ed a basso reddito ed hanno elaborato due ipotesi di andamento delle ragioni di scambio, una ottimista ed una pessimista. Secondo la prima ipotesi, le ragioni di scambio dei paesi ad aalto reddito » subiranno un deterioramento del 169'0, quelli a reddito medio del 19% e quelli a basso red. dito del 20%. Secondo l'ipotesi pessimista invece, il deterioramento sarà rispettivamente del 29, del 30 e del 44 per cento. Come si vede i paesi in via di sviluppo si trovano in una situazione particolarmente difficile per cui la loro attitudine estremamente dura nei confro'nti dei paesi industrializzati è comprensibile. Inoltre a questo tipo di atteggiamento hanno contribuito non poco, a nostro avviso, la tensione e le divisioni esistenti nel campo dei paesi in via di sviluppo. A questo proposito, due fattori devono esscre messi in evidenza; le conseguenze dell'aumento del prezzo del petrolio e del rif i ~ i t odei pacsi esportatori, ed arabi in primo luogo, di concedere dei prezzi preferenziali ai paesi del Terzo Mondo, ed il tentativo arabo, algerino in particolare, di assumere la leuderslzip del Terzo Mondo. L'aumento del prezzo del petrolio ha messo in difficoltà i paesi in via di sviluppo non meno dei paesi industrializzati, anche se la gravità della loro situazione, come abbiamo avuto modo di vedcre, ì: dovuta soprattutto all'accumularsi di due fatto'ri negativi, il prezzo del petrolio e l'aumento delle materie prime e dei prodotti manifatturati che essi importano. I1 rifiuto da parte dei paesi produttori di concedere delle tariffe preferenziali e la costituzione da partc araba di una banca per lo sviluppo con scarsi fo'ndi disponibili ha aggravato le tensioni che esistevano tra i paesi in via di sviluppo e che, apparse in modo quasi drammatico a Santiago', si erano riproposte al vertice dei non allineati ad Algeri. Queste divergenze si sono protratte fino all'inizio dell'Assemblea sulle materie primc tanto che solo 1'8 aprile il gruppo dei 77 si era trovato d'accordo in extremis per presentare due documenti comuni che non facevano altro che ricalcare le loro precedenti dichiarazioni. I1 problema del petrolio ha rimesso pure in discussione il tentativo di leadership del Terzo Mondo che il Presidente algerino Boumediène persegue da tempo', tantopiu che l'Algeria è stata uno dei paesi più duri, insieme alla Libia, ncll'opporsi ai prezzi preferenziali. In questo quadro meglio si capisce il motivo per cui è stato pro'prio Boumedikne a proporrc la convocazione delI'Asscmblea allargandone il campo dal petrolio al problema dclle materie prime. E si può dire che il suo tentativo di ricuperare Ic posizioni pei-dutc sia in parte riuscito. Come commenta\.n « Lc Mondc » prima della apcrtura dei Iavoi.i, « appare cvidente chc (BouinediCnc) Irirà tli Lutto 1 x 1 ' poi-si come leader del Tci-zo Mondo. E' vci-o che q ~ i e s t o posto L; vacante dopo la scomparsa di Nehr~i, Nasscr e Sukarno ma si prcvecic che difficilmente gli altri paesi poveri accetteranno questa lradership algeriria. Già fin da ora sono apparse delle forti tensioni tra i paesi non allineati non foss'altro chc nella definizionc della posizione cornunc chc essi devono adottare nel corso della sessione » (4). Contrariamente alle previsioni, invece, i pacsi in via di sviluppo hanno sostenuto a fondo il documento da loro presentato e la dichiarazione, citata più sopra, di appoggio alla politica dei paesi dell'OPEC ( 5 ) , deve essere considerata come un fatto politico di notevole Col tempo ... l'Europa sarà sempre meno capita nei suoi aspetti positivi, a meno che in essa mo'lte cose non mutino in modo radicale, rapido ed escmplare. La generazione dei Nerhu e dei Senghor sta lentamente passando; spariscono i vecchi rivoluzionari come Manvendra Nath Roy, che un ternpo dirigeva il Dipartimento orientale del Corilintern, ma si trovava di casa in Germania, in Francia o in Svizzera (come Lcnin, del resto); difficilmente altri Panikkar soppeseranno con tanta serenità il pro e il contro della dominazione europea in Asia. Rimarrà l'ombra dei delitti: sempre che gli europei, dicevo, non rompano, a cominciare dal loro stesso continente, col loro passato, non di rado assai prossimo, e non siano capaci di compiere una rivoluzio'ne demo'cratica - quella rivoluzione che è stata auspicata più che iniziata dalla Resistenza e interrotta, in ogni caso, dai restaurati nazionalismi -, sciogliendosi dalle attuali contraddizioni ». « dalla relaziotze politica d i Serafini « L ' E u r o p a degli europei, strada maestra per la pace », al ZV Congresso nazionale de1I1AICCE (13-15 novembre 1961), che ai problemi del rapport o tra Europa U ~ . ~ i teu Terzo nzo~zdo dedicava larga parti:. rilievo: la spaccatura dei paesi in via di sviluppo su cui tanto si profetizzava nelle capitali occidentali non solo non & avvenuta ma al contrario sembra che si siano poste le basi per una loro nuova politica comune. Certo non bisogna sottovalutare a questo proposito e gli errori commessi dagli europei, incerti tra la paura di aggravare la loro posizione nei confronti degli Stati Uniti ed il desiderio di aprire in modo costruttivo ai paesi del Terzo Mondo su cui sperano per la loro ripresa economica, e la posizione americana che ha acuito le divergenze im. pedendo così una qualsiasi possibilità di intesa. Appare quindi ovvio che i paesi in via di sviluppo, dopo anni di frustrazioiii, viste inutili le speranze riposte nei paesi industrializzati, abbiano preferito appoggiare la posizione araba e dei paesi espo'rtatori di petrolio sperando se non altro in questi per degli aiuti reali in futuro. Abbiamo accennato alla posizione tenuta dai paesi industrializzati nel corso dell'Asm Le .Monde D, 7-8 aprile 1974, pag. 1. (5) Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio. (4) --- maggio 1974 semblea ed è opportuno soffermarcisi sopra un atlimo. Come abbiamo già avuto modo di mettere in evidenza, la posizione degli USA i: stata particolarmcntc d ~ i r adurante tutto lo svolgimento dei 1avoi.i. Sc nei lavori delle corniriissiotii i rappi-esentanti an~ei.icaiiisollevavano conlin~ic obiezioni sui doc~imcnti presentati dai paesi in via di sviluppo, il discorso di Kissinger fece apparire pubblicamente l'intransigenza del suo governo. Nel s ~ i odiscorso il segretario di stato americano ha ribadito il netto rifiuto a dclle modifiche Fondamentali nelle relazioni tra paesi ricchi c paesi poveri. Egli ha cioè sostcnuto che il sistema quale ì: va bene e non ha bisogno che di qualche revisione in alcuni meccanismi secondari. La politica americana considera sempre come miglior soluzione ai problemi dello svil~ippo il ricorso all'aiuto interliazionale (ed in questo quadro si capisce meglio la proposta avanzata il 29 aprile e che destò tante polemiche), ma tale aiuto può sparire se i paesi poveri esercitano « politiche di pressione o minacce D. Politiche di questo tipo, inaccettabili per gli USA, sono ad esempio « l'organizzazione di un gruppo di paesi come blocco n, le decisio'ni unilaterali di modifiche dei prezzi, ecc. Il discorso di Kissinger è stato seguito da numerosi interventi del rappresentante aine. ricano alle Nazioni Unite John Scali, che in chiusura dei lavori, ribadendo l'opposizione americana ai documenti presentati dal « gruppo dei 77 » ha sottoliiieato clie « gli USA non possono accettare l'idea di associazioni di produttori come mezzi idonei alla promo. zionc dello sviluppo o'ppure allo scopo di fissare un rapporto tra i prezzi delle importazioni e quelli delle esportazioni )). Tutti questi sono, secondo Scali, tentativi artificiali per guidare i mercati che igno'rano le realtà economiche ed i legittimi intcrcssi dei consumatori così come dei pro'duttori ». In poche parole l'ordine esistente non deve essere rimesso in discussione perché è il migliore anche per i paesi in via di sviluppo. Non pensiamo di dover richiamare l'attenzione del lettore sui brillanti risultati che il sistema ha ottenuto negli ultimi anni soprattutto per i paesi in via di sviluppo. Ma ritorneremo sul problema in seguito. La posizione aniericana tuttavia trova la sua origine nella posizione di forza in cui gli Stati Uniti si sono venuti a trovarc dopo la crisi petrolifera. Infatti, dopo l'ottobre 1973, vi è stato un capovolgimcnto radicale delle posizioni nello scenario mondiale rispetto al decennio precedente, con la restaurazione della supremazia americana, l'affermazione dei paesi arabi e mediorientali esportatori di petrolio come potenza economica di rilievo mondiale e In crisi delllEuropa e del Giappone. Una rottura tra USA e pacsi in via di sviluppo obbliga l'Europa e gli altri paesi occidentali a fare una scelta chiara per uno dci due campi, cioè per la posizione americana favorendo così il disegno di Nixon di costituire un fronte unico dei paesi consumatori di petrolio e di controllare più efficacemente la politica europea. Questa politica americana è stata comunque facilitata dalla debolezza della po'sizione della CEE. I paesi della CEE si sono presentati a New York, dopo aver consultato la Commissione, con un piano che, bisogna riconoscerlo, non era molto dissimile dalle proposte americane. La CEE si è dichiarata disposta a partecipare al riaggiustamento dei prezzi delle materie prime esportate dai niaggio 1974 paesi in via di sviluppo, si è dicniarata p w n ~ a a con~ribuii-e ililanziariainente in loru lavurc (e noia la ~Jl'opoSIii avanzala uai Luinmissarlo aiio sviiuppo Lneysson su cti uii coiirriouto a iavore aei pacsi 111 via C i 1 Sviluppo ui 3Ud milioni ui dollari) rlia L U I L O eio a conUiLioilc cnc i paesi prouu~coricii ~ L L I ' ~ J ~ eI Uui n~aterieprime ilon 1isS1110 i prezLi inettenao in pericolo i ecoiiuiilla ueii curopa. Il minlsLro uegii esteri t ed esco bcneel, a nome della Lomunila, lia proposto un piano in cinque punu: sLaoiIITC UCIIC rciazioili intei'nazionaìi basale suiia Liuucia, costituire un consiglio dei saggi che S~aOil1sCa I kondamenti e gli strumeii~iui uila nuova suategia di cooperazione interiiazionaie, ratrorzare le strutture iinanziarie ui aiuto ai lerzo 1Vlondo già esistenti, stipulare aegii accordi sulle materie prime, cosLruire nei paesi in via di sviluppo delle indusLrie di trasformazione delle materie primi-. f i u o meno analoghe sono state le proposte avanzate in seguito dai rappresentanti dei paesi europei i quali hanno tutti presentalo a loro vo'lta dei piani in cinque o sei punti. IVla tutte le proposte avevano una carat~eristica in comune: la salvaguardia pura e semplice degli interessi ciell'Europa, o quantomeno degli interessi considerati come essenziali per l'Europa, mentre mancava totalmente una visione chiara e realistica della nuova realtà internazionale. Le posizioni sostenute dai rappresentanti deila LEE non hanno avuto altro effetto che confermare i paesi in via di sviluppo nella loro diffidenza verso di essa e nel dimostrare ancora una volta che l'Europa, pur essendo il maggior mercato di materie prime del mondo, non costituisce un partner effettivo, non rappresenta un'alternativa di fronte all'incontrastato dominio USA. Come dicevamo, il discorso dei rappresentanti della CEE è stato un discorso vecchio nel suo contenuto che si è cercato di far passare per nuovo ed altruista. Non si è negato infatti che « i n passato » vi fossero delle ingiustizie nel sistema mondiale, ma si è soprattutto parlato delle ingiustizie che i paesi in via di sviluppo rischiano di fare ai paesi industrializzati. Così si è cercato di rendere responsabili i paesi del Terzo Mondo dell'economia mondiale, falsando i termini del discorso (non è inutile ricordare a questo proposito quanto detto in precedenza sul controllo delle materie prime!). Si è proposta una consultazione tra stati a livello di parità. Ma è realistico pensare che gli USA accettino di trattare da pari a parj con i paesi in via di sviluppo? E se anche ne fossero intenzionati, questo equilibrio è impossibile perché in contrattazioni co'si concrete non si può prescindere dalla reale potenza economica. Ed infine gli Stati Uniti, e l1Euro,pa,hanno dichiarato che il sistema non deve essere modificato. Un discorso particolare meritano le varie proposte avanzate dai rappresentanti della CEE in materia di prezzi. Jobert ha propostu che i «prezzi si stabiliscano in modo omogeneo e che siano fondati su dei dati irrefutabili sufficientemente obiettivi, come il valore d'uso per la domanda, costo di sviluppo per l'offerta, confronto con i prodotti di sostituzione e previsione a lungo termine dell'offerta e della domanda ». A nessuno sarà sfuggita l'estrema indeterminatezza di questa proposta, nonché il fatto che se si tenesse conto di questi parametri, il prezzo del petiolio offerto dall'Algeria, ad esempio, im- COMUNI D'EUROPA pegnata a fondo in una costosissima politica di sviluppo, dovrebbe essere almeno 10 volte il prezLo attualc. Oltre a questa specifica proposta tutti gli oratori hanno parlato di prezzi equi e giusti. Ma su che base devono csserc cqui e giusti! Lo sono quando non mcttono in difficoltà i1 sistema cioè quando non sono troppo elevati per i paesi industrializzati. In altre parole, i paesi industrializzati che lianno finora controllato tutti i prezzi e che controllano ancora i prezzi della maggior parte delle materie prime, oltre natu. ralmente ai prezzi dei prodotti manulatturati, cercano ora di perpetuare questo controllo facendo valere la loro aspirazione ad un nuovo mondo, ad un nuovo sistema che nella sostanza non differisce in nulla da quello attuale. Un'ultima obiezione ancora, tra le tante che si potrebbero avanzare: come si può pensare che sia possibile ottenere un equilibrio nel sistema mondiale dei p r e ~ z iquando i prezzi delle materie prime esportate dai paesi del Terzo Mondo sarebbero fissati dai governi magari con la partecipazione dei governi occidentali, mentre i prezzi dei prodotti manifatturati non pos. sono essere fissati che dalle industrie? Come abbiamo avuto modo di vedere, appare logico che i paesi in via di sviluppo, di fronte a questi « vaneggiamenti » (così sono stati definiti dalla stampa del Terzo Mondo) di fronte alla totale incomprensione delle dimensioni effettive del capovolgimento economico, politico ed ideologico causato 7 dalla crisi del pctrolio nei paesi in via di sviluppo, abbiano ritrovato unità di azione e si siano opposti fermamente e, si può dire, per la prima volta ai tentativi mistificatori condotti dai paesi industrializzati. La sesta Asscmblca straordinaria dcllc Nazioni Unite sulle matcric prime quindi si è conclusa, secondo noi, con una maggiore presa di coscienza da parte dei paesi in via di sviluppo che lorse per l'ultima volta avevano riposto dclle speranze di dialogo nei paesi indu strializzati. Per l'Europa ì: stala una cniiesima sconlitta: ma non poteva essere altrimenti, vista la situazione fallimentare della Comunità e l'ostinazione degli uomini politici dei vari paesi europei a voler risolvere sul piano nazionale la crisi economica che ha colpito il vecchio continente. Dal loro punto di vista, gli Stati Uniti ne sono usciti vittoriosi cssendo riusciti a coinvolgere la CEE nella loro strategia. I1 futuro non si prospetta certo roseo. Non possiamo farci illusioni sulla disponiblità dei paesi del Tcrzu Mondo nei confronti dei paesi industrializzati, e tan tomeno delllEuropa, tantopiù che probabilmente gli stessi pacsi produttori di petrolio dovranno tenere conto di questa nuova unità di azione dcl Terzo Morido nelle luture trattative, in primis nell'incontro euro-arabo previsto per il prossimo autunno. P.S. - In questo studio non si C Patto cenno alle posizioni soslenute dall'URSS, dalla Cina e dai paesi dell'Europa orientale in quanto la loro partecipazione non b stata particohrrnente rilevante. Per un Mediterraneo democratico di Adachiara Zevi Si è svolto a Milano il 3-4 maggio, nella sede dell'Assolombarda, il convegno « Cooperazione e sviluppo nell'area mediterranea n, organizzato dalllIstituto Affari Internazionali di Roma in collaborazione con la Commissione delle Comunità. Hanno preso parte ai lavori rappresentanti di 18 paesi arabi, mediorientali ed europei. Grandi assenti I'URSS, come hanno messo in evidenza alcuni oratori arabi, la FIAT e la Montedison. Queste due società, che avevano programmato un intervento ufficiale, hanno poi limitato la loro partecipazione alla semplice presenza. I1 convegno, intervenuto a pochi giorni dalla fallimentare conclusione dell'assemblea straordinaria delllONU sulle materie prime, si proponeva di valutare le possibilità concrete per l'Europa di mettere in atto una politica di sviluppo che coinvolga i paesi arabi. Come ha messo in evidenza il relatore del convegno Claude Cheysson, Commissario europeo per lo sviluppo, i paesi in via di sviluppo ricercano uno stabile e remunerativo mercato per le proprie esportazioni di petrolio, materie prime e prodotti agricoli, col fine di trarre vantaggio dalle proprie risorse per industrializzarsi. Dall'altra parte i paesi industrializzati hanno necessità di stabilizzare il flusso di materie prime dalle quali dipendono e di superare i problemi che l'iperindustrializzazione pone a livello di manodopera e di inquinamento. Questa identità di interessi vale a maggior ragione tra YEuropa e i paesi arabi: l'Europa è il più grande mercato commerciale del mondo; la la sua economia dipende dall'importazione di materie prime; per la sua eccessiva frammentazione non corre il rischio di diventare troppo rilevante come peso politico; la vicinanza geografica facilita i rapporti tra le due aree; un poderoso sviluppo dell'area mediterranea rappresenta un ottimo sbocco per le csportazioni di manufatti europei. La possibile cooperazione euro-araba si pone a duc livelli: quello politico e quello più strettamente economico. Sul piano politico il rapporto può porsi solo in termini di cooperazione globale e di partnership tra eguali. Uno sguardo all'attuale situazione della Comunità è però sufficiente per rendersi conto che siamo ancora lontani da questo obiettivo. Una delle ragioni, certo non secondaria, di questa situazione è rappresentata dalle crisi interne ai vari paesi che compongono la Comunità e dalla volontà di superarle ricorrendo a soluzioni nazionali. L'unica presa di posizione politica dell1Europa comunitaria negli ultimi mesi è stata la dichiarazione del 6 novembre 1973 a Bruxelles dei 9 governi europei a proposito delle 1-isoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU n. 242, 338, 339, 340, relative alla restituzione di tutti i territori occupati da Israele nella guerra del 1967. Per il resto, l'interesse europeo verso i paesi arabi si t: limitato alla ricerca affannosa di petrolio, da concretizzarsi attraverso rapporti bilaterali. Ricordiamo tutti, all'indomani della guerra d'ottobre, l'ininterrotto pellegrinaggio dei vari ministri e capi di governo europei, da Jobert, a Moro, a Brandt, presso i capi di governo arabi. Gli arabi invece hanno sempre guardato con simpatia e speranza alllEuropa unita, basti pensare alle dichiarazioni del presidente algerino Boumediène e alle varie proposte di smilitarizzazione dell'area mediter- maggio 1974 COMUNI D'EUROPA P - ranea. Ma queste speranze sono state finora uisattese, come Ilunilo laLLo rilevare al coilvegno gli interventi ciegli arabi, m particulare quelli aci ministro deii'ccononiia Lunlsino Chealy Hyari. Uucsti ha a ~ f c r n l a ~ o «hanno piu Iiu~icia iicli'buropa g11 arabi Promossa da alcune Organizzazioni cridegli europci slessi ». 'lutti gli intci-vcn~i stiane europee (particolarmente il Gruppo arabi hanno intatii iiisistito sulla ileccsslra di studi cristiani per l'unità europea, il Ceriche alla cooperazione economica prececia tra ecumenico di Bruxelles per la chiesa e quella politica allmche essa possa attuarsi la società e l'ufficio cattolico d'informazione r1.a aree politicamente inregrate (quella eu- sui problemi europei) si è svolta a Londra ropea ma anche quella araba). bu ques~o dal 16 al 20 aprile la Conferenza ecumenica punto hanno iiisis~irosia il proicssor ~ o u - sul tema «Cristiani di fronte alla Comunità iros Ghali, Uell'Universita ciel Cairo, sia i1 europea D. L'iniziativa ha raccolto oltre 200 prof. Sayeg, In rappresentanza del150YeC. partecipanti, comprendenti parlaiiientari, sinUuest'ultimo ha detto esplicitamente che dacalisti, econo'misti, esperti di problemi i'curopa unita ueve rappresentare per gli educativi e culturali, rappresentanti delle arabi ia « l'erzu v ~ u che permetta di su- istituzioni della Comunità europea, teologi. perare il aominio delle due superpotenze La Conferenza si è articolata in quattro grupriel l\ilediterranco. pi di studio dedicati rispettivamente a: 1) le Alla richiesta precisa di volontà e di im- scelte dell'avvenire politico e sociale nella pegno per scelte politiche I'Euro'pa ha ri- Comunità; 2 ) la Comunità europca c l'ordine sposto a questo convegno con quaicne pro- mondiale; 3) la Comunità europea e i Paesi posta a hvello economico. In particoiare in via di sviluppo; 4 ) le dimensioni e le im1Vlarcelio Colitti, capo aeii'ufficio Studi Eco- plicazioni culturali e spirituali della costrunomici dell'EN1 ha ipotizzato un moueiio zione europea. di sviiuppo per Y paesi del Mediterraneo che Ncll'assemblea plenaria di apertura, l'olanprevede un aumento del reddito nazionale dese Kohnstamm, presidente delllIstituto unilordo medio annuo di questi paesi ael 12%. versitario europeo a Firenzc, C il prof. LaCiò comporta l'acquisto da parte araba ui drière, delllUniversità di Lovanio, avevano ribeni, capitali e servizi europei, destinati allo chiamato l'attenzione degli intervenuti, con sviluppo, pagabili in petrolio e materie pri- approc'ci assai diversi, ma con concezione me. Questa proposta è stata giudicata con unitaria, sugli obiettivi della Conferenza e estremo interesse da parte degli interlocu- sul filo conduttore che univa la riflessione tori arabi e più precisamente dal ministro dei quattro gruppi di lavoro. Non poteva Ayari che lia però fatto rilevare l'inadegua- mancare una vigorosa denuncia della crisi tezza del tasso di sviluppo previsto. attuale della Comunità europea, ma non liCneysson ha illustrato due progetti per mitata agli aspetti più appariscenti e confavorire la cooperazione economica eurct giunturali di essa, bensì trasferita più a araba: la creazione di un segno monetario mo'nte in quelli che sono le radici culturali di prestito comunitario », slegato dalle sin- e i giudizi di valore sul processo d'integragole monete nazionali e quindi molto stabile, zione europea. Kohnstamm ha insistito sulla per garantire l'afflusso di valuta pregiata dai necessità che l'Europa rimediti con franpaesi arabi alllEuropa; ed inoltre la creazio- chezza i suoi obiettivi di fondo e il suo sine di un sistema di garanzie comunitarie per gnificato riella storia umana. La preoccupasottoscrivere progetti multinazionali nei pae- zione per un'efficicnte produzione di beni si arabi. Queste due pro'poste non rappresen- materiali, vista come una delle finalità della tano in realtà granché di nuovo: del segno costruzione europea subito dopo la guerra, comunitario se ne parla ormai da anni senza non fornisce più una motivazione sufficiente. che siano stati compiuti concreti passi in Gli europei vogliono oggi qualcosa di più avanti; quanto al sistema di garanzie esso e di diverso, più giustizia interna, più eguarivela fino in fondo la poca fiducia ed il poco glianza nei rapporti internazionali. Per queslancio degli operatori europei nei confronti sto non si può lasciare tutto alla «mano indello sviluppo dei paesi arabi. Questa posi- visibile del mercato n: occorre una polizione si contrappone alla chiara volontà po- tica)) la cui mancanza si fa oggi pesantelitica che, anche in questo convegno, gli mente sentire. arabi hanno dimostrato per una cooperazione La Conferenza ha resistito alla tentazione globale euro-araba. Sayeg ha parlato di estra- di elaborare una dichiarazione finale altisozione di petrolio in funzione delle necessità nante: ha preferito lavorare sodo in sede finanziarie dei paesi arabi, produttori e non, di gruppi dove si è sviluppato un dialogo per le loro politiche di sviluppo, ed in fun- serrato, a volte vivacc, in cui esperienze dizione delle necessità dei C paesi amici ». verse, confessioni diverse si sono confronKeramane, del Ministero dell'industria ed tate. Mai si è prospettato l'ideale di una energia algerina, ha parlato di so'cietà di K Europa cristiana »: il cristianesimo, nelle stato che agiscano nell'ambito della pianifi- sue varie espressioni uscite dalla drammacazione e di socictà miste col 51°h minimo tica lacera7ione della riforma del XVI sealgerino ed il resto europeo od americano. colo, si pone anche di fronte all'unificazione I1 rappresentante algerino, come già gli delllEuropa come lievito interno, non come altri oratori arabi, ha posto con forza in imposizione dall'esterno, come impegno personale e di gruppi nel ruolo multiforme evidenza, durante tutto lo svolgimento del convegno, come la cooperazione sarà possi- che essi svolgono nella società civile, non bile solo se globale, in termini di assoluta come presenza istituzionale. In questo senso il titolo tedesco della Conferenza C Chriparità tra Ic duc parti, tra aree politicamente stliche Verantwortung fuer di Europaeische integrate. La pro'ssima mossa tocca all'Europa. Gli Geiiieinschaft » (Responsabilità cristiana per arabi hanno anche altri possibili partners: la Comunità europea) esprime meglio del la presenza politica ed economica degli Stati titolo inglese e francese il taglio e l'orientaUniti in Medio Oricntc e nel Maghreb ne è mento del Convegno. Questa tematica si ritrova nelle sintesi dei la riprova. L'impegno dei cristiani per la Comunità europea >) . di Gianfranco Martini lavori dei quattro gruppi di studio. 11 primo ha esaminato trc serie di questioni: gli obiettivi di fondo della Comunità europea, alcuni aspetti della sua politica attuale, la definizione del ruolo dei cristiani e delle chiese nella Comunità europea e in rapporto ad essa. Annotiamo alcuni concetti emersi dal dibattito. Di fronte alla crisi attuale, il dinamismo interno alla Comunità può essere ricuperato solo riformulando o formulando più nettamente gli originari obiettivi: per alcuni aririi è riecessario un vero e proprio mutamento più deciso di direzione. Più concretamente sono così riemerse - anche nel dibattito londinese - le esigenze di un'ini~iativacostituente del Parlamento europeo, eletto in vista della creazione di un centro comunitario di decisioni politiche, cioè di un « governo curopeo nel significato pieno dell'espressione. Tutti hanno insistito sulla concezione della Comunita non come uri fine a se stesso, ma come uno strumento al servizio della pace e della giustizia nel mondo intero. I1 noto slogan: « n o alllEuropa dei monopoli, sì all1Europa dei lavoratori pur nella sua eccessiva e discutibile semplificazione di problemi molto complessi, ha trovato uri'eco anche nella Confcrenza, nel senso che i cristiani non possono rimanere indifferenti alla creazione di una società che sta costruendo, nello sperpero delle risorse naturali e della forza di lavoro degli uomini, un'economia che va a beneficio prevalentemente di qualche potentato economico. Tra i numerosi aspetti dell'attività comunitaria, due hanno attirato l'attenzione del primo gruppo di lavoro, la politica regionale come strumento concreto di giustizia e i problemi dei lavoratori migranti. Specie in quest'ultimo campo le varie chiese cristiane hanno al loro attivo numerose esperienze che le portano a contatto con una realtà sovente drammatica, non più tollerabilc C che ripropone interrogativi di ordine non soltanto morale e sociale, ma di incontri di culture diverse e di una nuova organizzazione e .cooperazione economica tra Paesi diversi. Quanto al ruolo dei cristiani delle chiese nella Comunità europea in rapporto ad essa, le comunità cristiane riconoscono le grandi possibilità che l'integrazione europea offre per la costruzione di una società responsabile e si impegnano a contribuire affinché esse siano pienamente utilizzate, sen7a che le chiese possano tuttavia essere in alcun modo strumentalizzate dalla Comunità curopea. Le chiese cristiane devono essere instancabili nel ricordare ai responsabili politici della Comunita curopea certe irrinunciabili esigenze per garantire più giustizia interna e più solidarietà all'esterno. I1 secondo gruppo di lavoro ha centrato invece la sua riflessione sulle responsabilità della Comunità europea per la COstruzione di un ordine mondiale più soddisfacente. E' stato dctto che l'esperienza di unificazione europea può divenire, se non un «modello » per il resto del mondo, almeno un « prototipo » di organizzazione della solidarietà Ira i popoli. Tuttavia oggi la Comunità appare un potenziale gigante economico, incapace però di prendere delle iniziative e di reagire agli avvenimenti in tempo , ) )), COMUNI D'EUROPA maggio 1974 - utile, per la debolezza delle sue istituzioni, genza e cooperazione con tutti gli uomini ropea. alcuni passi della « lettera a Diogneper mancanza di coesione, per la difficoltà di buona volontà. La chiesa non è chiamata to » nella quale l'ignoto autore del 111 secolo scrive, tra I cristiani non si di individuare degli obiettivi comuni. Contro a strutturare l'Europa dell'avvenire, né a dirigerla; non ha un manifesto né un pro- distinguono dagli altri uomini né per terriqueste lacune i cristiani e le chiese devono alzare coraggiosamente la loro voce, affin- gramma a tal fine, ma essa può e deve, per torio, né per lingua, né per costumi. Non l'Europa e al di là delllEuropa, rivelare in ché gli Stati membri accettino di rinunciare abitano città proprie, né usano un gergo a d una parte della loro sovranità nell'inteconcreto gli atteggiamenti fondamentali del particolare, né conducono uno speciale geresse comune. Più particolarmente, i Paesi cristiano, la libertà creatrice, la fraternità nere di vita. della Comunità europea dovranno prendere universale, il disinteresse, una speranza dil'iniziativa di un accordo tra i principali fab- namica. 11 cristianesimo non può essere assiLa loro dottrina non 6 la scoperta del bricanti di armi (qualcosa di analogo al milato ad un'ideologia, m a deve essere capace pensiero e della ricerca di qualche genio Trattato di non proliferazione) affinché ven- di ispirare delle scelte, degli impegni, dei umano, né aderiscono a correnti filosofiche, ga bloccata la corsa agli armamenti e alla comportamenti responsabili, aperti anche al come fanno gli altri. Ma, Pur vivendo in loro vendita. Un'applicazione effettiva e ge. rischio e alle sfide del nostro tempo La citià greche o barbare comc a ciascuno neralizzata della convenzione europea di costruzione dell'Europa unita deve essere è toccato - e uniformandosi alle abituStrasburgo dovrà assicurare una migliore interpretata come un K segno dei tempi D, dini del luogo e nel vestito, nel vitto e in pro'tezione dei diritti dell'uomo, tenendo pretutto il resto, dànno l'esempio di una vita m a le soluzioni non sono prefabbricate: la sente che nei Paesi in via di sviluppo questa testimonianza di una chiesa cristiana unita 5ociale mirabile, o meglio - come dicono protezione è inseparabile da una più equa ripartizione della ricchezza sul piano mon- può rendere più facilmente credibili questi tutti - paradossale. Abitano nella propria dialc. I cristiani dovranno anche partecipa- ideali. L'ecumenismo non è certam-nte limi- patria, m a come pellegrini; partecipano alla re attivamente allo svilupo di una ricerca tato alllEuropa, ma ignorarlo a livello euro- vita pubblica come cittadini, m a da tutto scientifica sulla pace e sulle cause del con- peo potrebbe essere per i cristiani un alibi sono staccati come stranieri; ogni nazione flitto. Più complesso ed arduo il dibattito è la loro patria, e ogni patria è una nazione pericoloso. sui problemi della difesa delllEuropa: se I1 quarto gruppo si è anche occupato straniera n. varie opinioni si sono confrontate su questo delle esigenze dei giodell'atteggiamento e In questo spirito e nel rispetto di una sopunto, sono apparse tuttavia evidenti le revani e della loro posizione, spesso criticietà pluralista, i cristiani assumono tutte sistenze di fondo al progetto di un'Europa ca, di fronte alllEuropa dei mercanti e le responsabilità per la costruzione di una super-potenza nucleare e la convinzione che all'ec~~menismo degli specialisti. Gli obiettivi Europa unita e per partecipare attivamente la capacità di azione della Co'munità europea europei devono essere loro incessantemente a questa grande e storica impresa: ma il non dipende soltanto dagli armamenti, ma dal grado di unità al quale essa saprà giun- proposti ma bisogna inserirli in una prospet- loro animo va anche e sempre al di là dellc gere e dal carattere democratico e dall'cffitiva più vasta, e alla fine più vera: quella scelte contingenti per ricuperare e garantire, cienza delle sue istituzioni. del senso e della qualità della vita, dei fini anche per l'Europa e nelllEuropa, taluni vaAnche il compito del terzo gruppo non e del destino dell'uomo. Qualcuno, parafra- lori di fondo che soli dànno ad essa un siera semplice. Si trattava di affrontare i rapsando il linguagqio tecnico decli eurocrati, gnificato reale e chc investono, oltre i suoi porti fra la Comunità europea e il terzo confini, tutta la convivcn7a umana. mondo, andando al di là della semplice ripe- ha parlato dclla Conferenza di Londra come di un tentativo di K armotizione di formule e di esigenze ben note e nizzazione delle anime ». Più cercando invece di rendere operative le mattamente si notrehbe dire indicazioni dell'enciclica cattolica « Populoche essa h a costituito una rum progressi0 » e del rapporto finale della preziosa occasione per ricerConferenza di Uppsala del Consiglio ccume- care un supplemento d'aninico delle chiese (riformate) nel 1968. L'acma (per parafrasare invece cento è stato posto sulla necessità di strut- Péguy) a questa Europa in ture che istituzionalizzino questa coopera- crisi In questa prosnettiva. zione in modo che sia sempre tenuta pre- i vari temi sopra ricordati si sono rincorsi e intrecciati nelsente la complessa interdipendenza esistente fra Paesi industrializzati e Paesi in via di le varie commissir>ni di lavoro, riprova di 11112 nroblemasviluppo. Due proposte concrcte sono emerse tica varia e comnlessa ma sodalla discussione: la creazione di un Fondo stanzialmente unitaria: nuova speciale chc permetta di assicurare aiuti testimonianza anche che per urgenti ai Paesi più colpiti dall'aumento fare 1'Europn hisoqna avere recente dei prezzi di certe materie prime, il coraggio di +unnere al cuola concessione a questi Paesi da parte dei re di alcuni. nochi problemi Paesi sviluppati di una moratoria sui debiti di fondo e che l'Europa settorialc o « alla carta 9 è in contratti. Ampio è il campo che si apre all'azione realtà un modo per eliidere dei cristiani per migliorare i rapporti tra le scelte, ridiicendole ad una Europa e Paesi in via di sviluppo, soprattutto pluralità di frammenti senza incidenza r ~ a l r .Dalla Confeal fine di combattere il razzismo e I'oppresrenza di L o ~ d r a è apparsa sione dell'uomo sotto qualsiasi forma, d.i evidente I'immaqine di un crigiungere ad un efficace coordinamento delle stianesimo che si none di numerose iniziative già esistenti c di garan- fronte ai fatti della storia tii-e la rcalc paitccipazionc delle popolazioni come coscienza critica e in inicressate. un atteggiamento profetico, di servizio e non di potere. coL'ultimo gruppo di lavoro riassumeva in un certo senso - su un piano più generale - sciente dellr i-~snonsabilitàdele preoccupazioni e le csigenze che già crano rivanti dal messaqgio di cui è emerse nei precedenti gruppi in relazione portatore e chc lo inseriscono pr-ofondamenle nclla reala specifici problemi. In un mondo secolatà umana, anche se niiest'ulrizzato - è stato detto a Londra - i cri- tima non esaurisce il sipni. E' uscito recentemente I',<Annuario 1974 » della CISPEL (Confe....... ---. ---. .. . stiani e le chiese sono chiamate a d indivi- ficato delle sue potenzialità. derazione italiana dei servizi pubblici degli Enti locali, Roma Piazza Cola di Rienzo, 80), che contiene i più importanti dati di duare i punti in cui l'uomo contemporaneo, al1a mente, anche bilancio e statistici delle aziende ed Enti associati, dei CRIPEL anche senza parlare di Dio, colloca le sue a proposti0 dell'impegno eri(Comitati regionali imprese pubbliche Enti locali) e relative speranze, per realizzare una lar,aa conver- stiano per l'unificazione euFederazioni nazionali di categoria. (( - (( )) - COMUNI D'EUROPA 1O dizionarietto Rendita fondiaria urbana di Giuseppe Campos Venuti Da Marx a Gramsci Se Marx nel Capitale si sofferma assai poco sulla rendita fondiaria urbana, ciò non avviene a caso, ma è spiegabile con lo scarso peso che essa aveva al momento dei suoi studi nel processo di acciimula~ionc capitalistica. I1 XIX, è il primo secolo dell'urbanesimo e la rendita urbana cresce rigogliosa nellc città industriali ma lo sviluppo economico delle maggiori potenze trae le proprie risorse principalmente dal trasferimento di capitali dall'agricoltura e dal possesso delle niatcrie prime - ferro e carbone -, dalla rapina nelle colonie e dalla I-ichezza prodotta dalle grandi flotte mercantili: la rendita urbana resta così in Inghilterra, come in Francia e poi in Germania, un fattore accessorio, non dccisivo, dell'accumulazione di capitali utilizzati per la crescita economica. Diversamente succede in Italia, ultima arrivata all'unità politica ed economica, nonché allo sviluppo capitalistico, senza poter sfruttare colonie, né materie prime e commerci marittimi internazionali, nelle quali anzi - almeno per la metà del Paese - la stessa agricoltura arretrata offriva ben modeste possibilità di accumulazione di capitale. Nel blocco storico fra industriali del Nord e agrari del Sud che tiene a battesimo la nuova economia unitaria italiana, la rendita fondiaria urbana ha dunque un posto di riguardo che all'cstero non avcva, rappresentando uno dei principali fattori di accumulazione: nella economia italiana i profitti sono dunque strettamente legati alle rendite e nelle città alla rendita urbana, imprimendovi qucllo squilibrio fra Nord e Sud che Gramsci - tanti anni prima di Mao - descriveva come N simile a qucllo di una grandc città c una grandc campagna ». La rendita urbana Ridotta ai minimi termini la rendita urbana appare come la differenza fra il valore di mercato di un terreno edificabile e il valorc che lo stesso terreno avrebbe se usato per l'agricoltura: se la trasformazione d'uso di quel terreno avesse caratteri produttivi, quella differenza di valore dipcnderebbe soltanto dai costi di urbanizzazione (le opere necessarie, appunto, a garantire la trasformazione) e dal margine di guadagno dovuto all'operatore. Le cose invece stanno ben diversamente: in primo luogo i costi di urbanizzazione sono sopportati interamente o in gran partc dalla comunità e gli operatori immobiliari restituiscono, quando va benc, il costo di Lin giardiiietlo o di una scuola materna; nicntrc il carattere urbano vicnc attribuito ai suoli anche dagli ospedali e dalle scuole superiori, dai servizi di trasporto pubblico o di ncttezza urbana, tutti esercitati a prezzi politici e quindi pagati in parte dagli utenti e in parte con denaro pubblico, ma non certo con il contributo degli operatori immobiliari. I n secondo luogo il guadagno dcll'operatorc immobiliare è fondamentalmente diverso da quello dell'opera- tore industriale: un imprenditore che produce beni di consumo si guarda bene, in genere, dall'accumulare prodotti invenduti, perché questi invecchiando perdono valore, quando non deperiscono completamente. Un terreno fabbricabile, invece, più invecchia e più si valorizza e, quando viene edificato, compensa abbondantemente nel tempo la perdita di valore del fabbricato soprastante che, del resto, per suo conto deperisce abbastanza lentamente. Rendita assoluta e differenziale Le opcrazioni immobiliari, quelle cioè che trattano terreni e fabbricati, vengono così definitc speculazioni, attribuendo al termine un significato ben diverso da quello originario, pcr definire la natura parassitaria C improduttiva dell'iniziativa. Con queste caratteristiche generali la rendita urbana si presenta anche secondo due distinti caratteri specifici, quelli assoluti e quelli differenziali. Sono assoluti, in sostanza, gli aspetti della rendita che si manifestano su qualunque suolo, per il solo fatto di essere edificabile o anche di avere soltanto una propcnsionc all'edificabilità: mentre la parola stessa indica come differenziali gli aspetti eccezionali della rendita, quelli dovuti alla posizionc o all'uso speciale dei suoli nel contesto urbano, speciale per ragioni naturali (la riva del mare o di un fiume, una collina) o artificiali (il centro della città, la prossimità di grandi servizi pubblici, la particolare destinazione). La rendita assoluta viene sfruttata essenzialmente con la crescita quantitativa delle città, realizzando cioè i quartieri di periferia sui terreni chc fino a pochi mcsi prima erano utilizzati per l'agricoltura. La rendita differenziale si sfrutta invece con la crescita qualitativa delle città, realizzando i quartieri privilegiati per motivi panoramici o anehe soltanto per selezione di censo, o trasformando la destinazione di un vecchio edificio in una nuova, naturalmente più vantaggiosa. maggio 1974 dizioni di crescita delle città, vengono privilegiate ora l'una, ora l'altra. Per restare soltanto agli ultimi trent'anni, si nota in Italia nell'immediato dopoguerra un intenso sfruttamento della rendita differenziale, in modo particolare nelle città bombardate, con la ricostruzione di edifici distrutti e comunque con la sostituzione di vecchie abitazioni, con abitazioni di lusso o con uffici. Subito dopo però, la fortc domanda di alloggi determina, per quasi venti anni, lo sfrutlamento prevalente della rendita assoluta, attraverso la crescita vcrtiginosa, a macchia d'olio come si dice, dellc periferie di tutte le città italiane. E r a il periodo in cui nella periferia romana 26 milioni di metri quadrati di terreno erano in mano a 7 fra i -IJiÙ grandi speculatori italiani: sono gli anni ruggenti della speculazione immobiliare, delle prime grandi battaglie urbanistiche da parte delle forze politiche e culturali, della legge di riforma proposta e del suo rovesciamento, della presa di coscienza sempre più vasta da parte dell'opinione pubblica. - Ritorna la rendita differenziale In questi anni mentre la popolazione aumenta di neppure 7 milioni di unità, vcngono costruite 26 milioni di stanze, anchc se quasi tutte ad opera dell'iniziativa privata e a costi troppo elevati per la maggior parte dclle famiglie italiane. I1 mercato privato è dunque ormai saturo, ci vorrebbero case popolari, ma intanto la partecipazione dello Stato alla costruzione di alloggi è scesa al 5% della produzione. E l'iniziativa privata cambia cavallo, tornando allo sfruttamento intensivo della rendita differenziale: la produzione di alloggi si dimezza in senso assoluto, ma cresce in modo particolare quella di case di villeggiatura - la seconda casa per chi può permcttrrsela c noli sono ancora in molti - e quella di uftici, negozi di lusso, grandi magazzini e centri commerciali, la cosiddetta edilizia terziaria insomma, che si sviluppa di pari passo alla terziarizzazione delle maggiori città e alla crescita di una economia nazionale di tipo consumistico. Son dunque ora le zone pacsaggistiche e non più Ic periferie urbane ad essere intaccate in forma massiccia, dalle coste della Dal dopoguerra a d oggi Sardegna a quelle della Calabria, e insieme i centri urbani a subire un processo di traLe due manifestazioni della rendita urbana sformazione, secondo il quale alle funzioni vengono sfruttate co,ntemporaneamente dagli urbane povere (la residenza di modeste con. operatori immobiliari, ma nel]e diverse co,n. dizioni, l'artigianato ed il piccolo commercio, l'industria) cspulse in periferia e nelle cinturc metropolitane, si sostit~iiscono quciic più ricche, Ic lunzioiii Lei-ziai-ic. 1 gi-aiitli N U O V I P O T E R I LOCALI upci-atori iininobiliai-i rioii dctciigoiio piii, A D E R E N T I ALL' A I C C E come una volta, migliaia e illigliaia di ctia1.i di terreno intorno alle città: oggi gli spccuComuni Pop. latori controllano le coste vergini dello Jonio o del Basso Tirreno e all'interno delle città Casier (TV) 4.508 o delle aree metro'politane, basta a d essi la Giacciano con Baruchella (RO) 2.879 proprietà di poche posizioni strategiche. Motta di Livenza (TV) 7.221 Dallo sfruttamento estensivo di enormi quanPeglio (PS) 655 tità di terreno edificabile, si è passati a 5.495 Santa Giustii-ia (BL) quello intensivo di aree privilegiate, per la posizione già assunta sul territorio urbaniz- COMUNI D'EUROPA maggio 1974 zato o che viene favorita per il futuro dalle scelte pubbliche per i trasporti e le infrastrutture. Italia ed Europa Occidentale Naturalmente tutto il Gotha dell'economia italiana partecipava alle speculazioni di ieri, come partecipa a quelle di oggi, né la matrice industriale di un'impresa ha mai impedito ad essa operazioni parassitarie come quelle del sistema immobiliare. C'è anzi da notare che la corsa allo sfruttamento della rendita differenziale riaccosta l'Italia agli altri paesi delllEuropa Occidentale, nei quali la terziarizzazione delle maggiori città avviene oggi con fenomeni assai simili a quelli italiani. Forse anche perché, in quei paesi, cominciano a mancare, o diminuiscono d'importanza, quelle risorse - colonie, materie prime, agricoltura avanzata - che hanno fornito in passato una larga accumulazione di capitali per la crescita economica. (Congresso del Popolo Europeo) di Alberto Cabella La caduta della CED, che era stata difesa dai federalisti come cavallo di Troia per la creazione di un primo potere europeo, segna la fine del corso diplomatico spinelliano. Non tanto la caduta della CED in sé, ma la delusione nei confronti di una classe politica europeista, che persino in Italia non aveva avuto la volontà politica di fare votare la legge in Parlamento, e la constatazione di un generale ripiegare dei Governi su più anguste prospettive nazionali in politica estera ed interna. Entra in crisi la politica di vertice dei federalisti, quella politica che concepiva il Movimento come un gruppo di pressione sui partiti democratici, sui parlamenti, sui governi, per suggerire di volta in volta operazioni politiche arte a favorire l'avvio di un processo di aggregazione politica a livello europeo. Ora che il Movimento Federalista non trova più interlocutori, la sua dirigenza si trova frustrata, in una situazione di impotenza politica che la obbliga ad una revisione radicale delle proprie strategie. Ma non solo della strategia. Si tratta di guardarc più a fondo nella rcaltà di questi Stati nazio. nali che tendono naturalmente ad autoconservarsi, si tratta di acquistare consapevolezza che il nemico da battere non sono tanto gli antieuropeisti o i falsi europeisti quanto una concezione dello Stato, quella dello Stato-Nazione che inculcato fin dai primi banchi di scuola diviene il quadro naturale dell'operare politico, nazionalizzando tutta la cultura e tutta la politica, tanto che persino le internazionali socialiste dinanzi a questo Moloch moderno finirono per frantumarsi e corrompersi. Appellarsi al popolo europeo, cercare di mobilitarlo, significherà dunque rifiutare il concetto romantico di Nazione » come « naturale » e proporre l'esigenza di un nuovo contratto, di un contratto tra europei per uno Stato nuovo che solo potrà gestire gli interessi reali dei cittadini europei, dei lavoratori europei, in un continente egemonizzato dalle grandi potenze e privo di reale autonomia. I1 nuovo corso federalista, che trova in Spinelli stesso un interprete autorevole, significa l'abbandono della politica di vertice per una mobilitazione popolare, in chiave mazziniana e gandhista nel richiamarsi all'esperienza del Congresso indiano che riuscì poco a poco a sostituire la propria sovranità reale a quella fittizia della potenza straniera egemone. Popolo europeo contro Stati nazionali, nasce così il Comitato d'Iniziativa per un Congresso permanente del Popolo Europeo nell'aprile del 1956, composto all'origine di pochi militanti italiani (di Torino e Milano), francesi (di Lione e Strasburgo) svizzeri (Ginevra) belgi (Anversa) olandesi (Maastricht) e tedeschi (Dfisseldorf). Nel luglio a Stresa viene stilata una dichiarazione politica e fissata la strategia del Congresso del Popolo Europeo in modo organico e preciso, decidendo di circoscrivere l'azione in sole sette città in una prima fase per evitare dispersione di forze. Tre stages di militanti, sempre a Stresa, organizzati da chi scrive nella sua qualità di segretario generale del CPE, preparano i militanti delle diverse città a livello politico ed organizzativo, ed è la prima volta che questo accade nella storia federalista; la prima volta che vengano organizzati dei corsi per quadri a livello internazionale con un tipo di organizzazione e per una lotta strutturalmente sovranazionali. Per rendere operativo e manifesto questo processo di organizzazione verticale europeo si stabiliscono delle date comuni per mettere a conoscenza dell'opinione pubblica nelle diverse città la costituzione del Comitato di Iniziativa e il suo progetto, e successivamente per Ic prime elezioni al Congresso. L'originalità della strategia del CPE è duplice. I n primo luogo, prendendo a prestito l'esperienza della rivoluzione francese dei « cahiers de doléance D, si cerca di qualificare il CPE come centro coagulatore delle istanze sociali e culturali che rivendicano un parlamento ed un governo europei per la soluzione di tutti quei problemi che gli stati na~ionalinon sono più in grado di assolvere (dall'istruzione al mercato del lavoro, dal controllo dell'industria monopolisticha all'esigenza di un sindacalismo europeo, dalla difesa dell'agricoltura a quella della ricerca, dalla difesa delle autonomie comunali ed etniche all'università europea, ecc.). Al primo Congresso del Popolo Europeo questi quaderni di rivendicazione costituiranno un primo materiale da elaborare, a dimostrazione di come un piccolo nucleo di militanti europei riesca a coinvolgere strati più larghi della popolazione cittadina con sostanziali assonanze indipendentemente dai connotati nazionali. I n secondo luogo le elezioni dirette, una sorta di elezioni primarie comc negli USA, su liste di cittadini in cui compaiono dei militanti federalisti e quelle persone che attraverso l'organizzazione della protesta in ambienti diversi (dalla scuola ai sindacati ecc.) sono stati conquistati alla nuova prospettiva di azione pcr la creazione degli Stati Uniti d'Europa da parte del Popolo Europeo. Le prime clezioni hanno luogo nel novembre del '57 e a Torino si riunisce il I Congresso del Popolo Europeo, ai primi di dicembre, presenti dueccnto delegati in rappresentanza di circa 72.000 cittadini europei. Al Congresso il prof. Guy Héraud, delllUniversità di Strasburgo, presenta un progetto di trattato per l'istituzione di una Assemblea Costituente Europea, progetto che successivamente verrà presentato al parlamento del Consiglio d'Europa e a quelli nazionali, ma senza esito alcuno. I1 CPE, sostenuto a partire dal '58 dal quindicinale bilingue Popolo Europeo », edito a Torino, vede aurnentarc il numero dei suoi elettori a 225.000 al I1 Cong-esso di Lione (gennaio '59), a 400.000 circa al I11 Con,~ r e s s o a Darmstadt (dicembre '59) fino a raggiungere il mezzo milione al IV Congresso di Ostenda (dicembre '60). ma difficoltà finanziarie ed organizzative, e soprattutto i1 senso di una nuova impotenza politica, consumano gli entusiasmi iniziali e finiscono per bloccarne I'inzranaggio. Nel 1961, dopo cinque anni, questa nuova esperienza politica federalista dimostra di essere alle corde, quasi esaurita. I1 senso frustrante di essere fuori gioco, fuori della politica che conta, fuori dei meccanismi che decidono (le elezioni nazionali, l'azione dei partiti, le nate comunità europee ecc.), la constatazione che non si è più un gruppo di pressione ascoltato dai vertici, scnza esscrc riusciti a divenire una consistente forza politica alternativa conduce il CPE alla paralisi ed alla disgregazionc. I maggiori Ieaders dell'operazione CPE scelgono a questo punto trc strade diverse. Spinelli deluso ritorna alla politica che gli è più congeniale, alla politica di pressione sui vertici, politica che lo condurrà a supcrare !C vecchie riscrve nei confronti delle Comunità europee accettando di entrarvi come funzionario per svolgervi un ruolo federalista all'interno. Cabella, convinto che bisogna fare 1'Europa con le forze che abbiano intcresse a controllare la organizzazione capitalistica curopea che sta sviluppandosi, e che i partiti vadano contestati sul loro stesso terreno, tenta la strada del partito fcderalista europeo, ma il progetto si rivela troppo ambizioso, pcr la carenza di quadri militanti di sinistra. Albertini cerca di inantencre un rapporto con l'europeismo diffuso attravcrso una campagna di firme per l'elezione diretta del Parlamento europeo, una sorta di censimento del popolo europeo, e gli interlocutori divengono nuovamente i partiti ed i parlamenti; in realtà è il ritorno alla politica tradizionale dcl MFE, delle petizioni dal basso per esercitare una pressione sui vertici. COMUNI D'EUROPA maggio 1974 17affratellamento dei Comuni, contribui Cesenatico - Aubenas - Delfzijl - Schwarzenbek Sierre - Zelzate Diamo notizia in questo numero d i a n di cerimonie svoltesi nell'àmbito d si riferiscono agli ultimi mesi. Cogliamo l'occasione per invitare i Co pestivamente tutto i l materiale il!ustr$ occasione di celebrazioni, incontri, s segnalarle sia su questo periodico, . Notizie AICCE n. Solo così saremo i rilievo che merita i l fondamentale C, giovanile, è capace di portare all'inte! E' in questo quadro che I'AICCE orga uli primo congresso, riservato a gic gemellate nell'àmbito del CCE, a F compiti della giovane generazione I politica dell'Europa n, al quale sono italiani che hanno partners nella Nettuno - Traunreut Nel quadro dell'impegno preso 14 anni fa, il Comune di Cesenatico [Forlì) è stato recentemente protagonista, insieme agli altri cinque Comuni gemelli, di molteplici iniziative che hanno toccato i campi più diversi, ciò che gli è valsa, tra l'altro. l'assegnazione del Premio d'Europa n per il 1974. Nel bilancio delle attività, che viene definita nel corso delle annuali riunioni della Conferenza dei Sindaci e dei Segretari dei Comuni gemelli, in questi ultimi tempi ha fatto soicco il Festivnl dei giovani che, realizzato per la prima volta ad Aubenas, è stato poi ripetuto in Italia. con lo scopo di avvicinare 25 giovani di ogni città gemella in un ampio congresso per un confronto di idee, esperienze e tradizioni del proprio Paese: in effetti. nelle varie assemblee svultesi sono stati dibattuti problemi amministrativi e politici, soprattutto nella prospettiva dell'Europa unita. Nelle foto: l'affettuosa a catena della fraternità ,, formata dai Sindaci di Aubenas [Francia) J. Moulin, di Sierre (Svizzera] P. De Chastonay, di Cesenatico (Italia) G. Urbini, di Zelzate [Belgio! L. Danschutter, di Schwarzenbek [Germania) H. Kock, di Delfzijl [Olanda] A. P. J. Van Bruggen; la riunione di lavoro per la programmazione dei gemellaggio; l'attenta partecipazione popolare alle manifestazioni organizzate a Cesenatico. 1, La cerimonia ufficiale del gemellaggio fra Neti città laziale il 23 ottobre 1973. a seguito di un: giugno dello stesso anno a Traunreut. ove q~ gemellaggio. Nelle foto: i l Borgomastro Haberlz sinistra i l Sindaco di Nettuno Antonio Simecni gli amministratori comunali delle due città par siliare del Comune di Nettuno. COMUNI D'EUROPA maggio 1974 13 o all'integrazione della società europea ;une manifestazioni di gemellaggio, gemellaggi da tempo stipulati, che nuni gemellati a volerci inviare temtivo delle iniziative da loro prese in :arnbi di giovuni, ecc., in modo da ia sul bollettino interno per i soci I grado di seguire e divulgare con i l ntributo che la base, specialniente razione della società europea. lizza, dal 14 al 19 ottobre prossimo, /ani italiani e tedeschi delle città ondragone (Caserta), sul tema I J i l suo contributo all'unificazione nvitati ad iscriversi tutti i Comuni crmania Occidentale. I Q ,-- a . ..- Gl3MrcLLA<:GIO Lucca - Abingdon - Colmar - Sint-Niklaas Schongau In esecuzione del mandato del Consiglio coniunale, la città d i Lucca, già gemellata con Colmar (Francia). Sint-Niklaas (Belgio) e Schongau [RFT), ha voluto stabilire un rapporto anche con la città inglese d i Abingdon (Gran Bretagna) nella certezza che i l patto di glmcllaggio è l< uno degli sbrlimenti a:traverso cui i I~icchesi.ed i n particolare i giovani. sapranno conoscere e comprendere la situazione ed i problemi dei loro fratelli europei e lavorare nel senso dell'unità e della pace come è detto nel inanifesto alla cittadinanza firmato per I'occnsione dal Sindaco di Lucca, Giovanni Msrtinelli. Nelle foto: un momento delle manifestazioni ad Abingdon; i l Sindaco di Lucca consegna al collega inglese Michael Matthews la pergamena per la firma durante la cerimonia nel M,!nicipio di Lucca. J.. Nettuno - 1-'I'I t! Traunreut i'.\<, <>L#<,l>r+. ,!Iz:i i o (Roma) e Traunreut [RFT) è avvenuta nella fisita compiuta da una delegazione italiana ne! ;ta estate avrà luogo la cerimonia di ritorno del ler firma il protocollo d i gemellaggio, alla sua il Vice-presidente del17AICCE Giuseppe Bufardeci: :ipano alla manifestazione solenne nell'aula con- 14 COMUNI D'EUROPA maggio 1974 Oria - Lorch Più d i 30.000 persone hanno assistito, ad Oria (Brindisi], alla cerimonia di ritorno del gemellaggio con la città d i Lorch (RFT], presenti autorità comunali, provinciali e regionali. alle quali il Sindaco Pasquale Sartorio e il Vicesindaco di Lorch Lothar Frey, hanno illustrato il significato del gemellaggio. Fra l'altro, sia a Lorch che ad Oria due piazze hanno preso il nome del comune gemello. Nelle foto: la manifestazione al campo sporti.<.lo; il Presidente della Regione Puglia, Trisorio Liuzzi, porge il saluto agli ospiti, con a fianco il Vicesindaco d i Oria Emanuele Mazza. Trieste - Graz Ospedaletti - Soulac-sur-Mer Numerose manifestazioni di carattere culturale, sportivo, giovanile. nonché incontri di studio, specie su argomenti urbanistici. organizzati sotto il patrocinio delle rispettive amministrazioni civiche. sono il primo bilancio del gemellaggio che lega da alciini mesi la città austriaca di Graz con Trieste. Nel corso delle riunioni si è rilevata inoltre l'opportunità del miglioramento dei rapporti commerciali ed economici e dei collegamenti stradali, ferroviari ed aerei fra i due Comuni. Nella foto: dopo due impegnati discorsi, nei quali era stata ribadita la volontà delle rispettive comunità di contribuire direttamente alla costruzione della nuova Europa, il Sindaco di Trieste, Marcello Spaccini, e il Sindaco di Graz, Alexander Gotz, firmano le pergamene del gemellaggio, solennemente celebrato nella Sala del Consiglio comunale d i Trieste alla presenza delle autorità locali e regionali, dei rappresentanti della cultura e della vita cittadina. La cerimonia d i ritorno del geinellaggio fra la città francese di Soulac-sur-Mer e i l Comune d i Ospedaletti (Imperial si è svolta ~ i e l l aSala conciliare di questa città, alla presenza delle massime autorità locali e regionali, fra le quali i l Presidente del Consiglio regionale on. Paolo Machiavelli. Nelle foto, due momenti delle manifestazioni: le de!egazioqi francese e italiana, guidate dai rispettivi Sindaci Jean Francois Pintat e Eraldo Crespi, escono dal Municipio d i Soulac dopo la prima cerimonia ufficiale; la Signora Pintat taglia il nastro inaugurale della Passeggiata a Mare che Ospedaletti ha dedicato a Soulac-sur-Mer. COMLINI D'EUROPA maggio 1974 Genova - Marsiglia Ventinove alunne d i un liceo genovese, accompagnate dall'Assessore alla P.I. d i Genova Maria Patrone Bugiardini. sono state ospiti. nel 1973. della città gemella francese nel quadro dei programmi di scambi culturali previsti t r a i Comuni di Genova e Marsiglia legati dal vincolo d i gemellaggio dal 1958, mentre recentemente il Sindaco d i Genova, Giancarlo Piombino, ha ricevuto un folto gruppo d i studenti francesi ospiti della città. Nella foto: un momento della visita delle studentesse genovesi alla cittadina universitaria di Luminy, situata nei sobborghi d i Marsiglia. Verona-Nimes-Monacodi BavieraSalisburgo Viaggio di studio per 29 a Marsiglia Nel r o i m ui t r i i rieeuimeillo 1 La città d i Verona, già gemellata con Nimes (Francia) e Monaco di Baviera (RFT), ha recentemente esteso il suo legame alla città di Salisburgo (Austria]. Nel corso della cerimonia. avvenuta nella Sala degli Arazzi della Residenza municipale veronese. è stata ribadita la precisa volontà delle due municipalità di procedcre insieme, i n un clima di ritrovata amicizia. Nella foto: la pergamena che attesta il gemellaggio fra Salisburgo e Verona. Marino - Zaandam - Boulogne Billancourt - Neukolln Dal 7 al 19 aprile 1974 si è svolto a Marino il Geinellaggio della gioventù con la partecipazione di gruppi giovanili delle città gemelle. Tali gruppi, composti ciascuno da 15 giovani d i ambo i sessi e da due accompagnatori. hanno trovato ospitalità pressa le famiglie di Marino. Durante il soggiorno essi hanno avuto incontri sia con esponenti <iell'Amministrazione coinunale. presenti il Sindaco, Franco Arinati. i Capigruppo consiliari e il Responsabile del gemellaggio. Dino Lauri. sia con i giovani della cittadina laziale, con i quali hanno discusso dei problemi politici e culturali che attraversa i n questo momento l'Europa. Nella foto: il Sindaco di Marino consegna i doni dell'Amministrazione comunale ai responsabili del gemellaggio di Zaandam. Olga Gilyam Korte; di Neukolln. I(urt Deutschland; di BoulogneBillancourt. Roberto Falce. 1). COMUNI D'EUROPA maggio 1974 Lecco - Macon La città di Lecco si è unjta recentemente i n gemellaggio con la città francese d i Macon, concretizzando così una nuova iniziativa nel quadro della tradizione europeistica del Comune lombardo, costantemente rinnovata dalle sue amministrazioni comunali. Nelle foto: i Sindaci d i Lecco, Puccio, e d i Macon, Huinblot, depongono una corona d i alloro al monumento ai caduti di t u t t e l e guerre sul lungolago lecchese, dando inizio al programma ufficiale delle manifestazioni di gemellaggio; un gruppo di studenti francesi ripresi nell'aula conciliare d i Lecco, durante il loro soggiorno in Italia. A ERLI E MALVITO LA BANDIElIA D'EUROPA 11 26 marzo 1974 la Commissione dei Poteri locali dell'Assemblea consultiva del Consiglio d'Europa ha assegnato la Bandiera d'Europa n, per l'Italia, alle città di Velletri, Lecco e Cagliari, mentre nel 1973 erano stati premiati i Comuni di Vidracco e Malvito. Ricordiamo inoltre che, sempre nel 1974, Cesenatico ha ottenuto i l massimo riconoscimento del Consiglio d'Europa con l'assegnazione del << Prix d'Europe X , dopo che, nel 1972, aveva ricevuto la Bandiera ». =.*E** MOVIMENTO FEUERALISTA EUROPHI t&: !+ + x + C I 1 novembre 1973 Malvlto rfcewe la bandbra Sonora per le sua &mte c'"*.r.iii.> .<,,,i,.:,, b~*i-.. \eu>.ign ioil I FederaR.li Wibresi mnsidwaran taIe data giornata slorioa per Malvito e lnvltsnoill Pariamento Iteliano a voler coneludere positivamenta I'ibsr della -sta di l-e I'eledona diretta a sutirapo universale dei delegati al Parlamento Eumpeo. . ...~ C-"*& I ' a i n n r mi, per LA SEGAETER1A REGIONALE La consegna della Bandiera d'Europa 31 Comune di Malvito (Cosenza), quale riconoscimento dcll'attività svolta in favore della Federazione europea, è avvenuta 1'11 novembre 1973 alla presenza di numei-osissimi cittadini e personalità politict?e. Per I'occc!s:one sono statc predisposte una serie d i manifestazioni cui hailno parteci,3ato esponenti delle amministrazioni civiche della provincia e delle locali Sezioni del Movimento Fcdera!ista Europeo. i quali hanno espresso la loro adesione anche in alcuni rnanifcsti fatti affiggere per le vie del Comune calabrese. La consegna della Bandiera. da parte dell'on. Frédéric Picket a nome del Consiglio d'Europa, al Sindaco di Malvito Oscar Principe, è stata l'occasione per ricordare i l gemellaggio che lega Malvito alla città francese d i Rognes [è stata scoperta una lapide-ricordo) e per la consegna di diplomi ai vincitori del concorso su u n tema europeistico. bandito dal Comune. Nelle foto: I'on. Picket consegna la Bandiera nelle mani del Sindaco Oscar Principe, alla cui destra è il Vicepresidente dellfAICCE on. Giuseppe Bufardeci. N Ad Erli [Savona) la Bandiera d'Europa ,v è stata consegnata il 24 giugno 1973 (dato che, per diverse ragioni. non era stato possibile farlo nel 1970. anno del conferimento), nel corso d i una manifestazione solenne, cui hanno partecipato, oltre al Sindaco di Erli, Davide Falco, numerose personalità politiche ed esponenti locali. deR'Eurwa da palle C C. E. ettivlt8 ai fsii Europeistici e FedaalistKI. 11 COMUNI D'EUROPA maggio 1974 il lettore di alcune considerazioni e raffronti Corse non del tutto privi d'interesse, C pcr più rispclti assai islruttivi. I sindacati e l'Europa di Andrea Chiti-Batelli N Nciii sculeiiiciit Ics syiiclicals curopCciis, diviscs ci1 li-oi\ ci~~ii-;iiiis.ii'oiil pii prcseiitcr uii tront commun unique, niais aucuil il'a liu \c clolci rlch slruclii~c',r l (Ics moyens reconiius comme nécessaires i scs objectifs conirnunauiaires [...l Ricii ii'cat lait pour promouvoir ellicacemeiit uii véritablc syndicalismc supranaiional L...] Lc potentiel de lutte i l a n i nul s u r lc plan eur-opéeii, il ne peut doiic y abciir <le lutte au sens propre, mais seuieilient des a\.is D . (M. J. De Grave, DimensLm etrroyéeiirie d r ~s ~ i i d i c a l i ~ ~otivrier, ne 2 voll., Uriivcrsité Catholique de Louvain, 1968). " " e Non vi è coscienza di iiiteressi comunitari tra i diversi sindacati, e gli strumenti dell'azione sindacale solio rehtati escliisi\aiiieiite nazionali D. (F. Onofri, G. Bechelloni c altri, Alciriii j ~ r . o ~ c s ssio ~ i r ~ ~ ~ ~ i z a r~ iloro o r ~ acorisrgrlrilzc li sul fut~zionamentodello stato r iicllo &vcirtii civile, << Tempi Moderiii n, inverno 1966-67). Questo saggio vorrebbe inserirsi, c o m e terza giornata », nella trilogia sull'argomento così autorevoimente iniziata, s u queste colonne, drc Sergio Pistone e altri ( I Sindacati e l'Europa, « C o m u n i d'Europa D, luglio-agosto 19iO) e da Lucio Levi e altri (I1 movimento dei lavoratori in Europa e le società multinazionali, Conzuni d'Europa D, gennaio 1974). C o m e avrò occasione d i dire anche in seguito, il rapporto del m i o scritto c o n i loro e quello d i Bertoldo alla corte del re d i Francia e dei suoi dignitari. Questi u l t i m i inangiavano lepri e pernici, Bertoldo invece rape e fagioli. Voglio dire che Pistone e Levi dipingono con nzaizo i~zaestrail « dover essere » d i u n iiioviinento sindacale consapevole che la Federazione europea è la leva dlArchimede, la prenzessa indispensabile - per essi, c o m e in genere per le sinistre - al raggiunginzento dei loro più ambiziosi obiettivi politici, anzi d i t u t t i i loro obiettivi; m e n t r e io, più modestanzente e attraverso u n a cronaca paziente - e t a n t o più ingrata - cerco d i mostrare quanto, purtroppo, il reale sia ancora lontano da quell'ideale, per ragioni che n o n s o n o n é occasionali n é transitorie. E' bello guardar lontano, e i n alto. Occorre però anche star atteilti a n o n cadere, p,asseggiando a testa alta, nelle fosse dell'Alltagliches, c o m e accadde a Talete, che - « d a geografo profondo D, avrebbe d e t t o il Batacclzi - teneva gli occhi seilzpre rivolti al cielo, « M a fu quest'avvertenza inavvertital d a Malagigi, per pensarvi poco »: ed è questo, se mai, il punto che mi divide dai d u e Dioscuri taurinensi del federalismo italiano, dei quali per il resto interamente condivido l ' i m p o s t a ~ i o n e politica del problema che q u i c'interessa, e le conclusioni che essi n e traggono. un'Europa, quale quella ufficiale, che non fa una politica della classe operaia, m a del granUn flash-back a guisa d'introduzione: de capitale: quasi che - è un giusto rilievo di Jacopo Di Cocco - i sindacati si disinteressi« plus qa change, plus c'est la meme no del Mezzogiorno, poniamo, o del problema chose » dell'occupazione in Italia, solo perché il go1. - La presa di coscienza, o piuttosto la ca- verno italiano, la classe padronale, la burocrazia del nostro Paese non svolgono, in querente presa di coscienza europea del mondo sti campi, una politica conforme a quella prosindacale sembra riflettere nella sua lentezza pugnata dalla C.G.I.L. o dalla C.I.S.L. o dalla - per non dire immobilità - i progressi meU.I.L. (1). E il pretesto è rilevatore proprio desimi (anche questi pressoché inesistenti, per la sua inconsistenza, che denunzia una quando non sono regressi) dell'integrazione mancanza di approfondimento, una incapacità europea e della vita comunitaria. di pensare all'altezza - ormai continentale L'autore di queste note ebbe a pubblicare nel 1962 un lungo saggio, estratto d a vari nu- dei problemi che non è solo frutto di immeri di Comuni d'Europa n di quell'anno preparazione, di superficialità, di provincialismo; m a partecipa della generale incapacità - L e C o m u n i t à a S e i giudicate dal Parlamento Europeo -, in cui si svolgeva analiticamente delle sinistre di saper unire, alla critica diun esame critico quanto più possibile com- struttiva del sistema, un contro-progetto orpleto, e concluso da un giudizio profonda- ganico di una nuova società in un quadro stamente negativo e pessimista, sulle tre Comu- tale di dimensioni adeguate agli sviluppi nità e sulle singole politiche in ciascuna di odierni dei rapporti di produzione e alla loro internazionalizzazione e interpenetraesse attuate, o soltanto programmate, E gran zione continentale; ed inoltre - vi torneparte, per non dir tutte, le considerazioni ivi remo fra poco - mostra un'insofferenza agli svolte potrebbero oggi esser ripetute, quasi aspetti sovrannazionali ed europei dei proparola per parola, tanto invano sono passati blemi perché direttamente contrastante con più di dieci anni per Comunità nate troppo le strutture nazionali, ad essi radicalmente male e in modo troppo distorto - m a soincongrue, delle organizzazioni sindacali. prattutto nate per non essere né dinamiche Ma ad ogni modo, e pur con queste riserve né politiche, perché così erano state fin dal- che non sono né piccole né marginali l'inizio volute - per poter conoscere sviluppi non sono pochi coloro che ritengono di poe progressi reali, anche se di natura non qua- ter affermare che, sul piano sindacale, quallitativa. Ebbene, un discorso identico si può cosa si muove sul fronte europeo. I o non crefare, come accennavo, per il preteso « risvedo di poter esser di tale avviso: e poiché riprodurre quanto scrivevo su questo argoglio europeo » dei sindacati, che a molti è mento dieci anni fa - per poi mettere jn rapsembrato e sembra di constatare, come caso particolare di tutta una maggiore sensibiliz- porto quelle mie tesi con la realtà odierna non prende se non poco spazio - a differenza zazione comunitaria delle sinistre in genere, di quello che avverrebbe se volessi ripubblicanel corso di questi ultimi anni. re tutto ciò che, come ricordavo, ebbi a scri2. - Resta, è vero, una allergia di fondo, vere nei 1962 sulle Comunità europee - non spesso giustificata con l'inconsistente pretesto voglio privare né me di questo piacere, né che i lavoratori non possono interessarsi di Parte prima (*) seconda parte verrà pubblicata sul pros(*) simo numero. ( I ) E' stato, dicevo, u n giusto rilievo di Jacopo Di Cocco al Convegno oreanizzato dall'Istituto Affari Internazionali del novembre 1973 a Roma dal titolo a Un programma per l'Europa >,, i cui atti verranno prossiniamente pubblicati a cura dell'Istituto promotore. 3. - Sciivcvo duriquc poco dopo avci. pubblicato qucll'csan~cgcncralc della rcalià CUnlunilaria, nella rivisia lorinesc Popolo ELIropeo », sollo il titolo I .>iizdacati europei scoprono l'Europa? Sindacati liberi e prob l e m a europeo (2): I. - A Dortmund, nel pomeriggio del 5 luglio [1963], si è riunito il Comitato Esecutivo dei Sindacati liberi delle Con-iunità Europcc, chc rappresentano più di 12 milioni di lavoratori organizzati, alla presenza anche di numerose delegazioni di lavoratori dci diversi paesi, c soprattutto della Francia, pcr uii totale di 25.000 partecipanti. Non t: stato dunque u n vcro congresso - giacché la durata della riunione ha appena superato quella di un five o' clock tea - voglio dire il tempo necessario per ascoltare alcuni discorsi d'occasione di qualche vccchio bonzo dell'europcismo « borghese » come Jean Monnet, per lasciare pronunziare ai capi delle organizzazioni nazionali allocuzioni non meno ufliciali e iinalmcnte per approvare all'unanimità e aenza discussione una dichiarazione preparata in anticipo. Non è stato, dicevo, un vero « Congresso », nel senso di un dibattito e di un conironto di idee; ma gli organizzatori hanno potuto ugualmente parlare, a buon diritto, della maniicstazione numericamente più vasta e politicamente più rappresentativa - anche più di quelle organizzate all'Aja, nel 1948 C nel 1953, dal «Movimento Europeo » - in favore dell'idea europea. Ascoltando questa voce, senza dubbio impor. tante, che ci viene improvvisainente da Dortmund (chi per lungo silei7zio purea fioco) si può dunque dire che i Sindacati liberi, che le forze del lavoro si pronunziano per la Fcderazione Europea? Non lo crediamo, e ne spiegheremo brevemente le ragioni. 2. - La prima, e fondamentale, risiede nel contenuto stesso della dichiarazionc approvata a Dortmund (non si può neppure chiamarla una mozione, giacchf essa it altrcttanto povera di contenuto politico quanto la riunione che l'ha preceduta t: stata povera di idee e di discussioni). Per fare l'Europa non basta parlare vagamente della sua necessità (questa è anzi la tattica stessa dei suoi nemici più intelligenti). Bisogna avere obiettivi precisi; piani e strutnenli per realizzarli e una volontù tesa a questa realizzazione, che subordini tutta l'azione politica a quegli obiettivi e a quci piani: la crcazione di una democrazia C di uno stato federale attraverso una Costituente europea. Esaminiamo separatamente questi trc punti. a ) Quanto agli obiellivi, la dichiarazionc si limita ad affermare che i Sindacati dei sei Paesi cc clziedorio lo svilrippo ulteriore della Coinuiiitb Elrropeu atluule negli Stati Urliti d'Eicropu comprei7denti la Grun Bretagna », e condannano le « conceziotii orniai superale di coalizioni intergovernative n. Che può mai significare, in simile contesto, l'espressione s Stati Uniti d'Europa »? Come gli interventi dei leaders sindacali nazionali hanno confermato, se essa significa una condanna dell'« Europa degli Stati » britannica e gollista, essa non significa afiatto una pronunzia in favore delle idee della Federazione Europea hic et nunc, che resta per i Sindacati - nessuno l'ha detto in modo più perentorio di Robert Botherau, Force Ouvrikre Segretario Generale di a un ideale ancora molto loiilaizo cialle rzostre effettive possibilità rli realizzaziorie n. Che senso può avere - egli ha precisato - opporre l'Europa delle patrie all'Europa sovrannazionale? L'Etiropa delle patrie sta sparendo e l'Europa sovrannazio~iale resta ailcora una visiotie dell'avveiiire, giucclzé lu Graiz Bretagna tiori acceila questa /orma di iiilegrazioile euroopa pea, iizei7fre la siia presenza in ~ ~ n ' E ~ ~ runita (2) Qucsto breve sacgio è stato anche ripubblicalo in estratto, nell'opuscolo Partiti politici e Federazione eriropeu (con t r e note su Elezioni italiane e fedelal i ~ m o .Il convegno degli amici del C Mondo r: che lave per l'Europa? e Sindacati liberi e problema europeo), Firenze, 1963, 34 pp. COMUNI D'EUROPA costitrlisce ulza ~ l e c e s s i t ù per l'eqiiilibrio nzoncliale ». Qiicsto si cliinnia parlai- chiaro (3). h ) Quanto ai pialli c agli strunicnti, i leadeis sindacali <\ci di\*ersi paesi, scmplicementc, non ne hanno. Coinc in passato essi hanno solo scpiiilo passi\1ainciiic, e spcsso controvoglia, gli sloi-zi tlei Monnei, dei Dc Gaspcri, degli Schuiiian o degli Adcnauci., scnza niai presentare un suggcrinicnto posiLi\,o, e hanno accettato tacitamente l'idea che la costituzione europea ci-a cosa chc doveva esser fatta, nella sostanza, da altri - e semmai da essi corretta, qua e là, nei pariicolari - ina sui cui stessi fondaiiicnti essi noil avevano nulla da dire; aiialogainciiic oggi cssi rendono esplicila questa conipleiri dclegazionc di poteri a benericio dei rapprcsentaiiti degli intci.essi nazionali borghesi. « l rappreselzfanii [li 12 i ) ~ i l i o n id i lavoratori, ~ d diee in proposito la diriuniti a D o r t t ~ z u ~ ehiaraz.ione approvata - chiedono c h e i popoli, le Comttnitù europee e i govei.rzi dei loro paesi prendano seriza esitare ttttte le m i s u r e necessarie per I-aggi~cllgerequesti obiettivi u. Quali? G Videaiit consules ... n. Anche quando si traila di una questione, scnza dubbio grave, come quella che concerne diretlamente gli interessi e la rappresentanza dei lavoratori - e l'esercizio della loro influenza - in seno alle Coniunità, i sindacalisti europei non sanno se non affermare vagamente che la voce d e i lavoratori e d i ttttti i cittadini e i ~ r o p e idov1.6 essere s e m p r e più ascoltata nella fornzazione della v o l o ~ l t à della C o m u n i t à Ettropea 2, senza essere in grado di presentare una sola proposta, una sola rivendicazione concreta. Anche qui L: Robcrt Botherau cluello clic ha (3) Botherau moslrava di aver così rapidamente dimenticato - c la cosa ci sembra particolarniente significativa, per apprezzare a1 giiisto valore le dichiarnzioni e le parole in senso europeo che non impegnano a nulla, e che ormai, negli anni '70, sono sempre più frequenti siilla bocca dei sindacalisti di ogni colore - quanto egli stesso scriveva qualche anno pi-ima, e sempre come segretario della << C.G.T. - Force Ouvri6re », sostenendo invece il préalable sovranazionale, e cio& che occorre una realtl economica europea già realizzata perché si possa s u quella impiantare un e piano sociale (R. Botherau, Le syizdicalirnze orivrier dnrzs l'i-rirope de 1959, nel volume di P. Huvelin, A. Graendel e altri, 1,'Occiilent à la recherche d'iine doctrine sociale, Neuchatel, La Baconnière, 1959). reso, meglio di ogni altro, esplicita la filosofia cl:c è alla base di un simile atteggiamento di tlcbolezza e di desistenza: « L'Europa, egli ha àctto, noi? può izascere i m p r o v v i s u i ~ z e ~ z tda e un c o n f r o n t o d i tesi opposte: essa si realizzerà7 anzi .si rcalizza già ilel lavoro i?nziell/e d i t u t t i i giorrii, attraverso 1~ ricci'c'<r d i solzczioni ilor1 .spcitucolari m a ellicuci <li i111 problema, clze vunilo ad uggiungersi u quelle giù approvate ». Si interroghino quei nemici dell'unità europea, a capitalisti » e « borghesi » di cui parlavamo all'iiiizio, che si dichiarano per l'Europa di doinani, per meglio sabotarla fin da oggi: essi parlano esattamente negli stessi termini dci :astri bi-avi sindacalisti. c ) Ciò che abbiamo detto è più che sufficiente a comprendere che dietro le vaghe dichiarazioni del testo che stiamo commentando non vi è alcuna linea politicrc europea seria, né alcuna seria intenzione di realizzarla. I Sindacati - vi si può leggere - renderanno i loro sforzi per la causa europea alicora più dinamicz ,, (quasi che - modestia a parte - fossero già tali). Tutto qui. (( 3. - Gli altri discorsi pronunziati a Dortinund confermano questa nostra analisi. Certo, i diversi oratori non osano rivendicare la paternità della causa europea: ciò sarebbe troppo manifestamerite eontrario alla realtà di un passato ancora recentissimo. Ma affermano con energia di aver appoggiato fin dall'inizio e senza arrière-pensées i tentativi ufficiali di unione, e soprattutto quelli per l'Europa a Sei: il che spesso è quasi altrettanto falso. Lasciamo pure da parte l'atteggiamento dei sindacati non rappresentati a Dortmund, come la CGIL italiana o la CGT francese, che per aver il coraggio di assumere una posizione un po' meno conformista n nei confronti del MEC hanno addirittura avuto bisogno di lunghi anni di destalinizzazione. Ma come dimenticare qual era l'atteggiamento della socialdemocrazia tedesca all'inizio degli anni cinquanta in relazione all'idea europea? Come passar sotto silenzio che ancora nel 1959 le edizioni di « Monde Ouvrier » pubblicavano uno scritto ( L e Marc h é Comnzitn: c h o m a g e o u prospérité?) in cui la CEE veniva sottoposta alle critiche più severe? Come, soprattutto, non ricordare che BANCO DI NAPOLI Istituto di credito di diritto pubblico Fondato nel 1539 Fondi patrimoniali e riserve: L. 99.754.952.734 DIREZIONE GENERALE - NAPOLI Tutte le operazioni ed i servizi di banca CREDITO AGRARIO - CREDITO FONDIARIO CREDITO INIIUSTRIALE E ALL'ARTIGIANATO MONTE DI CREDITO SU PEGNO SERVIZI D1 RICEVITORIA-ESATTORIE E TESORERIE 500 FILIALI I N ITALIA ORGANIZZAZIONE ALL'ESTERO Filiali: Buenos Aires - New Vork Rappresentanze: Bruxelles - Buenos Aires - Francoforte s / M Londra - New Vork - Parigi - Zurigo Banca affiliata Banco di Napoli (Ethiopia) Share Co. - Asmara Uffici cambio permanenti a bordo T/M C Raffaello n e M/N Corrispondenti in tutto il mondo cc Augustus maggio 1974 queste critiche sul carattere r capitalistico » e a filo-monopolistico delle Comunità che, diciamolo cliiai-amentc, condividiamo in larghissima misura - non sono mai sviluppate nella prospettiva di una più grande sovrannazionalità, dclla istiiiizione di una dcmocrazia lederale europea che coi-rcggcrcbbc o porrebbe i fondainenti politici per superare i difetti c gli squilibri giustamci~tc laincntali, ma proprio nella prospettiva opposta di un indebolimento ulteriore dei poteri comunitari e di un ritorno - secondo la tesi appunto del citato scritto francese - a una grande Zona di libero scambio D ? E' difficile pensare a un'eflettiva modifica tli questo orientamento, se tale passato, lungi dall'esser ripudiato, viene invece allegato come prova del propi-io spirito europeo. Ed infatti non si può dire che quella prospettiva sia inolto cambiata oggi, se non ci si lascia ingannare da semplici parole senza conseguenze. Certo, vi sono delle sfumature nei diversi discorsi, e se quanto abbiamo detto fin qui quadra perfettamente col tono della dichiarazione, ad esempio, di Robert Botherau, dalla quale abbiamo citato alcuni dei passi più significativi, è ugualmente incontestabile che interventi come quelli, ad esempio, dei rappresentanti dei Sindacati dei tre Paesi del Benelux hanno mostrato una intonazione un po' diversa, giacché in essi si afferma, con un linguaggio senza dubbio altrettanto vuoto e retorico, ma tuttavia meno equivoco, la necessità di una unione europea sempre più « sovrannazionale » e sempre più allargata dal campo economico e tecnico a quello generale e politico. Ma a parte il fatto che il compromesso si è realizzato - il testo approvato lo dimostra su tesi molto più vaghe e sfumate (o, più esattamente, molto più ... precise, nel senso detto prima), ciò che colpisce, nelle dichiarazioni dei vari oratori, è la mancanza completa di una sola idea nuova, di un solo suggerimento originaici ed efficace, del più semplice sforzo costruttivo, fosse anche nel quadro di quel « riformisino europeistico » che noi abbiamo condannato, ad esempio, nel Convegno degli Amici del mondo; e il carattere vuoto e senza significato di affermazioni costantemente ripetute in favore di una Europa democratica », che non sono mai accompagnate neppure dal sospetto che un'Europa realmente « democratica » può costruirsi solo partendo da una critica radicale anche della formula istituzionale, non rneno falsa ed ingannatrice, delle Comunità a Sei, e che appunto muovendo da tale critica si può realizzare quel superamento delle troppo equivoche e fragili strutture sovranazionali, con tutti i difetti necessariamente connessi di estrema acquiescenza - verso gli interessi degli stati, degli imprenditori, dei monopoli - che le forze di sinistra e i Sindacati rimproverano, e il più delle volte con ragione, alle istituzioni comunitarie, senza però mai essere in grado di collegare queste critiche - e di dar loro con ciò una forza e una efficacia reale - a una visione organica e ad esse propria - realmente democratica perché realmente « sovra-nazionale » (cioè federale) della nuova Europa, in cui la stessa radice istituzionale di quegli errori e di quelle ingiustizie sarebbe superata. - 4. - Si deve trarre da tutto ciò una conclusione radicalmente negativa sulla capacità dei sindacati nazionali di aprirsi all'idea della Federazione Europea? Al contrario, è manifesto che vi sono al loro interno dei fermenti validi di un'europeismo sincero e rispondente a interessi reali delle forze rappresentate, anche se incapace di divenire realmente cosciente di sé, di proporsi delle scelte precise, di consolidarsi e cristallizzarsi in una linea politica chiara e tenacemente perseguita. Questo effetto « catalizzatore n, questa « precipitazione » di un sentimento in una politica, non può essere realizzato attraverso saggi consigli o belle parole di un rnentore disinteressato e supra partes. Può esser solo ottenuto da una forza politica federalista degna di questo nome, e cioè capace non solo di persuadere, ma di esercitare una pressione effettiva (unicamente possibile se essa è in grado di far energicamente concorrenza, sul loro stesso terreno, proprio ai partiti e alle organizzazioni che essa desidera come alleati) e di polarizzare in tal modo i gruppi e le tendenze che, all'interno di questi organismi, si rivelano più sensibili COMUNI D'EUROPA maggio 1974 - all'idea curopca, oflrcndo loro un solido appoggio esterno. La creazione cii qucsla forza resta pertanlo pci- iioi, oggi, il \ero ( ~ p i é a l n l ~ l e r . Dieci anni dopo: il problema europeo nei sindacati italiani 1. - Ebbene, a distanza di tanti anni rion credo di aver a modificare sostan~ialmentc q ~ i c lgiudizio - che, come dirò tra poco, si può ora estendere dai sindacati liberi a tutte, wnza ccce7ione, le forze sindacali -; e di dovei anzi ribadire con pari energia quanto in particolare ivi affermato nella conclusione: e cioè che senza una forza politica esterna, originariamente strutturata in senso dichiaratamente sovrannazionale, che prema verso 11integra7ione e operi da stimolo e da innesco anche sul mondo sindacale, è difficile che organizzazioni concepite, strutturate e orientate in senso nazionale e per operare nello stato nazionale e attraverso di questo si aprano davvero a una strategia europea di fondo, sostitutiva e inglobante lc strategie riai-ionali. La questione essenziale è, secondo me, la seguente: si potrebbe davvero affermare che la prospettiva europea dei sindacati è radicalmente cambiata, o anche solo notevolmente modificata, se si potesse mostrare che cambiata essa è, e sostanzialmente, nel punto capitale, e cioè nell'attacco che detti Sindacati, come tutte le forze del rinnovamento e di opposizione al sistema, dovrebbero rivolgere al cardine, al fondamento medesimo di questo: la sovranità nazionale il cui superamento dovrebbe costituire I'obicttivo strategico essenziale, raggiunto il quale tutto il fronte si sposta ed avanza, la battaglia si pone in tcrmini nuovi, e si prospettano obiettivi, alleanze, traguardi fino a poco tempo prima impensabili. Ma è davvero lecito affermare che quel passaggio dall'ordine statale a un ordine federale europeo - qualitativamentc diverso da quello realizzato dalle Comunità, che anzi di esso è solo una caricatura e uno scliermo - sia ormai avvertito, o cominci ad essere avvertito come lo scopo essenziale, primario e condizione di ogni altro delle masse lavoratrici come delle forze di sinistra, a un dipresso come, poniamo, settanta o ottanta anni addietro i movimenti socialisti, a un determinato momento della loro storia, compresero il carattere pregiudiziale, ai fini stessi del raggiungimento dei loro obiettivi sostanziali e sociali, della realizzazione di u n traguardo meramente formale e politico quale il suffragio universale, e agirono in conseguenza? I1 mio parere è che se progressi parziali sono indubbiamente stati compiuti, e in ispecie da quei sindacati che - più strcttamente legati, fino a ieri, alla strategia sovietica in Europa - avevano assunto verso l'integrazione continentale, quale che essa fosse, una ostilità di principio; su questo punto centrale, invece, e senza il quale anche tutto il resto non costituisce avanzamento vero e vero approfondimento di consapevolezza europea, non vi sia stato cambiamento qualitativo reale. 2. - Per meglio chiarire il mio pensiero e con parole non mie, ma di un convinto marxista ed extra-parlamentarc germanico, che è anche un convinto federalista, e cioè Heinz Kuby - ricorderò quanto quest'ultimo ebbe a d affermare qualche anno addietro ad Lin convegno romano: « La siiuazionc dclla siriisii-a i11 Eui-opu i: coiidizionata da una pluralilà di Stali, iiesuno dci cliiali iondaio dagli opci-ai, ma, al contrario, <la cliici gri~ppicontro i cltiali csqi dcbboiio lottare. i)i coiiscgiienza, sviluppo c sirLiiiLira dillcrcnti dei nosii-i Stali c loro riv~ilitiimpoiigoiio alla sinistra inicressi dilLcrciiti c spesso contraddilLori da un Paese aiì'aìtro. Così, con le buone C con le cattive, il moviniento operaio si è nazionalizzato. Tanto i pari111 quanto i sindacati. La strategia del movimento operaio era detlala da un eri-ato apprezzamento del ruolo dello blato. 15sscndo considerato come semplice sovrastruttura della società capitalistica, esso avrebbe dovuto " niorire " con la strategia. Tuttavia, lo Stato, invcce di morire come era previsto, i: diventato lo stabilizzatore del sistema. E le organizzazioni operaie sono diventate il pilastro di questo stabilizzatore e quindi, sotto certi aspetti, l'aiuto principale del sistema capitalistico. Oggi però gli Stati stessi diventano Iattori di instabilità; poiché l'organizzazione delle forze produttive corrisponde sempre meno all'organizzazione politica, da un lato produzione, distribuzionc e mobilità dei capitali si organizzano su scala continentale; dall'altro gli strumenti di intervento degli Stati restano sempre gli stessi. Così cssi non riescono più a garantire lo sviluppo, conkormc al sistema, dell'ecoiioniia. E' così che gli Stati europei, agendo separatamente, non possono più operare efficacemente; t: questa la i-agione per cui la loro integrazione t: cominciata, per approntare i necessari strumenti di intervento sul piano transnazionale. 111 tal modo però, insieme con lo stabilizzatore ' Stato ', t: il sistema dclla stessa società che iiiiplicitamente t: chiamato in causa: il mezzo principale per colmare e distrarre gli operai (cioè per nazionalizzarli) non funziona più senza difficoltà. La transizione offre la possibilità del cambiamento. Per la prima volta, nell'Europa occidentale, t: possibile approfittare di questa possibilità di cambiare le strutture dello Stato. Ne segue che l'azione transnazionale non è una appendice dcllc strategie nazionali, ma al contrario essa devc tendere a una strategia transnazionale. I due metodi che la sinistra devc seguire - anticapitalisino e antiautoritarisrno - non possono avere un effetto sulle niassc, quando gli Stati lormati dalle forze ostili non sono messi in causa. L'azione della sinistra deve dunque essere transnazionale, anche là dove agisce in un quadro geografico, locale o regionale, limitato » (4). Nello stesso spirito, e press'a poco nello stesso periodo di tempo, un leader della sinistra socialdemocratica tedesca, Jochen Steffen, ha scritto nella rivista « Conkret » (5): « Una parte della sinistra non è riuscita a capirc che non è possibile, a livello nazionale c con strumenti nazionali, programmare una politica degli investimenti, in accordo con gli interessi dei lavoratori, né cambiare il sistema fiscale né mettere in atto una politica sociale in grado di raggiungere questi obiettivi. La nostra economia è irreversibilniente integrata in un mercato europeo e questa irreversibilità significa che tornare indietro porterebbe alla rovina economica. Una azione - a livello nazionale - può soltanto modificare, entro un margine molto ristretto, la politica economica, la politica fiscale, la politica regionale e settoriale, la politica infrastrutturale, ecc. Ma niodiIicaziorii radicali sono possibili solo (4) Questa tcsi è svolta da Heinz Kuby, ilcl secondo dei due volumi: Prospettive e strategia della sinistra in Elrropa (il secondo reca anche il sottotitolo Nuovi sfriltilenti di organizzazione della classe operaia), pubblicati dal Movimento Politico dci Lavoratori di Livio Labor e in cui s i raccolgono gli atti d i due convegni internazionali s u tale argomento svoltisi nel corso del 1970 a Parigi e a Roma (Roma, M.P.L., s.d., pp. 140 e 158). Si veda anche il suo saggio (non pubblicato, e che conosciamo in uri testo ciclostilato) Truiz.siiafionale Zusamn?eii«rbeit iii Europa. (5) Trag-p la citazione da uno dei documenti più significativi presentati al « Contro-vertice n organizzato dal Movimento Federalista Europeo a Parigi nell'ottvbre 1972: quello della Federazione giovanile repubblicana, intitolato Iiifeg1-azioiie europea e squilibri regioizali. se si riferiscono all'intcro sistema economico, il clic significa all'Europa [...l. Le più importanti Ic\,c per can1biai.c la socicili o l i o state ormai d a iciiil?o ~i.asSci.iic;i li\,cllo curopco. Soltanto Ic organizzazioni europee. possono usarle ricl. I'iritercssc del popolo )). 1 giovani Lcclcialisli genovesi, che rappresentano l'ala marxista del M.F.E., hanno anch'essi posto in luce - scrivendo indipendentemente dal Kuby e dallo Steffen la stretta correlazione fra battaglie ecuiiomico-sociali c p r ~ a l u h l e europeo: per esser progrcssisti, cssi affermano, non basta esser impegnati nella lotla di classe e battersi contro il sislema, occorre altresì impostare questa lotta in una prospettiva europea, esser all'avanguardia dclla battaglia per uno stato europeo, contro uno stato nazionale (6). E oggi ormai anchc un membro autorevole del P.C.I., l'on. Silvio Leonardi, membro del Parlamento Europeo - nel numero dell'ottobre 1973 di « Politica ed Economia » si domanda, sia pure in forma dubitativa, se l'integrazione curopca non sarebbe oggettivamente un Ienomeno progressista che, messo in moto e gestito da classi conservatrici nel loro interesse cori un succubo intcrvento pubblico, ha creato contraddizioni tali da rendere possibile una profonda trasformazione dell'attuale sistema economico e sociale nei paesi membri nel loro complcsso sulla base di anipie alleanze tra forze diverse, e se ciò avvenisse, il processo di integrazionc comunitaria sarebbe non un ostacolo, ma un clcincnto essenziale per la trasformazione socialista dei paesi dell'Europa occidentale, c quindi cleniento di spinta e non di ostacolo alle azioni nazionali n. « 3. - A queste considerazioni si legano strcttamente, anche se prospettate da un'altra angolazione ideologica, quelle di Sergio Pistone e dei suoi collaboratori (7), laddove essi hanno messo in luce quello stretto rapporto - che sfugge spesso, invece, ai sindacati e alle sinistre - fra tipo di integrazionc europea e sua struttura istituzionale, da u n lato, e qualità delle politiche economiche e sociali che essa attua, e può solo attuare, dall'altro: una politica progressista passa per un'Europa federata; un'Europa come quella delle Comunità europee può invece solo svolgere una politica conservatrice. Ecco dunque quello che si può leggere in detto sagsio, a nostro avviso Eondamentale: K ... come già nel '64, la spinta decisiva ad una politica più o meno moderatamente deflazionistica proviene dagli organi della CEE, i quali agiscono in base alla quasi esclusiva preoccupazione di evitare che un'eccessiva tensione inflazionistica in un Paese della Comunità esport i squilibri c difficoltà nei restanti paesi-membri. Si tratta ovviamente di un'impostazione tendenzialmente conscrvatrice e volta a suggerire politiche troppo prudenti c quindi contrarie agli interessi delle grandi masse lavoratrici; tale impostazione potrebbe pertanto teoricamente essere sostituita, in seguito ad una forte pressione dcllc forze progrcssiste, da una più (6) C Bollettino ,, dei giovani federalisti d i Genova, 1971, n. 3. Si veda ora anche, deeli stessi. la rivista Lotta di classe e integrazione euGpea n (Genova), diretta da Alessandro Cavalli, e in particolare il n. 1 del gennaio-Febbraio 1974 (dedicato al icnia Lotta d i classe e integrazione europea). in cui si :iflernia tra l'altro, nell'Editoriale, che mentre a senza fare i conti con l'attuale tipo di integrazione europca non C possibile ridiscutere coli successo la ~ l r a t e p i adella classe n. di fatto il nuovo corso europeo delle forze della sinistra a non sembra caratteriz7ato dalla critica ai Fondamenti s u cui si regge I'atiuale tipo di integrazione né dall'apprqfondimento dei nodi che ne evidenziano le maggiori conche è appunto la nostra tesi. traddizioni Comu(7) S. Pistone e altri, I sindacati e l'Europa, ni d'Europa », luglio-agosto 1970 (ripubblicato anche a parte, poco dopo e con lo stesso titolo, in urlo dei e Quaderni della Commissione italiana del MFE s, Pavia, s.d.). e -~~~ ~ .: COMIJNI D'EUROPA maggio 1974 - p - coraggiosa c diiiainica politica di espansione prograinniata sulla base di obiettivi decisi in coiliunc tiai paesi della Coniuniti. I1 l'atto che cosi iioii n \ , \ . c n s a iioii :ì per0 casuale, iiia clipciidc loiiduiiicnlaline~ilc tlalla circostanza clic gli orzaiii coiiiuiiiiari non lianiio il potcrc poliIico c cio? I;i Icgiltiiiiiiii clciiiocrulica curopca iiidisp~iisahilc per claboi.arc ctl iiiipori-c uiin iiicisiva poliiicn ccoiioiiiica curopca. A causa clcilii loro clci~olw,.ii essi clcbbono liiiiitarsi ad iiiipoi-i-c dei viticoli alle sccllc iiazionali, senza poicr conipicrc a loro volta delle scelte dinamiclic e positive, e quindi il coordinamento dellc poliliciic cconoriiichc che essi attuano si i-iduce ad uii coiiiproiiics~oal miniinu comunc cleiioiiiinatorc c si iraducc perciò fatalmente in una liiica di pura conser\~azioiicdegli equilibri ccoiiuiiiicu-sociali esistciili D. E' q~iestoil nodo politico di fondo, il préa lable lederalista Pondamental'e, visto sub specie sindacale, intorno al quale non si puì) assuini.re una posizionc sfumata, giacché uno stato c una legalità nuova non si crcano a spicchi e a fette, u n pezzetto oggi e uno domani: se non si è decisamente per, si necessariamente, obiettivamente contro. 4. - Orbene, forze sindacali che davvero avesscro fatto proprie - voglio dire compreso e accettato nelle loro proionde implicazioni, e non solo vagamente recepito nei loro programmi e nei loro discors'i - quellc tesi di Kuby e di Pistone, dovrebbcro interamente rivoluzionare la loro strategia, rendersi conto chc è proprio sulle strutture istiLuzionali (semprc, invece, accettate come date, come sostanzialmente decise, e come se noil potcssero non esser decise, dalla borghesia, dai padroni, da chi co'manda) che dovrebbe concentrarsi la loro azione, non riformatrice, m a decisamente e qualitaLivamente rinnovatrice: tanio più che per la realizzazione di un tale obiettivo politicoformale sarebbe assai più facile ottenere la solidarietà di vasti gruppi anche al di tuori del mondo o'peraio, e che in passato si sono battuti, o almeno pronunziati per unrEuropa genuinamente sovrannazional~e:sì che la posta sarebbe non solo strategicamente più importante, ma anche meno difficile da raggiungere, se una mobilitazione seria e una strategia articolata e di lunga lena venissero messe in opera a livello sovrannazionale e a partire dal mondo s'indacale e delle sinistre. Ora nulla di tutto ciò si delinea all'orizzonte; e restano invece, come prima, azioni, intraprcse dai sindacali al livello europeo, di carattere laterale e marginale, manovre di piccoio riformismo, volte a chiedere una qualche maggiore voce in capitolo per le forze del lavoro, ma nell'ambito dell'impalcatura istituzionale comunitaria, e quindi di una struttura decisionale che resta, sostanzialmente, invariata e in maiii altrui: il che non è senza conseguenze assai gravi, dal punto di vista degl'interessi che i sindacati difendono, non solo, co'me Pistone ci ha poco fa ricordato, in ordine alla generale politica econo'mica comunitaria, ma, più specificamente, in ordine alla stessa politica sociale della CEE, come altra volta abbiamo cercato di mo'strare noi stessi su queste colonne (8). (8) E sewnatamenle nci numeri di « Comuni d'Europa N del1 aprileD1971 c del luglio-agosto 1973, nei quali abbiam o cercato di diniosli-ai-e, per dirlo con le parolc di L. Zanzi - c sulla scorta del fondamentale rilievo sop r a citato di Pistone - che è fittizio il dilemma tra una politica buona » e una s cattiva >> della Comunità, giacché la modifica tli tale politica dipende anzitutto da una modifica istituzionale di detta Comunità (L. Zanzi, nel suo intervento nel volunic del Movimento Europeo che raccoglie gli atti del Convegno, I luvoratori e 1'Europa, tenutosi a Roma il 25 e 26 maggio 1973 (Roma, Movimento Europeo, s.d. [1974], 388 pp.). O per ado- - Deviare verso obiettivi laterali le spinte delle forze di rinnovamento, mantenendo intatto il nuclco centrale del potere, è stata sempre la strategia principe, e sempre pagante, di t ~ i t t e lc conscrvazio~ni; e a tale strategia i sindacali sembrano tuttora prcstarsi docilmeillc. 5. - A coni'ermarlo, come dieci anni addietro feci col Convegno di Dusseldorf, prcnderò questa volta come base della mia « riprova per nove » l'incontro unitario delle tre organizzazioni italiane - CGIL, CISL e UlL - sui problemi dell'=ione sindacale nell'Euro'pa comunitaria, che si è tenuto a Roma nell'estate del 1971 e i cui atti sono stati racco'lti in volume (9). Basta percorrere i punti essenziali del « Documento conclusivo n, approvato al termine dei lavori, per rendersi conto che quella luteralitù, che dicevo, dell'azione sindacale europea, che quel suo carattere settorjale e strettamente limitato ai problemi del lavoro non è affatto superato, nemmeno oggi, in una superiore concezione politica, di cui sopra postulavo l'esigenza, e che sola potrebbe dare anche all'azio'ne più spelcificamente sindacale spazio e respiro nuovo. Ciò a cui si tende è - citiamo da quel DocumenLo - « il rafforzamento del potere sindacale nelllEuropa comunitaria n: ma in un'Europa che, ancora una volta, e a parte qualche lip-service reso a mezza bocca e senza seria convinzione all'idea della « democratizzazione. delle istituzioni comunitarie, si concepisce e si accetta come destinata a restar indefinitamente quella che è, e di cui non si postula pertanto mai la «mutazione federalista P. Com'è confermato dal carattere estremamente moderato - appunto, riformista e non federalista, in perfetta sintonia con le tesi dei partiti e delle forze borghesi - di quelle proposte di democratizzazionc, sempre blandainente correttive, e mai radicalmente innovatrici, che vengono formulate in quel documento, e che potrebbero csser sottoscritte da un qualsiasi convegno europeo di democristiani, o da una qualunque internazionale liberale. (Significativa, in proposito, la parte finale della relazione Della Chiesa, che è la più esplicita e diffusa in materia, e che non supera mai tali orizzonti riformistici). (10). . . E' importante certo, ed è un progresso rispetto al passato, che si affermi - ci riferiamo ancora al Documento conclusivo - la necessità di superare definitivamente « atteggiamenti di estraneazionc sindacale rispetto al processo di costruzione europea n, così come l'esigenza di assicurare coerenza tra le scelte rivendicative che i sindacati hanno operato in Italia e l'azione unitaria in Europa D. Ma con questo non sli esce da quella concezione setto'riale, di cui Kuby e Pistone hanno così lucidamente messo in risalto l'inadeguatezza. Quando, in coerenza perare invece i termini uaati in quello stcaso Convegno. dai due fratelli Majocchi -, poiché quelle << contraddizioni sono implicite nel meccanismo di sviluppo comunitario, l'obiettivo non è più di cercare certe trasformazioni all'iriterno del meccanisn~o; il problema è d i cambiare il tipo di meccanismo » (cosi il primo de li altri due Dioscuri questi, allobrogo-longobardi fel fcderalismo ilaliario, Alberto, p. 165): donde la morale che il più grosso alleato, nclla storia della conservazione, è stato ed è la stupidità della sinistra, perché troppo spesso la airiistra iion hu individuato e non individua il terreno su cui può vincere, e si batte invece sul terreno syi cui C pendente >> (cosi Gino, p. 295). (9) L uziune sindacale nell'Europa cumunttaria. Incontro rinirario CGZL-CISL-LIIL, Roma, Ed. Stasind. 1971, - - 77(f&'Lo stessa dicasi per altra relazione dello stesso autore (dal titolo L'impegno dei Sindacati nell'integrazione europea) nel volume testé citato del Movimento Europeo I lavoratori e l'Europa. con tale accrcsciuto impegno, si sottolinea la necessità di proposte e azioni comuni, con particolarc riferimento, si dice, «alla politica del pieno inzpiego, alla politica regionale, alla circolazione dclla /nano d'opera, al controllo dclla circolazione dei cr~pitaIi,alla polilica ngrarin, alla polilica industriale, alla politica dcll'encrgiu, alla poliiica sociale e a quella dei frusporti » - e chi più ne h a più ne metta -, si conferma appunto tale chiusura, e si dà un'ulteriore dimo'strazionc dell'incapacità di cogliere il legame profondo che passa fra tali po'litiche e la struttura istituzionale che le secerne, relazione così brillantemente messa in luce da Pistone, e che dovrebbe costituire il punto d'i partenza C il motore centrale di ogni pollitica europea che, al di là delle paro'le altisonanti, non si limiti ad accettare sostanzialmente l'ordine costituito, e a chiedere voce in capitolo so'lo per i dettagli, come costantemente avvenuto fin qui (e l'esempio italiano, che qui più partico'larmente si esamina, viene privilegiato solo perché esso può costituire, a fortiori, uno specchio e un esempio dell'atteggiamento - in genere ancor più moderato - che si è tenuto e si tiene al livello sindacale negli altri Paesi membri della CEE). 6. - Non h a molta importanza in proposito - anche se non è privo di significato che in alcuni sindacalisti, come risulta dal dibattito svoltosi in quel convegno, la lucidità dell'analisi sia tale da porre tutte le premesse per quella « rivoluzione copernicana nella strategia europea dei sindacati di cui sopra si cercava di mostrare le necessità, quando poi tutto resta a mezzo, come prima, e le conclusioni teoriche come operative (la sola cosa che davvero conta i n politica) non vengono tratte, e anzi nemmeno abbozzate. Ascoltiamo, ad esempio, quella che è foise l'analisi più penetrante, anche se brevissima, chc ci è stato dato leggere in queste interessanti pagine del Convegno romano, dovuta a Mario Didò della CGIL: .Le scelte di politica economica C sociale in Italia sono sempre più condizionate dal tipo in atto intese che si moltiplicano tra i gruppi oligopolistici impegnati in un processo di riorganizzazioile ~roduttiva la cui caratteristica è l'estendersi di un processo di concentrazione e la creazione d'imprese multinazionali. [...l Mentre i centri decisionali, sia per quanto riguarda le aziende, sia per quanto riguarda la politica economica, tendono a sfuggire ad un controllo nazionale, a livello comunitario e dei singoli paesi viene sostenuta una politica d'esaltazione del profitto e della logica di illei-cato, che contrasta nettamente con l'esigenza di una programmazione democratica basata sul controllo degli investimenti e del movimento dei capitali. I1 risultato è l'esasperazione degli squilibri, sia a livello mondiale, a sfavore del Terzo Mondo, sia all'interno della CEE e dei singoli paesi. La poliiica sociale è subordinata alle esigenze d'un meccanismo di sviluppo dominato dai gruppi oligopolistici e finanziari, anziché essere la condizione dello sviluppo. I1 movimento sindacale europeo è impotcntc di fronte a questi fenomeni, perché è diviso dal nazionalismo e dall'ideologia. I1 rilancio dell'azione sindacale su posizioni di classe esige il rinnovamento della linea strategica e delle strutture del sindacalismo europeo », tanto più che l'isolamento della nostra lotta e dei suoi contenuti portcrcbbc, a luiigo termine, alla vanificazione dei nostri sforzi per la soluzione nazionale dei nostri problemi n. Parrebbero qui poste tutte le premesse per quella « metànoia », per quel totale cambiamento di fronte che si diceva: e invece COMUNI D'EUROPA maggio 1974 21 ~~~~~~~~ anche Didò non esce dalle rivendicazioni di settore, e la sua massima ambizione resta, come risulta dalle sue prime parole - e come già avevamo visto dal documento conclusivo - quella di « dare una dimensione comunitaria alla iniziativa rivendicativa dei sindacati italiani ., ossia, come è confermato dal seguito della sua relazione, quello di elaborare « u n a linea e contenuti alternativi per una nuova società europea ». I1 salto qualitativo da questi contenuti all'ambizione di riplasmare gli stessi organi europei, e la loro struttura politica, che tali contenuti dovranno definire a livello continentale, non c'è, e non fa neppur capolino, in tutti questi dibattiti, il cui vero scopo è stato riassunto efficacemente - ed, ahi, quanto pedestremente - da Baldassarre Armando, della CISL, quando ha detto che l'obiettivo dei sindacati è « addizionare al livello europeo il loro potere contrattuale nazionale »: quasi che non fosse proprio l'assenza di un potere statale e democraticamente legittimato a livello europeo a vanificare anche quel poco che i Sindacati riescono a raggiungere sul piano interno. 7. - In conclusione in due soli interventi, oltre a quello di Didò, abbiamo trovato spunti che, s e opportunamente sviluppati (il che purtroppo non è avvenuto) avrebbero potuto costituire una piattaforma valida da cui prender le mosse per quel radicale cambiamento di prospettiva e di strategia sindacale sopra più volte postulato. L'uno è stato il discorso di Aldo Bonaccini, anch'egli della CGIL, il quale ha affermato che l'azione europea dei Sindacati non deve essere una funzione di sostegno delle attuali strutture comunitarie, m a deve avere « propositi profondamente innovatori D. E' di qui che si dovrebbe partire - ed è qui, invece, che ci si ferma. L'altro è stato il discorso di Fabrizia Badue1 Glorioso, della CISL, la quale ha affermato - toccando un punto particolare, ma che potrebbe esser suscettibile di spunti generali di grande importanza - che la strategia delle società multinazionali, capaci di operare « a l di fuori di ogni quadro istituzionale e di ogni dialettica contrattuale [...l rende superate le dimensioni attuali del potere di lotta sindacale (11). Ora tali « dimensioni » non sono casuali, m a sono connesse al11esisten7a di uno stato. La creazione di uno stato europeo è dunque, in ultima istanza, la condizione istituzionale non eludibile perché esista un sindacato che abbia dimensioni continentali: le sole valide ed efficienti per combattere la strategia, anch'essa continentale, del grande capitale. Ma finché tale conclusione - pur così manifestamente implicita in quelle considerazioni - non viene tratta; e finché, soprattutto, non diventa operativa, traducendosi in un progetto d'azione e in una strategia europea - e nulla lascia supporre che ciò in un prossimo futuro possa accadere -, fino a d allora le nostre riserve, il nostro scetticismo, il nostro giudizio radicalmente negativo su un'evoluzione che non c'è, se non forse in qualche parola, non potranno restare se non quelli di dieci anni addietro. Valga a confermarlo il fatto che se, a parte questi spunti, si vuol trovare, nell'ambito di pubblicazioni, di convegni o di dibat)> (11) Per una trattazione sistematica e oarticolarmente approfondita del problema delle multinazionali, condotta da un punto di vista rigorosamente federalista, si veda il saggio di L. Levi e altri 11 movimento dei lavoratori i t ~ Eirropa e le società mt~lti~tazionali, o Comuni d'Eliropa », gennaio 1974. - p titi sindacali, un approfondimento in chiave europea di un tema pur così capitale, occorre cercarlo in interventi di « non addetti ai lavori », e fra quelli meno vicini alla sinistra ufficiale e canonica: come la relazione di un professore di economia democristiano Siro Lombardini - al ricordato Convegno I lavoratori e l'Europa, il quale, trattando il tema Quale integrazione?, ha detto, insistendo sul carattere prioritario di una effet. tiva unità politica, e in conseguenza economica, delllEuropa, e quindi di « u n a certa omogeneizzazione nelle possibilità di sviluppo economico delle varie regioni D, come condizione « necessaria per rafforzare il Sindacato a livello europeo' »: « Vi sono delle aree molto deboli, dove i grossi =ruppi europei possono insediare nuove attività produttive e i movimenti sindacali di alcuni paesi possono essere facilmente ricattati: quelle imprese possono minacciare di spostare le nuove iniziative verso i paesi dove, essendo le condizioni più arretrate, anche i lavoratori sono propensi ad accettare certe condizioni salariali, certe condizioni di lavoro. Se poi i sindacati mantengono, malgrado la relativa depressione economica, una certa forza, è più facile in questi paesi instaurare regimi neo-fascisti. Lo sviluppo rapidissimo, che si è avuto recentemente, degli investimenti in Grecia è un sintomo chiaro di questa possibile evoluzione. La quale, osservian~o,non solo indebolisce il sindacato - e lo indebolisce a livello europeo ma crea anche delle situazioni di instabilità. Le condizioni favorevoli all'insediamcnto di attività industriali in certe regioni infatti oggi esistono e domani possono non esistere. Quindi investimenti che oggi appaiono giustificati, domani possono apparire meno giustificati » (economicamente, o anche solo politicamente). I...] Noi possiamo valutare meglio l'interesse dei lavoratori al processo di unificazione europea in negativo, esaminando cioè che cosa si verificherebbe per il mondo del lavoro, se questo processo di integrazione europea dovesse fallire. Si verificherebbe nel liingo periodo un - L'agricoltura comunitaria a Casale Monferrato Proinosso dalla Federazione regionale piemontese delllAICCE e dall'Amnzinistrazione comunale di Casale Monferrato, si è tenuto in questa città, il 23 marzo, u n Convegno su « I Fondi e le iniziative europee per l'Agricoltura n. Al Convegno Izanno partecipato numerosi amininistratori locali piemoiztesi, rappresentanti della Federazione regionale, docenti universitari ed esperti, rappresentanti delle categorie agricole e parlamentari locali. Nelle foto: al tavolo della presidenza, da sinistra, il sindaco di Casale Monferrato Pier Enrico Motta, il prof. Aurelio Dozio, il sen. Giovanni Boano, m e m b r o del Parlamento Europeo e l'avv. Gzanfranco Martinz; (a destra) parla il szndaco Motta, seduti: l'assessore all'agricoltura di Casale Luigi Tartara e il sindaco di Pranzo110 Eugenzo Maccari, vicepreszdente della Federazione stessa. maggio 1974 COMUNI D'EUROPA indebolimento dei sindacati nei Paesi ad alto sviluppo industriale, proprio per la presenza di paesi sottosviluppati, dove è possibile collocare nuove iniziative produttive. Si prospetterebbe una posizione marginale, anche se ancora autonoma, di certe cconomie, come l'economia tedesca e l'economia francese; e per altre economie la sola alternativa che si offrirebbe sarebbe una posizione subordinata. Si vcrrebbe in tal modo a realizzare - anzi ad accentuare perché le premesse già sussistono, purtroppo - un processo di colonizzazione, per cui alcune attività di ri. cerca ed alcune attività produttive ad alto livello tecnologico verrebbero concentrate in alcuni paesi, mentre le altre attività produttive sarebbero dirottate verso altri paesi ». (pp. 21-22) (12). Si mettano a confronto queste lucide tesi con le affermazioni confusionarie fatte, in quello stesso dibattito, da un Silvano Levrero, che p u r proviene dal Centro Studi della CGIL, secondo il quale non vale proporci il nuovo mito della sovrannazionalità » (pagina 57): e non si potrà non condividere il malinconico rilievo che sopra abbiamo espresso. 8. - Basta del resto prendere in considerazione i documenti ufficiali dei no'stri sin(12) Esiste un'abbondante letteratura. e molta di primissima qualità, sulle multinazionali, ed essa tende a porre in luce i fatti seguenti: I ) il fenomeno è in sé positivo, e corrisponde in ogni caso a uno sviluppo dci rapporti di produzione e dell'economia internazionale che è impossibile arrestare se non si vuol tornare a forme deprecabili di autarchia; 2) tuttavia. in assenza di un potere politico internazionale che le controlli, le multinazionali possono esser causa di gravi disordini, specie monetari, 3) e soprattutto minare la sovranità degli stati, 4) mentre anche i sindacati sono singolarmente impotenti di fronte ad esse, giacché riescono molto meno di quclle a internazionalizzare e coordinare la loro strategia. 5) Un'altra buona letteratura mette in luce come un rimedio, almeno parziale, potrebbe esser, nell'ambito della CEE, la formazionc di società europee. Ma nessuna delle opere che abbiamo potuto esaminare, e che fra poco citeremo - e nemmeno quellc dovute a sindacalisti - riescono a rendcrsi conto che per avere una strategia coordinata dei sindacati o dei poteri pubblici, vòlta a recuperare la sovranità statale. a controllare l'attività economica come i guasti monetari e a contrapporre ad essc una stradelle multi~~azionali tegia dei lavoratori occorre un potere politico continentale, e che questo potere o è uno stato federale o non è adeguato a quel compito, difctto a cui non sfugge nemmeno la comunicazione assai deludente dclla Commissione delle Comunità Europee, Le imprese multinazioriali e la Comunità ( a Bollettino delle Comunità Europee D , Suppl. 15/73). Il problema - dice uno studioso americario della materia, il Tugcndhat - ricorda quello del conflitto dei secoli passati fra Stato e Chiesa: minacciati nella loro sovranità, principi e imperatori dovettero, o foggiarsi una religione nazionale, o venire a patti col Papato, attraverso i concordati. E ' un paragone - la spada e il pastorale - a cui era già ricorso Silvio Trcntin, mcttendo in guardia contro il pericolo che tutto il potere politico e tutto il potere economico fossero riuniti nelle stesse maiii: c se il dilcmma stesse davvero nei termini indicati dal Tugendhat, non si potrebbe sfuggire alla conseguenza, anch'essa dilemmatica: o l'autarchia o una sovranità solo di nome. Ma in rcaltà è possibile immaginare una terza soluzioiie - quella liberale, per restare al paragone - e cioè la formazione di uno stato avente le stesse dimensioni o almeno le stesse proporzioni di quelle imprese, e perciò capace, secoiido i casi, di controllarle o di nazionalizzarle, senza con ciò né abdicare ai propri compiti né cadere iii un cesaro-papisnio n che assorba tutta l'attività ecoiiomica: secondo una << terza via. che è quella del socialismo decentrato e dal volto umano disegnato più di trent'anni fa da Adriano Olivetti, e tuttora validissimo. Ecco dunque alcune delle opere più importanti che ci C stato dato di leggere sull'argomerito: a ) da parte americana: J. N. Behrman, Nationnl Interest and the hfirltiiiational Enterprise. Tensions among the North Atlaritic Countries, Englewood Cliffs, Prentice Hall, 1970; The International Corporation: A Symposium Ed. by Ch. P. Kindlberger, Cambridge (Mass.), The M.I.T. Press, 1970; The Mu1ti)lational Corporation iii the World Economy, Ed. by S.E. Rolfe and W. Damm, New York, Prager, 1970; R. Vernon, Sovereignty at Bay. The Multinational Spread of U.S. Eiiferprises, New York-London, Basic Books, 1971; Chr. Tugendhat, The hfi~ltinationals, New York, 1972; United Nations, Multinational Corporations in World Development, Ncw York, 1973; St. Hymer, Le imprese multinazionali (tr. it.), Torino, Einaudi, 1974; b) da parte europea: M. Z. Brooke e H. L. Remmers, The Strategy of Multinational Eriterprises, London, Longmans, 1970 (tr. fr. Paris, Sirey, 1973); R. Hellmann, Weltunternehmen n u r amcrikariisch? Baden-Baden, Nomos, 1970 (tr. it.: Europa e America: gl'investimenti interna;iona,li. Per una politica europea verso le im- dacati, o sfogliare le loro riviste, per vedere fino a che punto ogni preoccupazione sovrannazionale - alla barba del profondo ammonimento di Kuby - esca dal loro orizzonte e praticamente, nella loro prospettiva, non esista. Oggi, come per il figlio1 prodigo, si guarda prese multinazionali, Milano, Franco Angeli, 1973 [una politica che è solo nel titolo]); L. Turner, Invisible Empires, Afultiiiarioi~al Companies and the Modern World, London. Haniisch Hamilton. 1970: W. A. P. Manser, The Financic~lRole of Multiriarional Enterprises, London, Cassel, 1973 (specie la conclusione); D. Robinson, Iricornes Policy and Capita1 Sharing in Eilrope, London, Croom Helm, 1973 (specie il cap. 6: N Ti-ade Uilions and Multinational Companies D); A. Sampson, The Sovereign State. The Secret History o/ I.T.T., London, Hodder rtnd Stoughton, 1973; Fr. W. Frohlich, M~iltinationale Unteri~ehmen. Entstclzirng, Orgatnisation ~ i n dMana,oement. Baden-Baden, Nomos, 1974 (con ricca bibliografia); Le Monde Diplomatique n , maggio 1974 ipag. 8). Segnaliamo anche due numeri speciali di riviste interamente dedicati al problema: Les nouvelles strritegies iricli~striellesen Enropc, << Vie et Scicnce Economiques m, settembre 1969 e L'eriirrprise .kfultinationalr, Revue Economique D, luglio 1972, nonché vari articoli di notevole interesse rispettivamente in « Analyse et Prévision D, novembre 1972; W The World Today n, novembre 1972; << Dialoguc a, 1972 n . 3; L'Europa D, settembre 1973 e 15-31 marzo 1974; cc Monde Diplomatique », maggio 1974; e ) da parte di autori sindacalisti: Ch. Levinson. Capital, Inflation aiid the Multinationals, London, Allen and Unwin, 1971; dello stesso, Les syndicats face ou d i l i inultinatiorial, s Preuves n, 1972, n. 9 ( = Problcmcs Economiques >>, 12 aprilc 1972 = « Ulisse dicenibr-e 1972); W. Braun, Les travailler~rs face aux cartels, n hlonde d u Travail Libre D, marzo 1972; Two Papers on M~iltinationals, Socialist Affairs n , genii: febbr. 1973; W. Spickler, Mozlichkeiten des Arbeitnrhmereinflusses in Multinatiofialen Unternehmen, Gewerkschaftliche Monatshefte n, febbraio 1973 (nonché ., con attenzione particolare all'accresciuto, e diverso, interesse europeo che si crede poter ravvisare nell'azione dei comunisti e dei loro affiliati sindacali. Ma se si considera ad esempio - per limitarci a documenti p i ì ~ recenti - la mozione conclusiva dell'VIII Congresso della CGIL (Bari, 2-7 luglio 1973) - quale la si può leggere in ((Rassegna Sindacale » del 15 luglio di tale anno - si vedrà non solo che l'idea europea è collocata in posizione, ancora una volta, marginale e di nessun rilievo - un po' come la lotta per il Vietnam (o, se il Congresso si fosse svolto qualche mese dopo, per il Cile), lotta di cui pure è menzione in quel testo, ma che fa parte, ovviamente, del « contorno », e non del nocciolo politico e strategico di esso -; ma che, se possibile, essa resta ancora al di qua del ((Documento ,) sopra H. Perlmutter, Naziorii, Sindaca~ti e societlf >izr<ltinazioizali, N Futuribili n, dicembre 1970); d ) studi per una società europea: H. Aszkenazy, Les grarideb societés européennes, Bruxelles, Centre de Recherches et d'Information Socio-Politiques, 1971; Chr. Layton, Cross-frontier Mergers in Europe. How Cari Governineizts Help? Bath Univ. Press, 1971 (si veda anche dello stesso, Investimenti attraverso l'Atlantico, tr. it., Bologna e I1 Mulino D, 1967); H. van der Groeben e altri, E u r o p ~ i s c h e Aktiongesellschu~t,Beitrag zur sozialein Integi,a,tiori?, Bonn, Europa-Union, 1972; J. Boucourechliev, Pour une s.a.r.1. eziropéenrie, Paris, P.U.F., 1973. (Ma come i sindacalisti non vedono che premessa a una loro strategia europea è uno stato europeo, così questi autori non comprcndono che la stessa premessa è necessaria per istituire. come contro-altare alle multinazionali d'oltre atlantico, multinazionali continentali: tipico, in tal senso, l'articolo di C. M. Milcs, in a Intei-. national Affairs n dell'aprile 1969). COMUNI D'EUROPA maggio 1974 Roberto Michels aveva dimostrato più di quarant'anni fa come, proprio per l'effetto decisivo di questa ragion di partito » non ci siano, appunto nei partiti politici, rapporti se non vaghi fra l'ideologia e la strategia. Lo stesso discorso vale per le forze sindacali, e le sinistre in genere, la cui « nazionalizzazione si è realizzata e si va realizzando in modo sempre più pieno, e nelle qual~i pertanto l'internazionalismo resta, appunto, almeno in larga misura, una innocua impalcatura ideologica, che trova qualche espressione in incontri di vertice delle varie organizzazioni, m a che non diventa mai né fatto di base né scelta strategica. E d è questo che né Levti né Pistone mostrano di aver davvero capito, e tanto meno di averne tratto le conseguenze che si impongono. commentato del 1971: nessuna allusione essendo stata fatta a Bari, in quella mozione conclusiva, alla pur blanda democratizzazione, che si richiedeva due anni prima, degli organi comunitari (evidentemente accettata allora assai più per accogliere tesi degli altri due sindacati, e in particolare della UIL, che per intima convinzione); e tutto limitandosi a chiedere sia, genericamente, un <C coordinamento delle politiche sindacali in Europa D, sia, come nel 1971 - e sempre genericamente - politiche europee comuni più in armonia con gl'interessi dei lavoratori e « coerenti con gl'indirizzi riformatori conquistati al livello nazionale D. Frase, quest'ultima, assai significativa per rivelare fino a che punto alligni ancora l'illusione che nell'ambito nazionale si possa K far da sé 2, e che l'Europa venga solo dopo, come appendice, conseguenza e riflesso, che dovrà allinearsi a scelte autonome prese nel campo del proprio stato. 10. - Per la verità Levi coglie perfettamente tale aspetto - capitale - della questione, quando scrive: 9. - La verità è che, non diversamente dalle forze politiche e dai partiti, i sindacati accettano solo a malincuore e occasionalmente la dimensione europea, di cui preferiscono di disinteressarsi in tutti i momenti seri della loro attività e della definizione di una strategia propria, concentrandosi in tali casi sulla dimensione nazionale che è unicamente quella congeniale e coerente alla loro struttura organizzativa: dimensione nazionale la quale soltanto, anche per essi, risponde alla loro profonda cc ragion di stato D, alla loro possibilità di svolgere un ruolo, una politica, un'influenza, insomma di esercitare un potere. Le internazionali dei sindacati e dei partiti non sono in grado di schierare le masse dietro le proprie decisioni, perché non sono assemblee democratiche capaci di stabilire la linea politica internazionale del movimento dei lavoratori. Non sono altro che conferenze di dirigenti con il compito di difendere gli interessi nazionali del proprio partito o del proprio sindacato in un mondo di nazioni antagonistiche. E i dirigenti che, in noine dell'internazionalismo, non difendessero gli interessi nazionali dei lavoratori che rappresentano finirebbero con l'essere rimossi dal loro posto. Mancando così le condizioni istituzionali che permettono ai lavoratori di esprimersi in modo unitario a livello internazionale, la divisione tende a prevalere s~ill'unità e la solidarietà nazionale su quella internazionale. [...l Da quando hanno cessato di essere esclusi dallo Stato e i loro diritti sono stati, almeno in parte, riconosciuti, i lavoratori hanno acq~iisitoun diretto interesse alla potenza della propria nazione a. Ma anch'egli, dimenticando il Michels, mostra poi di ritenere che le organizzazioni sindacali esistenti possano accedere alle tesi federaliste e persuadersi d i quanto queste affermano: e cioè che non si può realizzare l'unificazione organizzativa dei lavoratori se non nel quadro di uno Stato, cioè dove c'è la possibilità di organizzare e di mobilitare i lavoratori, in quanto nucleo fondamentale della popolazione, nella lotta politica e sindacale. [...I Senza queste premesse di carattere istituzionale a livello europeo, il movimento dei lavoratori rimarrà in una posizione subalterna e le grandi scelte continueranno a compierle i governi e i padroni D. Ciò è indubbiamente vero: ma senza una forza ab extra che li stimoli e li costringa ( e i movimenti federalisti sono ormai una caricatura di tale forza) è vano sperare che i sindacati operai si lascino, più di quelli padronali, o dei partiti politici, convincere p e r la sola forza della logica ad abbandonare le loro posizioni di potere nazionale: e su questo punto - che è, ripeto, capitale - neppure Levi riesce, più di Pistone nonostante tutta la loro filosofia - a vedere con chiarezza « l'anello che non tiene », direbbe Montale, dell'intera questione, che Machiavelli esprimeva affermando che in politica occorre saper cc forzare D, e che « i profeti disarmati ruinorno ». I vostri non appreser ben quell'arte, verrebbe voglia di dire ai due pur agguerriti federalisti albertiniani. (conttnzta) COMUNI S m A M m m D'EUROPA Organo de1l'A.I.C.C.E. ANNO XXII - N. 5 - Maggio 1974 SOCIETAARTISTICA MARMI a r. I. Direttore resp.: UMBERTO SERAFINI Redattore capo: EDMONDO PAOLINI DIREZIONE, REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE Amministrazione: Corso Mazzini, 54 Laboratorio: Viale FA ENZA - Tel. Marconl, 21.4.08 9 (Rovenno) a Lavorazione pregiata di marmi e pietre Specializzata in caminetti, balaustre, altari Piazza di Trevi, 86 - Roma - tel. Indir. telegrafico: Comuneuropa I D I - Roma Abbonamento annuo L. 2.500 - Abbonamento annuo estero L. 3.000 - Abbonamento annuo per Enti L. 10.000 - Una copia L. 250 (arretrata L. 500) - Abbonamento sostenitore L. 150.000 - Abbonamento benemerito L. 300.000. I versai?zenti debbono essere effettziati sul C / C postale n. 1133749 inte.stato a: Comuni d'Europa, periodico mensile Piazza di Trevi, 86 - Ronia D (specificando la causale del dersamento), oppure a mezzo assegno circolare - non trasferibile - intestato a « Comuni d'Europa D. 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