llaa RReeppuubbbblliiccaa DIARIO GIOVEDÌ 28 GIUGNO 2012 DI REPUBBLICA ■ 36 La partita di stasera e il vertice di Bruxelles ripropongono un confronto che si basa su profonde radici storiche, politiche, culturali e artistiche ITALIA-GERMANIA Il lungo duello tra due Paesi dal calcio all’Europa LUCIO CARACCIOLO LIBRI GÜNTER GRASS Da una Germania all’altra Einaudi 2012 HOSEA JAFFE Germania. Verso il nuovo ordine mondiale Jaca Book 2012 ERNST H. KANTOROWICZ La Germania segreta Marietti 2012 H.MARCUSE F.NEUMANN O.KIRCHHEIMER Il nemico tedesco il Mulino 2012 VERONICA DE ROMANIS Il metodo Merkel Marsilio 2009 E.PFÖSTL K.RÖRIG W.STAUDACHER (a cura di) Amici stranieri? Rubbettino 2009 SVEN REICHARDT Camicie nere, camicie brune il Mulino 2009 ARNALDO DI BENEDETTO Fra Germania e Italia Olschki 2008 G.ENRICO RUSCONI Germania Italia Europa Einaudi 2003 tasera si rigioca ItaliaGermania. Per noi sarà sempre sinonimo di 43: la “partita del secolo” che il 17 giugno 1970 promosse il tricolore repubblicano a stendardo nazionalpopolare, agitato da folle in ebbrezza. Subito dopo s’inaugura a Bruxelles l’ennesimo “decisivo” vertice europeo. Monti, Merkel e colleghi sono chiamati a tirar fuori dal cilindro un coniglio che sanno non esserci o a esibirsi in altri esercizi di illusionismo, nella speranza di commuovere i mercati. In tanta convulsione si sprecano i paralleli fra calcio e politica. Prima della crisi era un simpatico parallelo, solo un po’ bolso. Non ci stupiremmo se stavolta le allegorie politico-sportive finissero per suscitare esibizioni para-razziste, eccitate dai veleni della paura e della diffidenza reciproca. Quasi che, in materia, italiani e tedeschi non avessimo già dato il peggio di noi. Italia e Germania sono due caratteri prima che due paesi. Nella storia del calcio esprimono due opposte idee di gioco. Fantasioso e agile quello nostrano, votato a chiudere gli spazi dietro e ad aprirli davanti per i contropiede. Metodico e muscolare il tedesco, un rullo compressore destinato a travolgere la Maginot italiana. Sicché i nostri eroi nelle sfide con i “panzer” sono stati gli stopper da trincea – il mitico Rosato nel '70, Gentile nell'82, Cannavaro nel 2006 – adibiti al lavoro sporco, nobilitato dalle invenzioni dei Rivera, dei Conti o dei Totti. Sul fronte opposto, nessuno come “Kaiser” Franz Beckenbauer che braccio al collo guida l’assalto al fortino di Albertosi, nel delirio dell'Azteca, rende il modo germanico di affrontare i “furbetti” nostrani. I due storici modelli di calcio corrispondevano alle reciproche percezioni dell’altrui “carattere nazionale”, a lungo soffocate sotto la cortina del politicamente corretto. Crollato il Muro di Berlino sono crollate anche le barriere psicologiche che frenavano le nostre pulsioni meno commendevoli. Quelle che vedono nell’opposizione all’altro – tedesco o italiano – la migliore definizione di sé. Esemplare la vicenda dell’euro. Quando si trattò di vararlo, i tedeschi che avrebbero preferito tenersi il marco (erano la maggioranza, sicché non vennero interpellati) spiegavano di non voler condividere la moneta con noi mediterranei. Ci avevano quasi convinto ad aspettare il nostro turno, che forse non sarebbe mai S Stendardo Il match del 1970 ha trasformato il tricolore in stendardo nazional-popolare agitato con ebbrezza Antropologie La crisi della moneta unica ha rispolverato antiche antropologie sui diversi caratteri e anche parecchi luoghi comuni L’ILLUSTRAZIONE A sinistra, un opuscolo turistico sulla Germania come meta di viaggio datato 1928 arrivato. Solo in extremis, quando il premier spagnolo Aznár comunicò a Prodi che la Spagna sarebbe entrata subito nell’euro, con o senza di noi, scatenammo lo sprint per non farci staccare dall’Europa “germanica”. I tedeschi se la sono legata al dito. Di recente, lo Spiegel è uscito con una documentata inchiesta sull’“Operazione Autoinganno”. Documenti del 1994-98 dimostrano che “non si sarebbe SILLABARIO ITALIA-GERMANIA mai dovuta ammettere l'Italia nell'unione monetaria”. Eppure Kohl cedette, malgrado i nostri conti non tornassero, per “considerazioni politiche”. Aprendo così la strada, due anni dopo, alla ben più azzardata transustanziazione della dracma in euro. Morale: secondo l’esimio settimanale tedesco siamo noi italiani che abbiamo spalancato la porta ad Atene – la madre dell’eurodisastro. FEDERICO CHABOD talia e Germania, dunque, terre classiche, nella prima metà del secolo scorso, dell’idea di nazionalità. E nell’una come nell’altra nazione, identici pure risuonavano gli appelli al proprio passato, alla storia, come quella che, dimostrando la presenza secolare e gloriosa di una nazione italiana (o tedesca) in ogni campo, essenzialmente in quello della cultura, arte e pensiero, legittimava le aspirazioni a che questa presenza si concretasse anche nel campo politico; a che cioè la nazione, da fatto puramente linguistico-culturale, si tramutasse in fatto politico, divenendo “Stato”. Trasformare la nazione culturale in nazione territoriale: ma proprio i titoli culturali servono da documenti giustificativi per il sorgere, anche, della seconda. Di qui l’appello alla storia passata, che continua, dunque, l’atteggiamento degli scrittori del ’700, ma con un finalismo politico che a quelli mancava. I Ora che la crisi dell’euro approssima lo zenit, scopriamo che è anche una crisi di nervi. Nella vasta famiglia europea volano gli stracci. Si rispolverano le teorie del “carattere nazionale”. Un’antropologia dalle nobili radici (Montesquieu) divide l’uomo del Nord, stimolato dal freddo all’attività e alla diligenza, da quello del Sud, fiaccato dalla calura. In tempi di emergenza, queste tesi già bislacche scadono ad armi polemiche di sapore razzista. Così Thilo Sarrazin, già membro (socialdemocratico) dell’esecutivo della Bundesbank, oggi autore di bestseller neonazionalisti, spiega che “riflessione progettuale e argomentazione razionale non sono gli impulsi tipici della società italiana”. Al contrario: “Quanto più nebuloso un paese e quanto più freddi e umidi gli inverni, tanto più meticolosa la politica finanziaria.” Eppure le Nazionali di Prandelli e Löw, a ben vedere, non si lasciano comprimere nei modelli antropologici e calcistici consolidati. I nostri hanno inflitto agli inglesi una lezione di calcio, gestendo sovranamente palla per tre quarti dell’incontro. Tutto sono fuorché astuti e lamentosi. Per confezionare un gol devono sprecarne una buona dozzina. Quanto ai tedeschi, Sarrazin e (molti) associati dovrebbero rabbrividire nel contare i colori della tavolozza multietnica, largamente meridionale, che distin- gue la Nazionale germanica fra tutte. E gli esperti segnalano nella tecnica e nella velocità dei suoi giovani, affiancati da vecchi volponi d’area all'italiana come Klose (quelli che mancano a noi), il marchio della Nationalmannschaft. Il calcio è più avanti della politica e del senso comune. In Germania, ad esempio, prolifera una letteratura di consumo su “come sopravvivere in una famiglia ita- LE IMMAGINI Sopra, una copertina della Domenica del Corriere del 1923 sulla partita ItaliaGermania finita 3 a 1; sotto, mappa d’Europa del Seicento Goethe Alberto Moravia Jürgen Habermas Dall’Italia ricca di forme ero ritornato nella Germania senza forme I tedeschi non sono come noialtri italiani, anarchici e indisciplinati Italia e Germania, rispetto a stati nazionali di prima generazione, furono nazioni “ritardate” Teoria della natura, 1897 La ciociara, 1957 Multiculturalismo, 1966 ■ 37 CITTÀ DEL MESSICO ’70 MADRID ’82 DORTMUND 2006 OGGI La semifinale ItaliaGermania del 17 giugno 1970 finisce 4 a 3. Gol di Boninsegna, Burgnich, Riva e Rivera Nella finale dei mondiali dell’11 luglio 1982 l’Italia batte la Germania 3 a 1, con gol di Rossi, Tardelli e Altobelli Il 4 luglio l’Italia si aggiudica con gol di Grosso e Del Piero la semifinale dei mondiali contro i tedeschi (2-0) Stasera la semifinale degli Europei ItaliaGermania: un confronto sportivo, ma anche simbolico e culturale Le tappe Da Goethe a Loewith, gli scambi tra le scuole di pensiero UNA RELAZIONE FILOSOFICA ROMANTICA E IDEALISTA MASSIMO CACCIARI er comprendere come un amore, una relazione, cioè, necessaria, sia fatta di tradimenti e fraintendimenti, di radicali incomprensioni e meschine gelosie, possa trascorrere da virginee tenerezze a implacabili odi, è a Germania e Italia che occorre pensare. La Germania è “in viaggio” verso l’Italia fin dal suo definirsi come grande nazione. È “in viaggio” verso di lei anche quando con violenza vi secede: il suo umanesimo e la sua Riforma formano un movimento inseparabile. Mai Roma attrae così implacabilmente come nei momenti in cui l’immenso peso della sua storia deve essere annichilito. Dal crogiolo di Umanesimo e Riforma nasce anche la stagione del grand tour. È solo l’immagine classica o neo-classica dell’arte antica, che tutta Europa apprende dalle pagine della Storia dell’arte nell’antichità di Winckelmann(1764)? Ma, ancor più, Germania è attratta dal paesaggio di Italia! Ne ama il clas- P mi, Germania! Le tradizioni della filosofia italiana esprimono la medesima esigenza, appartengono allo stesso destino che risuona nel tuo grande idealismo! Elimina Bruno e Vico, come puoi comprendere i tuoi Hegel? I momenti storici del sapere italico sono analoghi a quelli tedeschi: questo è l’“appello” della grande filosofia italiana dell’800 – dei Gioberti, degli Spaventa, dei De Sanctis. Poi irrompe Marx – e il primo a comprenderne la portata filosoficaè Gentile. Marx – il suo studio non ideologico, non messianico, ma neppure sociologico-economicistico – trova in Italia una patria d’adozione. Così come la comprensione dei nessi problematici, aporetici, ma vitali, che lo collegano agli altri protagonisti della critica radicale alla dialettica hegeliana: da Kierkegaard a Nietzsche. Non a caso il grande storico di questa drammatica vicenda del pensiero europeo ha a lungo, esule dalla Germania nazista, vissuto e lavorato in Giordano Bruno e Giambattista Vico sono fondamentali per poter comprendere Hegel. Marx, grazie anche a Gentile, trova da noi una patria d’adozione. E nel dopoguerra Heidegger riuscirà a lasciare un segno importante nel nostro dibattito periori ai tedeschi, ma culturalmente ed economicamente inferiori”; “un popolo allegro e spensierato di camerieri e gelatai è simpatico, perché non implica nessuna concorrenza. Gli esseri umani che popolano l'Arcadia stereotipata della letteratura tedesca sull'Italia sono magari amabili, ma da non prendere troppo sul serio: vivono come in un'eterna estate”. Tutto bene, finché non si ha in tasca la stessa Gli autori IL TESTO del Sillabario di Federico Chabod è tratto da L’idea di nazione (Laterza). L’ultimo libro di Massimo Cacciari è Doppio ritratto. San Francesco in Dante e Giotto (Adelphi). Lucio Caraccioloha pubblicato di recente America vs America. Perché gli Stati Uniti sono in guerra contro se stessi (Laterza). I Diari online TUTTI i numeri del “Diario” di Repubblica, comprensivi delle fotografie e dei testi completi, sono consultabili su Internet in formato pdf all’indirizzo web www.repubblica.it. I lettori potranno accedervi direttamente dalla homepage del sito, cliccando sul menù “Supplementi”. moneta. Da noi apparentemente usurpata in nome del (geo)politicamente corretto. Caduti i freni inibitori, anche noi italiani riscopriamo il “carattere tedesco”. Durante il fascismo, il regime tentò con scarso successo di rinnegare la germanofobia nazionale centrata sul binomio civiltà/barbarie, succhiata con il latte per lunghi secoli e alimentata dall’epica del Risorgimento. “Voglio sradicare dalla testa degli italiani questa sciocca paura che hanno dei tedeschi”, confessò una volta Mussolini – lui che davanti al detestato Hitler diventava una pecora. Dopo la guerra, nel clima di riconciliazione europea, dei tedeschi noi italiani preferivamo marcare i presunti tratti positivi affidabilità, precisione, puntualità. E quando battezzavamo “panzer” i loro calciatori e ne beffeggiavamo nei fumetti l’eccesso di disciplina (Sturmtruppen), non c’era malevolenza. Oggi l’accento cade sugli altrettanto presunti stigmi negativi – arroganza, fondamentalismo, egotismo. Chiunque perda, stasera, sarà tentato di rovesciare sul vincente una buona dose di contumelie tratte dal repertorio delle rispettive fobie storiche. Se non accadrà, come vivamente ci auguriamo, vorrà dire che l’Europa dei popoli è molto più matura, libera e lungimirante di quella dei suoi leader. Grazie al calcio. © RIPRODUZIONE RISERVATA sico immerso nella campagna, archi, acquedotti e templi a volte in armonia, a volte in lotta con la natura. Il sublime di marine, alpi, vulcani, la stupefacente fecondità della “madre terra” sopraffanno già nelle memorie goethiane (il cui primo, pionieristico viaggio, fino alla remota Sicilia, è del 1786) lo studio, attento, misurato, “scientifico”, delle vestigia del grande passato. I meravigliosi disegni che il grande architetto neoclassico Schinkel dedica al suo grand tour del 1804 rappresentano assai più il pathos del Wanderer, di quanto non documentino i templi di Girgenti o Segesta. L’amore germanico per Italia è romantico fin dall’inizio. In questa tonalità viene venerata l’arte del Rinascimento dalle “colonie artistiche” tedesche che si stabiliscono a Roma – dai contemporanei di Goethe come Hackert o Angelica Kaufmann, ai pittori della confraternita di San Luca, fino al “mito italiano” che impronta di sé tutta la pittura tedesca della seconda metà dell’Ottocento, da von Lenbach, a Marèes (quando finalmente saranno di nuovo visitabili i suoi affreschi alla stazione zoologica di Napoli?), fino al sommo Boecklin. Ma già in questo amore si palesa il più profondo fraintendimento. Il mito dell’accordo arte-natura impedisce di cogliere la forza tettonica originalissima dell’arte romana. Il tour di Germania si compie solo in Ellade. E ciò vale ancor più per le lettere e la filosofia. La latinitas rimane incompresa, o ridotta alla sola dimensione giuridico-politica. Questa incomprensione caratterizza tutta la filosofia tedesca, da Hegel a Heidegger. Quando “il gioco si fa serio”, quando di “origine” occorre parlare, Germania ama Grecia – e abbandona la fanciulla Italia. Ma con quale energia quest’ultima reagisce e cerca di richiamare a sé l’amante! Guarda- D. BROGELLI HAFER, C.GENGAROLI -BAUER Italiani e tedeschi Carocci 2011 F.GROTZ, S.BOLGHERINI (a cura di) La Germania di Angela Merkel il Mulino 2010 WOLFGANG SCHIVELBUSCH Tre New Deal Tropea 2008 U.BECK E.GRANDE Adozione liana”. Peccato non sia tradotta. Ci aiuterebbe a interpretare i vertici Monti-Merkel. A capire perché la cancelliera a un certo punto tagli corto e saluti per non perdersi la partita della sua Nazionale. Come ha osservato su Limes Birgit Schönau - giornalista di Die Zeit, brillante analista del Bel Paese e del calcio nostrano - “nella letteratura tedesca sull'Italia, gli italiani sono umanamente su- LIBRI Italia, Karl Loewith, edito da noi presso Einaudi, negli stessi anni ruggenti delle prime traduzioni di Adorno e di Benjamin. Ma gli scambi, le relazioni pericolose, continuano e si aggrovigliano. E Italia continua a “divorare” la filosofa Germania esaltandone i tratti non teoreticistici, quelli per cui pensare significa comprendere il proprio presente, nella molteplicità dei suoi linguaggi, e prendervi parte oltre ogni astratto formalismo. È essenzialmente per questa via che anche Heidegger verrà a farepoca nella cultura italiana. E lo stesso Husserl – che da noi sarà essenzialmente quello della Crisi delle scienze europee. Se la Germania del sistema, della enciclopedia delle scienze filosofiche, domina nel nostro Ottocento, è la Germania del pensiero critico, di un’ermeneutica drammatica della storia europea e della sua filosofia, giunta forse al compimento, che sembra informare di sé il pensiero italiano contemporaneo. Ma è, certo, un “amore” sempre meno corrisposto – se Bruno e Vico erano state anche “scoperte” tedesche, nessuno o quasi dei “nostri” di ’800 e ’900 è stato davvero “tradotto” in tedesco. E lo stesso Umanesimo – la cui importanza filosofica pure Hegel riconosceva – viene considerato sotto il profilo meramente estetico. Lo stereotipo di un’Italia retorica, capace, al più, di custodire malamente i propri musei, nasce anche da tali incomprensioni. Eppure, restiamo inseparabili. E le grandi tragedie che ci hanno diviso, altrettanto hanno reso insuperabile la nostra relazione. Che è simpatia nel senso più agonistico (a proposito anche del grande match che ci attende!): non poter fare a meno di soffrire insieme – di soffrire, magari, nel non soffrirci. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’Europa cosmopolita Carocci 2006 ALEXANDER J. DE GRAND L’Italia fascista e la Germania nazista il Mulino 2005 FABIO BARBIERI GermaniaItalia 4 a 0 Dalai 1996 BENEDETTO CROCE Storia d’Europa nel secolo XIX Adelphi 1993 P.CORNELIO TACITO Germania Mondadori 1991 SIMONE WEIL Sulla Germania totalitaria Adelphi 1990 ENZO COLLOTTI Storia delle due Germanie Einaudi 1971