La nomenclatura chimica: brevissima introduzione per principianti
Tu come ti chiami?
Io mi chiamo Sergio Palazzi.
Questa coppia nome-cognome serve a identificare me all'interno dell'ambiente in cui vivo e per le più
comuni relazioni sociali, però sappiamo che qualche volta non basta.
Dato che Sergio è un nome inequivocabilmente maschile, l'unica informazione verosimile che ci da' su di
me (secondo l'uso italiano moderno) è che io sono un maschio e che i miei antenati maschi si
chiamavano anche loro Palazzi... ma non possiamo sapere se lavorassero nell'edilizia!
In altre lingue, per specificare meglio di chi si parla esiste il patronimico (come Dmitri Ivanovich
Mendeleev, che significa che “Demetrio Mendeleev, figlio di Giovanni”), oppure il figlio porta il cognome
sia del padre sia della madre, eccetera.
Ma tutti questi identificativi di solito non sono sufficienti per riconoscere una ed una sola persona.
Ad esempio, a me piace chiamare ed essere chiamato per nome e non per cognome, anche se la cosa
rende la faccenda un po' più complicata: fino a quando un mio caro collega è andato in pensione, a
scuola eravamo due Sergio, entrambi insegnanti di chimica, entrambi con la barba, entrambi tecnici del
colore, che insegnavano nelle stesse classi alternandosi negli stessi laboratori...
Per riconoscermi come insegnante si usa integrare il mio cognome in “prof. Palazzi”, mentre sul biglietto
da visita professionale ci scrivo “dott. Palazzi”. Se però qualcuno vuole sapere se davvero sono laureato,
devo dargli altre informazioni: per esempio, presso una struttura che ha il nome “Università degli Studi
di Milano” io sono immatricolato come “223161”. Da quel numero progressivo si capisce che la mia
iscrizione è piuttosto vecchia, ma finché non si apre il fascicolo dove ci sono i miei documenti non
sappiamo ancora se alla laurea ci sono arrivato oppure no, e men che meno se sono dottore in chimica
o in lettere classiche: sono criteri di tipo non sistematico.
Proviamo qualche criterio più sistematico? Ognuno di noi, in Italia, è identificato da un riassunto di
nome, cognome, luogo e data di nascita che chiamiamo codice fiscale: PLZSRG60R14... sta a indicare
che un certo individuo maschio è nato in un certo comune, in un certo giorno. La cosa importante di
questo criterio è che segue le stesse regole matematiche per qualsiasi essere umano che abbia a che
fare con il fisco italiano, a differenza di un cognome o di un titolo di studio.
Ma capita che nello stesso giorno a Milano siano nati diversi Ambrogio Brambilla e a Napoli diversi
Gennaro Esposito, e con gli stranieri è peggio ancora: quindi sono necessarie ulteriori regole, e ancora
non si è trovato il sistema di eliminare ogni errore. Questo ci mostra come un sistema che era stato
studiato razionalmente può, in seguito, richiedere correzioni anche piuttosto importanti.
Se andiamo a rinnovare il passaporto, ora che partiamo in vacanza, questi indicatori, questa
nomenclatura non ci descrivono ancora in modo sufficiente: ci chiedono anche la fotografia, l'altezza, il
colore degli occhi, le impronte digitali, un domani (forse) il codice genetico...
E se quando sono partito mi volete contattare? Ancora altra nomenclatura, altri indicatori: usate una
sequenza di caratteri con in mezzo in simbolo @, o una di numeri che inizia con 333, o magari mettete
in un social network la sigla di antiche macchine fotografiche... quanti nomi abbiamo, realmente?
Vedete che in tutti i casi ho messo l'accento su due aspetti della nomenclatura: per prima cosa voglio
poter ricercare il mio soggetto in qualche catalogo dove è scritto chi è e che caratteristiche ha, e poi
magari poter supporre direttamente dal nome tali caratteristiche.
Nella chimica il criterio con cui si assegna un nome a qualcosa, cioè con cui si costruisce la
nomenclatura, è fondamentale come in pochi altri campi ed è stato approfondito come in nessun altro.
Inizialmente, si arrivava persino a credere di raggiungere il secondo risultato: che attribuendo un nome
si potesse non solo conoscere l'identità di qualcosa, ma anche riassumere il suo comportamento. Per
esempio, gas acido carbonico.
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Ben presto però si è capito che sarebbe un'impresa disperata che darebbe molti fastidi e nessun
vantaggio1. Le nomenclature di quel tipo sono quindi state abolite, anche se a volte ne spunta qualche
innocuo fossile rimasto nell'uso.
Insomma, per poter studiare la chimica è necessario imparare da subito alcuni di questi criteri di
nomenclatura, ma per fortuna non dobbiamo pretendere di conoscerli tutti alla perfezione (che non solo
è quasi impossibile, ma anche del tutto inutile).
In queste paginette traccio un po' della storia di questa faccenda e del punto dove siamo arrivati,
dopodiché mi fermo a quel minimo indispensabile di nomenclatura inorganica che serve a uno studente
del biennio per iniziare a farsi le ossa, senza rompersele inutilmente... il resto verrà.
Cominciamo dall'inizio?
Gli oggetti materiali che esistono hanno una enorme varietà; ognuno di essi sembra avere
caratteristiche più o meno distintive. Nel momento in cui lo studio di queste sostanze cominciò a
diventare ordinato, prima con gli studi di tipo alchemico, poi con il progressivo passaggio dall'alchimia
alla chimica moderna (parliamo grosso modo del periodo tra il 1650 e il 1800), gli studiosi si trovarono
nella necessità di ideare dei nomi che servissero a caratterizzare ognuna delle varie sostanze che, pian
piano, con i progressi della chimica analitica, venivano riconosciute come sostanze semplici o
elementari, come composti, come miscele, ecc.
Un salto notevole si è avuto alla fine del '700, soprattutto grazie a Lavoisier, il quale - fra l'altro - aveva
compilato un elenco di sostanze che potevano essere candidate al titolo di elementi (anche se Lavoisier
aveva già l'impressione che non tutti lo fossero veramente). Così si cominciò a sostituire i termini allora
in uso, che erano di grande fantasia2 - “fegato di zolfo”, “sublimato corrosivo”, “burro di antimonio”, … con altri che tenessero conto della composizione, cioè degli elementi presenti.
Per esempio: se in certe condizioni si sapeva che la calce, trattata con zolfo o suoi derivati, fornisce un
certo composto che si può purificare, isolare e studiare, esso secondo questo criterio veniva battezzato
calce solfata, o solfato di calce. Lo stesso valeva ad esempio per i composti contenti soda o potassa.
Quando poi si scoprì che calce, soda e potassa non sono sostanze semplici, ma composti con l'ossigeno
di elementi metallici, a quei metalli venne dato il nome di calcio, sodio, potassio, e nacquero i nomi a
cui oggi siamo abituati.
In quel periodo comparve anche una prima classificazione sistematica dei pochissimi composti allora
noti, generando le categorie degli ossidi acidi o basici, dei composti ternari o quaternari, eccetera.
Ben presto ci si accorse che erano classificazioni non scientificamente giustificate, arbitrarie e che
portavano solo ad inutile confusione (eppure, incredibilmente, ancora oggi si incontrano Libri di Testo
che si dilungano a spiegarle nei dettagli: come se conoscerle avesse qualche utilità pratica).
Se ci fate caso, solfato, carbonato, acetato sono i participi passati dei verbi solfare, carbonare, acetare,
nel senso appunto di “qualcosa che è stato trattato con zolfo, con carbone, con aceto”; esattamente
come dorato e argentato lo sono per dorare e argentare (in gioielleria, non in chimica).
Da quella costruzione grammaticale legata al “come si fa a preparare quella cosa”, nacque anche il
sistema dei prefissi e suffissi. A quella desinenza in -ato se ne affiancarono altre, tra cui quella in -uro
che oggi è rimasta nel nome di certi anioni (attenzione: in inglese diventa -ide: cianuro, cyanide!).
Ma entrare nei dettagli, qui, sarebbe fuorviante, perché le regole di oggi nell'uso di suffissi e prefissi
sono molto diverse: ad esempio, le desinenze in - ico, -oso, -ito o hanno significati diversi, o sono state
abolite, o rimangono solo nei nomi di alcune specie senza più nessuna relazione con l'origine.
Nel frattempo (siamo ancora nei primi decenni dell'800), venivano scoperti molti nuovi elementi, magari
1
2
Che un signore si chiami Michael Jordan non mi dice niente sul fatto che sia un campione di basket; se so che è di pelle scura e alto 2 m,
da qualche mio pregiudizio può venirmi un sospetto: ma se poi scoprissi che è un impiegato di banca sedentario? Anche nello studio della
chimica, informazioni confuse e non valutate criticamente portano a pregiudizi e spesso a gravi errori.
Per ulteriore curiosità potete dare un'occhiata a un breve ma efficace riassunto scritto da un grande insegnante di chimica, G. G. Guilizzoni,
interessante soprattutto per la tabella finale: http://www.itchiavari.org/chimica/materiali/antichi.pdf
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con dei conflitti di attribuzione: le scoperte di uno scienziato erano smentite da quelle di un altro e così
via, spesso nascevano litigi memorabili.
I nomi che venivano dati agli elementi avevano origine molto diversa (luoghi geografici, pianeti,
persone), ma in generale il nome aveva una avevano una “costruzione” di tipo classicheggiante, dal
suono latino o greco. Anche se la cosa non era sempre semplice.
Facciamo due esempi. Tre metalli noti e ampiamente usati dall'antichità erano ferro, rame e stagno; in
tutte le lingue europee evidentemente c'era da sempre un termine per indicarli: in tedesco sono eisen,
kupfer e zinn, in inglese iron, copper e tin, in francese fer, cuivre e étain.
In latino, possiamo andare tranquilli: ferrum, cuprum, stannum.3
Ma con gli elementi scoperti di recente, la cosa era meno ovvia. La sostanza presente in quantità
maggiore nell'aria va chiamata gas azotico (cioè che impedisce la vita) oppure principio nitrogeno
(perché presente nel salnitro, quella polverina bianca che affiora sulle pareti delle cantine)? francesi e
italiani di fine Settecento preferivano la prima versione, e oggi noi quell'elemento lo chiamiamo azoto.
Gli inglesi preferivano la seconda versione, il nome ufficiale (a metà tra latino e greco) è diventato
nitrogenum, e in inglese si dice nitrogen.
I tedeschi invece trovavano grottesco questo inventare dei neologismi in lingue del passato, per
denominare cose che gli antichi non conoscevano (e avevano delle buone ragioni... in fondo, proprio
dalla Germania era partito l'uso rivoluzionario di tradurre i testi sacri nelle lingue attuali). Così, se la
scuola francese-italiana inventava parole auliche, accademiche, come hydrogenum, oxygenum,
carbonium, che vogliono dire generatore di acqua, generatore di acidi, elemento del carbone, la scuola
tedesca, che preferiva parlare la lingua di tutti i giorni, le traduceva. Diventavano Wasserstoff,
Sauerstoff, Kohlenstoff (Stoff vuol dire “sostanza”). Presto però tutti si resero conto che, anziché
semplificarsi, la vita diventava ancora più complicata, e già verso la metà dell'800 si conveniva che la
forma latineggiante sarebbe stata adottata in tutte le lingue per tutti gli elementi scoperti da lì in poi.
Molto spesso ci furono attribuzioni di nomi in conflitto l'uno con l'altra (columbio o tantalio?), che a volte
sono rimaste nella differenza tra il nome comune e il simbolo usato per l'elemento. Fra tungsteno e
wolframio qualcuno ancora oggi ha dei dubbi. (risposta: nome, tungsteno; simbolo, W).
Per gli elementi non ritrovabili in natura e preparati sinteticamente, cioè quelli con numero atomico più
alto, la prassi da' il diritto di attribuirgli il nome a chi ne viene riconosciuto come “inventore”.
Ad oggi (luglio 2011) l'ultimo elemento che ha ricevuto un nome è il n. 112, copernicio, mentre
probabilmente i n. 114 e 116 si chiameranno flerovio e moscovio, dato che sono stati preparati dagli
scienziati russi del laboratorio di Dubna (da cui il n. 105 era già diventato dubnio).
Poi, oltre ai nomi, ci fa molto comodo identificare gli elementi con un simbolo. Inizialmente si usavano
delle specie di geroglifici che derivavano da quelli usati anticamente dagli alchimisti. Da lì viene anche
l'espressione formula chimica, che, fateci caso, ha un suono un po' stregonesco di formula magica.
Nei primi decenni dell'800 divenne regola diffusa e accettata quella di indicare gli elementi o le sostanze
con un “codice” formato da lettere dell'alfabeto; il simbolo dell'elemento diventò l'iniziale, o le iniziali,
del suo nome, come poi è successo per le sigle delle targhe automobilistiche tedesche (quelle italiane
sono sempre fatte di due lettere).
Esempio chimico-motoristico per ribadire il concetto.
Se la città tedesca più importante che inizia per N è Norimberga, la sua targa sarà
semplicemente N; a Neubrandenburg spetterà Nb, e a Nieburg Ni.
Così, i chimici hanno deciso di targare N l'azoto, e allora Nb starà per niobio e Ni per nichel.
Per giocare secondo le regole, in tutti gli sport, serve una commissione che le stabilisca e un arbitro che
ne controlli il rispetto. Anche nella comunicazione scientifica.
La necessità di un criterio nuovo, uniforme, sistematico per la nomenclatura chimica, a metà dell'800 si
3
A proposito: una volta questi nomi, essendo “propri”, venivano indicati con la maiuscola. Non dico che fosse sbagliato, ma oggi in quasi
tutte le lingue le maiuscole si tendono ad usare sempre meno, e per gli elementi la regola attuale è di scriverli in minuscolo.
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sentiva soprattutto per la chimica organica, dove si stava appena iniziando a capire come fossero fatte
le diverse sostanze, ma era invece già chiaro che ce ne fosse una quantità enorme.
Il criterio fu poi allargato anche alla chimica inorganica e a molti altri settori di ambito chimico.
I vari gruppi di studiosi internazionali si fusero nel 1919 dando origine alla International Union of Pure
and Applied Chemistry, IUPAC, che si occupa di stabilire tutte le regole di interesse per la chimica, ma
vista l'importanza dei nomi continua ad essere nota ai più proprio per la nomenclatura, su cui
periodicamente pubblica ed aggiorna dei manuali; ovviamente è collegata e coordinata alle altre
organizzazioni fra scienziati, coma la IUPAP per la fisica e il BIPM per la metrologia (la casa madre del
Sistema Internazionale - il SI è la regola scientifica fondamentale, ovviamente anche per i chimici).
Ma la IUPAC si occupa ancora oggi di nuove nomenclature?
Ma perchè nel 2011 ci devono essere centinaia di persone che nel mondo lavorano per decidere se
HgCl2 deve chiamarsi mercurio dicloruro, sublimato corrosivo o in qualunque altro modo? Che ragione
c'è di spendere soldi e fatica?
La ragione è che in realtà ogni giorno vengono scoperti, preparati, sintetizzati, analizzati, migliaia di
nuovi composti. In maggior parte sono organici, ma moltissimi anche inorganici o metallorganici.
Che nome potrebbero avere secondo voi due composti come i seguenti, presi a caso da riviste
scientifiche recenti?
(H2en)2{V(H2O)2[(V2O2)2(OH)2(HPO4)2(PO4)2]2}·4H2O
[(µ-GeCl2){W(CO)5}2]
Risposta: non lo so, e al momento non mi interessa perché non li sto studiando e probabilmente non mi
capiterà mai. Però, usando le regole IUPAC, lo potremmo costruire in modo sicuro.
Noi forse no, ma ci possono essere molte persone interessate a capire se, per esempio, quelle stesse
sostanze non siano mai state preparate e studiate prima, e che cosa eventualmente già sappiamo di
loro; se possono servire, ad esempio, come nuovi catalizzatori per la produzione di farmaci piuttosto
che come materiali magnetici per le memorie dei computer, vernici antigraffio per le lenti degli occhiali,
celle fotovoltaiche o chissà cos'altro.
E questo significa anche capire se somigliano a qualcosa di già noto, e quindi poter stabilire cosa
significa somigliare, dal punto di vista chimico. Le regole di nomenclatura possono servire anche a
richiamare queste somiglianze.
Ci sono quindi buone ragioni per cui non solo esistono diverse nomenclature IUPAC, che vengono
periodicamente riviste e modificate, ma che a fianco di queste esistano anche tantissimi modi per
rappresentare la struttura, cioè la disposizione degli atomi nello spazio uno rispetto all'altro.
Le nuove regole aggiuntive che devono servire a chiarire le difficoltà delle nuove sostanze studiate,
devono essere anche pienamente compatibili con le sostanze che conosciamo da secoli, ed è per questo
che dal 1959 al 1990 e poi al 2005 la nomenclatura IUPAC inorganica è sensibilmente cambiata e
alcune regole sono state semplicemente abolite. Esistono tre “schemi” principali di nomenclatura
(compositiva, additiva, sostitutiva), utili soprattutto con sostanze come quelle sopra indicate o altre
assai più complesse, più altri schemi semplificati che consentono, tra l'altro, di riprendere il nome
tradizionale per le specie più semplici e note da più tempo (circa un centinaio, più le loro combinazioni).
L'uso corretto facilita, ad esempio, la ricerca in una banca dati da parte di un computer; però, se
dovessimo cercare in questo modo una formula di struttura (che è un disegno) ci troveremmo in
difficoltà: così, per rappresentare con parole le strutture sono stati inventati ulteriori nuovi codici, che
sono a loro modo altre nomenclature: sempre IUPAC lavora anche al codice InChI, un modo di
identificare le sostanze in maniera sistematica descrivendone la struttura solo con stringhe di caratteri.
Ci sono quindi tanti nomi e codici, ognuno dei quali ha il proprio campo di impiego nella chimica.
Vi ho mostrato come esempi, a lezione, il numero del CAS, i codici europei EINECS - ECHA...
Quel che è importante è che tutti capiscano con certezza ciò di cui si parla!
E questo è uno dei principi che proprio la IUPAC indica chiaramente nei suoi documenti.
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Proviamo a riepilogare facendo un esempio, tanto per cambiare, dalla chimica organica?
Una sostanza che io chiamo vitamina C quando sono a casa, e acido L-ascorbico quando sono a scuola,
ha formula minima CH2O e formula bruta C6H8O6. La formula di struttura? cercatela!
Il suo nome IUPAC può essere (R)-3,4-diidrossi-5-((S)- 1,2-diidrossietil)furan-2(5H)-one; o, secondo
uno schema precedente, anche 2-osso-L-treo-esono-1,4-lattone-2,3-enediolo.
Ma per fare una ricerca in letteratura, chiedendo al computer di usare il linguaggio che preferisce, di
volta in volta scriveremo CAS 50-8-17, o EC 200-066-2, o - perchè no? - InChI=1/C6H8O6/c7-1-2(8)53(9)4(10)6(11)12-5/h2,5,7-10H,1H2/t2-,5+/m0/s1. Alla fine, l'importante è che sia vitamina C.
Ricapitolando e passando alla pratica.
- Non esiste una nomenclatura tradizionale e una nomenclatura IUPAC, ma molte; e non sono
necessariamente contrapposte, come invece sembra emergere dalla maggior parte dei Libri di Testo.
- Tutte le nomenclature, e quindi anche le IUPAC, vengono periodicamente modificate e integrate, non
perché sia importante cambiare il nome del potassio permanganato, ma perché solo applicando le
nuove regole a nuove sostanze capita di scoprire eventuali difetti delle vecchie regole.
- Molti nomi “tradizionali”, usati per le sostanze note da secoli, sono-veri-nomi-IUPAC-al-100-%.
- Sui Libri di Testo che circolano nella scuola italiana, e su molti siti web, quasi sempre sono riportate
vecchie versioni delle regole IUPAC, e quindi perderci del tempo significa faticare per imparare
qualcosa che forse ci poteva servire prima, ma adesso è superato e magari sbagliato.
- Su parecchi Libri di Testo e siti web, in compenso, capita di vedere elencate delle presunte regole
della nomenclatura tradizionale in cui si mescolano schemi spaiati, contraddittori, e che non ha senso
mettersi a studiare metodicamente perché derivano da abitudini ed epoche troppo diverse.
- Io suggerisco di usare sempre e solo la nomenclatura IUPAC nella versione semplificata, quella per la
quale Ca3(PO4)2 si chiama calcio fosfato ed H2SO4 acido solforico4.
Ai miei studenti, anche e soprattutto a quelli più inesperti, cerco sempre di mostrare che lo studio della
tecnica e della scienza non si basa sul “credere e dar retta” al prof o a libro (cioè, alla fine, a nessuno
dei due), ma nel poter verificare le informazioni, ogni volta che sia necessario, ripercorrendo tutto il
cammino che ha fatto un'idea o un dato, fino alla fonte originale. Quando saranno tecnici, o scienziati,
farà parte della loro capacità professionale! Certo, non è semplice, e non ha senso pensare di farlo ogni
giorno su ogni cosa; ma l'importante è capire che si può fare e come si può farlo.
Da quando ci sono le risorse web, è diventato semplice e comodo ricercare i testi originali, cioè la
regola d'arte che un chimico deve rispettare per ritenersi “istruito e beneducato”. Fra i tanti che mostro
nelle mie lezioni ne indico due, scaricabili interamente nella versione integrale5.
Principles of Chemical Nomenclature - a guide to IUPAC recommendations.
Porta le regole generali per tutte le versioni attuali di nomenclatura. È del 1997.
Lo trovate qui: http://old.iupac.org/publications/books/principles/principles_of_nomenclature.pdf.
Successivamente è uscita la nuova versione integralmente rivista del “Red Book”,
NOMENCLATURE OF INORGANIC CHEMISTRY - IUPAC Recommendations 2005
http://old.iupac.org/publications/books/rbook/Red_Book_2005.pdf
Messi insieme sono oltre 500 pagine... non perdeteci troppo tempo, cercate solo quel che vi serve (e se
vi serve), del resto con la ricerca automatica sul monitor si fa alla svelta.
Nelle prossime pagine metto il riassunto del riassunto di quei nomi di anioni e cationi che più spesso
incontriamo nella pratica anche a livello introduttivo, cioè il minimo indispensabile... con qualche spazio
vuoto per aggiungere i propri appunti.
4
5
Altro nome IUPAC? diidrossidodiossidozolfo (nomenclatura tipo “additivo”). NON “acido tetraossosolforico(VI)”.
Solo a titolo di curiosità segnalo che la IUPAC ha l'abitudine di chiamare i suoi manuali di nomenclatura con il nome dei colori. Per esempio,
è in corso la traduzione italiana del “green book”, terza edizione, Quantities, Units and Symbols in Physical Chemistry. La lingua ufficiale
della IUPAC è l'inglese, a differenza del BIPM che usa il francese e poi traduce in inglese.
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Alcuni anioni e cationi che incontriamo spesso in laboratorio e/o negli esercizi.
Solfato
SO42-
Litio
Li+
Idrogenosolfato
HSO4-
Sodio
Na+
Solfito
SO32-
Potassio
K+
Rubidio
Rb+
Cesio
Cs+
Magnesio
Mg2+
Solfuro
S2-
Idrogenosolfuro
HS-
Nitrato
NO3-
Calcio
Ca2+
Nitrito
NO2-
Stronzio
Sr2+
Bario
Ba2+
Alluminio
Al3+
Stagno
Sn2+
Piombo
Pb2+
ClO3-
Ammonio
NH4+
ClO4-
Ossonio
H3O+
Fluoruro
F-
Cloruro
Cl-
Bromuro
Br-
Ioduro
I-
Ipoclorito
Clorito
(idem per Br e I)
(idem per Br e I)
Clorato
(idem per Br e I)
Perclorato
(idem per Br e I)
Idrossido
ClOClO2-
(FU: idronio)
OHCromo
Cr3+
Fosfato
PO43-
Manganese
Mn2+
(Mono)idrogenofosfato
HPO42-
Ferro (II)
Fe2+
Diidrogenofosfato
H2PO4-
Ferro (III)
Carbonato
CO32-
Rame (I) (FU: rameoso)
Cu+
Idrogenocarbonato
HCO3-
Rame (II)
Cu2+
Acetato
CH3COO-
Ossalato
C2O42- opp. (COO)22-
Cromato
CrO42-
Dicromato
Cr2O72-
Permanganato
MnO4-
(FU: ferroso)
(FU: ferrico)
(FU: rameico)
Fe3+
Argento
Ag+
Zinco
Zn2+
Cadmio
Cd2+
Mercurio (II)
Hg2+
Attenzione: la maggior parte dei metalli forma cationi che possono avere cariche diverse, inclusi stagno, piombo, cromo e
manganese citati sopra. Gli ioni riportati qui sono solo quelli più comuni.
Vale l'indicazione riportata come esempio per rame e ferro: le desinenze -oso e -ico per i cationi sono state abbandonate.
S'intende che tutti questi nomi sono pienamente accettati dalla nomenclatura IUPAC (Red Book 2005)
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Che nome e che formula ha un semplice sale inorganico?
Premessa ovvia ma importante: qualsiasi sostanza che possiamo maneggiare e mettere in un barattolo,
deve avere complessivamente una carica elettrica nulla. Se no, lancerebbe fulmini!
(Per dirlo in maniera più elaborata, la quantità chimica di cariche positive in essa contenute deve essere
uguale alla quantità chimica di cariche negative.)
Con i composti covalenti formati da molecole distinte, ognuna delle quali neutra, la cosa che abbiamo
detto è banale; al limite, se non siamo sicuri, scriviamo le formule di Lewis e contiamo gli elettroni, la
cui somma deve essere pari a quelli che hanno i singoli atomi coinvolti. Quanto al nome, perché H2O si
chiami acqua e CH4 metano è semplicemente un dato di fatto storico, e continuiamo a chiamarli così6.
Le regole per i composti molecolari organici le vedrete in seguito, ma anche fra quelli i più comuni
mantengono i termini tradizionali.
Veniamo ai sali. Ricordo che oggi sale significa solo, come dice il Gold Book IUPAC:
Salt. A chemical compound consisting of an assembly of cations and anions.
Traducete voi. Ogni altra (vecchia) definizione è chimicamente, concettualmente sbagliata.
Nel caso più semplice, le specie chimiche che compongono un sale sono un solo catione ed un solo
anione. Nella formula si scrive prima il catione, poi l'anione; ognuno di essi avrà un pedice che,
banalmente, ci indica la corretta proporzione perché la carica totale risulti nulla. Una eccezione sono i
sali di anioni organici come l'acetato, dove c'è storicamente l'uso di scrivere prima l'anione e poi il
catione. Quindi:
NaCl
MgCl2
Fe2(SO4)2
CH3COONH4
Si leggono enne-a-ci-elle, emme-gi-ci-elle-due, effe-e-due-esse-o-quattro-(preso-due-volte), ci-acca-tre-ci-o-o-enne-acca-quattro.
Il nome, adesso? semplicemente catione ed anione, eventualmente con i prefissi di-, tri- etc quando è
necessario specificarli in caso di dubbio (mono- di solito si evita). La costruzione originale era alla latina,
cloruro di sodio, acetato d'ammonio. Nelle lingue neolatine si può usare. Però è preferibile usare quella
germanica, che ha il vantaggio pratico di ripetere in parole quello che è scritto in simboli nella formula:
sodio cloruro, ammonio acetato. Io di solito uso questa, scrivendo (e parlando, se non mi distraggo).
Per Fe2(SO4)2 la cosa è appena più laboriosa: se diciamo “ferro solfato” potrebbe essere anche FeSO4.
Versione banale: diferro trisolfato.
Possibilità ulteriori, ferro(III) solfato, o ferro (3+) solfato (il dubbio è sulla carica del ferro, non su quella
del solfato, per cui una volta chiarita la carica 3+ del ferro è inutile aggiungere di- davanti a -solfato.).
E NH4Fe(SO4)2? ammonio ferro disolfato, oppure ammonio ferro (III) solfato. Tutto qui.
È chiaro che dovremmo aggiungere ancora qualche regola per altri casi più complicati, ma per adesso è
sufficiente e chi vuole saperne di più... sa dove guardare.
Ultimo particolare: i sali idrati. Molti sali cristallizzano costruendo reticoli che comprendono anche
molecole d'acqua (poi capiremo i diversi modi in cui possono collocarsi le molecole d'acqua nel cristallo,
dipende dalla chimica dei singoli anioni e soprattutto dei singoli cationi).
In questo caso seguiamo l'esempio del calcio solfato, anidro, emiidrato o diidrato:
CaSO4
CaSO4·½ H2O
CaSO4·2 H2O
Leggo solo l'ultimo: “ci-a-esse-o-quattro”-con-“due-acca-due-o”.
I minerali con quella composizione si chiamano anche, rispettivamente, anidrite7, scagliola, gesso.
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7
Acqua e metano sono nomi IUPAC. Ce ne sono di alternativi ma che nessuno usa:
diidrogeno ossido; ossidano; diidruroossigeno
tetraidrurocarbonio.
Attenzione a com'è scritto: non c'entra né con le anidridi … né con il paperotto giallo!.
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nomenclatura di base 1.2