Comunione e Liberazione
Vacanze estive
Sicilia Occidentale
Enna 16-19 luglio 2015
IL TEMA: «QUANDO ABBIAMO SORPRESO
E RICONOSCIUTO NELLA NOSTRA ESPERIENZA
“UNA PRESENZA NELLO SGUARDO”?»
Cari Amici,
le sfide che la realtà continuamente ci pone (non da ultimo
la manifestazione per la famiglia, i tre recenti attentati terroristici in un sol giorno e la sentenza della Corte Suprema americana sulle unioni omosessuali) urgono nel vivere quotidiano
una consapevolezza maggiore di ciò che siamo e di ciò che portiamo.
Alla luce del contesto attuale, il tema proposto per le vacanze
comunitarie («Quando abbiamo sorpreso e riconosciuto nella
nostra esperienza “una presenza nello sguardo”?») e il lavoro
estivo di ripresa della lezione del sabato mattina agli Esercizi
della Fraternità insieme alle domande/risposte relative a questa
lezione (a partire dalle domande suggerite al termine della SdC
del 17 giugno e riportate a pag.11 degli appunti) ci sembrano
ancora più significativi e pertinenti per una verifica dell’esperienza che stiamo facendo, del criterio con cui giudichiamo la
realtà e della coscienza del nostro compito come cristiani nel
mondo.
L’aiuto e il sostegno in questo lavoro, il dialogo e la testimonianza reciproca sono l’impegno richiesto al cammino delle
nostre comunità in questa estate.
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PROGRAMMA
Ore 16,00 -19,30
Ore 20,00
Ore 21,00
Ore 7,00 - 8,00
Ore 8,30
Ore 9,00
Ore 12,30
Ore 13,00
Ore 16,00 - 17,00
Ore 20,00
Ore 21,00
Ore 7,00 - 8,30
Ore 9,30
Ore 10,00
Ore 13,00
Ore 17,00
Ore 20,00
Ore 21,30
Ore 7,00 - 8,30
Ore 9,30
Ore 13,00
Ore 14,30 -15,30
GIOVEDI’ 16 LUGLIO
Arrivi, sistemazioni e saldo quota.
Cena
Santa Messa e introduzione di don Carmelo Vicari
VENERDI’ 17 LUGLIO
Colazione
Lodi
Partenza in auto per Demanio Forestale
“Monte Altesina”
Santa Messa all’aperto
Consumazione pranzo a sacco
Visita caseificio Raja
Cena
Testimonianza
SABATO 18 LUGLIO
Colazione
Santa Messa celebrata nella chiesa
di Sant’Anna a Enna Bassa
Partenza in auto per Museo Archeologico di Aidone
Pranzo in albergo
Visione del film. “Il Vangelo secondo Matteo”
di P. P. Pasolini
Cena
Concerto di Marcelo Cesena
DOMENICA 19 LUGLIO
Colazione
Santa Messa celebrata dal Vescovo di Piazza
Armerina mons. Mons. Rosario Gisana nel
Duomo di Enna.
Visita del Castello di Lombardia e della città.
Pranzo in albergo
Frizzi e saluti finali
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LA PROVINCIA DI ENNA
L’ISTITUzIONE
La provincia venne istituita nel 1927, inglobando territorio delle province vicine e smembrando la provincia di Caltanisetta. Nella scelta
del capoluogo influì notevolmente il fatto che
l’importante uomo politico ennese ed insigne
meridionalista Napoleone Colajanni fosse vicino
al fascismo. Enna fu preferita, nonostante l’infelice collocazione geografica, alla più importante Piazza Armerina storica sede episcopale
dell’area e meglio collegata dalle varie vie di comunicazione, ma meno gradita al regime per il locale vescovo Mario
Sturzo, fratello di Luigi, (fondatore del Partito Popolare) di chiare posizioni antifasciste.
Con 171.921 abitanti (31/08/2011), Enna figura tra le 15 province
meno popolate d’Italia. Enna è con 28.157 abitanti il principale centro
della provincia. La città ha un centro storico perfettamente medioevale.
Fra i principali monumenti il Castello di Lombardia , il Duomo, la Torre
di Federico II e alcuni musei. La parte di espansione moderna è chiamata
Enna Bassa perché localizzata a valle; è sede dell’Università e delle principali attività commerciali. Nella valle del Dittaino vi è il Polo industriale, a Pergusa l’autodromo omonimo.
ECONOMIA
L’economia ennese è stata
sempre legata all’agricoltura e
all’attività mineraria. L’agricoltura ha origini remote. Infatti
già in epoca romana la Sicilia
era definita il granaio di Roma.
La caduta di Roma mise in crisi
l’economia fino all’introdu-
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zione del sistema feudale attuato dai Normanni. Tuttavia, come diversi
altri territori non riuscirà più ad affrancarsi dal feudo per secoli e il latifondo costituì di fatto il principale freno alla crescita.
Nell’ottocento l’attività mineraria legata a importanti solfare e a giacimenti di Sali potassici, costituì una significativa fonte di reddito per
la popolazione, ma essa si accompagno a terribili condizioni di lavoro
per chi vi lavorava e a improvvise quanto brevi fortune economiche per
i pochi proprietari. Infatti, neanche negli anni di maggiore sfruttamento
si ebbe un aumento del tenore di vita di tutti gli abitanti.
Nel secondo dopoguerra, il mancato
sviluppo dei decenni precedenti e la
crisi dell’estrazione dello zolfo produssero una significativa emorragia della
popolazione che emigrò in notevole
quantità, soprattutto oltre oceano.
Anche l’agricoltura priva di manodopera e di investimenti economici entrò
in crisi profonda, malgrado gli interventi della riforma agraria.
Negli anni sessanta un miraggio fece ritenere vicino lo sviluppo:
l’estrazione degli idrocarburi. Ma tutto si consumò nel 1962 quando il
presidente dell’Eni, Enrico Mattei, ottenuta la licenza per l’estrazione
del metano nei pressi di Gagliano Castelferrato promise un piano di importanti investimenti per dare lavoro alle genti del territorio. L’idea di
Mattei era quella di creare a Gagliano una sorta di sinergia tra il tessile
e la chimica, ma quasi fatalmente, egli perì proprio nel viaggio aereo di
ritorno da Catania a Milano. Il polo tessile che nacque solo successivamente, finì nel nulla già alla fine degli anni novanta.
La chiusura delle miniere di Pasquasia (fu la maggiore in Sicilia
nell’estrazione dei sali potassici) e del complesso Floristella-Grottacalda
nei pressi di Valguarnera, nella seconda metà degli anni settanta ha segnato la fine dell’attività estrattiva. Pur essendo mutate le prospettive
del cuore di Sicilia i problemi storici del territorio, costituiti dalla disoccupazione e dalla carenza idrica continuano a bloccarne lo sviluppo.
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AGRICOLTURA
Le attività agricole sono in provincia ancora rilevanti. Le aziende agricole registrate sono circa 5.000 ed in buona parte hanno dimensioni elevate
rispetto al contesto regionale, ma sono spesso limitate alla conduzione familiare. L’elemento più significativo degli ultimi anni è il passaggio dell’attività a fasce giovanili più giovani che stanno immettendo innovazione
soprattutto nella zona nord con attività connesse alla pastorizia e alla trasformazione dei suoi prodotti. Si tratta tuttavia di aziende piccole che occupano nicchie di mercato.
INDUSTRIA ED ENERGIA
In provincia è sviluppato un modello di impresa di tipo medio-piccolo, nei settori più tradizionali: edilizia, legno, mobili e tessile. Proprio
questo settore ebbe negli alcuni decenni fa un notevole sviluppo, soprattutto occupazionale, nella zona compresa tra Valguarnera e Gagliano. Si
trattava di produzioni artigianali fatte per conto di grandi ditte nazionali
che poi con marchi di qualità finivano anche sui mercati internazionali.
Anche questa attività si è contratta di molto e sopravvive solo in piccoli
laboratori. Altra importante incompiuta è il polo industriale di Dittaino:
un’area industriale costruita in zona strategica che secondo la logica
degli anni 80 e 90 avrebbe dovuto attrarre attività industriali
per il fatto stesso che fosse dotata di servizi efficienti. Così
non è avvenuto, come per tante
esperienze simili di quegli anni.
In provincia è in crescita la produzione di energia eolica, nella
zona montana.
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TERzIARIO
L’economia della provincia ha seguito una netta tendenza alla terziarizzazione, soprattutto nel capoluogo, dove la presenza degli uffici amministrativi, del commercio, del governo e dell’università hanno
generato una prevalenza della classe impiegatizia.
Il turismo che avrebbe potuto essere un utile settore per la produzione
di reddito locale ha subito una contrazione, e soprattutto, pur godendo
di significative opportunità (Piazza Armerina, Aidone, Morgantina, ecc.),
non è riuscito a superare la logica del mordi e fuggi, di cui è testimonianza la visita alla Villa del Casale.
UNIVERSITà
Un’altra grande opportunità è
costituita dall’Università Kore di
Enna
Fondata nel 2004 è la quarta
università della Sicilia. È l’unico
ateneo siciliano nato dopo l’Unità
d’Italia e rappresenta un’importante occasione di sviluppo per
Enna, anche tramite l’indotto da essa generato (case per studenti e professori). È la nona università italiana per percentuale di studenti provenienti da fuori provincia (71% contro il 38% medio degli altri atenei
siciliani), rappresentanti peraltro di tutte e 20 le regioni italiane. Anche
questa realtà rimane nel campo delle opportunità perché scarsi sono i
legami col territorio, soprattutto in termini di sviluppo produttivo.
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ENNA
“Enna è città tanto superbamente situata da
farmi ritenere che per la
sua stupenda posizione
superi Edimburgo, Toledo, Siena, Perugia e
tutte le altre città in vetta
a un colle che io conosca
in Europa e nel mondo mediterraneo non europeo”. (Bernard Berenson)
Enna, posta nel centro dell’Isola, e perciò definita dagli antichi “ombelico della Sicilia”, sorge a quasi mille metri di altitudine sulla cima di
una rocca. La cittadina si estende fra la Rocca di Cerere, adiacente al
poderoso Castello di Lombardia, e la chiesa di Montesalvo, vicina alla
maestosa Torre di Federico. Sul tessuto urbano caratterizzato da un dedalo di viuzze medievali spiccano i campanili delle chiese, la mole del
Duomo, e la lunga serie di edifici sorti sullo strapiombo, che resero inespugnabile la città.
Sulla cima del monte il mito collocò la dimora di Demetra, dea delle
messi che governava la ciclica vicenda del grano, che proprio nelle campagne ennesi era prodotto in grande quantità, tanto da diventare il granaio di Roma e da conferire alla città un’importanza rilevante, che grazie
anche alla sua posizione strategica aumentò durante le dominazioni
araba, normanna, sveva e aragonese.
L’acropoli di Enna corrispondeva al luogo ora occupato dal normanno Castello di Lombardia, all’estremità orientale del pianoro; a nord
di questo è un roccione lungo circa 60 m, detto Rocca di Cerere. Qui
probabilmente va situato il celebre santuario della divinità, il cui culto
aveva reso Enna nota in tutto il mondo antico. Cicerone, che conosceva
bene la zona, ce lo racconta così: “Enna è un luogo altissimo e dominante, alla sommità del quale è un pianoro con fonti perenni, a picco e
tagliato fuori da ogni accesso. Intorno a essa sono un lago e numerosi
boschi, e sbocciano, in ogni stagione, i fiori più belli: lo stesso luogo
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sembra proclamare il ratto della
fanciulla, di cui tanto abbiamo
udito parlare, fin da bambini. E,
infatti, nei pressi è una grotta rivolta a nord, di profondità incommensurabile, dalla quale, si dice
che Ade uscisse fuori all’improvviso col suo carro, e, avendo rapita
la vergine la portasse via con sé e
subito dopo, non lontano da Siracusa, scomparisse nuovamente sotto
terra; in quel punto apparve improvvisamente un lago: qui i Siracusani
celebrano feste annuali, con grande affluenza di uomini e donne” (Verrine, II 4.)
Gli arabi, cogliendone le potenzialità militari, finirono per chiamare
la città castrum Ennae, cioè campo fortificato di Enna; il nome venne
volgarizzato nella pronuncia popolare in Castrianni, e poi italianizzato
in Castrogiovanni.
Con i Normanni, che conquistano la città nel 1087, e con Federico II di Svevia Enna continua ad
essere sede privilegiata del potere
regio come centro fortificato e riserva di caccia nel territorio di Pergusa. Al seguito della contessa
Adelasia, sposa del normanno
Ruggero, giungono nell’isola
gruppi di coloni provenienti dal nord Italia; da loro prende nome il Castello di Lombardia. Gli Altavilla quindi favorirono un processo di latinizzazione della Sicilia incoraggiando una politica d’immigrazione di
coloni e soldati di provenienza francese (normanni, provenzali e bretoni)
e dell’Italia settentrionale (detti lombardi, ma prevalentemente piemontesi e liguri) con la concessione di terre e privilegi. Secondo molti studiosi, la migrazione di genti del nord Italia in queste isole linguistiche
siciliane sarebbe poi continuata fino a tutto il XIII secolo. La parlata di
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questi coloni provenienti dal nord Italia si è mantenuta a lungo in Sicilia,
tanto che si parla ancora oggi di dialetti gallo-italici di Sicilia.
Federico II ed Eleonora d’Aragona eleggono la città a loro dimora,
facendone il centro nevralgico della lotta contro gli Angioini. Qui Federico d’Aragona assume il titolo di Re di Trinacria; qui riunisce nel
1324 il Real Parlamento di Sicilia. Durante tutto il periodo delle lotte
feudali Enna è il centro di contese e interessi contrapposti tra re e feudatari, finchè Martino V non sottomette nel 1392 la città, che si era ribellata al grido di “viva il Papa”. Città libera o demaniale, capitale
provvisoria del viceregno, fu per lungo tempo la quarta città del regno.
L’importanza della città andò gradualmente a scemare nel corso dei
secoli successivi, finché ritrovò importanza quando fu eretta a capoluogo
di provincia nel 1926, riprese l’antico nome di Enna – gli arabi l’avevano
infatti ribattezzata Castrogiovanni –, e visse una rinascita sociale e intellettuale con l’attività del musicista Francesco Paolo Neglia e
dello scrittore Nino Savarese.
Di Enna cantarono scrittori e
poeti antichi e moderni, ma l’atto
d’amore più grande è quello di Federico II di Svevia, che le si rivolge con queste parole: “Tu sei la
bellezza e la pupilla dei miei
occhi”.
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AIDONE
Aidone sorge nel centro della Sicilia, sulle propaggini orientali dei
monti Erei, a 850 metri circa sul livello del mare; il panorama che vi si
gode è a 360 gradi sulla piana di Catania, l’Etna e i monti Erei, uno dei
comprensori culturali e naturalistici più interessanti del Centro Sicilia:
nel suo territorio, ricchissimo di boschi, si trova l’importante sito archeologico di Morgantina, il castello medievale di Pietratagliata e la
Villa Romana di Piazza Armerina. L’economia è prevalentemente agricola, con produzione di cereali, uva, olive, agrumi e con allevamenti di
ovini e bovini. La gran parte della popolazione attiva trova occupazione
nel terziario con un notevole movimento di pendolari che si sposta quotidianamente verso Piazza Armerina, Enna, Catania. A fronte della notevole ricchezza del patrimonio archeologico e naturalistico non si è
sviluppata un’adeguata offerta di strutture e servizi turistici
Vi si parla un dialetto di tipo settentrionale che fa parte del gruppo
dei dialetti galloitalici di Sicilia. L’economia di Aidone negli ultimi due
secoli si caratterizza per la nascita e lo sviluppo dell’industria solfifera
(il primo giacimento fu scoperto nel 1805) e per l’incremento della produzione agricola.
Durante la dominazione normanna vengono costruiti nel borgo importanti edifici come il Castellaccio, la Chiesa di S. Antonio, la Chiesa
di S. Lorenzo, La Chiesa di S. Maria Lo Plano (voluta dalla principessa
Adelasia, nipote di Ruggero). Sotto i principi Gioeni vennero costruiti
altri importanti edifici religiosi come la Chiesa di S. Domenico, il Convento di S. Michele, la Chiesa di S. Giovanni.
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IL MUSEO DI AIDONE
Il Museo Archeologico di Aidone costituisce l’ideale collegamento fra la cittadina e il più
remoto passato di questo territorio.
Il museo è ubicato nell’ex Convento dei Padri Cappuccini, costruito all’inizio del XVII secolo.
L’impianto architettonico originario, comprendente anche la
chiesa dedicata a San Francesco, è stato oggetto di intervento nel 1984,
quando fu adibito a sede museale su progetto di Franco Minissi, ed è
stato interamente ristrutturato nel 2007.
Il museo illustra la storia di Morgantina dall’età del bronzo all’età
romano-repubblicana, con particolare riguardo all’età ellenistica, periodo di massima fioritura della città. Per l’importanza dei reperti portati
alla luce, l’archeologo Paolo Orsi definì addirittura Morgantina “la Pompei di Sicilia”.
La raccolta dei materiali esposti
proviene dagli scavi condotti a partire dagli anni ‘50 dalla Missione
Americana delle Università di
Princeton e Virginia e dalle Soprintendenze di Siracusa, Agrigento ed
Enna.
L’ordinamento, nelle sale espositive, è cronologico e tematico, e
la nuova esposizione ha privilegiato la ricomposizione dei contesti di
scavo.
L’esposizione museale documenta anche alcune tappe fondamentali
della tutela dei beni culturali italiani e siciliani in particolare. Nelle sale
del museo sono infatti esposte opere di eccezionale valore, non solo artistico ma anche economico, che furono portate alla luce da scavi clan-
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destini tra la fine degli anni ’70 e
gli anni ’80, e che vennero immediatamente trafugate per essere
vendute sul mercato clandestino
dell’arte internazionale, finendo
esposte in musei degli Stati Uniti.
Decenni di battaglie diplomatiche hanno finalmente fatto sì che
la Dea di Morgantina, gli acroliti
di Demetra e Kore, gli argenti di Eupòlemos, siano tornati a casa. Si afferma così il principio fondamentale che le opere d’arte sono come persone che sradicate con la violenza dal loro contesto di origine e dalla
loro cultura e tradizione, perdono la propria identità, non “appartengono”
più a un popolo, ma soffrono di un irreparabile straniamento.
Nella sala Cittadella è documentata la fase arcaica dell’abitato della
Cittadella, distrutto intorno alla metà del V secolo a.C. e rioccupato
solo parzialmente durante l’età ellenistica. L’edificio più caratteristico
della fase arcaica è un naiskos, cioè un tempio rettangolare con una
ricca decorazione in terracotta di cui facevano parte le antefisse a testa
di Gorgone e di leone.
Da un edificio pubblico, identificato come il pritaneion della città,
provengono le antefisse a testa di Menade e il cratere attico a figure rosse
attribuito al pittore Euthymides.
Le necropoli riferibili a questa fase hanno restituito materiali che documentano i rapporti della comunità con le città greche della costa.
Nuovi scavi effettuati in località San Francesco Bisconti hanno
portato alla luce un santuario dedicato alle divinità ctonie, da cui provengono anche i celebri acroliti
appartenenti a due statue di Demetra e Kore sedute, ora esposti nell’ex-sacrestia del convento.
Gli acroliti sono statue realiz-
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zate in marmo o pietra solo nella
testa, nei piedi e nelle braccia o
mani; tutto il resto veniva fatto con
materiale meno pregiato o deperibile, quale il legno, e coperto da
vesti. L’installazione tematica sul
culto di Demetra e Kore tende a
fare rivivere ai visitatori le stesse
sensazioni di serenità e onnipotenza che dovevano percepire i fedeli al momento del loro ingresso nella
cella in cui erano custodite le statue acrolitiche delle due divinità ctonie.
Di particolare interesse sono anche le vetrine dedicate ai santuari di
Demetra e Kore: numerosi ex voto fittili e statuette documentano l’importanza del culto tributato alle due dee.
Al pianterreno sono esposti la statua nota come la “Dea di Morgantina” e i preziosi argenti rinvenuti nella casa di Eupòlemos.
La Dea di Morgantina è una
statua, alta m.2,20, realizzata con
la tecnica definita pseudo-acrolitica. Ha infatti il corpo in calcare,
originariamente dipinto in rosa e
blu, mentre le parti nude - viso e
braccia - sono eseguite in marmo
bianco dell’isola di Paro. La statua,
nota inizialmente come Afrodite, è
stata identificata da vari studiosi come Demetra o la stessa Kore, sua figlia. È databile tra il 420 e il 410 a.C. per la resa del corpo e del panneggio, e viene attribuita ad un artista della cerchia di Fidia. Interessante
è l’atteggiamento della dea, che incede col braccio proteso in avanti;
essa, contrariamente alla maggior parte delle sculture classiche, sembra
venire incontro al fedele e rivolgergli il suo sorriso, forse porgendogli
le spighe di grano, dono della dea.
I 16 eccezionali pezzi di argenteria, conosciuti anche come il «Tesoro
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di Eupolemos», sono raffinate opere d’argento e lamina d’oro di epoca
ellenistica (III secolo a. C.):
piatti, contenitori votivi,
coppe e vasi. La datazione
dei reperti viene posta tra la
fine del IV e la seconda
metà del III secolo a.C. Diversi oggetti del tesoro portano inciso il nome di Eupòlemos; il nome è
attestato in Morgantina anche in iscrizioni rinvenute negli immediati
dintorni della casa. Una campagna di scavi ha permesso di conoscere il
momento in cui il tesoro venne nascosto nella casa: infatti nella terra del
riempimento originario della buca scavata per seppellirlo, è stata trovata
una moneta di bronzo coniata tra il 216 e il 212 a.C.
Gli argenti furono rinvenuti nel 1981 nella casa cosiddetta di Eupòlemos a Morgantina, ed esportati clandestinamente in America, dove
sono stati esposti per decenni al Metropolitan Museum di New York.
Nelle sale dedicate alla fase ellenistica è esposta una selezione di reperti provenienti dalla fontana monumentale e da altri edifici pubblici
della città. Tra essi un piatto da pesce a figure rosse, una coppa megarese,
una laminetta di bronzo con testa di Pan, e numerosi frammenti del fregio ionico di un altare che si trovava nell’area del teatro.
L’elevato tenore di vita raggiunto dalla città è dimostrato dalla presenza di grandi dimore con
pavimenti a mosaico; vengono esposti i materiali, sia
di pregio che di uso quotidiano, provenienti dalla
Casa del Ganimede, dalla
Casa delle Antefisse, dalla Casa della Cisterna ad arco, dalla Casa del
Magistrato, una parte della quale venne poi occupata da una fornace che
produceva vasellame da tavola. Sono esposti inoltre i reperti provenienti
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dal complesso termale nord della città, il più antico e meglio conservato
in Sicilia.
Sono esposti infine i materiali che attestano una frequentazione della
Cittadella anche in epoca bizantina, araba e fino al XV secolo.
IL CULTO DI DEMETRA E KORE
Il comprensorio archeologico di Enna, Pergusa, Morgantina, Gela, Siracusa esprime la
più ampia e significativa documentazione del
culto di Demetra, dea delle messi e della fertilità femminile e dei campi.
Sin dalla preistoria l’insopprimibile esigenza dell’uomo di ricercare un “principio”,
una fonte di vita, ebbe come esito la creazione
di un archetipo “femminino”, una divinità onnipotente, onnisciente, che crea da se stessa:
la Grande Madre, personificazione sia della Terra, che porta in grembo
le messi da cui nasce il nuovo grano, sia della fertilità della donna.
Gradualmente la figura della Dea madre viene resa più definita e concreta, caricandosi di valenze simboliche nuove, fino ad arrivare a identificarsi nella cosmogonia greca con la figura di Démetra, che poi i
Romani chiameranno Cerere. Sulla cima del monte Henna il mito collocò la dimora di Demetra, e nei pressi del lago di Pergusa ambientò il
rapimento di sua figlia Persefone da parte del re degli Inferi, Ade, che
se ne era invaghito vedendola intenta a raccogliere fiori primaverili. La
madre cercò la figlia per nove giorni, girando per tutto il mondo conosciuto. Esausta, alla fine, si fermò a riposare ad Eleusi; vedendola affranta, la figlia del re Celeo la portò alla reggia del padre, dove fu accolta
con grande benevolenza. In cambio la dea donò a Trittolemo, primogenito del re, un chicco di grano, seme che nessun altro mortale aveva mai
visto, e gli rivelò il modo per farlo fruttare, gettando le basi per lo sviluppo dell’agricoltura. Il dio Helios rivelò infine alla dea che la figlia
era stata rapita da Ade e che Zeus aveva deciso di dargliela in sposa. La
dea irata, fece appassire ogni pianta e provocò una terribile siccità, ren-
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dendo sterili i campi e privando così i mortali del nutrimento vitale e i numi dei
sacrifici
propiziatori.
Messo alle strette, Zeus impose ad Ade di restituire la
giovane, ma questi indusse
la fanciulla a mangiare un
chicco di melograno prima di ritornare sulla terra. Di conseguenza Persefone fu legata per sempre al regno dei morti, e avrebbe dovuto trascorrere almeno una parte dell’anno nel mondo sotterraneo, proprio
come il seme, che vive nel sottosuolo, per germogliare, poi, alla luce del
sole e portare frutti. Kore venne quindi restituita alla madre, con la condizione che un terzo dell’anno avrebbe dovuto trascorrerlo con Ade nel
regno dei morti. Il ritorno di Kore sulla terra pose fine alla siccità, il
grano tornò a germogliare.
Per celebrare la perdita e il ritrovamento della figlia Demetra istituì
i Misteri Eleusini, durante i quali si svolgevano riti atti a consentire agli
iniziandi di entrare nell’oscurità della morte di vincerla e di risalire alla
luce della vita; vi ricorrevano due volte l’anno, a metà febbraio (Anthesterion), e da settembre a ottobre (Boedromion). I riti misterici suscitavano una grande fascinazione nel mondo antico; in essi l’uomo attingeva
al vertice della sua ragione nella percezione del mistero, inteso come
esperienza dell’ineffabile, mysterium tremendum et fascinans.
Il mito adombra il ricorrere eterno delle stagioni e la ciclica vicenda
del grano. La sopravvivenza di tale culto, con la trasformazione nella
cristianità di alcuni aspetti legati alla Madonna e ai Santi patroni nelle
feste di primavera e di ringraziamento del raccolto, permea le tradizioni
popolari ancor oggi conservate e il valore di un territorio vocato alla
produzione del grano, come al tempo dei Romani.
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MORGANTINA
Il sito antico di Morgantina
offre al visitatore il quadro di oltre
mille anni di storia, dalla fondazione della città in età preistorica
fino al suo declino avvenuto nell’età imperiale romana. A Morgantina subiamo il fascino di un
complesso di monumenti di grande
interesse, in un paesaggio di straordinaria bellezza, che fanno del sito uno dei più suggestivi e significativi dell’Isola.
Il sito fu occupato dal XIII secolo a. C. dai Morgeti, popolazione proveniente dal continente, alla quale Morgantina deve probabilmente il
nome, che ricacciarono verso ovest e sud i Sicani.
Intorno al 560 a.C. coloni greci provenienti dalla costa si impadronirono della città. In un primo momento la coabitazione fu pacifica, in
seguito invece i Greci iniziarono una sistematica prevaricazione degli
indigeni, impossessandosi, ad esempio, dei loro culti ed ellenizzandoli.
Nel 459, Morgantina venne conquistata e distrutta dall’esercito di Ducezio, generale siculo capo della synteleia (lega sicula) ribellatasi alla
dominazione greca, repressa nel sangue dai Greci. L’abitato si trasferì
cosi poco lontano, in contrada Serra Orlando.
Nel volgere di breve tempo, anche grazie alla sua fortunata posizione
sulla via che collegava la costa settentrionale della Sicilia alla sua parte
meridionale, divenne uno dei più importanti centri agricoli dell’entroterra, raggiungendo grande prosperità e ricchezza, specie durante il periodo di Timoleonte e Agatocle (IV secolo) e soprattutto nel lungo regno
di Ierone II (275-215 a.C.).
La scelta di schierarsi dalla parte di Cartagine allo scoppiare della
Seconda Guerra Punica fu per Morgantina decisamente sbagliata: distrutta dai Romani fu assegnata come premio a Moerico e ai suoi mercenari iberici nel 211 a.C., e perse via via la sua ricchezza e libertà. Sul
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finire del primo secolo venne distrutta, per aver dato ospitalità a schiavi
ribelli pompeiani, e successivamente, in età romano-imperiale, scomparve a causa di un progressivo abbandono.
Le rovine e i reperti testimoniano della stratificazione culturale vissuta dalla città nel corso della sua storia: ecco perché gli archeologi la
definiscono “siculo-ellenizzata”. Gli scavi hanno messo in luce una straordinaria quantità di oggetti e strutture, dall’agorà strutturata su due livelli alle ville ellenistiche, la cui ricchezza è testimoniata da avanzi di
bei mosaici. Ancora un macellum romano (mercato) e fornaci per la cottura delle ceramiche, un teatro greco e l’ekklesiasterion (edificio per le
assemblee cittadine).
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MONTE ALTESINA
La Riserva Naturale Orientata del Monte Altesina è stata definitivamente istituita il 25 Luglio 1997: è tipologicamente individuata, come
riserva naturale orientata al fine di tutelare le interessanti formazioni boschive con dominanza di Quercus ilex nonché l’avifauna e in particolare
il picchio rosso maggiore e lo sparviero”.
Il monte Altesina è la vetta più alta dei Monti Erei, presenta una doppia cima, una di m 1192 s.l.m. e l’altra di m 1180 s.l.m..
Dalla sua cima è possibile ammirare un panorama che si apre a trecentosessanta gradi su tutta l’isola
con la possibilità di individuare le
maggiori cime delle Madonie,
l’Etna, il Monte la Guardia e le cime
più spiccate della parte centromeridionale dell’isola. La Riserva è caratterizzata dalla presenza di una lecceta
che giunge sino alla cima e che assume un bellissimo aspetto di bosco
fitto ed impenetrabile poco più a valle; al Leccio si aggiunge la Quercia
virgiliana e nel sottobosco si rinvengono il Pungitopo, il Ciclamino, i
Cisti ed altro. La fauna, oltre ad essere ben rappresentata dal Picchio
rosso maggiore, da alcuni rapaci
come la Poiana e lo Sparviero, annovera la Volpe, il Gatto selvatico, etc..
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Essa oltre ad avere una pregevole importanza dal punto di vista naturalistico e paesaggistico, è anche un importante sito archeologico, dimostrato dalla presenza di vani ricavati nella viva roccia quarzarenitica
e da muretti e piani di calpestio che occupano tutta la porzione più alta
del Monte.
L’itinerario, considerato canonico della salita alla cima del Monte Altesina, è facilmente
percorribile: si diparte dal cancello dell’Azienda posto sulla SP 30, prosegue lungo
una carrareccia tracciata dalla stessa Azienda
sino a raggiungere un vasto piazzale ove è posta
la casermetta della Azienda, munita di servizi,
posto di guardia e vasca per le acque antincendio. Dal piazzale la carrareccia con una sede
meno ampia, si dirige verso la parte più alta del Monte costeggiando i
ruderi del Convento di Santa Maria di Lartisina.
Questi sono posti a quota 954 mt, in una radura dalla quale si gode un eccezionale panorama verso la lecceta e verso una parete molto
acclive di grigia quarzarenite punteggiata da temerari cespugli aggrappati ad ogni minima
sporgenza. Dai ruderi la stradella si dirige verso
Sud e compie un’ampia curva in salita sino alla
quota 1006, qui incontra una emergenza rocciosa di piccole dimensioni nella quale si notano i resti di una tomba scavata nella roccia.
Aggirata la roccia la strada riprende a salire questa volta con direzione Nord ovest attraversando una zona di arbusteti e di pascoli ove
non è raro incontrare mandrie di bestiame allo stato semibrado, da questo
punto, guardando verso Sud, si avrà una visione a ventaglio di tutte le
cime della Sicilia meridionale, con la dirimpettaia Enna che dimostra
chiaramente la sua forma ad altipiano perfettamente appiattito in cima.
Dalla quota 1075 la stradella accentua la sua acclività e, rientrata nel
20
bosco, questa volta sotto i pini domestici, si
inerpica a zigzag verso la cima, superando le
terrazze create per il rimboschimento, in pochi
metri di forte pendio si giungerà così alla cima,
posta a 1.192 metri e caratterizzata dall’emergenza del banco quarzarenitico fessurato e fortemente eroso dagli agenti atmosferici.
Inoltre la cima dimostra visibilmente il suo
passato archeologico con vani ricavati nella
viva roccia e con muretti e piani di calpestio che occupano tutta la porzione più alta del Monte.
COME RAGGIUNGERLA
Dall’autostrada A19 Catania-Palermo uscire ad Enna e proseguire
per la S.S. 121 per Leonforte. Si imbocca, quindi, la deviazione per Erbavusa proseguendo per la S.S. 94 in direzione Villadoro. Dopo 14 chilometri si incontra l’ingresso principale della Riserva, posto sulla S.P.
30 e segnalata da appositi cartelli.
Superficie
744 ettari (593,25 in zona A e 150,75 in zona B).
Comuni interessati
Nicosia e Leonforte
21
CASEIFICIO RAJA
Azienda Agricola “Eredi Cottonaro Paolo”
e il nuovo Caseificio Raja Indirizzo: SS121, 12,
Enna EN Telefono:0935 25019
L’Azienda agricola è situata in c.da Raja a
360m sul livello del mare. Il podere risale alla
fine del 1800, i proprietari di alto rango la utilizzavano come residenza estiva.
Negli anni ’50 i nuovi proprietari esponenti
dell’alta borghesia, grazie all’aiuto dei mezzadri, provvedevano a tenere
funzionale la terra con coltivazione di grano, olive, mandorle e con l’allevamento di bovini e ovini.
Nel 1968 il proprietario, innamorato dell’azienda e della sua terra,
conscio di non poter lasciare una terra troppo bisognosa di cure ai suoi
figli, che avevano scelto strade diverse dall’agricoltura, decide di
venderla al mezzadro più meritevole, e sceglie Paolo Cottonaro.
Paolo e sua moglie Liboria, già proprietari di terre limitrofe, avviano
un percorso di espansione, crescita e miglioramento dell’azienda. Un
impulso decisivo arriva dal figlio, Filippo Cottonaro, che fin da subito
inizia a trasformare il latte in ottimo formaggio, soprattutto conosciuto
per il suo piacentino. Oggi l’azienda, è modernizzata e meccanizzata,
sempre ad indirizzo zootecnico-cerealicolo, con produzione di latte e
grano, ma anche di olio d’oliva.
L’ultima novità e forse la più sorprendente è che i tre figli di Filippo
decidano lo scorso anno di occuparsi in prima persona della trasformazione
del latte. Sorprende la scelta di un lavoro durissimo: il latte si produce e si
trasforma ogni giorno, 365 gg all’anno. Sorprende la loro giovanissima età:
Oriana (30 anni), Paolo (28 anni) e
Elisa (25 anni). Sorprende dove: ad
Enna, non certo una Silycon Valley.
Sorprende l’entusiasmo con cui al
primo incontro hanno conquistato
chi di noi li ha incontrati.
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IL VANGELO SECONDO MATTEO
1964 (scheda del film)
Scritto e diretto da Pier Paolo
Pasolini
Interpreti e personaggi Enrique Irazoqui (Gesù Cristo, doppiato da Enrico Maria Salerno);
Margherita Caruso (Maria Giovane); Susanna Pasolini (Maria
Anziana); Marcello Morante (Giuseppe); Mario Socrate (Giovanni
Battista);
Rodolfo
Wilcock
(Caifa); Alessandro Clerici (Ponzio Pilato); Natalia Ginzburg (Maria di
Betania); Ninetto Davoli (pastore); Enzo Siciliano (Simone).
Riprese aprile-luglio 1964; teatri di posa Roma, Incir De Paolis;
esterni Orte, Montecavo, Tivoli, Canale Monterano, Potenza, Matera,
Barile, Bari, Gioia del Colle, Massafra, Catanzaro, Crotone, Valle dell’Etna; durata 137 minuti.
Prima proiezione XXV mostra di Venezia, 4 settembre 1964; premi
XXV mostra di Venezia: Premio speciale della giuria, Premio OCIC (Office Catholique International du Cinéma), Premio Cìneforum, Premio
della Union International de la Critique de Cinema (UNICRIT); Premio
Lega Cattolica per il Cinema e la Televisione della RFT; Premio Città
di Imola Grifone d’oro; Gran premio OCIC, Assisi, 27 settembre 1964;
Prix d’excellence, IV concorso tecnico del film, Milano; Premio Caravella d’argento, Festival internazionale di Lisbona, 26 febbraio 1965;
Premio Nastro d’Argento 1965 per la regia, la fotografia e i costumi.
Il film è una riproposizione molto fedele del Vangelo secondo Matteo.
Si ripercorrono quindi le tappe della vita di Gesù Cristo: la nascita,
Erode, il battesimo di Giovan Battista fino ad arrivare alla morte e alla
resurrezione. Non vi sono variazioni nella storia, né cambiamenti anche
testuali apportati dal regista alla versione di san Matteo.
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QUAL E’ IL VERO “MIRACOLO”
DEL VANGELO SECONDO MATTEO
di Giuseppe Frangi da Il sussidiario 23 luglio 2014
Per capire il cuore con cui Pasolini, proprio 50 anni fa, si approcciò all’impresa del Vangelo
secondo Matteo basta leggere la
dedica, che il regista volle fare a
papa Roncalli, appena scomparso:
«Alla cara, lieta, familiare memoria di Giovanni XXIII».
Tre aggettivi pensati, precisi, sorprendenti per la risonanza umana che
suscitano ancor oggi. Il Pasolini che aveva deciso di girare quello che l’Osservatore Romano ha definito giustamente il più bel film mai girato sulla
vita di Gesù, era un intellettuale attratto, incuriosito ma anche preoccupato
di non dar adito a nessuna voce di una sua svolta confessionale. Pasolini era
uno che seguiva e prendeva sempre sul serio l’istinto; e in questo caso
l’istinto, ben accudito dall’amicizia con don Giuseppe Rossi, il fondatore
della Pro Civitate Christiana, gli aveva suggerito che era il momento di affrontare la figura di Gesù. Si era preparato nel modo più puntiglioso, facendo
un viaggio in Terrasanta, con tanto di cinepresa. Il viaggio voleva essere un
“sopralluogo”, come venne poi ribattezzato il lungometraggio con il montaggio dei materiali realizzati. Ma Pasolini si convinse che il suo Vangelo
doveva essere girato in terre meno lontane e che sentiva più sue. Scelse la
Basilicata, e in particolare Matera,
che, come lui stesso disse, «sotto
quel sole ferocemente antico» divenne la “sua” Gerusalemme.
Il Pasolini che affronta il Vangelo non ha una tesi precostituita. È
curioso, attirato e insieme ansioso
di verificare. All’inizio cerca di
24
stare freddo, di tenersi staccato. Poi, come raccontò Angelo Fantuzzi, un gesuita diventato
suo amico, «dovette cambiare stile, proprio perché si era reso conto che se avesse insistito su
quell’atteggiamento programmato sarebbe andato incontro ad un fallimento sul piano della
realizzazione estetica». Si coinvolge tanto da
affidare alla madre Susanna il ruolo di Maria.
Per tante altre parti aveva chiamato gli amici:
ci sono Enzo Siciliano, Giorgio Agamben e Alfonso Gatto nelle parti di tre apostoli; c’è Natalia Ginzburg come Maria
di Betania; Francesco Leonetti era Erode; Marcello, fratello di Elsa Morante era invece Giuseppe. E non mancava naturalmente Ninetto Davoli,
nei panni del pastore. Sono scelte sintomatiche di quanto Pasolini percepisse che la vicenda di Gesù lo riguardava; di quanto sentisse in quella vicenda qualcosa di familiare, per riprendere uno di quegli aggettivi scelti
per la dedica a Giovanni XIII.
Pasolini in un certo senso “segue” la storia, cerca di esserle fedele
non per devozione ma per capire meglio, perché la verifica sulla verità
dell’accaduto fosse alla fine più credibile, innanzitutto per se stesso. È
questo che genera quello staordinario equilibrio tra dolcezza e drammaticità, tra enfasi e sobrietà che è il “miracolo” di questo film.
Personalmente ho a cuore un’altra immagine: è una foto di scena mentre
si sta girando l’episodio della Fuga in Egitto. Si vede Pasolini e sullo sfondo
la famiglia con l’asinello che sta venendo incontro alla macchina da presa.
Mi ha sempre colpito in quella foto lo sguardo di Pasolini, che non era
quello del regista attento a sorvegliare che tutto avvenisse come prescritto
dal copione, ma che era piuttosto
quello dell’uomo stupito per quanto
stava ri-accadendo davanti a lui. La
differenza è sostanziale. E in quella
differenza sta la grandezza del Vangelo secondo Matteo. Che è un
film ma che è tutto vero.
25
L’ULISSE CRISTIANO
Chi è l’uomo nuovo, colui che straniero,
malato in groppa ad un asino e solo in compagnia del servo Gennaro, è stato condotto
nel cuore della Sicilia, ovvero in questi luoghi in cui passiamo le vacanze?
Dopo tre settimane di febbre tiroidea che
lo condusse ad un passo dalla morte, egli
pur nel delirio riteneva che non sarebbe
morto “ero sicuro che Dio avesse per me un
lavoro da compiere in Inghilterra” Egli infatti poté scrivere per il padrone di casa che
lo aveva ospitato a Castrogiovanni (attuale Enna) “ J. H. N. Giovanni
Enrico Newman, inglese, in questa dimora con grandissimo senso di
ospitalità è stato accolto, curato e sanato. 24 maggio 1833”
Newman, l’uomo nuovo, che dopo tre giorni di viaggio raggiunse
Palermo da cui sperava di partire al più presto per fare ritorno in patria...
Ma un fastidioso vento di scirocco lo costringerà a restare in città altre
tre settimane. Scrisse così alla madre “Palermo pur essendo la più sporca
è anche la città più nobile che abbia visto”. Salpando finalmente alla
volta di Marsiglia scriverà Luce gentile.
Il motto del Cardinale Newman, Cor ad cor loquitur, “il cuore parla
al cuore”, ci permette di penetrare nella sua comprensione della vita cristiana come chiamata alla santità, sperimentata come l’intenso desiderio
del cuore umano di entrare in intima comunione con il Cuore di Dio.
“Dio mi ha creato per renderGli un determinato servizio. Mi ha affidato un’opera che non ha affidato a un’altra persona. Io ho la mia missione” (Meditazioni e Devozioni).
Quanto appare vero questo pensiero ora che consideriamo la sua
lunga vita e l’influenza che continua a esercitare anche dopo la morte!
Nacque in un momento preciso, il 21 febbraio 1801, in un luogo preciso,
Londra, e in una famiglia precisa, primogenito di John Newman e di Jemina Fourdrinier. Tuttavia la missione particolare che Dio gli affidò garantisce che John Newman appartiene a ogni epoca, luogo e persona.
(Papa Benedetto XVI)
26
“Il rinnovamento religioso in Inghilterra, si
riferisce quasi sempre, pur in diversificate gradazione di legame, alla figura di J.H. Newman. La sua conversione, il suo sacerdozio, la
sua multiforme attività di scrittore capace di
spaziare dagli inni alla storia della Chiesa, dall’apologetica alla narrativa, hanno in un secolo
esercitato una lenta ma continua influenza
sulla fisionomia intellettuale di quelle terre,
spingendo parecchi sul suo cammino di conversione, un’esperienza che non a caso ha segnato molti degli scrittori cristiani di questo
secolo come Belloc, Chesterton, Benson, Marshall.” (Dalla presentazione del libro Tutta la gloria nel profondo... di Bruce Marshall.)
Newman nacque in un’epoca travagliata non solo politicamente e
militarmente, ma anche spiritualmente. Le vecchie certezze vacillavano
e i credenti si trovavano di fronte alla minaccia del razionalismo da una
parte e del fideismo dall’altra. Il razionalismo portò con sé il rifiuto sia
dell’autorità sia della trascendenza, mentre il fideismo distolse le persone
dalle sfide della storia e dai compiti terreni per generare in loro una dipendenza insana dall’autorità e dal soprannaturale. In quel mondo Newman giunse veramente a una sintesi eccezionale fra fede e ragione che
per lui erano “come due ali sulle quali lo spirito umano raggiunge la
contemplazione della verità” (cfr Fides et ratio,
Tuttavia la ricerca di Newman fu segnata dal dolore. Una volta pervenuto al senso incrollabile della missione affidatagli da Dio, dichiarò:
“Quindi, Gli crederò... se sono malato, la mia malattia può servirGli, se
sono perplesso, la mia perplessità può servirGli... non fa nulla invano...
Può allontanare i miei amici. Può gettarmi fra estranei. Può farmi sentire
desolato, può far precipitare il mio spirito, può nascondermi il futuro.
Tuttavia, Egli sa perché” (Meditazioni e Devozioni).
Tutte le prove che conobbe invece di sminuirlo o distruggerlo paradossalmente confermarono la sua fede nel Dio che lo aveva chiamato e
rafforzarono in lui la convinzione che Dio “non fa nulla invano”. Alla
fine ciò che risplende in Newman è il mistero della Croce del Signore:
fu il centro della sua missione, la verità assoluta che contemplava, la
“luce gentile” che lo guidava. (Papa Giovanni Paolo II)
27
LA CHIESA DI SANT’ANNA E LE VETRATE
DI AMERICO MAZZOTTA
La Chiesa di Sant’Anna si trova
a Enna Bassa, all'interno del futuro
parco urbano, nei pressi di quello
che un tempo veniva chiamato
Quadrivio San'Anna ove era presente una piccola chiesa dedicata
alla santa, tutt'ora in uso. Quello
che era un piccolo quartiere ai
piedi della città alta ha visto man mano una continua espansione tale da
essere successivamente denominata Enna Bassa. Da qui la decisione di
costruire un edificio più grande, adeguato alla continua crescita della
popolazione residente.
La costruzione dell'edificio ebbe inizio negli
anni 80, ma i lavori vennero ben presto interrotti
e ripresi solo nel 2000. Il
24 settembre del 2005 la
chiesa nuova di Sant’Anna fù aperta al culto,
alla presenza di autorità
civili e militari e del Vescovo di Piazza Armerina mons. Michele
Pennisi.
Le vetrate della
chiesa, opera di Americo
Mazzotta, sono frutto
28
dell’incontro avvenuto tra Calogero Zuppardo, il Consiglio Pastorale
della parrocchia e il direttore dei lavori della chiesa, ancora in costruzione, nel 2004.
Nella circostanza si convenne di utilizzare le vetrate non solo dal
punto di vista artistico, ma anche come strumento di catechesi. Questa
proposta fu sostenuta da Calogero Zuppardo portando come esempio
l’esperienza del Duomo di Monreale e della Cappella Palatina,
Poiché il 16 ottobre del 2002 era stata promulgata la Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae, con la quale Papa Giovanni Paolo II introduceva, nella pratica devozionale del Santo Rosario, i nuovi misteri
della luce, il Parroco chiese che si rappresentassero i 20 Misteri. Ma l'ingegnere, replicò che le finestre erano 18 e i Misteri 20. La soluzione fu
29
trovata inserendo gli ultimi
due Misteri nelle due ante
della porta d’ingresso.
Di ritorno Zuppardo incaricò Amerigo Mazzotta, che
in quel periodo lavorava con
lui a Palermo, di predisporre
i bozzetti da sottoporre al
parroco e ben presto le vetrate furono completate.
Americo Mazzotta pittore,
vetratista, affrescatore. Progetta elementi architettonici,
liturgici figurativi e decorativi. Realizza pitture murali,
vetrate, pale d'altare. Tra le
opere realizzate: le vetrate e
gli affreschi della Chiesa di
San Giuseppe Lavoratore ad
Auschwitz; la pittura murale
del nuovo ingresso dell'Università Lateranense; la Via
Crucis e il Crocifisso su tavola nella Chiesa di Santa
Maria Maddalena di Rimini;
la vetrata e la pittura murale
nella Chiesa Parrocchiale
San Giuseppe Benedetto
Labre in Roma.
30
IL DUOMO DI ENNA
Il Duomo di Enna, dedicato a Maria SS
della Visitazione, è la chiesa madre della città.
Esso è tra le maggiori espressioni d’arte nella
provincia di Enna. Sorge nel centro storico
della città, salendo la storica via Roma. Si
getta, con la sua maestosa facciata campanaria su una piccola piazza, definita Piazza
Duomo, circondata dalla canonica e da altre
architetture settecentesche e si affaccia su
Piazza Mazzini, della quale occupa interamente il lato nord.
Esso rappresenta probabilmente la massima espressione artistica della
provincia, grazie alla grandezza, alla vastità e alla pregevolezza delle
opere custodite, tra cui affreschi del Borremans e all’affascinante fondersi di stili diversi, come il portale laterale barocco. Il Duomo è, infine,
il culmine delle spettacolari celebrazioni della suggestiva Settimana
Santa di Enna.
L’interno del Duomo, a tre navate con colonnati in basalto nero le cui
basi e i capitelli sono stati forgiati dal Gagini con figure mostruose, presenta un vasto soffitto ligneo a cassettoni. Da notare sono: la cappella centrale dell’abside, e la preziosissima cappella dei Marmi, dove è custodito
tutto l’anno il Simulacro della Madonna della Visitazione, Patrona di Enna.
Esso è “difeso” dalle quattro porte dalle sette chiavi, raffiguranti la Vergine
della Natività (porta interna) e quella della Visitazione della Vergine (porta esterna). Questa
cappella viene aperta non solo il 29 giugno,
durante la Festa della Madonna, ma anche nel
periodo di Natale, dal 16 dicembre all’11 gennaio, data in cui si ricorda il patronato dalla
Vergine sulla città, risparmiata dal violento
terremoto della Val di Noto; viene aperta durante l’Ottava di Pasqua e dall’8 al 12 settembre, date in cui si ricordano i giorni natali della
Vergine e ringraziamento per la fine della seconda guerra mondiale.
31
LETTURE PER L’ESTATE
AA.VV.
In cammino - DVD - 7 marzo 2015 - Piazza San Pietro
€ 5,00
L’udienza del 7 marzo 2015 in Piazza San
Pietro con Sua Santità Francesco in occasione
del X anniversario della morte di don Luigi
Giussani e del LX di nascita del movimento
da lui fondato, costituisce una tappa importante nella vita di Comunione e Liberazione.
Il DVD In cammino ripercorre in modo
suggestivo i momenti salienti di quella memorabile giornata perché ciascuno possa rivivere e fare propria la consegna del Papa:
«Centrati in Cristo e nel Vangelo, voi potete
essere braccia, mani, piedi, mente e cuore di una Chiesa “in uscita”».
Il DVD (durata 41 minuti) è sottotitolato in italiano, inglese, spagnolo,
tedesco, francese, portoghese, russo, polacco.
Savorana Alberto
Un’attrattiva che muove
La proposta inesauribile della vita di don Giussani
Bur Rizzoli
“Quella di don Giussani è una vita che parla a
tutti ed è alla portata di chiunque, non c’è bisogno di pre-condizioni particolari per coglierne
il significato e l’utilità per la propria esistenza.
Basta solo che uno conservi un minimo di umanità e rimane colpito, qualche cosa che fa breccia.” Attraverso le parole di personalità
autorevoli della cultura e della politica italiana,
da Eugenio Mazzarella a Giulio Sapelli a Giu-
32
liano Pisapia, l’Italia laica e cattolica si unisce nel ricordo del percorso
filosofico e spirituale del grande teologo. Un volume unico, curato da
Alberto Savorana, che per anni ha condiviso con don Giussani la stessa
esperienza umana e di fede. Questa è la testimonianza più completa sulla
vita di Luigi Giussani, regalata ai lettori da chi ha avuto il privilegio di
incontrare e conoscere il fondatore di Comunione e Liberazione.
Con gli interventi di Paolo Mieli, Ezio Mauro, Gianni Riotta, Luciano
Violante, Piero Sansonetti, Fausto Bertinotti e altri.
Bonaguro Angelo - Parravicini Giovanna - Dell’Asta Marta
Vive come l’erba...
Storie di donne nel totalitarismo
LA CASA DI MATRIONA coedizione La Casa di Matriona - Itaca
Questo libro raccoglie otto storie di donne
vissute in anni contesti diversi nel periodo
dei regimi totalitari di tipo sovietico.
A unirle è un senso profondo dell’umano,
che ha ridestato in loro e intorno a loro il
gusto della bellezza, dell’amicizia, il desiderio di vivere una vita autentica che non
censuri la pietà, il dolore, il dovere, la responsabilità.
Mogli, madri, monache, artiste, insegnanti,
hanno dalla loro la forza vitale dell’esperienza, dell’amore, che come un esile filo
d’erba, è in grado di bucare l’asfalto di ogni cortina ideologica.
Testimonianze vere, in grado di ridestare anche in noi - uomini e donne
oggi sballottati da un profondo vento di crisi – un moto di speranza.
Introduzione di Marina Corradi
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Francesco (Bergoglio Jorge Mario)
La mia porta è sempre aperta
Una conversazione con Antonio Spadaro
Editore RIZZOLI
Il 19, il 23 e il 29 agosto 2013, nella Casa
di Santa Marta, in Vaticano, padre Antonio
Spadaro ha intervistato per oltre sei ore
complessive Papa Francesco. Il 19 settembre il testo dell’intervista è stato diffuso in
Italia da “La Civiltà Cattolica” e in tutto il
mondo dalle altre riviste culturali dei gesuiti, suscitando un eccezionale interesse
nei mezzi di comunicazione. Oggi questo
libro offre l’intervista originale, arricchita
da un contrappunto di aneddoti, gesti,
espressioni che formano una sorta di “dietro
le quinte”, e da un fitto tessuto di approfondimenti e rimandi in cui ciò
che Jorge Mario Bergoglio ha detto e scritto da gesuita, da sacerdote e
da Pontefice sviluppa e chiarisce tutti i temi toccati durante la conversazione. Padre Spadaro, gesuita, ha condiviso la stessa formazione di
Jorge Mario Bergoglio: per questo riesce a illuminare in profondità il
significato delle parole del Papa e a illustrare il ricco panorama culturale
e umano che le ha ispirate. Così questo libro svela il “pensiero in movimento” di Papa Francesco, la sua formazione, la sua spiritualità, il suo
rapporto con l’arte e la preghiera, e diventa la guida più efficace e più
diretta per conoscere la visione di uno dei personaggi più carismatici del
nostro tempo. “Ho bisogno di uscire per strada, di stare con la gente”
dice Papa Francesco. E grazie a questa conversazione, ogni lettore avrà
l’impressione di aver percorso con lui un pezzo di strada, e di aver ascoltato dalla sua viva voce parole piene di umanità, capaci di toccare il
cuore.
34
Marshall Bruce
Tutta la gloria nel profondo
Il mondo, la carne e padre Smith
JACA BOOK
Il sacerdote Tom Smith, che all’inizio del
racconto, nel 1908, è un prete ancor giovane
con quindici anni di messa, è il protagonista
di questo romanzo. Ambientato nella Chiesa
cattolica della Scozia, in una grande città,
esso segue le vicende del secolo e della nazione attraverso gli occhi innocenti e acuti
di questo sconcertante prete capace di
spunti audaci, di fervida obbedienza, di invincibile buonumore. L’umanità variopinta
e calorosa che gli si affolla intorno offre il
ritratto di un popolo passionale e sanguigno,
nobile e retto, di una «povera Chiesa» e di
una «grande Chiesa». Arguti e brillanti i ritratti degli ecclesiastici e dei
fedeli che negli anni cambiano e camminano verso il loro destino. Anche
il canonico Smith va incontro al suo destino anno dopo anno, al ritmo
delle novità dei tempi, film e romanzi, guerre e invenzioni, mode e peccati vecchi quanto il mondo. E quando sarà sul letto di morte: «... gli
piacque anche ricevere l’Estrema Unzione, mentre dalla finestra si vedeva il cielo con gli alberi, sempre al loro posto». È il ritratto di un uomo
che è stato grato alla vita, cui la vita è piaciuta, con tutte le sue ombre,
e a cui finirà per piacere anche la morte: «un render chiare le cose, un
folgorare di luce...».
35
NUMERI UTILI
ALBERGO
0935 20176
SEGRETERIA
FRANCESCO INGUANTI
338.9991137
MEDICI REPERIBILI
TOMMASO AzzARELLO
339.5452166
GIACOMO RONDELLO
338.5625882
GAETANO BURGIO
3357706730
Si ringraziano per i testi:
Francesco Inguanti, Maria Cristina La Manna, Giuseppe Lenzo,
Angela Maria Sechi, Rita Martorana Tusa, Calogero Zuppardo.
36
INDICE
QUANDO ABBIAMO SORPRESO E RICONOSCIUTO
NELLA NOSTRA ESPERIENZA
“UNA PRESENZA NELLO SGUARDO”?............................................1
PROGRAMMA.......................................................................................2
LA PROVINCIA DI ENNA....................................................................3
ENNA......................................................................................................7
AIDONE..................................................................................................10
IL MUSEO DI AIDONE .........................................................................11
MORGANTINA......................................................................................17
MONTE ALTESINA...............................................................................19
CASEIFICIO RAJA................................................................................22
IL VANGELO SECONDO MATTEO ....................................................23
QUAL E’ IL VERO “MIRACOLO”
DEL VANGELO SECONDO MATTEO ................................................24
L’ULISSE CRISTIANO..........................................................................26
LA CHIESA DI SANT’ANNA E LE VETRATE
DI AMERICO MAZZOTTA...................................................................28
IL DUOMO DI ENNA............................................................................31
LETTURE PER L’ESTATE ....................................................................32
NUMERI UTILI......................................................................................36
37
SCRIVI RIFLESSIONI, COMMENTI
E SUGGERIMENTI SULLE VACANZE
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CARUSI. Cartolina dalla collezione Di Benedetto. Palermo, Biblioteca Centrale
E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo,
dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva,
nell’averla scoperta, là, mentr’ella saliva pel cielo, la
Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, delle
valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non
aveva più paura, né si sentiva più stanco, nella notte ora
piena del suo stupore.
Da “Novelle per un anno” di Luigi Pirandello
Scarica

Comunione e Liberazione Vacanze estive Sicilia