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Credito
alle
imprese
CREDITO ALLE
Scoperto di conto
corrente, da usare
con cautela
Utile per sopperire a temporanee esigenze di liquidità o per coprire
eventuali insoluti, il fido di cassa non va utilizzato per finanziare
gli investimenti. I costi sono troppo alti rispetto ad altri prodotti
specifici presenti sul mercato del credito
di Carlo Morichini, Fidindustria S.c.ar.l.p.a.
L
o scoperto di conto corrente, detto anche scoperto di cassa o fido di
cassa, costituisce uno
dei prodotti bancari più
noti e utilizzati (anche in modo
improprio) da imprese e privati
cittadini. La sua diffusione è ormai capillare, tanto da toccare
quasi ogni famiglia e la totalità
delle aziende, grandi o piccole che
siano. È caratterizzato, come vedremo appresso, da una estrema
semplicità di utilizzo.
L’immediatezza con cui questo
strumento si rende disponibile
costituisce proprio la chiave di
volta del suo successo e nel contempo la causa di un suo utilizzo
non sempre centrato e corretto.
Abusare di un fido di cassa è un
fatto tutt’altro che raro sia per
operatori economici del calibro di
imprese e professionisti, che per le
stesse famiglie. Abusare di un fido
di cassa è un comportamento che
nel medio periodo provoca pesanti ripercussioni su chi si è lasciato
trasportare dall’entusiasmo.
Le caratteristiche
Vediamo di definire le caratteristiche che contraddistinguono un
fido di cassa. La banca accorda al
proprio cliente (che assume la
veste di correntista) la possibilità
di poter andare “in rosso” sul
conto fino ad un massimo stabilito. Il cliente quindi, anche in
assenza di liquidità, può utilizzare
il conto corrente disponendo operazioni quali bonifici, prelievi per
cassa, emissione di assegni, ecc.
L’utilizzo di questo affidamento
viene concesso dalla banca ad un
tasso d’interesse predefinito, le
cui variazioni, grazie alla normativa vigente in merito alla trasparenza bancaria, devono sempre
essere comunicate al correntista.
Fino a qualche anno fa, per consuetudine, gli interessi a debito
avevano liquidazione trimestrale,
cioè venivano addebitati sul conto
corrente ogni tre mesi. Viceversa
gli interessi creditori venivano
accreditati unicamente una volta
l’anno, alla fine dell’anno. Sulla
liceità per le banche di utilizzare
due pesi e due misure nell’imputazione degli interessi, sono stati
versati fiumi di inchiostro, fino ad
arrivare alla condanna esplicita di
tale comportamento. Il metodo di
calcolo e la periodicità dei flussi
sono stati uniformati, in modo da
rendere maggiormente equo il
contratto tra correntista e istituto
bancario. La lunga diatriba tra
imprese e consumatori da una
parte e banche dall’altra è nota
con il termine di “anatocismo” e
fa ormai parte della storia economica del nostro paese.
Oltre ad essere contraddistinto da
un tasso piuttosto elevato, in ogni
caso ben più elevato di altre forme
di credito a causa del suo elevato
grado di rischiosità, lo scoperto di
conto corrente si porta appresso
numerosi costi accessori (spese
per riga, spese di chiusura, commissione di massimo scoperto,
ecc.), che analizzeremo appresso.
Lo scoperto di conto corrente è
uno strumento che le banche non
amano particolarmente concedere,
salvo che esso non sia adeguatamente supportato da garanzie
accessorie fornite dall’obbligato
principale o da terzi. Va utilizzato
in modo elastico e parziale, cercando di non saturare il livello di
credito concesso.
È importante abbattere periodicamente l’esposizione al fine di ricostituire un saldo accettabile.
Bisogna evitare cioè che si verifichi quello che nella prassi bancaria si definisce un “incaglio”. Un
conto incagliato è un conto che
non movimenta, che è sempre al
massimo dell’esposizione. Questa
è una situazione che oltre ad essere onerosa per l’imprenditore (il
debito si ingigantisce, perché gli
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interessi producono altri interessi,
ecc.) non piace alle banche (né
tanto meno a Banca d’Italia) e può
costituire motivo di revoca.
Un’altra caratteristica del fido di
cassa è quello di non avere una
scadenza predefinita. Si definisce tecnicamente una linea a revoca, cioè una linea di credito che la
banca concedente può, a sua
discrezione, revocare in qualsiasi
momento. Al verificarsi di condizioni di rischio, quindi, l’istituto è
libero di disdettare le linee in questione, chiedendo al correntista il
rientro del debito in cinque giorni.
Decorso tale termine la banca può
procedere con le azioni legali che
riterrà opportune. Non essendoci
scadenza e non essendo previsto
un ammortamento del debito (cioè
un abbattimento progressivo dell’esposizione tramite versamenti
periodici, le cosiddette rate), non
esiste per lo scoperto di cassa il
beneficio del termine, cioè l’impossibilita di revoca da parte del
concedente nel caso in cui l’obbligato abbia rispettato il rientro prestabilito.
Scopo e controindicazioni
Serve per sopperire a temporanee
esigenze di liquidità, a coprire
eventuali insoluti, a “chiudere” un
business particolarmente interessante e dai tempi stretti. In ogni
caso, come dice il nome stesso, il
suo utilizzo deve essere estemporaneo e discontinuo. Elasticità
sta per rientri continui dall’esposizione e non, come già detto sopra,
il mantenimento di un livello di
debito al top. Serve per controbilanciare discrasie tra incassi e
pagamenti, tra entrate e uscite.
Non serve assolutamente a finanziare gli investimenti e tutte le
spese che danno un beneficio su
più esercizi. Utilizzarlo a questo
scopo rappresenterebbe un autenti-
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co suicidio, sia per il costo, sicuramente più elevato di un finanziamento a medio termine finalizzato,
sia perché l’esposizione su un prodotto simile non può trascinarsi per
più di qualche mese, mentre un
investimento richiede la diluizione
dell’esborso su diversi esercizi.
Non deve neppure essere utilizzato
per finanziare le scorte o le mensilità aggiuntive dei dipendenti.
Anche per queste peculiarità
imprenditoriali esistono prodotti
sicuramente migliori.
Purtroppo sul mercato si riscontra
viceversa un utilizzo tutt’altro che
congruo del fido di cassa, che viene
utilizzato da molte imprese proprio
per gli scopi succitati.
Ciò si deve a diversi fattori. Da un
lato la scarsa cultura finanziaria di
alcuni imprenditori, dall’altro la
scarsa trasparenza di alcuni bancari che anziché proporre prodotti
maggiormente mirati, indirizzano
le imprese verso strumenti di più
agevole ottenimento, ma fortemente penalizzanti per quel che riguarda costi e caratteristiche tecniche.
Ovvio che ciò che penalizza una
controparte, favorisce l’altra…
Glossario e voci di costo
Tasso d’interesse (passivo
per il correntista). A seconda
del potere contrattuale del correntista può subire forti oscillazioni.
Indicativamente dovrebbe essere
contenuto entro 3-4 punti oltre
l’euribor, il che significa che
attualmente, con un euribor a tre
mesi pari a circa il 4%, esso non
dovrebbe superare il 7-8%. Per
l’impresa sarebbe opportuno
ancorarlo all’euribor, al fine di
renderlo maggiormente controllabile e allineato al mercato. In tal
senso può essere utile utilizzare la
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garanzia consortile fornita da un
Confidi. Gli organismi di garanzia, infatti, vincolano normalmente il loro intervento a un tasso prefigurato a favore del debitore, normalmente ancorato per l’appunto
all’euribor.
Spese per riga. La banca, per
ogni operazione effettuata dal correntista (cioè per ogni movimento
registrato sull’estratto conto),
applica alla fine di ogni trimestre
un costo che può raggiungere
anche 1-2 euro per riga. Più operazioni si fanno e più il conto si fa
salato. La contromossa per le
aziende consiste nel concertare
preventivamente con la banca un
forfait, in base al numero di operazioni che si prevede di effettuare
nel corso dell’anno. Un buon forfait può essere costruito imputando un costo fittizio per riga di 0,5
euro e moltiplicandolo per il
numero di operazioni presunte.
Viceversa, per un soggetto privato
esistono varie tipologie di conti
correnti che prevedono esenzioni
totali o parziali (franchigie fino a
un certo numero di operazioni) dal
balzello in cambio di un certo
grado di fedeltà (es. conti retribuzione o conti pensione che garantiscano alla banca un flusso mensile) o di un sacrificio in termini di
interessi (tasso a credito per il correntista pari a zero al di sotto di un
certo saldo attivo).
È fondamentale per tutti (aziende
e privati) prendere l’iniziativa:
ben difficilmente la banca verrà a
proporre qualcosa di vantaggioso
di sua volontà, perché il vantaggio
del correntista rappresenterebbe
per lei un mancato guadagno.
Valuta. Il sig. Mario Bianchi
versa un assegno oggi, ma l’accredito reale della somma gli viene
riconosciuto solo dopo un certo
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numero di giorni. Il concetto di
“valuta” permea di sé non soltanto
gli assegni, ma anche i bonifici, le
ricevute bancarie, l’estinzione o
l’accensione di finanziamenti.
Per gli assegni i giorni di valuta possono andare normalmente da 1 a 3.
Spese fisse di chiusura. Ogni
tre mesi la banca addebita una
cifra compresa tra i 5 e i 30 euro.
Tale importo teoricamente dovrebbe coprire i costi sostenuti
dalla banca per il calcolo trimestrale degli interessi a lei dovuti
dai propri correntisti. È bene concordarle a priori.
Commissione di massimo
scoperto. La ricetta è la seguen-
te: si prende la punta più alta di
indebitamento raggiunta nel trimestre dal correntista e gli si
applica una commissione secca
che può variare da 0 a 1,25%. Se
poi malauguratamente un’azienda
o un privato hanno utilizzato,
anche per brevi periodi, le linee
concesse in sconfino, cioè oltre la
soglia stabilita a priori con la
banca, in aggiunta, anche sulla
punta più alta dello sconfino si
calcola la commissione di massimo scoperto, aggiungendola alla
precedente. È possibilissimo azzerarla, basta definire preventiva-
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mente con la banca anche questo
aspetto.
Tasso extrafido. È il tasso applicato al correntista se questi utilizza
la linea di fido oltre il livello di affidamento concesso. In questo caso il
tasso d’interesse concordato contrattualmente viene maggiorato di
un paio di punti (nella migliore
delle ipotesi).
Spese estinzione conto. Nei
contratti di conto corrente fino a
poco tempo fa era previsto anche un
obolo al fine di troncare il rapporto
con la banca. Recenti disposizioni
legislative hanno ritenuto illegittime
le spese di estinzione conto, obbligando gli istituti bancari ad abolirle.
Costo del libretto assegni. Per
ogni libretto assegni ritirato la banca
applica un costo di 0,5-1 euro.
Commissioni sui bonifici. Da
non sottovalutare anche le commissioni sui bonifici effettuati dai correntisti. L’avvento della banca elettronica (home banking) ha per certi
versi limato i costi, ma non è sempre così. Il costo può oscillare da 1
a 4 euro, a seconda del potere
contrattuale e dell’attenzione prestata dal cliente della banca nel
controllare gli estratti conto.
Invio di documenti informativi. Si fa riferimento in particolare
all’invio dei cosiddetti documenti di
sintesi previsti dalle norme sulla trasparenza. Gli istituti di credito,
nascondendosi dietro il paravento
della tutela del correntista, hanno
trovato un nuovo modo per racimolare denari. Ogni documento
di sintesi che la banca invia (e nel
quale sono esposte le principali
voci di costo che caratterizzano il
rapporto di conto corrente o in
generale il rapporto con l’istituto)
procura addebiti variabili da 1,5 a
4 euro. Le banche hanno trasformato la normativa sulla trasparenza, che doveva tutelare i consumatori, in un business. La carta fiocca nelle buche delle lettere, senza
che il correntista possa rinunciare
alla ricezione e con essa fioccano
pure le spese. Inoltre, grazie a
questi documenti, la banca ha trovato il modo per cambiare continuamente le carte in tavola, modificando d’ufficio, unilateralmente,
condizioni concordate con i propri
clienti poco tempo prima. Senza
nemmeno l’assillo di comunicarlo
verbalmente. Si tenga presente
che in sostanza i documenti di sintesi riportano dati già presenti
sugli estratti conto inviati (naturalmente pure loro a pagamento)
periodicamente ai clienti, creando
inutili duplicazioni.
Attenzione a…
•
Valutare attentamente il reale costo del prodotto, non limitandosi a considerare unicamente il tasso d'interesse, ma tenendo
a mente anche il peso di tutte le altre variabili sopra esposte. È bene cominciare a ragionare in termini di tasso effettivo e non
di tasso nominale, includendo nel saggio d'interesse anche il peso degli oneri accessori.
•
Seguire periodicamente l'andamento del rapporto, controllando sugli estratti conto le variazioni delle voci di spesa. A norma
di legge quelle sfavorevoli al correntista devono essere ben evidenti (di solito sono in grassetto). Il miglior modo per evitare
di essere tartassati è contrattare continuamente le condizioni e opporsi ad ogni variazione peggiorativa tempestivamente.
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