66 LA REPUBBLICA
DOMENICA 22 GENNAIO 2006
AUTOMOTORI
Una volta c’era solo la Rossa di Maranello. Poi anche
altre marche hanno scoperto questo mercato ricchissimo
Volvo C70
Ecco l’ultima svedese tutta lusso e tecnologia. Capote rigida giù in 30 secondi
Stile coupé anzi cabrio
nel segno di Pininfarina
VALERIO MONACO
DUBAI — La Volvo C 70 coupé
cabrio è rock. Soprattutto guidarla scoperta a gennaio, immersi nel sole della milionaria
Dubai mentre l’Europa è serrata
nel gelo dell’inverno. È una nordica bella, slanciata, elegante. E
già al primo colpo d’occhio mostra uno stile che si fa ammirare.
Ma la svedese dalle morbide curve non si accontenta di piacere.
Lo spiega Patrik Widerstrand,
responsabile del progetto: «Siamo riusciti a creare un’auto unica, che sa essere cabrio di classe
e coupé sportiva». E la prova su
strada lo conferma.
Volvo C70 è bella da guidare a
cielo aperto, ma sa
anche regalare le
emozioni della
coupé sportiva. La
capote rigida scomponibile in tre sezioni è una chicca da
scoprire. Una magia
dell’italiano Pininfarina, alle cui linee
di assemblaggio va
anche il delicato
compito di costruire
la vettura. La mente
del sistema di apertura è un
computer, e i muscoli un motore elettrico e una pompa idraulica. Il movimento, concluso in
meno di 30 secondi, è una danza
a tre ali che fa spettacolo, un tocco di unicità. Una volta aperto,
l’hard top scompare
nell’ampio bagagliaio da 200 litri,
nella versione cabrio, e 400 litri a vettura chiusa.
Nella Volvo C70
l’architettura degli
interni è una citazione all’auto scandinava. Nulla è superfluo. A dominare
è la funzione. Unico
vezzo è la consolle
astratta dalla plancia, vaga ispirazione agli idiomi nordici tipo
Bang & Olufsen. E poi quattro
poltrone anatomiche, per viaggiare nel comfort con quattro
passeggeri. Un posto di guida
impeccabile. E una teoria di vani
e ripostigli. Molti
con serrature comandate dalla chiusura centralizzata.
Una soluzione intelligente, se si parcheggia l’auto scoperta.
La dotazione di sicurezza supera la
tradizione Volvo. La
nuova scocca raddoppia la rigidità, rispetto alla cabrio
del passato. Non manca il sistema di protezione Volvo per il colpo di frusta, e la rigorosa lista di
pretensionatori e di airbag frontali e laterali. Con in più un inedito airbag a tendina, per la protezione della testa, espulso dallo
sportello. Tecnica unica tra le
cabrio. E per proteggere dal ribaltamento, l’incidente più pericoloso per un’auto scoperta,
due robusti roll bar a scomparsa
proteggono l’abitacolo.
Quattro le motorizzazioni.
Tutte trasversali e a cinque cilindri. Due motori a benzina sono
aspirati (2435 cc, 140 e 170 Cv). Il
terzo è il potente T5 turbo (2521
cc) da 225 Cv. E, all’inizio dell’estate, arriverà anche l’atteso turbodiesel D5 da 180 Cv.
Sulle strade che corrono tra le
dune di Dubai, fino a sconfinare
nel sultanato dell’Oman, la Volvo C70 sfoggia una personalità
multiforme. Doppia carrozzeria, dunque, tra cabrio e coupé.
Ma doppio anche il carattere.
DOMENICA 22 GENNAIO 2006
Volvo C 70
LA REPUBBLICA 67
AUTOMOTORI
Una GT nella gamma vale oro: regala immagine sportiva
e spinge le vendite. Anche delle piccole da città
La coupé cabrio della casa
svedese sarà in vendita
da aprile con motori 2.4
benzina da 140 e 170 e 2.5
turbo da 225. Prezzi a partire
da 36.250 euro
le nuove Supercar
Con il turbo T5, la svedesina non
si lascia pregare: va forte, è incollata al terreno e ha un quartetto
di freni che mordono l’asfalto
senza complimenti. Una sorpresa inaspettata, insomma, se
non fosse per la “ventosità”
di troppo a capote aperta. E
per una rete frangivento
che non è all’altezza
dello stile di bordo. In
arrivo da noi a fine
aprile, la Volvo
C70 andrà in
vendita a partire
da 36.250 euro.
Lamborghini Gallardo
A Miami con la “piccola” scoperta della casa di Sant’Agata, bolide da 520 Cv
Che brividi su quella Spyder
grande mix Italia-Germania
DANIELE P. M. PELLEGRINI
MIAMI — La Florida è sicuramente un luogo esotico e affascinante, come lo sono quasi tutti quelli
scelti per le manifestazioni automobilistiche più prestigiose. Ma
se l’italianissima Lamborghini
ha lasciato la sua terra per venire
nel regno dei pensionati di lusso
e dei limiti a 55 miglia all’ora, le
ragioni sono soprattutto altre e,
se possibile, più convincenti. A
decidere sono i numeri, che assegnano stabilmente gli Stati Uniti
al primo posto nelle statistiche di
vendita con più del 40% dell’intera produzione. Un buon cliente,
quindi, da trattare bene, anche
andando a domicilio per presentare l’ultima eccitante creatura di
Sant’Agata Bolognese: la Gallardo Spyder, che nell’immaginario
collettivo sembra pensata proprio per il sole e il glamour di Miami o di Los Angeles.
Questa versione aperta della
“piccola” Lamborghini è anche
un po’ il simbolo dell’evoluzione
dei prodotti di Sant’Agata, iniziata da quando l’Audi ha preso il
controllo dell’azienda nel 1998.
IN ARRIVO
MA LA STORIA SIAMO NOI
VALERIO BERRUTI
Lamborghini
Gallardo Spyder
Capote in tela e stesso
V10 da 500 Cv della
coupé: questa la ricetta
Lamborghini per la
Gallardo Spider
Ferrari
599 GTB
E’ l’erede della 575
Maranello: la 599 GTB
ha un 12V di 6000 cc
da 620 cavalli
le fuoriserie
Viaggio nel mondo della passione. E listini milionari
Dopo il successo
della Continental GT
la Bentley sta per
lanciare la cabriolet
VINCENZO BORGOMEO
UELLI che esaltano i
«Q
“miti circolanti” messi
insieme alla meglio, in officine
Bugatti Veyron
Oltre 1000 Cv e 400
orari: questa in sintesi la
Bugatti Veyron. Ha un
16 cilindri con 4 turbo
da 8000 cc
Quattro porte ma
linea da coupé:
questa l’idea per
l’Aston del futuro
S
Estreme e un po’ folli
il tetto del mondo
per Bugatti e Pagani
Bentley
Continental GTC
Aston Martin
Rapide
tavolta celebriamolo davvero il made in Italy.
Quello di cui parla Montezemolo quando racconta le sue Ferrari ma anche e soprattutto quello di
molte aziende sparse nel nostro paese e non altrettanto
note come quella del Cavallino.
Compriamo sempre più tedesco e ultimamente giapponese ma non dimentichiamo che su ogni supercar c’è
sempre un bel pezzo di Italia. Intanto siamo l’unico paese al mondo ad avere quattro marchi che fanno solo quel
genere di auto (Ferrari, Lamborghini, Maserati e Zonda)
e le esportano in tutto il mondo. E poi i carrozzieri italiani Pininfarina, Bertone, Italdesign-Giugiaro, Studio
Idea e Fioravanti sono i leader indiscussi della progettazione di supercar. Per non parlare della produzione di
prototipi (Stola solo per fare il primo nome).
E poi lo sapevate che a Colonnella (provincia di Teramo) c’è un’azienda tutta italiana che produce le scocche
della Ferrari Enzo, della Porsche Carrera GT e della Bugatty Veyron e che studia i più avanzati materiali in fibra di carbonio? Insomma in questo caso possiamo dirlo davvero che la storia siamo noi. Anche quella di oggi.
dalle attrezzature vetuste, sono
la maggior parte delle volte
giornalisti che si esprimono
con la loro penna più facilmente sulle colonne dei giornali che
sul libretto di assegni per comprare questi “mostri sacri” e assumersi i loro incredibili costi
di manutenzione».
Non lo disse uno snob qualunque, ma Soichiro Honda, ai
tempi in cui inaugurò la supertecnologica fabbrica di Tochigi
per costruire la supercar NSX
tutta d’alluminio. Quanto c’è di
vero, oggi, in questa affermazione? «Poco - risponde Horacio Pagani - papà dell’omonima marca di stratosferiche GT -
noi costruiamo la Zonda con la
stessa tecnologia con cui si fabbricano gli aerei, mentre anche
la Ferrari Enzo e la Porsche Carrera GT nascono utilizzando
fabbriche sofisticatissime».
La Pagani, fra l’altro, è l’unica
azienda al mondo a produrre in
proprio la scocca in carbonio
della sua macchina e per il prossimo Salone di Ginevra ha in
serbo una vera anteprima: la
spider più veloce, leggera e costosa del mondo: la Zonda
Roadster Club Sport con carrozzeria in carbonio a vista,
senza verniciatura e 12 cilindri
AMG Mercedes potenziato a
650 Cv. Il suo biglietto da visita
è impressionante: 345 orari di
velocità massima, un peso di
appena 1230 Kg e un listino di
790 mila euro. Ne nasceranno
solo 25, tutte (come al solito)
firmate su ogni singolo pezzo
fatto in casa dall’artigiano che
l’ha realizzata e corredate dal
“libro di fabbrica” per raccontare passo dopo passo come è
nato quel particolare modello.
Difficile credere che ci sia qualcuno che vorrà personalizzare
una macchina del genere (tanto per capirci la Zonda Club
Sport ha 142 parti in carbonio),
ma questo è il destino di tutte le
Pagani.
Se possibile, però, c’è chi va
oltre: la Bugatti per la Veyron
annuncia una potenza di 1001
cavalli, spremuti da un 16 cilindri quadri turbo da 8000 cc. La
velocità massima? Oltre 400
orari. «Ma per raggiungerla - assicurano alla Bugatti - serve una
seconda chiave che attiva un
nuovo assetto e un’aerodinamica molto particolare». Ossia
si chiudono alcune prese d’aria, la macchina si “accuccia” sull’asfalto e dalla coda
esce fuori uno spoiler che
sembra uno stendipanni.
La madre di tutte le Supercar costa un milione di
euro ma, in un mondo dove
il prezzo non conta (per
portarsela a casa serve una caparra di 300 mila euro non rimborsabile in caso di rinuncia all’acquisto), i problemi sono altri. Per esempio garantire l’assistenza adeguata a una macchina tanto complicata. Così
chi compra una Veyron deve
firmare un contratto dove (testuale) «accetta che possa essere necessario riportare la macchina in Francia per riparazioni e manutenzione». Comodo
no? Forse Soichiro Honda non
aveva tutti i torti...
Zonda Roadster
La Zonda Roadster Club
Sport è la spider più
veloce e leggera del
mondo: 345 orari e 1230
Kg. Costa 790 mila euro
La Gallardo Spyder è una Lamborghini nel look, nel motore da
520 Cv, nel gusto della guida spettacolare ma è anche una cabriolet
come la si intende oggi, con la sua
bella capote automatica e la possibilità di andare a 300 all’ora con
lo stesso comfort della coupé. Un
risultato non da poco se si pensa
che per far sparire completamente il tetto e non intaccare il profilo della carrozzeria roadster si deve far aprire e chiudere il cofano
posteriore, costituito da un singolo pannello di carbonio di quasi 5 metri quadrati. Un lavoro da
tedeschi; come lo scrupolo con il
quale i tecnici di Ingolstadt coltivano la qualità, che, sull’eredità
delle passioni di Ferruccio Lamborghini e degli entusiasmi dell’epoca, non era mai entrata nella cultura d’azienda.
La cosa non è facile, perché in
molti temevano (e temono) che la
germanizzazione possa rovinare
in qualche modo immagine e
contenuti di un marchio tanto radicato nella propria terra e nelle
proprie tradizioni, ma conforta il
fatto che nella sua storia, dopo
soli nove anni di furibonda gestione del fondatore, la proprietà
della Lamborghini ha visto proprio di tutto: dagli svizzeri ai franco-arabi, dagli americani agli indonesiani. Conforta anche il
profondo rispetto che gli uomini
Audi hanno per l’immagine del
marchio, con quella disciplina
germanica che qualche volta li fa
diventare più realisti del re. Per
esempio, a Sant’Agata avrebbero
voluto adottare una messa a punto del comando elettronico del
cambio sequenziale E-gear, un
po’ più dolce e confortevole ma a
Ingolstadt la cosa è stata bocciata
perché la cambiata brusca è una
delle caratteristiche della sportività Lamborghini.
Il sottile equilibrio fra tradizioni e progresso si giocherà non solo sulla filosofia, ma soprattutto
sul successo
delle vetture e
sulla capacità
di gestire in modo redditizio un
sistema produttivo e industriale
che non consente, per il momento, di uscire dall’ambito dei piccoli numeri (nel
2005 il nuovo record viene dal superamento dei
1600 esemplari) e
da una gamma limitata a due modelli e
due versioni. La Gallardo Spyder infatti,
con i suoi 800 esemplari previsti, non
sarà totalmente aggiuntiva ma sostituirà
in parte la produzione
della coupé. Il problema è sempre quello di produrre una macchina in meno di quelle che si potrebbero vendere e di alimentare
un mito che si fonda sulla Miura e
sugli aneddoti degli anni ruggenti di Ferruccio ma che deve fare i
conti con l’evoluzione di una
clientela ricca e bizzosa.
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