VI
PRIMO PIANO FIRENZE
LA CITTA’ DELLE IDEE
LA NAZIONE MARTEDÌ 13 GENNAIO 2009
.
IL COMMENTO
SOLO UNA LITANIA
DI VETRINE
di MARCO
MARCHI
N MOLTI e in molti modi auspicano una «primavera fiorentina»: una rinascita, perfino un moderno rinascimento. Ma che stagione
c’è a Firenze, che epoca della
storia, nascosta tra le maglie
della cronaca, ci si vive? Tutti, chiamati a giudicare, scuotiamo il capo, pensando a Firenze – con un di più di rammarico, e non solo perché a
Firenze ci viviamo – alla stregua di ogni luogo della terra:
un luogo insufficiente, umanamente deludente, spesso insensato e violento, del tutto
incapace di comprendere – come a nome dell’intera umanità dice un libretto d’opera –
ciò che avremmo potuto essere.
I
SENZA DUBBIO Firenze
potrà rispondere ai compiti
di riqualificazione che le competono conformandosi alle ragioni di un proprio destino.
Un destino storicamente insediatosi e orientante ma dinamico, inventivo, all’insegna
dell’arte, dell’ingegno, della
bellezza, della giustizia,
dell’accoglienza, con il senso
concreto e visibile di tutti
questi valori, per cui chi vive
a Firenze porta con sé un tratto di riconoscimento che lo
distingue nel mondo. Perché
nuove stagioni si affermino,
Firenze dovrà non venir meno ai suoi connotati più autentici e caratterizzanti, ma
puntare insieme con coraggio
– lei città sufficientemente diversa dalle altre e abituata al
nuovo – al confronto dialogico con le differenze: quelle appunto che nella loro varietà
capace di coniugare valori «altri» e vita vissuta, ideali e incarnati modi di esistere, aspirazioni e delusioni del quotidiano, tracciano la fisionomia più attendibile di qualsiasi ritratto, poco importa se di
persona o di città, dato che di
un’«umana città» Firenze potrebbe costituire l’immagine.
Ecco invece lo scempio
dell’omologazione, il tutto
uguale a tutto del consumismo, il trionfo dell’azienda
anche in ambiti che dovrebbero essere di cultura e di apprendimento, l’originalità indiscriminatamente osteggiata e il conformismo studiato
come un’arma di consenso, il
denaro a tutti i costi. È così
che un destino d’eccellenza
impegnativo ed implicante
come quello che il passato recapita a Firenze potrà ancora
risolversi in un’interminabile sequenza di vetrine di negozi d’abbigliamento per passanti globali: una vetrina dietro l’altra, solo quelle, con pochissime interruzioni a rischio di sopravvivenza.
Maraini: «Miniere di diamanti
«Il risveglio dell’Italia potrebbe cominciare da qui. Potremmo
di TITTI GIULIANI FOTI
I COSA ha bisogno
questa città? Secondo
me di un rapporto più
diretto fra cittadini e amministrazioni. Conoscere bene gli amministratori e poterli scegliere è la cosa
più importante». Il successo di oggi si intitola «Il treno dell’ultima
notte». Sotto Natale è stato introvabile in tutte le librerie di Firenze.
Ed è proprio a Firenze — un omaggio che parte dal cuore — che la
scrittrice Dacia Maraini, ha ambientato questa sua opera. Protagonista è una giovane giornalista fiorentina che alla ricerca di un affetto privato, si addentrerà nel labirinto di una grande tragedia, l’olocausto, per giungere al cospetto di una
guerra simbolo dell’abisso in cui è
piombato il Novecento.
«D
Signora Maraini, lei è fiorentina, ha studiato al Poggio Imperiale: come dovrebbe essere gestita questa città?
«L’ideale sarebbe che i politici stessero piu in mezzo alla gente, favorendo l’incontro, la discussione.
Cosa che si faceva di più quando le
città erano piccole. Oggi i politici
si illudono che la televisione li metta alla portata di tutti e invece finiscono in un rapporto virtuale che
esclude ogni contatto vero».
Cosa salta all’occhio di Firenze?
«Credo che abbia tutti i numeri per
diventare un esempio per il Paese e
potrebbe farlo in diversi modi. Ormai mi sembra chiaro che il futuro
dell’Italia sta nell’arte e non nell’industria. Bisognerebbe fare in modo che l’arte diventi uno strumento di conoscenza, di crescita, ma anche di guadagno».
Le due cose in genere vengono separate...
«Ed è un errore, perchè l’arte è ricchezza che porta ricchezza. E Firenze è una delle città più ricche
del mondo».
Perché non l’hanno capito gli
amministratori?
«Forse perchè inseguono sogni di
industrializzazione e tecnologie
avanzate. Non che io sia contro le
tecnologie, ma andrebbero utilizzate per sviluppare la fruizione della grande ricchezza artistica della
città. Oltre a questo, Firenze,
che ha una grande tradizione di
legalità e democrazia, potrebbe diventare un modello per tutta l’Italia».
In che senso?
«Potrebbe dimostrare all’Italia intera che si può amministrare una città con profitto senza speculazioni,
senza imbrogli e senza strizzare
l’occhio alle mafie».
Ci sopravvaluta?
«Firenze ha gli strumenti per farlo.
E’ una città che conosce l’arte del
buon governo anche se non sempre la pratica».
Ma basta questo?
«Firenze, la bella piccola grande
città, è come se disponesse di miniere di diamanti. Come uno quei
paesi africani piagati dalle guerre
perchè tutti vogliono impossessarsi dei loro beni. Ma la cultura non si può rubare, capisci il privilegio?
Qui ci sono miniere di diamanti
che purtroppo non vengono utilizzate come dovrebbero».
Allora che fare?
«Io insisterei sulla città modello.
Firenze ha tutte le qualità e le risorse per diventarlo. Il nostro Paese è
ammalato di illegalità. Fornito di
leggi magnifiche, semplicemente
non le applica. Dorme il senso di
giustizia, dorme il senso della democrazia. Perchè il risveglio non
potrebbe cominciare da Firenze?»
E’ così drammatico questo
sonno?
«E’ da questa illegalità che vengono i guai più terribili del nostro
paese. Perfino la presenza nelle
istituzioni della criminalità organizzata deriva da questa sfiducia e
da questo disinteresse per la legalità».
Le sembra facile?
«Certo che no. Ma è importante rischiare e tentare. Però non aspettandosi l’imbeccata dall’alto. Sono
i cittadini che devono rimboccarsi
le maniche e porsi con serietà e impegno la questione del futuro. Si comincia dal basso, dal piccolo e poi
si passa ai grandi progetti generali».
Lo sa che ancora si discute su
tranvia in piazza Duomo sì o
no?
«Perché c’è chi pensa che il tram
possa rovinare i luoghi sacri della
città. Eppure il tram è oggettivamente uno dei più antichi mezzi di
locomozione. Mi spaventerebbero
IL RICONOSCIMENTO
La Regione
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nazione/giornale/fir/08 13/01/09