CAPO III
DELL’ESPROPRIAZIONE PRESSO TERZI
Sezione I
Del pignoramento e dell’intervento
Art. 543 – Forma del pignoramento
[1] Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi (1) o di cose del
debitore che sono in possesso di terzi (2, 3), si esegue mediante atto notificato personalmente al terzo e al debitore a norma degli articoli 137 e
seguenti (4).
[2] L’atto deve contenere, oltre all’ingiunzione al debitore di cui all’articolo 492 (5):
1. l’indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del
precetto (6);
2. l’indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute (7) e
l’intimazione al terzo di non disporne senza ordine di giudice (8);
3. la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in
cui ha sede il tribunale competente (9) nonché l’indicazione dell’indirizzo
di posta elettronica certificata del creditore procedente (10)1;
4. la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al giudice del
luogo di residenza del terzo, affinché questi faccia la dichiarazione di cui
all’articolo 547 e il debitore sia presente alla dichiarazione e agli atti ulteriori, con invito al terzo a comparire quando il pignoramento riguarda
i crediti di cui all’articolo 545, commi terzo e quarto, e negli altri casi a
comunicare la dichiarazione di cui all’articolo 547 al creditore procedente
entro dieci giorni a mezzo raccomandata ovvero a mezzo di posta elettronica certificata (11, 12, 13, 14)2.
[3] Nell’indicare l’udienza di comparizione si deve rispettare il termine
previsto nell’articolo 501 (15).
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[4] L’ufficiale giudiziario, che ha proceduto alla notificazione dell’atto, è
tenuto a depositare immediatamente l’originale nella cancelleria del tribunale per la formazione del fascicolo previsto nell’articolo 488. In tale
fascicolo debbono essere inseriti il titolo esecutivo e il precetto che il creditore pignorante deve depositare in cancelleria al momento della costituzione prevista nell’articolo 314 (16)3.
1 Numero modificato dall’art. 96, d.lg. 19.2.1998, n. 51, con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù
di quanto disposto dall’art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall’art. 1, l. 16.6.1998,
n. 188. Successivamente, il presente numero è stato così modificato dall’art. 1, 20° co., n. 1, lett.
a), l. 24.12.2012, n. 228, a decorrere dal 1° gennaio 2013 ai sensi di quanto disposto dall’art. 1,
561° co., della citata l. n. 228/2012 e con i limiti di applicabilità previsti dal 21° co. dello stesso
art. 1.
2 Numero prima modificato dall’art. 96, d.lg. 19.2.1998, n. 51 (con effetto dal 2 giugno 1999,
in virtù di quanto disposto dall’art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall’art. 1, l.
16.6.1998, n. 188) e poi sostituito dall’art. 11, l. 24.2.2006, n. 52. Successivamente, il presente
numero è stato così modificato dall’art. 1, 20° co., n. 1, lett. b), l. 24.12.2012, n. 228, a decorrere
dal 1° gennaio 2013 ai sensi di quanto disposto dall’art. 1, 561° co., della citata l. n. 228/2012 e
con i limiti di applicabilità previsti dal 21° co. dello stesso art. 1.
3 Comma così modificato dall’art. 96, d.lg. 19.2.1998, n. 51, con effetto dal 2 giugno 1999,
in virtù di quanto disposto dall’art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall’art. 1, l.
16.6.1998, n. 188.
commento di Gabriella Tota
Sommario: A. PROFILI GENERALI. - B. EVOLUZIONE STORICA DELL’ESPROPRIAZIONE DEI CREDITI. C. (SEGUE). PROFILI COMPARATISTICI. I SISTEMI FRANCESE E GERMANICO. - D. L’EVOLUZIONE DELLA
DISCIPLINA DELL’ESPROPRIAZIONE PRESSO TERZI IN ITALIA. - E. SCOPO DELLA NORMA. - F. ANALISI
DELLA DISPOSIZIONE. - 1. «Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi». - 2. «O
di cose del debitore che sono in possesso di terzi». - 3. (Segue). Rimedi esperibili
avverso l’erronea scelta del mezzo espropriativo. - 4. «Si esegue mediante atto notificato personalmente al terzo e al debitore a norma degli articoli 137 e seguenti». 5. «L’atto deve contenere, oltre all’ingiunzione al debitore di cui all’articolo 492». 6. «L’indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del
precetto». - 7. «L’indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute». 8. «L’intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice». - 9. «La dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale
competente». - 10. «Nonché l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata del creditore procedente». - 11. «La citazione del terzo e del debitore a
comparire davanti al giudice del luogo di residenza del terzo, affinché questi faccia
la dichiarazione di cui all’articolo 547 e il debitore sia presente alla dichiarazione e
agli atti ulteriori, con invi-to al terzo a comparire quando il pignoramento riguarda
i crediti di cui all’articolo 545, commi terzo e quarto, e negli altri casi a comunicare
la dichiarazione di cui all’articolo 547 al creditore procedente entro dieci giorni a
mezzo raccomandata ovvero a mezzo di posta elettronica certificata». - 12. (Segue).
La competenza per l’espropriazione presso terzi. Il rilievo dell’incompetenza terri-
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toriale del giudice adìto. - 13. (Segue). La competenza in caso di pignoramento
eseguito presso più terzi. - 14. (Segue). Gli ulteriori elementi di cui all’art. 492,
2° e 3° co., c.p.c. - 15. «Nell’indicare l’udienza di comparizione si deve rispettare
il termine previsto nell’articolo 501». - 16. «L’ufficiale giudiziario, che ha proceduto alla notificazione dell’atto, è tenuto a depositare immediatamente l’originale
nella cancelleria del tribunale per la formazione del fascicolo previsto nell’articolo
488. In tale fascicolo debbono essere inseriti il titolo esecutivo e il precetto che il
creditore pignorante deve depositare in cancelleria al momento della costituzione
prevista nell’articolo 314». - G. FATTISPECIE PARTICOLARI DI PIGNORAMENTO PRESSO TERZI. 17. Pignoramento del creditore presso se stesso. - 18. Pignoramento nel caso in cui
il terzo sia creditore del debitore. - 19. Pignoramento qualora il debitore sia rappresentante legale del terzo. - 20. Pignoramento di quote sociali. - 21. L’adempimento
degli obblighi patrimoniali posti a carico del coniuge obbligato al mantenimento. H. L’ESECUZIONE ESATTORIALE. - I. GLI EFFETTI DEL PIGNORAMENTO.
A. PROFILI GENERALI
Quante volte l’aggressione esecutiva sia rivolta contro un credito del
debitore verso un terzo o contro una cosa del debitore in possesso di terzi
(secondo la definizione di cui al 1° co. dell’articolo in commento), l’esigenza – propria di ogni forma di pignoramento – di specificare l’oggetto
della sanzione esecutiva, identificando i beni sui quali si compirà l’espropriazione forzata1, rivela taluni elementi di specialità.
Se nell’esecuzione mobiliare diretta i beni da destinare alla soddisfazione
del creditore sono individuati mediante un complesso di attività materiali
(ricerca, scelta e apprensione) e giuridiche (ingiunzione, redazione del verbale, ulteriori altri avvisi, etc.) demandate all’ufficiale giudiziario, il quale si
avvale all’uopo di taluni indici esteriori legislativamente previsti (situazione
spaziale delle cose, che debbono rinvenirsi «nella casa del debitore e negli
altri luoghi a lui appartenenti», ovvero diretta disponibilità di esse da parte
dell’esecutato: art. 513, 1° e 3° co., c.p.c.)2, e in quella immobiliare è lo stesso
1
Sul pignoramento quale complesso di attività preordinate alla determinazione dei beni
espropriandi v. per tutti CARNACINI, Contributo alla teoria del pignoramento, Padova, 1936,
12 ss., e, con specifico riguardo all’espropriazione presso terzi, ROGNONI, Appunti in tema di
pignoramento presso terzi, Milano, 1959, 12 ss.; TARZIA GIU., L’oggetto del processo di espropriazione, Milano, 1961, 305 ss.; COLESANTI, Il terzo debitore nel pignoramento di crediti, II,
Milano, 1967, 335 ss.
2
Sul punto v., di recente, Cass. 20.12.2012, n. 23625, la quale ha chiarito che «l’art. 513
c.p.c. pone una presunzione di titolarità in capo a quest’ultimo dei beni che si trovano nella
sua casa e negli altri luoghi a lui appartenenti; pertanto, poiché l’attività svolta dall’ufficiale
giudiziario in sede di pignoramento mobiliare è meramente esecutiva, è preclusa al medesimo
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creditore a designare i beni e i diritti espropriandi, con una indicazione la cui
conformità alle risultanze dei registri immobiliari è condizione per l’accoglimento dell’istanza di vendita (arg. ex art. 567 c.p.c.)3, assai più complessa è
la fattispecie costitutiva del pignoramento qualora l’aggressione esecutiva
sia rivolta contro un credito, giacché la natura di tale “bene” ne preclude la
ricerca e la materiale apprensione, rendendo inoperanti gli indizi di appartenenza poc’anzi richiamati. E analogo problema ricorre nel caso in cui l’esecuzione forzata abbia ad oggetto «cose del debitore che sono in possesso di
terzi», posto che – come è stato incisivamente osservato – «la situazione possessoria (…), quando sia propria di un terzo, non è sintomo di appartenenza
per il debitore, laonde l’esecuzione necessita di altri indizi; e, ove questi non
soccorrano, si profila l’esigenza dell’accertamento giudiziale»4.
Ai sensi dell’art. 543, 2° co., n. 2 c.p.c., la designazione dei beni da pignorare è rimessa anzitutto al creditore, elevandosi a requisito dell’atto di
pignoramento «l’indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme
dovute» dal terzo all’esecutato; e non si dubita che proprio tale adempimento – nel quale taluno ravvisa la formulazione della domanda esecutiva5 –
valga, sia pure con i temperamenti imposti dalla previsione dell’art. 546
c.p.c.6, a delimitare l’oggetto dell’espropriazione, circoscrivendo l’àmbito
qualsiasi valutazione giuridica dei titoli di appartenenza dei beni da sottoporre al pignoramento, rimanendo a disposizione degli eventuali terzi proprietari lo strumento processuale
dell’opposizione di terzo all’esecuzione».
3
Nel senso che, nell’espropriazione immobiliare, la legge processuale si limita a richiedere
che il diritto espropriando risulti dalle attestazioni dei registri immobiliari, sicché la trascrizione ha qui la medesima funzione che, nell’esecuzione mobiliare diretta, spetta alla disponibilità del bene, v. TARZIA GIU., op. cit., 335 ss., spec. 358 ss.
4
Così TARZIA GIU., op. cit., 306. Nel medesimo senso ANDRIOLI, Appunti di diritto processuale civile, Napoli, 1964, 432.
5
TARZIA GIU., op. cit., 315; MUNHOZ DE MELLO, La nuova disciplina degli obblighi del terzo
debitore ex art. 546 c.p.c., in Riv. dir. processuale, 2007, 133 ss., spec. 151 s., il quale, riprendendo e sviluppando la tesi di SALETTI, Processo esecutivo e prescrizione. Contributo alla
teoria della domanda esecutiva, Milano, 1992, 64 (secondo cui la domanda esecutiva risulta
da una fattispecie complessa, che consta vuoi del precetto, vuoi della richiesta della sua attuazione), perviene alla conclusione che «nel processo di espropriazione di crediti, il creditore,
dopo aver enunciato la pretesa esecutiva nel precetto, rivolge all’ufficio esecutivo la rispettiva
richiesta di attuazione coattiva, dando l’indicazione del credito del debitore da destinare ad
espropriazione». V. anche BUCOLO, Il pignoramento e il sequestro presso il terzo, Padova, 1986,
81, secondo cui l’indicazione de qua «costituisce espressione della pretesa del creditore quoad
petitum».
6
Il cui 1° co., come modificato dalla l. 14.5.2005, n. 80, prevede che «dal giorno in cui
gli è notificato l’atto previsto nell’art. 543, il terzo è soggetto, relativamente alle cose e alle
somme da lui dovute e “nei limiti dell’importo del credito precettato aumentato della metà”,
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dei doveri processuali tanto del terzo debitore in sede di custodia e di
dichiarazione, quanto dell’ufficio esecutivo nella fase conclusiva di assegnazione o di vendita7.
Alla specificazione della res pignoranda non si perviene, peraltro, sulla
base delle sole allegazioni del creditore procedente.
Il codice di rito costruisce infatti il pignoramento presso terzi quale «fattispecie a formazione progressiva», che prende l’avvio con la notificazione al
debitore e al terzo di un atto complesso recante l’ingiunzione e l’intimazione
di non disporre, ma si perfeziona solamente quando, con la dichiarazione
positiva e non contestata del debitor debitoris (il quale ai sensi dell’art. 547
c.p.c. «deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova
in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna») ovvero
all’esito dell’incidente cognitivo di cui all’art. 549 c.p.c.8, i crediti o le res
pignorandi risultino compiutamente individuati9.
Del tutto a ragione, dunque, il proprium di tale forma di pignoramento
è stato ravvisato nell’indole evolutiva del suo oggetto10, che viene in essere
«attraverso e per così dire “lungo” il compimento di una complessa fattispecie, caratterizzata dalla progressiva specificazione»11 dei beni da assoggettare alla sanzione esecutiva.
Resta solo da precisare che gran parte delle peculiarità del pignoramento
presso terzi riguardano l’ipotesi in cui esso abbia ad oggetto un credito; laddove, trattandosi di cose, riescono sovente utilmente richiamabili le regole
previste in materia di pignoramento mobiliare diretto. Non è dunque un caso
che il dibattito – di cui si darà conto nelle pagine che seguono – relativo a
tale forma espropriativa abbia preso le mosse, e si sia poi sviluppato, con
specifico se non esclusivo riguardo all’espropriazione dei crediti.
agli obblighi che la legge impone al custode». In ordine alle ricadute di tale disposizione sul
principio della necessaria correlazione tra domanda esecutiva e oggetto del pignoramento v.
ampiamente il commento all’art. 546 c.p.c.
7
TARZIA GIU., op. cit., 315 ss., testo e nt. 433 bis.
8
Il quale, da ultimo modificato dall’art. 1, 20° co., n. 4, l. 24.12.2012, n. 228, prevede che
«se sulla dichiarazione sorgono contestazioni, il giudice dell’esecuzione le risolve, compiuti i
necessari accertamenti, con ordinanza. L’ordinanza produce effetti ai fini del procedimento
in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed è impugnabile nelle
forme e nei termini di cui all’articolo 617».
9
Salvo quanto in séguito si dirà a proposito della fattispecie di “non contestazione” del
credito pignorato di cui al novello art. 548 c.p.c.
10
V. infatti TARZIA GIU., op. cit., 320, il quale discorre di «evoluzione per specificazione»
dell’oggetto del pignoramento.
11
Così CAPPONI, Pignoramento, in Enc. Giur., XXIII, Roma, 1991, 6.
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B. EVOLUZIONE STORICA DELL’ESPROPRIAZIONE DEI CREDITI
L’articolato processo evolutivo che ha condotto all’attuale fisionomia
del pignoramento presso terzi è sintetizzato da Colesanti a compimento di
una pregevole e sempre attuale analisi storico-comparatistica dell’istituto:
«il significato stesso dell’evoluzione storica del pignoramento di crediti va
(…) colto nell’affermarsi del principio che l’attuazione di quella figura di
pignoramento, benché non disgiunta dall’esercizio di una attività nei confronti del terzo debitore, prescinde però dalla soggezione di quest’ultimo
all’esecuzione. Correlativamente – e non è questo se non un altro aspetto
della medesima realtà – l’esecuzione sui crediti si svincola dai presupposti
richiesti per procedere contro il terzo, per essere invece consentita quante
volte sia conseguito in sede esecutiva un semplice accertamento del credito
del debitore esecutato»12.
Tale affermazione si comprende quando si consideri che nel diritto
romano il pignoramento era ammesso – a condizione che non vi fossero
altri beni dell’esecutato, mobili o immobili, utilmente aggredibili: si nihil
aliud sit quod capi possit (principio c.d. dell’ordo executionis) – in relazione ai soli nomina la cui esistenza fosse comprovata da una confessione
resa dal terzo debitore anteriormente all’inizio dell’esecuzione; di guisa che,
risultando il credito pignorando già aliunde “accertato”, il problema di una
sua determinazione in sede esecutiva non aveva neppur modo di porsi: la
confessio coram iudice (e, dunque, in iure) e sine oblatione libelli del
terzo – da glossatori e pratici parificata negli effetti al giudicato – dava piena
certezza quanto all’esistenza del credito, consentendo oltretutto al procedente di procurarsi un titolo esecutivo contro il debitor debitoris, il quale
assumeva in tal modo la qualità di soggetto passivo dell’espropriazione al
pari dell’esecutato13.
Con l’avvento del processo comune, la progressiva equiparazione del
nomen agli altri beni del debitore e la conseguente svalutazione dell’ordo
executionis determinarono un temperamento del rigore di tale soluzione,
ammettendosi la possibilità di sopperire all’assenza della confessione o alla
dichiarazione negativa malitiosa del terzo (che nel sistema romano rendevano senz’altro improcedibile l’esecuzione) tanto nel corso di un ordinario
12
COLESANTI, Il terzo debitore, cit., I, 189.
Si rinvia all’analisi svolta da COLESANTI, Il terzo debitore, cit., I, 45-79, e, ancor prima, da
GORLA, L’assegnazione giudiziale di crediti, Padova, 1936, 18 ss.
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giudizio di cognizione, quanto – e ben più innovativamente – nell’àmbito
dello stesso processo esecutivo allorché il credito da espropriare già risultasse da un instrumentum guarentigiatum (come tale munito di parata
executio)14 ovvero il creditore fosse in grado di provare incontinenti (cioè
senza necessità di indagini particolarmente complesse) la falsità della negazione del terzo15. L’esecuzione iniziava dunque ad affrancarsi dalla necessità
che il debitor debitoris versasse in una situazione per cui tamquam pro condemnato habetur e, correlativamente, veniva profilandosi il problema degli
strumenti mediante i quali conseguire in sede esecutiva l’accertamento (non
più demandato ad una fase cognitiva anteriore all’inizio delle attività espropriative) del credito pignorando.
Ma è soltanto con la procedura di saisie-arrêt francese (a sua volta derivata dall’arrest di origine germanica) che la confessione e il suo equivalente offerto dal giudicato di condanna cessano di atteggiarsi a condizione
di procedibilità dell’esecuzione. Ciò in quanto la peculiare struttura di tale
istituto, caratterizzata dall’anticipazione della fase cautelare di “arresto” del
credito presso il terzo rispetto a quella prettamente esecutiva intesa alla con14
Nel diritto comune assai diffuso era l’impiego di processi apparenti in cui il debitore,
presentandosi sua sponte davanti al giudice, riconosceva il proprio debito; a tale confessione
seguiva la pronuncia di un praeceptum immediatamente esecutivo, in base al quale il creditore poteva avviare l’esecuzione forzata senza necessità di ulteriori adempimenti. Talora,
poi, il riconoscimento del debito era effettuato dall’obbligato già all’atto della conclusione del
negozio dinanzi al giudice: in conseguenza della confessio, il magistrato inseriva nell’atto il
praeceptum de solvendo (o praeceptum guarentigiae), in virtù del quale, ove il debitore non
avesse adempiuto l’obbligazione entro il breve termine (di solito 10 giorni) assegnatogli, il
creditore avrebbe potuto senz’altro aggredire i suoi beni (executio parata). A partire dal XIII
secolo, con l’affermarsi del ruolo dei notai, tale prassi fu sostituita dalla redazione di un atto
notarile – anch’esso munito della clausola di guarentigia – in cui l’obbligato riconosceva in
forma pubblica il proprio debito come se lo avesse confessato dinanzi al magistrato; sicché, in
caso di inadempimento, il creditore – previa esibizione di siffatto documento confessionato o
guarentigiato – avrebbe potuto essere autorizzato dal giudice ad avviare l’esecuzione forzata
senza dover preventivamente instaurare un processo di cognizione per l’accertamento del proprio diritto. L’atto munito del precetto di guarentigia (instrumentum guarentigiatum) spiegava dunque gli stessi effetti di una sententia definitiva munita della forza di res iudicata. Per
maggiori informazioni cfr. DE PALO, Teoria del titolo esecutivo, Napoli, 1901, 240 ss.; BIZZARRI, Il
documento notarile guarentigiato, Torino, 1932, 11 ss.; ZANZUCCHI, Diritto processuale civile,
I, Milano, 1964, 95 ss.
15
L’idea di sostituire all’accertamento con efficacia di giudicato una summaria cognitio,
ritenuta sufficiente agli effetti dell’attività esecutiva, fu inizialmente affermata da CINO, Commentaria in codicem, Papiae, 1483 (rist. Torino, 1964), in l. 2, C. 4, quando fiscus, e successivamente ripresa e sviluppata dai pratici. In argomento v. ampiamente LIEBMAN, Le opposizioni di
merito nel processo d’esecuzione, Roma, 1936, 59 ss., cui si rinvia anche per l’indicazione delle
fonti, nonché COLESANTI, Il terzo debitore, cit., I, 102 ss., spec. 122 s.
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valida della saisie16, consente di avviare l’esecuzione sulla base delle sole
allegazioni del procedente, e quindi senza aver acquisito alcuna preliminare
certezza quanto all’esistenza del credito, che, anzi, al momento del pignoramento potrebbe risultare finanche indeterminato; mentre la dichiarazione
del terzo si inserisce nella successiva fase di convalida del già efficace arresto e, lungi dall’assumere natura confessoria, costituisce null’altro che una
forma di obbligatoria collaborazione del dichiarante (non più soggetto passivo dell’esecuzione ma mero “ausiliare del processo”), volta da un canto a
soddisfare l’esigenza di accertamento del credito assoggettato alla saisie,
e, dall’altro, a «lier le tiers saisi à la procédure»17, rendendo direttamente
efficace nei suoi confronti la sentenza – emessa contro l’esecutato – che
definisce il giudizio di convalida.
Questi, dunque, i due capisaldi della moderna esecuzione sui crediti,
variamente rinvenibili in tutti i vigenti sistemi processuali: l’attuazione del
pignoramento prescinde dall’assoggettamento del terzo debitore alla vis
executiva del titolo, e la “certezza” intorno all’esistenza (o, se si preferisce,
all’appartenenza) del credito è ormai esclusivamente relativa, vuoi perché
non condiziona in alcun modo l’inizio dell’espropriazione forzata, vuoi perché si consegue all’interno della stessa procedura esecutiva e non rileva che
ai fini e per gli effetti di essa18. La necessaria determinazione dell’oggetto
del pignoramento avviene ormai in applicazione di norme affatto diverse –
poiché operanti esclusivamente sul terreno processuale – da quelle (sostanziali) istitutive della responsabilità esecutiva: l’effettiva titolarità del credito
in capo all’esecutato, assunta a fondamento di queste ultime, non è (più) presupposto processuale dell’esecuzione, né può costituire materia di discussione – se non nei limiti e con le peculiarità cui a breve si accennerà – in sede
esecutiva19.
16
Il procedimento prende l’avvio – su iniziativa del creditore procedente – mediante una
intimazione di non disporre rivolta dall’huissier de justice al debitor debitoris (il quale è da
tale momento tenuto a non prestare al suo creditore diretto, per non essere in séguito costretto
a rinnovare la solutio al procedente che abbia ottenuto la convalida dell’arresto) e, dunque,
senza necessità di una preventiva autorizzazione del magistrato, sotto la cui direzione si svolge
invece il successivo giudizio di convalida della saisie.
17
La formula è utilizzata per la prima volta nel celebre discorso del consigliere REAL,
Exposé des motifs, in LOCRE, La législation civile, commerciale et criminelle de la France,
XXII, Paris, 1827-1832, 577. Per maggiori dettagli sul procedimento descritto nel testo si rinvia
a COLESANTI, Il terzo debitore, cit., II, 359-366.
18
COLESANTI, Il terzo debitore, cit., II, 345 s.
19
V. per tutti TARZIA GIU., op. cit., 84 ss., 236 ss., 256 ss., 269 ss., 317 ss., 358 ss.
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È opportuno, prima di passare all’esame della disciplina positiva, spendere qualche parola sulle tecniche mediante le quali i princìpi ora enunciati
ricevono attuazione nelle principali esperienze straniere contigue alla nostra.
C. (SEGUE). PROFILI COMPARATISTICI. I SISTEMI FRANCESE E GERMANICO
In Francia all’ibrido istituto di cui agli artt. 557 ss. ancien c.p.c. è da
oltre un ventennio subentrato il procedimento di saisie-attribution20, che
si caratterizza rispetto alla previgente saisie-arrêt per la maggiore celerità
e snellezza, ottenuta sia mediante la soppressione della fase pre-esecutiva e
conservativa preordinata all’arresto del credito, sia con la previsione – conseguenza della scomparsa del vecchio giudizio di convalida – del carattere
meramente eventuale dell’intervento del giudice dell’esecuzione21, ora circoscritto alle sole ipotesi in cui sorgano contestazioni quanto all’esistenza,
all’ammontare e alla pignorabilità del credito ovvero circa la regolarità formale della procedura.
In base alla nuova normativa il pignoramento si esegue mediante notificazione di un processo verbale di saisie-attribution (il cui contenuto è quello
previsto dall’art. R211-1, c.p.c.e.) al terzo, il quale deve, «sur-le-champ»22,
20
La saisie-attribution era inizialmente regolata dagli artt. 42-47 della legge n. 91-650 del
9.7.1991, e dagli artt. 55-79 del decreto n. 92-755 del 31.7.1992. Entrambi i testi legislativi sono
stati di recente abrogati, rispettivamente dall’ordinanza n. 2011-1895 del 19.12.2011 e dal decreto
n. 2012-783 del 30.5.2012, istitutivi del nuovo Code des procédures civiles d’exécution (di séguito
c.p.c.e.). Il codice consta di due parti (legislativa e regolamentare), che riproducono senza
sostanziali variazioni la previgente disciplina dell’istituto (artt. da L211-1 a L211-5 della parte
legislativa, e da R211-1 a R211-13 di quella regolamentare). Sull’istituto cfr. GUINCHARD, MOUSSA,
Droit et pratique des voies d’exécution, Paris, 1999; VINCENT, PRÉVAULT, Voies d’exécution et procédures de distribution, Paris, 1995; DONNIER, Voies d’exécution et procédures de distribution,
Paris, 1996. V. anche CAPPONI, La riforma del processo esecutivo francese, in Documenti giustizia, 1990, 1, 33 ss.; nonché, da ultimo, DE SANTIS DI NICOLA, Il sistema francese della «saisieattribution», in AA.VV., Le espropriazioni presso terzi, a cura di Auletta, Bologna, 2011, 517 ss.
21
L’abolizione della bifasicità del procedimento, che connotava la vecchia saisie-arrêt
(nella quale all’arresto del credito presso il terzo seguiva sempre la convalida ad opera del
magistrato), comporta infatti la possibilità che il pignoramento si perfezioni in base alla sola
dichiarazione resa dal tiers saisi all’ufficiale giudiziario, e dunque in assenza di qualsivoglia
controllo giudiziale. Sul punto v. infra nel testo.
22
Con tale formula intendendosi che la collaborazione del terzo deve essere immediata (in
tal senso v. ad es. T. Gr. Inst. Roanne, 6.5.1993, in Rev. huissiers, 1994, 656), sia per prevenire
un’eventuale collusione fraudolenta tra l’esecutato e il terzo dopo l’attuazione della saisie,
sia per consentire al creditore procedente di valutare l’opportunità di una rinuncia all’azione
esecutiva ove le somme pignorate appaiano insufficienti ovvero il terzo dichiari di non essere
obbligato nei confronti dell’esecutato. La dichiarazione «sur-le-champ» può, nondimeno,
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dichiarare all’ufficiale giudiziario notificante «l’étendue de ses obligations à
l’égard du débiteur ainsi que les modalités qui pourraient les affecter et,
s’il y a lieu, les cessions de créances, délégations ou saisies antérieures»
(artt. L211-3 e R211-4, 1° co., c.p.c.e.). L’atto così formato viene reso noto
entro otto giorni – pena l’inefficacia della saisie – all’esecutato, e da tale
momento prende a decorrere il termine di un mese entro il quale ciascun
interessato (procedente, esecutato, terzo) può contestare il pignoramento
innanzi al giudice dell’esecuzione (art. R211-11 c.p.c.e.). Quest’ultimo, prima
ancora di definire la controversia con provvedimento inidoneo al giudicato,
è abilitato a dichiarare efficace il pignoramento per la parte non contestata
del debito del terzo e può altresì ordinare a titolo provvisionale – «s’il apparaît que ni le montant de la créance du saisissant ni la dette du tiers saisi
ne sont sérieusement contestables» – il pagamento di una somma che egli
stesso determina, disponendo all’occorrenza la prestazione di una garanzia
(artt. L211-5 e R211-12 c.p.c.e.).
In assenza di tempestive contestazioni, il creditore è legittimato a pretendere il pagamento del credito che gli è stato assegnato con l’atto di pignoramento23; e, ove il terzo ricusi di adempiere nonostante abbia reso una
dichiarazione positiva, la contestazione è portata dinanzi al giudice dell’esecuzione, che può emettere un titolo esecutivo contro l’inadempiente (art.
R211-9 c.p.c.e.).
Il procedimento consta pertanto di due fasi, delle quali solamente la
seconda – quella, del tutto eventuale, introdotta dalla contestazione della
saisie – è diretta da un giudice e può effettivamente condurre all’accertamento giudiziale del credito. Non così la prima, nella quale la dichiarazione
essere evitata «lorsque des recherches doivent être effectuées pour connaître avec précision
l’étendue des obligations et ressembler les documents nécessaires» (Cass., 28.1.1998, in D.
Aff., 1998, 422, con osservazioni di S.P.); mentre, quante volte terzo saisi sia un istituto di
credito, la prassi più diffusa consiste nel differire – di regola di 24/48 ore – la risposta, incombendo alla banca la prova che il ritardo nel rendere la dichiarazione è giustificato da un motivo
legittimo (T. Gr. Inst. Lyon, 14.5.1998, RG 97/15386, inedita). Ove terzo pignorato sia la tesoreria di un ente pubblico (comptable public), l’art. R211-4, 3° co., c.p.c.e. prevede ora che questa
disponga di 24 ore per fornire all’ufficiale giudiziario le informazioni richieste; mentre, qualora
l’atto di pignoramento sia notificato in via telematica, il 4° co. del medesimo articolo ammette
il terzo a comunicare la propria dichiarazione al più tardi il primo giorno lavorativo successivo
alla notificazione del verbale di saisie.
23
L’art. R211-6 c.p.c.e. precisa che il pagamento non può essere effettuato che dietro presentazione di un certificato attestante che nessuna contestazione è stata sollevata nel termine
di un mese decorrente dalla notificazione al debitore dell’atto di saisie; l’adempimento può,
nondimeno, essere eccezionalmente richiesto prima dello spirare del termine ove l’esecutato
abbia dichiarato per iscritto di non voler promuovere alcuna contestazione avverso la saisie.
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resa in limine dal terzo non ha finalità cognitive (mancando oltretutto un
organo – che non potrebbe certamente individuarsi nell’huissier verbalizzante – deputato ad accertare diritti) ma vale unicamente a completare l’atto
di saisie mediante l’esatta determinazione dell’oggetto dell’esproprio, che il
creditore non è tenuto ad allegare neppure genericamente.
Ne consegue che, quante volte nessuno dei legittimati assuma l’iniziativa
dell’instaurazione del giudizio di merito, la mera indicazione del credito ad
opera del debitor debitoris è senz’altro sufficiente a perfezionare la fattispecie costitutiva del pignoramento, a tal fine non richiedendosi altresì l’acquisizione di una “certezza” – che, per quanto si è detto, potrebbe discendere
soltanto dal promovimento di una contestazione in ordine alla fondatezza
della pretesa dell’esecutato nei confronti del terzo – quanto all’esistenza del
bene aggredito.
Ulteriore conferma del carattere non “cognitivo” della fase processuale
aperta con l’invito a dichiarare può ritrarsi dall’art. R211-5, 1° co., c.p.c.e., a
tenore del quale «le tiers saisi qui, sans motif légitime, ne fournit pas les
renseignements prévus est condamné, à la demande du créancier, à payer
les sommes dues à ce dernier, sans préjudice de son recours contre le débiteur». La sanzione, dalla giurisprudenza ritenuta operante anche nei casi di
dichiarazione tardiva, incompleta o erronea, comporta infatti il pagamento
ad opera del terzo inadempiente di tutte le somme (le c.d. «causes de la saisie») per le quali l’esecuzione sia stata intrapresa, senza alcun riguardo per
l’esistenza e l’effettivo ammontare del credito dell’esecutato; con ciò evidentemente ammettendosi la possibilità che alla soddisfazione del procedente si
addivenga, oltre che in assenza di qualsivoglia controllo giudiziale, finanche
in difetto di una puntuale individuazione del credito pignorando, che ben
potrebbe più tardi rivelarsi insussistente o, comunque, di importo inferiore a
quello del credito azionato in executivis.
Se nella procedura di saisie-attribution l’accertamento giudiziale del
credito può occasionalmente atteggiarsi a elemento della fattispecie costitutiva del pignoramento, condizionando l’attuazione della saisie ogni volta
che alla dichiarazione del terzo segua la contestazione ad opera di alcuno dei
legittimati, ben più radicale è la soluzione accolta dalle legislazioni germaniche, non a caso definite «il punto culminante di quel processo evolutivo che
(…) ha condotto alla moderna fisionomia del pignoramento e dell’espropriazione di crediti»24.
24
Così COLESANTI, Il terzo debitore, cit., II, 348.
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Tanto nell’ordinamento processuale tedesco quanto in quello austriaco,
il pignoramento si esegue in virtù della sola domanda del creditore, il quale
deve a tal fine allegare tutti gli elementi (soggettivi, oggettivi e causali)
indispensabili per l’esatta individuazione del credito che intende aggredire.
L’ordinanza che autorizza il pignoramento (Pfändungsbeschluss) e la (di
norma contestuale) ordinanza di assegnazione del credito pignorato (Überweisungsbeschluss)25 sono dunque emanate dal tribunale dell’esecuzione
sulla scorta di un esame meramente ipotetico, c.d. “di concludenza” (Schlüssigkeitsprufüng), quanto all’astratta pignorabilità del credito indicato dal
procedente26; senza che, peraltro, l’effettiva titolarità di esso in capo all’esecutato debba essere in alcun modo appurata anteriormente al compimento
della Vollstreckung, i cui effetti sostanziali e processuali si producono sin dal
momento della notificazione dell’ordine di pignoramento al debitor debitoris (§§ 829, III, ZPO tedesca e 294, III, EO austriaca).
Anche in tale sistema è ammessa la possibilità che il creditore provochi
una dichiarazione (Auskunftspflicht) del terzo quanto alla fondatezza del
credito pignorato ovvero quanto ai diritti su di esso vantati da altri soggetti e
ai pignoramenti anteriormente eseguiti (§§ 840 ZPO e 301 EO); ma, diversamente che nella saisie-attribution francese, tale adempimento – pur fonte
di responsabilità del terzo per i danni in caso di omissione, falsità o reticenza – ha carattere meramente eventuale (subordinato com’è ad una specifica ed espressa domanda) e, soprattutto, non condiziona lo svolgimento
e la conclusione della procedura esecutiva, potendo l’assegnazione essere
disposta non soltanto prima e indipendentemente dalla dichiarazione, ma
anche a fronte di una dichiarazione a contenuto negativo o del rifiuto di
fornire le informazioni richieste. Così come, d’altro canto, l’aver reso una
dichiarazione positiva non preclude al terzo, successivamente convenuto
25
Nel sistema tedesco è prassi costante quella di emettere un unico provvedimento che
autorizzi tanto il pignoramento del credito, quanto l’immediata assegnazione di esso al creditore procedente: v. per tutti STEIN, Der Drittschuldner, in Festschrift Wach, Leipzig, 1913,
I, 460; LENT, Zwangswollstreckungs– und Konkursrecht, München, 1958, 58; SCHÖNKE, BAUR,
Zwangswollstreckungs– und Konkursrecht, Karlsruhe, 1956, 118; COLESANTI, Il terzo debitore,
cit., II, 346. Nel diritto austriaco, invece, al pignoramento-assegnazione può procedersi nella
sola ipotesi che il terzo non sia stato invitato a rendere la dichiarazione; in caso contrario, la
domanda di assegnazione non potrà essere decisa fin tanto che la dichiarazione non sia resa o
non sia decorso il termine per essa fissato (la decisione non essendo peraltro condizionata dal
contenuto della dichiarazione): cfr. TARZIA GIU., op. cit., 307, nt. 416.
26
TARZIA GIU., op. cit., 308, testo e nt. 419; COLESANTI, Il terzo debitore, cit., II, 347, testo e
nt. 17.
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dal creditore per il pagamento, di disconoscere il credito o, comunque, di
farne valere eventuali fatti modificativi, impeditivi o estintivi non dedotti
anteriormente27.
L’Auskunftspflicht del terzo, insomma, si colloca fuori dello schema
legale dell’espropriazione28 ed è funzionale unicamente alla eventuale, successiva azione del creditore assegnatario contro il terzo assegnato29, giacché
«varrà ad evitare, se affermativa, l’esigenza di un ordinario giudizio (…) di
condanna del terzo, così come, se totalmente o parzialmente negativa, consentirà al creditore di meglio ponderare l’opportunità di promuovere quel
giudizio»30.
Di accertamento in sede esecutiva può allora discorrersi nel limitato
senso che la dichiarazione del debitor debitoris consente – se affermativa –
di sincerarsi dell’esistenza del bene aggredito già prima della conclusione
delle attività espropriative; senza che, peraltro, il perfezionamento del vincolo esecutivo e l’assegnazione del credito siano condizionati da tale adempimento, il quale è previsto e disciplinato esclusivamente in vista della
conoscenza soggettiva del creditore procedente31.
Il distacco dal modello delineato dalle fonti romane diviene definitivo:
dall’originaria limitazione della pignorabilità al solo nomen confessum (o
risultante da un giudicato di condanna) si passa a un sistema totalmente
affrancato da ogni controllo, ancorché in sede esecutiva, quanto alla fonda-
27
Su tale ultimo punto non vi è peraltro uniformità di vedute in dottrina, giacché al prevalente orientamento – richiamato nel testo – che annette alla dichiarazione affermativa un
valore puramente indiziario, o se si preferisce presuntivo, quanto all’esistenza del credito (v.
specialmente OERTMANN, Die Erklärung des Drittschuldners nach § 840 ZPO, in Jurist. Rundschau, 1933, 1 ss.; SCHÖNKE, BAUR, op. cit., 117; LENT, op. cit., 60) si contrappongono gli Autori
che qualificano l’Auskunftspflicht come un riconoscimento di debito costitutivo ai sensi del
§ 781 BGB (per tutti ROSENBERG, Lehrbuch, München, 1956, 981). V. inoltre COLESANTI, Il terzo
debitore, cit., II, 397 ss.
28
In tal senso, con estrema chiarezza, COLESANTI, Il terzo debitore, cit., II, 349 ss.
29
È, infatti, appena il caso di rilevare che, concludendosi l’espropriazione del tutto a prescindere dall’accertamento dell’esistenza del credito, il provvedimento finale di essa non ha
efficacia esecutiva, limitandosi a conferire al creditore assegnatario la legittimazione ad agire –
se e in quanto lo voglia – per la condanna del debitore assegnato.
30
Così VACCARELLA, Espropriazione presso terzi, in Digesto civ., VIII, Torino, 1992, 101.
31
In tal senso COLESANTI, Il terzo debitore, cit., II, 355, e passim, il quale annette alla dichiarazione del terzo una funzione meramente informativa «nell’interesse del creditore istante,
affinché egli, giunto alfine a conoscenza di quel che prima ignorava, possa poi prendere consapevolmente le decisioni più opportune, e cioè possa tranquillamente proseguire nella via
intrapresa senza timore di liti future con il terzo debitore, ovvero possa risolversi ad aggredire
altri beni del debitore soggetto alla sanzione».
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tezza della pretesa dell’esecutato. Oggetto dell’espropriazione forzata è un
credito solamente “supposto”, nonché suscettibile – in virtù della usuale contestualità tra pignoramento e assegnazione – di essere aggredito un numero
indefinito di volte e prima ancora che di esso sia stata appurata l’esistenza:
ciò che a ben vedere spiega la preoccupazione – costantemente avvertibile
nella dottrina tedesca – per le sorti del Drittschuldner, il quale, ad onta della
formula legislativa, è ormai soltanto l’asserito (angebliche) terzo debitore32.
D. L’EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA DELL’ESPROPRIAZIONE PRESSO TERZI IN ITALIA
Al pari di tutte le leggi processuali derivate dalla codificazione napoleonica, anche il codice di procedura civile italiano del 186533 costruiva l’accertamento del credito pignorando, conseguito vuoi mediante una dichiarazione
del terzo, vuoi in via giudiziale, come una fase tipica e necessaria dell’iter
espropriativo.
Tuttavia, mentre nel sistema francese il pignoramento di crediti andava
evolvendosi nel senso della progressiva svalutazione del ruolo dell’accertamento, che sarebbe culminata – con l’avvento della saisie-attribution – nella
completa degiurisdizionalizzazione del procedimento, in Italia la perdurante
influenza della tradizione romanistica e di diritto comune aveva impresso
all’istituto un carattere ben più marcatamente cognitivo. La forma della citazione prescritta per l’atto introduttivo (art. 611, 2° co., n. 6, c.p.c.) e quella
della sentenza imposta al provvedimento finale (art. 614 c.p.c.) avevano
invero consentito una ricostruzione del procedimento de quo fedelmente
modellata sul processo contenzioso ordinario, favorendo l’elaborazione del
peculiare istituto del giudizio di assegnazione, nel quale a una domanda di
merito nei confronti del debitore e del terzo seguiva invariabilmente una
sentenza (c.d. di assegnazione) avente efficacia a un tempo cognitiva ed
esecutiva, poiché recante sia l’accertamento giudiziale dei rapporti intercorrenti tra i due convenuti, sia il trasferimento coattivo del credito accertato in
favore del pignorante-attore34.
32
V. per tutti STEIN, op. cit., 463 ss.; ID., Grundfragen der Zwangsvollstreckung, Tübingen,
1913, 24.
33
Per qualche informazione sulla disciplina accolta dalle diverse legislazioni preunitarie si
rinvia a DINI, L’espropriazione presso terzi, Milano, 1983, 7 s.
34
V. specialmente CESAREO CONSOLO, Trattato della espropriazione contro il debitore, II,
Torino, 1893, II, 438 s.; DE PALO, op. cit., 196; MATTIROLO, Trattato di diritto giudiziario civile
italiano, V, Torino, 1905, 697 ss.; MORTARA, Commentario del codice e delle leggi di procedura
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Diversamente che in Francia, ove s’erano da tempo precisate tanto
la portata esclusivamente endoprocessuale della “certezza” conseguita
in sede esecutiva, quanto la posizione di terzietà del debitor debitoris
rispetto alla vis executiva del titolo, nel nostro Paese permaneva il convincimento che tale forma di espropriazione postulasse un accertamento
con efficacia di giudicato del credito aggredito, e che, correlativamente, il
terzo debitore assumesse la qualità di parte necessaria del procedimento
al pari dell’esecutato35.
Il superamento di tali teorie – dalle quali scaturiva la necessità di qualificare come confessione giudiziale l’eventuale dichiarazione con cui il
terzo si fosse riconosciuto debitore dell’esecutato36 – fu opera di Satta, che,
muovendo dall’identificazione formale e sostanziale tra vendita forzata e
assegnazione («col conseguente dissolvimento delle due figure nell’unico
concetto di trasferimento della proprietà»37), per primo scorse nel provvedimento di assegnazione del credito pignorato il carattere di «atto con
cui l’espropriazione si realizza e si conclude»38: atto meramente esecutivo,
dunque, e come tale sprovvisto di contenuto decisorio ancorché emesso in
forma di sentenza.
L’autore non disconobbe la necessità di una cognizione sul credito preliminare all’assegnazione; ma, coerentemente con l’impostazione propugnata,
ritenne che nel procedimento aperto con la citazione del terzo dovesse ravvisarsi null’altro che «un accertamento del tutto particolare al processo
esecutivo, e ai fini di questo unicamente preordinato»39. Un accertamento
civile, V, Milano, 1908, 262 s.; FRANCESE, Assegno giudiziale dei crediti, Roma, 1915, 63 ss.;
TENTOLINI, Esecuzione forzata sui beni mobili, Torino, 1926, II, n. 429; CONIGLIO, Il processo
esecutivo, Padova, 1936, 179. V. anche CARNELUTTI, Lezioni di diritto processuale civile, III,
Padova, 1932-33, 108 ss., sul c.d. giudizio di “autorizzazione” all’azione esecutiva.
35
Conclusione dalla quale si faceva ulteriormente discendere la possibilità che la sentenza
di assegnazione costituisse titolo esecutivo contro il terzo. V. per tutti CESAREO CONSOLO, op.
cit., II, 447.
36
MORTARA, op. cit., 262 s.; LESSONA, La dichiarazione del terzo come confessione giudiziale provocata, in Trattato delle prove, Milano, 1922, App. al vol. I, 846 ss.
37
Satta, Sulla assegnazione del credito nella esecuzione forzata, in Riv. dir. proc. civ.,
1931, II, 209.
38
SATTA, L’esecuzione forzata, Milano, 1937, 274, la cui opinione è ripresa e sviluppata da
GAUDENZI, Sull’assegnazione dei crediti pignorati, in Riv. dir. proc. civ., 1932, II, 252, secondo
il quale «la sentenza prevista nell’art. 614 deve (…) essere spiegata (non giustificata) come un
“provvedimento esecutivo, vestito a viva forza da sentenza” e che l’interprete non può svestire,
se non cambiando tutto il sistema».
39
SATTA, Sulla assegnazione del credito, cit., 211.
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conseguibile tanto mediante la positiva dichiarazione del debitor debitoris, quanto all’esito di un vero e proprio giudizio (conseguente alla mancata
comparizione del terzo ovvero al rifiuto di dichiarare o, ancora, al promovimento di contestazioni quanto al merito della dichiarazione resa: artt. 614 e
616 c.p.c.) condotto contro quest’ultimo; ma che, in ogni caso, avrebbe avuto
«un valore approssimativo e (…) limitato alle parti in causa, non cioè decisivo di fronte al debitore esecutato»40, oltre che un oggetto (l’«esistenza di
un bene nella sfera giuridica del debitore, atto alla soddisfazione esecutiva
dei creditori»41) neppure parzialmente coincidente con quello di un ordinario giudizio sull’appartenenza del credito42.
Ma l’esclusione della configurabilità del c.d. giudizio di assegnazione
comportava anche una differente ricostruzione del nesso esistente tra la
vocatio in ius del terzo, contenuta nell’atto di pignoramento, e l’eventuale
dichiarazione affermativa da costui resa. E infatti, dovendo la citazione
riguardarsi non più quale domanda introduttiva di un processo cognitivo43,
ma unicamente come provocatio ad declarandum del terzo debitore,
volta a conseguire la necessaria specificazione dell’oggetto del pignoramento, restava priva di fondamento la stessa qualificazione come confessione giudiziale provocata della dichiarazione con cui il terzo avesse
riconosciuto il proprio debito verso l’esecutato: occorreva cioè ritenere
che il debitor debitoris, non destinatario di una domanda giudiziale né,
dunque, convenuto in giudizio, non avesse altro ruolo che quello di cooperare all’esecuzione, consentendo «quell’accertamento del credito in sede
40
SATTA, op. ult. cit., 212.
Ibidem.
42
Cfr. ancora SATTA, op. ult. cit., 212 s., secondo cui «il credito quale viene ad affermarsi
attraverso il giudizio di dichiarazione in sede esecutiva non è qualche cosa di diverso, e
di meno obbiettivo, della cosa la cui esistenza nel patrimonio del debitore viene accertata
dall’ufficiale giudiziario. Entrambe, tutto sommato, costituiscono un’astrazione o astrattizzazione (…) processuale, sia pure in grado diverso, perché in entrambe si sorvola sull’effettiva
relazione del debitore col bene pignorato, e l’espropriazione (…) avviene indipendentemente
da questa».
43
A sostegno dell’opinione richiamata nel testo v. in particolare le acute osservazioni di
GAUDENZI, op. cit., 249-252, il quale rileva che non soltanto nella citazione del terzo manca
qualunque elemento atto a determinare l’oggetto della domanda, ma lo stesso procedimento
si svolge in assenza di contraddittorio e senza che le presunte parti del giudizio abbiano avuto
modo di formulare le rispettive conclusioni; talché, a voler ritenere che il procedimento in
esame costituisca un vero “giudizio”, si perverrebbe alla singolare conclusione secondo cui
«con una sentenza che accoglie domande non spiegate e non specificate, si condanna come
“parte” chi non è affatto tale, per non aver leso l’interesse di alcuno».
41
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esecutiva e a fini esecutivi, necessario e però ad un tempo sufficiente a
perfezionare il pignoramento»44.
Sviluppata e completata da Gorla45, la tesi sattiana è stata infine trasfusa
nel codice processuale del 1940, il quale, nel superare le antiche dispute
circa il contenuto e gli effetti della sentenza di assegnazione, opportunamente distingue il provvedimento che, in sede esecutiva e in forma d’ordinanza, dispone l’assegnazione o la vendita del credito pignorato (artt. 552 e
553 c.p.c.) dalla sentenza che, nelle sole ipotesi previste dall’art. 548 c.p.c.,
«accerta l’esistenza del diritto del debitore nei confronti del terzo» (art. 549
c.p.c.). Si delinea tal modo chiaramente la divaricazione tra il procedimento
esecutivo in atto, il cui epilogo è segnato dall’ordinanza che trasferisce coattivamente il credito, e la (eventuale) fase cognitiva che può sul primo innestarsi, ponendo capo a un giudicato sull’obbligo del terzo, quante volte la
dichiarazione in sede esecutiva di costui sia mancata o abbia dato luogo a
contestazioni; e viene altresì chiarito che il ruolo della citazione a comparire,
contenuta nell’atto di pignoramento (art. 543, 2° co., n. 4, c.p.c.), non è che
quello di sollecitare la collaborazione del terzo debitore affinché egli fornisca
le informazioni necessarie per l’identificazione della res pignoranda, laddove una domanda giudiziale potrà ravvisarsi unicamente nella successiva
istanza con la quale sia promosso il giudizio di accertamento dell’obbligo del
terzo di cui all’art. 548 c.p.c.
Al testo originario degli artt. 548 e 549 c.p.c. modifiche assai rilevanti
sono da ultimo apportate dalla l. 24.12.2012, n. 228 (legge di stabilità 2013),
la quale è intervenuta sotto due distinti profili46.
Per un verso, nell’art. 548 c.p.c. – che nella sua precedente versione sanciva l’insurrogabilità della dichiarazione positiva se non mediante l’instaurazione di un ordinario giudizio cognitivo volto all’accertamento dell’obbligo
del terzo – è introdotta una singolare ipotesi di “non contestazione” del credito pignorato (correlata alla mancata comparizione del terzo all’udienza
fissata per rendere la dichiarazione), cui segue senz’altro l’emanazione del
44
Così, con estrema chiarezza, COLESANTI, Il terzo debitore, cit., II, 392.
Il quale, sul presupposto dell’assoluta mancanza di un accertamento qualsivoglia nel
procedimento aperto con la citazione del terzo, giunse ad ammettere l’assegnazione giudiziale
dei crediti contestati (GORLA, op. cit., passim, e spec. 33-35, 78-80, 87 ss.).
46
Ulteriori, marginali modifiche sono introdotte agli artt. 543 e 547 c.p.c., con la previsione della possibilità di inviare la dichiarazione anche a mezzo di posta elettronica
certificata.
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provvedimento di assegnazione pur in assenza di una puntuale individuazione dell’oggetto dell’esproprio.
Per altro verso, l’art. 549 c.p.c. – dedicato nel suo testo originario alla sentenza che «accerta l’esistenza del diritto del debitore nei confronti del terzo» –
prevede ora che le eventuali contestazioni sorte sulla dichiarazione siano
definite, «compiuti i necessari accertamenti», dallo stesso giudice dell’esecuzione mediante ordinanza impugnabile nelle forme e nei termini di cui
all’art. 617 c.p.c.
Le ricadute di tali modifiche saranno esaminate più avanti, in sede di
commento alle relative disposizioni.
E. SCOPO DELLA NORMA
Al pari dell’art. 513 c.p.c. per l’espropriazione mobiliare presso il debitore
e dell’art. 555 c.p.c. per l’espropriazione immobiliare, l’art. 543 c.p.c. individua la disciplina formale del pignoramento presso terzi, che, così come
ogni altra forma di pignoramento, assolve la funzione di imprimere sui beni
del debitore il vincolo di destinazione alle finalità esecutive, attuando il passaggio dalla mera responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c. all’effettivo
assoggettamento di singoli beni alla sanzione in atto.
Quel che tuttavia contraddistingue la forma di pignoramento in esame,
rendendola strutturalmente più complessa delle altre, è il fatto che la “destinazione specifica” dei beni del debitore all’esproprio non può realizzarsi
senza il coinvolgimento – accanto al creditore pignorante e al debitore esecutato – di un terzo soggetto (il c.d. debitor debitoris), estraneo all’azione
esecutiva e costretto a subirne l’efficacia “riflessa”47 unicamente in virtù del
proprio dovere di prestazione verso l’esecutato.
La ratio di tale coinvolgimento è chiara. Per quel che concerne l’individuazione del bene da aggredire, giova invero rilevare che, nel momento
iniziale dell’esecuzione, il terzo è indicato come debitor debitoris dal creditore pignorante senza che, peraltro, tale sua qualità sia stata in alcun modo
acclarata: «deve pertanto escludersi in radice la possibilità di una diretta
aggressione del terzo (ad esempio mediante la ricerca nella sua abitazione
o nei luoghi a lui appartenenti delle cose di proprietà dell’esecutato), e ciò
vuoi perché il terzo non è soggetto passivo dell’esecuzione, vuoi perché vi è
47
Di efficacia riflessa parla COLESANTI, Il terzo debitore, cit., II, 231, e ID., Pignoramento
presso terzi, in Enc. Dir., XXXIII, Milano, 1983, 838.
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un’esigenza preliminare di accertamento della effettiva relazione di fatto e
giuridica esistente tra esecutato e terzo»48.
Quanto, poi, alle modalità dell’aggressione esecutiva, occorre considerare che, quando oggetto del pignoramento sono crediti del debitore verso
terzi o cose del debitore in possesso di terzi, la concreta destinazione del
bene alle finalità esecutive postula il compimento di attività intese a “superare”49 l’obbligo del debitor debitoris, legittimandolo ad astenersi da un comportamento (l’adempimento in favore dell’esecutato ovvero la consegna al
medesimo della cosa detenuta) altrimenti dovuto e idoneo a vanificare le
ragioni del creditore.
Si spiega così il peculiare contenuto dell’atto di pignoramento presso terzi,
che, lungi dall’esaurirsi nell’ingiunzione dell’ufficiale giudiziario al debitore
ex art. 492 c.p.c., consta altresì di una intimazione – rivolta al terzo dal creditore procedente, e dunque atto di parte – di non disporre senza ordine del
giudice delle cose o delle somme su cui dovrà specificarsi il pignoramento;
nonché della provocatio ad declarandum del terzo, che viene invitato a
comparire dinanzi al giudice del luogo di sua residenza (ovvero a inviare al
creditore procedente apposita comunicazione scritta) al fine di cooperare
alla determinazione dell’oggetto dell’esproprio (specificando «di quali cose
o di quali somme è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire
il pagamento o la consegna»: art. 547, 1° co., c.p.c.).
Ciascuno di tali elementi formerà oggetto di apposita disamina nel prosieguo del presente commento.
F. ANALISI DELLA DISPOSIZIONE
1. «Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi»
Tra i “beni” appartenenti al debitore, che il creditore procedente può
aggredire per soddisfare la propria pretesa, l’art. 543 c.p.c. annovera anzitutto i crediti, che rientrano pertanto a pieno titolo nella garanzia generica
del creditore ai sensi dell’art. 2740 c.c.50.
48
Così CAPPONI, Manuale di diritto dell’esecuzione civile, 2ª ed., Torino, 2012, 202.
Si veda ancora COLESANTI, Pignoramento, cit., 837.
50
Esula dai limiti del presente commento un’indagine – che non potrebbe che condursi
sul piano della teoria generale – intorno al significato del credito come oggetto di esecuzione
forzata: se, cioè, l’azione esecutiva investa le somme, e dunque la posizione dell’esecutato nel
diritto all’esazione di una mera somma di danaro (a prescindere dal rapporto fondamentale
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Sebbene la legge contempli solamente il caso in cui il credito abbia ad
oggetto una somma di danaro (v. artt. 543, 2° co., n. 2, 546, 547, 553 c.p.c.),
il ricorso all’espropriazione presso terzi è stato ritenuto ammissibile anche
quando oggetto del credito siano prestazioni diverse dal danaro, ma ad esso
equivalenti per la natura del rapporto (è il caso del canone enfiteutico consistente in frutti dell’immobile)51; mentre l’opinione dominante esclude la
pignorabilità di crediti aventi ad oggetto prestazioni non pecuniarie o, più in
generale, situazioni soggettive trasferibili52.
Muovendo dalla premessa secondo cui l’esigibilità del credito non è condizione della sua pignorabilità, poiché oggetto dell’espropriazione forzata
non è tanto un bene suscettibile di esecuzione immediata, quanto una posizione giuridica attiva dell’esecutato, la giurisprudenza è pervenuta all’univoca conclusione secondo cui l’espropriazione presso terzi, in difetto di
espressa deroga, può configurarsi anche con riguardo a crediti illiquidi o
sottoposti a termine o condizione, purché essi appaiano suscettibili di una
capacità satisfattiva futura, concretamente prospettabile nel momento
dell’assegnazione53.
Controversa è stata per lungo tempo la pignorabilità dei crediti costituiti
dal corrispettivo di un rapporto di lavoro, non ancora maturati all’epoca del
da cui tale diritto deriva), ovvero l’intera posizione di contraente, spettante nel rapporto al
debitore esecutato (per la prima delle cennate impostazioni v. soprattutto SATTA, Sulla assegnazione del credito, cit., 192 ss., 211, nt. 3, e, ancor prima, ROMANO S., Natura giuridica del
pegno di crediti, Milano, 1928, 85; per la seconda v. invece ANDRIOLI, Il diritto di credito come
oggetto di esecuzione forzata, in Foro it., 1941, IV, 1, e SPARANO, L’espropriazione forzata e
i diritti di credito, Napoli, 1958, 42 ss.). Né sarà in questa sede esaminato il correlato problema se al creditore assegnatario sia trasferita la titolarità del credito ovvero sia unicamente
conferito un jus exigendi (sulla questione v. GORLA, op. cit., 123 ss., ove ampi riferimenti, e
GAUDENZI, op. cit., 258 ss.). Accantonata ogni pretesa definitoria, giova piuttosto rilevare come
la progressiva equiparazione (in origine negata dall’ordo executionis romano) dei nomina agli
altri beni dell’esecutato appaia strettamente correlata alla sempre maggiore effettività degli
strumenti di “arresto” del credito – indipendentemente e ancor prima che di esso sia accertata
l’esistenza – presso il terzo (questa è infatti la conclusione cui perviene, dopo un’approfondita
analisi dell’evoluzione storica dell’istituto, COLESANTI, Il terzo debitore, cit., I, 36 ss., e passim).
51
D’ONOFRIO, Commento al codice di procedura civile, II, Torino, 1953, 119; VACCARELLA,
op. cit., 96.
52
V. tuttavia SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, 3ª ed., Padova, 2012, 577, secondo cui
«potrebbero ritenersi pignorabili anche prestazioni non pecuniarie, ricorrendo ad un’interpretazione analogica delle norme che prevedono espressamente la possibilità di espropriare le
quote sociali (art. 2471 c.c.)».
53
In tal senso, ex multis, Cass., 15.3.2004, n. 5235, in Riv. esecuzione forzata, 2004, 609;
Cass., 28.6.1994, n. 6206, in Giust. civ., 1995, I, 462 ss.; Cass., 4.12.1987, n. 9027, in Nuova giur.
comm., 1988, I, 302 ss., con nota di Seccia.
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pignoramento e perciò tradizionalmente inquadrati nella categoria dei crediti condizionati. La soluzione affermativa è stata inizialmente prospettata in
base all’argomento per cui i salari futuri non sarebbero neppure inquadrabili
fra i crediti sottoposti a condizione, atteso che «la prestazione di lavoro,
che si vorrebbe configurare come condizione che affetta il credito del salario, è oggetto di una obbligazione giuridica nascente nel datore di lavoro
dallo stesso contratto di lavoro, da cui gli nasce il diritto (credito) al salario
futuro. Come tale, la prestazione di lavoro (…) non può configurarsi come
l’avvenimento futuro e incerto»54.
Tali conclusioni sono state accolte da dottrina e giurisprudenza successive, le quali, pur mantenendo la qualificazione come crediti condizionati degli stipendi e dei salari futuri, ne hanno pacificamente ammesso
la pignorabilità, estendendo la riferita soluzione anche agli altri crediti
derivanti da rapporti continuativi (es. canoni di locazione, ratei di rendite
vitalizie, etc.)55.
Allorché il credito pecuniario scaturisca da un contratto a prestazioni
corrispettive, il problema che si pone è quello di rispettare il sinallagma funzionale del rapporto56. Pertanto, posto che – secondo l’opinione prevalente57 –
il provvedimento di assegnazione ha ad oggetto non l’intera posizione di contraente del debitore esecutato, bensì la sola situazione attiva a lui spettante
nei confronti del terzo, sicché il creditore assegnatario non è tenuto a eseguire la controprestazione che sarebbe stata a carico del debitore, occorre
stabilire di quali rimedi disponga il contraente-terzo pignorato per ottenere
la prestazione del suo creditore-debitore esecutato e, dunque, per non trovarsi esposto a dover prestare senza poter ricevere.
La dottrina è al riguardo divisa tra quanti consentono al terzo di opporre
l’exceptio inadimpleti contractus o la risoluzione per inadempimento solo
per fatti anteriori alla notificazione dell’atto iniziale dell’espropriazione
54
Così REDENTI, La pignorabilità del salario (1906), ora in Scritti e discorsi giuridici di
un mezzo secolo, II, Milano, 1962, 663.
55
BUCOLO, op. cit., 122 ss.; DINI, op. cit., 65 s.; SATTA, Commentario al codice di procedura civile, III, Milano, 1965, 245; TRAVI, Espropriazione presso terzi, in Noviss. Dig. it., VI,
Torino, 1964, 956; VACCARELLA, op. cit, 96. Contra, ANDRIOLI, Commento al codice di procedura
civile, III, Napoli, 1957, 192. In giurisprudenza, nel senso della pignorabilità dei canoni di locazione non ancora scaduti e fino a concorrenza del credito del procedente, v. Cass., 19.5.1979,
n. 2871, in Giust. civ., 1979, I, 915; per i ratei di rendite vitalizie, Cass., 6.3.1962, n. 445, ivi,
1962, I, 1770.
56
ANDRIOLI, Il diritto di credito, cit., 1 ss.
57
Cfr. autori richiamati supra, nt. 50.
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ex art. 543 c.p.c.58, e quanti al contrario ritengono che neppure il perfezionamento del pignoramento precluda al terzo – nonostante la previsione
dell’art. 2917 c.c.59 – di invocare i rimedi contrattuali che gli spettano60. I
fautori di tale ultima tesi consentono tuttavia al procedente, assegnatario
del credito nascente dal rapporto sinallagmatico, di adempiere spontaneamente in luogo del debitore diretto la controprestazione da questi dovuta
al terzo, così da poter pretendere l’esecuzione della prestazione oggetto di
assegnazione.
Sempre al fine di precisare l’àmbito oggettivo della forma espropriativa in
esame, giova rammentare che lo schema di cui agli artt. 543 ss. c.p.c. non può
essere utilizzato per pignorare i titoli di credito; questi ultimi costituiscono
infatti beni mobili materiali e, come tali, vanno pignorati presso il debitore
in osservanza delle forme di cui agli artt. 1997 (per i titoli in generale) e 2024
c.c. (per i soli titoli nominativi)61.
Ad altra conclusione deve invece pervenirsi con riguardo ai documenti
di legittimazione (polizza di assicurazione, vaglia postale, libretto al portatore, etc.), i quali non incorporano alcun diritto di credito, ma si limitano a
precostituire un mezzo di identificazione dell’avente diritto alla prestazione,
così da favorire l’accertamento delle condizioni di legittimazione in sede di
esercizio del diritto62.
58
BONSIGNORI, Assegnazione forzata e distribuzione del ricavato, Milano, 1962, 109;
MICHELI, Esecuzione forzata, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1964, 161; SPARANO,
op. cit., 32.
59
Disposizione sulla quale v. infra, il commento al § I.
60
COLESANTI, Il terzo debitore, cit., II, 519 ss., 621 ss.; BOVE, Dell’espropriazione presso
terzi, in BOVE, CAPPONI, MARTINETTO, SASSANI, L’espropriazione forzata, Torino, 1988, 395 ss.
61
Cass., 7.4.1990, n. 2917, in Nuova giur. comm., 1991, I, 54, con nota di Cavallo, secondo
cui il pignoramento di un credito incorporato in un titolo cambiario che, anziché nella forma
del pignoramento presso il debitore diretto (prenditore o giratario del titolo), con materiale
acquisizione del medesimo (art. 1997 c.c. e 513 c.p.c.), venga irritualmente eseguito nella
forma del pignoramento presso terzi ai sensi dell’art. 543 c.p.c., cioè presso l’obbligato cambiario, è affetto da nullità radicale e insanabile, la quale si riflette sugli atti successivi, ad esso
collegati direttamente e necessariamente, e così anche sull’assegnazione nel credito, e può
essere dedotta e fatta valere dal debitore con l’opposizione agli atti esecutivi anche oltre il
termine perentorio di cui all’art. 617 c.p.c. Diverso è invece il caso in cui il titolo di credito si
trovi presso un soggetto diverso dal debitore (es. dossier titoli presso un istituto di credito):
in tale ipotesi le forme degli artt. 543 ss. c.p.c. sono sicuramente utilizzabili, dovendo il titolo
di credito essere riguardato quale cosa del debitore in possesso di un terzo (in tal senso Cass.,
8.6.1978, n. 2875, in Giust. civ., 1979, I, 150).
62
PAPPALARDO, Il pignoramento presso terzi: procedimento e questioni controverse, in
Riv. esecuzione forzata, 2002, 88.
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In tali casi, non si dubita che il pignoramento vada eseguito, nelle forme
di cui agli artt. 543 ss. c.p.c., direttamente sul credito, senza necessità di
intervenire sul documento63. La pignorabilità è stata peraltro esclusa con
riguardo alle “rimesse”, ossia ai versamenti che, nel contratto bancario di
apertura di credito, vengono effettuati dal titolare del conto corrente “affidato” per ridurre o estinguere il saldo debitore del conto medesimo. Avendo
funzione meramente ripristinatoria della provvista, tali versamenti non rappresentano un obbligo restitutorio della banca verso il titolare del conto:
donde l’impossibilità per il creditore del correntista di sottoporre a pignoramento, con la procedura ex artt. 543 ss. c.p.c., le somme che ne formano
oggetto64.
2. «O di cose del debitore che sono in possesso di terzi»
Giusta la previsione dell’art. 543, 1° co., c.p.c., il pignoramento presso
terzi può avere ad oggetto – oltre che crediti – «cose del debitore che sono in
possesso di terzi». Posto, peraltro, che l’espropriazione delle cose del debitore può avvenire anche nelle forme del pignoramento diretto di cui agli
artt. 513 ss. c.p.c., si pone il problema di delimitare l’àmbito applicativo della
forma espropriativa in esame rispetto a quello dell’espropriazione mobiliare
presso il debitore.
Nulla quaestio allorché le cose da pignorare si trovino «nella casa del
debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti» (art. 513, 1° co., c.p.c.), non
dubitandosi in tal caso della necessità di ricorrere al pignoramento diretto65.
Dubbi si profilano invece qualora le cose da assoggettare all’esecuzione
siano ubicate in luoghi estranei al debitore (rectius: appartenenti a terzi),
giacché, se da un lato la norma in commento sembra pacificamente ricondurre tale ipotesi nell’alveo dell’espropriazione presso terzi, l’art. 513, 3° co.,
c.p.c. prevede dall’altro che «il presidente del tribunale o un giudice da lui
delegato, su ricorso del creditore, può autorizzare con decreto l’ufficiale giu-
63
Cass., 2.8.1997, n. 7166.
Così T. Roma, 20.10.1997, in Giust. civ., 1998, I, 3265, con nota di Cossignani.
65
Osserva VACCARELLA, op. cit., 94, che «ove la cosa, pur posseduta dal terzo, si trovasse
in luoghi appartenenti al debitore, questa situazione spaziale sarebbe sufficiente a giustificare
il pignoramento diretto ai sensi dell’art. 513, 1° co., ed il terzo potrebbe far valere il suo “possesso” esclusivamente con l’opposizione ex art. 619 c.p.c.: la dislocazione della cosa in luoghi
appartenenti al debitore assorbe e rende irrilevante – a questi fini – l’eventuale rapporto del
terzo con la cosa».
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diziario a pignorare cose determinate che non si trovano in luoghi appartenenti al debitore, ma delle quali egli può direttamente disporre»; sicché, a
fronte dell’apparente sovrapponibilità delle due fattispecie, occorre definire
i rispettivi àmbiti operativi.
A ben vedere, se identica è nelle due ipotesi la situazione spaziale
della cosa (nell’un caso come nell’altro ubicata in luoghi appartenenti a
un terzo66), assai diversa ne è invece la situazione giuridica, che l’art. 513,
3° co., c.p.c. descrive come di “diretta disponibilità” da parte del debitore,
mentre l’art. 543 c.p.c. esprime con la locuzione “possesso” del terzo. Il
discrimen tra le due forme di espropriazione forzata dipenderà, allora,
esclusivamente dalla preferenza che si ritenga di accordare all’una o
all’altra situazione, essendo evidente che, privilegiando il “possesso” del
terzo, saranno pignorabili in forma diretta, previa autorizzazione del presidente del tribunale, le cose del debitore situate in luoghi appartenenti al
terzo anche quando la diretta disponibilità del debitore sia esclusa per l’esistenza di una situazione giuridica del terzo che, tuttavia, non è qualificabile
come possesso in senso tecnico-giuridico. Mentre, accordando prevalenza
alla situazione di “diretta disponibilità” in capo al debitore, l’àmbito applicativo dell’espropriazione presso terzi finirà per estendersi a tutte le ipotesi
in cui il terzo, ancorché non “possessore” stricto iure, sia titolare di un
potere sulla cosa, idoneo a condizionare e limitare la disponibilità di essa
da parte del debitore esecutato.
Delle due prospettate soluzioni interpretative, quella preferibile – in
quanto maggiormente rispettosa della ratio di entrambe le disposizioni
citate – è indubbiamente la seconda.
Al riguardo, è sufficiente considerare che l’autorizzazione del presidente
del tribunale, prescritta dall’art. 513, 3° co., c.p.c., ha la sola finalità di consentire all’ufficiale giudiziario l’accesso in luoghi che, in quanto appartenenti
a un terzo, sono fuori della vis executiva del titolo67; mentre essa non può in
66
Secondo VACCARELLA, op. cit., 94, sebbene l’art. 513, 3° co., c.p.c. parli di cose «che non
si trovano in luoghi appartenenti al debitore», senza alcun riferimento all’appartenenza a un
terzo, «sembra chiaro, tuttavia, che il requisito espresso da tale norma al negativo (non appartenenza del luogo al debitore) debba essere correttamente inteso al positivo, e cioè come
appartenenza del luogo ad un terzo: ed infatti non si dubita che il pignoramento nella pubblica
via possa eseguirsi senza autorizzazione del Pretore, la quale ha la funzione di rendere possibile da parte dell’ufficiale giudiziario quell’invasione della sfera giuridica del terzo che nei
confronti di questi, in quanto terzo, il titolo esecutivo per sé non consente».
67
VACCARELLA, op. cit., 95.
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alcun modo legittimare l’apprensione diretta della cosa da parte dell’organo
esecutivo in presenza di un interesse giuridicamente rilevante del terzo a
impedire detta acquisizione.
Ne consegue che il ricorso a tale modalità di pignoramento è ammesso
solamente quando il debitore, pur non avendo il godimento esclusivo della
cosa, abbia tuttavia il potere di apprenderla senza necessità del consenso
del terzo, l’eventuale collaborazione richiesta al debitor debitoris attenendo
unicamente alle modalità di accesso al luogo in cui la cosa è custodita (è il
caso dell’autoveicolo parcheggiato in un’autorimessa o del contenuto della
cassetta di sicurezza concessa da una banca)68.
Qualora, invece, il terzo abbia sulla cosa un potere che esclude la facoltà
di apprensione diretta da parte del debitore69, la sola modalità espropriativa validamente utilizzabile sarà quella presso terzi, occorrendo in tal caso
sia salvaguardare la relazione giuridica del terzo con la cosa (ciò che non
potrebbe avvenire con il pignoramento diretto), sia evitare che – proprio
in virtù di tale relazione – egli possa sottrarre il bene alla sua destinazione
esecutiva70.
Resta solo da aggiungere che – a mente dell’art. 513, 4° co., c.p.c. – «l’ufficiale giudiziario può sottoporre a pignoramento, secondo le norme della
presente sezione, le cose del debitore che il terzo possessore consente di
esibirgli». Nei casi in cui il terzo abbia sulla cosa un potere che esclude la
diretta disponibilità del debitore, detta esibizione spontanea varrà quale
rinuncia a pretendere che l’espropriazione si svolga secondo lo schema di
cui agli artt. 543 ss.; mentre, qualora la cosa situata presso il terzo sia nella
68
In tal senso BOVE, Dell’espropriazione, cit., 323; DINI, op. cit., 26, secondo cui l’applicazione dell’art. 513, 3° co., c.p.c. postula che il terzo non abbia alcuna disponibilità della cosa
del debitore, ma abbia invece il godimento del luogo in cui essa si trova; TARZIA GIU., op. cit.,
246, il quale individua il presupposto di operatività della norma nella possibilità per il debitore
di «disporre materialmente del bene senza bisogno della cooperazione di un terzo». V. anche
ROLFI, L’espropriazione presso terzi, in AA.VV., La nuova esecuzione forzata, a cura di Demarchi, Bologna, 2009, 460; SOLDI, op. cit., 572.
69
Secondo ROLFI, op. cit., 460 s., l’interesse del terzo ad opporsi all’apprensione diretta
della cosa da parte del debitore «può discendere in primo luogo da situazioni di vero e proprio
possesso o di mera detenzione del bene (tali per cui il terzo o ritiene di avere un’autonoma
facoltà di ritenzione della res nomine proprio, oppure – come nel caso della detenzione – è
titolare di un interesse alla conservazione temporanea della disponibilità del bene, pur riconoscendo il diritto del debitore al suo successivo recupero: si pensi al conduttore o al comodatario), ma anche dalla semplice esigenza che la sfera del terzo stesso – entro la quale il bene
viene a trovarsi – non venga violata senza il consenso del terzo».
70
BOVE, Dell’espropriazione, cit., 324.
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disponibilità del debitore, l’esibizione della res pignoranda andrà considerata come rinuncia del terzo a esigere l’autorizzazione del presidente del tribunale (o di un giudice da lui delegato) per consentire l’accesso dell’ufficiale
giudiziario nei luoghi a lui appartenenti71.
3. (Segue). Rimedi esperibili avverso l’erronea scelta del mezzo espropriativo
L’erroneo ricorso alle forme del pignoramento diretto in luogo di quello
presso terzi, e viceversa, è sempre causa di nullità del pignoramento, che
può essere rilevata d’ufficio dal giudice72, oltre che fatta valere dagli interessati (debitore e terzo pignorato) con l’opposizione agli atti esecutivi.
In giurisprudenza non v’è peraltro concordia di opinioni quanto alla
natura del vizio e al relativo regime di rilevabilità. Secondo taluni, il vizio
de quo deve essere rilevato con l’opposizione ex art. 617 c.p.c. nel termine
(prima di cinque, attualmente) di venti giorni dalla notificazione al debitore
dell’ingiunzione di cui all’art. 543 c.p.c.73; mentre altri ritengono che il rilievo
possa avvenire anche all’udienza fissata per la dichiarazione del terzo74. E
non è mancato chi ha ritenuto che il pignoramento eseguito in una forma
diversa da quella legislativamente prevista sia «affetto da nullità radicale ed
insanabile, la quale si riflette sugli atti successivi, ad esso collegati direttamente e necessariamente», e può essere perciò dedotta – senza la necessaria osservanza del termine perentorio previsto dall’art. 617 c.p.c. – anche
mediante impugnazione dell’ordinanza di assegnazione75.
Non si dubita, infine, che il medesimo rimedio dell’opposizione agli
atti sia esperibile dal terzo, il quale abbia visto eseguire il pignoramento
di cose (nella diretta disponibilità del debitore ma) situate in luoghi di
sua pertinenza senza l’autorizzazione giudiziale prescritta dall’art. 513,
3° co., c.p.c.76.
71
In tal senso D’ONOFRIO, op. cit., 107; REDENTI, Diritto processuale civile, III, Milano, 1957,
217; VACCARELLA, op. loc. ult. cit.
72
Cass., 29.9.1997, n. 9549.
73
Cass., 7.7.1993, n. 7394.
74
Cass., 24.3.1982, n. 1882, in Giust. civ., 1982, I, 2098.
75
Cass., 7.4.1990, n. 2917, in Nuova giur. comm., 1991, I, 54, con nota di Cavallo.
76
In tal senso VACCARELLA, op. cit., 96, e ORIANI, L’opposizione agli atti esecutivi, Napoli,
1987, 306 ss., 326.
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4. «Si esegue mediante atto notificato personalmente al terzo e al debitore a norma degli articoli 137 e seguenti»
L’atto di pignoramento presso terzi deve essere notificato personalmente al debitore e al terzo con le modalità di cui agli artt. 137 ss. c.p.c.
Sebbene parte della dottrina ritenga competente per la notificazione il solo
ufficiale giudiziario77, la giurisprudenza ha affermato la piena validità della
notificazione effettuata dall’aiutante ufficiale giudiziario, «atteso che l’attività di notificazione degli atti in materia civile, senza alcun limite, è testualmente compresa nelle attribuzioni degli aiutanti ufficiali giudiziari, ai sensi
dell’art. 165, primo ed ultimo comma, del d.p.r. 15.12.1959, n. 1229, e che il
momento centrale e determinante del pignoramento presso terzi, ancorché
atto composto da una pluralità di elementi, è costituito dalla notificazione
dell’atto sopraindicato»78.
Il vizio di notifica dell’atto di pignoramento al debitore esecutato (nella
specie, per non essere stato allegato all’originale dell’atto, notificato a mezzo
posta, l’avviso di ricevimento del plico raccomandato) non comporta la
nullità del pignoramento qualora il debitore dimostri, con la comparizione
all’udienza fissata per la dichiarazione del terzo, che la funzione recettizia
della notificazione è stata comunque attuata79.
Qualora debitore esecutato sia un’amministrazione dello Stato, l’atto
di pignoramento andrà notificato presso gli uffici dell’Avvocatura dello
Stato nel cui distretto ha sede l’autorità giudiziaria competente (ex artt. 11
e 52, r.d. 30.10.1933, n. 1611), sicché la notificazione effettuata presso gli
uffici dell’amministrazione è affetta da nullità80. Se, invece, l’amministrazione riveste la qualità di debitor debitoris, la notificazione dell’atto di
pignoramento va effettuata «a chi la rappresenta nel luogo in cui risiede il
giudice davanti al quale si procede», secondo quanto previsto dall’art. 144,
2° co., c.p.c.81.
77
In tal senso CORSARO, BOZZI, Manuale dell’esecuzione forzata, Milano, 1996, 251 s.,
secondo cui «la notificazione deve essere fatta dall’ufficiale giudiziario, contenendo il pignoramento; e non è valida, affetta da nullità insanabile, se fatta dall’aiutante ufficiale giudiziario,
abilitato soltanto ad eseguire mere notificazioni»; CASTORO, Il processo di esecuzione nel suo
aspetto pratico, Milano, 2006, 485 s.
78
Cass. 27.8.1996, n. 7862.
79
Cass., 1.2.1988, n. 905, in Giust. civ., 1988, I, 922, con nota di Capponi.
80
Cass., 18.8.2011, n. 17349.
81
Cass., 9.2.1981, n. 798, in Giust. civ., 1981, I, 968.
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Libro III - Titolo II: Dell’espropriazione forzata
5. «L’atto deve contenere, oltre all’ingiunzione al debitore di cui all’articolo 492»
Al pari di qualunque atto di pignoramento, l’atto di cui all’art. 543 c.p.c.
deve anzitutto contenere l’«ingiunzione al debitore di cui all’art. 492 c.p.c.».
La previsione in commento va, dunque, posta in relazione con quella del
1° co. del citato art. 492 c.p.c., a mente del quale «salve le forme particolari
previste nei capi seguenti, il pignoramento consiste in una ingiunzione che
l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a
sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all’espropriazione e i frutti di essi».
Al riguardo si è correttamente rilevato che, sebbene l’art. 492 c.p.c. sembri
sancire il principio generale secondo cui il pignoramento si sostanzierebbe
nell’ingiunzione dell’ausiliario di giustizia, salve le forme particolari previste
dall’art. 518 c.p.c. per il pignoramento mobiliare, dall’art. 543 c.p.c. per il
pignoramento presso terzi, e dall’art. 555 c.p.c. per il pignoramento immobiliare, «le forme di pignoramento proprie di ogni singola espropriazione non
potrebbero comunque considerarsi “particolari” in relazione ad una figura
generale dell’atto, per la buona ragione che, a ben guardare, non esiste una
“forma generale” di pignoramento da cui poter “far salve” alcune, ovvero
tutte le forme particolari previste dal codice (e dalle leggi speciali)82».
In tale prospettiva, la previsione dell’art. 492, 1° co., c.p.c. va, allora,
preferibilmente intesa nel senso che l’ingiunzione costituisce (soltanto)
l’elemento centrale e caratteristico del pignoramento; elemento che deve
comunque essere integrato da ulteriori atti e attività, diversamente concepiti
a seconda sia della natura del bene oggetto dell’aggressione esecutiva, sia
dei soggetti coinvolti nel compimento dell’atto83.
Vertendosi in materia di pignoramento presso terzi, l’ingiunzione all’esecutato vale indubbiamente a determinare l’inopponibilità ai creditori concorrenti, ex artt. 2913 ss. c.c., di eventuali atti di disposizione del bene pignorato
successivi alla notificazione dell’atto ex art. 543 c.p.c. (c.d. indisponibilità a
parte creditoris)84; ma, poiché il pignoramento presso terzi si specifica nel
82
Così CAPPONI, Pignoramento, cit., 2.
V. ancora CAPPONI, ivi (nonché autori ivi citati), e ID., Manuale, cit., 186. In argomento v.
anche RICCI G.F., «Ingiunzione» o «forme particolari»? Un dubbio in tema di pignoramento,
in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1977, 1614 ss.
84
COLESANTI, Il terzo debitore, cit., II, 268 in nota, 273 ss.; CALVOSA, Struttura del pignoramento e del sequestro conservativo, Milano, 1953, 59.
83
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suo oggetto concreto solamente con la dichiarazione del terzo (o, in alternativa, con l’accertamento giudiziale di cui all’art. 549 c.p.c.), detta indisponibilità a parte creditoris «non va intesa nel senso proprio, ma bensì come
un divieto di disporre del bene vincolato, al momento soltanto allegato dal
creditore procedente»85.
A ciò deve aggiungersi che, al fine di garantire il buon esito dell’espropriazione presso terzi, la sola ingiunzione all’esecutato non è sufficiente,
occorrendo altresì procedere in via di “arresto” nei confronti del terzo onde
impedirgli di prestare all’esecutato, suo creditore diretto86. È dunque evidente che, se pure l’ingiunzione vale a determinare nel debitore lo status
di soggetto passivo dell’esecuzione, è solamente con l’intimazione di non
disporre rivolta al terzo che la funzione del pignoramento può considerarsi
compiutamente realizzata87.
L’ingiunzione non richiede l’uso di formule sacramentali88, potendo derivare anche da comportamenti concludenti, tali da rendere edotto il debitore dell’esistenza e della portata del vincolo esecutivo; quel che conta è che
essa sia recepita (o, comunque, sia resa percepibile) dall’esecutato, il quale
a partire da tale momento non potrà più compiere atti di disposizione volti a
sottrarre i beni alla destinazione esecutiva.
Quanto, infine, alle conseguenze della mancanza dell’ingiunzione, la
giurisprudenza prevalente ritiene che la stessa sia causa di nullità relativa
dell’atto di pignoramento, deducibile mediante opposizione ex art. 617 c.p.c.
non oltre il termine di cinque (attualmente venti) giorni dall’udienza fissata
per la citazione del terzo e del debitore89. Non sono peraltro mancate pronunce nel senso della nullità assoluta – «rilevabile in ogni stato e grado del
85
CAPPONI, Pignoramento, cit., 5. V. anche ID., Manuale, cit., 188, secondo cui «la legge processuale, identificando nell’ingiunzione l’elemento centrale dell’atto, ha considerato realizzato
il vincolo di destinazione, quantomeno nei confronti del debitore, nel momento in cui questi
viene formalmente avvertito che l’esecuzione è iniziata, e che gli eventuali atti di disposizione
del bene pignorato non saranno opponibili alla procedura».
86
Si rinvia a quanto già osservato supra al § E, e a quanto ancora si dirà infra al § 8.
87
Ben si comprende, pertanto, la recente affermazione giurisprudenziale secondo cui
tanto l’ingiunzione al debitore, quanto l’intimazione di non disporre rivolta al terzo costituiscono elementi essenziali dell’atto ex art. 543 c.p.c., la mancanza anche di uno solo dei quali
determina l’inesistenza del pignoramento (così Cass., 30.1.2009, n. 2473, in Riv. esecuzione
forzata, 2009, 150; Cass., 21.6.1995, n. 7019).
88
Cass., 26.4.1995, n. 4621.
89
Cass., 1.2.2002, n. 1308, in Giur. it., 2002, 2060, con nota di Nela; Cass., 23.1.1998, n. 669,
ivi, 1998, 1331.
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procedimento esecutivo», fatta salva solo l’applicazione dell’art. 2929 c.c.90 –
o finanche dell’inesistenza91 del pignoramento carente dell’ingiunzione.
6. «L’indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e
del precetto»
Trattasi di informazioni destinate non tanto al debitore esecutato, il quale
le ha già ricevute al momento della notificazione del titolo esecutivo e del
precetto, quanto al terzo e all’ufficiale giudiziario92. Quest’ultimo, in particolare, ha l’onere di verificare l’esistenza del titolo esecutivo e del precetto, e
di formulare l’ingiunzione all’esecutato tenendo conto dell’ammontare della
pretesa dedotta dal creditore procedente nei confronti dell’esecutato (il c.d.
credito “precettato”)93.
L’indicazione del credito azionato in via esecutiva va, inoltre, posta in
relazione con il disposto dell’art. 546 c.p.c.94, ed è perciò funzionale alla delimitazione dell’ampiezza del vincolo di indisponibilità (a parte tertii) sul
diritto di credito pignorato95.
Si ritiene che l’omissione di tali indicazioni determini – al pari della mancanza dell’ingiunzione – la nullità (relativa) dell’atto ex art. 543 c.p.c., deducibile dal debitore ai sensi dell’art. 617 c.p.c. nel termine di venti giorni dalla
relativa notificazione, «sempreché l’atto non sia comunque idoneo al raggiungimento del suo scopo»96.
7. «L’indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute»
Nell’atto di pignoramento presso terzi deve essere altresì inserita l’indicazione delle cose o delle somme dovute dal terzo all’esecutato, delle quali si
richiede una enunciazione non più che “generica”.
90
Cass., 10.3.1999, n. 2082.
Cass., 30.1.2009, n. 2473, cit.; Cass., 21.6.1995, n. 7019, cit.
92
CASTORO, op. cit., 486.
93
SOLDI, op. cit., 605.
94
Il cui 1° co. – v. il commento all’art. 546 c.p.c. – prevede che «dal giorno in cui gli è notificato l’atto previsto nell’articolo 543, il terzo è soggetto relativamente alle cose e alle somme
da lui dovute e nei limiti dell’importo del credito precettato aumentato della metà, agli obblighi
che la legge impone al custode».
95
SOLDI, op. loc. ult. cit.
96
Ibidem.
91
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La Suprema Corte ha al riguardo chiarito che l’indicazione può essere
anche assolutamente generica, giustificandosi ciò con la difficoltà che ha
il creditore procedente di conoscere i dati esatti concernenti tali somme o
cose, a cagione della sua estraneità ai rapporti tra debitore e terzo, e prevedendo il sistema che tale genericità venga eliminata mediante la dichiarazione che il terzo è chiamato a rendere a norma dell’art. 547 c.p.c.97.
L’atto di pignoramento presso terzi è pertanto, nella maggioranza dei casi,
un atto a forma libera, nel quale il creditore procedente ha facoltà di enunciare sia una causa debendi, sia un mero quantum, e persino di omettere
qualsivoglia allegazione per limitarsi a dichiarare di pignorare tutto quel che
dell’esecutato vi sia presso il terzo; la specificazione e il conseguente perfezionamento del vincolo esecutivo seguiranno comunque in una fase successiva del procedimento, e ciò è sufficiente a sottrarre l’atto de quo alla
comminatoria di nullità ex art. 156, 2° co., c.p.c.98.
Quanto precede non impedisce peraltro al creditore di individuare ab
initio puntualmente il credito o le cose da destinare alle finalità esecutive,
così circoscrivendo l’àmbito dei doveri processuali tanto del terzo debitore
in sede di “custodia” e di dichiarazione, quanto dell’ufficio esecutivo nella
fase conclusiva di assegnazione o di vendita99.
Infine, non mancano ipotesi nelle quali il creditore, che intenda procedere nelle forme di cui agli artt. 543 ss. c.p.c., non può limitarsi a un’indica-
97
Cass., 24.5.2003, n. 8239, in Arch. civ., 2004, 517; Cass., 13.1.1983, n. 249. In dottrina, v.
PAPPALARDO, op. cit., 79.
98
In tal senso v. TARZIA GIU., op. cit., 314, nt. 431, secondo cui «il regime particolare del processo convoglia il chiarimento della situazione verso la dichiarazione e l’eventuale processo di
accertamento, e permette quindi di espungere dal contenuto minimo della domanda, richiesto
per la sua validità (beni mobili o somme presso terzi), la “indicazione generica”». Nel medesimo
senso VELLANI, Questioni in tema di sequestro conservativo presso terzi, in Riv. trim. dir. e
proc. civ., 1953, 638 ss., spec. 642. Contra, nel senso che la mancanza o l’assoluta indeterminatezza dell’indicazione importino la radicale invalidità ex art. 156, 2° co., c.p.c. dell’atto di pignoramento, derivante dalla carenza di un requisito formale indispensabile al raggiungimento dello
scopo, v. tuttavia SATTA, Commentario, cit., III, 312, il quale osserva che «l’“almeno generica”
riferito all’indicazione delle cose e delle somme è una naturale conseguenza del fatto che il creditore è estraneo al rapporto: ma l’espressione non esclude, anzi implica, che il terzo debba aver
cognizione della causa del credito e del titolo per cui le cose sono dovute. Il pignoramento di
somme o cose senza alcuna specificazione sarebbe nullo e non potrebbe neppure dar luogo a una
dichiarazione da parte del terzo. Questi deve sapere a che cosa si riferisca il divieto di disporre».
99
In tale prospettiva, l’indicazione di cui all’art. 543, 2° co., n. 2, c.p.c. può essere considerata quale formulazione della domanda esecutiva: in argomento v., se vuoi, TOTA, Il principio
della domanda nel processo di espropriazione di crediti, in Riv. esecuzione forzata, 2009,
244 ss.
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zione di mera quantità delle somme dovute dal terzo all’esecutato, dovendo
invece specificare nell’atto di pignoramento la causa e la natura dei crediti sottoposti ad esecuzione. Si pensi, in particolare, al caso in cui l’azione
esecutiva sia intrapresa per «cause di alimenti» (art. 545, 1° co., c.p.c.);
ovvero a quello in cui l’esecuzione sia condotta, per la soddisfazione di pretese diverse da quelle alimentari e nelle misure previste dal 4° e dal 5° co.
dell’art. 545 c.p.c., sulle «somme dovute dai privati a titolo di stipendio,
di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego,
comprese quelle dovute a causa di licenziamento»100; o, ancora, all’ipotesi
in cui l’esecuzione sia condotta su stipendi, salari e pensioni spettanti ai
dipendenti delle pubbliche amministrazioni, dovendo anche in tal caso l’atto
introduttivo «indicare l’emolumento che si vuol colpire» (art. 3, 1° co., d.p.r.
28.7.1950, n. 895, recante il regolamento per l’esecuzione del testo unico
approvato con d.p.r. 5.1.1950, n. 180). In tali fattispecie, l’esatta indicazione
del credito da aggredire è senz’altro elemento costitutivo dell’atto di pignoramento, non essendo irrilevante, ai fini dello svolgimento dell’iter espropriativo, la circostanza che l’obbligazione del terzo scaturisca da un tipo di
rapporto piuttosto che da un altro. Il titolo in virtù del quale le somme sono
dovute ne condiziona la stessa pignorabilità, subordinando l’attuazione della
sanzione esecutiva al provvedimento autorizzativo dell’ufficio o, comunque,
predeterminando il limite quantitativo entro il quale il diritto dell’esecutato
potrà destinarsi alla soddisfazione dei creditori; con il che pare confermata
l’opinione secondo cui l’espropriazione ha in tali ipotesi ad oggetto non già
“somme” nella disponibilità del terzo, bensì crediti, la cui determinazione
assurge dunque a presupposto di validità (o, se si preferisce, di efficacia)
dell’atto ex art. 543 c.p.c., concorrendo a identificare l’azione esecutiva concretamente intrapresa101.
100
Crediti ai quali possono ormai assimilarsi, in virtù dell’opera adeguatrice svolta dalla
giurisprudenza costituzionale, i crediti retributivi vantati nei confronti dello Stato e degli
altri enti pubblici, i trattamenti di fine rapporto e i trattamenti pensionistici. In argomento
v. TATANGELO, I limiti di pignorabilità dei trattamenti economici spettanti ai lavoratori
dipendenti (pubblici e privati) ed ai pensionati, nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in Riv. esecuzione forzata, 2004, 71 ss.; SALETTI, La «nuova» impignorabilità degli
emolumenti dei pubblici dipendenti, in Riv. dir. processuale, 1987, 987 ss.; STORTO, Esecuzione forzata e diritto di difesa nella giurisprudenza costituzionale, in Riv. esecuzione
forzata, 2009, 222 ss.
101
Per un approfondimento della questione si rinvia a TOTA, Il principio, cit., spec.
254 ss.
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8. «L’intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice»
L’intimazione di non disporre rivolta al debitor debitoris è elemento
essenziale del pignoramento presso terzi al pari dell’ingiunzione all’esecutato. Essa tende a conseguire il c.d. “arresto” del credito, ossia a incidere
sulla situazione sostanziale del terzo per “superare” il suo obbligo102 e, così,
impedirgli di compiere un atto (l’adempimento in favore dell’esecutato, suo
creditore diretto) altrimenti dovuto e idoneo a vanificare le ragioni del creditore procedente.
In tale prospettiva, l’intimazione opera sotto due distinti ancorché correlati profili: per un verso, essa legittima il terzo a rifiutare la prestazione
dovuta senza incorrere nella mora debendi, risolvendosi perciò, sostanzialmente, in una opposizione al pagamento (della quale è traccia nell’art. 2906,
2° co., c.c.)103; per l’altro, essa determina l’inefficacia nei confronti del creditore procedente (e degli eventuali creditori intervenuti) della prestazione
eseguita, la quale non avrebbe efficacia liberatoria per il terzo e, quindi, non
varrebbe a estinguere il rapporto obbligatorio tra costui e il debitore in pregiudizio della procedura esecutiva104.
La previsione in commento va letta, pertanto, congiuntamente al disposto
dell’art. 546, 1° co., c.p.c., a tenore del quale, dal giorno della notificazione
dell’atto di pignoramento, il terzo assume gli obblighi che la legge impone al
custode: formula, questa, in virtù della quale il terzo è tenuto vuoi a conservare le cose infungibili da lui dovute, per consegnarle a chi il giudice indicherà all’esito della procedura espropriativa (pena, in caso di violazione,
l’applicazione delle sanzioni penali di cui all’art. 388, 4° co., c.p.), vuoi a
non disporre senza ordine del giudice delle cose fungibili, restando in caso
contrario obbligato nei confronti del soggetto che il giudice indicherà quale
effettivo creditore della prestazione. Quanto, invece, ai crediti, si è efficacemente rilevato che, «quand’anche sia improprio (…), il ricorso della legge al
concetto di “custodia” esprime assai bene il carattere essenzialmente strumentale e (per ciò stesso) conservativo dell’attività spiegata dal creditore
102
COLESANTI, Pignoramento, cit., 842.
Si rinvia in proposito ai rilievi di COLESANTI, ivi, e ID., Il terzo debitore, cit., II, 288 ss.;
nonché di VACCARELLA, op. cit., 109.
104
Si è osservato (VACCARELLA, op. loc. ult. cit.) che tale effetto è del tutto analogo a quello
che, nella cessione volontaria del credito, è prodotto dalla notificazione dell’avvenuta cessione
ex art. 1264 c.c., «in quanto sia l’una (l’intimazione) sia l’altra (notificazione della cessione)
legittima il debitore a rifiutare nei confronti del suo creditore un atto dovuto perché questo
non avrebbe l’efficacia sua propria di liberarlo definitivamente».
103
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pignorante nei confronti del terzo con l’intimazione: la quale per sé, ex lege,
lo costituisce “custode”, senza necessità di un atto di nomina, perché legale
è l’effetto, prodotto dall’intimazione, (…) che efficacemente è definito come
“arresto del credito”»105.
In ordine alle conseguenze prodotte dall’assenza dell’intimazione, la giurisprudenza ritiene che anche tale vizio, al pari della mancanza dell’ingiunzione all’esecutato, determini l’inesistenza del pignoramento106. Non è
mancato peraltro chi, richiamando per l’intimazione di non disporre la
medesima soluzione cui la giurisprudenza più recente è pervenuta in materia di ingiunzione al debitore, ha ritenuto che la mancanza dell’elemento di
cui all’art. 543, 2° co., n. 2, c.p.c. sia causa di nullità del pignoramento, deducibile dal debitore107 – pena la sanatoria del vizio – con l’opposizione agli
atti esecutivi nel termine di venti giorni dalla data dell’udienza fissata per la
dichiarazione del terzo108.
9. «La dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in
cui ha sede il tribunale competente»
Nell’atto di pignoramento deve essere inserita la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio del creditore procedente nel comune in cui
ha sede il giudice competente per l’esecuzione. L’assenza di tale indicazione
non è, peraltro, causa di invalidità dell’atto, comportando unicamente che
le comunicazioni e notificazioni al creditore andranno effettuate nella cancelleria del giudice dell’esecuzione, secondo quanto previsto dall’art. 489,
2° co., c.p.c.109.
10. «Nonché l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata del
creditore procedente»
Trattasi di indicazione aggiunta dall’art. 1, 20° co., n. 1, lett. a), l.
24.12.2012, n. 228, a decorrere dal 1° gennaio 2013, finalizzata a consentire al
105
Così VACCARELLA, op. cit., 109.
Cass., 30.1.2009, n. 2473, cit.; Cass., 21.6.1995, n. 7019, cit.
107
E non anche dal terzo, il quale potrà peraltro dolersi della mancanza dell’intimazione,
assumendo di aver legittimamente disposto delle cose o delle somme dovute all’esecutato
perché ignaro della necessità di astenersi dalla prestazione (SOLDI, op. cit., 605).
108
Ibidem.
109
SOLDI, op. cit., 606.
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terzo pignorato la trasmissione della propria dichiarazione a mezzo di posta
elettronica certificata. Correlativamente, l’art. 543, 2° co., n. 4, c.p.c. prevede
che alla «citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al giudice del
luogo di residenza del terzo» si accompagni (sempre che il pignoramento
non concerna i crediti di cui all’art. 545 c.p.c.) l’invito a comunicare la dichiarazione al creditore procedente, alternativamente, «a mezzo raccomandata
ovvero a mezzo di posta elettronica certificata»; mentre l’art. 547, 1° co.,
c.p.c. (anch’esso novellato dalla l. n. 228/2012) consente al terzo di trasmettere la propria dichiarazione al creditore, oltre che mediante lettera raccomandata, «a mezzo di posta elettronica certificata».
È da chiedersi cosa accada qualora il creditore procedente ometta di
indicare nell’atto ex art. 543 c.p.c. il proprio indirizzo di posta elettronica
certificata.
Escluso, in difetto di apposita previsione normativa e non ricorrendo
alcuno dei casi di nullità di cui all’art. 156 c.p.c., che detta omissione
determini l’invalidità dell’atto di pignoramento, sembra corretto ritenere
che il terzo serbi ugualmente la facoltà di rendere la propria dichiarazione
in via telematica, previa individuazione a sue cure dell’indirizzo Pec del
procedente.
11. «La citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al giudice
del luogo di residenza del terzo, affinché questi faccia la dichiarazione
di cui all’articolo 547 e il debitore sia presente alla dichiarazione e agli
atti ulteriori, con invito al terzo a comparire quando il pignoramento
riguarda i crediti di cui all’articolo 545, commi terzo e quarto, e negli
altri casi a comunicare la dichiarazione di cui all’articolo 547 al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata ovvero a
mezzo di posta elettronica certificata»
Come già ripetutamente rilevato, l’indole “evolutiva” dell’espropriazione
presso terzi impone di correlare il perfezionamento del vincolo pignoratizio
non – come nell’espropriazione mobiliare diretta e in quella immobiliare –
alla pura e semplice individuazione e descrizione del bene aggredito, bensì
all’acquisizione di una “certezza” circa l’esistenza e consistenza di esso. Si
spiega così la previsione dell’art. 543, 2° co., n. 4, c.p.c., il quale eleva a elemento costitutivo dell’atto di pignoramento la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al giudice competente, affinché il terzo renda la
dichiarazione a lui richiesta, «specifica[ndo] di quali cose o di quali somme è
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debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la
consegna» (art. 547 c.p.c.).
Lungi dal costituire la domanda introduttiva di un giudizio nei confronti
del terzo110, la “citazione” in esame configura dunque «un mero atto d’invito
al terzo, che ne è destinatario, a rendere quel che da lui si attende, la collaborazione all’esecuzione mediante la specificazione di quanto o di che cosa
egli deve»111. Trattasi, insomma, di una provocatio ad declarandum, in vista
di un risultato che – al pari di quanto avviene negli altri sistemi processuali
derivati da quello francese – ben può essere identificato con l’esatta determinazione della res pignorata in funzione del successivo provvedimento di
assegnazione.
Rinviando al commento all’art. 547 c.p.c. per l’esame delle due diverse
modalità di dichiarazione legislativamente previste, nella presente sede è
sufficiente osservare che, mentre nella originaria formulazione dell’art. 543
c.p.c. la citazione «era in tutto assimilabile ad una vocatio in ius, in quanto
recava l’invito al debitore e al terzo a comparire all’udienza fissata»,
nell’attuale versione derivante dalle modifiche di cui alla l. n. 52/2006 «essa
assume una valenza particolare, differenziando il profilo dell’indicazione
dell’udienza da quello dell’invito a comparire»112. In diversi termini, ferma
restando la necessità che l’atto di pignoramento rechi la citazione del terzo e
del debitore ad apposita udienza, preordinata all’esame della dichiarazione
e all’eventuale pronuncia dell’ordinanza di assegnazione113, l’invito a comparire all’udienza suddetta andrà rivolto esclusivamente al debitore esecutato
ogni qualvolta la dichiarazione possa essere resa mediante lettera raccomandata o messaggio Pec (nel qual caso la comparizione del terzo all’udienza
non sarà evidentemente necessaria114); mentre esso avrà quale destinatario
anche il debitor debitoris nei limitati casi in cui la legge prescrive la dichiarazione verbis all’udienza115.
110
Nel senso che «nell’atto di pignoramento presso terzi non può ritenersi implicitamente
ricompresa una domanda di accertamento per il caso di eventuale dichiarazione negativa del
terzo», v. Cass., 23.4.2003, n. 6449, in Foro it., 2004, I, 2232, con nota di Rossi.
111
Così COLESANTI, Pignoramento, cit., 844.
112
SOLDI, op. cit., 607.
113
Sul ruolo dell’udienza de qua nella complessa fattispecie del pignoramento presso terzi,
e sulla necessità che la stessa sia tenuta anche nel caso in cui la dichiarazione sia stata resa
mediante lettera raccomandata o posta elettronica certificata, si rinvia al commento all’art. 547
c.p.c.
114
Salvo quanto si dirà in sede di commento all’art. 547 c.p.c.
115
In tal senso SOLDI, op. loc. ult. cit.
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Art. 543
12. (Segue). La competenza per l’espropriazione presso terzi. Il rilievo
dell’incompetenza territoriale del giudice adìto
Nel prevedere che il terzo e il debitore debbano essere citati davanti al
giudice (i.e. al tribunale116) del luogo di residenza del terzo, l’art. 543, 2° co.,
n. 4, c.p.c. pare conferire in ogni caso a tale ufficio la competenza per l’espropriazione presso terzi, senza distinguere a seconda che oggetto dell’aggressione esecutiva siano crediti del debitore ovvero cose di costui in possesso
di terzi.
Così intesa, la norma si pone peraltro in antitesi con quanto disposto
dall’art. 26 c.p.c., a mente del quale la competenza territoriale per l’esecuzione forzata su cose spetta al giudice del luogo in cui le cose si trovano
(1° co.), laddove il giudice del luogo in cui risiede il terzo debitore è competente unicamente per l’espropriazione forzata di crediti (2° co.).
L’apparente conflitto tra le due previsioni è oggi prevalentemente risolto
nel senso che debba essere accordata prevalenza al criterio di cui all’art. 543
c.p.c., con la conseguenza che la competenza per la forma espropriativa in
esame andrà determinata sulla base del luogo di residenza del terzo anche
quando le cose da pignorare siano ubicate in una diversa località117. Non
sono tuttavia mancate voci di segno contrario, secondo le quali la regola
di cui all’art. 543 c.p.c. opererebbe solamente in caso di pignoramento di
crediti, mentre, nella diversa ipotesi in cui oggetto dell’espropriazione siano
cose, tornerebbe applicabile il disposto dell’art. 26, 1° co., c.p.c.118.
Se terzo pignorato è una persona giuridica, il criterio della residenza
andrà sostituito con quello del luogo in cui si trova la sede legale o uno
116
Va rammentato che la competenza per l’espropriazione presso terzi non va più determinata con riguardo alla materia, giacché, a séguito dell’abrogazione dell’art. 16 c.p.c. ad opera
dell’art. 51, d.lg. 19.2.1998, n. 51, competente è ormai sempre il tribunale.
117
In giurisprudenza, v. per tutte Cass., 8.6.1978, n. 2875. V. anche SOLDI, op. cit., 595,
secondo cui la tesi preferibile è quella che individua il criterio generale di competenza nella
previsione dell’art. 543 c.p.c., «non solo perché questa disposizione ha carattere speciale, ma
anche perché l’art. 26, 1° co., c.p.c. pare riferibile alle ipotesi di pignoramento diretto di cose
mobili mentre solo il successivo 2° co., sembra dettare la regola sulla competenza per il processo di espropriazione presso terzi». Si è esattamente rilevato (ROLFI, op. cit., 496) che il
criterio di competenza basato sul luogo di residenza del terzo postula che siano noti la residenza anagrafica, il domicilio o la dimora del debitor debitoris; laddove, in difetto di tali informazioni, la competenza andrà necessariamente collegata al luogo in cui risiede il creditore
pignorante ex art. 18 c.p.c.
118
CASTORO, op. cit., 482, nonché, sia pure dubitativamente, CORSARO, BOZZI, op. cit., 255, e
PAPPALARDO, op. cit., 82.
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stabilimento con rappresentante autorizzato a stare in giudizio; mentre, ove
il pignoramento sia eseguito presso una società sprovvista di personalità
giuridica, un’associazione non riconosciuta o un comitato di cui agli artt. 36
ss. c.c., si avrà riguardo al luogo in cui tale ente svolge attività in modo continuativo (arg. ex art. 19 c.p.c.).
Ove terzo debitore sia un istituto di credito, la competenza per territorio
andrà individuata in base al luogo della sede legale o, in alternativa, «al luogo
in cui detto istituto abbia la filiale o succursale o agenzia che abbia in carico
il rapporto da dichiarare»119; e ciò anche quando «il soggetto autorizzato a
rendere la relativa dichiarazione non è legittimato a stare in giudizio per il
medesimo rapporto, ovvero l’agenzia è priva di rappresentante, perché il terzo
rimane estraneo all’esecuzione ed è soltanto strumento necessario per consentire la prosecuzione del procedimento nei confronti del debitore diretto»120.
La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 3, d.p.r. 5.1.1950,
n. 180, nella parte in cui prevede che i sequestri e i pignoramenti a carico
dei dipendenti dello Stato si eseguono presso l’ispettorato generale per il
credito ai dipendenti dello Stato del ministero del tesoro, anziché presso
l’organo dell’amministrazione che è titolare del potere di disporre la spesa121.
Muovendo da tale pronuncia, si è quindi affermato che la competenza per
l’espropriazione forzata dei crediti di lavoro del dipendente statale appartiene in via esclusiva al giudice del luogo in cui ha sede l’organo o l’ufficio
dell’amministrazione tenuto a erogare il trattamento retributivo122.
Foro territorialmente competente nella procedura di espropriazione forzata presso terzi, relativamente ai crediti per prestazioni pensionistiche del
soggetto esecutato nei confronti di un ente pubblico previdenziale, è esclusivamente quello del luogo in cui ha sede l’ufficio che eroga la pensione,
in base a quanto previsto dall’art. 4, d.p.r. 5.1.1950, n. 180, interpretato alla
luce dei princìpi enunciati dal Giudice delle Leggi con la citata sentenza
n. 231/1994 della Corte costituzionale123.
119
Cass., 11.12.2000, n. 15579.
Cass., 20.2.2001, n. 2465. Nel senso che, non essendo il terzo parte del processo esecutivo, non vi è spazio per l’applicazione dell’art. 77 c.p.c., sicché ben può la dichiarazione
essere resa da un soggetto sprovvisto di legittimazione processuale, v. anche SOLDI, op. cit.,
597; ROLFI, op. cit., 497; TATANGELO, Questioni attuali in tema di espropriazione presso terzi,
con specifico riferimento all’espropriazione dei crediti della pubblica amministrazione, in
Riv. esecuzione forzata, 2003, 432.
121
C. cost., 10.6.1994, n. 231, in Giur. it., 1995, I, 168.
122
Cass., 30.5.1996, n. 5004.
123
Cass., 19.7.2000, n. 9495.
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Ove terzo pignorato sia Ferrovie dello Stato (ora Trenitalia s.p.a.) in relazione a crediti vantati nei suoi confronti da dipendenti, «il luogo di esecuzione del pignoramento – così come il foro dell’espropriazione forzata – va
individuato, in via sostitutiva e non alternativa rispetto a quello della sede
della società concessionaria, in quello di ubicazione dello stabilimento della
stessa competente a disporre la spesa a fronte del credito che viene assoggettato a pignoramento (…), senza che assuma rilievo che presso detto stabilimento vi sia, o meno, un soggetto avente il potere di rappresentare in
giudizio il terzo debitore»124.
Analogamente, nel caso in cui oggetto di espropriazione forzata nelle
forme di cui agli artt. 543 ss. c.p.c. sia un credito derivante da rapporto
di lavoro intrattenuto con Poste Italiane s.p.a., si è ritenuto che il giudice
dell’esecuzione competente per territorio vada individuato – in via esclusiva
e non alternativa rispetto a quello della sede del concessionario – nel tribunale del luogo ove è ubicato l’ufficio della società da cui il debitore dipende,
dovendosi anche in tal caso applicare la regola desumibile dagli artt. 1, 3 e 4,
d.p.r. 5.1.1950, n. 180, da leggere alla luce della citata sentenza n. 231/1994125.
L’incompetenza per territorio del g.e. non determina l’invalidità del vincolo esecutivo. Si è in proposito rilevato che, «come l’incompetenza del
giudice davanti al quale è iniziato un giudizio di cognizione non costituisce
causa di nullità della citazione, così l’incompetenza del giudice davanti al
quale il creditore procedente convoca il terzo per la dichiarazione e nella
cancelleria del quale è depositato il pignoramento non determina la nullità di
questo, ma solo la traslazione del processo davanti al giudice competente»126.
In applicazione della previsione di cui all’art. 38, 1° co., c.p.c., deve ritenersi
che il rilievo officioso dell’incompetenza debba avvenire non oltre l’udienza
fissata per la dichiarazione del terzo ai sensi dell’art. 547 c.p.c.127; mentre
l’esecutato potrà far valere il vizio de quo sia sollecitando l’esercizio dei
poteri officiosi, sia mediante l’opposizione agli atti, che – secondo l’opinione
preferibile – «potrà essere proposta, nell’ipotesi in cui il giudice non abbia
dato seguito alla tempestiva sollecitazione ad esercitare i poteri officiosi a lui
124
Cass., 9.1.1997, n. 109, in Lavoro nella giur., 1997, 477, con nota di Giacalone.
Cass., 7.5.2008, n. 11180.
126
Cass., 6.8.2002, n. 11758, in Arch. civ., 2003, 665. Per qualche considerazione critica in
ordine a tale pronuncia v. CAPPONI, Postilla. La Cass. n. 11758 del 2002 e la translatio judicii
nel processo esecutivo, in Il processo esecutivo. Nuovi studi, Bologna, 2008, 231 ss.
127
V. per tutti VERDE, CAPPONI, Profili del processo civile, III, Napoli, 1998, 25.
125
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Libro III - Titolo II: Dell’espropriazione forzata
attribuiti dalla legge, nel termine di venti giorni dalla conoscenza legale del
provvedimento successivo alla prima udienza»128.
13. (Segue). La competenza in caso di pignoramento eseguito presso
più terzi
Un problema particolare si pone allorché i terzi pignorati risiedano in
località diverse e idonee a radicare la competenza per territorio di differenti
tribunali129.
In tale ipotesi, sembra anzitutto da escludersi che la citazione ex art. 543
c.p.c. possa sussumersi sotto la previsione dell’art. 33 c.p.c.130: non soltanto
perché una connessione di “cause” per l’ “oggetto” o per il “titolo” è configurabile esclusivamente nel processo di accertamento e non anche in
quello esecutivo, ove manca un titolo e l’oggetto non rileva che «in senso
ben diverso da quello proprio della cognizione, e cioè non come materia di
contrastanti allegazioni e poi di decisione, ma come oggetto dei provvedimenti espropriativi o degli altri tipi di attività esecutive»131; ma anche perché
di cumulo soggettivo può fondatamente parlarsi soltanto in relazione alle
128
Così T. Roma, (ord.) 14.5.2007, inedita. V. anche SOLDI, op. cit., 599.
Su tale argomento ci si permette di rinviare a TOTA, In tema di translatio judicii e connessione nel processo di espropriazione presso terzi, in Riv. dir. processuale, 2008, 1567 ss.
130
Devono pertanto condividersi i rilievi svolti da T. Roma, (ord.) 14.5.2007, cit., secondo
cui «la deroga prevista dalla norma sul cumulo soggettivo (…) concerne le cause di cognizione
in cui la connessione discenda dall’identità dell’oggetto o del titolo – ai quali non possono
essere assimilati, rispettivamente, il bene o credito pignorato e il titolo esecutivo nel processo
di esecuzione – e attiene ai casi in cui il foro derogato andrebbe individuato applicando gli
artt. 18 e 19 c.p.c. (…). Tali norme, invece, non entrano direttamente in gioco nell’operazione
di individuazione della competenza per territorio del g.e., disciplinata dall’art. 26 c.p.c. che
individua i criteri di collegamento o in base al luogo in cui si trovano i beni pignorati (…) o
in base al luogo di residenza di un soggetto, il terzo debitore, che non assume la qualità di
“parte” del processo esecutivo, sicché non può costituire il soggetto a cui riferire il criterio
di collegamento (luogo di residenza) individuato dalla regola sulla competenza suscettibile di
essere derogata». Nel medesimo senso, più di recente, T. Caltanissetta, 30.9.2009, e T. Crema,
27.9.2010, in Riv. esecuzione forzata, 2011, 329, con note di Pilloni e Capponi. Contra, nel
senso dell’applicabilità dell’art. 33 c.p.c. allorché il creditore citi per la dichiarazione più terzi
residenti in luoghi diversi, v. invece CAPPONI, Manuale, cit., 209 ss., e GROPPOLI, sub art. 546
c.p.c., in AA.VV., Commentario alle riforme del processo civile, a cura di Briguglio, Capponi,
II, Padova, 2007, 254 s.; nonché, in giurisprudenza, Cass., 26.5.1994, n. 5180.
131
Così LA CHINA, L’esecuzione forzata e le disposizioni generali del codice di procedura
civile, Milano, 1970, 196; conf. TARZIA GIU., op. cit., 401, il quale, nel definire la connessione
come relazione fra gli oggetti del processo, precisa che tale definizione riesce applicabile
anche in sede esecutiva, «purché sia riferita ai beni, oggetto del processo espropriativo».
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“parti” del processo (nel nostro caso, i soggetti attivo e passivo della pretesa
esecutiva), mentre il debitor debitoris non è parte dell’espropriazione, se
non nel limitato senso che in essa è presente quale titolare di poteri e oneri
processuali, ma in posizione comunque assai diversa da quella del debitore
e del creditore.
Piuttosto, nella fattispecie del pignoramento presso più terzi sembra
ravvisabile un’ipotesi di cumulo (originario) oggettivo (secondo la nota terminologia carneluttiana), posto che l’effetto di “arresto” dei vari crediti del
debitore presso i diversi terzi scaturisce da un unico atto, di modo che una
molteplicità di beni di uguale natura viene a formare oggetto (nel senso
poc’anzi chiarito) della medesima esecuzione. Il fenomeno trova fondamento in svariate disposizioni del libro terzo del codice132 e la sua liceità
non pare perciò contestabile, essendosi ritenuto che il cumulo sia realizzabile persino in via successiva, mediante riunione di procedure distinte promosse dal creditore su beni diversi (della medesima o di differente natura)
del debitore133.
Il vero punctum dolens attiene tuttavia alla possibilità – sinora unanimemente negata in dottrina134 – che l’attuazione del cumulo, originario o
successivo che esso sia, importi deroga alla competenza territoriale del g.e.
allorché i terzi citati risiedano in circoscrizioni giudiziarie diverse. Affermare l’assoluta inderogabilità dei criteri di collegamento di cui all’art. 26
c.p.c. equivale infatti ad ammettere la necessità di avviare, in virtù di un
unico titolo, distinte procedure esecutive aventi i medesimi soggetti attivo e
passivo, con conseguente frantumazione dell’azione esecutiva e in evidente
132
In tal senso TARZIA GIU., op. cit., 457 s., e RICCI G.F., La connessione nel processo esecutivo, Milano, 1986, 271, nt. 4, i quali richiamano in particolare gli artt. 513, 543 e 555 c.p.c.
che, nel regolare le diverse forme di pignoramento, sanzionano tutti l’assoggettabilità ad esecuzione, in unico procedimento e con un solo provvedimento, di una pluralità di beni; nonché l’art. 496 c.p.c., il quale prevede la riduzione del pignoramento sull’ovvio presupposto che
questo abbia un oggetto plurimo. Altra disposizione sistematicamente rilevante è poi quella
dell’art. 546, 2° co., c.p.c. (sul quale v. infra nel testo), che espressamente prevede il caso del
pignoramento eseguito presso più terzi.
133
In tal senso TARZIA GIU., op. cit., 474. V. anche l’approfondita analisi svolta da RICCI G.F.,
La connessione, cit., 269 ss., spec. 283 ss., secondo cui il cumulo può essere originario o successivo allorché i beni abbiano la stessa natura; ove, invece, questi siano di natura diversa, il
cumulo successivo deve sempre ritenersi possibile (purché sia rispettata la competenza del
g.e.), mentre quello originario può realizzarsi solamente se i beni siano tutti assoggettabili
col medesimo tipo di pignoramento (è il caso del pignoramento ex art. 543 c.p.c. che colpisca
congiuntamente beni mobili detenuti dal terzo e crediti verso costui).
134
V. per tutti TARZIA GIU., op. cit., 458, e RICCI G.F., La connessione, cit., 273 s., 283.
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spregio (oltre che dei princìpi di economia processuale e di adeguatezza del
processo allo scopo cui è destinato) dell’unicità dell’esecuzione, la quale è
presupposto di molti istituti a tutela sia del concorso dei creditori, sia dello
stesso debitore. E se già nel vigore della precedente normativa si auspicava una riforma legislativa che consentisse il processo simultaneo anche
in deroga alla competenza del g.e.135, tale esigenza è ancor più chiaramente
avvertibile dopo le riforme del 2005-2006.
Può anzitutto rilevarsi che, dovendo il precetto contenere la dichiarazione
di residenza o l’elezione di domicilio dell’istante nel comune in cui ha sede
il giudice competente per l’esecuzione (art. 480, 3° co., c.p.c.), ogni volta
che i pignoramenti debbano eseguirsi in luoghi diversi sarà necessario notificare al debitore distinti atti di precetto, sicché più giudici saranno contestualmente competenti a giudicare dell’opposizione ex art. 615, 1° co., c.p.c.
eventualmente proposta, in un contesto nel quale il giudice dell’opposizione
a precetto può sospendere l’efficacia esecutiva del titolo con un provvedimento avente efficacia panprocessuale. È dunque evidente che, ammettendo
la possibilità di introdurre distinte opposizioni a precetto, dovrà poi concludersi non soltanto che diversi giudici siano competenti – senza alcuno strumento di risoluzione dei possibili conflitti – a inibire l’inizio dell’esecuzione,
ma altresì che l’inibitoria concessa in una delle sedi ex art. 615 c.p.c. spieghi
effetto anche sulle altre esecuzioni, precludendone l’avvio136.
Se già tale argomento suggerisce l’opportunità di consentire l’attuazione del cumulo anche in deroga all’art. 26 c.p.c., è, nondimeno, soltanto
nell’espropriazione presso terzi che tale possibilità sembra profilarsi senza
incertezze, posto che l’art. 546, 2° co., prima parte, c.p.c. espressamente contempla il caso del «pignoramento eseguito presso più terzi», ad esso estendendo l’operatività dell’istituto della riduzione ex art. 496 c.p.c.
Per verità, il riferimento della norma citata a «singoli pignoramenti» –
unitamente alla circostanza che il provvedimento del giudice debba essere
preceduto da un’istanza del debitore (non prevedendosi l’eventualità di una
riduzione ex officio in analogia con quanto disposto dall’art. 496 c.p.c.) – parrebbe evidenziare la voluntas legis di consentire la riduzione solamente in
presenza di una pluralità di procedure esecutive pendenti innanzi a giudici
135
Cfr. GUALANDI, Creditori iscritti e creditore sequestrante nell’espropriazione forzata,
in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1959, 225.
136
Cfr. per tali rilievi CAPPONI, Manuale, cit., 210.
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diversi137. Ma all’opposta conclusione inducono vuoi la prevista necessità
che destinatario dell’istanza de qua sia “il” giudice dell’esecuzione, che provvederà quindi – convocate le parti – nell’unica procedura pendente; vuoi il
rilievo che, diversamente opinando, non si saprebbe in base a quale criterio
(prevenzione, maggior valore del credito, etc.) individuare il giudice preposto alla riduzione. Per tacere dei delicati problemi, relativi al coordinamento
tra le diverse espropriazioni (specie quanto alla conoscibilità sia del contenuto delle dichiarazioni rese nelle singole sedi, sia dell’eventuale emanazione, nell’àmbito di uno dei procedimenti, di un’ordinanza di sospensione
dell’esecuzione o dell’efficacia esecutiva del titolo), destinati a sorgere ove
si ritenesse necessario richiedere la misura riduttiva a ciascuno dei giudici
competenti138.
Se tutto ciò è vero, non potrà conclusivamente negarsi al creditore la
facoltà di pignorare mediante un unico atto una pluralità di crediti del debitore, anche quando ciò importi deroga alla competenza del g.e.139.
14. (Segue). Gli ulteriori elementi di cui all’art. 492, 2° e 3° co., c.p.c.
In base a quanto previsto dall’art. 492, 2° co., c.p.c., il pignoramento – e, dunque, anche l’atto di cui all’art. 543 c.p.c. – deve altresì contenere «l’invito rivolto
al debitore ad effettuare presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione la
dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione con l’avvertimento che, in mancanza ovvero in caso di irreperibilità presso la residenza
137
In tal senso BOVE, Il pignoramento, in BALENA, BOVE, Le riforme più recenti del processo
civile, Bari, 2006, 161 s.; CORSINI, sub art. 546 c.p.c., in AA.VV., Le recenti riforme del processo
civile, I, commentario diretto da Chiarloni, Bologna, 2007, 864 s.
138
Cfr. GROPPOLI, op. cit., 254; CAPPONI, Manuale, cit., 211. Nel senso indicato nel testo
anche STORTO, CAPPONI, Prime considerazioni sul d.d.l. Castelli recante «Modifiche urgenti
al codice di procedura civile», in relazione al processo di esecuzione forzata, in Riv. esecuzione forzata, 2002, 179 s.
139
All’impostazione propugnata nel testo potrebbe opporsi che essa consente al creditore
procedente l’individuazione “discrezionale” del giudice, a fronte di vari criteri di collegamento
tutti ugualmente applicabili. Ma in proposito è sufficiente rilevare che, ove i giudici siano tutti
competenti, la scelta di uno di essi ad opera del creditore è certamente legittima, una violazione del principio ex art. 25, 1° co., cost. potendo verificarsi soltanto quando sia dimostrato
che l’indicazione del terzo debitore, con riguardo al quale si è radicata la competenza territoriale del giudice adìto, «abbia carattere fittizio, per la totale estraneità del soggetto alla causa e
per la strumentalità dell’indicazione stessa alla elusione del giudizio del giudice naturale» (così
Cass., 26.5.1994, n. 5180, cit.).
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dichiarata o il domicilio eletto, le successive notifiche o comunicazioni a lui
dirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice».
Ulteriore elemento da inserire (anche) nell’atto di pignoramento presso
terzi è, infine, l’avvertimento al debitore, ex art. 492, 3° co., c.p.c., circa i
tempi e le modalità con i quali è possibile accedere al beneficio della conversione del pignoramento ai sensi dell’art. 495 c.p.c.; con l’ovvia precisazione
che tale elemento si renderà necessario unicamente in caso di pignoramento di cose del debitore in possesso di terzi, e non anche quando oggetto
dell’aggressione esecutiva siano crediti pecuniari140.
15. «Nell’indicare l’udienza di comparizione si deve rispettare il termine
previsto nell’articolo 501»
Nel fissare l’udienza di comparizione di cui all’art. 547 c.p.c., il creditore procedente deve rispettare il termine (dilatorio) di dieci giorni previsto dall’art. 501 c.p.c. per la proposizione dell’istanza di assegnazione o di
vendita dei beni pignorati141. Si è in proposito rilevato che «la citazione del
terzo per la dichiarazione sul credito pignorato non dà luogo di per sé ad
un procedimento di natura contenziosa, ma solo ad una fase interlocutoria
del procedimento esecutivo, nella quale potrà o meno inserirsi un procedimento incidentale di cognizione. Da ciò consegue che l’udienza destinata
alla dichiarazione del terzo non è assimilabile ad una udienza di cognizione contenziosa, e pertanto non si ravvisa necessaria per la citazione del
terzo l’osservanza del termine di comparizione previsto dall’art. 163 c.p.c.,
bastando all’uopo il rispetto del termine dilatorio di dieci giorni contemplato
dall’art. 501 c.p.c., secondo il richiamo fatto dall’art. 543 c.p.c.»142.
140
Per la illustrazione delle finalità di ciascuno di tali elementi, delle modalità con cui essi
vanno inseriti nell’atto di pignoramento, nonché delle conseguenze ascrivibili al loro difetto, v.
il commento all’art. 492 c.p.c.
141
Secondo CASTORO, op. cit., 487, detto termine dilatorio si giustifica in ragione del fatto
che il pignoramento presso terzi contiene implicitamente l’istanza di vendita o di assegnazione, come parrebbe desumersi dalla circostanza che al creditore procedente non è fatto
carico di compiere ulteriori attività prima della data fissata per la comparizione del debitore e
del terzo pignorato. A quanto precede conseguirebbe pertanto l’inapplicabilità a tale forma di
pignoramento dell’art. 497 c.p.c. (che sancisce la perdita di efficacia del pignoramento quando
dal suo compimento sono trascorsi novanta giorni senza che sia stata richiesta l’assegnazione
o la vendita). Tale opinione, peraltro, non è da tutti condivisa: v. infatti, in senso contrario,
VACCARELLA, op. cit., 113, e VERDE, Pignoramento in generale, in Enc. Dir., XXXIII, Milano,
1983, 770.
142
Cass., 9.8.1972, n. 2660, in Giust. civ., 1972, I, 1696.
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Il termine decorre dalla data di notificazione al debitore e al terzo dell’atto
ex art. 543 c.p.c. Ove, peraltro, l’atto in questione sia notificato ai due destinatari in date diverse, sembra corretto ritenere che il dies a quo sia rappresentato dal giorno della notificazione al terzo143, occorrendo coordinare
il termine di cui alla previsione in commento con quello (sempre di dieci
giorni, anch’esso decorrente dalla data di notificazione dell’atto di pignoramento) concesso al terzo dall’art. 543, 2° co., n. 4, c.p.c. per l’invio della
dichiarazione scritta al creditore procedente144.
Secondo l’opinione prevalente, l’inosservanza del termine di cui
all’art. 501 c.p.c. può essere dedotta, mediante opposizione agli atti esecutivi
da proporsi entro venti giorni dalla data di notificazione dell’atto ex art. 543
c.p.c., solamente dal debitore. Il terzo, di contro, non sarebbe legittimato a
dolersi di tale vizio neppure quando il mancato rispetto del termine dilatorio
de quo gli abbia impedito «di organizzare la propria condotta in vista della
dichiarazione da rendere» all’udienza, ben potendo egli ottemperare al proprio onus declarandi anche in epoca successiva, e segnatamente nel corso
del giudizio di accertamento dell’obbligo145.
La persistente validità di tali conclusioni andrà verificata alla luce del
nuovo art. 548, 2° co., c.p.c. (nel testo riscritto dalla l. n. 228/2012) e delle
conseguenze dal medesimo ascritte al mancato (o tardivo) invio della
dichiarazione scritta al creditore procedente, essendo innegabile che la
fissazione dell’udienza di comparizione in una data eccessivamente ravvicinata rispetto a quella di notificazione dell’atto di pignoramento sia oggi
143
Contra, nel senso che il termine dilatorio di dieci giorni decorra dalla data della notificazione al debitore, v. tuttavia CASTORO, op. cit., 487, e SOLDI, op. cit., 613.
144
In altre parole, ritenendo che il termine dilatorio di dieci giorni di cui alla norma in commento decorra dalla data di notificazione al debitore anche quando la notificazione al terzo
sia avvenuta in epoca posteriore, non potrà scongiurarsi il rischio che, nel giorno fissato per
l’udienza ex art. 547 c.p.c., il creditore procedente non sia in grado di depositare (non avendoli
ancora ricevuti) la lettera raccomandata ovvero il messaggio di posta elettronica certificata
recanti la dichiarazione; evenienza, questa, senz’altro da evitare alla luce della nuova previsione dell’art. 548, 2° co., c.p.c. (v. il commento all’art. 548 c.p.c.).
145
Così Cass., 5.6.1993, n. 6312. V. anche Cass., 1.2.1991, n. 983, secondo cui l’eventuale
irregolarità del termine assegnato al terzo per comparire «trova disciplina non nelle regole del
processo di cognizione ma nella parte generale del libro I del codice di procedura civile, inquadrandosi così tra i vizi a rilevanza variabile (art. 156, 2° co., c.p.c.), i quali producono nullità
soltanto quando per carenza dei requisiti formali indispensabili impediscano il raggiungimento
dello scopo dell’atto, senza che, pertanto, tale nullità sia ravvisabile nel caso in cui venga assegnato al terzo un termine di comparizione di nove giorni, intervallato dai quarantasei giorni
della sospensione feriale, in luogo del termine di dieci giorni prescritto ai sensi degli artt. 543
e 501 c.p.c.».
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suscettibile di pregiudicare la posizione del debitor debitoris in misura di
gran lunga superiore rispetto a quanto avveniva prima delle recenti modifiche legislative.
16. «L’ufficiale giudiziario, che ha proceduto alla notificazione dell’atto, è
tenuto a depositare immediatamente l’originale nella cancelleria del
tribunale per la formazione del fascicolo previsto nell’articolo 488. In
tale fascicolo debbono essere inseriti il titolo esecutivo e il precetto
che il creditore pignorante deve depositare in cancelleria al momento
della costituzione prevista nell’articolo 314»
A mente dell’art. 543, ult. co., c.p.c., l’ufficiale giudiziario che ha proceduto alla notificazione dell’atto di pignoramento è tenuto a depositare l’originale del medesimo nella cancelleria del tribunale per la formazione del
fascicolo d’ufficio146.
Il creditore procedente, dal canto suo, è tenuto a costituirsi depositando
in cancelleria il titolo esecutivo e il precetto; con la precisazione che il
richiamo operato dalla norma in commento all’art. 314 c.p.c. è divenuto –
dopo la modifica e, successivamente, l’abrogazione di tale disposizione ad
opera del d.lg. 19.2.1998, n. 51 – privo di coerenza sistematica, dovendo ritenersi che il rinvio vada ora correttamente operato all’art. 319 c.p.c., che consente la costituzione il giorno dell’udienza147.
Secondo la giurisprudenza, né il mancato deposito del titolo esecutivo
e del precetto, né la mancata costituzione e comparizione del creditore
pignorante all’udienza fissata nell’atto di pignoramento sono causa di
estinzione immediata del procedimento esecutivo, obbligando invece il
giudice dell’esecuzione a fissare una nuova udienza a norma dell’art. 631,
1° co., c.p.c.148. Qualora il creditore procedente non si costituisca o, pur
costituendosi, non compaia all’udienza successiva, il giudice dichiarerà
con ordinanza l’estinzione del processo esecutivo a norma dell’art. 631,
2° co., c.p.c.
146
Si rammenta che, giusta la previsione dell’art. 488, 1° co., c.p.c., «il cancelliere forma
per ogni procedimento d’espropriazione un fascicolo, nel quale sono inseriti tutti gli atti compiuti dal giudice, dal cancelliere e dall’ufficiale giudiziario, e gli atti e documenti depositati
dalle parti e dagli eventuali interessati».
147
Così ROLFI, op. cit., 499.
148
Cass., 8.3.1991, n. 2477, in Giur. it., 1992, I, 1, 1353.
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G. FATTISPECIE PARTICOLARI DI PIGNORAMENTO PRESSO TERZI
17. Pignoramento del creditore presso sé stesso
Dottrina è giurisprudenza pacificamente ammettono la pignorabilità di
cose del debitore che si trovino presso il creditore, o di crediti del debitore
nei confronti del creditore, il quale ultimo assumerà quindi anche la posizione di terzo149.
Pertanto, il creditore pignorante farà notificare a sé stesso quale debitor debitoris, oltre che all’esecutato, l’atto di pignoramento, assumerà gli
obblighi di “custodia” previsti dall’art. 546 c.p.c. e sarà tenuto a rendere la
dichiarazione.
18. Pignoramento nel caso in cui il terzo sia creditore del debitore
Il pignoramento può essere eseguito anche quando il terzo sia a sua volta
creditore del debitore150.
In tale evenienza, due sono le modalità con cui il debitor debitoris può
far valere il proprio credito. Egli ha facoltà di intervenire nel processo esecutivo alle condizioni prescritte dall’art. 499, 1° co., c.p.c.151 ovvero, in alternativa, di eccepire la compensazione in sede di dichiarazione (nei limiti di
cui all’art. 2917 c.c.152).
19. Pignoramento qualora il debitore sia rappresentante legale del terzo
Allorché il debitore sia rappresentante legale del terzo, si profila chiaramente un conflitto di interessi, posto che «la dichiarazione del terzo, tanto
se è considerata una vera e propria dichiarazione di volontà quanto se si
considera una semplice dichiarazione di verità, ha come immancabile pre-
149
In tal senso v. ANDRIOLI, Commento, cit., III, 187; CASTORO, op. cit., 490; CORSARO, BOZZI, op.
cit., 248; SOLDI, op. cit., 608. in giurisprudenza v. per tutte Cass., 8.2.1992, n. 1407, in Giur. it.,
1992, I, 1, 2176, con nota di Atzori.
150
CASTORO, op. cit., 487; SOLDI, op. cit., 608 s.
151
A mente del quale «possono intervenire nell’esecuzione i creditori che nei confronti del
debitore hanno un credito fondato su titolo esecutivo, nonché i creditori che, al momento del
pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati ovvero avevano un diritto di
pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici registri ovvero erano titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all’art. 2214 c.c.».
152
Sul quale v. infra il commento al § I.
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supposto la propria provenienza da soggetto fisicamente distinto da quello a
favore del quale opera, in quanto incapace di essere portatore di più interessi
in contrasto tra loro»153.
Onde evitare detto conflitto, occorrerà pertanto procedere alla nomina
di un curatore speciale al terzo rappresentato, a norma degli artt. 78, 2° co.,
79 e 80 c.p.c. La relativa istanza dovrà essere necessariamente proposta dal
creditore precettante ogni qualvolta essa preceda l’attuazione del pignoramento; ove, invece, l’esecuzione sia già iniziata, l’istanza potrà provenire da
qualunque interessato, e dunque non soltanto dal creditore procedente, ma
anche dal terzo pignorato, che versa nella condizione di incapacità, e dal
debitore esecutato, che non può più rappresentarlo in quanto in conflitto di
interessi154.
20. Pignoramento di quote sociali
Secondo la più recente giurisprudenza di legittimità, le quote di partecipazione ad una società di persone che, per disposizione dell’atto costitutivo,
siano trasferibili con il solo consenso del cedente e del cessionario, salvo
il diritto di prelazione in favore degli altri soci, possono essere sottoposte
a sequestro conservativo e a pignoramento, a beneficio dei creditori particolari del socio, anche prima dello scioglimento della società. La medesima
giurisprudenza ha peraltro precisato che il diritto di prelazione a favore degli
altri soci non impedisce il trasferimento della quota e l’uscita del socio dalla
compagine sociale, ma conferisce unicamente la possibilità di esprimere
un preventivo giudizio di compatibilità, con gli interessi del gruppo, delle
attitudini personali del cessionario155. Viene in tal modo superato l’orientamento tradizionale che – sul presupposto della necessaria correlazione tra
libera trasferibilità ed espropriabilità – esclude la possibilità di procedere
al pignoramento di quote di società di persone argomentando dal disposto
dell’art. 2305 c.c., a mente del quale il creditore particolare del socio non può
chiedere la liquidazione della quota finché dura la società156.
153
Così CASTORO, op. cit., 491.
Ibidem; SOLDI, op. cit., 609.
155
Cass., 7.11.2002, n. 15605, in Soc., 2003, 707, con nota di Fusi.
156
T. Ravenna, 12.4.1994, in Soc., 1995, 207, con nota di Ambrosini, secondo cui il creditore
potrebbe compiere esclusivamente atti conservativi sulla quota, come previsto dall’art. 2270,
1° co., c.c. Nel medesimo senso A. Milano, 23.3.1999, ivi, 1999, con nota di Collia; P. Civitanova
Marche, 6.3.1993, in Giur. comm., 1995, II, 895.
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Per quel che attiene alle quote di società di capitali, non paiono esservi
dubbi quanto alla espropriabilità delle azioni di s.p.a., che, costituendo beni
mobili al pari dei titoli di credito, andranno pignorate nelle forme di cui agli
artt. 513 ss. c.p.c., salvo che si tratti di azioni dematerializzate o in possesso
di terzi, nel qual caso occorrerà procedere ai sensi dell’art. 543 c.p.c.157.
Le difficoltà maggiori si profilano con riguardo alle forme da adottare per
il pignoramento di quote di s.r.l. Nonostante, infatti, l’art. 2471, 1° co., c.c.
(come modificato in sede di riforma del diritto societario ex d.lg. n. 6/2003)
preveda che «la partecipazione può formare oggetto di espropriazione. Il
pignoramento si esegue mediante notificazione al debitore e alla società e
successiva iscrizione nel registro delle imprese»158, così inducendo a ritenere che le forme da seguire siano quelle dell’espropriazione presso terzi, in
dottrina ha prevalso la tesi secondo cui il pignoramento di quote di s.r.l. configuri «una forma di pignoramento diretto nei confronti del socio debitore
seguito da adempimenti finalizzati a rendere il vincolo opponibile ai terzi
e alla società»159. A supporto di tale conclusione si osserva in particolare
che la notificazione dell’atto di pignoramento alla società non varrebbe ad
attribuire a quest’ultima la qualità di “terzo pignorato”: e ciò non soltanto
perché l’eventuale intimazione di non disporre ad essa rivolta non potrebbe
impedire al socio debitore di disporre della quota di cui è titolare; ma anche
perché la stessa dichiarazione ad essa demandata non avrebbe a ben vedere
157
SOLDI, op. cit., 973.
Prima della riforma del diritto societario, il solo referente normativo era rappresentato
dall’art. 2480 c.c., il quale prevedeva (nel testo allora vigente) che «la quota può fornire oggetto
di espropriazione». Benché tale disposizione non fornisse indicazioni quanto alle modalità da
adottare per il pignoramento della quota di s.r.l., dottrina e giurisprudenza ammettevano l’utilizzabilità delle forme dell’espropriazione presso terzi, riconoscendo alla società la qualità di
“terzo pignorato”: v. per tutti CASTORO, op. cit., 467 ss.; CORSARO, BOZZI, op. cit., 246 s.; Cass.,
1.10.1997, n. 9577, in Giur. comm., 1999, II, 531, con nota di Rossi; Cass. 4.4.1997, n. 2926, in
Foro it., 1999, I, 1616. Tale orientamento subì peraltro un ripensamento per effetto dell’istituzione del registro delle imprese ad opera della l. 29.12.1993, n. 580, nonché della sostituzione
dell’art. 2479 c.c. ad opera della l. 12.8.1993, n. 310, con la previsione dell’onere di iscrizione
nel registro delle imprese dell’atto di cessione della quota di s.r.l. A séguito di tali modifiche, e
muovendo dal convincimento che la quota di s.r.l. costituisse un bene immateriale iscritto in
un pubblico registro, la giurisprudenza pervenne infatti alla conclusione che il pignoramento
di detto bene andasse eseguito mediante iscrizione nel registro delle imprese, e che il conflitto
tra creditore pignorante e terzo acquirente andasse risolto in base al criterio della priorità di
iscrizione: v. T. Torino, 9.10.2002, in Giur. it., 2003, 70; T. Milano, 17.2.2000, in Nuova giur.
comm., 2001, I, 318, con nota di Corsini.
159
Così GASPERINI, L’espropriazione delle partecipazioni di società, in AA.VV., Le espropriazioni presso terzi, cit., 489. V. anche SOLDI, op. cit., 966, ove ulteriori riferimenti.
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alcuna pratica utilità, non potendo la società riferire se non su fatti che già
risultano dal registro delle imprese e dal libro dei soci160.
Si è pertanto ritenuto che il pignoramento de quo si perfezioni sin dal
momento della sua notificazione al debitore, laddove la notifica alla società
non avrebbe altra funzione se non quella di rendere edotta sin dall’inizio
la medesima della costituzione di un vincolo giudiziario, cui eventualmente
seguirà il subingresso forzato di un nuovo socio, aggiudicatario o assegnatario della quota161.
21. L’adempimento degli obblighi patrimoniali posti a carico del coniuge
obbligato al mantenimento
Tra gli strumenti previsti dal nostro ordinamento al fine di assicurare
l’adempimento degli obblighi patrimoniali posti a carico del coniuge tenuto
al mantenimento figura l’ordine di pagamento diretto, che è contemplato
da quattro diverse disposizioni, cui nella presente sede può solamente
accennarsi162.
Viene anzitutto in rilievo l’art. 148, 2° co., c.c., il quale, in caso di inadempimento dei coniugi agli obblighi verso i figli, prevede che il presidente del
tribunale, su istanza di chiunque vi abbia interesse, sentito l’inadempiente e
assunte informazioni, possa ordinare con decreto che una parte dei redditi
dell’obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all’altro
coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l’istruzione e l’educazione della prole. Secondo la giurisprudenza, il decreto ex art. 148 c.c.
rivestirebbe un carattere “ibrido”, concretando non soltanto gli estremi di
un titolo esecutivo, ma anche l’«inizio di una sorta di espropriazione presso
terzi», con la conseguenza che l’eventuale opposizione avverso tale provvedimento andrà proposta nelle forme di cui all’art. 615 c.p.c. (anziché in
160
ACONE, Note in tema di pignoramento di quote di società a responsabilità limitata,
in Riv. esecuzione forzata, 2004, 634, la cui opinione è ripresa da ROLFI, op. cit., 471.
161
G ASPERINI , op. cit., 491; S OLDI , op. cit., 966, nt. 12, la quale evidenzia come il pignoramento in esame costituisca una fattispecie a formazione progressiva molto simile al
pignoramento immobiliare, posto che il perfezionamento del vincolo deriva dalla notificazione al debitore, mentre l’iscrizione nel registro delle imprese, al pari della trascrizione nei registri immobiliari, varrebbe unicamente a garantire l’opponibilità del vincolo
ai terzi.
162
In argomento, amplius, TABASCO, L’espropriazione dei crediti del coniuge obbligato
al mantenimento, in AA.VV., Le espropriazioni presso terzi, cit., 505 ss.
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quelle dell’opposizione a decreto ingiuntivo) ogni qualvolta si contesti la
pignorabilità dei beni ai sensi dell’art. 545 c.p.c.163.
Altra disposizione rilevante è quella dell’art. 8, 3° co., l. 1.12.1970, n. 898
(«Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio»), il quale prevede che
il coniuge, cui spetta la corresponsione periodica dell’assegno di mantenimento, dopo la costituzione in mora a mezzo raccomandata con avviso di
ricevimento del coniuge obbligato e inadempiente per un periodo di almeno
trenta giorni, possa notificare il provvedimento in cui è stabilita la misura
dell’assegno ai terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di danaro
all’obbligato, con l’invito a versargli direttamente le somme dovute, dandone
comunicazione al coniuge inadempiente164.
Va poi menzionato l’art. 342 ter c.c., in tema di ordini di protezione contro gli abusi familiari, a mente del cui 2° co. il giudice può disporre, ove
occorra, «il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti di cui al primo comma [ordine di
allontanamento dalla casa familiare, n.d.r.], rimangono prive di mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento e prescrivendo, se del caso,
che la somma sia versata direttamente all’avente diritto dal datore di lavoro
dell’obbligato, detraendola dalla retribuzione allo stesso spettante».
Un cenno merita, infine, l’art. 156, 6° co., c.c., il quale, in caso di inadempimento agli obblighi patrimoniali stabiliti dalla sentenza di separazione, prevede che, su richiesta dell’avente diritto, il giudice possa ordinare
ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di danaro al
coniuge obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli
aventi diritto165.
163
Così T. Torino, 9.3.2012, in www.ilcaso.it.
Per una critica a tale disposizione, che parrebbe introdurre una singolare ipotesi di
«pignoramento contro il terzo» o, se si preferisce, di «esecuzione forzata promossa senza titolo
esecutivo», si rinvia a CORSARO, BOZZI, op. cit., 263 ss.
165
Secondo Cass., 2.12.1998, n. 12204, in Famiglia e dir., 1999, 293, la disposizione
dell’art. 156, 6° co., c.c. non può essere interpretata nel senso che l’ordine ivi previsto «debba
indefettibilmente avere ad oggetto solo una parte delle somme dovute dal terzo, quale che in
concreto ne sia la misura e quale che, in concreto, sia l’importo dell’assegno di mantenimento,
bensì nel senso (ed in armonia con il più ampio “blocco” normativo costituito, in subiecta
materia, dagli art. 148 ss. c.c., dall’art. 8 l. divorzio, dagli artt. 3 e 30 cost.) che il giudice possa
legittimamente disporre il pagamento diretto dell’intera somma dovuta dal terzo, quando questa non ecceda, ma anzi realizzi pienamente, l’assetto economico determinato in sede di separazione». Contra, nel senso che all’ordine di pagamento de quo, allorché esso abbia ad oggetto
somme spettanti al coniuge inadempiente in forza di un rapporto di lavoro, siano applicabili
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H. L’ESECUZIONE ESATTORIALE
L’esecuzione esattoriale avente ad oggetto crediti del debitore verso terzi
o cose di costui in possesso di terzi è regolato dagli artt. 72-75 bis, d.p.r.
29.9.1973, n. 602, nonché dalle disposizioni del codice di rito, in quanto compatibili. A mente dell’art. 72, l’atto di pignoramento di fitti o pigioni dovute
da terzi al debitore iscritto a ruolo o ai coobbligati contiene, in luogo della
citazione di cui al n. 4) dell’art. 543 c.p.c., l’ordine all’affittuario o all’inquilino di pagare direttamente al concessionario, sino alla concorrenza del credito da soddisfare, i fitti e le pigioni scaduti e non corrisposti, ovvero quelli a
scadere. In caso di inottemperanza all’ordine di pagamento «si procede, previa citazione del terzo intimato e del debitore, secondo le norme del codice
di procedura civile» e, dunque, mediante un atto di pignoramento redatto
dall’ufficiale della riscossione secondo lo schema di cui all’art. 543 c.p.c. e
notificato al debitore e al terzo.
Il procedimento speciale di cui sopra, in origine limitato ai crediti per fitti e
pigioni, è stato esteso dal d.l. 30.9.2005, n. 203 ai crediti da lavoro (fatta eccezione
per quelli pensionistici). Giusta la previsione dell’art. 72 bis, d.p.r. n. 602/1973,
questi ultimi sono di regola pignorabili nei limiti del quinto, conformemente a
quanto stabilito dall’art. 545 c.p.c.; il pignoramento è peraltro consentito solamente in misura pari a un decimo ove si tratti di importi non superiori ad euro
2.500,00, ovvero in misura pari a un settimo ove il credito sia di ammontare
compreso tra euro 2.500,00 ed euro 5.000,00 (art. 72 ter, d.p.r. n. 602/1973166).
L’art. 73, d.p.r. n. 602/1973 disciplina l’espropriazione di cose del debitore
in possesso di terzi, prevedendo che se il terzo, presso il quale il concessionario ha proceduto al pignoramento, si dichiara o è dichiarato possessore
di beni appartenenti al debitore iscritto a ruolo o ai coobbligati, il giudice
dell’esecuzione ordina la consegna dei beni stessi al concessionario, che
procede alla relativa vendita. In alternativa, il pignoramento può essere effettuato dall’agente della riscossione anche con le modalità previste dall’art. 72
bis citato, nel qual caso lo stesso agente della riscossione rivolge un ordine
di consegna di tali beni al terzo, e successivamente procede alla vendita.
A norma dell’art. 75, d.p.r. n. 602/1973, possono formare oggetto di pignoramento i crediti del debitore verso lo Stato, le regioni, le province, i comuni
i limiti previsti per il pignoramento delle retribuzioni, v. peraltro T. Modena, 5.2.1999, ibidem,
165, con nota di De Marzo.
166
Tale secondo articolo è stato inserito dall’art. 3, 5° co., lett. b), d.l. 2.3.2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26.4.2012, n. 44.
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ed ogni altro ente sottoposto al controllo della Corte dei conti. Posto che tale
disposizione contiene un riferimento alla «dichiarazione prevista dall’art. 547
c.p.c.», deve ritenersi che il pignoramento vada compiuto nelle forme ordinarie, ossia mediante notificazione al debitore e al terzo di un atto recante le
indicazioni di cui all’art. 543 c.p.c., cui segue la dichiarazione del terzo167. Qualora il pignoramento abbia, in tutto o in parte, esito negativo, gli enti pubblici
ora indicati non potranno effettuare pagamenti in favore dell’esecutato per un
periodo di cinque anni dalla data della dichiarazione ex art. 547 c.p.c., salvo
che l’esecutato medesimo provi, con attestazione rilasciata dal concessionario, l’avvenuto pagamento del credito per il quale si è agito in executivis.
L’art. 75 bis, d.p.r. n. 602/1973 prevede, infine, che l’agente della riscossione, prima di esercitare l’azione esecutiva, può chiedere a soggetti terzi,
debitori del soggetto che è iscritto a ruolo o dei coobbligati, di indicare per
iscritto, ove possibile in modo dettagliato, le cose e le somme da loro dovute
al soggetto iscritto a ruolo.
La specialità della procedura sin qui brevemente descritta è evidente:
non soltanto, infatti, diversamente da quanto avviene nell’esecuzione forzata ordinaria (che è sempre «diretta da un giudice») il controllo giudiziale
è soltanto successivo ed eventuale, ma la stessa fase di “accertamento”
del credito – che, come si è visto, rappresenta uno dei momenti essenziali
dell’iter espropriativo ex artt. 543 ss. c.p.c. – può qui mancare, ben potendo
l’atto di pignoramento contenere, in luogo della citazione di cui all’art. 543,
2° co., n. 4, c.p.c., l’ordine di pagamento diretto al concessionario. Conseguentemente, l’effetto traslativo del credito, che nel processo esecutivo ordinario discende dall’ordinanza di assegnazione, nel procedimento in esame è
imputabile all’ordine di pagamento, ed equivale dunque ad una indicazione
di pagamento ex lege ai sensi dell’art. 1188, 1° co., c.c.168.
Giova rammentare che, con sentenza 28.11.2008, n. 393169, la Consulta ha
dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 24 cost., dell’art. 72 bis, d.p.r. n. 602/1973, nella parte in cui
prevede che, salvo che per i crediti pensionistici e fermo restando quanto previsto dall’art. 545, 4°, 5° e 6° co., c.p.c., l’atto di pignoramento dei crediti del debi167
In tal senso SOLDI, op. cit., 995.
In tal senso v. COSTANTINO G., La riscossione coattiva delle imposte mediante espropriazione di crediti del contribuente, in AA.VV., Le espropriazioni presso terzi, cit., 444, cui
si rinvia per un approfondimento delle questioni accennate nel testo.
169
In Riv. giur. tributaria, 2009, 111, con nota di Piciocchi, e in Corriere trib., 2009, 330,
con nota di Basilavecchia.
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tore verso terzi può contenere, in luogo della citazione di cui all’art. 543, 2° co.,
n. 4, c.p.c., l’ordine al terzo di pagare il credito direttamente al concessionario,
fino a concorrenza del credito per cui si procede. Secondo la Corte, «anche a
prescindere dai rilievi in punto di inammissibilità, va rilevato che la facoltà di
scelta del concessionario tra due modalità di esecuzione forzata presso terzi
non crea né una lesione del diritto di difesa dell’opponente né una rilevante
disparità di trattamento tra i debitori esecutati, sia perché questi sono portatori
di un interesse di mero fatto rispetto all’utilizzo dell’una o dell’altra modalità e
possono in ogni caso proporre le opposizioni all’esecuzione o agli atti esecutivi
di cui all’art. 57, d.p.r. n. 602/1973, sia perché non sussiste “un principio costituzionalmente rilevante di necessaria uniformità di regole procedurali”».
I. GLI EFFETTI DEL PIGNORAMENTO
La disciplina degli effetti sostanziali del pignoramento è compiutamente
delineata dagli artt. 2913 ss. c.c., i quali prevedono – per quanto qui interessa – che: 1) non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e
dei creditori che intervengono nell’esecuzione gli atti di alienazione dei beni
sottoposti a pignoramento, salvi gli effetti del possesso di buona fede per i
mobili non iscritti in pubblici registri (art. 2913 c.c.); 2) non hanno effetto in
pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione, sebbene anteriori al pignoramento, le cessioni di crediti che siano
state notificate al debitore ceduto o accettate dal medesimo successivamente al pignoramento (art. 2914, n. 2, c.c.); 3) se oggetto del pignoramento
è un credito, l’estinzione di esso per cause verificatesi in epoca successiva
al pignoramento non ha effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei
creditori che intervengono nell’esecuzione (art. 2917 c.c.).
Alla luce di tale disciplina, diviene dunque essenziale l’individuazione del
momento in cui il pignoramento si perfeziona, in quanto è a tale momento
che andrà correlato il duplice effetto di indisponibilità del credito e di inopponibilità della sua estinzione.
Al riguardo può anzitutto rilevarsi che, sebbene il pignoramento presso
terzi si specifichi nel suo oggetto concreto solamente con la dichiarazione
del terzo o, in alternativa, con la definizione dell’incidente cognitivo di cui
all’art. 549 c.p.c.170, la dottrina prevalente è concorde nel ritenere – all’evi170
In tal senso v. per tutti CAPPONI, Pignoramento, cit., 4 s., ove ulteriori riferimenti dottrinali; nonché, in giurisprudenza, Cass., 26.7.2005, n. 15615, in Foro it., 2006, I, 3190, con nota di
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dente fine di preservare il bene pignorato da possibili atti di disposizione successivi – che il vincolo di destinazione alle finalità esecutive e i conseguenti
effetti di indisponibilità/inopponibilità di cui agli artt. 2913 ss. c.c. si producano sin dal momento della notificazione dell’atto ex art. 543 c.p.c.171. Il perfezionamento della fattispecie a formazione progressiva non sarebbe, dunque,
fonte di autonomi effetti sostanziali e processuali, ma varrebbe unicamente a
completare la sanzione esecutiva già in atto, identificandone compiutamente
l’oggetto in precedenza soltanto allegato dal creditore procedente.
La tesi dell’anticipazione degli effetti del pignoramento non è, peraltro,
da tutti condivisa.
Si è in proposito rilevato che la legge non impone affatto una univoca
e unitaria individuazione del momento di produzione di tutti gli effetti del
Rossi, e in Riv. esecuzione forzata, 2006, 388, con note di Mercolino e Della Mura, secondo cui
nell’espropriazione forzata presso terzi, il credito assoggettato al pignoramento deve esistere
al momento della dichiarazione positiva resa dal terzo ovvero, per il caso di dichiarazione negativa e di instaurazione del giudizio volto all’accertamento del suo obbligo, al momento in cui la
sentenza pronunciata in tale giudizio ne accerta l’esistenza, restando invece irrilevante che il
credito non esista al momento della notificazione del pignoramento e dovendosi escludere che
l’inesistenza del credito in quel momento determini una qualche nullità del processo esecutivo.
171
Come si è rilevato (CAPPONI, Pignoramento, cit., 5), «dire che gli effetti ex artt. 2913 ss.
c.c. si producono soltanto al momento dell’accertamento del credito equivale in sostanza ad
ammettere che nel periodo compreso tra la notifica dell’atto di pignoramento e la dichiarazione del terzo (o, addirittura, la sentenza ex art. 549 c.p.c.) l’esecutato potrebbe efficacemente
disporre del bene pignorato, il quale non sarebbe altrimenti recuperabile se non mediante il vittorioso esperimento dell’azione ex art. 2901 c.c.». In giurisprudenza v. Cass., 26.9.1979, n. 4970,
in Foro it., 1980, I, 95, con osservazioni di Barone, secondo cui nel pignoramento di crediti
del debitore verso terzi, il vincolo di indisponibilità del credito si produce con la notificazione
dell’atto di pignoramento, ed esso genera l’inopponibilità, rispetto al creditore pignorante, di
qualsiasi fatto sopravvenuto, che determini l’estinzione totale o parziale del credito (nella specie: compensazione parziale) al di fuori del procedimento esecutivo; Cass., 8.2.1972, n. 333, in
Foro it., 1972, I, 2514, con nota di Proto Pisani, la quale ha affermato che «l’inefficacia nei confronti del creditore pignorante delle cause estintive del credito pignorato, verificatesi successivamente al pignoramento, riferendosi a qualsiasi causa estintiva, siano di genesi volontaria o di
origine involontaria, vi comprende anche l’estinzione determinata dall’assegnazione giudiziale
del credito pignorato in favore di un creditore, che abbia proceduto al pignoramento di un credito già pignorato da altro creditore, ove non si sia fatto luogo all’applicazione della disciplina
della pluralità dei pignoramenti a causa della diversità dei giudici davanti ai quali il terzo è chiamato a rendere la propria dichiarazione. Pertanto, il provvedimento di assegnazione del credito
in favore del creditore, secondo pignorante, emesso in data successiva al primo pignoramento
non spiega efficacia in pregiudizio del creditore, che ha proceduto a questo. Nell’ipotesi, in cui
sia disposta l’assegnazione di un credito, già pignorato da altro creditore dell’esecutato, il terzo
di fronte all’esecuzione intentata dall’assegnatario può farne valere l’illegittimità ex art. 2917
c.c. mediante l’opposizione all’esecuzione e nel caso di mancato esperimento di tale rimedio –
dopo il pagamento – può agire per ripetere l’indebito dal secondo pignorante-assegnatario».
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pignoramento, occorrendo piuttosto ammettere che «nel corso dell’attuazione del pignoramento han modo di prodursi effetti che, riguardati alla luce
della fattispecie in itinere e dei suoi effetti “definitivi”, ben posson dirsi
“preliminari”, manifestandone i connotati tipici: di corrispondere alla parziale integrazione della fattispecie in via di compimento e di essere strumentali o, se si preferisce, preordinati ad assicurare il verificarsi degli effetti
definitivi»172.
In tale prospettiva, la notificazione dell’atto ex art. 543 c.p.c. varrebbe
senz’altro a far sorgere il vincolo di destinazione, rendendo inefficaci nei
confronti del creditore pignorante e degli eventuali intervenuti gli atti di
disposizione (tra i quali le cessioni di crediti notificate al debitore ceduto o
accettate dal medesimo: art. 2914, n. 2, c.c.173) posti in essere dall’esecutato
in epoca successiva alla notificazione dell’ingiunzione ex art. 492 c.p.c. (c.d.
indisponibilità a parte creditoris). E sempre dalla notificazione dell’atto di
pignoramento (rectius: dall’intimazione di non disporre in esso contenuta)
discenderebbe l’effetto di indisponibilità a parte tertii, vale a dire l’obbligo
di “custodia” dei beni pignorati posto a carico del terzo, che l’art. 546, 1° co.,
c.p.c. fa appunto decorrere dal giorno in cui al debitor debitoris «è notificato
l’atto previsto nell’art. 543».
Ad altra conclusione dovrebbe invece pervenirsi con riguardo al più radicale effetto delineato dall’art. 2917 c.c. Muovendo dalla premessa per cui la
formulazione letterale di tale disposizione è sufficientemente ampia e generica
da poter essere riferita non soltanto alle fattispecie estintive “volontarie”, ma
172
Così COLESANTI, Pignoramento, cit., 852 s., cui adde VACCARELLA, op. cit., 111 s.
Nel senso che l’effetto di cui all’art. 2914, n. 2, c.c. si produrrebbe sin dal momento
della notificazione al debitore esecutato dell’ingiunzione ex art. 492 c.p.c., v. per tutti VACCARELLA, op. cit., 111. La giurisprudenza ha in proposito chiarito che, ai fini dell’opponibilità delle
cessioni, non è necessario che la notifica al debitore ceduto venga eseguita a mezzo di ufficiale giudiziario, costituendo quest’ultima una semplice species del più ampio genus costituito
dalla notificazione intesa come attività diretta a produrre la conoscenza di un atto in capo al
destinatario (Cass., 14.3.2006, n. 5516). Quanto alla cessione di crediti futuri, si è rilevato che,
ai fini della relativa efficacia in pregiudizio del creditore pignorante, ex art. 2914, n. 2, c.c., è
sufficiente che la notifica – o l’accettazione – della cessione sia stata effettuata con atto avente
data certa (art. 1265 c.c.) anteriore al pignoramento, giacché per il successivo effetto traslativo
della cessione (rinviato al momento del sorgere del credito), sottratto alla disponibilità delle
parti, non si pone un problema di opponibilità ai sensi dell’art 2914 citato. Ad altra conclusione
deve invece pervenirsi con riguardo ai crediti soltanto eventuali, non identificati in tutti gli
elementi oggettivi e soggettivi, la cui cessione è opponibile al ceto creditorio unicamente se
la notificazione o accettazione siano non soltanto anteriori al pignoramento, ma anche posteriori al momento in cui il credito sia venuto ad esistenza (Cass., 21.12.2005, n. 28300; Cass.,
14.4.2010, n. 8961).
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anche alle cause di estinzione derivanti da fatti involontari (quali ad es. la confusione, la compensazione o la prescrizione)174, si è invero paventato il rischio
che, facendo retroagire l’effetto preclusivo da essa previsto al momento della
notificazione dell’atto ex art. 543 c.p.c., siano rese «inopponibili al pignorante
(in un momento eccessivamente anticipato) anche ipotesi di estinzione del
tutto inimputabili al terzo, e quindi non certo classificabili come violazione di
quel dovere di “custodia” che è sancito dall’art. 546»175.
Ferma restando, dunque, l’inopponibilità ai creditori procedente e intervenuti, ex art. 546 c.p.c., degli atti dispositivi compiuti dal terzo in epoca successiva alla notificazione dell’intimazione, in relazione ad ogni altra vicenda
estintiva del credito pignorato (operante ipso jure, come nel caso della confusione, o per effetto di mera eccezione del terzo, come nel caso della prescrizione e della compensazione) l’inefficacia relativa prevista dall’art. 2917
c.c. andrebbe collegata al perfezionamento della fattispecie costitutiva del
pignoramento mediante la dichiarazione del terzo o l’accertamento giudiziale del suo obbligo176.
Benché autorevolmente sostenuta in dottrina, l’opinione ora richiamata
non pare condivisa dalla giurisprudenza, la quale, in tema di compensazione,
afferma che detta vicenda estintiva è opponibile alla procedura ogni volta
che la coesistenza dei due crediti sia anteriore alla notificazione dell’atto di
pignoramento (e non al perfezionamento dello stesso mediante la dichiarazione o l’accertamento giudiziale dell’obbligo del terzo), con ciò evidentemente annettendo rilievo all’anteriorità del fatto genetico del controcredito
più che al momento in cui la compensazione sia divenuta concretamente
operante in virtù dell’eccezione del terzo (se di tipo legale) o della declaratoria del giudice (se di tipo giudiziale)177.
174
COLESANTI, Pignoramento, cit., 854 ss.
ROLFI, op. cit., 503.
176
V. in tal senso COLESANTI, Pignoramento, cit., e ID., Il terzo debitore, cit., II, 558 ss.; VACCARELLA, op. cit., 112, il quale sottolinea l’ «artificiosità» di ogni costruzione che «pretenda di
imbrigliare, ricollegandoli ad un atto (pensato come unitario dal legislatore: cfr. art. 492 c.p.c.),
tutti gli effetti del pignoramento»; MERCOLINO, Un apprezzabile chiarimento in tema di accertamento del credito nell’espropriazione presso terzi (nota a Cass., 26.7.2005, n. 15615, cit.),
in Riv. esecuzione forzata, 2006, 394. In giurisprudenza tale tesi è sostenuta dalla risalente T.
Milano, 21.9.1967, in Giur. it., 1967, I, 2, 756, con nota adesiva di Colesanti, la quale ha ritenuto
che la prescrizione del credito pignorato sia opponibile al creditore pignorante se maturata
dopo la notifica al terzo debitore dell’atto di pignoramento, ma prima che il pignoramento
medesimo sia condotto a perfezione.
177
In tal senso, da ultimo, Cass., 10.6.2005, n. 12327. In precedenza v. anche Cass., 5.2.1969,
n. 384, in Foro it., 1969, I, 1882; Cass., 14.3.1964, n. 578, ivi, 1964, I, 727; Cass., 29.8.1962,
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