Giovanni Pascoli
Fondatore della poesia del ‘900
“A costituire il poeta vale infinitamente più il suo
sentimento e la sua visione, che il modo col quale agli altri
trasmette l'uno e l'altra."
• La vita
• La poetica
• Le opere
• La poetica del fanciullino
• L’influenza sul ‘900
La vita
Quarto di dieci figli, Giovanni Pascoli nasce a San
Mauro di Romagna il 31 dicembre del 1855. Amato
dai genitori, lo svolgimento della sua prima infanzia è
felice. Sulla sua famiglia cominciano ad abbattersi le
prime sventure: il 10 agosto del 1867 viene
assassinato il padre, nel 1868 muore la sorella
Margherita; qualche anno dopo muoiono gli altri
due fratelli. I lutti precoci lo segnano
psicologicamente. Portato per lo studio, in particolare delle materie classiche,
Pascoli, nonostante le traversie, si laurea a Bologna nel 1882, allievo di Carducci.
Conosce il carcere, a causa delle sue idee socialiste; trova un posto di insegnante
nel liceo di Matera, grazie all'interessamento di Carducci stesso. Nell’aprile del
1912 Pascoli muore di cancro a Bologna.
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• Poetica del fanciullino
La poetica
La poesia è per Pascoli la voce del poeta-fanciullo che riscopre la realtà delle cose, anche
delle più piccole; è uno sguardo vergine e primigenio che si posa sul mondo e ne
evidenzia gli aspetti più nascosti. Secondo Pascoli, dunque, può dirsi poeta colui che è
riuscito ad esprimere quello che tutti stavano pensando ma che nessuno riusciva a dire.
Pascoli parla di tutto questo nella poetica del fanciullino. La poesia però deve avere
anche un compito sociale e civile: deve migliorare l’uomo, renderlo buono, renderlo
etico. Questa concezione riflette pienamente il suo socialismo umanitario, utopistico,
interclassista, patriottico. Si intrecciano nella sua poetica due spinte fondamentali:
• una verso l’esterno, verso l’intervento attivo nella società per produrre nei
cambiamenti nelle cose e negli uomini.
• una verso l’interno, intimista, abbinata al gusto contadino per le cose semplici e
all’attenzione a volte ossessiva alle complicazioni tortuose del suo animo decadente.
Uno scambio continuo, insomma, tra grande e piccolo, in un rovesciamento di
prospettiva e di valori.
La produzione poetica di pascoli è una delle più rappresentative del decadentismo
italiano dalla quale scaturirà un sostanziale rinnovamento della poesia italiana.
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La poetica del fanciullino
Nella celebre prosa “Il Fanciullino” (pubblicata nel 1897), troviamo
espressa con grande chiarezza la concezione poetica di Pascoli che pervade
tutta la sua produzione. Egli afferma infatti che in tutti gli individui è
presente un “Fanciullo musico”, cioè che fa sentire maggiormente la sua
voce nell’età infantile, voce che si attenua nell’età adulta, quando le
necessità materiali e le responsabilità che l’esistenza ci impone, si fanno
pressanti.
Il fanciullino prova sensazioni che sfuggono alla ragione, ci spinge alle
lacrime o al riso in momenti tragici o felici, ci salva con la sua ingenuità, è
sogno, visione, astrazione. È come Adamo che dà per la prima volta il
nome alle cose e scopre tra esse relazioni e somiglianze ingegnose, che
nulla hanno a che vedere con la logica della razionalità. Il nuovo si scopre,
non si inventa, la poesia è nelle cose, anche nelle più piccole.
L’età maggiormente poetica è, quindi, quella dell’infanzia, ma il poeta è
colui che riesce a mantenere viva dentro di sé la voce del fanciullino.
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I quattro punti fondamentali del
Fanciullino
L’analisi del poeta si articola essenzialmente su quattro punti fondamentali:
 In tutti gli individui è presente un “fanciullo musico”. Da questa prima posizione
poetica, scaturiscono i temi fondamentali delle composizioni di Pascoli, quali: il
nido, la casa, la culla, la siepe, la nebbia, che riportano ad un mondo chiuso capace
di offrire rifugio dal caos del mondo esterno.
 Il secondo punto riguarda il modo di vedere del fanciullino e quindi il modo di fare
poesia. Tipico del fanciullo è, secondo Pascoli, vedere tutto con meraviglia, tutto
come la prima volta; scoprire, cioè, la poesia nelle cose stesse, nelle grandi cose
come nelle più piccole.
 Il terzo punto riguarda le caratteristiche del fanciullino. Egli è quello che alla luce
sogna o sembra di sognare ricordando cose non vedute mai. Ne consegue una
concezione della poesia che sfugge al piano reale-razionale.
 Il quarto punto riguarda la funzione della poesia. Secondo Pascoli, essa ha una
suprema utilità morale e sociale, in quanto risveglia il sentimento poetico che è in
tutti e che fa sentire gli uomini fratelli. La poesia inoltre ha anche valore
consolatorio perché rende meno sgradevole l’esistenza e rende gli individui paghi
loro realtà.
•della
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Le opere . . .
Mirycae
Il titolo della raccolta deriva da un verso virgiliano ( "a noi giovano gli arbusti e le
umili Tamerici"), e vuole significare un canto umile, di ispirazione agreste e, al tempo
stesso, una sorta di consonanza spirituale con la poesia di Virgilio.
Il genere: si tratta per lo più di frammenti lirici, bozzetti naturalistici, impressionistici,
in cui dominano i contrasti cromatici e le immagini legate da rapporti analogici.
I temi: la natura, la vita dei campi, i fenomeni meteorologici, il lavoro, il tema della
morte (in seguito alla perdita degli affetti familiari), il tema del "nido".
Alcune liriche della raccolta: Orfano, X Agosto, Lavandare, Novembre.
I Canti di Castelvecchio
I temi: ispirazione myricea, naturalistica, accompagnata dal tema dell’infanzia e del
ricordo.
La simbologia: l’immagine-simbolo che predomina è quella della madre, assieme a
quella della morte-consolatrice e del nido, inteso come condizione ancestrale di
sicurezza e protezione e accompagnato dal simbolo del cipresso (la morte e il dolore).
Il paesaggio è quello della memoria e del ricordo.
Alcune liriche della raccolta: Le ciaramelle, La voce della madre, Valentino, L’ora di
Barga, La cavalla storna, La mia sera, Il gelsomino notturno.
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. . . Le opere
Primi e nuovi poemetti
Temi: trasporta in un codice universale l’asprezza delle esperienze personali.
In questa raccolta è presente il richiamo alla vita rustica assieme all’elogio
della mediocritas, intesa come una vita vissuta lontano dagli eccessi e in una
serena "mediocrità".
Alcune liriche della raccolta: L’aquilone.
Odi e Inni
I temi: liriche di ispirazione storica e sociale, costituiscono secondo alcuni la
parte più debole della produzione pascoliana, in quanto il poeta non riesce ad
esprimere fino in fondo il tragico pathos della storia né l’immanenza della
drammaticità della situazione sociale presente
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L’influenza di Pascoli sul ‘900
Uno dei temi più discussi dalla critica pascoliana degli ultimi decenni è quello della
collocazione storica di Pascoli, considerato da alcuni un autore del Novecento, e da altri,
invece, messo in rapporto con le tendenze tardo-romantiche di fine Ottocento. Non si
tratta ovviamente di una pura questione di cronologia: il Novecento, in questo tipo di
riflessione, cessa di essere un semplice dato temporale e acquista un significato critico
specifico. La collocazione di Pascoli a chiusura del vecchio secolo oppure ad apertura del
nuovo implica dunque un giudizio ben diverso sulla sua opera, nonché una conseguente
organizzazione storico-letteraria generale. Pascoli si trova in una posizione di passaggio
e di cerniera fra vecchio e nuovo secolo. Dalla collocazione storico-critica di Pascoli
dipende in gran parte anche il giudizio sul tipo di influenza che egli avrebbe esercitato
sulla poesia successiva. Secondo alcuni studiosi tutta la poesia del Novecento è stata
influenzata dall’esempio pascoliano. Secondo altri invece l’influenza di Pascoli sulla
poesia autenticamente novecentesca sarebbe scarsa, frammentaria e occasionale. La
collocazione di Pascoli, sospesa fra vecchio e nuovo, fra tradizione e rottura, fa sì che
entrambe le posizioni sopra riassunte contengano aspetti di verità. Da una parte è
innegabile che la poesia propriamente novecentesca nasca dopo Pascoli e in rottura con
questi. D’altra parte è pur vero che nella poesia pascoliana si ritrova un abbassamento cui
saranno sensibili i poeti crepuscolari.
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