Stefano Amato
una rubrica di Stefano Amato
(Ottava parte, dicembre 2008)
Una serie di racconti ambientati
nella piccola libreria in cui lavoro.
Una rubrica dedicata a tutte
quelle persone che, appena
sanno che mestiere faccio, chissà
perché sentono il bisogno di dire:
«accidenti, non sai quanto
ti invidio!»
Q
ual è il libro più venduto di tutti i tempi?
Me lo chiedevo l’altro giorno leggendo
l’Almanacco dei libri di Repubblica, quello con i ritratti degli scrittori disegnati da Gipi,
e un incipit che ricopre la cima dell’inserto dalla
prima all’ultima pagina. Io lo leggo anche per tenermi aggiornato sulle classifiche di vendita, così
posso stare dietro a quei clienti che, senza alcun
senso del ridicolo, esordiscono in libreria dicendo:
«per favore mi impacchetti il romanzo primo in
classifica in Italia, qualunque esso sia». [sic] (Buffo
con quanta facilità certa gente riesca a pronunciare
ad alta voce frasi che a me verrebbero estorte solo
sotto tortura o da ubriaco fradicio.)
Comunque, leggendo l’Almanacco ho immaginato un cliente chiedermi un giorno di impacchettargli il libro più venduto di tutti i tempi, e così,
per non farmi cogliere impreparato, ho fatto una
piccola ricerca. Molto piccola, in realtà. In pratica
mi sono limitato a consultare Wikipedia, dove ho
trovato una pagina intitolata proprio “Lista dei
libri più venduti [di sempre]”. (*)
Come sospettavo, il libro più venduto di tutti i
tempi è la Bibbia. «Scritta da (o rivelata ad) autori
vari dietro ispirazione divina», ha venduto tra 2,5 e
6 miliardi di copie; cifre che, ad ogni modo, comprendono anche le Bibbie regalate in camere di
motel, durante missioni eccetera.
Sembra una di quelle barzellette che non fanno
ridere, ma dal secondo al quinto posto la classifica
è dominata da libri scritti in cinese.
Al secondo posto, infatti, troviamo le Citazioni
del presidente Mao Tze Tung. Pubblicato nel 1966,
il “libretto rosso” ha venduto finora 800 milioni
o 6,5 miliardi di copie, a seconda che come fonte
si consideri più attendibile un articolo apparso su
Businessweek nel 2005, o un volume pubblicato in
Cina nel 1993 e intitolato Tradizione autocratica e
politica cinese.
Al terzo, quarto e quinto posto si piazzano rispettivamente il Dizionario Xinhua, Le poesie del
presidente Mao Tse Tung, e gli Articoli selezionati
del presidente Mao Tse Tung. (Se qualcuno dovesse
mai chiedervi chi è lo scrittore più venduto di sempre, saprete cosa rispondergli.) Segue il Corano.
Al settimo posto troviamo il primo romanzo
moderno, Il racconto di due città di Charles Dickens. In ottime posizioni anche il manuale per
boy scout di Baden-Powell, il Libro di Mormon, Il
signore degli anelli e il primo Harry Potter. Tra gli
italiani appaiono – ma solo molto più in basso –
(*) La stessa pagina in inglese differisce di molto da quella in italiano. Qui farò riferimento alla prima. Non perché sono innamorato della lingua d’Albione, ma perché mi fido di più del gruppo di curatori che include britannici,
canadesi, americani e australiani, che di quello formato solo da italiani. (Per visitare le pagine, sul campo di ricerca di
Wikipedia digitate, a seconda della lingua, “List of best-selling books” o “Lista dei libri più venduti”.)
Stefano Amato
Umberto Eco con Il nome della rosa, e Susanna
Tamaro con Va’ dove ti porta il cuore.
La prima volta che ho letto questa classifica mi
è venuto spontaneo pensare: “Sì, ma Tolstoi? E Pinocchio? Per non parlare di Don Chisciotte: come
si fa a lasciare fuori da una lista del genere Don
Chisciotte della Mancia?”
Insomma, mi sembra evidente che Wikipedia
è ancora lungi dall’essere una fonte attendibile al
cento per cento. (E neanche uniforme, se è per
questo: nella pagina in italiano Don Chisciotte
compare magicamente al quarto posto, mentre
delle poesie e degli articoli di Mao si perde ogni
traccia.)
dimostrando tutta la sua debolezza, ma si chiama
capitalismo, e finora ha reso possibile che io non
debba trovarmi un lavoro vero. Quindi fate i bravi
e scucite i pìccioli.
(In realtà ci sarebbe anche una terza differenza.
Mentre in una biblioteca pubblica è possibile sorprendere i dipendenti a parlare di ferie, in una libreria no, dato che alcune menti illuminate hanno
pensato bene di creare dei diabolici contratti che
non prevedono ferie o malattie pagate. Chiunque
tu sia: grazie, a nome di tutti di noi. Spero per te
che l’inferno non esista.)
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Questo mese sono in vena di classifiche. Quindi
dopo il “Libro più venduto di tutti i tempi” è la
volta del “Cliente peggiore che possa capitare in
una libreria”.
Devo ammettere che il primato era ambito e
la commissione giudicatrice ha avuto il suo bel da
fare per decidersi, ma finalmente posso dichiarare
vincitore del titolo:
Il nonno/la nonna che cerca un libro da regalare
al nipotino.
«Che cosa?», potreste obiettare. «Una dolce,
tenera vecchietta rappresenta il peggio che possa
capitarti? Ma sei matto?»
No, non lo sono. D’altronde giudicate voi
stessi. Ci mettono ore – con conseguente disordine – a scegliere un libro per un bambino che
dopo dieci minuti lo avrà ridotto a brandelli (ma
loro sono convinti che il pargolo lo custodirà gelosamente a vita e lo regalerà a sua volta al figlio,
perpetuando nei secoli la memoria della nonna).
Ti chiedono un consiglio, ma poi rifiutano sdegnati qualsiasi tua proposta. Alla fine scelgono
un libro bruttissimo e dalla forma impossibile da
confezionare. Ti chiedono una dozzina di volte di
coprire il prezzo. Mentre lo impacchetti, scrutano
ogni tuo movimento facendoti notare la minima
piega asimmetrica della carta, anche se sanno che
il nipotino la strapperà selvaggiamente un microsecondo dopo la consegna del regalo. Tutto questo ovviamente si ripete due volte, perché dopo
cinque minuti ritornano e ti chiedono di cambiare
libro. Ci hanno ripensato. Vogliono quello che gli
avevi consigliato tu.
I frequentatori abituali dell’Apprendista libraio
staranno pensando: “questo è il momento di usare
la botola, no? Usa la botola, dài!” Mi piacerebbe,
ma non posso. Non c’è più posto. Lì sotto è praticamente diventato un ospizio.
Domanda: tutti sanno che cos’è una libreria;
ma che cosa non è una libreria, lo sapete?
Ve lo dico io.
Una libreria non è un posto dove il commesso
bada ai vostri bambini mentre voi girate fra gli
scaffali parlando al telefonino. Affidateli ai nonni,
usate un guinzaglio, fate quello che volete, ma non
lasciate che i vostri figli scorrazzino indisturbati
fra pile di libri ed espositori girevoli, soprattutto
se sembrano (o sono) strafatti di Ritalin. Sapete
com’è, le ore che dovrò trascorrere a rimettere
in ordine dopo la chiusura non mi valgono come
straordinario.
Una libreria non è una banca. Quindi, per favore, evitate di pagare un biglietto di auguri da un
euro e cinquanta con una banconota da 200 euro,
specialmente se falsa. (Per fortuna L’apprendista
libraio non è una rubrica politicamente corretta;
se lo fosse, non potrei dedicare questo paragrafo
alla signora rom che ogni settimana tenta caparbiamente di mollarmi una fotocopia a colori di 200
euro.)
Infine, una libreria non è una biblioteca. Coraggio, questa è facile. Anche se entrambe sono
piene di volumi, due sono le differenze sostanziali.
La prima: mentre per portarsi temporaneamente
a casa un libro da una biblioteca bisogna mostrare
ai dipendenti un pezzo di carta chiamato “tessera”, in libreria per impossessarsi definitivamente
dello stesso libro si consegnano ai dipendenti uno
o più pezzi di carta chiamati “banconote”. La
seconda differenza: se vi fermate un paio d’ore
in una biblioteca a leggere un romanzo per poi
riporlo sullo scaffale, il vostro comportamento è
tollerato e, anzi, incoraggiato. In una libreria no.
Dopo avere trascorso due ore a leggere un libro, in
una libreria si aspettano che lo compriate. Lo so, è
una pessima invenzione per la quale fra un paio di
secoli verremo sbeffeggiati e che in questi mesi sta
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Stefano Amato
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Infine, per la serie “Le comiche”.
(Qui ci starebbe bene uno stacco di ragtime
suonato con un pianoforte scordato.)
Una signora sta scegliendo un regalo per una
bambina. Come tutte le persone che non mettono
mai piede in una libreria, si sta guardando intorno
con l’aria di non capirci un accidente: quanti libri!
Non sapevo ne esistessero così tanti. E la gente, poi,
li legge fino in fondo? Dove lo trova il tempo, con
tutti i programmi che ci sono in TV?
Dopo un quarto d’ora decido di aiutarla. Visti
i pregiudizi che questa gente nutre per la parola
stampata, le consiglio un puzzle. Lei prende in
mano la scatola e la studia per qualche minuto.
Poi dice: «non so, sembra difficile per una bambina».
«Ma se ha soltanto 12 pezzi. Forse è il puzzle
più facile mai messo in commercio», dico io, ancora in preda alla febbre da classifica.
«Sì, ma allora perché ci vuole tutto questo tempo per risolverlo?»
«Come fa a saperlo, scusi?»
«Legga qua. C’è scritto “dai 3 ai 5 anni”».
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Strano come cambiano le cose. Da piccolo non
vedevo l’ora che arrivasse il Natale; da quando
lavoro in libreria, invece, è il periodo dell’anno che
temo di più. Il mese prossimo capirete perché.
Stefano Amato
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