UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI MESSINA
Facoltà di Lettere e Filosofia
Corso di Laurea Dams
TESI DI LAUREA
Luigi Tenco , storia di un cantautore
Candidata
Alexandra Ieni
Relatore
Dario Tomasello
ANNO ACCADEMICO 2010 – 2011
“Sono fuori di me e sto in pensiero perché non mi vedo tornare”
Luigi Tenco
Indice
Introduzione
1 Capitolo
La vita
dalla nascita ai primi esperimenti musicali fino al Festival di Sanremo
2 Capitolo
La musica
tesi a sostegno dell'omicidio di Luigi Tenco
3 Capitolo
La morte
analisi dei brani inediti periodo SAAR 1964
Capitolo 1
La Vita
Luigi Tenco nasce a Cassine, in provincia di Alessandria, il 21 marzo 1938, andò la levatrice
all'anagrafe a registare il bambino, viene iscritto all'anagrafe come figlio di Giuseppe , coltivatore
diretto di Maranzana, un borgo vicino a Riccaldone il paese d'origine della madre , Teresa Zoccola,
gli Zoccola sono dei commercianti di vini e posseggono anche un forno.
Giuseppe Tenco muore però sei mesi prima della nascita del suo secondogenito , ucciso dal calcio di
una mucca nella stalla.
E' accertato però che il padre naturale di Luigi non fosse lui, ma un giovane della zona , uno
studente torinese di 18 anni con il quale Teresa ebbe una travolgente storia d'amore collocabile
nell'estate del 1937, quando ancora il marito era in vita.
La storia tra i due non fu però una scappatella, il padre naturale di Luigi fece di tutto per poter stare
con la madre, voleva infatti riconoscere il figlio e sposarla ma la famiglia di lei non volle per non
creare uno scandalo.
Il padre fu costretto poi dalla famiglia a sposare contro la sua volontà una giovane dalla quale non
ebbe figli , controllò Luigi per tutta la sua breve vita e lo aiutò anche in alcuni casi spinosi ,essendo
un avvocato ,come le pratiche per il militare che Luigi non voleva fare.
La scoperta del padre naturale Luigi la fece da bambino e segnò la sua vita sensibilmente, infatti gli
fu data all'inizio una versione nella quale il padre abbandonava la madre e il figlio , causando in lui
un profondo vuoto nei rapporti con l'altro sesso.
Valentino Tenco di 9 anni più grande di Luigi finirà per interpretare la figura paterna negata, anche
se nella famiglia Tenco non mancò mai l'affetto e il senso della famiglia intesto in senso patriarcale.
Luigi trascorre i primi anni della sua vita tra Cassine, Maranzana e Ricaldone, paese nativo della
madre.
La famiglia Tenco si trasferisce in Liguria nel 1948 quando Luigi ha 10 anni, prima a Nervi, e poi a
Genova a causa della rivelazione del'adulterio di Teresa.
La madre avvia un'attività commerciale aprendo un negozio all'ingrosso di vini tipici piemontesi, in
Via Rimassa, nella zona della Foce.
Intanto Luigi viene iscritto alla scuola media Giovanni Pascoli (la stessa che frequenterà di lì a poco
il futuro amico Fabrizio De André) ed intreccia le sue prime e fondamentali amicizie: tra queste,
Ruggero Coppola, Pupi Gatto, Danilo Dègipo,Roy Grassi, i fratelli Gianfranco e Giampiero
Reverberi.
Il fratello Valentino deve nel frattempo abbandonare gli studi per farsi carico totalmente del ruolo di
padre e di capo famiglia e per far andare avanti gli affari.
La madre che pure aveva grosse ambizioni per il primogenito , si rifà su Luigi prospettando per lui
un avvenire più ambizioso.
Affida il figlio ad una maestra Sandra Novelli per delle ripetizioni e Luigi per ben tre anni avrà il
domicilio presso la casa di questa donna, sarà la Novelli ad introdurlo al pianoforte che risulta
essere per Tenco una passione inaspettata, mostra una naturale predisposizione allo strumento e
riesce ad eseguire i passaggi più complicati con molta naturalezza vista la sua giovane età.
Intanto è comunque nel retro della bottega di famiglia che Tenco suona le prime note di clarinetto,
secondo suo strumento , accompagnato dal banjo di Bruno Lauzi .
Si iscrive al Liceo Classico Andrea Doria, che frequenterà un solo anno (suo compagno di banco è
Bruno Lauzi) per poi passare al Liceo Scientifico (dapprima il Cassini e poi il Galilei, un istituto
privato).
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Conseguirà la maturità nel mese di Luglio 1956, unico privatista su 257 a superare la prova.
Proprio durante gli anni del liceo, con alcuni amici, dà vita a vari gruppi musicali, con un repertorio
per lo più composto da musica jazz e dai primi esempi di rock & roll.
Luigi suona dapprima il clarinetto, poi si specializza con il sax.
Il suo primo complesso, che risale al 1953, ha un nome un po' complicato: Jerry Roll Morton Boys
Jazz band, e vede Danilo Dègipo alla batteria, Bruno Lauzi al banjo, Alfred Gerard alla chitarra e lo
stesso Luigi al clarino.
L'amico Dègipo ha in seguito precisato: "Jelly Roll Morton è stato uno dei più grandi pianisti
di jazz del genere honky tonky. Un caposcuola" .
I pezzi di punta del complesso erano ; “Savoy blues” di Kid Ory, “Sweet Georgia Brown” e “Route
66” di Nat King Cole.
Chiusa l'esperienza con la Jelly Roll Morton, Luigi mette su, con Roy Grassi (alla batteria) e Gino
Paoli (che suona maldestramente la chitarra), un altro gruppo denominato I Diavoli del Rock. Con
l'apporto di Danilo Dègipo e Giampiero Reverberi, la band si esibisce al Giglio Rosso e alla Foce.
Il complesso nasce proprio al bar La Foce luogo prediletto dal gruppo di amici che si ritrovavano in
questo luogo a parlare di jazz , di politica e di come fregare partite al flipper.
Roy Grassi ricorda così la nascita del complesso ;
“Oggi pomeriggio, malauguratamente, ci siamo riuniti tutti in casa di Danilo Degipo per fare una
prova generale. Faceva parte del complesso anche Piero Reverberi, mentre suo fratello ci faceva da
consulente. Ora la cosa interessante da sapere è che Danilo è un batterista professionista, e che Piero
studia al conservatorio musica classica! Danilo aveva abbandonato il suo posto naturale alla
batteria, perché suonava benissimo anche la fisarmonica, e nel complesso serviva quello strumento:
Quindi... A me l'onore! Dopo una sola canzone, non fui linciato immediatamente proprio perché non
vi era altra persona che potesse prendere il mio posto; ma ci andarono molto vicini. Reverberi aveva
addirittura la bava alla bocca e Danilo le visioni mistiche tanto familiari a Paolo (Villaggio). Luigi
non si è scaldato affatto, ha promesso a tutti che per la famosa notte sarei stato, se non bravo,
almeno decente. Aveva un suo sistema per farmi imparare”.
E qui Luigi fece sfoggio oltre che di grande pazienza anche dell'innato senso della musica che
possedeva.
Capì che un essere "squadrato" come me non avrebbe mai potuto comprendere la musica, i tempi, il
"levare", il "battere" ed altre diavolerie del genere; però Luigi sapeva benissimo che io amavo la
pittura e, con la sua mente rivoluzionaria, scrisse per me uno spartito di colori... Mi fece con una
matita un segno rosso sulla mano destra ed uno verde su quella sinistra, dopodiché scrisse uno
spartito fatto tutto di puntini e righe colorate... Semplice no? Ora sapevo benissimo quando dovevo
muovere la sinistra o la destra... e quanti colpi dovevo dare... Non dovevo fare altro che seguire quei
puntini colorati!”
Ma la sua passione per la musica non viene vissuta bene in famiglia, Tino Tenco lo zio ricorda
“Luigi aveva una memoria straordinaria, gli bastava leggere una cosa per ricordarla perfettamente.
In seconda media risolveva con disinvoltura complicate equazioni differenziali. A me e alla mamma
sembrava logico, inevitabile che proseguisse gli studi fino alla laurea.
Sprecare un talento del genere ci appariva un delitto.
Ce lo immaginavamo ingeniere, o professore di fisica e di matematica.
A quell'epoca cantare non era affatto considerato un mestiere.”
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Questa dichiarazione ci spiega anche l'episodio nel quale il giovane Tenco si presenta per suonare in
una serata con il clarinetto tenuto insieme da elastici, era stato il fratello a ridurlo in pezzi.
Nel 1956, assecondando i desideri della madre e del fratello che ambiscono per lui ad un futuro da
laureato, si iscrive al biennio propedeutico della Facoltà di Ingegneria.
Il 2 giugno 1957, supera l'esame di "Disegno 1", con 20/30. Ma in seguito, esaminato dal
prof. Togliatti (fratello dell'allora segretario del Pci), fallisce per due volte l'esame di "Geometria
analitica e proiettiva" Per due anni non sosterrà altri esami ed anzi deciderà di cambiare corso
iscrivendosi a Scienze Politiche.
Ma in quello stesso anno entra a far parte, anche se saltuariamente, del Modern Jazz Group di
Mario De Sanctis.
Oltre allo stesso De Sanctis (al piano) e Luigi (sax alto), della formazione fanno parte Fabrizio De
André (chitarra), Attilio Oliva (sax baritono), Alberto Cameli (sax tenore), Carlo Casabona
(contrabbasso) e Corrado Galletto (batteria).
I concerti si tenevano sia al teatro Duse che al Genovese, le discussioni di Tenco con Oliva ( sax
Baritono ) ci fanno già intuire i suoi gusti in fatto di jazz, se infatti è assodato che chi ascolta jazz ad
un certo punto si vede costretto a schierarsi tra quelli che apprezzano Miles Davis o tra quelli che
non posso non sostenere che Chet Baker sia superiore, Tenco si schierò tra quelli che considerano
Beker il traguardo di ogni jazzista, arrivò addirittura ad uno scontro fisico per sostenere la sua
causa.
Il Modern jazz group ; Fabrizio De Andrè (seduto
con la chitarra) e Luigi Tenco (il primo sax a
sinistra). Gli altri sono, da sinistra: Mario De Sanctis
(pianoforte), Carlo Casabona (contrabbasso),
Alberto Cameli (sax tenore), Attilio Oliva (sax
baritono), Corrado Galletto (batteria)
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L'hobby per la musica diventa qualcosa di più grazie a Marcello Minerbi, che agli inizi degli anni
'60 fonderà Los Marcello's Ferials, ma che in questo periodo fa parte del trio strumentale Tony,
Marcello e Max.
"Minerbi suonava alla Cambusa di Capurro, in piazza de' Ferrari, e vedeva puntuali ad assisterlo
due spaesati ragazzi: Tenco e Coppola. Il suo trio si sciolse e qualcuno lo convinse a rifare il gruppo
con Tenco e Coppola... Il trio di recente formazione si autodefiniva scherzosamente Trio Garibaldi,
a sottolineare lo spirito di emergenza che caratterizzava i suoi interventi, laddove altre formazioni si
scioglievano o erano costrette alla rinuncia".
La nuova formazione viene ingaggiata a San Pellegrino Terme, per sostituire l'orchestra di Dino
Siani, protagonista di un incidente stradale nei pressi di Tortona.
Coppola ricorda: "Francamente il più volte citato Trio Garibaldi a me non dice niente. Comunque
suoniamo noi tre, io alla batteria, Luigi al sax e Marcello alla chitarra. Stranamente otteniamo
un successo strepitoso.
Il nostro spettacolo cominciava intorno alle nove di sera al dancing delle Terme. In concomitanza al
night suonava l'orchestra di Gastone Parigi che cominciava alle dieci e mezzo.
Dopo tre-quattro giorni Parigi attaccava a suonare a mezzanotte e mezzo, quando avevamo finito
noi. Prima non avrebbe avuto pubblico... Facevamo brani leggeri, roba che faceva ballare"La prima canzone di Tenco non fu “Quando” ma la sigla di apertura del trio che scherzava
satiricamente sulla magnesia San Pelligrino e sui suoi effetti sullo stomaco.
L'esperienza dura appena una ventina di giorni, poiché il trio si scioglie per impegni di varia natura
sia di Coppola che di Minerbi.
Ma Tenco non demorde. Fra il 1957 e il 1958, si presentano varie occasioni. "Una volta Paolo
Tomelleri, rispondendo all'appello di Lino Patruno, che cercava un trio per l'Hotel Alpino di Stresa,
coopta, con Tenco, Gaber e Reverberi.
La paga, duemila lire al giorno, si fa bastare dividendo col quarto..." .
È in tale occasione che Tenco, insieme a Giorgio Calabrese e Gianfranco Reverberi, compone “Ciao
ti dirò”, firmata poi da Gaber , Tenco infatti non era ancora iscritto alla SIAE.
Si esibisce poi al Santa Tecla di Milano con Gaber, Jannacci e Reverberi; quindi alla Piccola Baia di
Genova, con Gaber e Reverberi.
Al Santa Tecla di Milano. Da sinistra: Giorgio
Gaber, Paolo Tomelleri, Gianfranco Reverberi,
Luigi Tenco e Rolando Ceragioli
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Nel periodo milanese Tenco è ospite dell'amico Reverberi che gli fornisce vitto e alloggio , è ospite
insieme a Piero Ciampi, Reverberi per farlo lavorare lo ingaggia per suonare il sax in ogni disco
dove servisse lo strumento, Tenco così riesce a percepire la paga da orchestrale.
Più tradi alloggerà alla Pensione del Corso, ubicata nella Galleria omonima, è qui che approdano
anche Ciampi, Poli , Endrigo , Mina, Costello, Edda Vincenza ed altri, ma lo storico abitante il
sindaco era Franco Franchi che alloggiava nella Pensione dal 1954.
Tenco giocava spesso a poker con Franchi e i due una sera avevano intenzione di fregare l'anziana
vecchietta ( la madre di Mainardi il violoncellista ) ospite anche lei, ma la cosa non riuscì e loro
malgrado restarono fregati.
Al Tecla di Milano passava ogni tanto anche il trombettista jazz Chet Baker uno dei miti di Tenco
difeso anche con i pugni, è Franchini a farli conoscere , pare che Chet Baker abbia visto una volta
esibirsi Tenco al sax e che, successivamente ogni volta che vedeva entrare il giovane apprendista
scappasse.
In famiglia non vedono di buon occhio la sua passione. Valentino era legatissimo al fratello ma la
durezza di esperienze frustranti assommavano in lui il fratello e il padre in un atteggiamento
di difesa quasi morboso.
La guerra, il padre precocemente scomparso, il dover far fronte a necessità sproporzionate per la sua
età portarono Valentino a ritenere dispersivo l'hobby di Luigi; i due erano legati da un affetto
profondo ma destinati a esprimersi con codici diversi.
La madre si raccomandava spesso a Minerbi per farlo desistere; Minerbi, che aveva capito il talento
di Tenco invece lo spronava" fu infatti lo stesso Minerbi a portarlo a Milano da Monzino per
cambiare il suo sax, sosteneva che fosse stato meglio per lui un sax contralto ( come quello di
Parker ) anticipò addirittura anche la somma”.
E nel marzo 1959 vi è l'esordio discografico di Luigi, che incide per Ricordi il 45 giri
“Mai / Giurami tu”, col gruppo I Cavalieri, di cui fanno parte Gianfranco Reverberi (vibrafono),
Paolo Tomelleri (clarino), Enzo Jannacci (piano) e Nando De Luca (batteria).
Subito dopo, e con lo stesso gruppo, incide il 45 giri “Mi chiedi solo amore / Senza parole”.
Luigi figura in questi primi dischi col solo cognome, ma presto - un po' per non urtare la famiglia e
un po' perché egli stesso considera la musica ancora come un hobby - decide di presentarsi con lo
pseudonimo Gigi Mai.
E con tale pseudonimo, nel giugno dello stesso anno, incide altri due 45 giri (Amore / Non so
ancora e Vorrei sapere perché / Ieri) e un EP contenente gli stessi quattro brani.
Il 18 giugno 1960 Tenco, che nel frattempo si è iscritto a Scienze Politiche dopo la deludente
esperienza a Ingegneria, supera l'esame fondamentale di "Geografia politica ed economica", con
voto 24/30.
Il 24 giugno esce una raccolta di brani per la Ricordi, in cui Tenco figura come autore ed interprete
della canzone Quando (la raccolta sarà poi pubblicata anche in Brasile).
Il 30 giugno Partecipa a Genova, a fianco dei "camalli" (lavoratori portuali), alla manifestazione di
piazza che intendeva opporsi ad un comizio del M.S.I.
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Il fatto di usare degli pseudonimi è anche spiegato in una lettera mandata alla casa discografica in
cui si evince che non era solo un capriccio il fatto di non voler usare il proprio nome ma una
questione più importante.
“Mitt. Luigi D.Tenco
Genova, 8/8/60
Egregio Dott. Nanni Ricordi
presso S.p.a Ricordi “Sezione Dischi”
Via Berchet 2, Milano
Ho ricevuto comunicazione dal Dott. Crepax del fatto che, essendo ormai uscito il Long-Playing
riassuntivo della produzione annuale, comprendente l'incisione di “Quando”, cade automaticamente
ogni possibilità di discussione circa l'acquisto del disco stesso da parte dellaS.E.F.I.
Quindi mi rivolgo a Lei, pregandola di scusare il disturbo che Le arreco a causa di questa incisione,
onde essere compreso nel mio desiderio di non comparire su alcun disco con il mio nome
anagrafico ( escludendo il 33 giri di cui sopra sia perchè già in vendita, sia perchè non credo
estremamente commerciabile ); desiderio che, per ragioni di cui io stesso non conosco la natura
precisa, mancai di esprimere in tempo utile.
Essendo io iscritto alla Facoltà di Scienze Politiche da due anni e ciò che più importa, ad un partito
politico ( per l'esattezza il P.S.I. ) nella cui direzione sono candidato ad assumere incarichi di una
certa responsabilità......”
Durante l'estate suona al Duse di Genova con il Modern Jazz Group, di cui fa parte l'amico Fabrizio
De André il quale, frequentando le discoteche, si spacciava per l'autore di Quando al fine di ottenere
successo con le ragazze. Fabrizio ha buon gioco perché la canzone è uscita con lo pseudonimo Dick
Ventuno (ed anzi in precedenza Tenco aveva addirittura manifestato l'intenzione di farlo uscire con
la dicitura "anonimo") c'è anche un piccolo aneddoto i due si incontrarono in un bar e Tenco chiese
non conoscendolo ancora se fosse lui quello che va in giro a dire di aver scritto “Quando” e De
Andrè rispose di sì e che lo faceva per rimorchiare, allora Tenco rispose ridacchiando fai bene però
la canzone l'ho scritta io.
In questo periodo parte anche alla ricerca del padre , e parte con le convinzione che lo avevano
accompagnato fino ad allora, la sentenza è unica ed inequivocabile, lui si è approfittato della madre
e non merita nulla , risponderà al fratello “per quel che me ne importa!”
E' questa situazione a generare in Tenco un rapporto con le donne mutilo, quasi una forma di
indentificazione con il padre, la maggior parte dei rapporti di Tenco avviene con donne sposate, in
più di un'occasione ruba la donna ad un amico.
I rapporti con il padre in questi anni sono conflittuali e discontinui ma lui non demorde e farà di
tutto per avere l'affetto del figlio.
L'8 marzo 1961 esce un altro 45 giri con Quando: questa volta con il suo vero nome e cognome. La
seconda canzone è Triste sera. Il 9 marzo esce il 45 giri Il mio regno / I miei giorni perduti. L'8
maggio esce il 45 giri Una vita inutile / Ti ricorderai. Il 27 giugno supera l'esame complementare di
"Sociologia", con voto 24/30. Non sostiene più esami ma rimarrà iscritto all'università fino all'anno
1964. In luglio esce il 45 giri Quando / Ti ricorderai. Il 3 ottobre esce il 45 giri Ti ricorderai / Se
qualcuno ti dirà, il 25 gennaio 1962 esce il 45 giri Come le altre / La mia geisha.
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Durante l'estate gira il film "La cuccagna", per la regia di Luciano Salce. Luigi collabora alla
colonna sonora ed interpreta La ballata dell'eroe dell'amico Fabrizio De Andrè, ancora sconosciuto.
Il film esce nelle sale cinematografiche di tutta Italia in ottobre, ma "non sfonderà al botteghino, né
avrà una buona accoglienza sul fronte della critica specializzata.
Il film affronta i miti del falso boom economico,la nascita dell'ecologismo, la difficoltà di essere sè
stessi in una societa del consumo, sullo sfondo c'è una Roma godereccia dove è assente la cultura
del lavoro e impera invece il vizio della bustarella e della tangente “ecco a cosa serve a Roma il
denaro” “ per corrompere”.
La presenza di Tenco su un film di un ora e mezzo non supera i venti minuti questo a causa di un
brutto incidente nel quale si ruppe una gamba poco prima delle riprese, la sua andatura un po'
ingessata nel film è causata proprio dal tutore che portava.
La carriera cinematografica del giovane attore sembra tuttavia promettere bene. Infatti Tenco viene
convocato per la parte del protagonista ne La ragazza di Bube dal romanzo di Carlo Cassola, per la
regia di Comencini. Sembra fatta ma all'ultimo momento gli viene preferito George Chakiris,
l'attore americano assurto a improvvisa, vivida fama recitando in West Side Story. Secondo
qualcuno la delusione di Tenco è bruciante. Altri invece (Coppola) affermano che la bocciatura
venne accolta con fatalismo, se non addirittura come una liberazione"
Tenco sviluppa simultaneamente una passione per il cimema, diventa un cinephile , compra una
cinepresa da 16 mm e con Degipo allestiva film sperimentali, scrisse anche una sceneggiatura
tutt'altro che dilettantistica.
Nel novembre 1962 esce il suo primo 33 giri, in cui troviamo Mi sono innamorato di te, Angela e
Cara maestra. A causa di quest'ultimo brano il disco viene "censurato" e sarà la prima di tante
censure a volte incomprensibili.
Pochi giorni più tardi esce però un 45 giri contenente le prime due canzoni (le sole ammesse
all'ascolto dalla Commissione per la censura).
Si lacera intanto il rapporto con la casa discografica Ricordi. Il brano Mi sono innamorato di te era
stato richiesto, senza esito comunque, da un altro imprenditore discografico per il quale Luigi
inciderà poi nel periodo 1964-1965.
Nel 1963, durante il primo semestre dell'anno, litiga con Gino Paoli per via del flirt con la
giovanissima attrice Stefania Sandrelli, appena diciassettenne.
"Nel '61 Paoli aveva allacciato una relazione amorosa con Stefania Sandrelli. L'aveva conosciuta,
intrigante quindicenne, poco prima del suo esordio nel cinema in Divorzio all'italiana... È
inevitabile correre al tentativo di suicidio messo in atto da Paoli il 13 luglio 1963. La tragedia non si
compie per un millimetro, la distanza che separava, e separa tuttora, il cuore di Gino dalla pallottola
sparata dalla Derringer calibro 5".
I due cantautori rompono ogni rapporto e non si parleranno mai più.
A giugno Partecipa a Clusone (BG), con Pino Donaggio ed altri cantanti, ad una manifestazione
canora. Il 10 settembre esce l'ultimo 45 giri per la Ricordi: Io sì / Una brava ragazza, entrambe dal
testo troppo esplicito per l'epoca, e dunque censurate.
Nel gennaio 1964 inizia la collaborazione con l'etichetta discografica Jolly (Joker).
Il 15 aprile esce il 45 giri di Ragazzo mio, canzone dedicata, a quanto pare, ad Alessandro (figlio
dell'amico Roy Grassi). La seconda canzone è No, non è vero.
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Roy Grassi fu un grande amico di Tenco , abitò insieme alla moglie ed al figlio piccolo nella Torre
di Recco che Luigi aveva acquistato con i proventi dei suoi dischi.
La casa era una villa costruita su un antica torre e Tenco ci abitava con la famiglia, la sua casa era
anche il suo laboratorio, ed era a Recco che Luigi trascorreva il suo tempo libero , un'attività che
scopri insieme all'amico Roy fu l'immersione subacquea, riporto qui una testimonianza di Grassi
“Le grane cominciarono quando, una volta. Luigi mi vide con le bombole. Sapeva da tempo che
facevo pesca sub ed aveva visto anche Franca immergersi. Franca a dire il vero era bravissima: si
muoveva sott'acqua come se avesse sempre fatto immersioni.
- Voglio immergermi anch'io - disse Luigi.
Frase lapidaria, che precedette una rapida corsa a Genova per acquistare tutta l'attrezzatura
necessaria.
Non è che a me dispiacesse che Luigi s'immergesse con me; ma non sapevo ancora quale tremenda
catena di avvenimenti avrebbe messo in moto questa sua innocente decisione.
Io sono un freddoloso, quindi decisi di autocostruirmi una muta fatta con ritagli di neoprene. Decisi
di farmela da solo per due ovvie ragioni, prima i quattrini e poi perché volevo una muta tutta d'un
pezzo, che non si trovava in commercio.
Luigi volle imitarmi. Certamente a lui non mancavano i quattrini per prendere una muta di fabbrica;
ma la sua giustificazione a questa imitazione fu che voleva una muta "da sera"! Il neoprene che
acquistò difatti era "argentato". Cose da pazzi!
Incollammo e tagliammo per non so quanti giorni; inevitabilmente le mute si strappavano sotto le
ascelle e facevano borse e pieghe da tutte le parti per la nostra imperizia di "tagliatori"; forse
saremmo ancora lì a lavorare se Franca, commossa dai nostri maldestri tentativi, non fosse
intervenuta con forbici e ritocchi a creare delle meravigliose "pinces" che fecero aderire le mute
come abiti da sera.
Eravamo assurdi! Le nostre mute, con noi dentro, avevano più la parvenza di grossi squali che di
mute. Si presentavano tutte piene di quadretti, losanghe, triangoli... Sembravano fatte a scaglie
come i pesci. Luigi addirittura risplendeva al buio.
Ci immergemmo. Controllare Luigi era difficile. La sua incoscienza mi faceva sudare sette camicie.
Sott'acqua era facile giocarsi la pelle per un banale errore. Siccome sapevo che Luigi metteva
l'anima in tutte le cose che faceva, pensavo che non si sarebbe reso conto del pericolo. [..]
Un'altra cosa preoccupante era che Luigi soffriva di sinusite. Questo inconveniente non facilitava le
immersioni. Ma "boia chi molla!" sembrava essere la regola di Luigi.
Un'altra testimonanza di Grassi ci illustra la costruzione dello studio di registrazione che Tenco
aveva nella sua torre e dal quale vennero fuori dopo la sua morte molte registrazioni inedite.
<<Dopo tanti progetti e discussioni, infine ci eravamo costruiti un piccolo laboratorio di
registrazione. La prima cosa che voleva ottenere Luigi era poter riascoltare, miscelare e sovrapporre
quello che suonava.
Oggi, con i microprocessori ed il progresso dell'elettronica, un discorso del genere può sembrare
persino scontato, per gli anni in cui lo progettammo aveva del fantascientifico.
La prima difficoltà che incontrammo fu quella di reperire dei registratori ad alta velocità che si
prestassero per le modifiche che noi volevamo fare.
Dopo tante ricerche la nostra attenzione si fermò sui "Tamberg". La messa in opera vera e propria
dei registratori, degli amplificatori, ecc. comportò un lavoro di giorni e giorni.
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Ma la cosa più bella accadde quando, appena terminato di saldare l'ultimo cavo e tutti emozionati,
accendemmo l'impianto per fare la prima prova: una voce secca e gracchiante ci snocciolò tutto il
bollettino del mare e, per finire, alcune comunicazioni tra due navi. Credevamo di essere impazziti.
Guardammo e riguardammo, strusciando per terra sotto il banco, tutti i cavi che passavano dalla
saletta di registrazione sino alla stanzetta dove Luigi avrebbe dovuto suonare... Non capivamo dove
stava il trucco!
La soluzione venne dopo molte ricerche. Vicino alla vecchia torre di Luigi vi era una potente
stazione radio della marina militare. La frequenza delle sue trasmissioni veniva captata dai nostri
amplificatori, i quali, facendo il loro dovere, passavano il segnale agli altoparlanti.
Ci vollero altri giorni di duro lavoro per schermare il nostro impianto e passare a massa quel
segnale così invadente.
Infine, la soddisfazione di lavorare nella "nostra" sala d'incisione ci ripagò di tanto lavoro.
Anche questa avventura venne puntualmente scritta sul diario. Luigi, di proprio pugno, vi aggiunse
un sacco di note critiche sul mio modo di lavorare e posizionare i cavi. Tutta la parte è stata
stralciata per i motivi citati in testa a questo libro.
Eccone comunque un campione:
“Dolori, dolori. Luigi si vuole costruire una sala di registrazione personale... Credo di sapere già
cosa mi aspetterà in futuro! Ovvio che abbia coinvolto anche me in quest'altra impresa folle. Ha già
vuotato (dico ha perché lui è convinto di aver fatto tutto il lavoro da solo) due stanzette laterali della
torre. Poi guardando il muro con occhio critico ha deciso dove dovevamo praticare un foro... Da lì
si doveva vedere chi suonava nell'altra stanzetta...”.
[Tralascio la parte riguardante la muratura per non riportare scene folli, avvenute quando ogni
stanza era piena di calcina e polvere di mattoni].
“Costruimmo il banco di registrazione: un mese di lavoro paragonabile solo ai lavori forzati che si
fanno nelle miniere di sale del Texas... Il lavoro fu veramente caotico, anche perché io ero del
parere di semplificare le cose e tirare ad ottenere un risultato immediato, senza tanti fronzoli od
abbellimenti. La mia filosofia costruttiva si basava sull'assioma: Basta che tutto funzioni bene. Per
Luigi le cose dovevano essere solo... "perfette"! Nulla di meno lo accontentava. Quindi ogni più
piccola parte dell'impianto andava controllata e poi ricontrollata. Infine, la si poteva anche
montare... Ma non era detta l'ultima parola... Volendo si poteva anche migliorare il tutto!”.>>
Studio di registrazione nella sua casa a Recco
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Intanto, il 14 maggio 1965 esce il secondo album, contenente Ho capito che ti amo, Ragazzo mio e
la prima versione di Vedrai vedrai. Il 13 ottobre dello stesso anno scrive alla fantomatica Valeria la
prima delle tre lettere conosciute dall'opinione pubblica [saranno pubblicate dal quotidiano
genovese Il Secolo XIX nel 1992].
Il 7 gennaio 1965, dopo parecchi rinvii per motivi di studio [la visita di leva risale all'11 aprile
1958], si arrende all'inevitabile e parte per il servizio militare a Firenze.
Ma dall'8 gennaio fino all'11 marzo 1966 ,giorno in cui sarà posto in congedo ,Tenco passa
attraverso numerosi ricoveri in ospedale per non meglio precisate malattie che gli fruttano
complessivamente - stando alla fredda eloquenza delle carte ,420 giorni di convalescenza.
Praticamente l'intero periodo della ferma.
Durante il militare effettua anche un viaggio-tournè in Argentina sul quale molti ritrovano uno dei
moventi in questo caso politici dell'omicidio Tenco.
Nel 1965 Luigi Tenco si trova sotto le armi, nel Dicembre dello stesso anno parte, va a Buenos
Aires per partecipare come ospite ad una trasmissione televisiva “Casinò Philips” dove canterà la
sua “Ho capito che ti amo”, diventata sigla di una famosa telenovelas Argentina.
Con lui andò in Argentina il suo amico Reverberi, molti giornali in Argentina parlarono di quell'
evento quindi Luigi partecipò davvero a quella trasmissione.
Così Gianfranco Reverberi rievocò l'episodio a Renzo Parodi:”Telefonai all'impresario argentino
che aveva organizzato il tutto. Che facciamo? Rinunciamo?” L'impresario supplicò di partire: -No,
no, venite lo stesso. Semmai facciamo le riprese in aeroporto, risalite sull'aereo e tornate in Italia.
Se la gente qui non lo vede, ci sfascia la Tivù”
Quindi, per presentarlo al pubblico argentino e dimostrare che esisteva veramente, Tenco venne
invitato per l'ultima puntata del serial; la televisione aveva pensato di fare una sorpresa all'interprete
femminile dello sceneggiato, facendo arrivare Luigi a Buenos Aires per cantare dal vivo la sua
canzone.C'era però un problema: Tenco era sotto le armi, e non poteva espatriare. Le autorità
militari fecero capire che avrebbero chiuso un occhio, ma di restituire il passaporto neanche a
parlarne. E senza passaporto, Tenco non avrebbe potuto varcare la dogana argentina.
Tenco partì, accompagnato dallo stesso Reverberi, e all'aeroporto trovò ad accoglierlo una folla in
delirio che sfondò le transenne, lo prese di peso e lo portò in trionfo oltre i controlli di frontiera;
persino i doganieri si unirono alla festa.
Ecco la pesante anomalia: Tenco è militare, il passaporto è in mano all'esercito, come fece i
controlli all'aereoporto? Riguardo l'evento l'amico Reverberi ha sempre minimizzato la questione
risolvendo il problema della dogana con lo sfondamento delle transenne da parte della folla in
delirio che lo porta in trionfo di fatto evitando i controlli.
Il sig. Reverberi dimentica che non esiste solo il check – out ( Buenos Aires ) ma c'e anche il check
– in ( Roma? ) e li la folla in delirio non ci stava. Perchè tacere che a Luigi venne concessa una
dispensa speciale? Semplicemente perchè non risulta nessuna dispensa speciale a nome di Luigi
Tenco ma a questo punto sorge spontaneo chiedersi perchè il militare Tenco non fu sottoposto a
processo militare per l'assenza ingiustificata di 10 giorni?
Chi vede il movente in questo viaggio dell'omicidio fa coincidere il soggiorno di Tenco in Argentina
con il successivo colpo di Stato, l'Italia fu infatti responsabile di aver fornito le tecnologie
strategiche , le armi e i soldi per rovesciare il governo di Illa.
Tenco sarebbe stato così un messaggero del governo italiano a sostegno del golpe, ma questa
spiegazione è inverosimile ed ha tutti i connotati di un depistaggio fornito ad arte.
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La verità però e che dal ritorno da quel viaggio per Tenco incominciano le minaccie di morte che lo
porteranno a richiedere un porto d'armi nel novembre del 66 e ad acquistare due pistole.
Nel 1966 stipula un nuovo contratto con la Rca ed incide Un giorno dopo l'altro, che diventa la sigla
della fortunatissima serie televisiva Il commissario Maigret, il celebre personaggio di Simenon
interpretato magistralmente da Gino Cervi.
Per la nuova casa discografica incide altri capolavori:
“Lontano lontano, Uno di questi giorni ti sposerò, E se ci diranno, Ognuno è libero”: le due "anime"
caratteristiche di Tenco, gli elementi portanti della sua vita (amore ed impegno civile) coesistono
perfettamente nella piena maturità artistica, senza sovrapporsi o disturbarsi.
In agosto, nella sede della Rca, a Roma, conosce la cantante italo-francese Dalida che sta incidendo
"Pensiamoci ogni sera": un incontro che sarà decisivo nella carriera artistica ed esistenziale di
Tenco, indipendentemente dal legame affettivo che legò o meno i due artisti.
Fatto sta che nel settembre dello stesso anno Tenco si reca a Parigi, insieme ad alcuni funzionari
della Rca, per presentare a Dalida la canzone Ciao amore ciao.
E da lì nasce l'idea della partecipazione di Tenco e Dalida al prossimo Festival di Sanremo.
Alla vigilia del festival vari amici, tra cui Nanni Ricordi e Michele Maisano, cercano di dissuaderlo:
ma Tenco è ormai in gioco. Forse non sa come fare; forse un po', in fondo, ci tiene.
Sta di fatto che Fegatelli riporta una sua dichiarazione che lo stesso biografo definisce come una
sorta di testamento, e che è comunque l'espressione dei suoi sentimenti:
"Io ho sempre imboccato la strada sbagliata. Sbagliai quando mi illusi di diventare ingegnere e a
casa mia non c'era una lira, sbagliai quando mi misi a scrivere canzoni e quando mi illusi di fare un
mestiere. Ho sbagliato pure adesso a venire a Sanremo, anche se mi ci hanno voluto loro, perché io
non ho fatto una mossa per venirci, e magari non ci fossi venuto mai".
Chi è stato veramente Luigi Tenco non lo sapremo mai, possiamo solo immaginare il personaggio e
affidarci ai tanti ricordi di amici e compagni di vita.
Indubbiamente un uomo avanti con i tempi,teso ad infrangere il sistema borghese già tanto
asfissiante e falso, rigorosissimo con un grande senso morale che lo portava a vivere forti
contraddizioni spesso irrisolvibili, dominato da piccole fobie come la paura del buoi , del pubblico e
dei tuoni, ma con un'innata capacità creativa , aveva ideato una speciale radio da sub, stava
allestendo in casa uno studio di registrazione per mandare il prodotto finito direttamente
all'industria, aveva inventato una soluzione personale ad un difficile teorema che ha lasciato il
professore sbalordito, era di una generosità esagerata , di una serietà e coerenza rare una sua
dichiarazione lo spiega bene.
“ Canterò finché avrò qualcosa da dire, sapendo che c'è qualcuno che mi sta a sentire e applaude
non soltanto perché gli piace la mia voce ma perché è d'accordo con il contenuto delle mie canzoni.
E quando nessuno vorrà più stare ad ascoltarmi, bene, canterò soltanto in bagno facendomi la barba.
Ma potrò continuare a guardarmi nello specchio senza avvertire disprezzo per quello che vedo".
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Capitolo 2
La Musica
Vorrei analizzare alcune canzoni di Tenco che fanno parte del suo repertorio inedito, poco
conosciuto e come introduzione riporto una parte dell'intervento di Luigi Tenco al dibattito sul
tema "La canzone di protesta" tenutosi al "Beat 72" di Roma nel novembre 1966.
Oltre a Tenco, vi presero parte anche Lucio Dalla, Luciano Cirri e Pier Francesco Pingitore, questi
ultimi due in qualità di giornalisti-autori di brani appartenenti al filone della "protesta nostalgica".
Il dibattito è stato registrato su nastro magnetico.
Voce 1: Carlo, vieni qua, vogliono sapere se tu protesti.
Carlo: Io sì, protesto.
Voce 1: Contro chi?
Carlo (piazzandosi con aria provocatoria davanti a Luigi Tenco): Contro tutti, contro te soprattutto,
che fai la finta protesta. Se si fa l'antimilitarismo si fa coi fatti, non a parole con le canzonette, porca
miseria!
Tenco: Che vuol dire "coi fatti"?
Carlo: Significa non fare il militare, ecco tutto. Io sono andato al manicomio per non fare il militare,
capisci... Io mi sono tagliato le vene. Ho detto: visto che le parole con della gente come voi non
servono, io mi squarcio le vene e il militare non lo faccio e se questo è un parlar da pazzo mettetemi
al manicomio. Io consiglio tutti i miei amici a far questo, a esporsi rischiando di persona e non
portando il distintivo del Mec, là, e il Not War, e il fate-l'amore-non-fate-la-guerra e altre cretinate
del genere. E peggio che mai con le canzonette, che poi fruttano soldi...
Tenco: Aspetta un momento allora, ascolta: se è per questo ti dico subito che soldi spero di farne.
Un po' ne ho già fatti e spero di farne, ancora di più, capisci, perché uno coi soldi si sente più
tranquillo, più libero... Su questo siamo d'accordo? Bene. E quando li farò non li devolverò
all'azione cattolica ma me li tengo e me li mangio. In puttane, in quello che ti pare ma me li mangio
io. Quanto all'altra questione ti dico però una cosa, e cioè che io faccio, anzitutto, il cantante, prima
cosa. Se avessi saputo fare il violinista avrei fatto il violinista oppure, non so, il giornalista, lo
sciatore. A questo punto quando viene a galla la personalità di un individuo sappiamo che ci sono
individui accomodanti e individui non accomodanti. C'è chi fa il ragioniere di banca e non è
accomodante, c'è chi fa il poeta ed è accomodante. Ma questo è un fatto secondario. Cioè, io canto
non perché mi interessa protestare e poi quindi lo faccio cantando. Io canto, ripeto, perché mi piace
la musica. Da bambino prima ancora di sapere che cos'era la protesta, io avevo una chitarra in casa
con la quale suonavo.
Voce 2: E con ciò? Anche la canzone di protesta è una merce di consumo, una forma di sfruttamento
uguale alle altre. Tu ci campi sopra, dunque anche tu sfrutti...
Tenco: Ma non è assolutamente vero... Io non sfrutto nessuno... Io faccio delle canzoni e anziché
farle e cercare di guadagnare dei soldi scrivendo canzoni che parlano di fiorellini eccetera, io faccio
delle canzoni parlando di determinate cose alle quali io credo.
Voce 3: E così facendo fai gli interessi di quelli contro i quali protesti, perché dai soldi a chi sta in
alto, a chi comanda questo stato di cose... Perché con i dischi venduti, anche il signor Bob Dylan dà
miliardi agli industriali americani che fanno la guerra... E uno che partecipa al sistema che, a parole
e in musica, respinge, o è un mistificatore o servo sciocco.
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Tenco: Allora sarà bene intendersi molto chiaramente su questa storia della partecipazione.
Anzitutto prendiamo atto di un fatto, che questa è una società di tipo industriale, e perciò se voglio
fare arrivare non dico una protesta, fare arrivare un certo mio discorso al pubblico bisogna che lo
faccia industrialmente. Giusto? Anche prima ci sono state senza dubbio canzoni molto impegnate,
senz'altro più intelligenti, ma che però non avevano approdato a niente... Oggi si parla di cartoline
precetto strappate, ma strappate in grande numero! Si parla di marce della pace alle quali ci va un
sacco di gente... E questa gente perché ci va?
Voce 2: Non penserai che questo sia soltanto un fatto di canzoni di protesta, eh?
Tenco: Ma io dico: Bob Dylan, Barry McGuire quando vende un milione di dischi di "Eve of
distruction" fa qualcosa che non poteva fare se non avesse fatto parte di un tipo di società nella
quale si deve, a un certo punto...
Voce 3: Guarda che qui c'è un vizio di base. Perché non è che sia Bob Dylan ad aver fatto questo.
Bob Dylan è l'espressione di uno scontento generale che c'è tra i giovani negli Stati Uniti
d'America...
Tenco: Ma io non discuto... ma io non voglio dire questo... se sia nato prima l'uovo o la gallina,
questo è un discorso che non mi interessa. Io dico: Bob Dylan non può essere tacciato di
mistificazione, perché non è un mistificatore...
Voce 3: E chi l'ha tacciato di mistificazione?
Tenco: A me prima è stato detto che sono un mistificatore, uno che addirittura fa la finta protesta per
guadagnarci i soldi... Ma non è vero, perché per guadagnarci i soldi tu sai benissimo che la protesta
non è il mezzo più idoneo... dico la protesta vera, sincera, non quella come qualcuno viene fuori a
fare oggi zuccherata, ipocrita, pensando che sia di moda, e che rischia di sciupare lo slancio anche
di chi, come me, ha sempre cantato in questo modo...
Voce 3: D'accordo, resta comunque un fatto che non puoi negare, e cioè che un Bob Dylan, nella
parabola della sua carriera, è diventato ad un certo punto un tipico prodotto della società dei
consumi americana!
Tenco: Ma è chiaro! Se non lo fosse diventato, non avrebbe detto niente. Non avrebbe potuto dire
niente. Invece, che cosa ha fatto? Ha capito che oggi gli strumenti per comunicare con la gente sono
quelli, e che anche a costo di passare da qualche forca caudina a quegli strumenti bisogna arrivare,
perché sono strumenti formidabili... il menestrello che oggi va a cantare sotto le finestre, non dice
niente, non serve a niente...
Voce 4: Siete stati voi allora che avete mandato la polizia a impedire la libera manifestazione di
quello che vuole fare la sua canzone per la strada di fronte agli altri. Forse lo avete impedito voi per
far vendere più dischi!
Tenco: Senti, anzitutto non so come tu faccia a sostenere che siamo stati noi a impedire che questo o
quello vada a cantare per la strada. Tu pensi proprio che io mi preoccupi di andare a dire...
Voce 4: Mi è venuto il dubbio in questo momento...
Tenco: Ah, va beh... ma ti è venuto seriamente? O è un discorso retorico? Perché se è un discorso
retorico, d'accordo... Insomma, che io vada là a dire mettete dentro questo tale...
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Voce 4: No, non intendevo tu personalmente...
Tenco: Allora è un discorso retorico e quand'è così, aspetta un momento, ti dico: a questo punto tu
sai bene che io non l'ho fatto come non l'ha fatto lui, come non le han fatte nessuno cose di questo
genere. Questo individuo con la chitarra anzi ha fatto molto bene ad andare per la strada, a cantare
eccetera. Però io dico questo: non inserito in questo tipo di civiltà, nel suo meccanismo, questo
individuo quello che vuole dire lo dice a ben poche persone, perché lo dice alle persone di questa
strada. Giusto? Perché bisogna insomma ricordarsi che a un certo punto c'erano anche persone che
quando Dante, mettiamo, e senza con questo fare paragoni, ha scritto la Divina Commedia, c'erano
persone che si sono opposte perché Dante scriveva in italiano invece che in latino. Ci sono altri
invece che invece volevano, quando i latini scrivevano in latino, che si scrivesse in greco. E quando
si scriveva in greco che non si scrivesse per niente. Bisogna vedere se si fa parte del mondo di
domani o del mondo di ieri. Il cantante che gira per le strade con il chitarrino, fa parte del mondo di
ieri!
Voce 2: Macché ieri e domani. È il mondo di oggi invece, quello che importa.
Tenco (infervorandosi): Il mondo di domani è quello che importa! Perché il mondo di oggi
evidentemente non va bene, e si cerca di correggerlo. Altrimenti avremmo tutti ottant'anni e ci
preoccuperemmo solo del mondo di oggi. Mentre tutto ciò che facciamo, lo facciamo - spero e mi
auguro - pensando al mondo di domani!
Voce 3: E tu davvero pensi, in buona fede, di poter raddrizzare il mondo con le canzoni di protesta?
Davvero credi che si possa, ad esempio, evitare le guerra a suon di canzonette?
Tenco: Tutto ciò può servire. Se dentro le canzoni ci metto delle idee, queste idee si trasmettono con
le canzoni. Solo che per diffondere adeguatamente le canzoni è, ripeto, necessario che io trovi la
maniera di farlo con gli stessi strumenti della società a cui mi rivolgo. Altrimenti è inutile, ne fai a
meno, non protesti. Quanto alla protesta contro la guerra, io dico sinceramente, magari farò anche
delle canzoni per protestare contro la guerra... ma è come dire che di mamma ce n'è una sola, che
siamo tutti fratelli... ma che vuol dire? I giovani in America protestano perché l'America è un paese
in guerra, perché i suoi ragazzi stanno in questo momento partendo, molti vanno a morire... Ma da
noi, qui, la guerra, la protesta contro la guerra, non prende nessuno. Noi abbiamo mille altre cose
contro cui protestare. Possiamo protestare contro il clericalismo, l'affarismo, la corruzione, la
mancanza di una legge sul divorzio, gli scandali a ripetizione, il qualunquismo, la burocrazia
bestiale... e questa protesta non viene mai fatta. Preferiamo scimmiottare le proteste americane, cosa
oltretutto facilissima qui in Italia, dato che non c'è nessuno che si senta pizzicato quando tu gli dici
che è sbagliato morire, viva la pace, eccetera. Parlagli del divorzio, della mafia e di altre faccende
che scottano, e allora vedrai che la gente si arrabbia e ti dà addosso...
Voce 2: ...E tu è di questa roba che parli apertamente nelle tue canzoni? Ma fammi il piacere... Tu
non protesti. Tutt'al più mugugni...
Tenco: Può darsi. Comunque, esprimere certi stati d'animo, di disagio, di insofferenza, di
insoddisfazione è già anche questa una forma di protesta. E poi, scusa, ma se tu salti fuori a dire
delle cose che vengono poi automaticamente rifiutate, puoi anche fare a meno di tentare. Se vai alla
radio e pretendi di metterti a cantare delle cose, faccio un esempio, contro i preti, ti prendono e ti
sbattono fuori. E che guadagno c'è? Io appunto una volta avevo fatto una canzoncina che diceva:
"Mio buon curato..." eccetera. Non era niente di terribile. Solo qua e là un filino di ironia. Risultato:
due anni senza metter piede alla TV.
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Voce 2: Ora però ci sei, bello e condizionato, perfettamente integrato, inoffensivo. Sceso
evidentemente a patti. Proteste che non fanno il solletico. Tutto questo ti sembra serio? Tutto questo
ti sembra coerente?
Tenco: E piantala! Io compromessi non ne ho fatti mai, con nessuno, perché non ne so fare, non
riesco a venire a patti con la coscienza, cioè con certe mie convinzioni. Io sono come sono. Eppoi la
mia non è una protesta che nasce intellettualmente, con il fatto di dire adesso io protesto contro
Tizio o contro Caio. È una protesta che nasce al di fuori della propria volontà. Nasce dal fatto che
uno si sente estraneo a un dato meccanismo... Cioè io insomma le canzoni come le fa Morandi, non
le so fare. Succede che a un certo punto mi salta la gomma e dico... ecco, io il militare non lo so
fare. Non voglio, non so andare a morire... E questo è uno sfogo spontaneo, una protesta sincera.
Non è stata studiata al tavolino. Così le parole di quasi tutte le mie canzoni esprimono questo senso,
come dire, di malessere. Si può protestare in mille modi, in mille forme. Questa è la maniera mia, e
viene dal mio carattere.
Voce 5: Per me è una forma sterile, come quella degli obiettori di coscienza. Tu che parli da
sapientone, spiegami cosa fanno questi famosi obiettori. Qual'è per esempio, secondo te, la tendenza
politica degli obiettori?
Tenco: Beh, io penso che gli obiettori sono senz'altro dei coraggiosi. Gente che va in galera un
anno, due, tre, e che a pena scontata gli viene rifatta la stessa domanda e se loro continuano a
rifiutare ritornano in galera per altrettanti anni, io ti dico sinceramente, per me sono dei coraggiosi.
Perché avere la forza d'animo di andarsene in galera quando tutti noi abbiamo un giro, una vita... e
abbandonarle, e andare in galera, per questo dico che ci vuole una bella dose di coraggio. Quanto
alla posizione politica, non mi frega niente. Però io dico, a posteriori, il fatto che una certa parte
politica li difende, e un'altra parte invece li attacchi, significa che un obiettore di coscienza sa di
avere, un domani, l'appoggio di una certa parte politica e questo fa gioco, è importante... e dunque
secondo me non è un sacrificio inutile, sterile.
Voce 4: Una protesta più seria, allora, e più efficace delle canzonette...
Tenco: La canzone si muove in un'altra sfera, può toccare un'infinità di argomenti e agire molto più
per esteso nell'opinione pubblica. Per combattere certe idee, anzi, la canzone può avere una
efficacia anche maggiore. È statisticamente provato che queste idee, come il nazionalismo eccetera,
resistono particolarmente in ambienti non colti. Quindi combattendo l'ignoranza si fa già qualcosa
di molto utile. Solo bisogna trovare la strada, la maniera adatta per arrivarci. Quale? L'istruzione
obbligatoria, mettiamo, la scuola statale... ma anche, perché no, anche la canzone; e questo proprio
perché è una cosa della quale tutti oggi in Italia si occupano. Anche la canzone può servire a far
pensare.
Voce 2: Illuso... Attraverso questa strada tu ti rendi unicamente complice della società industriale.
Altro che combattere l'ignoranza! Altro che far pensare...
Tenco: Sentite. Io quando ho cominciato a cantare, ero una persona completamente disinserita.
Assolutamente al di fuori di tutto quello che poteva essere partecipazione e compagnia bella: perché
eravamo in un momento di quadripartito, di Scelba, di Tambroni... Io ero a Genova e quando sono
successi i casini di Tambroni, posso dire di averne fatto parte, quindi stai tranquillo che non ero, non
sono quello che si lascia irregimentare. Io ho un graduale inserimento, e procede parallelamente a
quello che è lo spostamento, a sinistra, della società italiana. Per adesso lo spostamento è minimo, e
infatti il mio inserimento è minimo. Tant'è vero che ancora adesso non faccio parte di nessun grosso
cast di cantanti, e niente questo e niente quest'altro eccetera. Però il mio ideale non è quello di
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continuare a vedere un mondo di gente con i capelli lunghi, con i maglioni e così via. La mia
speranza è quella di arrivare al giorno in cui persone serie, con la cravatta o con il casco spaziale o
con il cilindro, come preferisci, possano esprimere liberamente le cose che oggi, viceversa, per dire
queste cose...
Voce 4: ...devi fare un certo lavoro di vaselina.
Tenco: No; devi fare un certo lavoro di rottura di palle. Io infatti sono considerato un rompipalle
perché dico certe cose, perché nel mezzo di una trasmissione, dove tutti parlano di musica, io esco
fuori con un discorso sulla polizia che arresta i capelloni o su altra roba del genere...
Voce 4: Tenco, scusa: ti rendi conto che agendo in questo modo ti fai incastrare?
Tenco: E perché?
Voce 4: Dico che ti fai incastrare. Alle lunghe, magari senza accorgertene, il meccanismo che tu
credi di aver conquistato, ti condizionerà. E finirai anche tu come gli altri. Vedi Modugno, che
cominciò con le canzoni sui minatori e i pescatori siciliani...
Tenco: Padroni di pensarla come volete. Io ho preso una strada che a me sembra buona e non la
mollo. Anzi, mi sembra tanto buona che vorrei avere un pubblico sempre più grande, immenso,
tutto quello che con i mezzi industriali di oggi è possibile raggiungere. E il giorno in cui riuscissi a
farcela, e ad avere questo pubblico dalla mia, state pure certi che non lo inviterò a volare nel blu
dipinto di blu...
In questo dibattito , si capiscono bene le intenzioni di Tenco nel produrre alcune canzoni, se le
ultime del suo repertorio come “ Ognuno e libero – E se ci diranno” sono , e mi dispiace dirlo al
limite delle canzonette, perchè si sente l'influenza dei ritmi facili americani e un testo che se anche
non parla certo di fiorellini non riesce neanche ad esprimere il vero Tenco che è quello che
ritroviamo per esempio nella sua canzone simbolo che è “Lontano lontano”, altre scritte e arrangiate
nello stesso periodo ma incise e vendute al pubblico solo nel lontano '70 meritano ancora oggi sia
per il testo che per l'arrangiamento musicale un interesse elevato.
Le canzoni a cui faccio riferimento sono “ Prete in automobile – La ballata della moda – Vita
familiare –Vita sociale - Hobby ”
Sono tutti brani che ad ascoltarli oggi sono di una contemporaneità sconcertante in alcuni casi non
solo nel testo ma anche negli arrangiamenti musicali e vocali che fanno sì che Tenco possa
benissimo essere ricordato come uno tra i pochi cantanti italiani a voler imporre un canto jazz su un
valzer , un lavoro di questo genere sarà poi fatto egregiamente da Tom Waits ma si dovrà aspettare
ancora un paio d'anni.
PRETE IN AUTOMOBILE
Quando vedo un prete in automobile
per il rosso aspettar
io provo un dispiacer.
Quando vedo un prete in automobile
una ruota cambiar
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io provo un dispiacer ....
Perché lui pensa a grandi cose
fatte di eternità.
Quando vedo un prete in automobile
una multa pagar
io provo un dispiacer.
Il testo è breve come è solito nell'autore, ci sono anche due rime baciate formate dalle parole
troncate “ cambiar – dispiacer – pagar” , raro in Tenco trovare delle rime ma in questo brano nello
specifico sono cacofoniche con il ritmo della musica che è un misto tra una polka e swing molto
moderna anche nel fischiettare finale che riprende l'aria della voce.
Il testo è di una semplicità formidabile , in meno di otto righe ritorviamo quel concetto di privilegio
clericale che oggi tanto ci disturba ma che nel '64 ( anno a cui si fa risalire la registrazione ) non era
in neanche in discussione ma che a lui già dava fastidio.
Il brano fa parte del periodo SAAR 1964 ma uscirà postumo nel 1972
LA BALLATA DELLA MODA
Era l'autunno e il cameriere Antonio
servendo ad un tavolo di grandi industriali
sentì decidere che per l'estate prossima
sarebbe andata di moda l'acqua blu
Loro dicevano che bastava fare una campagna di pubblicità
Mettere in ogni bar un po' di bottigliette
ed il successo non poteva mancare
Antonio tra se rideva
ahahah-ahahah
diceva “me ne infischio della moda io bevo solo quello che mi va”
venne l'inverno e Antonio vide al cinema
cortometraggi con bottiglie d'acqua blu
fotografie sui muri e sui giornali
di belle donne che invitavano a provarla
in primavera già qualcuno la beveva
e pure lui un giorno a casa d'un amico
dovette berla perché quello imbarazzato
gli disse “scusa ma non m'è rimasto altro”
Antonio però rideva
ahahah-ahahah
diceva “me ne infischio della moda ma in mancanza d'altro bevo quel che c'è”
venne l'estate ed in villeggiatura Antonio aveva sete e non sapeva cosa bere
in ogni bar dove chiedeva un dissetante
manco a farlo apposta gli servivano acqua blu
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le prime volte lui si era opposto
ma poi pensò “chi me lo fa fare”
e da quel giorno poco a poco si abituò
un mese dopo non beveva altro
Antonio però rideva
ahahah-ahahah
diceva “me ne infischio della moda ma bevo questa bibita perché mi va”
ora è l'autunno, Antonio è all'ospedale
intossicato perché beveva troppo
e per servire quel tavolo importante
s'è fatto sostituire dall'amico Pasquale
stan decidendo per la prossima moda
un pantalone a strisce gialle e nere
basterà fare una gran pubblicità
farlo indossare da qualche grande attore
Pasquale tra se sorride
Ahahaha-ahahah
E dice “me ne infischio della moda io porto solo quello che mi va”
Ma io vedo già Pasquale
Ahahah-ahahah
Chissà come starà male
Coi pantaloni a strisce gialle e nere
I versi sono sciolti e non sono presenti rime.
Già dal titolo si intuisce che è una ballata, un genere molto usato soprattutto per il genere satirico
infatti la canzone è molto satirica, parla della moda ma di quella moda consumistica e mortalmente
stupida che porta le persone a vestirsi o ad assimilare comportamenti anni luce lontani dal proprio
carattere.
Le fobie di Tenco ritornano poi nel protagonista Antonio che tanto prende sul serio questa moda da
rimanere vittima di questa asfissiante “acqua blu” Tenco qui è già in linea con il fashion – victim
oggi tanto esasperato.
Una canzone contemporanea , che non è per niente in linea con i temi degli anni '60 nei quali il
boom economico era considerato il bene comune, Tenco invece prendeva già in seria
considerazione l'alienazione che provoca la società dei consumi , temi che verranno poi affrontati
lucidamente e in modo esaustivo da Pasolini negli anni successivi.
Non credo che Tenco sia stato veramente consapevole di ciò che aveva scritto, visto con gli occhi di
oggi è un capolavoro del genere , se quello che veramente voleva fare Tenco con le sue canzoni era
quello di trasmettere stati d'animo per lui spontanei ma che allo stesso tempo potessero trasmettere
delle idee in questo brano ci è sicuramente riuscito.
E lo sghignazzo del ritornello è la metafora della lucidità di chi riesce ad estraniarsi dalle logiche
consumistiche ma che alla fine ne diventa vittima.
Il brano fa parte del periodo SAAR 1964 ma uscirà postumo nel 1972
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VITA FAMILIARE
Giudice,
vorrei lasciare mia moglie.
Giudice,
vorrei andarmene via....
Perché l' hai sposata?
Perché portava in dote
terreni confinanti
con le terre che ho io.
Forse le vostre terre non confinano più?
Ma scusi...che domande sono? Ma certo che confinano
ancora.
E allora non avrai mai il permesso
di lasciare tua moglie,
di andartene via.
Giudice,
vorrei lasciare mia moglie.
Giudice,
vorrei andarmene via.....
Perché l' hai sposata?
Per avere dei figli
che mi dessero una mano,
una mano nel lavoro.
E lei te li ha dati questi figli?
Beh....eh no....cioè sì.....ma effettivamente...certo che
me li ha dati.
E allora non avrai mai il permesso
di lasciare tua moglie,
di andartene via.
Giudice,
vorrei lasciare mia moglie.
Giudice,
vorrei andarmene via...
Perché l' hai sposata?
Perché l'amavo troppo
e non potevo più vivere
se non vicino a lei.
Forse che ora tu non l'ami più?
No, io non l'amo più.
E allora........mi scusi...non si può così......ma insomma....il
vincolo indissolubile...non è possibile....no, non si può.....
basta!...
In questo brano è presente un coro , un coro che assume i connotati di giudici impassibili e
irrimovibili ai quali solo le giuste argomentazioni possono far emettere un verdetto positivo, e le
argomentazioni di Tenco sono infatti esplicative di tutto il dibattito che girava attorno al tema del
divorzio.
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Pasolini negli stessi anni girava il documentario “Comizi d'amore” dove si vedeva chiaramente il
pensiero degli uomini del sud ancora legati al delitto d'onore e che del divorzio non avessero ancora
un'idea concreta.
Il divorzio in italia arrivò soltanto nel lontano '70 in ritardo rispetto al resto del mondo civilizzato e
fondamentalmente il dibattito in italia non fu affrontato in modo viscerale come nel movimento
americano e soprattutto nel mondo della canzone non ci furono nessuna citazione.
La musica è una ballata – twist nella quale il canto arriva addirittura al parlato, grande novità anche
se già usata dai cantastorie.
VITA SOCIALE
Se lei sapesse cos'è la vita sociale
non mi starebbe a seccare
perché io la faccia passare.
Se lei sapesse essere un uomo civile
aspetterebbe il suo turno
come fa tutta l'altra gente.
Senta, ma lei non sa chi sono io:
sono il commendator tale,
parente del ministro tale.
Mi spiace, ma questo non importa niente,
lo dica pure al suo parente,
io non mi lascio influenzare.
Lo vuol capire? questa è la vita sociale:
commendatori o cavalieri,
per noi la gente è tutta uguale.
Impari un poco a essere un uomo civile,
a essere un poco più gentile
con chi fa il proprio dovere.
Senta, la prego, mi faccia passare,
se in mezz'ora non ho fatto
io sono un uomo rovinato.
Spiacente, ma non ci posso fare niente,
prima di lei c'è altra gente
che ha diritto di passare.
La vuol capire? questa è la vita sociale:
se mi lasciassi impietosire
tutti verrebbero a pregare.
In fondo poi un vero uomo civile
anche se ha i problemi suoi
deve sapersi controllare.
Ma senta, un'ultima cosa vorrei dire...
Ho giusto diecimila lire....
di cui non so proprio che fare.
Va bene...visto che lei insiste tanto
daremo ascolto al sentimento,
20
va bene, passi pure avanti.
Ma si ricordi, e almeno sia riconoscente,
che al posto mio tanta altra gente
ne avrebbe chiesto ventimila .
Corruzione e tangenti, temi che oggi più che allora riempiono le pagine dei giornali e animano le
personi civili, nel 60' erano purtroppo temi molto scottanti , ma credo che il fenomeno fosse in
qualche misura dilagante come lo è oggi, questo infatti è un “settore” nel quale non esistono
contrazioni , a meno che non entri in vigore una legge anticorruzione che in Italia non si è mai
sognati di fare.
Tenco riesce a trattare un tema così delicato pescando i motivi di tali gesti in una caratteristica quasi
antropologica dell'italiano il quale di fronte alla mazzetta non sa geneticamente rinunciare, ovvio il
paragone che sorge spontaneo con i giorni nostri , oggi non sarebbe arrivato neanche alla prima
strofa, all'invettiva “lei non sa chi sono io” l'impiegato si sarebbe probabilmente arreso, ed è
interessante notare i giochi quasi preliminari che portano poi alla mazzetta, come un rituale dove
l'impiegato alla fine appare quasi salvarsi fino a quando non compie lo scivolone.
La musica è un valzer che nasconde un animo swing , in linea con le altre ballate , il verso è libero
senza rime apparte alcune rare eccezioni.
HOBBY
Giorgio ricordi
quando eravamo
nel banco insieme
al corso di meccanica
Tu eri molto bravo
io invece non lo ero
e nei compiti in classe
io copiavo da te
Giorgio ricordi
quando hai dovuto
lasciar la scuola
al corso di meccanica
dovevi lavorare
dare una mano ai tuoi
Io invece che potevo
ho continuato il corso
Giorgio ma è vero
che oltre il tuo lavoro
la sera per Hobby
ti occupi di meccanica
pensa che io ho finito
e sono laureato
eppure ho un grande handicap
non ci capisco niente.
21
La tematica è di gran rilievo e affronta il tema della larga diffusione negli ambienti borghesi della
cultura universitaria, in fondo è un tema che sarà molto caro a Pasolini e sul quale fonderà buona
parte dei suoi scritti, per Pasolini i giovani laureati appartenti alla classe piccolo borghese parlavano
come libri stampati ed in fondo dei concetti e degli autori che studiavano ai corsi universitari ci
capivano poco o niente o comunque si limitavano a delle critiche strerili.
Avendo Tenco frequentato Ingegneria anche se per breve tempo la canzone mi sembra
autobiografica, non è ben chiaro quale dei due protagonisti rappresenti, io propenderei per Giorgio
ma non è sicuro.
La musica è composta da una mazzurca che tende al valzer , la fisarmonica suona una scala
azzardata alla fine delle due strofe principali, nel complesso niente di nuovo, quello che sorprende è
come Tenco metta insieme tutti gli elementi con un risultato tutto meno che scontato.
Oltre a questo filone “sociale” ai più sconosciuto e realizzato in un periodo relativamente precoce
riguardo i temi trattati, ci sono altre tre canzoni che meritano una nota almeno per descrivere a
pieno il modo di suonare e cantare di Tenco.
Si potrebbe dividere la carriera musicale di Tenco in filoni, anche se sicuramente una divisione così
netta nel campo della musica potrebbe portare ad una visione un po' chiusa e schematica elementi
che nella musica non sempre trovano spazio, di stampo italico-mediterranea con melodie larghe a
intervalli larghi , poi c'è ne un'altra che vira al jazz ,quello americano di Nat King Cole e dei grandi
jazzisti ma che sbircia l'occhiolino ai grandi sperimentatori come Parker, ma che dall'america
prende anche i ritmi più commerciali come il twist o alcune sonorità del rock.
Credo che l'intenzione ultima di Tenco fosse quella di miscelare i vari generi ed ottenere un folk –
jazz molto vicino al genere che dal 74 sentiamo in ogni disco di Tom Waits, non sapremo mai se i
suoi esperimenti avrebbero portato a quei risultati ma le premesse c'erano tutte.
Per quel che riguarda la vena Italico – mediterranea era un genere visitato da molti altri cantautori
ma che non aveva subìto forti cambiamenti di metodo, tratto fondamentale era il ritornello
orecchiabile che doveva restare nella testa della gente e potesse essere facilmente fischiettato
passeggiando, questa era una forzatura che ha portato ad introdurre motti e frasi senza collegamenti
con il resto della canzone solo per far ritmo.
Tenco fu il primo a rinnegare il ritornello ed è forse questo uno dei motivi che lo vedono come
padre dei cantautori, questo svincolare il canto dalle forzature del commerciale e dell' orecchiabile
facevano si che la canzone fosse coerente e potesse trasmettere delle idee non solo uno slogan
unilaterale.
Solo in “Ciao amore ciao” si sente la forzatura del ritornello sicuramente inserito dato il contesto
del festival ma che a Tenco non sarà andato giù sicuramente.
Gli accordi nelle canzoni di Tenco risultano sempre slegati, come in “Vedrai vedrai” il giro di
pianoforte è libero sciolto completamente dal canto, non ha una piena funzione da
accompagnamento è più una melodia che segue il canto spezzandone la strofa per introdurre uno
pseudo ritornello.
In “Se sapessi come fai” il giro non è poi neanche un giro completo, comincia in sol e sembra
evolvere in sol minore poi invece va per i fatti suoi restituendo una melodia che potrebbe
autosorregersi senza il canto , la melodia è portata per progressioni e sfasature con il canto,
escamotage molto usato da Tenco è l'anticipare sempre di un po' la battuta iniziale
dell'accompagnamento riuscendo ad ottenere questo inseguimento delle parti.
Questo andare girando per le tonalità con un accompagnamento in continuo inseguimento provoca
angoscia , è efficace ma sicuramente prematuro per i tempi
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Nel brano più conosciuto di Tenco “Mi sono innamorato di te” è invece particolamente riuscita la
fusione tra brano e melodia , ogni nota corrisponde ad una sillaba ed è chiarissimo nella parola
<<perchè>> , il ritmo è oratorio e non a battutte e questo si evince anche dalla trascrittura che
sarebbe una violenza scriverla in battute ferre.
Tenco infatti si potrebbe tranquillamente definire un cantante aritmico, di sostegno ritmico al canto
non ne usa quasi mai e anche quando viene usato non viene messo completamente in connessione
con il canto, il fatto ritmico è interiore profondamente legato alle parole ed alle sillabe.
Tenco canta benissimo le sue canzoni ed uno tra i pochi cantautori che non possono essere imitati, a
differenza di molti altri per i quali esistono molte cover alcune anche migliori degli originali, questo
a mio avviso sta tutto nel suo ritmo interiore difficile da imitare e dal suo voler cantare le canzoni
come se ti volesse parlare, una sorta di intimità musicale che probabilmente è quella che ti lega alla
sua musica e non te le fa scordare mai.
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Capitolo 3
La Morte
“Il Festival di Sanremo proseguirà regolarmente questa sera nonostante la tragica morte del cantante
Luigi Tenco avvenuta la scorsa notte” , così recitava Gianni Rossi al telegiornale del 27 gennaio
1967.
"Ieri sera, ventidue milioni di persone non sono state capaci di dare a Luigi Tenco il test di una vita
già largamente conquistata, rispetto a quella comune, nè fargli sentire d'essere in debito anzichè in
credito, con un mondo che lusinga tutti i giorni e tutti i giorni ripaga abbondamentemente il talento
di questi giovani cantanti". Sergio Zavoli telegiornale del 27 gennaio del 1967
"Ecco il risultato di una generazione che chiede sempre più libertà e sempre meno doveri, meno
vincoli di ordine e di disciplina per ogni norma e autorità. Ecco che cosa accade a volere l'amore e
non la guerra: che si muore per una canzone. È questa la scelta che abbiamo lasciato fare ai giovani
che proclamano con indecente volgarità la preferenza per l'amore anzichè per la guerra. Ecco che
cosa accade a preferire l'amore anzichè il sacrificio, il rischio e il dovere. Ora credono solo in un
microfono". Il Gionale d'Italia 28 gennaio 1967
Claudio Villa , mentre stava festeggiando la sua vittoria nel Festival insanguinato, rilasciò questa
dichiarazione a "La Stampa", che la pubblicò il 29 gennaio 1967.
"Quel Tenco ha sbagliato tutto: è come se uno venisse a Sanremo con le ultime
diecimila lire che gli rimangono in tasca; le gioca alla roulette, e perdendo, si dispera e
s'uccide".
Osservatore Romano, questo commento apparve sul numero del 28 gennaio 1967.
Roma, 28 - Il suicidio di Luigi Tenco è un gesto ingiustificabile e disperato che
"denuncia", col suo assurdo limite la sfasatura di un ambiente dove illusioni, fantasie ed
interessi sfociano in una costruzione di falsi valori, spesso senza reale validità e
fondamento.
Dal "Radiocorriere Tv", mercoledì 01 febbraio 1967
Sanremo: nevrosi e canzoni
Protesta calibro 7,65 di Ugo Zatterin , Sanremo, Gennaio
A mano a mano che si avvicinava il momento di cantare, tutti i protagonisti del Festival si facevano
tesi e spauriti. Per i più giovani e i novizi era il momento di pescare dal mazzo la carta del loro
futuro. Per i veterani il gioco significava il rilancio o, quasi sempre, l'inizio del declino. Per di più
non c'era a Sanremo il solito «play back», quel comodo sistema di registrazione preventiva, che
garantisce contro gli effetti del panico e non fa mai venir meno la voce e l'intonazione, mentre tutta
la fatica di chi canta sta nel muovere bene le labbra e nel gesticolare come se cantasse. E ciò
rendeva più terrorizzante l'azzardo dei prossimi tre minuti, che dovevano sembrare, a gran parte dei
concorrenti, come gli attimi definitivi che dividono, in una navicella spaziale, l'entrata in orbita
dallo sfacelo. Ma la nevrosi che faceva cereo, contratto, allucinato il volto di Luigi Tenco, in
procinto di salire sul palcoscenico, veniva da più lontano e - dopo poche ore l'avremmo capito andava più lontano. Mike Bongiorno per rincuorarlo, dietro le quinte, gli aveva dato una lezioncina
di pronunzia, ripetendogli la retta dizione della parola «folk» che da qualche tempo era diventata la
più cara a Tenco. Non bastò a scuoterlo. Si avvio al microfono borbottando: «Questa è l'ultima, poi
la faccio finita». Bongiorno pensò che minacciasse di non cantare più se fosse stato eliminato. Non
cantò al suo livello abituale, i teleschermi mostrarono un uomo stupefatto, a tratti dissociato.
Annaspò nel ritirarsi come il pugile colpito che stenta a ritrovare il suo angolo sul ring.
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Deluso dai risultati, che avevano dato la sua canzone tra le ultime nel voto delle giuria
popolari, rifiutò di cenare con gli amici della RCA, s'abbandonò ad una folle corsa in
macchina fino all'albergo, scrisse una confusa protesta contro il pubblico al quale aveva
«inutilmente dedicato» cinque anni della sua vita, si sparò un colpo alla tempia.
L'estrema prova
Tra i cantanti del Festival, come diranno poi quanti lo conoscevano intimamente,Tenco era il
più fragile ed esposto alla furia della delusione, che è l'alternativa dei vinti al successo
travolgente dei vincitori.Sanremo '67 appariva a lui, angosciato, l'estrema prova. Doveva
averlo deciso almeno dal 27 novembre, giorno in cui aveva acquistato una rivoltella Walter
calibro 7,65, con un caricatore e ventiquattro proiettili. La sua ultima canzone era nata, come
tante altre di Tenco, da una rabbia anticonformista e poetica troppo rigorosa ed impegnata per
essere popolare. Il testo, nel quale col senno di poi tanti vollero vedere un presentimento o un
estremo messaggio, significava grosso modo la storia d'un contadino inurbato, sognatore e
deluso. Tenco aveva accettato con gran sacrificio di modificarla, secondo i consigli dei suoi
discografici, aggiungendovi quel ritornello «Ciao amore, ciao», massima concessione al
pubblico che colma le balere e acquista i 45 giri. Per scrupolo di coerenza aveva persino
teorizzato il compromesso, inquadrandolo in un nuovo genere di «folk song» italiano, al quale
prometteva di dedicarsi d'ora in poi, se questa prima esperienza gli avesse dato soddisfazioni.
Ma della sua doppia anima di cantautore, non era l'autore che gli dava le più intime angosce.
Canzoni buone ne aveva composte, ma altri cantanti le avevano portate al successo: Peppino
Di Capri aveva lanciato "Quando", Johnny Dorelli "Angela" e "Mi sono innamorato di te". Se
"Ciao amore, ciao" avesse sfondato a Sanremo, il merito sarebbe stato senza alcun dubbio di
Dalida. Quanto a diritti d'autore Tenco non se la passava male. Ma Tenco cantante? La sua
popolarità era rimasta a mezza strada, un successo di stima, come si dice; niente che lo
avvicinasse ad un Morandi, per esempio, o ad altri famosissimi e pagatissimi più giovani di
lui, che andava ormai per i 29 anni. Molti di quei ragazzini lo avevano prima imitato, poi
superato. O forse lui era partito troppo presto, ed era rimasto il beat avanti lettera che Luciano
Salce gli aveva fatto interpretare nella Cuccagna, un film, anch'esso, di poca fortuna. A
Sanremo dunque era venuto per chiedere il successo pieno, clamoroso, popolare, a nove
colonne.
Un disadattato
Ma ci credeva poi?Gli ultimi discorsi, ricostruiti dopo il suicidio, tradiscono la logica e lo
sconforto del fallito. La mattina prima di uccidersi aveva rimproverato il suo amico Marcello,
dei «Ferial»: «Se non mi avessi insegnato a suonare il sassofono, cinque anni fa, ora sarei già
un bravo ingegnere».Ma con quel fondo di permanente sfiducia e solitudine, probabilmente
sarebbe arrivato al suicidio anche se, diventato ingegnere, fosse stato poi superato in carriera
da un collega più maneggione di lui. Si è tolta la vita per una canzone sfortunata, soltanto
perché aveva abbandonato l'università, aveva impugnato il sassofono in un complessino, e
aveva stretto amicizia con Gino Paoli e Umberto Bindi. La cosa più facile, a questo punto,
sarebbe incorniciare il caso Tenco nel caravanserraglio pazzo e cinico d'un Festival di canzoni
e di milioni; o in prospettiva più vasta, nel disordine e nelle contraddizioni d'una società,
contro la quale egli protestava, a suo modo, da tanti anni. Iniziative spettacolari, industriali e
turistiche, come quella di Sanremo, affascinando i giovani con promesse di successo rapido e
di danaro copioso, li espongono a prove incerte, crudeli, per superare le quali sono necessarie,
oltre la voce e gli abiti strani e i capelloni (o le basettone) e una Casa discografica alle spalle,
anche e soprattutto il sostegno di un carattere maturo e d'una ferma coscienza. Tenco era un
debole, clinicamente un disadattato. La sua protesta, anche se non era di maniera come quella
correntemente spacciata da altri autori e cantautori di gran moda,era sostenuta più da una
nevrosi che da una cultura e da un carattere: e l'errore più grave che si possa commettere, 25
in questo tempo che sembra consacrarsi con furore al «problema dei giovani»,sarebbe di
scambiare per «protesta» il semplice disadattamento o prender per meditate aspirazioni gli
sfoghi d'un alienato.
Tenco ha trovato nell'industria della canzone, anziché in quella dell'automobile o delle
macchine calcolatrici, la genesi e l'occasione della sua crisi.È mancato a lui, come a tanti altri
portati dall'angoscia allo sconforto e dallo sconforto al suicidio, chi gli insegnasse che la
protesta vera è insieme consapevolezza e coraggio morale, non il debole castello poetico di
chi, dopo aver cantato messaggi e astratte palingenesi, si sottrae con un colpo di pistola alla
responsabilità di realizzarle. Ma chi l'avrebbe fatto?
A salutare la sua salma, al momento della partenza quasi clandestina, c'erano, col fratello, tre
fotografi e alcune donnette. Non uno degli amici che la notte prima avevano versato fontane
di lacrime, raccolto vistose condoglianze, avevano posato per i cineoperatori e s'erano fatti
intervistare dai radiocronisti di mezzo mondo in un'orgia di isteriche e assurde recriminazioni,
dove affetti e interessi si mescolavano, pur senza riuscire mai a confondersi. Non un fiore, ad
eccezione di quelli che il fratello aveva pregato un vespillone di procurare. L'universale legge
della jungla non risparmiava nemmeno la Riviera dei fiori. La tragica inutile protesta di Luigi
Tenco era durata meno d'una nottata, l'effetto di poche gocce di simpamina.
E poi c'è Lello Bersani che dalla hall del Savoy registra un servizio per il telegiornale con la voce
spezzata e incredula che non verrà mandato in onda perchè considerato troppo accorato.
Queste sono state alcune delle reazioni a quella notte e a quella morte che ora cercheremo di
ricostruire tra versioni ufficiali e non.
L'idea di partecipare al festiva della canzone era nata a parigi a casa della cantante amica e
collaboratrice Dalidà, quando Luigi Tenco ne parlò con Melis ( produttore Rca ) lui non ne rimase
molto entusiasta ma per non frenare l'entusiasmo di Tenco non lo fermò ne lo dissuase, la canzone
da presentare era “Ciao amore, ciao” un brano che aveva avuto varie stesure e che nel' ultima
versione aveva preso più ritmo e aveva cambiato il contenuto ponendo ora l'accento al problema
dell'immigrazione in italia., Dalida e Tenco avrebbero cantato il pezzo in abbinamento.
Arrivano a Sanremo chi sostiene insieme, come coppia, nella realtà separati, Tenco infatti arriva in
treno da Riccaldone dove era andato a trovare la madre, la macchina gli verrà recapitata
successivamente dall'amico Dossena che la porterà da Roma a Sanremo.
Alloggeranno anche in stanze separate, Tenco viene forzato dalla casa discografica a prendere la
stanza 219 nella depandance dell'hotel Savoy mentre Dalidà alloggia nei piani nobili, arrivano
comunque alcuni giorni prima dell'inizio del festival come da prassi.
Il 26 Gennaio 1967 al mattino cominciano per Tenco e Dalidà le prove, a detta dei presenti Dalidà
canta meglio di Tenco il quale risulta un disastro, già ansioso e preoccupato, abbiamo purtroppo
solo le riprese video di Dalidà e di altri partecipanti quelle di Tenco non si trovano negli archivi
della rai.
Dalidà gli rimprovera di storpiare la canzone , insiste chiedendo a Luigi di mettergli più grinta e lo
stesso consiglio gli sarà dato da Reverberi qualche ora prima dell'esecuzione, esclamerà “mi rovina
la canzone, accidenti”.
26
L'amico di Tenco Roby Matano dirà che dopo le prove i due andarono a fare due tiri alla roulette e
si ricorda di lui come “assente”;
<<mi sembrava molto assente, come se fosse preoccupato per qualcosa. Addirittura quando uscì il
numero su cui aveva puntato, nonostante la chiamata del croupier, non si accorse di avere
vinto.Ricordo che gli diedi uno spintone e gli dissi: <<Luigi guarda che quello è il numero che hai
puntato tu.>> <<Ah, si ,si.>> mi rispose e poi ritirò la vincita.>>
Importante è sottolineare l'eseguità della vincita , almeno per quello che sostiene Matano, infatti per
anni è sato preso in considerazione come movente del possibile omicidio-rapina.
Tenco e Dalidà si ritroverannò poche ore dopo nel pomeriggio al bar del casinò dove incrociano il
fotografo Giogio Lotti che capta alcuni discorsi tra i due che sembrano nervosi , il ricordo di Lotti è
nitido, stanno parlando
<<di strani discorsi di morte ma non stanno parlando di suicidio.>>
Usciti dal casinò per fare le foto di rito possiamo notare una Dalidà forzatamente serena e un Tenco
visibilmente alterato, nervoso e incurante del fotografo.
Tenco e Dalidà scendono le scale del casinò
27
Tra le 19.00 e le 20.00 nel ristorante dell'hotel Tenco è a cena con Piero Vivarelli, sergio Modugno e
Gianni Ravera, la testimonianza di Modugno è questa:
<<mangiammo abbondamentemente,difatti poi non andai alla cena organizzata dalla RCA al
Nostromo. Luigi tuttavia mangiava poco e beveva vino.>>
28
Sono da poco passate le 21.00 e Tenco si ritrova al bar del casinò con l'amico Dossena dove lo
stesso Dossena ci ricorda un dettaglio;
Andammo al bar del casinò e Luigi ordinò un whisky. Io non volevo che bevesse, gli dissi di
piantarla e presi il bicchiere cominciando a bere. Lui mi guardò dritto negli occhi e mi disse
<<Sei un amico che si mette tra me e il bicchiere. Ma sei così amico da metterti sulla traiettoria di
una pallottola che mi spara?>>
Arriva il momento dell'esecuzione , la canzone “Ciao amore ciao” e la penultima in scaletta, prima
toccherà a Tenco e poi a Dalidà, ora c'è chi dice che per farsi coraggio Tenco abbia assunto prima
dell'esibizione del pronox misto a grappa e whisky, Mike Bongiorno lo vede alterato e indeciso
deve quasi spingerlo sul palco, successivamente dichiarerà che dovette incoraggiarlo dicendogli
“Tu sei un vero artista ti devi impegnare a fondo per far vedere quanto vali, così se questa tua
canzone entrerà in finale non sarò solo per la presenza di Dalidà” Tenco risponderà “ questa è
l'ultima canzone che canto”
Tenco sale sul palco alle ore 22.15 annunciato dalla valletta, e canta, ora, noi non possiamo
effettivamente vedere se la sua esibizione fosse stata un disastro come molti dicono e che lui non
fosse in grado di reggersi in piedi per quanto fosse ubriaco perchè del video della serata ( vale a
dire l'AMPEX originale che dovrebbe trovarsi negli archivi rai ) si è persa ogni traccia, negli archivi
rai non si trova e nessuno sa dove sia e non si trovano neanche copie, abbiamo solo un nastro audio
dove possiamo ascoltare l'esibizione.
Le impressioni sono tante, non canta bene, rallenta la battuta e sembra trascinare le frasi ma la
dizione è buona le parole sono pronunciate in modo chiaro, non dimentica il testo , l'impressione è
di uno che canta senza voglia quasi obbligato con poco impegno e poca passione ma non di una
persona ubriaca e sotto l'effetto massiccio di pronox , dalle testimonianze sappiamo comunque che
lui non fosse un animale da palcoscenico e che non amasse affatto esibirsi in pubblico e forse anche
questa fobia ha influenzato l'esibizione.
Finita l'esibizione esce dal palco e d'ora in poi sarà una cascata di testimonianze che lo vedono fare
ed essere in posti differenti e in stati d'animo differenti.
Paolo Occhipinti lo incrocia mentre scende le scalette dietro il palco e lo ricorda bianco e pallido
quasi barcollante, c'è anche un altro testimone Rinaldo Ferrero, medico del casinò, al quale Tenco
indirizza un “ciao dottore”.
Alcuni diranno che Tenco si sia successivamente addormentato su un biliardo dietro le quinte o su
un tavolo del reparto trucco e camerini ubicato proprio sotto il palcoscenico, fatto sta che dorme
fino alle 23.20 quando gli vengono comunicati i risultati ; la sua canzone è esclusa dalla finale
ottiene solo 38 voti su 900, ma ci sono anche vittime più illustri come Modugno, sono Dossena e
Simone a dargli la notizia è presente anche Vivarelli.
Ma esiste un'altra possibilità, il meccanismo del festival prevede infatti un secondo ripescaggio,
deciso da una commissione di esperti di cui fa parte Ugo Zatterin in qualità di presidente, Mario
Luzzato Fegiz, Lello Bersani , Bertolini, Ravera, Procacci e lo stesso Vivarelli, lui stesso promette a
Tenco che in commissione alzerà il classico polverone, ma le cose andarono diversamente.
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<<Non appena riunita la commissione, il presidente della stessa, Ugo Zatterin, esordì invitando
perentoriamente i colleghi a votare all'unanimità per il brano “La rivoluzione”. Vi furono vivaci
reazioni, culminate con le dimissioni del giornalista Lello Bersani. Alla fine, tuttavia, l'imposizione
del presidente Zatterin ebbe la meglio, e il verdetto fu favorevole a una canzonetta insulsa come “La
rivoluzione”.>> ( Mario Luzzato Fegiz )
Modugno è presente quando Dossena comunica questi ultimi risultati a Tenco e ricorda
<< Dopo i risultati cambia faccia. E' sconvolto, muto , pallido, assente. Qualcuno gli si fa vicino per
rincuorarlo. Non risponde. Dalida ,che ha per lui una profonda amicizia, fraterna, gli dice: <<Ma
che tene importa? Venderemo più dischi noi di tutti gli altri. Succede sempre così ai festival>> E lui
muto. Saluto Gigi <<Ciao periodosta>> mi dice...>>
Un'altra testimonianza, Renato Casari , vede Dalidà e Tenco ,dopo l'esclusione definitiva , rintanarsi
in un sottoscala e discutere anche violentemente, l'arrivo del fotografo li blocca, le foto scattate
saranno le ultime di Tenco in vita.
Fotografia di Renato
Casari
Fotografia di Renato Casari
Tenco si avvia allora verso l'uscita, con molta probabilità sono le 23.30 – 23.50 , minuto più minuto
meno.
La giornalista Ponti vede Tenco e Vivarelli sulle scale del casinò discutere e si avvicina ,ci lascia
una testimonianza su cosa si stessero dicendo ;
Tenco e Vivarelli sono entrambi stanchi , Luigi
“ Ignorava come era nel suo carattere, era più che mai assente. Se mi ha dato ascolto, forse era solo
dovuto a Vivarelli che cercava di sostenerlo. Infatti mi sembrava che non gliene importasse nulla ,
nè del Festival , né delle mie parole. Vivarelli stava affermando che bisognava dare una lezione a
queste commissioni, questa gente che giudicava così superficialmente, quindi bisognava attivare
un'azione, un qualche cosa per sensibilizzare: molto probabilmente un ritiro dalle scene o una
conferenza stampa o qualcosa del genere dove si polemizzava sull'accaduto”
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Vivarelli insomma incitava Tenco che però sembrava assente e poco interessato
“devi fare qualcosa di grosso, che tutti si ricordino, qualcosa di indimenticabile...dar loro una
lezione” insisteva Vivarelli.
L'intento di Vivarelli era quindi quello di fare una conferenza stampa e di far saltare lo scandalo
sulla commissione, era un intento prettamente commerciale, mentre l'idea di ritirarsi dalle scene e di
fare solo l'autore era già presente nella mente di Tenco già da Dicembre come ci testimonia il
fratello Valentino
“Pochi giorni prima di partire per il festival Luigi mi confidò: “Vado a Sanremo e poi la pianto.
Scriverò solo testi, le mie canzoni le canteranno altri”.
La giornalista Ponti poi ci offre anche un'altra testimonianza nella quale smentisce Vivarelli su un
avvenimento, Vivarelli racconterà per anni che
“Uscimmo in strada e lui mandò letteralmente affanculo due ragazze che gli avevano chiesto
l'autografo. Dovevamo andare ad una cena offerta dall'RCA in un ristorante del porto ma lui disse
che non se la sentiva. Sarebbe andato in albergo a fare un riposino e poi ci saremmo visti per bere
una cosa tutti insieme”
mentre la giornalista sostiene di non aver visto Luigi mandare a quel paese qualcuno, e poi non c'era
gente tipo fans in quel contesto, erano tutti addetti ai lavori , le due testimonianze quindi stridono e
non si capisce perchè Vivarelli ci debba restituire un Tenco alterato e furibondo quando invece
risulta agli occhi della Ponti calmo e assente.
Tenco si dirige verso il parcheggio del casinò dove si trovava la sua vettura un' Alfa Romeo Giulia
di colore verde, imbarca Dalida e parte sgommando verso il Nostromo, qui le testimonianze sono
diverse, c'è chi sostiene che non accompagnò Dalida al ristorante perchè lei impaurita dalla folle
partenza fece fermare la macchina e scese, ma al ristorante Nostromo la proprietaria vede Dalidà
scendere dalla macchina di Tenco che però non entrò neanche nel ristorante.
In definitiva Tenco accompagnò qualcuno al Nostromo altrimenti non sarebbe neanche partito , non
scende dall'auto e riparte per il Savoy, siamo tra le 00.15 e le 00.30, a conferma dell'orario c'è la
testimonianza di Mario Simone che pochi minuti dopo aver preso posto al ristorante, “preoccupati
per la guida spericolata di Tenco chiamammo in albergo per sapere se fosse arrivato, il portiere
confermò l'arrivo e stava per passare la chiamata alla stanza ma fù fermato per non recare disturbo”.
Mancano pochi minuti all'una e da qui in poi le varie ricostruzioni di ciò che accadde fino al
ritrovamento del cadavere abbondano, riporterò le più verosimili ;
TESI DI PASQUALE RAGONE E NICOLA GUARNIERI
libro “Luigi Tenco , storia di un omicidio” 2011
Pasquale Ragone e Nicola Guarnieri nel loro libro “Luigi Tenco , storia di un omicidio” del 2011
ricostruiscono la dinamica in modo dettagliato.
Confermano l' affermazione di Colonna il qule sostiene che Tenco abbia effettuato due telefonate
dalla sua stanza la 219, una diretta ad Ennio Melis, capo dell'RCA , che però non risponde, l'altra a
Valeria, la fidanzata segreta di Tenco, i due discutono dell'esclusione dal festiva e di un
“promemoria con nomi e cognomi” che Tenco avrebbe intenzione di scrivere e di denunciare il
mattino seguente in conferenza stampa, parlano anche di progetti privati come il viaggio in Kenya
progettato per marzo e dell' acquisto di un casolare in provincia di Roma, i due si lasciano dandosi
un appuntamento qualche ora dopo all'aeroporto.
31
I due autori ipotizzano poi un ruolo chiave di Piero Vivarelli che non dimostra di avere un alibi
attendibile riguardo i suoi spostamenti tra la mezzanotte e trenta e le due, verosimilmente
,riportando alla memoria il dialogo tra i due fuori dal casinò, nel quale incitava Tenco a compiere
un fatto clamoroso, Vivarelli avrebbe voluto aiutarlo a scrivere il biglietto di denuncia quindi lo
ritroviamo nella stanza di Tenco verso l'1.15.
A causa della mancanza di un blocchetto o di un quaderno dove scrivere ( nella stanza non furono
ritrovati dalla polizia certi oggetti ) si recano nella stanza di Vivarelli al piano di sopra dove
scrivono su più fogli il “promemoria”, finito Tenco lascia la stanza di Vivarelli e ritorna nella 219
( con o senza il promemoria non ci è chiaro ) , ed è appena entrato quando bussano alla porta , sono
gli assassini che secondo gli autori sarebbero due.
I due assassino immobilizzano Tenco e lo obbligano a scrivere il famoso biglietto d'addio, a
sostegno di tale ipotesi c'è la calligrafia incerta e strana della lettera, terminato questo , viene colpito
dal calcio della pistola e cade a terra tramortito. I due uomini hanno così il tempo di sistemare
l'uomo seduto tra il letto e il cassettone con i piedi incastrati sotto lo stesso e da questa posizione
con l'aiuto di un silenziatore viene dato il colpo alla testa. Il fatto di avere le uniche foto che
ritraggono il cadavere di Tenco con i piedi sotto il cassettone ha fatto ipotizzare ai due autori la
spiegazione più plausibile , cioè quella di assicurarsi che non potesse muoversi o scappare.
Il corpo si accascia e i due assassini escono dalla stanza lasciando la porta aperta , sono circa le due,
anche il ritrovamento del cadavere risulta diverso in questa tesi ; sarrebbe infatti stato Lucio Dalla a
rinvenire Tenco ancora in vita , agonizzante a terra, e fu la sua la strana telefonata partita dalla
stanza 219 in cui si chiedeva un medico per un malore, Dalla infatti anche se da anni serba un
tombale silenzio ha sempre affermato di non aver sentito lo sparo e di essersi diretto nella stanza
219 per il trambusto sentito nel corridoi e la strana telefonata potrebbe essere supportata dal fatto di
non aver visto la pistola e di aver pensato ad un malore.
Dalidà verrà avvertita alla fine della cena al Nostromo da una telefonata proveniente dall' hotel
Savoy, è una telefonata breve di circa venti secondi mezzo minuto al massimo , lei risponderà “ Dio,
Dio , no sempre le solite....” e borbottando ritornerà al tavolo chiedendo di farsi accompagnare al
Savoy, la testimonianza è di Cesare Gigli amico di Tenco e presente quella sera.
TESI DI ALDO FEGATELLI COLONNA
“Vita e morte di un genio musicale”
Tenco rientra in albergo mancano pochi minuti all'una, chiama prima Ennio Melis che si nega
perchè aspetta una telefonata dall'ospedale dove è ricoverata la madre , poi telefona a Valeria la sua
fidanzata segreta con la quale parla di progetti privati , del promemoria che ha intenzione di scrivere
per denunciare le combines di Sanremo e del loro appuntamento all'areoporto poche ore dopo.
Colonna seguendo la pista che vede Dalidà uscire dal Nostromo verso l'1.25 ( testimonianza dei
proprietari ) e calcolando che tra il ristorante e il Savoy ci vogliono al massimo 15 minuti
porterebbe Dalidà sul luogo del delitto verso 1.45 , quando Tenco è ancora vivo , quindi lei
diventerebbe un testimone o collaboratrice dell'omicidio.
A sostegno c'è anche l'orario in cui è stata avvertita la polizia ovvero le 2.45 , ben trenta minuti
dopo il ritrovamento di Dalidà ( da lei confermato alle 2.10 ) , inoltre la strana richiesta di Dalidà al
portiere del Savoy appena arrivata :
“ mi dica qual'è la stanza del Tenco, ho un brutto presentimento ”.
32
Infine c'è lo strano comportamento delle autorità che la lascieranno partire il mattino stesso verso la
Francia senza rispettare le 24 ore di fermo che per legge devono essere rispettate per i testimoni di
morte violenta.
Dalidà quindi potrebbe essere stata protagonista o di una macabra roulette che vede Tenco
giocherellare con la pistola e per distrazione o fatalità, spararsi un colpo in testa.
Collonna inoltre avanza anche un ipotesi di rapina finita male sostenuta dal fatto che Tenco avesse
vinto una somma di sei milioni di lire al Casinò nel pomeriggio che in questa sede non
approfondirò.
TESI DI GIUSEPPE BITA'
fondatore della “Verde isola”
Tenco dopo aver fatto la sosta al Nostromo non torna in albergo, ma si ferma a telefonare in una
cabina telefonica sul litorale, telefona a Melis che si nega per via dello stato di salute della madre e
chiama Valeria con cui ha la nota telefonata che lo impegna per circa 40 minuti, ad avvalorare
questa tesi c'è la tesimonianza del portiere di notte dell'Hotel Savoy , dalla camera 219 non risultano
infatti chiamate in uscita ma Melis e Valeria hanno sempre confermato le chiamate quindi è più che
plausibile che fossero state fatte da un luogo diverso.
Con tutta probabilità Tenco verrà aggredito in prossimità della spiaggia , trasportato in un luogo
appartato in spiaggia con l'ausilio della sua automobile , malmenato e ucciso con un colpo di pistola
alla testa.
Il trasporto dalla spiaggia alla 219 per gli aggressori è un trasporto facile , infatti la stanza si trova
nella depandace dell'albergo un edificio staccato dall' hotel stesso e privo di hall , non ha un portiere
che controlla gli accessi, si può inoltre tranquillamente accedere nell'edificio dal giardinetto
antestante tramite una porta secondaria posta di fronte alla stanza 219
I necrofori portano fuori la bara dalla porta di
servizio della depandance
Dalla porta di servizio alla stanza 219 la
distanza è meno di un metro
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Al Nostromo intanto Dalidà riceve una telefonata dall' hotel Londra e non dal Savoy, testimonianza
del gestore del ristorante , in cui le si dice che “Tenco sta male” , sono circa 1.30, ora appare
alquanto strano il comportamento di Dalidà ; avvertita sullo stato del suo presunto fidanzato
impiegherà ben 40 minuti per arrivare al Savoy su un tragitto che in situazioni normali si percorre in
5-10 minuti , la cantante infatti si fermerà a salutare il suo discografico che si trovava a cena in un
altro ristorante, compra le sigarette e avrà altri vari problemi per strada ( sua testimonianza ) ,
arrivando in albergo dirà al portiere “ Qual'è il numero della camera del Tenco ? Ho un brutto
presentimento” , frase alquanto impersonale.
Arrivata nella stanza 219 scoprirà il corpo di Tenco e disperata verrà trascinata fuori da Dossena
urlando “Assassini , Assassini”.
Importante risulta in questa tesi la spiaggia come luogo del delitto , questa ipotesi è supportata da
alcuni elementi ;
− la presenza di sabbia sulla macchina di Tenco, dalla testimonanza di un giornalista presente
fuori dal Casinò e che vide Tenco lasciare il parcheggio per dirigersi al Nostromo, la
macchina era perfettamente pulita.
− la presenza di sabbia sui pantaloni e tra i capelli del cadavere
− la mancanza delle scarpe ai piedi di Tenco ( mancano anche nelle foto dell'obitorio ) ,scarpe
e pantaloni si sporcano facilmente in spiaggia e avrebbero creato sospetti quindi meglio farle
sparire
− i piedi infilati sotto il cassettone sono poi un altra prova della volontà di occultare la
presenza di sabbia.
Macchina di proprieta di Tenco fotografata nel parcheggio dell'Hotel Savoy
alcune ore dopo la tregedia.
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Ingrandimento gambe cadavere di Tenco, possibile presenza di sabbia sui pantaloni
Ingrandimento tempia destra, presenza di alcuni
possibili granelli di sabbia
In questa ricostruzione appare quindi cruciale il luogo del delitto sia per spiegare i piedi sotto il
cassettone , sia per spiegare il fatto che nessun ospite presente nelle camere adiacenti abbia sentito
lo sparo.
Dal mio punto di vista alcuni punti in queste ricostruzioni fin qui illustrate sono compatibili con le
prove oggettive a noi pervenute, ovviamente essendo tutte e tre delle ricostruzioni costituite da
deduzioni bisogna leggerle con tutte le cautele del caso e non bisogna prenderle per verità assolute,
quelle che invece risultano chiare agli atti e che potrebbero tranquillamente essere assunte come
prove indiziarie dell'omicidio sono fondamentalmente :
− I risultati della ricerca di tracce di polvere da sparo sulla mano destra di Tenco
− La pistola utilizzata , le incongruenze con la posizione del foro di entrata e la storia del
proiettile mai ritrovato
− Gli ematomi presenti sul volto del cantautore
− Lo sparo non udito da nessuno dei vicini di stanza.
− Il biglietto d'addio che non viene ritrovato nella stanza ma consegnato da terzi alle cinque
del mattino
− il rapporto della polizia scientifica falso
A queste prove vanno aggiunte anche alcune considerazioni importanti riguardo alcuni aspetti
incongruenti o addirittura paradossali
− Il ruolo del Commissario Molinari nello svolgimento delle indagini
− Le varie testimonianze sulla posizione del cadavere e sulla pistola
− Testimonianze contraddittorie su chi abbia scoperto il cadavere
LA MANO DI TENCO NON ERA ARMATA
Risultati del test di rilevamento tracce di polvere da sparo
Il punto di domanda è retorico , in quanto è paradossale che nel 1967 il Commissario Molinari non
fece effettuare il guanto di paraffina sulla mano di Tenco, adducendo una mancanza di fondi ,le sue
motivazioni sono banali e probabilmente prive di fondamento in quanto l'esame non comporta un
capitale spropositato :
Consiste nella applicazione sulla mano (tipicamente sul dorso del primo e secondo raggio), che si
sospetta abbia sparato, di paraffina fusa (a basso grado di fusione) che, una volta solidificata per
naturale raffreddamento, viene staccata a mò di guanto così da trattenere nella superficie di contatto
le eventuali particelle di nitriti o nitrati prodotti dalla combustione delle polveri da sparo (polveri di
"lancio", a base di nitroglicerina e nitrocellulosa).
L'identificazione di tali particelle avviene poi con metodi chimici e colorimetrici, quindi un po' di
paraffina liquida è un colorante per nitriti e nitrati .
Non fu effettuato sicuramente per l'incertezza dello stesso Commissario che sia stato effettivamente
un suicidio, ma nel 2006 a seguito della richiesta di riapertura delle indagini fu effettuata sulla mano
destra di Tenco una ricerca di residui di polvere da sparo con il metodo SEM – EDX che si avvale
di un microscopio elettronico a scansione.
Gli esiti di questa indagine sono interpretabili come una volontà di soprassedere alle tecniche di
ricerca , infatti sebbene questa tecnica possa produrre dei risultati certi per l'identificazione di veri
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residui di povere da sparo , i ricercatori invece di prelevare sui vestiti di Tenco alcuni campioni ,
sappiamo dalla letteratura che i tessuti meglio inglobano e trattengono senza alterazioni le
particelle di residui di sparo al contrario della pelle soprattutto se esposta a processi di putrefazione,
hanno analizzato solo dei campioni di pelle della mano destra senza tra l'altro arrivare a un esito
positivo .
Si legge dal referto che furono ritrovate solo :
− Una particella trimetallica formata da piombo, antimonio e bario in prossimità dellla tempia
destra ( appartenente alla classe dei residui di polvere da sparo)
− Due particelle di antimonio sulla mano destra ( particelle non classificabili nei residui di
polvere da sparo in quanto presenti anche in situazioni normali come la combustione di una
sigaretta o l'accensione di un accendino )
Quindi un esame negativo , passato però per positivo nel rapporto finale, altra svista clamorosa o
solo superficilità (di nuovo) nello svolgere le indagini?
Inoltre ci sono altri due elementi trascurati dagli esaminatori dell' ERT , la presenza di residui
carboniosi nei tessuti vicino al foro d'entrata che attestano un colpo sparato a contatto fra il vivo di
volata della canna e la cute ma il foro d'entrata non presenta la tipica forma a stella dei colpi a
contatto cosa che dovrebbe far presumere l'uso di un silenziatore o di un oggetto come un cuscino
per attuttire il colpo e la mancanza del segno di Felc nella mano destra .
Il segno di Felc sono delle escoriazioni tipiche nel primo spazio interdigitale dovute al rinculo del
carrello mobile, sono più o meno visibili dipende dal calibro dell'arma ma nella casistica dei suicidi
è un elemento primario, ne è priva la mano di Tenco come si può vedere nella foto.
Mano destra in caso di suicidio
con arma da fuoco, spruzzi di
sangue e segno di felc ben visibili
Mano destra di Tenco perfettamente pulita e
priva di escoriazioni del segno di Felc
In conclusione dall'esame effettuato nel 2006 dall' ERT risulta che
“l'unico frammento di tipo “ternario” e quindi idoneo a confermare con certezza l'avvenuto sparo
sia stato rinvenuto nel prelievo relativo al lato desrto del volto, i prelievi effettuati in altre regioni ed
in particolare a livello della mano destra, non contengono residui da sparo”.
Una prova che dovrebbe far propendere le indagini verso un omicidio ma che in questo caso
specifico si perdono in un bicchier d'acqua.
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DUBBI SULLA PISTOLA , SULLA TRAIETTORIA E IL PROIETTILE MAI RITROVATO
Analisi della pistola nelle foto, traiettoria insolita del colpo , proiettile mai ritrovato e presenza di
segni particolari sul bossolo.
Le impronte rilasciate sul bossolo decretano che sicuramente Luigi fu ucciso da una Walther Ppk
7,65 ma non è pienamente accertato se fu proprio la sua a fare fuoco, solo un'analisi sul proiettile
avrebbe fugato ogni dubbio ma quest'ultimo andò all'asta nel 1968 insieme ad alcuni reperti della
scene del crimine , comprati da Renzo del Monte dichiarò che nella scatola non c'era il proiettile
esploso, quindi quest'ultimo o andò perduto oppure fu fatto sparire.
Ricordiamo che Tenco non andò al Festival con la pistola in valigia come molti sostengono, la
Walter si trovava nella sua macchina che il cantante aveva lasciato a Roma essendo venuto in treno.
Dossena ,amico di Tenco gli farà il favore di portagli la macchina e c'è per questo episodio una
dichiarazione importante
“Durante il viaggio, Simone e io fummo fermati dai carabinieri. Aprii il cruscotto per cercare i
documenti e ci trovai una pistola. Rimasi di stucco. E appena arrivai a Sanremo me la presi con
Luigi. “Ma come giri con una pistola in macchina? Ma sei pazzo?”. Lui mi disse che era la terza
volta che cercavano di ucciderlo. L’ultima volta era successo poche settimane prima, a Santa
Margherita Ligure due macchine lo avevano stretto e avevano cercato di spingerlo fuori strada. “E
allora mi sono comprato una pistola. Ma non chiedermi chi ce l’ha con me, perché non ne ho idea.
Non lo capisco”, mi disse”
La dichiarazione di Dossena pone dei forti freni a chi sostiene la premeditazione del suicidio da
parte di Tenco e mette in luce anche un possibile movente.
La posizione della pistola risultà poi diversa nelle diverse versioni , per il commissario Molinari e
per Durand la pistola è nella mano ( non si evince da nessuna dichiarazione se destra o sinistra ), per
Dossena è lontana dal corpo , in fondo alla stanza ,per Borrelli il medico legale è in mezzo alle
gambe , per la scientifica invece è sotto i glutei, per i due necrofori è addirittura sul comò ed è
interessante notare come Bergadano uno dei due necrofori si ricorderà della sparizione della
medesima pistola al suo rientro in stanza.
La pistola nelle foto ufficiali si trova sotto i glutei della vittima, nascosta in una posizione
inverosimile per un caso di suicidio, non si capisce infatti come possa essere finita lì, inoltre è priva
di caricatore ( quest'ultimo fu rinvenuto sotto la coscia sinistra ) ma c'è un colpo in canna, cosa
ancora più strana Tenco si sarebbe dovuto uccidere con la consapevolezza di non sapere se ci fosse
un colpo in canna o meno, inoltre da come fa notare Giuseppe Bità, la pistola nella foto sembra più
una Beretta calibro 22 ( pistola in dotazione della Polizia ) che una Walther Ppk .
Un dettaglio questo che forse spiega la posizione anomala nella foto e che probabilmente per
effettuare queste fotografie è stata usata un'altra pistola cosa che fa desumere una ricostruzione
della scena del crimine con indizi artefatti o completamente nuovi.
La pistola di Tenco finite le indagini venne riconsegnata al fratello Valentino Tenco , le sue
dichiarazioni aprono un altro interrogativo , come mai la pistola era pulita e oleata quando fu
smontata ben 20 anni dopo la tragedia? Probabilmente perchè non sparò affatto.
Ascolta intervista http://www.luigitenco60s.it/tgiallo2.wma
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La pistola è indicata con una freccia, in mezzo alle gambe sotto i glutei
Pistola Ppk 7,65 , confrontare l'attaccatura
del grilletto che parte da metà corona
Pistola Beretta cal 22, il grilletto non
presenta la distanza dalla corona è un
unico pezzo.
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Secondo l'ERT il proiettile sarebbe stato sparato non ponendo la canna a contatto con la pelle, il
proiettile è entrato di qualche millimetro più in alto rispetto all'altezza dell'occhio destro , nella
regione temporo – parietale destra ,la canna della pistola inclinata ha causato il foro d'uscita in un
punto molto alto della calotta cranica.
La modalità quindi è tutt'altro da manuale, Tenco avrebbe assunto una posizione molto scomoda,
piegando il polso in modo innaturale e facendo fuoco non ponendo la canna a contatto con la pelle,
dal basso verso l'alto, dall'avanti verso dietro , in un punto anomalo della calotta cranica e non alla
tempia , di norma invece in coloro che si suicidano con una pistola si osserva che il tramite è
abbastanza orizzontale, la direzione di sparo è di norma trasversale rispetto alla scatola cranica
leggermente da dieto verso l'avanti, il soggetto che intende suicidarsi infatti difficilmente vuole
vedere l'arma.
Tutti questi elementi mettono in evidenza la difficoltà di sparare un colpo di pistola semiautomatica
con quella particolare direzione.
Ultimo particolare rilevante è la presenza sul bossolo repertato di segni e striature che possono far
pensare all'uso di un silenziatore o comunque di un oggetto come un cuscino che attutendo il colpo
abbia deformato anche il bossolo, durante le prove balistiche avvenute nel 2006 nella comparazione
tra i due bossoli , quello esploso nel '67 e quello esploso come test dalla stessa pistola nel 2006,
l'ERT sembra non aver segnalato nulla di particolare sarà invece il dott Farnetti a notare ed
analizzare questi segni , la presenza di gas all'interno della canna del silenziatore produce delle
particolari deformazioni sul piano del fondello del bossolo, presenti nel bossolo del 67 , assenti in
quello del 2006.
Questa analisi sarebbe stata più certa se si fosse esaminata l'ogiva ovvero il proiettile esploso, nota
interessante che approfondiremo in un altro capitolo è come sia mai possibile che nel rapporto della
scientifica del 67 non sia menzionato il foro d'uscita e che quindi si sia creduto fino al 2006 che il
proiettile o ogiva si trovasse ancora nel cranio.
Cerchiato in rosso il bossolo
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GLI EMATOMI PRESENTI SUL VOLTO
Presenza anomala di ferite sul volto e dietro la testa
Tratto dal referto della scientifica:
“Nell'obitorio di questo Cimitero di Valle Armea, esaminato il cadavere, alla presenza del
S.Procuratore, non sono state riscontrate altre ferite, lesioni o segni particolari sul corpo ad
eccezione della ferita d'arma da fuoco sulla regione temporale destra. ( 1967 ).”
Neanche nel 2006 quando venne fatta l'autopsia non vennero riscontrate altre lesioni o segni
particolari sul corpo ad eccezione del foro d'entrata e d'uscita.
Ma dalle foto prese in esame appaiono visibilmente due possibili ematomi vicino il sopracciglio e
un taglio sotto il labbro.
Ferite , ematoma e possibili granelli di sabbia
Taglio sotto il labbro
Ferite e ematoma
Fotografia dell'esibizione sul palco di Sanremo
poche ora prima della morte, taglio non
presente
Nella stanza fu ritrovato anche un posacenere frantumato , prova forse di una possiblie colluttazione
è molto probabile infatti che per uccidere Tenco l'assassino lo abbia tramortito e che per far ciò ci
sia stata una breve colluttazione, ma alle deduzioni bisogna sempre aggiungere qualche elemento
certo.
Che dalla autopsia del 2006 non emersero segni di lotta è noto , cosa invece che si riscontrò
dall'analisi della calotta cranica fu una frattura alla base e “plurime rime frattuative” che solcano la
teca cranica dal foro destro al sinistro, le seconde sono da addurre al proiettile che attraversando il
cranio ha causato delle micro fratture , la prima invece ha una spiegazione diversa.
Visto il tipo di arma , il munizionamento usato e la distanza dello sparo e impossibile che al
momento del' attraversamento del proiettile della teca cranica si sia formata una pressione tale da
produrre delle lesioni così profonde della base del cranio, questa si verifica in due casi
sostanzialmente ;
− Quando si utilizza un calibro molto maggiore come un 9 mm , una 38 Special o una
Magnum ecc...
− Utilizzando invece un calibro con un offensiva molto minore come il 7.65 ,si verificano
fratture alla base cranica solo se riceve un colpo violento dato o negli attimi prima dello
sparo o successivamente a seguito di una caduta non frenata o addirittura spinta sul
pavimento.
Questa frattura alla base cranica insieme agli ematomi presenti sul volto e al taglio sotto il labbro ci
portano a concludere che ci fu una colluttazione atta a immobilizzare Tenco, molti “medici” hanno
fino ad ora sostenuto che le ferite possano essere state causate dalla caduta ma sembra improbabile
una caduta in avanti sbattendo il volto e provocando un taglio e successivamente una violenta
caduta all'indietro vista la posizione del cadavere al ritrovamento , con i piedi sotto il cassettone.
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LO SPARO NON UDITO DA NESSUNO
Testimonanza di Sandro Ciotti , noto giornalista radiofonico presente al Festival di Sanremo nel
1967, amico di Tenco lo intervistò per la sua rubrica radiofonica nel 1962
“ Io abitavo nella camera proprio prima di quella di Luigi e di fronte alla camera di Luigi c'erano i
Compagnons de la Chanson, un quartetto vocale francese che partecipava al Festival e che stava
provando una canzoncina con la chitarra: nessuno ha sentito questo famoso sparo...
Questa famosa lettera sbandierata dal funzionario della Pubblica Sicurezza davanti ai giornalisti a
buoni dieci metri dal primo giornalista, aveva una calligrafia che secondo me non era quella di
Luigi.
I Compagnons de la Chanson suonavano da un'ora sottotono e lo sparo della pistola di Tenco non lo
sentirono, non lo senti nessuno.Neppure io che occupavo la camera accanto alla sua. Ero sveglio e
stavo lavorando. Sentìì il trambusto nel corridoio, le urla di Dalidà, che vidi uscire dalla stanza di
Tenco, con lei c'era lex marito Lucien Morisse, dal quale aveva divorziato.Notai Lucio Dalla e
qualcun'altro che non ricordo.
Entrammo tutti insieme nella camera di Tenco, Luigi era steso a terra, coricato sul fianco destro. La
pistola gli era finita sotto il sedere, altra cosa abbastanza innaturale.
Il porto d'armi era appoggiato sul tavolo, come se fosse necessario giustificare il fatto di essersi
sparato.Attorno un po' di sangue non molto, il cadavere era disteso tra il letto e il cassettone... Cosa
ci faceva Dalidà con l'ex marito nella camera del cantautore? Ora in trent'anni la mia convinzione
non è cambiata : non credo che Tenco si sia ammazzato.
Non lo credo per via di tutte le incongruenze che si affollano nella versione ufficiale della sua
morte.In primo luogo lo sparo, è evidente che uno che sta per suicidarsi non si preoccupa certo del
silenziatore.
Secondo: sul tavolo c'era in bella evidenza, c'era il suo porto d'armi come a dire “Guardate mi
ammazzo ma sono in regola con la legge”, quella sera Luigi non era voluto andare a cena con il
resto dello staff, io lo avevo incontrato in albergo, ci eravamo salutati, abbracciati, e non aveva
affatto l'aria della persona sconvolta che sta decidendo di togliersi la vita.....ecc”
Lucio Dalla , cantautore
Di Dalla si è sempre parlato, ma lui non lo ha fatto mai, ad eccezione di una laconica dichiarazione
rilasciata il giorno dopo. Dalla asserì di non aver sentito lo sparo e, inoltre, di essere entrato nella
stanza dopo Dalida, richiamato dalle sue urla. Ma le testimonianze sono concordi nell'individuare in
Dalla che irrompe nella hall il latore primo della notizia. Per quale motivo dunque Dalla sia entrato
nella stanza di Tenco, senza aver udito lo sparo, non è dato sapere. In una recente intervista
rilasciata a Cremona dopo un suo concerto ha forse involontariamente dato conferma del fatto di
essere stato lui il primo a trovare il cadavere, a dare la notizia e a cercare un medico in quanto
convinto che si trattasse di un malore.
“Di Luigi ero molto amico e all'Hotel Savoy, io alloggiavo proprio nella stanza accanto. Non mi
accorsi di nulla. Quando mi avvicinai alla stanza vidi le gambe di Luigi steso a terra. Convinto di un
malore mi misi a cercare un medico.”
Non ha però ancora chiarito come mai dalla sua stanza , nella quale ricordiamo lui stava leggendo
un giornale mezzo nudo sul letto , sia andato nella 219.
L'acustica però nell'area è buona , la stanza di Tenco è l'ultima dell'edificio aggiunto, la strada su cui
si affaccia è una stradina a bassa percorrenza molto tranquilla sulla quale si affacciano diversi
edifici, sono le due del mattino circa è molto difficile che un colpo di pistola esploso in queste
condizioni non sia stato sentito da nessuno.
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Lo sparo di una pistola di quel calibro raggiunge i 130 140 db, pari al suono di una sirena di
ambulanza, Aldo Fegatelli Colonna inoltre durante le indagini svolte per la scrittura del libro “Vita e
morte di un genio musicale” fece un esperimento molto semplice ma efficace per chiarire le idee,
sparò un colpo di pistola dello stesso calibro nella stradina adiacente la depandance svegliando tutti
gli abitanti degli edifici adiacenti, confermando almeno in parte che un colpo di pistola quantomeno
sarebbe dovuto essere udito dai vicini di camera.
IL BIGLIETTO D'ADDIO
Perizia caligrafica e riflessioni sul contenuto e sui fogli mancanti.
Il biglietto è stato scritto su carta intestata dell'albergo , il logo è visibile girando il foglio, il testo
recita;
“Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita.
Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt'altro) ma come atto di protesta contro un
pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione.
Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi.”
La perizia calligrafica del biglietto d'addio presunto , lasciato dal cantautore come ultime memorie e
possibile spiegazione del proprio suicidio, è stata eseguita nel 2006 dal perito grafico Andrea
Delfino, consulente del Tribunale di Genova.
Il confronto grafico è stato fatto tra il foglio trovato nella stanza dell ' albergo, la notte del suicidio,
e altre due lettere del cantautore, una del 18 novembre del 1966 e un' altra del 16 gennaio del 1967.
Dalla perizia la lettera appare però incompleta, come se gli mancassero dei fogli precedenti.
Inoltre la grafia di Tenco presenta dei tratti ascendenti che non rispondono, secondo il perito, a stati
depressivi, tipici di chi ha deciso di suicidarsi, ma sono segnali di una forte carica aggressiva.
Nella lettera infatti emergono alcune anomalie, la presenza di calchi ; la parola “già” , tre lettere e
un accento , possibile indizio che questa sia stata l'ultima pagina di un testo ben più lungo
Un'altro indizio è l'andatura della scrittura che presenta delle variazioni significative dopo le due
prime righe, quelle successive hanno una fuga finale verso l'alto , come se fossero state scritte con
molta fretta , le indagini grafice allegate ai documenti della Procura lo confermano
“Nell'insieme la scrittura si presenta dilatata con attivazione di stiramenti in linea orizzontale che
aumentano progressivamente nella parte terminale della lettera.”
Altra stranezza sono l' errore di ortografia presente nella parola “seleziona” scritta con due “ll” , un
errore di forma “e ad una commissione” invece di “ed ad una commissione” e in ultimo un punto
trasformato in virgola proprio prima che la scrittura prenda un andamento verso l'alto.
Gianni Pettenati e Mario Simone hanno posto inoltre un interrogativo interessante : com'è possibile
che Tenco faccia dei riferimenti così precisi se l'unica notizia che ebbe a caldo fu quella
dell'esclusione? Nè Bersani nè Procacci ebbero infatti modo di parlare con lui delle combines che si
erano svolte al momento della votazione e durante il ripescaggio.
La perizia inoltre non solo conferma la paternità del biglietto ma anche della firma che sembra così
diversa da quelle usuali di Tenco, ma come si spiegano allora due stati d'animo presenti nel biglietto
se quest'ultimo, si presume, fosse stato scritto tutto d'un fiato prima del suicidio?
Gli indizi ci portano a pensare o che il cantautore fosse sotto minaccia all'atto di scrivere, o che il
biglietto sia stato scritto in una situazione appena precedente , o come si è pensato per molti anni
che il biglietto sia falso e sia stato completato da altri, le perizie però screditano quest'ultima ipotesi
che però dopo una lunga riflessione ci sembra la più logica e plausibile.
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Il biglietto non fu ritrovato nella stanza 219 dalla Polizia , si legge infatti nel rapporto che gli
oggetti rinvenuti nella stanza sono :
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Una pistola automatica cal 7,65 marca Walther matr. 517600
Un caricatore contenente n 6 cartucce cal 7,65
un bossolo con proietto cal 7,65
Una scatola di cartone contenente a sua volta un'altra scatolina con 12 cartucce per pistola
automatica cal 7,65
un caricatore nuovo vuoto, per la stessa arma
un arnese di metallo giallo per la pulizia dell'arma
un libretto d'istruzioni
un foglio per il tiro al bersaglio con alcuni fori e la denuncia dell'acquisto della pistola
medesima
il passaporto, la patente e il libretto d'assegni
una tessera omaggio per l'ingresso alla sala comune del casinò
una penna
una scatola di Pronox vuota
l'orologio
un portafogli
una lettera dell'RCA con busta intestata a Tenco
Del biglietto d'addio non c'è traccia , questo perchè la lettera verrà consegnata per mano di Sergio
Modugno accompagnato da Vivarelli nelle mani del Commissario Molinari verso le cinque del
mattino.
ll primo dato certo riguardo il biglietto è che Sergio Modugno intorno alle 2.30-2.40 va al piano
superiore ad accertarsi delle condizioni di Dalida che si trova nella sua camera, la 104, e lei le
mostra questo biglietto , verosimilmente dovrebbe essere stata Dalidà a prelevarlo dalla stanza 219
e portarlo in camera sua anche se non ci sono testimonianze che vedono Dalidà allontanarsi dalla
camera con un biglietto in mano, oltretutto lei era come ricorda Dossena sporca di sangue sulle
mani e sul vestito quindi sarebbe stato molto probabile un trasferimento sul foglio che però non è
avvenuto.
Sergio Modugno prende il biglietto dalle mani di Dalida ( camera 104 ) e lo da a Piero Vivarelli e
successivamente lo consegneranno alla polizia.
Piero Vivarelli fa un dichiarazione nel 2003 che smentisce la dichiarazione fatta dalla stessa Dalidà
al Commissario Molinari e messa agli atti , nella quale la cantante confermava di aver rinvenuto lei
il biglietto d'addio su un tavolino della stanza, Vivarelli sostiene nell'intervista che il biglietto fosse
diretto a lui, a Gianfranco Reverberi e a Sergio Modugno, che il biglietto fosse privato e che fu
Modugno a prelevarlo dalla stanza 219, Vivarelli commise poi l'errore di consegnarlo al
Commissario stravolto forse dal senso di colpa per aver sottratto una prova da una scena del
crimine.
Le rivelazioni di Vivarelli non solo ammettono una palese violazione della legge ( inquinamento di
una scena del crimine ) per la quale non fu perseguito , ma ci dà da pensare che in quel biglietto o
nelle pagine precedenti ci fossero scritte delle rivelazioni scomode o addirittura un possibile
movente per l'omicidio, Vivarelli lo ricordiamo , incitò Tenco fuori dal Casinò a fare una “gesto
clamoroso” ad alzare un polverone ed è molto probabile che insieme abbiano scritto quel
45
promemoria , non si capisce infatti da quale indizio Vivarelli presume che il biglietto fosse diretto a
lui ,al maestro Reverberi e a Modugno se nello stesso biglietto non si fa riferimento a nessuno dei
tre.
Al Commissario verrà data probabilmente solo la parte finale nella quale poco si evince del
contenuto globale e che nella forma potrebbe essere un biglietto d'addio anche se non compatibile
minimamente con il carattere di Tenco e con lo stato d'animo di un suicida.
Biglietto d'addio
Comparazione firma
46
Andatura scrittura
Errore nella parola seleziona, punto tramutato in
virgola, calco di lettera "a"
Molinari legge il biglietto d'addio davanti alla stanza
219
La testa della persona in primo piano di spalle certifica
che Molinari è davanti la stanza 219
Ingrandimento dove possiamo vedere distintamente due
fogli
Molinari stringe in mano due
fogli
IL RAPPORTO DELLA SCIENTIFICA
Il testo del Rapporto della scientifica è trascritto integralmente errori compresi.
QUESTURA DI IMPERIA GABINETTO DI POLIZIA SCIENTIFICA
Fascicolo dei rilievi tecnici eseguiti il giorno 27.1.1967 in occasione del rinvenimento del cadavere
di: TENCO Luigi, nato a Cassine (Alessandria) il 21.3.1938, residente a Recco (Genova) in Via
Bastia n° 12, avvenuto nella camera n° 219 dell'Albergo Savoia in SANREMO - Corso Nuvoloni n°
30 .
Noi sottoscritti fotosegnalatore di P.S. Brigadiere Giuliano Antonio, su richiesta del S.Procuratore
della Repubblica di Sanremo dr. Clemente Manfredi e per disposizione del dirigente il
Commissariato di P.S. di Sanremo dr. Enrico Setajolo, presso il quale prestiamo servizio, ci siamo
recati nella camera n° 219, dipendence di questo Albergo Savoia, sito in Corso Nuvoloni n° 30, per
eseguire rilievi tecnici relativi al rinvenimento di un cadavere di sesso maschile, in vita già
appartenente a TENCO Luigi, nato a Cassine (Alessandria) il 21.3.1938, residente a Recco
(Genova) in Via Bastia n° 12, cantautore.
Sono presenti al sopralluogo il dr. Arrigo Molinari, Commissario di P.S. e le Guardie di P.S.
Ciminari Angelo, Rapanà Sebastiano e Vairo Vincenzo. Si accede alla camera attraverso una porta
in legno apribile verso l'interno da destra a sinistra, munita di serratura comune, in atto chiusa a
chiave , che non presenta tracce di effrazione.
La camera di media grandezza irregolarmente quadrata è illuminata da due finestre site
rispettivamente nella parte mediana delle pareti destra ed anteriore prospicenti al sottostante
giardino del precitato albergo entrambe chiuse con tendine, vetri e persiane e comunica nella parte
terminale destra della parete sinistra con il bagno mediante una porta in legno, in atto aperta.
Nella camera di osserva:
all'angolo anteriore destro una specchiera con relativo sgabello, alla parete anteriore verso la parete
terminale sinistra un armadio guardaroba, nella parte mediana addossati alla parete sinistra un
tavolino in legno pieghevole sul quale vi è posata una valigia in pelle marrone scuro, aperta, sul cui
manico vi è attaccata una targhetta con la scritta Tenco Luigi e due chiavette unite con spago,
nonchè un comò a quattro cassetti sovrapposti, sul cui ripiano si notano una chitarra nella relativa
custodia, un bicchiere a coppa in vetro e due bottigliette da mezzo litro entrambe a metà sulle quali
vi è la targhetta S.Pellegrino ed il termosifone; addossato alla parete posteriore con la testiera un
letto matrimoniale, divisibile, fiancheggiato dai rispettivi comodini ove su quello di sinistra si nota
l'apparecchio telefonico, ai piedi lato destro una poltroncina e nella parte mediana addossato un
tavolinetto in legno con sedia e poltroncina.
Nella parte mediana sinistra del pavimento nello spazio compreso tra l'angolo inferiore sinistro del
letto ed il comò a metri 2,20 circa dalla parete anteriore ed a metri 1,90 circa dalla parete posteriore
il cadavere di Tenco Luigi, integro, non emane cattivo odore, giace supino in senso trasversale alla
stanza con la testa in direzione della parete sinistra.
Ha la testa leggermente flessa verso destra e aderisce al pavimento, in legno con tappeto in stoffa,
con la regione occipite-parietale destra. Gli occhi, il sinistro chiuso ed il destro semiaperto e la
bocca leggermente aperta. Sulla regione temporale destra si nota un foro d'entrata di proiettile
d'arma da fuoco dalla cui ferita è fuoriuscito abbondante sangue frammisto a materia cerebrale
convergendo, insieme a due rigagnoli fuoriusciti dalle narici e dalla bocca che ha interessato la
guancia destra, in una chiazza formatosi sottostante la testa -parte destra- seguendo la linea di
gravità, del cadavere di forma irregolarmente circolare di del diametro di cm.35 circa.Il braccio
destro proteso in avanti poggia sul pavimento col palmo e con le dita unite leggermente flesse nella
falangette, la mano sinistra flessa verso l'interno chiusa quasi a pugno che aderisce sulla parte
ombelicare-epicolica. Le gambe sono divaricate e la coscia destra ha una più accentuazione di
flessione verso destra ed i piedi sono nascosti sotto il comò più verso la parte destra.
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La testa nella parte parietale sinitra aderisce quasi all'angolo sinistro dei piedi del letto.
Sempre sul pavimento, nelle gambe si rinviene una pistola automatica cal.7,65 marca “Walther”
matricola n° 517600, privo di caricatore,che si rinviene sotto la coscia sinistra, contenente n° 6
cartucce dello stesso calibro, ed ha l'impugnatura verso la parete sinistra e la canna rivolta verso
l'entrata - parete posteriore - ed un bossolo a cm.24 dalla parete sinistra, a cm.65 dal piede anteriore
destro del comò ed a cm.38 circa dall'infisso sinistro porta ingresso bagno.
Nell'angolo posteriore sinistro ad una distanza di cm.40 circa dal tetto e ad una distanza fra loro di
circa cm.30 si notano due piccole scalfiture nel muro .
Nell'obitorio di questo Cimitero di Valle Armea, esaminato il cadavere, alla presenza del
S.Procuratore, non sono state riscontrate altre ferite, lesioni o segni particolari sul corpo ad
eccezione della ferita d'arma da fuoco sulla regione temporale destra .
Il cadavere indossa un completo grigio scuro a righe, camicia bianca con righini grigi entrambi
sbottonati, cravatta bleu scuro con righe diagonale sciolta.
La pistola, il caricatore con le 6 cartucce ed il bossolo, sono stati repertati unitamente ad altri
oggetti ivi rinvenuti da dipendenti questa Squadra Giudiziaria intervenuti sul posto agli ordini del
Dirigente l'Ufficio di P.S. di cui sopra.
Si allegano al presente verbale i sottonotati rilievi:
Ril. n°1 (Il cadavere visto trasversalmente dalla soglia della camera 219);
Ril. n° 2 (Il cadavere tra le cui gambe si nota la pistola, indicata dalla freccia);
Ril. n° 3 (Il cadavere visto dall'alto, parte destra, nella metà superiore);
Ril. n° 4 (Il cadavere visto dalla parte posteriore, col particolare del caricatore, indicato dalla
freccia, nascosto sotto la coscia sinistra);
Ril. n° 5 (Il cadavere, visto dalla parte anteriore, col particolare del foro d'entrata);
Ril. n° 6 (Il particolare del bossolo, indicato dalla freccia, visto dalla parte destra).
Fatto, letto, confermato e sottoscritto
Il tecnico di P.S. Brig. (firma illeggibile)
Al rapporto della scientifica riporto anche il referto del medico legale il dott. Borrelli
Cav. Uff. Dott. Franco Borelli
Medico Chirurgo
Sanremo – Via Matteotti, 20
Verso le ore tre del 27 gennaio 1967 sono stato chiamato all'Hotel Savoy alla camera n ° 219 della
depandance, dove ho proceduto alla seguente costatazione: steso a terra, accanto al letto e vicino ad
un armadio a cassettoni con al lato prospicente la porta verso cui si nota una altro armadio a
specchio, un uomo della apparente età di circa 30 anni che corrisponde al corpo del cantante autore
Luigi Tenco.
E' in posizione supina. Si nota una larga ( parola illegibile ) e materia celebrale al lato destro del
capo e anche all'( parola illegibile ) si nota un foro d'entrata di proiettile d'arma da fuoco alla
regione temporale destra.
L'arma viene trovata in mezzo alle gambe che si presentano in posizione divaricata.
E' evidente la posizione assunta dal cadavere come conseguenza di ferita d'arma da fuoco a scopo
suicida dalla posizione in seguito alla caduta a terra.
In fede, dott. Franco Borelli
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Non venne fatta alcuna autopsia nel 1967 al cadevere l'ultima perizia sul corpo venne effettuata
all'obitorio dal dott Pietro Roverio alle ore 08.30 del mattino.
Nel Processo Verbale di descrizione e ricognizione del cadavere viene scritto
Il perito rispondendo ad analoghi quesiti dichiara :
− La morte è stata causata da ferita con frattura multipla del cranio e spappolamento della
materia cerebrale
− il mezzo che la produsse su un colpo di arma da fuoco ( pistola ) sparato a brevissima
distanza.
− La morte risale a circa 7 ore fa.
Per prima analisi riporto le pesanti inesattezze del rapporto della polizia scientifica
“Si accede alla camera attraverso una porta in legno apribile verso l'interno da destra a sinistra,
munita di serratura comune, in atto chiusa a chiave...”
Dalla deposizione ufficiale di Dalida:
“Conoscendo il suo stato di condizione psichica abbiamo telefonato in albergo e ci è stato
confermato che era rientrato, mi sono portata nella stanza 219 per accertare le condizioni di salute
del Tenco. Ho trovato la porta accostata ma non chiusa a chiave e le chiavi dentro la serratura
dall' esterno.
“Ha la testa leggermente flessa verso destra e aderisce al pavimento in legno..”
Il pavimento invece come si vede molto bene dalle foto è in graniglia , ovvero mattonelle, non
legno.
“Sulla regione temporale destra si nota un foro d'entrata di proiettile d'arma da fuoco dalla cui ferita
è fuoriuscito abbondante sangue frammisto a materia cerebrale..”
Nel rapporto della scientifica non si parla di foro d'uscita, quest'ultimo infatti verrà “scoperto” solo
nel 2006 durante l'autopsia.
Non viene riportato neanche il posacenere frantumato notato da diversi testimoni.
Non verrà nenche ritrovato il biglietto d'addio, quest'ultimo non è presente in nessun rapporto
ufficiale redatto , solo nella deposizione ufficiale di Dalidà spunterà fuori questo biglietto.
Interessante è notare l'ora dei due referti nel primo quello della polizia non si evince l'ora anche se
dalle dichiarazioni nel verbale di sequestro sono le tre però il fotosegnalatore arriverà in albergo alle
4.15 insieme ad altri poliziotti verosimilmente per dare il cambio ai colleghi ed è a quell'ora che
verranno redatti i verbali.
Dal referto del dott. Borelli sono le tre del mattino , Dalidà sosterrà durante la deposizione di aver
rinvenuto il cadavere verso le 2.00 , 2.10 quindi ben 45 minuti prima che arrivasse la polizia sul
luogo.
I rilievi allegati al fascicolo non sono poi presenti perchè al momento di andare in stampa ,il
fascicolo si trovava presso l'archivio della Procura della Repubblica di Sanremo , scomparve.
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Verranno allegate in realtà solo le tre fotografie “ufficiali” e “ufficiose” nelle quali viene riportato
il cadavere di Tenco visto da due diverse angolazioni e un foto della valigia con un cerchio che
segnala un oggetto che potrebbe essere l'ogiva ma che è solo una deduzione perchè quest'ultima non
compare in nessun rapporto.
Il necroforo Berdagano afferma inoltre che altre foto vennero fatte prima dell'arrivo del
fotosegnalatore alla 4 del mattino, ma di queste non vi è traccia.
Il proiettile esploso , viene infatti segnalato in una foto tramite un cerchio ma negli oggetti repertati
dalla polizia compare insieme alla dicitura “bossolo con proietto” poi corretta con “un bossolo e una
pallottola” ma non essendoci un foro d'uscita non si capisce da dove sia spuntato.
Un altro particolare che viene omesso nel rapporto è la macchia di sangue sul copriletto che si può
intravedere nello specchio dell'armadio riflessa, questa macchia potrebbe essere catalogata come un
impronta di mano ma più verosimilmente essendoci un foro d'uscita si protrebbe pensare al tipico
schizzo di sangue che si forma in seguito alla fuoriuscita del proiettile e della pressione, questo apre
però ad una diversa disposizione del corpo al momento dello sparo , ovvero con il busto appoggiato
al letto .
Questa posizione è inoltre confermata da Dossena che dopo Dalidà entra nella stanza e lo trova
“seduto a terra con il busto appoggiato alla sponda del letto”
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IL RUOLO DEL COMMISSARIO MOLINARI NELLO SVOLGIMENTO DELLE
INDAGINI
Molinari ha sempre dichiarato e non si è mai confuso o ha mai ritrattato
“ Ero appena andato via dal Casinò dove avevo mangiato una pizza in fretta ed ero tornato a casa,
una volta rientrato mi sono diretto verso la stanza di mio figlio per fargli una carezza, poi vado nella
mia camera da letto per coricarmi , mi ero appena tolto i pantaloni quando mi arriva una telefonata
dal Commissariato, devo correre subito al Savoy perchè Luigi Tenco si è sparato.”
Già chi lo avvisa è quindi certo del suicidio e convince anche l'ispettore che audacemente e contro
ogni minima regola di indagine e di buon senso, chiama il giornalista Marco Benedetto dell'ANSA
e batte la notizia del suicidio di Luigi Tenco, senza neanche avere visto il cadavere .
Secondo il Commissario sono le 2.15 , ma il fonogramma urgentissimo nel quale si avvisava la
Procura della Repubblica dell'accaduto riferisce che il Commissariato fu avvisato alle 2.45 ed anche
la notizia all'ANSA viene data alle 2.45 , qui le prime discrepanze.
Il Commissario Molinari viene accompagnato dagli agenti di P.S. Angelo Ciminari , Sebastiano
Rampanà e Vincenzo Vairo è presente anche il dott Enrico Setajolo Dirignete del Commissariato,
quando arriveranno all'hotel Savoy la hall è già piena di giornalisti e curiosi.
Mentre nella stanza 219 il dott Borrelli effettua un sopralluogo per decretare il decesso il
Commissario Molinari si trova al piano superiore dove assiste alla furibonda lite tra Lello Bersani e
Ugo Zatterin , in seguito Zatterin si scaglierà contro lo stesso Commissario minacciandolo di non
svolgere le indagini .
Sono le 3.30 e sul posto ci sono anche i due necrofori che ricevono l'ordine e il permesso di portare
il corpo all'obitorio, il Commissario non è ancora nella stanza come da lui stesso ricordato, non è
ben chiaro quindi chi abbia dato l'odine ai due necrofori di prelevare il cadavere.
La salma viene portata al cimitero di Valle Armea , il necroforo Bergadano dichiara :
“ Siamo partiti , siamo andati a prendere questa salma e c'era la polizia, siamo stati una mezz'oretta
li poi hanno detto : <<Adesso potete muovere la salma e portarla al cimitero>> e noi l'abbiamo
presa e portata al cimitero.
Arrivati al cimitero abbiamo scaricato, come facciamo sempre.
Dopo dieci minuti arriva la Polizia e fa : << Riportate subito la salma al Savoy com'era>>.
E allora noi li abbiamo seguiti e siamo andati al Savoy, abbiamo messo la salma per terra com'era,
con i piedi sotto il comò, con la testa appoggiata lì alla testata del letto e siamo stati li un'oretta.”
Bergadano , il necroforo , anni prima della testimonianza scritta sopra, aveva dichiarato al
giornalista Colonna che il corpo di Tenco era parallelo al letto e supino, avrà cambiato idea.
Questa svista, se vogliamo chiamarla così , ha di fondo due motivi, il primo è che a detta di
Molinari la pressione dei fotografi e dei giornalisti era tale che lui ha dovuto far riportare il corpo di
Tenco nella stanza per permettere ai giornalisti di scattare delle foto, il secondo e il più plausibile è
che Molinari si era completamente dimenticato di far effettuare i rilievi fotografici da allegare al
fascicolo da trasmettere alla Procura, ma ad una attenta ricostruzione salta subito agli occhi come
nessuno dei due motivi citati sia stato poi completamente soddisfatto.
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Non sono perventute mai fotografie del cadavere di Tenco fatte da qualche fotoreporter o da qualche
cinereporter, oltremodo le foto allegate nel fascicolo scompariranno prima di andare in stampa e se
ne salveranno solo 3 su 6 , il motivo che spinse la Polizia a far rimuovere il cadavere è
probabilmente un'altro quello di ripulire il corpo da eventuali segni di colluttazione o altro e
soprattutto quello di alterare indelebilmente la scena del crimine, quando fu rimosso il corpo infatti
fu rimossa anche la pistola che venne addirittura portata all'esterno dell'edificio e poggiata su una
macchina insieme ad altri oggetti.
Reperti della scena del crimine
Ingrandimento pistola
Quando il corpo fu riportato al Savoy fu anche chiamato il fotosegnalatore sono le 4.15, la
ricognizione avviene quindi in una scena del crimine alterata e manomessa, la pistola usata nelle
foto potrebbe quindi essere anche una pistola d'ordinanza della Polizia, per fare in fretta , e il
cadavere potrebbe essere stato messo in una posizione artefatta e ricostruita, oltremodo la scena è
stata pesantemente alterata anche in mancanza del corpo, il via vai di curiosi nella stanza è accertato
e probabile.
Il verbale verrà redatto a quest'ora dopo i rilievi del fotosegnalatore, con una scena del crimine
ricostruita , gli oggetti ritrovati nella stanza sono :
−
−
−
−
−
−
−
−
Una pistola automatica cal 7,65 marca Walther matr. 517600
Un caricatore contenente n 6 cartucce cal 7,65
un bossolo con proietto cal 7,65
Una scatola di cartone contenente a sua volta un'altra scatolina con 12 cartucce per pistola
automatica cal 7,65
un caricatore nuovo vuoto, per la stessa arma
un arnese di metallo giallo per la pulizia dell'arma
un libretto d'istruzioni
un foglio per il tiro al bersaglio con alcuni fori e la denuncia dell'acquisto della pistola
medesima
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Più avanti il rapporto enumera altri oggetti ; il passaporto, una tessera per entrare nell'area comune
del Casino, un portafoglio, un libretto d' assegni, una scatola di pronox vuota,la patente,
l'orologio ,una lettera dell' RCA in busta chiusa indirizzata a Tenco, una penna, non viene rinvenuto
come già detto in precedenza il biglietto d'addio e non viene trovato neanche del denaro neanche in
moneta.
Nel redigere il verbale di sequestro degli oggetti addirittura Molinari scriverà che Tenco si è
suicidato alle 2.30 circa.
Nel frattempo Molinari legge davanti ai giornalisti il famoso biglietto d'addio, appena consegnato
nelle sue mani da Modugno e Vivarelli sono quasi le 5 del mattino, il testo del biglietto verrà subito
diffuso dall'ANSA e sarà eretto come prova inconfutabile del suicidio.
Alle ore 5 circa il corpo lascia definitivamente il Savoy e alle 5.20 iniziano gli interrogatori
compreso quello di Dalidà che tra tutti è quello piu costruito, riporto il testo per intero.
COMMISSARIATO DI P.S. DI SAN REMO
OGGETTO: Processo verbale di: interrogatorio
anno millenovecento 67 addì 27 del mese di gennaio
nel locale Albergo Savoia in Sanremo alle ore 5,20
Innanzi a noi sottoscritti Ufficiali di P.G. è presente la cittadina francese GIGLIOTTI Iolanda detta
“Dalida” nata a Cairo il 17.1.33, residente a Parigi, 18 - 98 rue Lejie, artista, munita di passaporto
n°17020 rilasciato il 6.10.64 dalla Prefettura di Parigi, la quale opportunamente interrogata dichiara
quanto segue:
Al termine dell'esibizione al Festival della Canzone unitamente ad altri artisti e giornalisti ci siamo
recati al Ristorante “Nostromo” ove avevamo l'appuntamento. Il cantante Tenco era notevolmente
depresso a causa dell'eliminazione della sua canzone “Ciao amore, ciao” per cui ha lasciato tutti alle
0,30 circa dicendo che voleva restare solo e si è portato in macchina da lui guidata in albergo.
Conoscendo il suo stato di condizione psichica abbiamo telefonato in albergo e ci è stato
confermato che era rientrato .
Alle 2,10 di stamane, nel rientrare in albergo mi sono portata nella stanza 219 per accertare le
condizioni di salute del Tenco.
Ho trovato la porta accostata ma non chiusa a chiave e le chiavi dentro la serratura dall'esterno .
Ho bussato più volte senza avere alcuna risposta.
Sono entrata, ho trovato la luce accesa ed il Tenco disteso per terra apparentemente privo di vita.
Dallo stesso telefono della camera ho chiamato dicendo che era successo un incidente e che era
necessario l'intervento di un dottore. È accorsa gente ed a tutti ho comunicato quanto accaduto.
Preciso che su un tavolino della stanza del Tenco ho rinvenuto un biglietto su carta intestata
dell'albergo,scritto dal Tenco che inizia con le parole: “Io ho voluto bene.......e termina con le parole
Ciao Luigi”.
A questo punto è presente il signor Vivarelli Piero, nato a (***), residente a (***), giornalista, il
quale fa presente che il biglietto rinvenuto nella stanza è stato scritto dal Tenco in quanto riconosce
la sua grafia.
Fatto, letto , confermato e sottoscritto.
Iolanda Gigliotti
Piero Vivarelli
dr Arrigo Molinari – Comm. P.S.
Dr Enrico Setajolo - Comm. Capo P.S.
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La dichiarazione fatta da Dalidà se fosse vera sarebbe un insulto alle forze dell'ordine e chiaro che è
una deposizione costruita ad arte per restare sul vago e confermare quelle poche certezze che la
Polizia aveva sul suicidio , fra tutte l'intervento di Vivarelli a conferma della autenticità del biglietto
rinvenuto nella stanza , ma il particolare che più stride è il fatto che la cantante non nota la pistola
ed infatti conferma che secondo lei si fosse trattato di un malore e non di un suicidio effettuato con
un arma da fuoco.
Infine conferma l'ora del ritrovamento del cadavere ovvero le 2.10, la polizia verrà avvertita solo
alle 2.45 un buco di mezz'ora su cui nessuno dei poliziotti si sia mai fatto domande sul perchè di
così tanto ritardo.
La cantante francese parte subito dopo alle 6.00 circa per la Francia, parte con lei anche il fratello
Bruno Gigliotti e Lucien Morisse , ovviamente è alquanto strano che la polizia permetta un espatrio
ad un testimone di un potenziale omicidio, ma anche se il Commissario fosse interamente convinto
che il caso fosse un suicidio , per legge i testimoni più rilevanti, ovvero chi per esempio ritrova il
cadavere, devono essere reperibili per le successive 48 ore.
Dalidà lascia il Savoy
nella mattinata del 27
Gennaio
Dalidà in macchina con Morisse e il fratello Bruno
Un altro restingimento temporale si ha riguardo il fermo della salma nell'obitorio del cimitero di
Valle Armea, la legge infatti impone che per i casi di morte violenta, siano essi suicidi o omicidi, la
salma resti per 48 ore nell'obitorio , il necroforo infatti restò perplesso nel vedersi presentare
nemmeno un paio di ore dopo il nullaosta per la rimozione del cadavere dall'obitorio.
Il 24 Giugno 1967 la Magistratura archivia il caso come suicidio, un'archiviazione lampo oltretutto
senza i rilievi allegati e un anno dopo nel Febbraio del 1968 il Tribunale di Sanremo vende all'asta i
reperti del crimine al sig Renzo Del Monte.
Molinari nel gestire queste indagini combina forse il più grosso pasticcio degli ultimi 45 anni, riesce
infatti a lasciare dietro di se una mole di disattenzioni e inesattezze che sono poi il punto
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fondamentale sul quale ci si basa per formulare dei dubbi sull'ipotesi di suicidio.
Il Commissario tenterà anni dopo di rimediare ad alcuni strafalcioni rilasciando delle dichiarazioni
atte a spiegare seppur con le dovute riserve alcuni atteggiamenti tenuti dalla Polizia quella notte che
sfiorano in alcuni casi mentre in altri confermano la violazione della legge.
Il fatto che il cadavere sia stato riportato in albergo per fare i rilievi , saltò fuori solo recentemente e
grazie alle rivelazioni del necroforo, nessuno infatti sapeva di questo andirivieni neanche il fratello
Valentino Tenco che fu spettatore ignaro di questo trasporto ne fu mai informato.
Il motivo è semplice , è vilipendio di cadavere spostare un corpo da un posto alll'altro per futili
motivi o per distrazione.
Ebbene Molinari all'uscita di queste dichiarazioni si limitò ad inventare una scusa che ha
dell'incredibile, fece riportare il corpo nella stanza perchè aveva avuto delle pressioni dai giornalisti
perchè non avevano potuto fare le foto per i loro giornali.
Successivamente in un altra intervista ( che allego in formato audio ) ritratta la precedente versione,
forse conscio della baggianata che aveva detto e ammette il fatto che il corpo fu riportato in stanza
per fare i rilievi fotografici.
E' il ruolo da sprovveduto cui ha voluto relegarsi che meraviglia ancora oggi. Avrebbero trasportato
il cadavere all'obitorio a sua insaputa durante la sua permanenza nella hall, se un sottoposto, si fosse
arrogato il diritto di decidere in sua vece, come minimo avrebbe avuto un richiamo disciplinare cosa
che non avvenne.
Avrebbe fatto poi riportare il cadavere di Tenco dall'obitorio al Savoy dietro insistenze di Lello
Bersani, cosa palesemente falsa,e in ultima istanza perchè si assunse l'onere delle indagini - che non
svolse - quando per legge, avrebbe dovuto espletarle il Dott. Setajolo suo capo diretto? Perchè la
magistratura non censurò il suo operato dando per scontato che la rimozione di un cadavere è
demandata esclusivamente al magistrato? La censura, per un funzionario di polizia equivale alla
morte civile.Il dottor Molinari fece invece carriera.
In un primo tempo Molinari asserì che l'autopsia e il guanto di paraffina non furono effettuati per
mancanza di fondi.
Fu la procura a comunicargli questo presunto stato di indigenza??
Successivamente asserì invece che gli vennero fatte pressioni dall'alto.
Bene, possiamo sapere ora il nome di questo personaggio o personaggi che inibirono il regolare
corso della legge? domanda retorica quest'ultima perchè il Commissario Molinari morì il 25
settembre del 2005 ucciso da diverse coltellate in un omicidio – rapina che ha in se molti lati oscuri,
riporto qui l'articolo apparso su un quotidiano
Ucciso ex questore Genova Molinari
Ladro spiega:L'ho trovato già morto
L'ex questore di Genova è stato trovato morto nella camera da letto della sua abitazione di Andora.
Arrigo Molinari, 73 anni, è stato ucciso a coltellate. Numerose macchie di sangue sono state trovate
nella stanza del delitto e all'interno del complesso residenziale. Intanto è stato fermato un aiuto
cuoco, Luigi Verri, perché sospettato di aver commesso il delitto.
Raggiunto all'addome da due fendenti, l'ex questore di Genova da qualche anno svolgeva l'attività
legale e seguiva il figlio, albergatore e gestore del Bingo di Imperia. I carabinieri della compagnia
di Alassio, coordinati dal tenente Geremia Lugibello, hanno chiesto l'intervento dei colleghi del Ris
di Parma, il raggruppamento di investigazioni scientifiche. A quanto pare Molinari potrebbe aver
resistito a un tentativo di rapina e che sia stato conseguentemente ucciso a coltellate: ipotesi
rafforzata dal procuratore capo di Savona, Vincenzo Scolastico, il quale ritiene &quot;che il delitto
sia legato ad un fatto occasionale.
Molte le tracce di sangue trovate sul luogo del delitto: una di queste è visibile sul muro esterno della
palazzina vicino al vetro rotto della porta-finestra dell'abitazione di Molinari.
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Nella stanza del delitto, diversi segni di colluttazione. E un sospettato dell'omicidio dell'ex questore,
l'aiuto cuoco Luigi Verri, è stato a lungo interrogato nella caserma dei carabinieri di Alassio.
L'uomo, dopo aver contattato un avvocato, si è presentato spontaneamente, autodenunciandosi per
furto:
Verri ha ammesso di essere andato a casa dell'ex questore la notte dell'omicidio, tra le 23.30 e
mezzanotte e mezzo, per derubarlo. Ma una volta entrato avrebbe trovato l'ex questore già morto:
impaurito, si sarebbe subito allontanato lasciando una serie di tracce di sangue perché, nel rompere
il vetro della porta-finestra per entrare nell'abitazione, si è ferito a una mano.
Per ora gli investigatori sembrano credere alla sua versione, e l'uomo non è stato fermato. Le
indagini, quindi, continuano.
Da avvocato, Arrigo Molinari si era impegnato ultimamente contro il fenomeno dell'anatocismo
bancario. In seguito ad un suo esposto per conto di un cliente, la Procura della Repubblica di
Imperia aveva aperto un'inchiesta per usura aggravata indagando sei ex direttori della filiale
imperiese di un istituto di credito succedutisi dal 1982 al 2000.
L'ex questore di Genova divenne noto in tutt'Italia quando scoppiò l'affare”P2” e il suo nome venne
ritrovato negli elenchi conservati da Licio Gelli nella sua casa vicino ad Arezzo.
Sospeso per un certo periodo dall'incarico era stato successivamente reintegrato ma non aveva
assunto più posizioni di vertice fino al momento in cui era andato in pensione.
Nel '67 si era occupato anche del suicidio di Luigi Tenco, entrando per primo nella stanza del
cantante. Molinari affermava con orgoglio di aver fatto parte di Gladio. Vedovo da un paio di anni,
aveva due figli, un maschio ed una femmina. La moglie, Maria Teresa Pallavicino, anch'ella
avvocato, era nota anche per aver difeso alcuni brigatisti rossi durante gli anni del terrorismo.
L'intervista rilasciata a Bonolis nel corso del programma “Domenica In” registrata e mandata in
onda nel Febbraio 2004 è molto chiara negli intenti, sebbene Molinari esordisce dicendo
chiaramente che “ Un suicidio non era sicuramente..” viene però prontamente interrotto e corretto
da Bonolis e questo sarà poi un atteggiamento che si ripetarà al ripetersi di dichiarazioni scottanti
del Commissario , non sapremo mai se Molinari avesse intenzione di redimersi riguardo al caso
Tenco in quanto dopo questa intervista non fece altre dichiarazioni in merito.
VARIE TESTIMONIANZE SULLA POSIZIONE DEL CORPO E SULLA PISTOLA
Le posizioni del corpo
Per Molinari il corpo è in posizione genericamente supina e il report specifica trovarsi in posizione
trasversale rispetto all'angolo sinistro inferiore del letto con i piedi rivolti verso la porta d'ingresso
Per il Dott Borrelli ,che è tra i primi ad entrare nella stanza ( verso le 3.00 ) , Giuseppe Bergadano il
necroforo e Mino Durand, il corpo è perfettamente parallelo al letto, tra questo e il cassettone, con
la testa rivolta verso i fondo.
Per Fabrizio Zampa , Tenco è nella stessa posizione ma con il braccio destro piegato sotto la
schiena.
Per Dossena che è tra i primi ad entrare , ricordiamo entra subito dopo Dalidà, Tenco è seduto a
terra con il busto appoggiato alla sponda del letto.
Ciminari lo trova addirittura in una posizione innaturale, con il bacino sulla sponda del letto, il
busto riverso e i piedi puntati in terra, l'agente probabilmente avrà visto il corpo mentre cercavano
di “aggiustare” la scena del crimine, anche se l'agente fa parte della squadra che con Molinari
accede per prima nella stanza 219 quindi la domanda sorge spontanea ;
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Com'è possibile che lui e Molinari abbiano avuto due visioni diverse nello stesso momento?
L'unico oltre al Commissario che vede il corpo in posizione supina, ai piedi del letto ed a questo
perpendicolare è Speroni.
Da queste testimonianze appare evidente che il corpo di Tenco viene trattato come un pupazzo,
sballottato in tutte le posizioni e sono proprio queste testimonianze che incrinano sensibilmente la
tesi del suicidio fondamentalmente per una questione di coerenza, in una scena del delitto a scopo
suicidiario non c'è bisogno di aggiustare il corpo mettendolo in ben 4 posizioni diverse delle quali
l'ultima quella definitiva la più improbabile in una scena da suicidio.
La questione è sicuramente un altra, io non credo che l'omicidio di Tenco sia stato un fatto
puramente casuale, c'è da dire che però l'assassino si è trovato con poco tempo a disposizione ed
una hall che da lì a poco si sarebbe riempita di giornalisti e poliziotti, quindi il fatto di tralasciare
alcuni particolari come la pistola, le scarpe , alcuni segni di colluttazione sono duvuti alla fretta, la
polizia ha provveduto nè bene nè male ma come ha potuto per colmare queste lacune e far sembrare
la scena un suicidio, solo così si spiegano tutti questi movimenti del corpo, non credo e non spero
che ci siano spiegazioni più macabre.
Le posizioni della pistola
Come per il corpo anche la pistola appare e scompare dalla scena del crimine
Per Molinari e Durand la pistola è nella mano,non si è mai capito dalle dichiarazioni o dai verbali di
quale mano si trattasse , se la destra o la sinistra
Addirittura Durand è sicuro che non si trattasse di una Walther Ppk ma di una Beretta ( Durand è un
esperto d'armi ) e nella sua dichiarazione dice di avergliela sfilata dalla mano incuriosito dalla
marca e rendendosi conto del reato che aveva commesso la riposizionò subito.
Per Borrelli è in mezzo alle gambe
Per chi effettua i rilievi è sotto i glutei o meglio, la descrizione la colloca <<fra le gambe>> ma dai
rilievi fotografici è sotto i glutei e si scorge a malapena il grilletto.
Per Dossena la pistola si trova in fondo alla stanza lontana dal corpo.
Dalidà non nota neanche una pistola, ne è talmente sicura che chiamerà infatti un medico per un
malore, anche se questa telefonata è dubbia, più probabilmente fu fatta da Dalla.
Per Speroni e Bergadano la pistola è addirittura sul comò , Bergadano quando riporterà il corpo
nella camera si accorgerà della sua sparizione
Queste testimonianze , volutamente filtrate tra quelli che per primi entrarono nella stanza o che
comunque dato il loro grado professionale ci attendiamo fossero sincere , mettono in evidenza il
grado di superficialità con cui vennero svolte le indagini e la palese ricostruzione della scena del
crimine.
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CHI HA SCOPERTO IL CADAVERE
Per anni si è discusso su chi realmente per primo abbia scoperto il cadavere di Tenco, tra chi si
avvicina al caso leggendo solo i resoconti ufficiali è noto che fu Dalidà a scoprire il cadavere del
povero Tenco, suo amante e su questo ci si è ricamato sopra per molto tempo sottolinando anche
questo legame di amore e morte che portò la cantante a tentare due suicidi e riuscirci con il terzo.
Ma la realtà è un'altra, dalle ricostruzione fino a qui elencate emerge inequivocabile che non fu la
cantante francese la prima ad entrare nella 219, la porta ricordiamo è socchiusa con le chiavi nella
toppa esterna, dettaglio che fa pensare che qualcun'altro fosse già entrato nella stanza.
Ma un'altra spiegazione ci viene data dal rapporto della scientifica nella quale la porta è chiusa, se
fosse stato così Dalidà come avrebbe potuto accedere alla stanza, il cadavere sarebbe stato trovato
quindi la mattina dopo con la porta chiusa.
Appare infatti improbabile che Tenco sia entrato ed abbia lasciato la porta aperta, dettaglio questo
che avrebbe oltremodo amplificato lo sparo che nessuno ha sentito, quindi è molto probabile che
quella chiave fosse una chiave di servizio, oppure la chiave dello stesso Tenco sottrattagli mentre
stordito o già cadavere veniva riportato in stanza.
Il dubbio su questa chiave apre molte strade e se da un lato avvalora la testi secondo cui Tenco non
fu ucciso nella sua stanza ma vi fu riportato o stordito o cadavere, dall'altro ci fa riflettere
sull'ipotesi che il cantante fosse stato ucciso nella sua stanza con un silenziatore.
In quest'ultima ipotesi infatti non si spiega la chiave se non con una dimenticanza sia del cantante
che entrando lascia la chiave nella toppa esterna forse perchè in compagnia di qualcuno, sia degli
assassini che scappando tralasciano di chiudere la porta e così di guadagnare tempo.
Il ruolo di Lucio Dalla in questa faccenda è importante, per molti fu lui invece sia a scoprire non il
cadavere ma Tenco ancora agonizzante a terra e fu sempre lui a chiamare il portiere chiedendo un
medico.
Dalla come ricordiamo alloggiava nella stanza accanto , purtroppo non ha mai voluto rilasciare
delle dichiarazioni precise, non fu neanche interrogato ufficialmente dal Commissario, forse anche a
causa dello stato in cui versava quella sera, da alcune testimonianze il cantante si aggirava nella hall
mezzo nudo ed in stato confusionale , per molti fu lui ad irrompere nella hall dando la notizia della
morte di Tenco.
Lucio Dalla nella hall
del Savoy
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Ricostruendo, facendo riferimento ad alcune testimonianze e dalle poche dichiarazioni laconiche
dello stesso Dalla , effettivamente c'è un alta percentuale di probabilità che fu proprio il cantante ad
entrare per primo nella stanza, la prima telefonata che arriva il portiere nella quale si dice
“Tenco ha avuto un malore , chiamate un medico”la voce è maschile anzi il portiere all'inizio
afferma che forse si trattasse proprio di Tenco.
Quando Dalidà insieme a Simone e Dossena arrivano al Savoy , Dalidà andrà direttamente nella
depandance , anche se nella versione ufficiale passerà dalla portineria , mentre i due incontreranno
Dalla nella hall che gli darà la brutta notizia, quindi da questa ricostruzione Dalidà è la seconda
persona che entra nella 219.
Un altro fatto necessita la nostra attenzione è la dichiarazione di Sergio Citti, nella quale lui sostiene
di essere uscito dalla propria camera in seguito a del trambusto che proveniva dal corridoio e di aver
visto uscire dalla camera 219 Dalidà in lacrime con Lucien Morisse al seguito.
Lucien Morisse merita a questo punto alcuni chiarimenti riguardo il suo ruolo in questa vicenda, ex
marito di Dalidà e suo ex maneger .
Discografico della RTF, Lucien Morisse viene notato da Pierre Sabbagh, che gli chiese nel 1950, la
colonna sonora del telegiornale. Nominato nel 1956 dai fondatori d'Europe n ° 1 per promuovere
uno stile di radio popolare e vivo, è stato determinante nel successo della stazione giovani.
Lucien Morisse è soprattutto colui che ha inventato la radio nel principio di "Play List". La sua idea
è quella di multicast un titolo per fare un "successo". La vendita di 45 giri andò a gonfie vele. Nel
mese di aprile 1960, Lucien Morisse, allora responsabile della programmazione musicale in Europe
1 (allora l'Europe n ° 1) e conduttore della trasmissione Il discobolo.
L'8 aprile 1961, sposò Dalida, dopo 5 anni vissuti insieme ma il loro matrimonio durò solo pochi
mesi. Lucien Morisse morì suicida con un colpo d'arma da fuoco alla tempia l'11 settembre 1970 la
pistola utilizzata era una Walther Ppk 7.65.
Il suo rapporto con il clan dei Marsigliesi non è confermato ufficialmente da nessuna indagine
ufficiale ma erano molte le voci che lo indicavano come un collaboratore del clan.
Morisse non era stato invitato al Festival nè da Dalidà nè dal Festival stesso, lui infatti non aveva
alcun artista che si esibiva e inoltre nella stessa settimana lui era questa volta invitato ufficialmente
al Midem di Cannes , testimonianza di Dossena, quindi non si è mai capito fino in fondo come mai
quella sera spuntò dietro le quinte del Festival e soprattutto cosa ci facesse con Dalidà nella camera
di Tenco.
Dalidà nei camerini del Casinò nel pomeriggio
del 26 Gennaio con Lucien Morisse
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Dalle dichiarazioni di chi andò a cena al “Nostromo” nessuno ricorda che ci fosse anche Morisse,
inoltre un altra coincidenza sospetta è la telefonata ricevuta al “Nostromo” da Dalidà, nel 1967 non
c'era la selezione automatica nei telefoni, le chiamate venivano deviate da un centralino che
annunciava la telefonata, la proprietaria del ristorante ricorda benissimo che la telefonata provenisse
dall'Hotel Londra e non dal Savoy, il caso vuole che proprio all'hotel Londra soggiornasse Lucien
Morisse.
Altri studi apparsi recentemente concordano invece nell'alloggiare Morisse al Savoy anche se a
questo punto sembra strana o comunque contraddittoria la telefonata al “Nostromo” proveniente
dall'Hotel Londra.
Ma la testimonanza di Citti non lascia dubbi sul fatto che le urla di Dalidà e la sua uscita successiva
dalla stanza coincidano con la presenza di Morisse sulla scena, ora è chiaro che un personaggio
estraneo alla comitiva della serata e in un periodo in cui non esistevano i cellulari si trovasse lì
pobabilmente per sua iniziativa personale e non perchè avvisato ufficialemente da qualcuno, a
questo punto viene spontaneo chiedersi quale motivo lo portò nella stanza di Tenco.
CONCLUSIONI
Ho voluto riportare nel modo che mi è sembrato più oggettivo sia argomentazioni scientifiche sia
delle deduzioni che sorgono spontanee dopo l'ascolto di alcune dichiarazioni, l'impressione di chi
legge per la prima volta queste informazioni è sicuramente aperta al dubbio.
Non credo che avremo mai delle certezze su questo caso, sono passati ormai 45 anni , i colpevoli se
ce ne fossero sarebbero o già morti o comunque molto anziani e non ci sembra neanche il caso di
aprire indagini faraoniche con un costo notevole per la comunita solo perchè all'epoca le indagini
furono svolte malissimo, la cosa infatti che rimprovero al magistrato della Procura della Repubblica
che nel 2005 riaprì le indagini fu la leggerezza con cui fu affrontato un caso nel quale almeno si
sarebbe potuta mettere la parola fine archiviandolo come omicidio ( con autori ignoti ) e non
volendo per forza sostenere un suicidio che non sta in piedi e farlo sperperando soldi pubblici.
Anche nel 2005 è venuto fuori un clima minaccioso come quello che si respirava nei corridoi del
Savoy nel 1967 questo a confermare che in Italia le cose non cambiano , o forse per meglio spiegare
il clima omertoso che si cela dietro questo caso è utile aprire una piccola finestra sul Festival di
Sanremo.
Per gli spettatori ignari è il festival delle rose , dei grandi cantanti e dei vip ma i retroscena sono
molto diversi , è noto che dietro alla macchina del Festival girano scommesse sulle canzoni e altre
attività illecite, oggi forse in maniera ridotta ma nel 67 quando il Festival era un'istituzione e
insieme ad esso c'era il Casinò a far da teatro e impresario possiamo ben immaginare il giro d'affari
che produceva, inoltre è noto che il Casinò di Sanremo, dove il festival è stato ospitato per molti
anni, era nelle mani del clan dei Marsigliesi che ne gestiva il giro di scommesse e anche il
riciclaggio di denaro.
Un ambiente intriso di malaffare era il panorama che a Tenco si presentò all'arrivo al Festival, è
ovvio pensare grazie anche ad alcune testimonianze come quella della madre, che il cantautore
sapesse dove stava andando , alla madre telefonò il pomeriggio del 25 Gennaio chiedendole di
prenotare un dentista per il 27 Gennaio, Luigi confermò alla madre che già era tutto deciso e che lui
sarebbe stato eliminato la prima sera.
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Perchè allora andò ?
Le cause probabilmete vanno ricercate nel contratto stipulato con l'RCA alcuni mesi prima, lui
proveniva da una casa discografica più piccola l'RCA invece era già un colosso , con il suo
direttore Melis pupillo del Vaticano e molto attento a seguire le politiche commerciali di massa
americane alle quali la filiale italiana era legata per contratto ed anche per parentela.
Non stupisce quindi tutto il pomposo preliminare pubblicitario che seguì l'andata a Sanremo dei due
cantanti Tenco e Dalidà, è infatti oramai noto che la storia tra i due era una trovata pubblicitaria
voluta dalla casa discografica ,Tenco stesso lo dice in una sua lettera rivolta a Valeria
“Amore mio, Adriana ha promesso di farti avere questa lettera: ti prego, leggila, mi è costato
scriverla, ammettere la mia stupidità, la mia presunzione, le mie debolezze, la mia ingenuità. Sono
solo un uomo, e non tra i migliori, se mi sono lasciato trascinare in questa situazione assurda e non
ho la forza e la volontà di uscirne, perché se lo tentassi ne sarei distrutto, comunque. Io ho sbagliato
tutto nella mia vita, l'unica cosa giusta, pulita sei stata tu e a te non voglio e non posso rinunciare.
Ti ho detto mille volte ti amo, ma non ti ho mai detto scusami (è una parola che non vuoi sentire)
per i miei tanti difetti, per non aver la forza di uscire da questo ambiente ipocrita, falso, spietato in
cui domina il compromesso. Perchè sono una nullità.
Mi hanno promesso il paradiso mi sento sull'orlo di un baratro.
Come ho potuto arrivarci.[...] È tutta colpa mia: io ho permesso a quella donna di costruire tutta
questa storia, mi sono prestato al suo gioco, perché da idiota io lo credevo solo un gioco. Tenco e
Dalida, la coppia vincente del prossimo festival. Che notizia golosa per i giornalisti.
Io ho permesso agli altri di ricamarci sopra (ma se mi conoscessero veramente, come potrebbero
crederci?). [….] È una donna viziata, nevrotica, ignorante, che rifiuta l'idea di una sconfitta,
professionale o sentimentale che sia. E ora non so più come uscirne.
Tesoro mio, qualunque cosa tu possa sentire o leggere, credimi, abbi fiducia in me. Ti prego, ora
basta: torna, ho bisogno di te: non ti chiederò nulla, non voglio sapere nulla.
Ti amo tanto e ti voglio disperatamente.
Luigi.”
18 – 11 - 1966
Si capisce bene come fosse stato trascinato in questa situazione e come da essa volesse
disperatamente scappare, andò comunque a Sanremo consapevole però della sua sconfitta e
consapevole anche di non doversela prendere più di tanto, anzi si potrebbe anche azzardare l'ipotesi
di una sua volontà di vedere con i propri occhi se veramente quel mondo fosse così corrotto.
Tenco si trovò quindi ad affrontare degli interessi più grandi di lui e nei quali lui era un burattino,
quest'ultimo fatto fu quello a farlo infuriare e fargli decidere di scrivere quel promemoria con nomi
e cognomi per fargliela pagare a chi scommetteva e corrompeva il mondo della canzone che
ammettiamolo per quanto mediocre potesse essere sicuramente non meritava retroscena così
squallidi.
Ma fece i conti senza l'oste e non pensò che in ambienti così corrotti non c'è posto per l'ideale di
lealtà e onestà, inoltre più soldi ci sono in gioco e più la vita di una persona vale meno, la vita di un
uomo vale meno del suo peso in oro, concetto valido ancora oggi.
Si sentiva al sicuro circondato da amici o comunque che si spacciavano per tali e dei quali si fidò,
ma che non ebbero neanche la dignità di presenziare al funerale, un funerale che avvenne nella
prima mattina , come personaggi noti c'erano solo la moglie di Gino Paoli e il giovane De Andrè,
tutti gli altri , che poi fecero a gara a scrivere il nome di Tenco tra i propri amici ,non andarono,
come non si degnarono al Festival a fare la benchè minima celebrazione .
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Non fermarono il carrozzone neanche per un giorno in segno di lutto, questo a conferma che il
“treno” carico di soldi non potesse essere fermato da nessuno.
In rete c'è una petizione che ad oggi ha raggiunto le 72 mila persone e che continua a crescere
perchè si faccia luce su questo caso e che si faccia giustizia, almeno per quanto mi tiguarda non ho
nessun interesse a scoprire il colpevole , voglio solo restituire la dignità ad un uomo e ad un artista
che non si è ucciso perchè la sua canzone non era passata a Sanremo ma che fu vittima dell'
ipocrisia di un mondo che pensa solo al denaro ed alla fama e che non vuole essere intralciato.
Credo infine che il caso Tenco fu uno tra i primi casi documentabili nel quale l'opinione pubblica
abbia messo in moto la macchina del fango, tanto usata oggi nelle più disparate situazioni,
mettendo in croce anche l'opera di Tenco quasi sempre legata alla fine del cantautore e che molte
volte non viene considerata per quello che è solo in funzione del presunto “suicidio” del cantautore.
C'è stato sempre da parte dei media una forma di ridimensionamento del personaggio, si è
addirittura arrivati a dire che “Non vale la pena spendere parole per la futilità di certi suicidi” questa
affermazione ha cancellato tutti i messaggi , tutte le parole che Tenco ha voluto comunicare nei suoi
brani creando così quel fastidioso binomio che lega anch'essi alla futilità.
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Aldo Fegatelli Colonna
"È difficile dire che cosa sarebbe diventato oggi Tenco. Sappiamo della sua decisione, a un dato
momento, di smettere e continuare a comporre solo per altri (Mina, ad esempio).
Molti, in contraddizione col suo terror panico del pubblico, sono certi che oggi sarebbe un
formidabile animale da palcoscenico, uno show-man versatile ed eclettico alla stregua, solo per
fare un esempio, di un Yves Montand. [...] A Tenco fu tributato, anche se postumo, un
riconoscimento molto ambito in vita. [...] Tenco non ha conosciuto la stagione delle rughe, mentre
qualcuno ha messo su pancia, qualcun altro è diventato calvo, a molti gli ideali si sono ristretti e
tu, fratello minore, sei diventato quasi padre. Eppure, leggere il suo nome su una targa di un largo
alla periferia di Roma ci ha riportato improvvisamente quel dolore intenso che provammo
trentacinque anni fa, una mattina d'inverno su di un tram, nel leggere la notizia, nel vedere su un
giornale il suo volto contratto in una smorfia, fermo nella fissità di un'opera d'arte non più
riproducibile"
Bibliografia
[1] Giuseppe Bità http://luigitenco60s.forumfree.it/
“Le 5 prove dell'omicidio di Luigi Tenco”
[2] Pasquale Ragone , Nicola Guarneri, “ Luigi Tenco ,Storia di un omicidio”
Tabula Fati pp 97 – 290 , edizione 2011
[3] Aldo Fegatelli Colonna , “Vita e morte di un genio musicale”
Arnoldo Mondadori editore pp 21 – 40 , 90 – 114 , edizione 2002
[4] Roy Grassi , “Luigi Tenco è stato davvero un suicidio”
libro inedito pp 35 – 40 , finito di scrivere nel 1992
[5] Giovanna Marini “Imparare a sentire Tenco”
saggio.
[6] G. Antonelli,”Ma cosa vuoi che sia una canzone.Mezzo secolo di italiano
cantato” Il Mulino, Bologna, 2010
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