VIAPO
7 maggio 2011
FILOSOFIA E RELIGIONE
10
IlPlatone
russo
Un saggio di Daniele Serretti
sulla filosofia di Vladimir Solov’ev
di MAURIZIO SCHOEPFLIN
L’officina di pensiero
di Hanna Arendt
Pubblicati da Neri Pozza i Quaderni1950-1973
di MAURO FABI
"L'ingiustizia che
abbiamo commesso è il
fardello che ci grava
sulle spalle, un
qualcosa che portiamo
perché ce ne siamo fatti
carico. Questo in
contrapposizione al
concetto cristiano di
peccato, secondo il
quale l'ingiustizia è
emersa in noi, permane
in noi come peccato e
avvelena l'organismo
interno che era già
potenzialmente infetto,
cosicché abbiamo
bisogno della grazia e
della remissione, non
per essere s-gravati, ma
per essere purificati": è
la prima annotazione
che troviamo, datata
giugno 1950, dei
Quaderni e Diari che
Hanna Arendt compilò
tra appunto il giugno
del 1950 e il luglio del
1971 (per il 1972-73
non ci restano che
itinerari di viaggio).
Pensieri e appunti che
andranno via via a
riempire ventinove
quaderni. Dunque non
si tratta di diari che
scansionano
cronologicamente gli
avvenimenti biografici
della filosofa, ma di
veri quaderni di lavoro,
nei quali i temi
fondamentali del suo
pensiero si confrontano
di volta in volta con gli
autori che più ne hanno
segnato la formazione
e lo svolgimento, da
Platone a Kant, da
Aristotele a Marx, da
Hegel a Kafka.
Decisiva la presenza
degli amici e dei
maestri, da Jasper fino
a Martin Heidegger.
I Quaderni dunque
come autentica officina
di pensiero dell'autrice
di Vita activa. Ma
come intendeva il
pensare Hanna
Arendt? Fedele
all'insegnamento di
Heidegger ella non
vedeva il pensiero
come la manifestazione
pubblica di una atto
privato, intimo, non è il
sociale il luogo di
elezione della
riflessione, bensì, come
lei stessa afferma in
queste pagine, "il
deserto".
Decisivo nell'incipit
dei Quaderni, il
riferimento al perdono
e alla sua
interpretazione
secondo la religione
cristiana. Il perdono "si
da solo fra individui
che per principio sono
fra loro
presenza di Richler, "trovo tutto quello che avete detto
fin qui molto interessante, però scusa Mordy (Richler),
io abito nel North Side, e vorrei che mi spiegassi perché
questa settimana non sono passati a raccogliere la
spazzatura".
Incontri: Un signore chiede la dedica, "a Judith", e di
aggiungerci due righe personali. "Qualcosa di spiritoso"
si raccomanda. Obietto che, non conoscendo Judith,
buttarla su personale mi riesce un po' difficile. "fa
niente. Tanto mi sa che non riesce a finirlo", dice lo
sconosciuto strappandomi la copia di mano. "E' un
malata terminale".
Incontri 2: "Mio marito era in classe con lei al liceo, ma
stasera non è potuto essere dei nostri. Infarto."
qualitativamente
separati, quindi: i
genitori possono
perdonare i figli finché
sono bambini". Questo
atto del perdonare,
spiega Arendt,
distrugge l'uguaglianza
e con ciò il fondamento
delle relazioni umane
in modo radicale, esso
significa una sola cosa,
rinunciare alla
vendetta, passare oltre
l'ingiustizia subita. La
vendetta invece
"rimane sempre presso
l'altro e precisamente
non rompe la
relazione".
In ciò sta la portata
rivoluzionaria del
perdono che è cosa
totalmente diversa
dalla riconciliazione, la
quale ha invece origine
nella rassegnazione
verso ciò che ormai è
accaduto. Il perdono
stabilisce
l'ineguaglianza nella
relazione con l'altro,
chi perdona si trova
sempre in una
posizione di superiorità
(stesso discorso vale
per un termine a mio
avviso erroneamente
oggi tornato di moda, la
tolleranza - concetto
che aveva il suo
peculiare significato
nell'accezione lockiana
inerente al suo
tentativo di
pacificazione delle
sanguinose lotte tra le
varie sette religiose
nell'Inghilterra del
'600, ma che trova
scarsa attinenza nelle
società globalizzate dei
diritti e delle libertà).
Ciò non accade con la
riconciliazione che è
dunque l'esatto opposto
del perdono. Anche la
gratitudine non è una
virtù cristiana, non è
presente nel
cristianesimo, al suo
posto si trova la
rassegnazione alla
volontà divina, cioè il
superamento del
risentimento dell'uomo
nei confronti di Dio.
Il male radicale poi è
ciò che non sarebbe
dovuto accadere,
quello nei confronti del
quale è impossibile
invocare la
riconciliazione.
Hanna Arendt,
Quaderni e Diari
1950-1973, Neri
Pozza, Milano 2011,
pp. 683, euro 55,00
"Solov'ëv è un personaggio
di straordinario vigore
intellettuale, un pensatore
originale, un poeta che ha
stimolato in Russia la
corrente simbolista, un
teologo fuori dall'ordinario.
Il filo conduttore che regge
tutte queste attività si
potrebbe individuare nella
concatenazione tra vero,
bene e bello. Da questa
connessione non nasce
un'opera sistematica:
Solov'ëv non è un
intellettuale puro, non
compie il lavoro seduto al
tavolino, è un pensatore
versatile, sempre in
movimento. Egli ha sempre
pagato di persona la fedeltà
all'autenticità delle proprie
idee e convinzioni": queste
significative espressioni,
scritte da Nina
Kauchtschischwili, la
grande studiosa di slavistica
scomparsa novantenne nel
2010, ci dicono con
chiarezza quali siano stati lo
spessore intellettuale e la
rilevanza storica della
figura di Vladimir
Sergeevi? Solov'ëv, il
celebre pensatore
soprannominato il
"Platone russo", vissuto fra
il 1853 e il 1900. E ci dicono
anche che il cuore della sua
ricca e profonda
speculazione va ricercato
nel collegamento esistente
fra verità, bontà e bellezza.
Una chiara conferma di
questa linea interpretativa
proviene dall'ottimo volume
di Daniele Serretti che,
come avverte il sottotitolo,
non per caso mette in stretta
correlazione la dimensione
metafisica con quella
estetica, la dimensione del
vero con quella del bello,
ben sapendo che al centro
della filosofia soloveviana
sta la convinzione che esiste
la Sofia, l'eterna saggezza di
Dio, capace di unire e di
armonizzare il tempo con
l'eternità, la terra con il
cielo. Serretti rilegge le
questioni cruciali della
metafisica del pensatore
moscovita, questioni che
spesso appaiono lontane
dalla sensibilità della
cultura occidentale e che,
più volte, risultano
decisamente originali anche
nei confronti della
tradizione del cristianesimo
ortodosso: il lettore, infatti,
viene introdotto all'interno
di un complesso e
suggestivo universo denso
C'è pure l'aneddoto: lo scrittore Daniel Fuchs costretto a
cooperare con lo scrittore Faulkner, suo idolo. "Signor
Faulkner non quagliamo". F. annuisce. "E non
quagliamo" fa l'altro "perché lei è un antisemita".
"Vero" fa Faulkner. "Ma non è che per i gentili
straveda".
Richler insomma, senza esagerazioni, autore di un paio
di bei libri, un personaggione enorme che giustamente
continua a innaffiare volumi, film, pure da morto. E'
stato forse meno grande di quanto saremmo disposti. Ma
ci sono un paio di libri per cui non saremmo appunto
proprio disposti. La grande letteratura è piena di scrittori
da "due libri". A questo Richler più o meno
di implicazioni gnostiche ed
esoteriche, ove trovano
spazio tematiche quali
l'impersonalismo, il
misticismo e l'elemento
medianico-spiritico. La
seconda parte del libro è
dedicata alla concezione
estetica di Solov'ëv e, in
particolare, all'influsso da
essa esercitato sulla poetica
del simbolismo. A
proposito della soloveviana
filosofia dell'arte, si è
parlato di "utopismo", per
significare che il pensatore
russo ha sovrinnalzato il
fine della produzione
artistica: certo rimane il
fatto che egli ha considerato
l'attività artistica come una
vera e propria teurgia, cioè
una concreta ricreazione del
mondo come corpo vivente
di Dio. Serretti è bravo a
guidare il lettore nel non
facile universo filosofico
soloveviano che,
probabilmente, trova il suo
perno centrale in un forte
afflato mistico (non
dimentichiamo che
Solov'ëv stesso affermò di
aver avuto, poco più che
ventenne, durante un
viaggio in Egitto, la visione
della sapienza divina).
Scrive a questo riguardo
l'autore, offrendo
un'interessante
interpretazione complessiva
della figura e dell'opera del
pensatore russo: "Partito
dalla polemica con il
positivismo, il discorso
metafisico soloveviano si
muove anche in contrasto
con il dogmatismo delle
posizioni della tradizione
filosofica precedente, dalla
Scolastica fino ad Hegel e
Schelling, tenendo sempre
presente, in primo piano, la
tradizione mistica di
Eckhart, Böhme,
Swedenborg, che il filosofo
russo intende oltrepassare.
Un ruolo non secondario
giocò in tal senso
l'esperienza mistica sua
personale, a partire dalla
quale prende forma l'intero
suo sistema metafisica e
cosmologico. La metafisica
soloveviana è infatti
intimamente legata alla sua
sofiologia, ovvero alla sua
esperienza personale
mistica fondata sulle visioni
della Sofia".
Daniele Serretti,
Logos-Sofia. La
metafisica e l'estetica di
Vladimir Solov'ëv,
Studium 2011, pp. 168, euro
15,50
consapevolmente aggiunse la magniloquente figura del
personaggio che giustamente raccoglie a ogni angolo
del pianeta tribù di fedelissimi, se non di esaltati. Ci
sono libri che avrebbe potuto scrivere un Potok
qualsiasi, ma senza scomodare il solito Barney, perfino
il libretto su scrittori e letterati, "Un mondo di
cospiratori" era una piccola meraviglia.
Nell'omaggio c'è anche un ricordo del figlio, un ritratto
del padre, ammucchiando note durante la lavorazione
del film.
Post Scriptum: molto mediocre e molto frutto
dell'ambiente il ritrattino finale di Codignola.
Marco Maugeri
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