Quale cammino scegliere?
sceglierescegliere?
Letture, riflessioni e immagini per ascoltare la
voce della speranza e non dimenticare
A cura dei ragazzi delle classi terze della scuola media
statale “G. Pascoli” di Anzola dell’Emilia
5 dicembre 2013
Anniversario del Rastrellamento
del 5 dicembre 1944
Anche quest'anno in occasione della commemorazione del 5 dicembre 1944 e del
rastrellamento avvenuto ad Anzola, la scuola “Giovanni Pascoli”ha effettuato un percorso
di studio e di conoscenza relativo al periodo dell'occupazione nazi-fascista, con l'obiettivo
di diffondere la cultura della pace, della tolleranza, della legalità della memoria collettiva .
Per questa occasione si è voluta privilegiare oltre alle lezioni di storia locale su alcuni
aspetti sociali ,economici di vita quotidiana relativa a quel periodo, anche la lettura di
alcuni libri per dare una visione ancora più ampia della storia della dittatura del fascismo
e di effettuare relazioni tra storia locale e internazionale oltre i confini italiani. Ogni classe
infatti ha letto un libro relativo a quegli anni. Anni di silenzio, di deportazione, di lotta e
di morte.
Ciò ha costituito il punto di partenza per riflettere insieme, commentare, capire questo
tragico periodo storico che ha segnato profondamente la storia dell'umanità.
La follia nazi-fascista ha coinvolto molti paesi, creando senso di incertezza e insicurezza.
La paura e il dolore hanno attraversato anche Anzola dell'Emilia, con i rastrellamenti, le
deportazioni, gli eccidi, la violenza.
Troppi uomini sono morti, troppi diritti sono stati calpestati...
Noi abbiamo il dovere di ricordare, di non disperdere la “memoria” e di mantenerla viva.
E' la memoria, infatti, il mezzo per superare l'indifferenza e la noncuranza. E' la memoria
che ci insegna a orientarci nel presente, poiché anche oggi, purtroppo, la “follia” degli
uomini continua a fare stragi di popoli. “Troppi uomini continuano ad essere vittima dei
propri fratelli” (Giovanni Paolo II).
Troppi i silenzi, troppi i compromessi, troppo il Dolore...
La memoria diventa quindi il motore della solidarietà, della comprensione, della
condivisione, della valorizzazione del diverso, del confronto, del dialogo, del superamento
delle intolleranze.
Significativa è stata anche la collaborazione con l'ANPI.
Solo cercando di far acquisire una visione critica della realtà si può sperare di superare il
disimpegno, l'individualismo .
Sono i ragazzi i protagonisti del futuro, la voce della speranza
Le insegnanti delle classi terze della scuola media
“ G. Pascoli” di Anzola dell’Emilia
Ideazione e impaginazione a cura della Biblioteca Comunale
“E. De Amicis” di Anzola dell’Emilia
Questo piccolo libretto vi propone il percorso che noi ragazzi
delle classi terze della scuola media abbiamo compiuto per
cercare di capire la storia del nostro paese e più in generale
quella europea, attraverso testimonianze, libri e film
Ci sono vite segnate tanto profondamente da ciò che era e da ciò che sarà poi.
Di qua - di là. Il muro. Prima - dopo.
Bergen Belsen
Così è stato per Jerzy Henryk (Yurek) Orlowski prima che diventasse Uri
Orlev, al suo arrivo in Palestina nel 1947.
Varsavia è la città in cui è nato nel 1931 e dove è vissuto nella sua
vita prima. Una vita come tante, con i genitori e il fratellino.
Poi la guerra, il padre che parte per il fronte russo, il muro che taglia la città in
due, di qua il ghetto,di là una vita, quella dei polacchi, che sembra scorrere
migliore. Dove nonostante la guerra, il cibo che manca, la paura, c’è ancora
una parvenza di famiglia, ci sono ancora i giochi e l’innocenza.
Con la morte della madre, uccisa dai nazisti, i due fratelli, affidati alle cure
della zia Stef, si spostano da un nascondiglio all’altro, finché vengono
catturati e deportati a Bergen Belsen nel 1943.
Ventidue mesi in cui Yurek, tredici anni appena, conosce e attraversa tutto il
buio possibile, il dolore insopportabile dell’assenza e della solitudine, fino alla
liberazione nell’aprile 1945.
Una realtà, quella del lager, che smarrisce, dove ci si può perdere, se si
sopravvive.
Allora la parola, la parola scritta, la
poesia possono accogliere, proteggere e salvare.
Al prezioso taccuino che la zia gli aveva procurato, Yurek ha affidato in versi i
suoi pensieri di bambino della Shoah.
• Vi proponiamo una poesia di Uri Orlev scritta a tredici
anni, a Bergen-Belsen nel 1944
Quale cammino scegliere?
Non so quale cammino scegliere.
Sono due quelli che potrei percorrere,
il primo è strano davvero,
dall’altro è l’esatto opposto. Agenti segreti, delatori,
ladri, assassini, malfattori.
Sono forse tutti insensati,
sono forse tutti malati
quanti percorrono questo cammino?
Sono feccia, eppure gli sorride il destino.
Hanno pietanze abbondanti,
le tasche colme, straripanti,
si aprono la strada a colpi di gomito,
calpestano cadaveri, percuotono,
furti, assassinii, sevizie:
gli sorride il destino, ed è la più grande delle ingiustizie.
Il secondo cammino si intravede a stento,
nebuloso come un sogno indistinto,
pochi, in verità, si apprestano a imboccarlo
eppure c’è chi, a volte, è pronto a dimostrarlo:
il secondo cammino esiste veramente,
e non è solo un’illusione della mente.
Come saprò, come saprò quale cammino scegliere?
Il bene o il male come posso discernere?
Chi il cammino degli onesti mi saprà indicare?
Forse tu, cartello stradale,
che sui crocicchi le tue braccia allarghi,
il giusto cammino saprai mostrami?
Cartello stradale chiamato “vita”,
mostrami dove andare, la mia anima è smarrita.
Ah, un pensiero apre i miei occhi all’improvviso.
ora lo so, andrò là, dove la verità si svela dinanzi al mio viso:
il male è una notte scura,
il bene, un mondo di luce pura,
non devo procedere verso le tenebre,
ma verso il mondo della luce pura.
(13 aprile 1944)
•
Le nostre riflessioni sulla poesia
In questa poesia Uri Orlev è confuso e non sa cosa fare: se scegliere la strada
più facile o quella più difficile.
La strada più facile è quella di fare la spia per i tedeschi per procurarsi quel
po' di cibo per sopravvivere.
La strada più difficile è quella di continuare a nascondersi per sfuggire ai
tedeschi.
Nella poesia Uri dice che i delatori e i traditori sono feccia, eppure il destino
sorride loro, infatti hanno le tasche piene di soldi e cibo in abbondanza.
Filippo Neri
…Parla di due cammini tra cui scegliere: uno è quello del criminale a cui, pur
essendo feccia, gli sorride la vita, l'altro è quello più offuscato che non è però
un’ illusione, è reale: è il cammino del bene. A un certo punto gli viene una
illuminazione: lui vuole scegliere il cammino della luce pura, ossia della
bontà. É una poesia molto profonda, che mi piace molto, perché secondo me
questa è questa l'età nella quale chiedersi quale cammino scegliere, perché si
inizia a diventare grandi e maturi..
Luca D’Alimonte
Poesia del dubbio …. spesso fare del male porta più vantaggi che fare del bene
e questo è molto triste, perché se davvero l'uomo scegliesse la strada del male
per avere ricchezza e potere vivremmo in un mondo di odio, prevaricazione e
non di felicità.
Arianna Tassoni
Questa poesia parla di un periodo triste dell'infanzia di Uri Orlev,
di come egli debba scegliere quale via intraprendere, se quella del bene o
quella del male. Ovviamente in tempi di guerra è più difficile, perché la via del
male sembrava più facile... Penso che questa poesia sia molto bella e che
ancora oggi aiuti la gente a ragionare.
Michela Pittigliani
….il bene si intravede poco...il male è una notte scura, il bene è luce pura…
Paola Lippo
La poesia “Quale cammino scegliere” di Uri Orlev parla della sua incertezza a
scegliere quale cammino intraprendere: il bene o il male?
Il male è la via più semplice, ma anche se diventi ricco e non soffri la fame,
diventi una spia, un ladro, un assassino, e quindi tradisci coloro che sono
nella tua stessa condizione; invece se si segue la via del bene, anche se è più
difficile, ti fa essere fiero di te stesso.
Io la penso come lo scrittore di questa poesia: perché l'essere onesti con se
stessi non si può scambiare con i beni materiali, anche se in quel periodo
storico era più difficile scegliere la via del bene e chi la sceglieva era molta
coraggioso e faceva una scelta valorosa.
Denise Lazzari
Secondo me la poesia di Uri Orlev è molto importante per un ragazzo di
tredici anni come me perché serve a farmi riflettere.
Ho capito che la prima via è la più facile per ottenere tutto eliminando gli
altri, ma la vita così non ti “sorride”.
Invece la seconda via è più difficile perché è quella delle persone per bene ma
se la scegli starai bene anche dentro.
Hamza Birdaha
La poesia fa riflettere molto, perché chi sceglie la strada del male ha una bella
vita mentre chi sceglie la strada del bene ha una vita difficile...
Beatrice Goldoni
• Oltre a queste poesie, abbiamo letto anche il romanzo
“L’isola in via degli uccelli” di Uri Orlev. Queste sono
alcune delle nostre considerazioni
Il libro è un romanzo autobiografico ambientato in Polonia. La vicenda si
svolge nel periodo della seconda guerra mondiale durante l'occupazione
nazista1942-1943.
A quel tempo la vita è difficile per tutti, per gli ebrei è insopportabile.
Il protagonista del libro è Alex,un ragazzino polacco di 11 anni che vive
relegato nel ghetto di Varsavia con i genitori.
Sono anni di selezione di crudeltà,ingiustizia e ben presto la madre di Alex
viene deportata e scompare nel nulla.
La stessa sorte tocca al padre prelevato dalle SS nella fabbrica di corde dove
lavora. Il ragazzino rimane solo e riesce a nascondersi per molti mesi in una
casa diroccata, dimostrando grande coraggio,forza di volontà,spirito di
sopravvivenza e soprattutto molta intelligenza. Unico inseparabile amico è
Neve,un topolino ammaestrato che lo aiuta a recuperare il cibo nelle case
vuote degli ebrei che i nazisti hanno catturato e spedito nei campi di
concentramento.
Ciò che tiene in vita Alex è la speranza di rivedere i suoi genitori. Supera mille
difficoltà e mette in campo tutta la sua energia, il suo ingegno e la sua astuzia
per affrontare la fame, il freddo, e soprattutto la paura, in perenne attesa del
padre. L'Isola in via degli Uccelli è una storia che affronta il tema
dell'antisemitismo. Lo scopo dello scrittore è quello di far conoscere ai ragazzi
una realtà drammatica e tragica. E' un libro testimonianza che attraverso gli
occhi di un bambino mostra orrori,resistenza, angoscia.... con un finale
positivo : il padre di Alex si salva e raggiunge il figlio.
Dalla conversazione collettiva
Leggendo il libro di Uri Orlev mi vengono in mente tante scene, ma
soprattutto la solitudine, che Alex il protagonista, poteva sentire in quei
momenti.
Una famiglia distrutta, genitori separati dal proprio figlio, il coraggio
dimostrato da questo ragazzo di soli tredici anni che è costretto a vivere
nascondendosi, a cercare il cibo per sopravvivere, a dormire in una casa
diroccata con la paura di svegliarsi e di trovarsi con una pistola puntata
davanti alla faccia, mi ha veramente impressionato.
Se fossi stata io al posto di quel ragazzo non credo che sarei riuscita ad andare
avanti perché, da sola, in un mondo di cattivi contro buoni vincono sempre i
cattivi.
Beatrice Goldoni
“Pensa alla città in cui vivi o a quella più vicina al posto in cui vivi. Immagina
la città completamente occupata da un esercito straniero che ha separato da
una parte degli abitanti dal resto...immagina che essi siano pure
imprigionati...”
“Pensa..”è così che inizia il racconto di Uri Orlev.
Accogliendo questo invito a pensare alla condizione in cui si trovava Alex
ossia che un muro dividesse la mia città...,mi sentirei perso senza amici senza
i miei genitori. Perderei la ragione per cui vivere. Penso che separare le
persone sia un comportamento disumano e privo di sentimento.
“non avevo il permesso di uscire dal nascondiglio..non mi era permesso
neanche andare al gabinetto” se fossi costretto a rimanere nascosto tutto il
pomeriggio non lo accetterei....impazzirei...mi scoprirebbero subito. Sono
stupito di come Alex ci sia riuscito.
Luca D'Alimonte
• Per immergerci nella storia, alcune citazioni
Vivevo nascosto nella casa diroccata; un tempo c'era un viale
alberato...quegli alberi erano gremiti di uccelli. A migliaia e migliaia.
Per questo avevano chiamato la strada via degli Uccelli...
La prima uscita fu per recuperare il mio topolino Neve, avrei preso anche il
cibo che papà aveva nascosto in un nascondiglio .Scoprii però che i vicini lo
avevano preso per sé e non avevano nessuna intenzione di dividerlo con
nessuno. Fui minacciato. Non tornai più, mi tenni la fame, bevvi un po'
d'acqua e mi misi a dormire…
...le provviste erano in comune...ma la guerra cambia le persone, svanisce il
senso di solidarietà nei confronti di quelli che sono nella stessa condizione.
La persecuzione, la precarietà, la paura, la mancanza di cibo, porta
all'abbrutimento, alla contesa tra vittime di un qualsiasi elemento per
sopravvivere.
Le persone diventano egoiste si trasformano in carnefici, pensano solo a se
stesse e ognuno cerca di salvarsi come può.
“Sì avevo pianto e stretto papà con tutte le mie forze. Aveva pianto anche lui,
E non so se piangevo per me stesso, perché ero tanto felice e avevo aspettato
tutto quel tempo che venisse senza ammettere che non credevo più che
sarebbe venuto, o se piangevo solo perché piangeva lui. IL PIANTO
E'CONTAGIOSO. PROPRIO COME IL RISO.”
• Le nostre riflessioni
Non ci sono parole per spiegare quello che penserei perché il muro
stravolgerebbe la realtà.....
Gianfranco Parisini
….io mi sentirei sola e piena di paura....morirei dopo il primo giorno, ma non
perché mi ucciderebbero: morirei di solitudine.
Gaia Finelli
.. penso che passare i pomeriggi nascosta sia la cosa più odiosa del mondo
perché a me piace muovermi, giocare, passare il tempo divertendomi e tutto
questo non si può negare a un ragazzino. Per questo motivo ammiro Alex
perché è riuscito solo con dei libri,un topolino, carta e penna a passare
interminabili pomeriggi, giornate di paura e di noia.
Arianna Ricci
...non puoi tradire le tue radici. Se sradichi un albero, muore. Le persone non
muoiono se tradiscono il loro passato , ma non sono più se stesse. Crescono
tristi e contorte,e i loro figli pure.
Io credo che questa frase sia molto bella..., nel caso di Alex,la mamma
vorrebbe tornare in Palestina, ma il padre non è d'accordo
proprio per il fatto che loro sono nati lì trasferendosi si sentirebbero morire .
Michela Pittigliani
La frase detta dal padre di Alex è vera... perché in un luogo nuovo ti senti
solo...
Sivagnanasundaram Ragaventan
...senza la famiglia , senza il proprio paese soffrono, muoiono
Paola Lippo
Quella mattina tutti andarono al lavoro come al solito.... i tedeschi avevano
bisogno degli operai, ma era illegale che gli operai della fabbrica avessero dei
bambini a casa...; all'improvviso la fabbrica fu circondata da poliziotti:
qualcuno aveva fatto la spia...
“Le spie erano ancora peggio dei tedeschi. Dei tedeschi sapevi che non ti
potevi fidare. Non facevano nulla per nascondere di essere assassini. Avevano
persino delle patacche col teschio sulla divisa.
Ma la spia ti sorrideva e ti parlava come un amico e poi andava a spifferare
tutto alle tue spalle. Credeva di guadagnar tempo per sé....anche le spie
avrebbero pagato...perché i tedeschi avrebbero fatto fuori le spie, nessuna
spia l'avrebbe fatta franca.”
Se io dovessi scegliere di fare la spia e mangiare, mettendo però in pericolo la
vita di altri, sceglierei di non fare la spia, ma sono sicuro che se fossi in
guerra non saprei cosa fare.
Filippo Neri
I Grin tradiscono Alex, rubano il suo cibo, lo minacciano lo accusano di
volerli far scoprire: la guerra cambia le persone
Denise Lazzari
I Grin trattano male Alex quando vengono a sapere che il padre è stato
catturato. Io penso che sia colpa della guerra: rende tristi, impauriti confusi
...distrugge completamente le persone e le loro anime facendoli cambiare
completamente fino a farli diventare cattivi violenti...
Denise Lippo
Alex secondo me ha notato una cosa più che ovvia, ha capito che gli uomini
farebbero di tutto per avere dei soldi.....
In questi ultimi capitoli si è dimostrata l'intelligenza di Alex, la sua voglia di
rischiare il tutto per tutto come per esempio recuperare del cibo, farsi la
doccia nel bunker scoperto dai tedeschi nella cantina del palazzo in via degli
Uccelli, pur sapendo che questi sarebbero tornati. E' stato geniale a costruire
una scala di corda mobile per salire al piano superiore del palazzo, la usava e
poi la tirava su. Non ha detto mai a nessuno dove si trovava. E' stato molto
coraggioso a uscire di notte per procurarsi ciò che gli serviva rischiando di
farsi scoprire e di conseguenza di morire. Io probabilmente non ce l'avrei fatta
probabilmente non ce l'avrei fatta.
Hamza Birdaha
Le spie sono persone spregevoli, ti colpiscono quando meno te l'aspetti, ti
tradiscono...
Riccardo Trombetta
Leggere questo libro è stato bellissimo, abbiamo discusso, fatto riflessioni … ci
ha insegnato tante cose e soprattutto che non bisogna mai dimenticare ciò che
è stato.
Ricordare serve a non farci fare gli stessi errori del passato come è avvenuto
nella seconda guerra mondiale in cui sono state uccise e perseguitate persone
innocenti. Serve a capire che non bisogna mettere un pazzo al comando di
uno stato o perlomeno bisogna toglierlo dal potere, ma soprattutto ci fa capire
che non bisogna essere razzisti se non on si vogliono altri genocidi.
Hamza Birdaha
Dobbiamo ricordare perché molte persone hanno avuto vite difficili, ma ci
hanno regalato tutto quello che abbiamo ora:la libertà, i diritti...Dobbiamo
ringraziare queste persone perchè ci hanno dato una vita più facile della loro.
Ci sono molti anziani che hanno subito tutto quel dolore e ora ce lo
raccontano, io sono fiera di loro perchè hanno una storia sulle spalle, anzi
sono loro la storia!
Beatrice Goldoni
Bisogna ricordare quello che è successo in passato in modo che non si ripeta
un'altra volta: dobbiamo avere ricordo dei caduti, averne rispetto, grazie a
loro siamo liberi. Per coloro che sono morti non basta un monumento o un
paragrafo di un libro di storia gli va dedicato uno stato intero.
Arianna Ricci
•
Il nostro percorso è poi continuato attraverso la lettura
del libro ““HettY. Una storia vera”, in cui Hetty Verlome
racconta la sua vita
L’odio è terribile, è un veleno che ti corrode.
Esiste l’odio ma esiste anche l’amore.
Io preferisco essere dalla parte dell’amore...
Hetty Verlome è sopravissuta allo sterminio degli ebrei, vive in Australia ed
ha scritto questo libro per raccontare ai ragazzi di oggi la sua esperienza.
Hetty aveva dodici anni, nel 1943 venne deportata insieme ai fratelli dal
ghetto di Amsterdam alla “Casa dei Bambini” del campo di Bergen-Belsen, lo
stesso dove morì Anna Frank.
All’arrivo la ragazza è molto confusa, ha tanta paura quando deve separarsi
dai suoi genitori, ma conserva il coraggio degli innocenti. Se la prima
impressione del campo di Bergen-Belsen è quella di uno spazio ben
organizzato e pulito, presto si rivelerà per ciò che è veramente: un luogo di
prigionia e distruzione.
Hetty è la più grande, fra i bambini del campo, ed il suo istintivo senso di
responsabilità e protezione verso i più piccoli le darà la forza per sopravvivere
prendendosi cura, per quanto possibile, di sé e degli altri.
Questa vibrante storia vera e terribile ci parla della forza d’animo, ci fa capire
che è possibile pronunciare un SI’oppure un NO di fronte alla malvagità, che
possiamo scegliere anche in situazioni estreme.
• Dopo aver letto il libro e visto il film “Arrivederci
ragazzi” di Louis Malle
Il film narra la vicenda di Julien Quentin, un ragazzo francese di tredici anni e
di Jean Bonnet ,un suo coetaneo ebreo che si finge marsigliese per non essere
deportato nei campi di concentramento. La storia si svolge nella Francia del
1944,periodo storico in cui c’è stata la Seconda guerra mondiale.
La vicenda trattata in questo film è la storia di un’ amicizia nata inizialmente
da incomprensioni che aveva Julien verso il nuovo arrivato Jean. In questo
collegio, realmente esistito,in cui è ambientata la vicenda, i due si trovano a
condividere passioni come quello per la lettura; Julien impara a non
soffermarsi alle apparenze e così conosce meglio Jean e trova in lui molti
pregi. Inoltre è l’unico ragazzo che capisce che il coetaneo è ebreo e
comprende il suo stato d’animo in quel momento: l’ agitazione di essere
scoperto dai tedeschi,la preoccupazione della sorte dei suoi genitori che sono
stati deportati. I soldati tedeschi così arrestano Padre Jean, Jean Bonnet e
altri due ragazzi. Così Jean Bonnet e Julien Quentin non si rivedranno più
perché morirà nel lager. Questo film mi ha fatto pensare molto, soprattutto mi
sono commossa vedendo la vita spezzata di tutti quei poveri ragazzi che
avrebbero potuto vivere una vita come tutti noi,vivere le proprie esperienze.
Dal film si può intuire che l’autore crede nell’amicizia, infatti vuole far capire
allo spettatore che non ci sono limiti all’amicizia e che per quanto due
persone possano essere diverse qualcosa in comune si ha in tutti i casi.
È brutto sentirsi esclusi e io non vorrei mai trovarmi in una situazione come
quella in cui si è trovato Jean Bonnet, che pur essendo giovane ha dimostrato
grande maturità e grande controllo emotivo.
Martina Grotti
Questo film è una sceneggiatura di tipo storico, tratta da una storia vera
ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale.
Sullo sfondo drammatico della guerra una storia di amicizia che mette in luce
la crudeltà del razzismo e come questo poi spezzi il senso di fratellanza fra gli
uomini.
Se dovessi associare i personaggi a dei valori umani, certamente abbinerei
Jean con l'umiltà e la superiorità, ma anche con il coraggio.
Julien, secondo me, rappresenta la ragione, cioè la capacità umana di saper
ragionare con la propria testa e di cambiare opinione, anche se tutti gli altri la
pensano diversamente da lui.
Padre Jean, il direttore del collegio, sicuramente con la bontà, perché accetta
di nascondere gli ebrei anche se sa che questo gli potrebbe costare la vita.
Joseph, il traditore, con la vendetta e il risentimento, cioè con il "bisogno"
umano di chi ha subito un torto di "restituirlo".
La parte che mi ha fatto riflettere di più e'quando il soldato nazista arresta
Jean e lo trascina via dalla classe, senza permettergli neanche di salutare i
compagni…
Questo film mi ha fatto molto riflettere, e più ci penso più provo un senso di
vergogna per quello che gli esseri umani sono capaci di fare.
Caterina Luce Bonini
Nel film “Arrivederci Ragazzi”un bambino chiede all'amico: “ Prenderanno
anche noi? Noi non abbiamo fatto niente.”
Anche gli ebrei non avevano fatto niente, ma vennero uccisi per una causa
inutile, anzi per nessuna causa. Per nulla. Per l’intolleranza dei nazisti. Non
dovrebbero esistere distinzioni, per religioni, sesso, classe sociale, colore. Non
dovrebbero esistere. Perché non è giusto. Non è giusto uccidere perché siamo
diversi. “Il Mondo è bello perché è vario“; le differenze ci rendono più ricchi.
Giulia Missich
• Da che cosa derivano l’odio e le azioni crudeli? Abbiamo
cercato di capirlo attraverso le parole di chi li ha
praticati e di coloro che vi si sono opposti
“C'é solo un sacrosanto diritto dell'uomo, che é nello stesso tempo un
sacrosanto dovere, quello di provvedere perché il sangue rimanga puro,
affinché la conservazione della migliore umanità renda possibile un piú
nobile sviluppo dell'umanità stessa.”
Adolf Hitler
“Io personalmente trovo vergognoso questo modo di pensare. Alcuni
definiscono l'azione di Hitler follia. Eh no, io credo che non la si possa
descrivere in questo modo: è semplice giustificare le azioni attribuendole ad
atti di pazzia, mentre lui queste cose le fece non perché fosse matto, bensì
perche credeva fermamente nelle sue idee di purezza del sangue e razze
superiori ad altre; il che è ancora più triste, a pensarci, perché vuol dire che
le sue azioni sono state guidate dalla pura cattiveria e dalla crudeltà.
Denuncia il fatto che gli uomini sono capaci di qualsiasi cosa, che non si
fermano davanti a niente.
Secondo me Hitler era cieco davanti alle opportunità che una società
multietnica offre, di scambio di culture, di punti di vista diversi, di usanze e
tradizioni differenti; possibilità di espandere la propria mente e di
arricchire la propria conoscenza. Se uno rimarrà per sempre diffidente
verso gli altri non avrà mai la possibilità di confrontare le proprie idee con
chi ha visto cosa diverse da noi, o con chi crede in cose differenti. Non c'è
niente di sbagliato nel confronto di idee finché è sano e rispettoso, ma
bisogna essere aperti e non cercare di imporre le proprie opinioni anche agli
altri, ammettere quando si ha torto. Basta anche una sola idea malsana di
superiorità o di razzismo a far diffondere la discordia, se trova una mente
fertile in cui piantarsi. In cui piantare il germe del dubbio e della diffidenza
verso le altre etnie, e di farlo trasmettere di mente in mente, per generazioni.
Infatti ancora adesso, dopo tutto il progresso che l'umanità ha compiuto, c'è
ancora chi condivide i pensieri perversi di chi giudica 'diverso' chiunque
abbia la carnagione un po' più scura o che non porti il numero quarantadue
di piede. Per fortuna, in opposizione a queste persone, c'è anche chi combatte
per gli uguali diritti tra gli uomini e che sostiene idee di uguaglianza e di
pace.”
“Finché il colore della pelle di un uomo
sarà più importante del colore dei suoi occhi,
io dico guerra”
Bob Marley, War
“Il razzismo è un modo di delegare ad altri il disgusto che abbiamo verso noi
stessi”.
Robert Sabater
“Il razzismo è una malattia. È un cattivo funzionamento della mente che
compromette le relazioni umane, è una malattia psichicamente contagiosa
conseguente al fatto che una mente predisposta viene infettata da idee false,
patologiche, che producono ostilità verso altri gruppi e verso i loro membri”.
Ashley Montagu
“È davvero meraviglioso che non abbia lasciato perdere tutti i miei ideali
perché sembrano assurdi e impossibili da realizzare. Eppure me li tengo ben
stretti perché, malgrado tutto, credo ancora che la gente sia davvero buona
di cuore. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della
miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto,
odo sempre più forte l'avvicinarsi del rombo che ci ucciderà, partecipo al
dolore di migliaia di uomini, eppure quando guardo il cielo, penso che tutto
si volgerà nuovamente al bene, e che anche questa spietata durezza cesserà,
e ritorneranno la pace e la serenità”.
Anna Frank
“Devo dire che l'esperienza di Auschwitz è stata tale per me da spezzare
qualsiasi resto di educazione religiosa che pure ho avuto. C'è Auschwitz,
quindi non può esserci Dio. Non trovo una soluzione al dilemma. La cerco,
ma non la trovo”
''Non dimenticatemi, bensì non dimenticate.''
Primo Levi
“Erano uomini, uomini che provavano pietà per altri uomini. In tempi
difficili come quelli, il sentimento della pietà verso un proprio simile,
colpevole solo di essere nato, è un dono: un dono per chi prova pietà, perché
è fortunato, è ricco; e un dono ancor più importante per chi riceve questa
testimonianza di amore fraterno”.
Sopravvissuto ad Auschwitz
“Ragazzi miei, viviamo in tempi di odio e di discordia. La menzogna trionfa,
i cristiano s'uccidono tra loro. Chi dovrebbe guidarci, ci tradisce. Dobbiamo
guardarci più che mai dall'egoismo e dall'indifferenza”.
“Mi pareva che ci fosse qualcosa di ingiusto, ma anche di volgare in quel
modo di prendersela sempre con i più deboli”.
Louis Malle in “Arrivederci ragazzi”
“In quell'isba si era creata tra me e i soldati russi, e le donne e i bambini,
un'armonia che non era un armistizio. Era qualcosa di molto più del rispetto
che gli animali della foresta hanno l'uno per l'altro. Una volta tanto le
circostanze avevano portato degli uomini a saper restare uomini. Se questo
è successo una volta potrà tornare a succedere. Potrà succedere, voglio dire,
a innumerevoli altri uomini diventare un costume, un modo di vivere'.
Secondo me se tutti si impegnano, si potrà evitare che un'altro uomo con
idee cosi brutte torni a manipolarci, anzi se ognuno riuscirà a 'restare uomo'
magari un giorno ci sarà un mondo migliore, senza pregiudizi. So che è
impensabile che tutti riescano a comprendere il vantaggio che un mondo
vario porta, ma se intanto ognuno pensa per sé e si impegna a migliorarsi,
seppur nel proprio piccolo, si può sperare che un giorno ci sia più rispetto
tra le varie persone, e magari anche tra le varie etnie. E magari chissà, più
tolleranza anche tra le religioni.”
Mario Rigoni Stern in 'Il sergente nella neve'
C'è un paio di scarpette rosse
C'è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
Schulze Monaco
c'è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald
più in là c'è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald
servivano a far coperte per i soldati
non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas
c'è un paio di scarpette rosse
di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald
erano di un bimbo di tre anni
forse di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l'eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono
c'è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole...
Joyce Lussu
Questa poesia è molto triste, ma fa capire che l'odio razziale e la cattiveria non
risparmiavano nessuno, nemmeno i bambini piccoli, così indifesi, la cui unica
colpa era essere nati, di essere nati nelle famiglie “sbagliate”, da famiglie
ebree.
•
Il libro “I ragazzi di villa Emma” di Giuseppe Pederiali ci
ha fatto conoscere una storia di crudeltà, di dolore, ma
anche di solidarietà, svoltasi in parte vicino al nostro
comune
Il libro racconta una storia vera ed è ambientato sia in Italia che all’estero,
rispettivamente a Nonantola, vicino a Modena e a Lubiana, in Slovenia.
Siamo nel periodo della seconda Guerra Mondiale, quando, in fuga da tutta
l’Europa, alcuni ragazzi giunsero a Nonantola in treno; hanno dovuto
abbandonare la propria famiglia a causa della guerra.
Tutti questi ragazzi sono ebrei e, per questo motivo , vengono portati via dalle
proprie abitazioni, a causa di una legge assurda e mandati nei campi di
concentramento.
Tramite l’intervento dell’avvocato Lelio Valobra, essi riuscirono a fuggire
dall’inevitabile persecuzione dei nazisti nei paesi di origine in cui erano stati
costretti a portare la stella gialla di David.
L'avvocato li accoglie a Villa Emma, nella campagna modenese, dove
soggiornano per circa tre anni e mezzo.
I ragazzi stanno bene insieme e, col passare del tempo, si conoscono e si
affezionano gli uni agli altri. Carlo, un ragazzino di Nonantola, conosce Lola,
una ragazzina ebrea che sta a Villa Emma e passa molto tempo insieme a lei.
Durante questa lunga permanenza conoscono gente del luogo, con la quale
instaurano una profonda amicizia e, insieme ai lavoranti della DELASEM,
un'azienda che aiuta gli ebrei, stampano dei documenti falsi per uscire dal
paese. L'amicizia instaurata tra i nonantolani e i ragazzi viene "rimandata" alla
fine della guerra. Infatti l’Italia settentrionale è invasa dai nazisti, il loro rifugio
non è più sicuro, così vengono trasferiti in Svizzera in un posto dove i soldati e
le SS non potranno raggiungerli. Il rischio e' alto, ma anche la voglia di ottenere
la libertà' e' grande nei cuori di questi ragazzi. Nel maggio 1945, dopo una fuga
durata cinque anni, gran parte dei ragazzi poté raggiungere la Palestina.
A noi questo libro è piaciuto molto perché in esso viene valorizzato il senso
dell’amicizia e della solidarietà; l’autore ha saputo esprimere in modo
appropriato i pensieri dei personaggi, nei quali vince il desiderio di vivere. E’
un libro molto bello, che riesce a trasmettere le sensazioni e i disagi di questi
ragazzi in cerca di libertà.
Dalla conversazione collettiva
• Ecco alcune citazioni dal libro per meglio esprimere le
vicende e i pensieri dei protagonisti:
Generale Pieche:
"Telefoni al Presidente della Comunità ebraica di Modena. Sono sicuro che
lui troverà una sistemazione per i profughi di Lesno Brdo. Gli suggerisca di
cercare preferibilmente una villa lontano dal centro abitato. L'aria di
campagna fa bene ai ragazzi."
"Fecero due squadre di nove giocatori ciascuna: Nonantola contro il resto
del mondo."
Ancora oggi quando giochiamo a calcio diciamo "Anzola contro il resto del
mondo”
(riflessione di Andrea Lorusso)
Carlo dice a Lola:
"Prima di tornare a Nonantola ti porto a vedere i soldati"; proseguirono
sull' argine per due chilometri e giunsero in vista dell'accampamento. Lola
guardava l'accampamento come se fosse il luogo più orribile del mondo.
Robert spiega a Lola:
"Questo paese è alleato con la Germania, e alcuni contingenti di truppe
tedesche sono dislocati sul territorio italiano, ma senza avere alcuna
autorità e potere. Ne abbiamo incontrati anche a Nonantola e nel seminario
funziona un loro ufficio postale. Dobbiamo semplicemente evitarli. Per
fortuna sono soltanto degli ospiti.” “ Come noi”? domanda Lola.” Noi siamo
qualcosa di meno, purtroppo. Siamo dei profughi”. O dei prigionieri?
aggiunse Boris
“I ragazzi di Nonantola, che ormai conoscevano le abitudini e i riti degli
ebrei, facevano festa anche loro e si ritrovavano nei posti di un tempo”.
“L'inverno lasciava poco spazio ai giochi, anche se i ragazzi di Villa Emma
sembravano non soffrire troppo il freddo e il grigio. Venivano da nord e
probabilmente l'inverno padano per loro somigliava ad una primavera”.
"Questa sera uscirai dal campo insieme a me. Ti porterò in un altro campo,
più a nord".
"Pochi anni fa, quando cominciarono le persecuzioni agli ebrei con delle
leggi ingiuste, indegne di un paese civile un modenese conosciuto e amato
da tutti, ebreo, salì in cima alla Ghirlandina, guardò per l'ultima volta la sua
città e si buttò giù."
Francesco e Delma parlarono a lungo, sottovoce convinti che Carlo non li
sentisse. Almeno una cosa l'aveva intesa benissimo:”La radio ha detto che c'è
la pena di morte per chi nasconde o aiuta gli ebrei”.
"La strada era di nuovo deserta, i tedeschi avevano fatto salire gli ebrei
rastrellati, tutti gli uomini su un autocarro ed erano partiti verso la
periferia di Sarajevo".
"Bruceremo le case con i brucia fiamme. Inutile nascondersi o tentare di
fuggire. Verrete condotti in un campo di concentramento."
Non doveva trattarsi di una bella notizia, perché il medico non aveva
sorriso. Sulamit capì che quell'uomo le stava facendo un favore,
grandissimo, che ancora non le era ben chiaro.
"Tutti fuori, ragazzi. E ricordatevi le istruzioni. L'acqua non è profonda, ma
la corrente fortissima potrebbe ghermirvi e trascinarvi lontano. Robert
guarderà per primo il fiume, legare una fine ad un albero e l'altro capo lo
legheremo da questa parte. Passerete tenendovi forte alla fine. Sarà come
giocare. ma se uno di voi cadesse in acqua, si ricordi di raggiungere la riva
svizzera e di addentrarsi nel bosco fino a quando non incontrerà il resto del
gruppo. Per nessun motivo dovete tornare indietro, sulla sponda sbagliata."
•
A proposito della seconda guerra mondiale e degli ebrei
La seconda guerra mondiale è iniziata nel 1939.
Gli Ebrei erano perseguitati dai Tedeschi, loro non avevano diritti umani,
dovevano eseguire ordini.
Inizialmente gli Ebrei venivano rastrellati, deportati nei campi di
concentramento, raggruppati per poi essere sterminati, torturati o essere
usati come cavie umane.
Il capo dei tedeschi era Hitler.
In questo terribile periodo tantissime persone: uomini, donne, bambini e
anziani hanno perso la vita innocentemente a causa delle persecuzioni.
Gli Ebrei erano costretti ad usare la stella di David per farsi riconoscere.
Quando i tedeschi cominciarono a rastrellare i quartieri ebrei, uscì una nuova
legge che li isolava da luoghi pubblici come bar, cinema ecc.
Erano discriminati dai tedeschi e dai loro alleati.
La Seconda Guerra Mondiale terminò nel 1945.
Adua Dima
La curiosità di approfondire il discorso sulla guerra e su chi l'ha vissuta, ci ha
spinto a fare una ricerca.
Abbiamo saputo che, anche una cittadina anzolese ha partecipato alla lotta
antifascista. Il suo nome è Tolmina Guazzaloca ed è nata il 5 settembre del
1916 ad Anzola dell'Emilia. E' stata una staffetta partigiana. Il compito della
staffetta è quello di collegare le formazioni partigiane fra loro con il centro
direttivo. Durante l’occupazione nazista il controllo del territorio è stretto e le
donne, per le mansioni solitamente affidate loro a livello sociale/familiare,
possono spostarsi più liberamente, sia a piedi che in bicicletta, senza destare
sospetti. A Tolmina è stato anche riconosciuto il grado di Capitano di Brigata
ed ha ricevuto la Croce al merito di guerra. Oggi la ricordiamo come orgoglio
anzolese.
Sara Becchimanzi e Lazzarini Alessia
Io penso che gli ebrei abbiano sofferto ingiustamente perché loro non hanno
fatto niente e sono stati puniti … sono morte molte persone fra cui anche
molti bambini piccoli e della mia età … gli Ebrei venivano portati via dai
tedeschi in modi violenti, venivano staccati dalle proprie famiglie in modi
bruttissimi … poi una volta arrivati nei campi di concentramento venivano
divisi: alcuni andavano dalla parte dove dovevano lavorare duramente mentre
altri venivano bruciati o uccisi perché o erano malati o troppo vecchi. Io
immagino come abbiano sofferto …Immagino che anche per i bambini non
sia stato facile crescere in quel modo, perché non ci si poteva divertire ma solo
lavorare …
Ho letto il libro di Anna Frank, una ragazza cresciuta in mezzo alla paura, che
in quanto ebrea era costretta a nascondersi. Alla fine di questa “guerra”
contro gli ebrei, molte persone si salvarono, ma molte altre morirono nel
corso degli anni. Io spero che non accada mai più una cosa del genere.
Giorgia Merighi
• Pensieri in versi
Pensiamoci...
Sulla seconda guerra mondiale
non ci dobbiamo scherzare!
Troppi innocenti sono caduti
e molti valori sono stati perduti.
C'era la fame e non c'era igiene
e ai nemici non gli si voleva bene.
Gli ebrei, i tedeschi dovevano ascoltare,
anche se loro volevano scappare;
uomini ,donne ,bambini e anziani venivano catturati
per poi essere deportati.
Prigionieri nei campi dovevano lavorare
sperando di guadagnarsi qualcosa da mangiare.
Ma i loro visi erano stanchi e scavati
e i loro occhi lanciavano messaggi disperati.
Per i nazisti erano delle bambole con cui giocare
che alla fine del gioco puoi solo buttare!
Poche persone si salvarono
e molte vite umane sterminarono...
Oggi il ricordo è molto forte
nel cuore di chi con gli occhi ha visto la morte.
La guerra non è uno scherzo, la dobbiamo cancellare.
“PACE!” al mondo facciamo gridare! :)
Sara Becchimanzi e Alessia Lazzarini
Un gesto di pace tu lo puoi fare
se il mondo vuoi migliorare.
Dobbiamo smettere di fare la guerra
per migliorare la nostra terra,
questo dono speciale dobbiamo custodirlo nel nostro cuore
per dimostrare agli altri rispetto e amore.
Ognuno di noi deve farsi costruttore di pace
così che la condivisione sia efficace.
Un rapporto sereno da amici
renderà tutti più felici.
Per non sentire parlare mai più di morte
bisogna sostenersi nella buona e nella cattiva sorte.
Sofia Rosso e Martina Soli
Lager
Non conosco i volti
né i loro occhi.
Accovacciati
l’uno accanto all’altro
immagino
per sconfiggere il terrore
proteggersi le ferite
profonde
indelebili…
Corpi nudi
di sole ossa
su assi scricchiolanti
dormono.
Ora come allora
freddo
solo ghiaccio intorno
e l’eco continuo di quelle voci…
Quei bisbigli
gridati
urlati
in silenzio
…per non dimenticare….
Raffaella Amoruso
•
Un altro libro prezioso per noi è stato “Le valigie di
Auschwitz” di Daniela Palumbo
Il romanzo racconta la storia di quattro ragazzini, Carlo, Emelin, Dawid,
Hannah che nel 1940 avevano circa la nostra età. Questi ragazzini si videro
costretti a partire con una valigia riempita in fretta,per una destinazione
sconosciuta. Destinazione dalla quale non sapevano se fossero tornati
indietro.
Carlo, adorava guardare i treni alla stazione di Milano e raccoglieva i biglietti
usati che i passeggeri gli regalavano. Da grande avrebbe fatto lo stesso
mestiere del padre: il ferroviere. Quando arriveranno i nazisti nella valigia
Carlo porterà i suoi adorati biglietti.
Dawid, in fuga dal ghetto di Varsavia porterà con sé il suo violino regalatogli
dal padre morto per mano dei nazisti.
Hannah, in Germania, da quando hanno portato via suo fratello Jacob,
perché disabile, passa le notti a contare le stelle e a disegnarle proprio come
faceva suo fratello. Quando arriveranno i nazisti Hannah nella valigia
conserverà il quaderno delle stelle di suo fratello.
E infine c’è Emeline.
Emeline è a Parigi e non vuole portare la stella gialla cucita sul cappotto
perché aveva capito che i nazisti avevano bisogno di guardare la stella di
David per sapere che si trattava di una ragazza ebrea altrimenti non
l’avrebbero distinta dagli altri. In realtà noi siamo tutti uguali.
Emeline fugge, si nasconde fingendosi una vagabonda. I nazisti non la
riconosceranno senza la stella sul cappotto. Quindi è salva e potrà raggiungere
la nonna in Bretagna. Lei non preparerà alcuna valigia .
Sarà sua madre a prepararla e quando le chiedono di scrivere il nome e il
cognome sulla valigia lei scrive solo: Ti voglio bene, Emeline. La tua
mamma.
Queste le storie di quattro ragazzini che, in un’Europa dilaniata dalle leggi
razziali, vivono sulla loro pelle l’orrore della deportazione.
•
Alcuni cenni storici per comprendere meglio le vicende
Quando i nazisti si insediarono al potere, 1933 istituirono i
Konzentrazionslager, dove la polizia politica, la Gestapo, rinchiuse oppositori
politici-comunisti, protestanti, dissidenti religiosi, ebrei, ma anche zingari,
omosessuali, disabili, prostitute. Nel 1939 gli internati erano 25.000.
A partire dal 1942 furono istituiti molti campi di sterminio: Dachau,
Auschwitz-Birkenau, Flossemburg, Buchenwald nei quali venivano rinchiusi
ebrei vittime di deportazioni sistematiche, eseguite per attuare “ la soluzione
finale” che ebbe come scopo l’annientamento delle razze inferiori. Gli
internati erano costretti ai lavori forzati e coloro che non resistevano venivano
uccisi. Alcuni addirittura impiegati come cavie in sperimentazioni scientifiche
e mediche. Molti perirono con i gas,oppure per fame e malattie.
Oggi ad Auschwitz, nella stanza numero 4 del blocco 5, ci sono migliaia di
valigie ammassate l’una sull’altra. Su tutte trovi scritto un nome un cognome
e un indirizzo. Una montagna di borse vuote, tutte diverse: vecchie, rotte,
eleganti, grandi, piccole, ma non è la misura o la forma a raccontare se la
speranza che trasportavano era grande o piccola. Una speranza è una
speranza e la valigia è il posto giusto per conservarla perché c’è spazio per
andare e per tornare. Oggi il campo di sterminio è diventato un museo.
I soldati nazisti arrestavano gli ebrei e dicevano loro che sarebbero stati via a
lungo. Per ingannarli gli facevano preparare una borsa da viaggio, ma se
qualcuno chiedeva dove fossero diretti i soldati non rispondevano. Come fai a
preparare una valigia se non sai dove stai andando? Non puoi sapere ciò che ti
occorrerà!
Lo scrittore Paul Auster ha scritto che la memoria è un luogo che esiste e si
può visitare. Il luogo che conserva la memoria di quelle famiglie, delle
speranze contenute nelle valigie si chiama Auschwitz.
•
Una poesia per esprimere l’immane tragedia
Pavel Friedman, nato a Praga nel 1921, internato nel ghetto nel 1942 di
Theresiendstadt e morto nel “lager” di Auschwitz nel 1944, ci ha lasciato in
questi pochi versi una pietosa testimonianza dell’immane tragedia di migliaia
di giovani israeliti.
“Qui non ho visto nemmeno una farfalla”
La farfalla
L'ultima, proprio l'ultima
di un giallo così giallo ,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
così gialla, così gialla!
L'ultima,
volava in alto leggera
aleggiava sicura
Tra qualche giorni
sarà la mia settima settimana
di ghetto:
i miei mi hanno ritrovato qui
e qui mi chiamano i fiori di ruta
e il bianco candeliere di castagno
nel cortile
Ma qui non ho rivisto nessuna farfalla.
Quella dell'altra volta fu l' ultima
le farfalle non vivono nei ghetti
•
Abbiamo sentito la necessità di scrivere i nostri pensieri
su questa poesia
Questo ragazzo lascia una testimonianza, a noi più fortunati, scrivendo alcuni
versi in cui esprime ricordi, stati d’animo, ma nessuna speranza per il futuro.
Così lui pensa all’ultima macchia di colore e di libertà che ha visto prima di
entrare in un inferno in bianco e nero da dove sa che non ci sarà ritorno.
Luca Ferragina
L'ultima farfalla rappresenta questo bambino libero, che ”volava” sicuro con
mille aspettative per il futuro pronto a conoscere il mondo. Purtroppo sarà
l’ultimo “volo” perché nel ghetto non fioriscono fiori. In un cortile così
desolato le farfalle, che possono volare, fuggono via.
Federica Fini
I bambini nei lager scrivevano, disegnavano e ci hanno lasciato tante
testimonianze. Anche noi scriviamo, disegniamo, ma abbiamo la possibilità di
cancellare, correggere e riscrivere.
L’atroce quotidianità di quegli anni, immortalata in questi versi, non può
essere cancellata e non può essere riscritta.
Mariame Moujtahid
Quella farfalla sarà l’ultima a passare di là perché il ragazzo sente che presto
toccherà a lui morire e con lui anche quella farfalla.
Laura D’Eugenio
Il giovane poeta vuole passare i suoi ultimi giorni ricordando ciò che di bello
ha vissuto prima della deportazione. Ripensa ai bei colori della natura al
profumo dei fiori, al vento che lo accarezzava. Adesso tutto sembra avere un
solo colore: il GIALLO della stella di David; non più fiori profumati, non più
farfalle come se anche la natura si rifiutasse di osservare la crudeltà di quei
luoghi.
Christian Ardanese
Pavel nato libero e morto senza pietà in un lager, ricorda l'ultimo momento di
gioia rappresentato dal volo di una farfalla. Gli hanno rubato la gioia, la
felicità e adesso non sente più odori e non prova più emozioni.
Jasmine Hmidani
La farfalla che vola tra i campi fioriti rappresenta i ragazzi che dovrebbero
correre felici e spensierati mentre sono costretti a vivere in un ghetto, dove
non c'è nutrimento né per le farfalle né per la speranza.
Chiara Castellucci
•
I nostri pensieri in poesia
Disperazione
Dei miei compagni vedendo la cenere
Mi viene la voglia di cedere
Vedendo sui visi la morte
Ripenso alla mia tragica sorte.
Ripercorrendo il mio triste sentiero
Rivedo il mondo in bianco e nero.
Ormai ho davvero paura
Della mia stessa natura.
Stefano Panariello
Ghetto
Una goccia di pioggia, come una lacrima,
scende
lenta seguita da tante altre.
ma in un ghetto dove tutto è
sfocato
e in bianco e nero,
come può una semplice goccia
purificare
questo luogo maledetto e intriso della
malvagità
più profonda dell'uomo?
Luca Ferragina
• Vogliamo ora parlarvi del libro “L’Amico ritrovato” di
Fred Uhulman
Il romanzo racconta la storia di una bellissima amicizia nata tra due ragazzi,
Hans ebreo di famiglia borghese, e Konradin tedesco di famiglia nobile.
Siamo nell'anno 1932, i due hanno sedici anni e si incontrano nella scuola
che frequentano, il liceo Karl Alexander Gymnasium di Stoccarda.
Essi all'inizio sembrano non avere niente in comune ma poi la passione per
le monete antiche, per la poesia e per i quadri li avvicina facendoli diventare
inseparabili.
Tutto cambia quando un giorno Hans entrando in casa dell'amico, vede delle
foto di Hitler che lo lasciano perplesso...
I genitori di Konradin, infatti, sono simpatizzanti del regime nazifascista e
questo finisce con l' incrinare il loro rapporto d'amicizia.
Le leggi della discriminazione razziale arrivano anche a Stoccarda e di
conseguenza colpiscono la famiglia di Hans, il quale è costretto a espatriare
in America senza i suoi genitori per salvare la propria vita.
Konradin in un primo momento sembra non fare nulla per difendere l'amico
contro la cattiveria brutale del nazifascismo, ma quando tutto sembra
perduto da tempo, inaspettatamente, la loro amicizia viene RITROVATA...
• Alcune citazioni dal libro e alcuni nostri commenti
“Tutt'a un tratto mi vide, ma non diede alcun segno di riconoscermi, poi il suo sguardo
riprese a vagare per la platea.
Gli Hohenfels distavano ancora una decina di metri dal punto in cui li attendevo, ben
deciso ad appurare la verità.
Non avevo più via di scampo.
La distanza si ridusse a cinque metri, poi a quattro.
Tutt'a un tratto Konradin mi vide, sorrise, portò la mano destra al bavero come per
togliersi un granello di polvere e...mi aveva già superato.[...]
Mia madre non solo detesta gli ebrei, ma li teme, anche se non ne ha mai conosciuto uno.
“Mio caro Hans”, disse con grande dolcezza, accettami come sono stato fatto da Dio e da
circostanze indipendenti della mia volontà.”
Questo brano, che narra il forte disappunto di Hans quando viene tristemente
ignorato in una occasione pubblica dal suo migliore amico di sempre, lo
abbiamo scelto poiché riporta in poche righe il grande senso di esclusione che
hanno dovuto provare e sopportare gli Ebrei in tutti i momenti anche
quotidiani della loro vita.
Vincenzo Cutuli, Nicolò Vergnana, Valentina Calabria, Soufiane Agharda
“A questo punto Bollacher si precipitò verso di me.” Perché non te ne torni in Palestina
?” e urlò estraendo dalla tasca un foglietto di carta, lo leccò e lo appiccicò sul mio
banco,davanti a me. Sul foglio c’era scritto “Gli Ebrei hanno rovinato la Germania,
Tedeschi svegliatevi!” . “Togli quella roba” aggiunsi. “ toglila da te” mi rispose. “Bada,
però: se lo fai ti spezzo le ossa una ad una.” […] “Perché mi ha insultato!” risposi,
tremando per la rabbia e per la tensione. “Davvero? E cosa ti ha detto?” Si informò
Pompetzki in tono mellifluo. “Mi ha detto di tornare in Palestina” “Ah capisco”
commentò il professore con un sorriso. “Ma non si tratta di un insulto, caro Schwarz! E’
un buon consiglio, un consiglio d’amico. E adesso sedetevi, tutti e due. Se volete
prendervi a pugni, fatelo pure, ma fuori di qui. E tu, Bollacher ricorda che devi essere
paziente. Presto tutti i nostri problemi saranno risolti. E adesso torniamo alla nostra
lezione di storia”. [...] Quando venne il momento di tornare a casa, nutrivo ancora una
debole speranza che lui fosse rimasto ad aspettarmi, che mi avrebbe aiutato e consolato
in quel momento di disperazione. Ma quando uscii, la strada era fredda e vuota come
una spiaggia in una giornata d’inverno. Da allora lo evitai.”
In questo brano viene evidenziato in modo particolare il trattamento che
veniva riservato agli Ebrei anche in uno dei luoghi che dovrebbero essere più
sicuri e liberi dalle dottrine, come la scuola. Infatti Hans in questo passaggio
viene disprezzato, discriminato e offeso anche dal suo stesso insegnante di
storia che, invece di sgridare l'attaccabrighe per ciò che aveva detto, lo
appoggia facendo sentire il protagonista ancora più solo ed escluso dal
gruppo.
Sofia Manganiello, Francesca Mulas, Giada Castagna, Elettra Bugalossi
“Un giorno all’inizio di dicembre mio padre mi convocò nel suo studio.“Tua madre ed io
abbiamo deciso di mandarti in America, finché la tempesta non si sarà calmata.
Abbiamo a New York dei parenti che si prenderanno cura di te e faranno in modo che tu
possa andare all’Università. Questa è la soluzione migliore. Il nostro popolo tornerà a
ragionare tra qualche anno. Noi resteremo in Germania, e non permetteremo che nessun
bastardo di austriaco ce la sottragga”.Lasciai la scuola a Natale, e il 19 gennaio partii
per l’ America.”
In questo brano i genitori di Hans decidono di rimanere a Berlino per
combattere con orgoglio per ciò in cui credono, anche a costo di separarsi per
sempre dal loro figlio che infatti non rivedranno mai più...
Luca Gogliormella , Yassir Ouaiaou, Oussama Taoufik, Jonathan Verardi
“All'inizio del capitolo 18 la frase che mi ha fatto riflettere è: “Un giorno un nazista
ricevette l'incarico di piazzarsi fuori dalla porta dello studio di mio padre con un
cartello su cui c'era scritto -Tedeschi attenti. Evitate gli ebrei. Chiunque avrà a che fare
con un ebreo sarà rovinato-. Mio padre allora, indossò l'uniforme da ufficiale, vi
appuntò tutte le sue decorazioni e si mise a fianco al nazista”.
Questa per me è una parte fondamentale della storia perché il padre di
Hans, mettendosi a fianco al nazista, vuole far notare che nonostante tempo
addietro, avesse combattuto per la Germania viene lo stesso disprezzato e
considerato appartenente ad una “razza” inferiore dai suoi stessi
concittadini tedeschi.
Alice Benedetti
“Tutto questo mi ritornò alla memoria poco tempo fa quando mi giunse una richiesta di
fondi da parte del “Kharl Alexander Gimnasium”, accompagnato da un libretto
contenente una lista di nomi per l’erezione di un monumento alla memoria degli allievi
caduti durante la seconda guerra mondiale; ma cosa mi importava della loro morte?
Non avevo più niente a che fare con loro.
I ragazzi morti o dispersi erano stati ben quattrocento! Facendomi forza lo aprii alla
lettera H e lessi: Von Hohenfels, Konradin, implicato nel complotto contro Hitler.
Giustiziato!”.
Questo è il passaggio più importante del libro e si trova alla fine della storia. É
proprio in questo momento che Hans ritrova il suo caro amico Konradin che
pensava di aver perduto tanto tempo prima, perché capisce che egli,
nonostante le loro incomprensioni iniziali e a costo della propria vita, ha poi
trovato la forza di opporsi valorosamente al regime nazifascista.
Alexia Nanetti , Irene Severi , Fabia Falcioni, Miranda Raimondi
• Ancora la poesia per “accogliere, proteggere,
salvare”
Da domani sarò triste
Da domani sarò triste, da domani.
Ma oggi sarò contento; a che serve essere tristi?
A che serve?
Perché soffia un vento cattivo?
Perché devo dolermi oggi del domani?
Forse il domani è buono, forse il domani è luce.
Forse domani splenderà ancora il sole e non vi sarà ragione di essere tristi.
Da domani sarò triste, da domani.
Ma oggi sarò contento;
E ad ogni giorno amaro dirò
"Da domani, sarò triste. Oggi no".
(Poesia di un ragazzo trovata
in un ghetto nel 1941)
Questi versi ci fanno comprendere quale forza interiore avessero le
persone vittime della furia cieca dei nazifascisti, durante quegli anni
tremendi poiché, nonostante tutto, cercavano di guardare al futuro
con speranza.
Alexia Nanetti, Irene Severi, Miranda Raimondi, Fabia Falcioni
Un treno per Auschwitz
Un treno arriva, è carico di bimbi,
felici che il viaggio interminabile è finito.
E cantano gioiosi giocando nella neve.
Sorridendo gli aguzzini li accarezzano,
li portano alle docce. Son mille;
bimbi ignari, voci bianche, celestiali.
In tre ore mille bimbi sono morti.
Ricci d’oro in mezzo al fango e nell’aria,
i suoni delle risa, i sorrisi dentro al fumo.
La morte, sparpagliata a piene mani
Sopra i corpi martoriati.
Sulle teste dei bambini che cantavano.
L’uomo, e il pozzo più profondo in cui è caduto.
La neve, cade lieve sull’eccidio e non lo copre.
(Liberamente tratto dal racconto di un sopravvissuto)
Questa poesia mi ha impressionato molto perché dimostra quanto
l'uomo in passato abbia saputo essere cattivo e crudele verso dei
bambini innocenti che invece hanno visto violare,
inconsapevolmente e per sempre il loro “diritto all' infanzia”.
Federica Di Rocco
Il silenzio
Il Silenzio accompagnava
il nostro incedere:
il silenzio del Pianto,
della Fame, del Dolore
e mentre morivamo
tutt’intorno era Silenzio
gli occhi vedevano,
le orecchie sentivano
ma le bocche tacevano.
Quel Silenzio è l’arma
che ci ha uccisi.
(Rossella Bisceglia)
E' terribile capire, attraverso questa poesia, come alla fine sia stato il Silenzio
l'unica arma che ha tolto la vita a milioni di persone, di esseri umani, di
fratelli...
Francesca Mulas, Sofia Manganiello, Elettra Bugalossi, Giada Castagna
• E ora l’esperienza vissuta da Armando Gasiani,
raccontata nel suo libro “Finché avrò voce”
Tutto iniziò qualche giorno dopo l'8 settembre 1943, quando Badoglio firmò
l'armistizio con gli Alleati...
“Si sentiva spesso parlare di rappresaglie, rastrellamenti, fucilazioni da
parte dei tedeschi verso tutti coloro che erano contrari al nazifascismo”.
Tra queste migliaia di persone, era presente anche un nostro concittadino,
l'anzolese Armando Gasiani, che attraverso il suo libro-testimonianza,
racconta la traumatica vicenda vissuta in prima persona e il tragico periodo
trascorso nel campo di concentramento Gusen II, a partire dalla separazione
dal fratello Serafino, che purtroppo non vide mai più, ad una “giornata tipo”
trascorsa in quell'orrore.
Così iniziò quel periodo scioccante della sua vita, che per alcuni fu un ricordo
terribile che si portarono dietro fino alla morte, e che per altri segnò per
sempre il loro futuro.
La spiacevole giornata cominciava già alle 4,30 del mattino quando i
prigionieri si svegliavano sulle brande fredde e umide delle loro baracche, con
addosso solo un leggerissimo “pigiama a righe” che utilizzavano durante tutta
la giornata e sul quale era stato cucito un numero, quello che sarebbe
diventato il loro nuovo nome sia per i tedeschi che per gli spietati Kapò. Esso,
infatti, veniva utilizzato unicamente per cercare di privarli della propria
identità e del proprio passato, attraverso la mortificazione e la rassegnazione.
I prigionieri lavoravano senza sosta e per quasi tutto il giorno nelle miniere;
mangiavano pochissimo e male ma solo per essere tenuti in vita tanto quanto
bastasse per essere in grado di lavorare e per aiutare la “grande Germania” a
realizzare il suo folle progetto.
In ogni momento della giornata gli veniva ricordato con ferocia quanto inutile
fosse la loro vita e quanto poco importasse il loro destino...
“Eppure, se il sonno talvolta dava tregua alle sofferenze, il risveglio era
sempre mortificante, perché tutto ricomincia come il giorno prima: stesso
odore di morte, stessa fame e stesso urlo di belve che grignavano: “Schnell,
schnell” con il manganello in mano, già pronti a colpire”.
I bombardamenti che avevamo sentito sopra le nostre teste erano delle
“Forze Alleate”.[...] Provammo un senso di sollievo e, forse per la prima
volta, in quel luogo dove imperavano solo dolore e tristezza, un debole
sorriso affiorò sulle nostre labbra.
Leggendo alcuni passaggi di questo libro, si comprendere in maniera chiara
come doveva essere dura e mortificante, per i deportati, la prigionia nei campi
di concentramento ma anche come, nonostante ciò, la speranza riusciva a
rimanere viva nei loro cuori...
Fabia Falcioni, Alexia Nanetti, Sara Dondi, Sofia Manganiello, Miranda
Raimondi, Oussama Taoufik
• Alcune citazioni
“Ora sapevamo dove i nazisti portavano a morire la gente dei “ trasporti su vagoni
merci” e, se a qualcuno era rimasto ancora un dubbio sulla propria destinazione, gli fu
chiarito dal breve “saluto” del comandante Franz Ziereis.”
Ci tradussero le ultime parole, che dicevano: “Qui vi è solo l'entrata. L'unica via d'uscita è
il forno crematorio”
E' da quel momento che Gasiani e i suoi compagni capiscono che non hanno
scampo né speranza di uscire vivi da lì, a meno che non avvenga un miracolo:
quello che fortunatamente lo ha salvato e che ha permesso a tutti noi di
conoscere da vicino, attraverso la sua testimonianza, la tragedia consumatasi
in quei terribili anni.
“E' passato molto tempo da allora, ma non inutilmente. Nei primi anni successivi a quella
tragedia, il trauma subito non mi permetteva di raccontare agli altri ciò che avevo visto e
vissuto: un blocco di dolore, misto a paura e rabbia, stava lì fisso nella mia mente.[...]
Fatti che resteranno incancellabili nella memoria di chi li ha vissuti, mentre le violenze
inflitteci sono ancora per me inspiegabili[...] ma io continuerò a ripeterle FINCHE'
AVRO' VOCE.”
Questo è uno dei brani più significativi dell'intero libro poiché l'autore ripete che lui
continuerà a parlare di quei fatti tremendi finché avrà voce. Egli racconta il dolore
che nessun essere umano, della nostra generazione, potrà mai comprendere fino in
fondo; egli racconta un pezzo di storia che non ha letto, come noi, sui libri di scuola
ma che ha vissuto con la pelle, con il dolore, con il cuore...Ormai potremmo dire che
“é acqua passata” ma anche che essa è rimasta per sempre avvelenata dall'inchiostro
incancellabile dei troppi numeri incisi sulle braccia dei deportati.
“Guai commettere errori o fermarsi perché questo veniva inteso come sabotaggio e
quindi punibile con l'impiccagione. Quando accadeva, il cadavere rimaneva appeso per
tutto il giorno davanti ai nostri occhi, per ricordarci sempre e comunque che il nostro
futuro era la morte.”
Ci ha fatto molto riflettere l'ultima frase scritta dall'autore perché ci ha fatto capire
quanto poco valore i nazi-fascisti dessero alla vita umana, anzi, di come la usassero
come merce di scambio utile solo a raggiungere i loro scopi.
Francesca Mulas, Irene Severi
• Bibliografia
L'amico ritrovato : romanzo / Fred Uhlman ; introduzione di Arthur Koestler ;
traduzione di Mariagiulia Castagnone. - Milano : Feltrinelli, 1988. - 92 p. ; 20 cm.
I ragazzi di villa Emma / Giuseppe Pederiali, Mondadori, 1989
Anni in fuga : i ragazzi di Villa Emma a Nonantola / Josef Indig Ithai ; a cura di
Klaus Voigt ; traduzione dal tedesco e cura dell'edizione italiana di Loredana Melissari,
Giunti, 2006
Il diario di Anna Frank / Anna Frank, Mondadori-De Agostini, 1989
Arrivederci ragazzi / un film di Louis Malle ; soggetto, sceneggiature e regia di Louis
Malle ; fotografia Renato Berta ; montaggio Emmanuelle Castro ; scenografia Willy Holt ;
costumi Corinne Jorry, Dolmen home video [distributore, 2006]
Arrivederci ragazzi / Louis Malle (libro) ; a cura di Ave Gagliardi per la versione
italiana e di Paola Bertolino per le note e l'apparato didattico, Archimede, 1993!
Hetty : una storia vera / Hetty E. Verolme. - Milano : Il castoro, 2012
L'isola in via degli Uccelli / Uri Orlev, Salani, 2001.
La storia di Erika / di Ruth Vander Zee ; illustrazioni di Roberto Innocenti, C'era una
volta, 2003
Rosa bianca / di Roberto Innocenti, La Margherita, 2008
Le valigie di Auschwitz / Daniela Palumbo ; illustrazioni di Clara Battello, Piemme,
2011
Anzola: Un popolo nella Resistenza : singolare contributo delle donne e delle
famiglie contadine : testimonianze orali / raccolte, curate e coordinate da Anna e
Linceo Graziosi ; introduzione di Mauro Olivi ; prefazione di Francesco Berti, Arnoaldo
Veli, stampa 1989 (Bologna : FD)
E mi chiamai Giuliana / Tolmina Guazzaloca, Ponte Nuovo, 1992
Finché avrò voce / Armando Gasiani ; una storia autobiografica curata da Milena
Bandieri. - Anzola dell'Emilia : Associazione intercomunale Terred'acqua, 2001
Il colore della storia a cura di Vittoria Calvani, Mondadori, 2010
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