La bontà in scena
Scritto da Luca Foddai
29 ottobre 2009 09:02
Sassari - Con “La Cenerentola, ossia La bontà in trionfo” Gioachino Rossini salutò il genere
dell’opera buffa, che tanta fama gli aveva dato fino ad allora. Rappresentata per la prima volta a
Roma, al Teatro Valle, il 25 gennaio 1817, costituisce una sorta di spartiacque nel percorso
musicale del grande compositore pesarese, che di lì a poco approderà alla Grand-Opéra
francese (Guglielmo Tell), passando per il genere semiserio (La Gazza ladra). Il libretto, scritto
da Jacopo Ferretti, riprende la Cenerentola di Perrault, con alcune importanti modifiche: al
posto della matrigna c’è un patrigno; il principe si traveste da cameriere per capire se
Cenerentola e le due sorellastre vogliono sposare lui o i suoi soldi; la fata è sostituita da un
precettore, che accompagna Cenerentola al ballo e poi fa in modo che il principe ritrovi la bella
sconosciuta. Scompare anche la scarpina di cristallo: è un braccialetto a permettere il
disvelamento dell’amata. Rossini infatti d
ovette tenere conto della censura papalina, optando per nascondere il piede «per rispetto della
delicatezza del gusto».
Quando il Cigno di Pesaro arrivò a Roma da Napoli poco prima del Natale del 1816, aveva
pochissimi giorni a disposizione per scrivere un’opera comica commissionata dall’impresario
Pietro Cartoni del Teatro Valle, che si era messo in testa di rispondere al successo (sebbene la
prima fosse stata un fiasco clamoroso) del “Barbiere di Siviglia” dello stesso Rossini,
rappresentato al Teatro Argentina all’inizio dei quello stesso anno. Il libretto, scritto da Jacopo
Ferretti in appena 22 giorni, si rifà a sua volta alla “Cendrillon” (1810) del francese Isouard e alla
“Agatina” (1814) di Pavesi. La partitura fu invece completata in 24 giorni. Non un record di
Rossini, capace di comporre opere in tempi ancora più stretti. Come fece in altre occasioni,
affidò all’assistente Luca Agolini la composizione dei recitativi secchi e delle arie meno
importanti, mentre ricorse alla tecnica dell'autoimprestito, riprendendo cioè le musiche per
alcuni brani da opere composte in precedenza, come il rondò di Angelina tratto dall'aria del
conte di Almaviva del Barbiere "Cessa, di più resistere" e la sinfonia, tratta dalla Gazzetta, per
completare il lavoro. La prima rappresentazione ebbe luogo il 25 gennaio 1817 al Teatro Valle
di Roma. Non fu un successo immediato: solo nelle repliche successive l’opera divenne
popolarissima, tanto da contendere il primato al “Barbiere”, per poi scomparire dai teatri e
ritornare in auge a metà del Novecento.
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La bontà in scena
Scritto da Luca Foddai
29 ottobre 2009 09:02
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