ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
Recenti pronunzie della Corte di Cassazione in materia di
Diritto Commerciale e Bancario.
Rassegna (II – 2007)
I. DIRITTO SOCIETARIO
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 15 luglio 2004, n. 13106 (Pres. OLLA
– Est. CRISCUOLO), in Banca e borsa, 2006, II, 1, con nota di G.P. LA SALA.
Azioni – Legittimazione all’esercizio dei diritti sociali –
Annotazione nel libro soci – Rifiuto illegittimo – Condanna
all’iscrizione con efficacia ex tunc – Ammissibilità.
(codice civile, artt. 2021, 2023).
Azioni – Circolazione in violazione del diritto di opzione –
Applicabilità dell’art. 1994 c.c. – Esclusione.
(codice civile, artt. 1994, 2441).
In tema di azioni di società, il compimento delle formalità previste
dalla legge (art. 2021-2023 c.c.: c.d. transfert) - e tra esse, l’iscrizione nel
libro dei soci - come necessarie per l’esercizio dei diritti sociali non è
affidato ad un potere discrezionale della società, la quale è tenuta a dar
corso ai relativi adempimenti, una volta verificata la conformità a diritto
del trasferimento dei titoli; ne consegue che, ove la società rifiuti il transfert
richiesto dall’alienante o dall’acquirente, e il rifiuto si riveli ab origine
illegittimo, la società medesima non può addurre tale rifiuto per paralizzare
il legittimo esercizio dei diritti (tra cui quello di opzione, di cui all’art. 2441
c.c.) spettante all’acquirente dei titoli cui legalmente competeva la qualità
di socio.
In tema di effetti del possesso di buona fede di titoli di credito,
l’acquisto di azioni di nuova emissione non può considerarsi avvenuto «in
conformità delle norme che ne disciplinano la circolazione», come
prescrive l’art. 1994 c.c., allorché tali azioni siano state illegittimamente
considerate non optate (nella specie, per la presunta estraneità alla
compagine sociale di coloro che avevano effettuato richiesta di
sottoscrizione delle azioni di nuova emissione, e che, invece, all’esercizio di
questo diritto erano legittimati).
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 22 febbraio 2005, n. 3577 (Pres.
CAPPUCCIO – Est. RORDORF), in Giur. comm., 2007, II, 591, con nota di C.
CINCOTTI.
1
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
Società per azioni – Capitale sociale – Aumento – Sottoscrizione
– Adempimento da parte di un terzo – Conformità della
prestazione all’obbligazione del debitore – Legittimità.
(codice civile, artt. 1180, 2439).
Società per azioni – Capitale sociale – Aumento – Sottoscrizione
– Adempimento da parte di un terzo – Compensabilità del
credito da fornitura con debito da sottoscrizione di azioni da
liberarsi in denaro – Illegittimità.
(codice civile, artt. 1180, 1246, 2342, 2343, 2439).
La riferibilità unicamente al socio dell’obbligo di versamento della
quota di capitale sociale da lui sottoscritta non esclude che la relativa
obbligazione possa essere adempiuta, con effetto solutorio, da un terzo, ai
sensi dell’art. 1180 c.c., salva restando l’eventuale rivalsa del solvens nei
riguardi dell’effettivo obbligato; tuttavia, perché l’effetto solutorio si
verifichi, è necessario che la prestazione sia effettuata dal terzo in modo
conforme all’obbligazione del debitore; ne consegue che, in presenza di un
obbligo conseguente alla sottoscrizione di una quota di aumento del
capitale sociale, da attuarsi mediante versamento in denaro, una diversa
prestazione del terzo - quale, nella specie, la consegna di beni in natura o la
compensazione con crediti di regresso derivanti dall’estinzione di debiti
della società verso terzi - non produce alcun effetto liberatorio nei confronti
del socio obbligato, essendo del tutto differenti la tipologia e la disciplina
dell’aumento del capitale sociale mediante conferimento di beni in natura o
di crediti rispetto all’aumento di capitale con conferimento di denaro.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 8 novembre 2005, n. 21641 (Pres.
OLLA – Est. RORDORF), in Banca e borsa, 2007, II, 1, con nota di A. TUCCI.
Società – Società di capitali – Recesso – Presupposti – Titolarità
delle azioni al momento della deliberazione assembleare –
Necessità.
(codice civile, artt. 2437).
In tema di società per azioni, il 1º comma, art. 2437 c.c. (nel testo
anteriore alle modifiche introdotte dal d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6,
applicabile nella specie ratione temporis) attribuisce il diritto di recesso al
socio dissenziente da deliberazioni assembleari riguardanti il mutamento
dell’oggetto sociale, il cambiamento del tipo di società o il trasferimento
della sede all’estero; presupposto affinché il diritto sorga è, dunque, un
dissenso che necessariamente postula la qualità di socio al momento in cui
sia assunta la deliberazione della quale si discute: con la conseguenza che
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
2
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
il diritto stesso non compete a chi abbia acquistato le azioni della società in
data successiva a quella di adozione della deliberazione stessa, ancorché
anteriore a quella della sua iscrizione nel registro delle imprese, senza che
possa farsi leva, in senso contrario, sul rischio che detto socio ignori la
modificazione del contratto sociale frattanto intervenuta, dovendo la
corrispondente tutela essere ricercata nella sfera dei rapporti contrattuali
tra venditore ed acquirente delle azioni, o comunque su un piano che non
coinvolga la società.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 dicembre 2005, n. 27387 (Pres.
DE MUSIS – Est. DEL CORE), in Giur. comm., 2007, II, 86, con nota di G.
FRISOLI.
Società – Società di capitali – Società per azioni – Delibera
assembleare – Scioglimento anticipato – Conflitto di interessi Inconfigurabilità.
(codice civile, artt. 2484, 2373).
Società – Società di capitali – Società per azioni – Delibera
assembleare – Scioglimento anticipato – Abuso di maggioranza –
Configurabilità ai sensi dell’art. 1375 c.c. – Perseguimento
dell’interesse al disinvestimento – Insussistenza – Esercizio
fraudolento del diritto di voto – Ingiustificato vantaggio dei soci
di minoranza – Sussistenza.
(codice civile, artt. 1375, 2377, 2484).
Con riguardo alla deliberazione di assemblea di società per azioni,
la doglianza che la maggioranza dei soci non abbia consentito alla
minoranza ampia informazione e discussione su un argomento all’ordine
del giorno attiene a disciplina etica e di merito e non a questione di
legittimità sindacabile da parte del giudice e non può di per sé costituire
ragione di invalidità della delibera, denunciabile con l’impugnazione
prevista dall’art. 2377 c.c., a meno che non si deduca e dimostri che
proprio l’indicato comportamento prevaricatore, frutto di un disegno della
maggioranza di realizzare propri interessi particolari oggettivamente in
conflitto con quello sociale, abbia determinato in concreto scelte
contrastanti con tale ultimo interesse.
Ai fini dell’annullamento per conflitto di interessi ai sensi dell’art.
2373 c.c., è essenziale che la delibera sia idonea a ledere l’interesse
sociale, inteso come l’insieme di quegli interessi che sono comuni ai soci, in
quanto parti del contratto di società, e che concernono la produzione del
lucro, la massimizzazione del profitto sociale (ovverosia del valore globale
delle azioni o delle quote), il controllo della gestione dell’attività sociale, la
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
3
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
distribuzione dell’utile, l’alienabilità della propria partecipazione sociale e
la determinazione della durata del proprio investimento; pertanto, si ha
conflitto di interessi rilevante quale causa di annullabilità delle delibere
assembleari quando vi è, di fatto, un conflitto tra un interesse non sociale e
uno qualsiasi degli interessi che sono riconducibili al contratto di società.
Non è impugnabile per conflitto di interessi la delibera di
scioglimento anticipato della società ex art. 2448 n. 5 c.c. (ora art. 2484 n.
6 c.c.) in quanto la situazione di conflitto rilevante ai fini dell’art. 2373 c.c.
deve essere valutata con riferimento non già a confliggenti interessi dei
soci, bensì a un eventuale contrasto tra l’interesse del socio e l’interesse
sociale inteso come l’insieme degli interessi riconducibili al contratto di
società tra i quali non è ricompreso l’interesse della società alla
prosecuzione della propria attività, giacché la stessa disciplina legale del
fenomeno societario consente che la maggioranza dei soci ponga fine
all’impresa comune senza subordinare tale decisione ad alcuna condizione.
Le determinazioni prese dai soci durante lo svolgimento del
rapporto associativo vanno considerate, a tutti gli effetti, come veri e propri
atti negoziali di esecuzione del contratto sociale, perché preordinati alla
sua migliore attuazione; da ciò consegue che le delibere soggiacciono alle
regole ermeneutiche dettate per i contratti quando se ne deve interpretare il
contenuto dispositivo.
In applicazione del principio di buona fede in senso oggettivo al
quale deve essere improntata l’esecuzione del contratto di società, la c.d.
regola di maggioranza consente al socio di esercitare liberamente e
legittimamente il diritto di voto per il perseguimento di un proprio interesse
fino al limite dell’altrui potenziale danno; l’abuso della regola di
maggioranza (altrimenti detto abuso o eccesso di potere) è, quindi, causa di
annullamento delle deliberazioni assembleari allorquando la delibera non
trovi alcuna giustificazione nell’interesse della società - per essere il voto
ispirato al perseguimento da parte dei soci di maggioranza di un interesse
personale antitetico a quello sociale - oppure sia il risultato di una
intenzionale attività fraudolenta dei soci maggioritari diretta a provocare la
lesione dei diritti di partecipazione e degli altri diritti patrimoniali spettanti
ai soci di minoranza uti singuli; l’onere di provare che il socio di
maggioranza abbia abusato del proprio diritto di voto grava sul socio di
minoranza che assume l’illegittimità della deliberazione; nel concreto suo
atteggiarsi, detta prova non deve ritenersi limitata ai «sintomi» dell’abuso
della regola di maggioranza manifestatisi prima dell’adozione della
delibera impugnata, potendo, viceversa, farsi leva su comportamenti o
indizi cronologicamente successivi, in grado di rivelarne ex post la
sussistenza.
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
4
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
La deliberazione di scioglimento anticipato di una società può
essere invalidata, in difetto delle ragioni tipiche all’uopo previste, sotto il
profilo dell’abuso della regola di maggioranza, quando risulti
arbitrariamente o fraudolentemente preordinata dai soci maggioritari al
solo fine di perseguire interessi divergenti da quelli societari, ovvero di
ledere gli interessi degli altri soci; la relativa prova incombe sul socio di
minoranza il quale dovrà a tal fine indicare i «sintomi» di illiceità della
delibera - deducibili non solo da elementi di fatto esistenti al momento della
sua approvazione, ma anche da circostanze verificatesi successivamente - in
modo da consentire al giudice di verificarne le reali motivazioni e accertare
se effettivamente abuso vi sia stato; peraltro, all’infuori della ipotesi di un
esercizio «ingiustificato» ovvero «fraudolento» del potere di voto ad opera
dei soci maggioritari, resta preclusa ogni possibilità di controllo in sede
giudiziaria sui motivi che hanno indotto la maggioranza alla votazione
della delibera di scioglimento anticipato della società, essendo
insindacabili le esigenze relative all’economia individuale del socio che
possano averlo indotto a votare per tale soluzione dissolutiva.
Anche con riguardo a una deliberazione dell’assemblea di una
società per azioni con la quale si decida la proposizione dell’azione sociale
di responsabilità nei confronti dell’amministratore è configurabile un
conflitto d’interessi nei sensi previsti dall’art. 2373 c.c. con la conseguente
possibilità d’impugnazione della delibera medesima ove si accerti,
attraverso obiettive circostanze di fatto, che l’azione di responsabilità,
prevista in astratto a favore e a tutela della società, sia stata in concreto
deliberata nell’interesse particolare dei soci che intendono promuoverla e
che questo interesse sia confliggente con quello sociale.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 dicembre 2005, n. 27389 (Pres.
SAGGIO – Est. RORDORF), in Giur. comm., 2007, II, 369, con nota di A.
ANGELILLIS.
Società – Società per azioni – Sindaci – Azione sociale di
responsabilità – Revoca.
(codice civile, artt. 2393, 2400, 2407).
La deliberazione con la quale l’assemblea di una società per azioni
autorizzi l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità contro i sindaci,
anche se adottata con il voto favorevole di almeno un quinto del capitale,
non determina la revoca automatica dei sindaci dalla carica e non ne
implica l’immediata sostituzione, così come avviene per gli amministratori
ai sensi dell’art. 2393, 3º comma, c.c. (ora 4º comma, a seguito della
riforma attuata con il d.leg. n. 6 del 2003), atteso che, sul piano letterale, il
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
5
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
rinvio a detta norma operato dall’art. 2407, ult. comma, c.c. non può essere
utilizzato, essendo la disposizione relativa all’automatica revoca estranea,
propriamente, alla disciplina dell’azione di responsabilità e rientrando,
invece, in quella della revoca dell’organo societario, e che, sul piano
logico, l’automatica revoca implicherebbe la esclusione del controllo del
tribunale sulla giusta causa di revoca dei sindaci, imposto dall’art. 2400, 2º
comma, c.c. a garanzia della loro indipendenza anche nei confronti
dell’azionariato di maggioranza; resta, ovviamente, salvo il potere
dell’assemblea di deliberare altresì, anche contestualmente all’azione di
responsabilità, la revoca dei sindaci per giusta causa, ferma però la
necessità di sottoporre detta deliberazione di revoca all’approvazione del
tribunale ai sensi del richiamato art. 2400, 2º comma, c.c.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 20 dicembre 2005, n. 28242 (Pres.
DE MUSIS – Est. GILARDI), in Giur. comm., 2007, II, 339, con nota di G.
GUERRIERI.
Atto di scissione – Iscrizione nel registro delle imprese –
Domanda di invalidità – Dedotti vizi di procedimento –
Inaccoglibilità.
(codice civile, artt. 2504-quater, 2506-ter).
Atto di scissione – Iscrizione nel registro delle imprese –
Domanda di invalidità meramente strumentale a una futura
azione risarcitoria – Inaccoglibilità.
(codice civile, artt. 2504-quater, 2506-ter).
La disposizione di cui all’art. 2504 quater c.c.prev., richiamata
anche per le operazioni di scissione dall’art. 2504 novies c.c. prev. (oggi
art. 2506 ter c.c.), secondo cui, una volta eseguita l’iscrizione dell’atto di
fusione delle società, l’invalidità dello stesso non può più essere dichiarata,
pone una preclusione di carattere assoluto, che riguarda tanto il caso in cui
si deducano vizi inerenti direttamente all’atto di fusione, quanto l’ipotesi in
cui i vizi concernano il procedimento di formazione dell’atto e della sua
iscrizione; tale preclusione rimane operante anche nel caso in cui si
asserisca che l’impugnativa è meramente preordinata ad una futura ed
ipotetica azione di risarcimento del danno nei confronti degli
amministratori o di terzi.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 26 gennaio 2006, n. 1525 (Pres.
CRISCUOLO – Est. MARZIALE), in Giur. comm., 2007, II, 599, con nota di A.
GARGARELLA MARTELLI.
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
6
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
Società – Società per azioni – Organi sociali – Amministratori –
Rappresentanza della società – In genere – Amministratore –
Compimento, da parte sua, in mancanza di una delibera del
consiglio di amministrazione, di un atto con il terzo rientrante
nella competenza di tale organo ed in conflitto di interessi con la
società rappresentata – Disciplina applicabile – Individuazione.
(codice civile, artt. 1394, 2384, 2391).
Società – Società per azioni – Organi sociali – Amministratori –
Rappresentanza della società – In genere – Dissociazione tra
potere di gestione e potere di rappresentanza risultante dallo
statuto – Disciplina ex art. 2384, 2° comma, c.c. – Applicabilità.
(codice civile, art. 2384, d.p.r. 29 dicembre 1969, n. 1127, art. 5).
In tema di società per azioni, quando il singolo amministratore
ponga in essere, in mancanza di una delibera del consiglio di
amministrazione, un atto con il terzo che rientri, invece, nella competenza
di tale organo, l’incidenza del conflitto di interessi sulla validità del negozio
deve essere regolata sulla base, non già dell’art. 2391 c.c. (il quale,
riferendosi al conflitto che emerge in sede deliberativa, concerne l’esercizio
del potere di gestione, in un momento, quindi, anteriore a quello in cui
l’atto viene posto in essere, in nome della società, nei confronti del terzo),
ma della disciplina generale di cui all’art. 1394 c.c.; al riguardo,
costituendo il divieto di agire in conflitto di interessi con la società
rappresentata un limite derivante da una norma di legge, la sua rilevanza
esterna non è subordinata ai presupposti stabiliti dal 2º comma, art. 2384
c.c., il cui ambito di applicazione è riferito alle limitazioni del potere di
rappresentanza derivanti dall’atto costitutivo o dallo statuto, che abbiano,
cioè, la propria fonte (non nella legge, ma) nell’autonomia privata.
Nella disciplina delle società per azioni, tra le limitazioni del potere
di rappresentanza contemplate dal 2º comma dell’art. 2384 c.c. rientrano
anche quelle derivanti dalla dissociazione tra potere gestorio e potere di
rappresentanza, quando esse trovino fondamento in una disposizione
statutaria.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite, 8 febbraio 2006, n. 2637 (Pres.
CARBONE – Est. PROTO), in Società, 2006, 459, con nota di F. DIMUNDO
(pubblicata anche in Riv. dir. soc., 2007, 153, con nota di F. CORSINI).
Fusione – Fusione per incorporazione – In pendenza di giudizio
– Conseguenze – Interruzione del processo – Esclusione.
(codice civile, art. 2504 bis, codice di procedura civile, art. 300).
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
7
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
Ai sensi del nuovo art. 2505 bis c.c., conseguente alla riforma del
diritto societario (d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6), la fusione tra società non
determina, nelle ipotesi di fusione per incorporazione, l’estinzione della
società incorporata, né crea un nuovo soggetto di diritto nell’ipotesi di
fusione paritaria, ma attua l’unificazione mediante l’integrazione reciproca
delle società partecipanti alla fusione, risolvendosi in una vicenda
meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che
conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo; deve
pertanto escludersi che la fusione per incorporazione determini
l’interruzione del processo ai sensi dell’art. 300 c.p.c
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 7 marzo 2006, n. 4874 (Pres.
CECCHERINI – Est. GILARDI), in Società, 2007, 703, con nota di B.
IANNIELLO.
Società di capitali – Società per azioni – Bilancio di esercizio –
Redazione – Principi di chiarezza e verità – Disciplina anteriore
al D.Lgs. 9 aprile 1991, n. 127 – Supremazia del criterio di verità
– Non sussiste – Rapporto di simmetria tra i due criteri –
Sussiste – Disciplina attuale – Rapporto di simmetria – Sussiste –
Conseguenze – Bilancio veritiero ma non chiaro – Delibera di
approvazione – Nullità.
(codice civile, artt. 2423, 2423 bis).
Società di capitali – Società per azioni – Bilancio di esercizio –
Redazione – Principio di continuità – Limiti.
(codice civile, art. 2423 bis).
Società di capitali – Società per azioni – Bilancio – Redazione –
Principio di chiarezza – Informazioni contenute in documenti
separati – Non allegazione al bilancio – Insufficienza.
(codice civile, art. 2423).
Nella disciplina legale del bilancio d’esercizio delle società, il
principio di chiarezza non è affatto subordinato a quello di correttezza e
veridicità del bilancio medesimo, ma è dotato di autonoma valenza, essendo
obiettivo fondamentale del legislatore quello di garantire non solo la
veridicità e correttezza dei risultati contabili, ma anche la più ampia
trasparenza dei dati di bilancio che a quei risultati conducono;
conseguentemente, il bilancio d’esercizio di una società di capitali che violi
i precetti di chiarezza e precisione dettati dall’art. 2423, 2º comma, c.c.
(anche nel testo anteriore alle modificazioni apportate dal d.leg. 9 aprile
1991 n. 127), è illecito, ed è quindi nulla la deliberazione assembleare con
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
8
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
cui esso è stato approvato, non soltanto quando la violazione determini una
divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio, o la rappresentazione
complessiva del valore patrimoniale della società, e quello del quale il
bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio
stesso non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la
legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte.
La circostanza che il bilancio d’esercizio di una società di capitali
abbia come destinatari non solo i soci, ma tutta una pluralità di terzi, i
quali, potendo venire in contatto con la società, abbiano interesse a
valutarne la situazione patrimoniale ed economica, rende irrilevante - ai
fini della illiceità del bilancio stesso e della conseguente nullità della
relativa deliberazione assembleare di approvazione - che il metodo di
redazione del bilancio contrario ai principi di chiarezza e precisione sia
stato adottato in passato con il consenso o, addirittura, su iniziativa del
socio che poi ha impugnato il bilancio; né giova in senso contrario fare
appello al principio di continuità formale dei bilanci, il quale comporta solo
che non si adottino metodi di rilevazione del bilancio diversi da quelli
adottati in passato, senza darne adeguato conto nella relazione degli
amministratori, ma non giustifica certo il protrarsi nel tempo dell’adozione
di metodi di redazione poco chiari o imprecisi.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 31 marzo 2006, n. 7693 (Pres.
LOSAVIO – Est. RORDORF), in Società, 2007, 43, con nota di S. RIZZINI
BISINELLI.
Società di capitali – Società per azioni – Assemblea degli
obbligazionisti – Delibera assembleare – Nullità, annullabilità,
inesistenza – Inesistenza.
(codice civile, artt. 2377, 2379).
Nel caso in cui una società abbia posto in essere una pluralità di
emissioni obbligazionarie, aventi caratteristiche diverse, non vi è alcun
interesse comune che leghi tra loro i sottoscrittori dei singoli prestiti,
ciascuno dei quali è dotato di un proprio specifico regolamento negoziale,
al quale risultano estranei i sottoscrittori degli altri prestiti; ciò determina
la necessità di dar vita ad altrettante organizzazioni degli obbligazionisti,
con distinte assemblee (ed eventualmente distinti rappresentanti comuni),
ciascuna delle quali è chiamata a deliberare su materie di interesse comune
dei sottoscrittori del prestito al quale afferisce l’organizzazione; l’eventuale
modificazione delle condizioni di ogni prestito richiede, pertanto,
unicamente il consenso dei sottoscrittori di quella particolare emissione,
nella peculiare forma assembleare indicata dall’art. 2415 c.c., poiché
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
9
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
soltanto ad essi fa capo il relativo rapporto obbligatorio con la società
emittente; ne consegue che l’approvazione della modifica con il concorso
determinante dei sottoscrittori di obbligazioni rivenienti da un’emissione
diversa comporta non già la mera annullabilità, ma l’inesistenza della
relativa delibera, la cui impugnazione è sottratta al termine di decadenza
previsto dall’art. 2377, 2º comma, richiamato dall’art. 2416, 2º comma, c.c.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 7 aprile 2006, n. 8230 (Pres. LO
SAVIO – Est. PANZANI), in Società, 2007, 698, con nota di M. CUPIDO.
Società di capitali – Società per azioni – Organi sociali –
Amministratori – Compensi – Determinazione – Sistema
anteriore al D.Lgs. n. 6 del 2003 – Competenza – Dell’assemblea
ordinaria – Configurabilità – Condizioni – Mancata
determinazione del compenso nell’atto costitutivo – Necessità –
Conseguenze – Attribuzione agli amministratori di un compenso
aggiuntivo a quello previsto nello statuto – Legittimità –
Esclusione.
(codice civile, artt. 2364 e 2389).
In base al combinato disposto degli art. 2364, 1º comma, n. 3, e
2389, 1º comma, c.c (nel testo anteriore alla riforma attuata dal d.leg. 17
gennaio 2003 n. 6, applicabile nella specie, ratione temporis), la
determinazione del compenso degli amministratori di società per azioni è
rimessa in primo luogo all’atto costitutivo e, solo ove esso non provveda,
all’assemblea ordinaria; resta di conseguenza escluso che l’assemblea
possa accordare agli amministratori un compenso ulteriore rispetto a
quello già previsto dallo statuto sociale, a nulla rilevando che quest’ultimo
sia eventualmente stabilito nella forma aleatoria della partecipazione agli
utili.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 14 aprile 2006, n. 8876 (Pres. PROTO
– Est. NAPOLEONI), in Società, 2007, 159, con nota di R. AMBROSINI.
Società di capitali – Società per azioni – Impegno del socio alla
sottoscrizione integrale dell’aumento del capitale sociale prima
dell’approvazione della relativa delibera – Conferimento in
conto futuro aumento di capitale – Configurabilità – Contrasto
con la disciplina del diritto di opzione – Esclusione.
(codice civile, artt. 2438 e 2441).
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
10
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
Nelle società per azioni, il socio può validamente obbligarsi nei
confronti della società a sottoscrivere un determinato aumento di capitale
prima che lo stesso sia formalmente deliberato dall’assemblea, dovendosi
ritenere siffatto obbligo, in assenza di diverse pattuizioni, subordinato alla
condizione sospensiva che la deliberazione di aumento del capitale
intervenga nel termine stabilito o in quello desumibile dalle circostanze, e per la parte in cui l’impegno investa anche le azioni di nuova emissione
sulle quali il socio non vanta il diritto di opzione - alla ulteriore condizione
che tali azioni non vengano sottoscritte dai soci titolari del predetto diritto
nel termine assegnato ai fini dell’esercizio del medesimo.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 19 aprile 2006, n. 9065 (Pres. MILEO
– Est. VIGOLO), in Società, 2007, 155, con nota di M.M. GAETA.
Società – Trasformazione – Effetti – Responsabilità dei soci –
Obbligazioni sociali anteriori alla trasformazione – Liberazione
dei soci illimitatamente responsabili – Condizioni – Consenso dei
creditori alla trasformazione – Necessità – Modalità di
acquisizione - Individuazione.
(codice civile, artt. 2498, 2499 e 2500).
Ai sensi dell’art. 2499 c.c., la trasformazione di una società non
libera i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le
obbligazioni sociali anteriori all’iscrizione della deliberazione di
trasformazione nel registro delle imprese, se non risulta che i creditori
sociali abbiano dato il loro consenso alla trasformazione stessa, il quale si
presume se i creditori, ai quali la suddetta deliberazione sia stata
comunicata, non abbiano negato espressamente la loro adesione nel
termine di trenta giorni dalla ricezione della comunicazione medesima.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 26 maggio 2006, n. 12627 (Pres.
LOSAVIO – Est. PLENTEDA), in Società, 2007, 574, con nota di M.M. GAETA.
Società – Società cooperative – Status socio – Opponibilità –
Procedura di ammissione – Carattere aperto della società.
(codice civile, art. 2528).
Il potere del giudice di rilevare d’ufficio la nullità di un contratto
dev’essere coordinato con il principio della domanda, sancito dagli art. 99
e 112 c.p.c., in virtù del quale, quando sono in contestazione l’applicazione
o l’esecuzione di un contratto la cui validità rappresenti un elemento
costitutivo della pretesa, il giudice è tenuto a rilevare la nullità, in ogni
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
11
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
stato e grado del giudizio, soltanto se la ragione dell’invalidità non sia
diversa da quella già prospettata dalla parte, dovendo altrimenti escludersi
tanto la possibilità di una sua deduzione per la prima volta in sede di
gravame, quanto quella della sua rilevazione d’ufficio (in applicazione di
tale principio, la suprema corte, nell’ambito di un giudizio avente ad
oggetto l’accertamento della qualità di socio di una cooperativa, ha
confermato la sentenza impugnata, che, in sede di rinvio a seguito della
cassazione di una precedente sentenza, aveva escluso l’annullabilità per
errore della delibera di ammissione dell’attore nella società, omettendo di
rilevare la nullità della medesima delibera per impossibilità o illiceità
dell’oggetto, in relazione al divieto di trasferimento delle quote sociali
previsto dallo statuto della cooperativa, in quanto tale ragione d’invalidità
non era mai stata fatta valere in precedenza).
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 20 giugno 2006, n. 14267 (Pres.
PLENTEDA – Est. CECCHERINI), in Società, 2007, 1111, con nota di D.
PISELLI.
Società di capitali – Società per azioni – Contratti parasociali –
Contenuto.
(codice civile, artt. 1321, 2341 bis, 2341 ter, t.u.f., artt. 122 e 123).
Ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale, è
necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi
dell’accordo, non potendosene ravvisare pertanto la sussistenza là dove,
raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali ed ancorché riportati in
apposito documento, risulti rimessa ad un tempo successivo la
determinazione degli elementi accessori; pertanto, anche in presenza del
completo ordinamento di un determinato assetto negoziale, può risultare
integrato un atto meramente preparatorio di un futuro contratto, come tale
non vincolante tra le parti, in difetto dell’attuale effettiva volontà delle
medesime di considerare concluso il contratto, il cui accertamento, nel
rispetto dei canoni ermeneutici di cui agli art. 1362 seg. c.c., è rimesso alla
valutazione del giudice di merito, incensurabile in cassazione ove sorretta
da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 20 giugno 2006, n. 14280 (Pres.
PROTO – Est. NAPPI), in Società, 2007, 967, con nota di S. PASCALI.
Società di persone – Società di fatto – Prova – Rapporti interni
tra i soci – Rapporti esterni con i terzi – Fallimento –
Applicabilità dell’art. 10 l. fall. prev.
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
12
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
(codice civile, art. 2247, l. fall. prev., art. 10).
[non massimata]
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 28 agosto 2006, n. 18618 (Pres.
PROTO – Est. DI AMATO), in Società, 2007, 967, con nota di S. PASCALI.
Società di persone – Società di fatto – Fallimento – Applicabilità
dell’art. 10 l. fall. prev.
(codice civile, artt. 2193, 2290, 2300 e 2495; l. fall. prev., art. 10).
In tema di fallimento, il principio, emergente dalla sentenza 21
luglio 2000 n. 319 e dalle ordinanze 7 novembre 2001 n. 361 ed 11 aprile
2002 n. 131 della corte costituzionale, secondo cui il termine di un anno
dalla cessazione dell’attività, prescritto dall’art. 10 l.fall. ai fini della
dichiarazione, di fallimento, decorre, tanto per gli imprenditori individuali
quanto per quelli collettivi, dalla cancellazione dal registro delle imprese,
anziché dalla definizione dei rapporti passivi, non esclude l’applicabilità
del predetto termine anche alle società non iscritte nel registro delle
imprese, nei confronti delle quali il necessario bilanciamento tra le opposte
esigenze di tutela del creditori e di certezza delle situazioni giuridiche
impone d’individuare il dies a quo nel momento in cui la cessazione
dell’attività sia stata portata a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, o
comunque sia stata dagli stessi conosciuta, anche in relazione ai segni
esteriori attraverso i quali si è manifestata (in applicazione di tale
principio, la suprema corte ha confermato la sentenza impugnata, la quale
aveva rigettato l’istanza di fallimento proposta nei confronti di una società
di fatto per intervenuta scadenza del termine di cui all’art. 10 cit., facendolo
decorrere dalla data dell’atto notarile di trasferimento dell’azienda, da essa
ritenuto idoneo a rendere manifesta la cessazione dell’attività).
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 3 novembre 2006, n. 23599 (Pres.
DE MUSIS – Est. GIUSTI), in Società, 2007, 1468, con nota di F. DARDES (*)
Società di capitali – Società a responsabilità limitata –
Modificazione atto costitutivo – Aumento del capitale – Diritto di
opzione – Disciplina previgente – Termine per l’esercizio del
diritto di opzione – Decorrenza – Parità di trattamento dei soci
presenti ed assenti.
(codice civile previgente, art. 2495; codice civile, art. 2481 bis).
Società di capitali – Deliberazione assembleare – Atto di
autonomia privata – Regole di interpretazione dei contratti –
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
13
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
Applicabilità – Esame complessivo dell’atto – Interpretazione
secondo buona fede.
(codice civile, artt. 1366, 1375).
In tema di aumento del capitale sociale nelle società a
responsabilità limitata (nella disciplina anteriore alle innovazioni introdotte
dal d.lg. 17 gennaio 2003 n. 6), nonostante il silenzio dell'art. 2495 c.c. in
ordine al termine minimo da riconoscere al socio per l'esercizio del diritto
di opzione e l'omissione, in esso, di ogni richiamo al comma 2 dell'art. 2441
c.c. (che, per le società per azioni, stabilisce il termine minimo in trenta
giorni dalla pubblicazione dell'offerta), il termine per l'esercizio del
suddetto diritto non può essere tanto ristretto da rendere eccessivamente
difficile ai soci la possibilità di fatto di avvalersene. Pertanto, ove la
delibera assembleare di aumento del capitale sociale preveda, accanto a un
termine per l'esercizio del diritto di opzione stabilito in una data fissa,
un'autorizzazione agli amministratori ad interpellare i soci assenti, priva
tuttavia di un'espressa specificazione sia in ordine al termine entro il quale
effettuare detta comunicazione, sia in relazione alla data finale per
l'esercizio, da parte di costoro, del diritto di sottoscrizione, correttamente il
giudice del merito - allorché motivatamente ritenga sussistente un'oscurità
nel tenore complessivo della volontà assembleare in base al solo operare
del criterio letterale - ricorre al canone ermeneutico della buona fede,
interpretando la delibera nel senso della previsione di un termine per
l'esercizio del diritto di opzione eguale per tutti i soci (e pari allo spazio
temporale che separa la data della delibera da quella di scadenza per
l'esercizio del diritto di opzione), decorrente, per i soci assenti, dal giorno
della comunicazione; e ciò, onde evitare che, per coloro i quali non presero
parte all'assemblea, la congruità dello spatium deliberandi (e, con essa, la
possibilità concreta di avvalersi del termine per l'esercizio dell'opzione) sia
rimessa alla tempestività della comunicazione in loro favore effettuata dagli
amministratori.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 11 dicembre 2006, n. 26325 (Pres.
LOSAVIO – Est. PANZANI), in Società, 2007, 1362, con nota di M.M. GAETA
(*)
Società di capitali – Società per azioni – Società collegate –
Oggetto sociale – Vantaggi compensativi.
(codice civile, artt. 2359, 2380 bis, 2384).
L'atto compiuto dagli amministratori in nome della società è
estraneo all'oggetto sociale se non è idoneo in concreto a soddisfare un
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
14
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
interesse economico, sia pure mediato e indiretto, ma giuridicamente
rilevante della società. Sebbene l'appartenenza al medesimo gruppo
societario consenta, in linea di principio, di riconoscere connessioni
economiche rilevanti tra gli interessi, formalmente distinti, dei vari soggetti
giuridici che compongono il gruppo (sì da giustificare attività dirette al
perseguimento di un interesse che esula da quello proprio e specifico delle
singole società, inteso in senso stretto, ma vi è ricompreso in senso
mediato), tuttavia la mera ipotesi della sussistenza di vantaggi compensativi
non è sufficiente al fine di affermare la legittimità dell'atto sul piano dei
limiti imposti dall'oggetto sociale, ma l'amministratore ha l'onere di
allegare e provare gli ipotizzati benefici indiretti, connessi al vantaggio
complessivo del gruppo, e la loro idoneità a compensare efficacemente gli
effetti immediatamente negativi dell'operazione compiuta.
II. TITOLI DI CREDITO
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 18 gennaio 2005, n. 948 (Pres. DE
MUSIS – Est. CARBONE), in Banca e borsa, 2006, II, 461, con nota di L.
FURGIUELE.
Titoli di credito – Assegno bancario – In genere – Privo di valore
cartolare – In conseguenza del suo ammortamento – Natura –
Promessa di pagamento – Effetti – Legittimazione – A favore del
mero possessore del titolo, non prenditore né giratario –
Esclusione – Fondamento.
(codice civile, art. 1988; r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 74).
Il mero possessore di un assegno bancario privo di efficacia
cartolare per effetto del suo avvenuto ammortamento, che non sia né
prenditore né giratario dello stesso, non può considerarsi legittimato alla
pretesa del credito ivi contenuto, avvalendosi - allo scopo - del suddetto
titolo quale promessa di pagamento ai sensi dell’art. 1988 c.c., atteso che
l’inversione dell’onere della prova, prevista da tale disposizione, opera solo
nei confronti di colui al quale la promessa sia stata fatta; da ciò consegue
che egli non è esonerato dalla prova dell’esistenza del rapporto giuridico
dal quale discende l’obbligazione del promittente, non essendo
riconducibile, al semplice dato del possesso del titolo all’ordine, univoco
significato ai fini della legittimazione, poiché non è possibile escludere che
il titolo di credito sia stato acquisito abusivamente.
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
15
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 15 febbraio 2005, n. 3031 (Pres.
PLENTEDA – Est. GILARDI), in Banca e borsa, 2006, II, 133, con nota di R.
SENIGAGLIA.
Titoli di credito – Assegno bancario – Avallo – Principio di
accessorietà – Prescrizione dell’azione cartolare – Obbligazione
fideiussoria – Onere probatorio.
(legge assegni, artt. 30, 75; codice civile, art. 1937, 1988).
La sottoscrizione di un assegno bancario per avallo comporta che la
garanzia prestata dal terzo non si estende, salva la dichiarazione di una
volontà diversa, al rapporto causale intercorrente tra creditore e debitore
principale e, quindi, la garanzia cessa nel caso di prescrizione dell’azione
cartolare e non può essere invocata dal creditore che esercita l’azione
causale; tuttavia, alla dichiarazione di avallo può affiancarsi una promessa
extracambiaria di garanzia personale per l’adempimento del debito portato
dalla cambiale o di quello risultante da un rapporto causale sottostante, ma
l’esistenza di tale obbligazione fideiussoria non è desumibile, in via
presuntiva, dalla sola dichiarazione di avallo, dovendo essere fornita la
prova di una volontà espressamente diretta ad assumerla, in conformità di
quanto previsto all’art. 1937 c.c.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III, 30 marzo 2005, n. 6732 (Pres.
VITTORIA – Est. PETTI), in Banca e borsa, 2006, II, 699, con nota di E.
FUSCO.
Protesto bancario illecito – Colpa della banca – Risarcimento dei
danni all’imprenditore danneggiato – Risarcimento del danno
morale – Onere della prova a carico del danneggiato.
(codice civile, artt. 2043, 2059; legge assegni, artt. 60 ss.).
[non massimata]
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III, 18 aprile 2005, n. 8005 (Pres.
FIDUCCIA – Est. DURANTE), in Banca e borsa, 2007, II, 286, con nota di R.
LUPOLI.
Titoli di credito – Assegno bancario – Non trasferibile – Banca
girataria per l’incasso – Pagamento a soggetto non legittimato ex
art. 43 legge assegni – Conseguenze – Responsabilità
extracontrattuale della banca verso i danneggiati.
(legge assegni, art. 43; codice civile, art. 2043).
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
16
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
La banca girataria per l’incasso di assegno non trasferibile non può
qualificarsi sostituto di quella trattaria nell’adempimento della convenzione
di assegno (e, quindi, in rapporto contrattuale con il traente) ma, in quanto
investita della procura all’incasso, deve essere considerata rappresentante
del girante in nome e per conto del quale riceve il pagamento; ne consegue
che, qualora essa violi l’obbligo legale di pagare l’assegno non trasferibile
soltanto ad uno dei soggetti indicati nell’art. 43, 2º comma, r.d. 21
dicembre 1933 n. 1736, sorge a suo carico una responsabilità
extracontrattuale verso tutti coloro che possono essere pregiudicati dal
pagamento a soggetto diverso, compreso il traente.
In caso di irregolare pagamento, da parte della banca girataria per
l’incasso, di assegno bancario recante la clausola di non trasferibilità a
soggetto non legittimato, ai fini della configurabilità della responsabilità
extracontrattuale in capo alla banca, anche se il pagamento in violazione di
una clausola di intrasferibilità configura un illecito bancario astrattamente
idoneo a produrre un danno, per la risarcibilità di esso è pur sempre
necessario che chi agisce per il risarcimento ne provi l’esistenza e
l’ammontare, fermo restando che, per la relativa determinazione, il
quantum non necessariamente limitato all’importo dell’assegno, ma può
essere eventualmente integrato da ulteriori pregiudizi che siano
conseguenza immediata e diretta della violazione della clausola di non
trasferibilità.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 13 maggio 2005, n. 10118 (Pres.
LUCCIOLI – Est. SPAGNA MUSSO), in Banca e borsa, 2006, II, 683, con nota
di F. ACCETTELLA (*)
Titoli di credito – Assegno bancario – Non trasferibile –
Sottratto da terzi e incassato – Disciplina di cui all’art. 43 r.d. n.
1736 del 1933 – Contenuto – Obbligo per la banca che abbia
pagato al legittimato apparente di pagare all’effettivo e legittimo
prenditore – Affermazione – Fondamento.
(codice civile, art. 1189; legge assegno, art. 43).
Titoli di credito – Assegno bancario – Non trasferibile –
Pagamento a soggetto qualificantesi come rappresentante del
prenditore – Oneri di controllo da parte della banca – Portata.
(legge assegno, art. 43).
Quando la banca girataria per l'incasso di un assegno bancario
munito di clausola di intrasferibilità abbia eseguito il pagamento nei
confronti di un soggetto non creditore e legittimato solo in modo apparente
è tenuta ad un nuovo pagamento nei confronti dell'effettivo e legittimo
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
17
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
prenditore, ai sensi dell'art. 43 del r.d. n. 1736 del 1933, il quale stabilisce
che "colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal
prenditore risponde del pagamento". Tale disposizione costituisce una
previsione speciale, sia rispetto alla normativa generale regolante il
pagamento dei titoli di credito cosiddetti a legittimazione variabile, sia
rispetto all'art. 1189 c.c., riguardante il pagamento al creditore apparente.
Quando l'assegno non trasferibile sia presentato da persona che
adduca di agire in nome e per conto del prenditore in forza di
rappresentanza negoziale, la banca, in quanto tenuta a controllare la
coincidenza del presentatore con il prenditore ai sensi ed agli effetti
dell'art. 43 r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, ha l'onere di acquisire prova di
tale rappresentanza.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III, 16 giugno 2005, n. 12964 (Pres.
VITTORIA – Est. TRIFONE), in Banca e borsa, 2007, II, 162, con nota di L.
MAGGIORE.
Pegno di titoli di credito – Pegno regolare e irregolare –
Interpretazione delle clausole del contratto di garanzia –
Qualificazione – Pegno regolare di titoli di credito – Vendita
della cosa oggetto del pegno.
(codice civile, artt. 1851, 1997, 2748, 2797).
È esente da vizi logici o violazione di legge la sentenza di merito che
configuri il pegno regolare di titoli di credito (nella specie, relativo a titoli
dati in pegno da una compagnia di assicurazione all’Uci, a garanzia di
future obbligazioni per sinistri stradali causati all’estero da veicoli suoi
assicurati) qualora nel contratto sia previsto: che i titoli vengano immessi
in conto a deposito con rubrica a nome della compagnia e con possibilità di
sostituzione di essi solo previo accordo; gli incassi di cedole scadute
debbano essere rimessi alla società, restando a carico della stessa le spese
e gli oneri relativi al pegno; il creditore possa realizzare il pegno solo in
caso di mancato pagamento preceduto da richiesta di pagamento formulata
a mezzo lettera raccomandata; il creditore, a tal fine, per la vendita del
pegno, debba osservare le prescrizioni di cui all’art. 2797 c.c. e sia munito
di mandato a vendere in rem propriam, il quale non determina il
trasferimento in capo al mandatario della proprietà del bene e non priva il
mandante del potere di disporre del suo diritto di proprietà sul bene oggetto
del mandato; si esula dall’ipotesi di pegno regolare e si rientra, viceversa,
nella disciplina del pegno irregolare, qualora il debitore, a garanzia
dell’adempimento della sua obbligazione, abbia vincolato al suo creditore
un titolo di credito o un documento di legittimazione individuati, conferendo
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
18
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
a quest’ultimo anche la facoltà di disporre del relativo diritto, come
delineato dall’art. 1851 c.c., norma (riferita all’anticipazione bancaria, ma
che costituisce tuttavia la regola generale di ogni altra ipotesi di pegno
irregolare) in base alla quale il creditore garantito acquisisce la somma
portata dal titolo o dal documento, che dovrà restituire al momento
dell’adempimento o, in caso di inadempimento, dovrà rendere per quella
parte eccedente l’ammontare del credito garantito, determinata in relazione
al valore delle cose al tempo della relativa scadenza.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III, 28 giugno 2005, n. 13906 (Pres.
VITTORIA – Est. TALEVI), in Banca e borsa, 2007, II, 437, con nota di C.M.
DE IULIIS.
Titoli di credito – Assegno bancario – Rappresentanza.
(legge assegni, art. 14).
In tema di assegni bancari, requisiti per la valida assunzione di una
obbligazione cartolare in nome altrui sono, ai sensi dell’art. 14 r.d. 21
dicembre 1933 n. 1736, non solo l’esistenza di una procura o di un potere
ex lege, ma anche (atteso il principio di letteralità, in base al quale solo ciò
che sul titolo è scritto determina la sussistenza e le caratteristiche dei diritti
sul medesimo fondati) l’apposizione della sottoscrizione con l’indicazione
della qualità ancorché senza l’uso di formule sacramentali e con le sole
modalità idonee a rendere evidente ai terzi l’avvenuta assunzione
dell’obbligazione per conto di altri.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 22 settembre 2005, n. 18642 (Pres.
LOSAVIO – Est. RORDORF), in Banca e borsa, 2007, II, 429, con nota di F.
ACCETTELLA.
Titoli di credito – Assegno bancario – Sbarrato – Pagamento –
Qualità di cliente – Nozione – Rapporti ripetuti e risalenti –
Necessità – Fattispecie.
(legge assegni, art. 41).
Ai fini della verifica circa la regolarità del pagamento dell’assegno
sbarrato, per «cliente», nell’accezione accolta dall’art. 41 r.d. 21 dicembre
1933 n. 1736, deve intendersi la persona già nota al banchiere in virtù di
pregressi e reiterati rapporti di affari, tipici del servizio bancario, atteso
che la ragion d’essere della clausola di sbarramento riposa proprio in una
richiesta di maggiore cautela nell’incasso, che può considerarsi soddisfatta
in presenza di un rapporto personale tra banca e cliente; ne consegue che a
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
19
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
tal fine deve ritenersi insufficiente la pura e semplice apertura di un conto
corrente bancario, magari solo poco tempo prima la presentazione
all’incasso dell’assegno (nella specie, la suprema corte ha ritenuto immune
da vizi la sentenza di merito che, in forza di un apprezzamento dei fatti
incensurabile in sede di legittimità, ha riconosciuto qualità di cliente a chi
intrattiene con la banca rapporti di conto corrente ripetuti, facendovi
accreditare i ratei della propria pensione, e perduranti da un significativo
lasso di tempo).
In tema di responsabilità della banca nel caso in cui sia portato
all’incasso un assegno alterato, il principio secondo cui la banca girataria
per l’incasso, oltre ad essere mandataria del prenditore girante, è altresì
sostituta della banca trattaria nel pagamento cui quest’ultima è obbligata
nei confronti del cliente, comporta che su di essa incombe l’onere di
verificare quelle condizioni di legittimità dell’operazione che, al momento
della presentazione del titolo, sono effettivamente controllabili, quale
l’identità del presentatore, ma non anche che ogni verifica necessaria per il
pagamento sia a suo carico, non potendosi ritenere che la banca trattaria
resti, per parte sua, esonerata dal compito di controllare la materiale
genuinità dell’assegno che le è richiesto di pagare e che, proprio per questo
motivo, deve essere trasmesso dalla banca girataria a quella trattaria prima
che questa provveda al pagamento.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 6 ottobre 2005, n. 19512 (Pres.
CRISCUOLO – Est. DEL CORE), in Banca e borsa, 2007, II, 285, con nota di
R. LUPOLI.
Titoli di credito – Assegno circolare – Non trasferibile – Banca
girataria per l’incasso – Pagamento a soggetto non legittimato ex
art. 43 legge assegni – Conseguenze – Responsabilità quasi
contrattuale della banca verso i danneggiati – Termine di
prescrizione ordinario.
(legge assegni, art. 43; codice civile, art. 1173).
La banca girataria per l’incasso di un assegno circolare non
trasferibile è responsabile del pagamento del titolo effettuato, in violazione
dell’obbligo di diligente accertamento della legittimazione del prenditore,
ad un soggetto diverso da quest’ultimo e che abbia apposto la propria firma
«per conoscenza e garanzia» al fine non già di attestare l’identità del
prenditore, bensì di sostituirlo nell’incasso della somma.
In tema di disciplina dell’assegno bancario non trasferibile, l’art. 43
r.d. n. 1736 del 1933 - concernente anche l’assegno circolare non
trasferibile in virtù del rinvio contenuto nell’art. 86 r.d. cit. - nella parte in
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
20
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
cui stabilisce la responsabilità di colui che paga il titolo a persona diversa
dal prenditore è applicabile anche alla banca girataria per l’incasso,
benché quest’ultima provveda soltanto ad anticipare la valuta acquistando
la legittimazione all’esercizio del diritto cartolare, in quanto la locuzione
«colui che paga», contenuta in detta norma, da interpretare in correlazione
con l’art. 41 dello stesso r.d., impone di estendere a quest’ultima la
succitata responsabilità, anche allo scopo di rafforzare la tutela dei terzi
interessati alla regolarità del pagamento, tenuto conto che il trattario non è
tenuto a verificare l’autenticità delle firme.
La responsabilità nei confronti del beneficiario di un assegno
circolare non trasferibile in cui incorre la banca girataria per l’incasso
qualora, violando l’obbligo di diligente accertamento dell’identità e della
legittimazione del presentatore del titolo, paghi l’assegno a persona diversa
dal predetto (art. 43 ed 86 r.d. n. 1736 del 1933), non ha natura né
extracontrattuale, in quanto non consegue dalla violazione di una norma di
condotta, né contrattuale, poiché non sussiste tra dette parti alcun rapporto
negoziale, dato che detta banca è estranea sia alla convenzione di assegno
sia al rapporto di emissione del medesimo, bensì costituisce violazione di
un’obbligazione ex lege, riconducibile, in base all’art. 1173 c.c., ad ogni
altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di obbligazione in conformità
dell’ordinamento giuridico, siccome derivante dalla violazione dell’obbligo
posto a suo carico dall’art. 43 r.d. cit., di pagare l’assegno esclusivamente
all’intestatario, titolare del diritto di agire per il risarcimento del danno
eventualmente subìto, con la conseguenza che siffatto diritto è soggetto alla
prescrizione ordinaria decennale.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 9 giugno 2006, n. 13463 (Pres. DE
MUSIS – Est. SPAGNA MUSSO), in Banca e borsa, 2007, II, 553, con nota di
N. DE LUCA (*)
Titoli di credito – Assegno bancario – Pagamento – Firma di
remittenza o di girata – Requisiti – Con riferimento agli enti
collettivi – Controllo della banca – Ambito.
(r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669, art. 8; r.d. 21 dicembre 1933, n.
1736, artt. 3, 11).
La sottoscrizione (di emittenza o) di girata di un assegno (o di una
cambiale), per rispondere ai requisiti prescritti dall'art. 11 r.d. n. 1736 del
1933 (o dall'art. 8 r.d. n. 1669 del 1933), improntati al rigore formale delle
obbligazioni cartolari, deve soddisfare le esigenze di chiarezza, univocità e
certezza, onde in ogni caso la sottoscrizione stessa deve essere
riconoscibile, nel senso che essa deve consentire che sia accertata l'identità
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
21
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
del sottoscrittore. Dette prescrizioni non vengono meno nel caso in cui
l'assegno (o la cambiale) sia emesso o girato da un ente collettivo (persona
giuridica, società commerciale) richiedendosi anche, in detta ipotesi che la
dicitura di emissione o di girata, se pur non deve necessariamente
contenere una specifica formula dalla quale risulti il rapporto di
rappresentanza, sia tale da esplicitare un collegamento tra il firmatario e
l'ente, cosicché non vi siano dubbi in ordine al fatto che la dichiarazione
cartolare sia stata emessa dal sottoscrittore in nome e per conto dell'ente.
Incorre, quindi, in responsabilità la banca che, in ordine al pagamento di
un assegno ometta l'uno e/o l'altro degli accertamenti suddetti, essendo a
suo carico il diligente controllo della legittimazione del presentatore.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 25 agosto 2006, n. 18543 (Pres. DE
MUSIS – Est. SCHIFO), in Banca e borsa, 2007, II, 285, con nota di R.
LUPOLI.
Titoli di credito – Assegno bancario – Non trasferibile –
Pagamento a persona diversa dal prenditore o dal banchiere
giratario per l’incasso – Disciplina e conseguenze –
Responsabilità della banca – Obbligazione ex lege - Sussistenza.
(legge assegni, art. 43; codice civile, art. 1189).
L’obbligo di pagare l’assegno non trasferibile esclusivamente
all’intestatario del titolo deriva dall’art. 43, 2º comma, r.d. 21 dicembre
1933 n. 1736, che, nel disporre che colui che paga un assegno non
trasferibile a persona diversa dal prenditore, o dal banchiere giratario per
l’incasso, risponde del pagamento, regola in modo autonomo
l’adempimento dell’assegno non trasferibile, con deviazione sia dalla
disciplina generale del pagamento dei titoli di credito con legittimazione
variabile, sia dal disposto del diritto comune delle obbligazioni di cui
all’art. 1189 c.c., che libera il debitore che esegua il pagamento in buona
fede in favore del creditore apparente (con relativo onere probatorio a
carico del solvens); nell’ipotesi di pagamento di assegno bancario non
trasferibile, invece, la banca che abbia effettuato il pagamento in favore di
chi non era legittimato non è liberata dall’originaria obbligazione finché
non paghi al prenditore esattamente individuato (o al banchiere giratario
per l’incasso), e ciò a prescindere dalla sussistenza dell’elemento della
colpa nell’errore sulla identificazione dello stesso prenditore, derivando la
responsabilità della banca, che paghi al giratario senza osservare la
clausola di non trasferibilità, dalla violazione dell’obbligazione ex lege,
posta a suo carico dall’art. 43, 2º comma, cit. r.d., di pagare l’assegno
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
22
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
esclusivamente all’intestatario, titolare del diritto di agire per il
risarcimento del danno eventualmente subìto.
In capo alla banca girataria per l’incasso, la quale, avendo ricevuto
l’assegno bancario non trasferibile, non dal prenditore dell’assegno, ma (in
violazione del divieto di cui all’art. 43 r.d. 2 dicembre 1933 n. 1736) dal
terzo beneficiario di una girata, abbia accettato da questo l’incarico di
incassare il titolo presso la banca trattaria, è configurabile una
responsabilità contrattuale per inadempimento del mandato (nella specie la
banca, dopo aver accreditato, salvo buon fine, la somma portata dal titolo
sul conto corrente del beneficiario della girata, aveva stornato la predetta
somma, comunicando di non aver potuto presentare l’assegno alla banca
trattaria e di essere impedita a procedere all’incasso in conseguenza dello
smarrimento del titolo).
III. CONTRATTI BANCARI E FINANZIARI
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III, 25 febbraio 2004, n. 3805 (Pres.
NICASTRO – Est. AMATUCCI), in Banca e borsa, 2006, II, 155, con nota di S.
SANTOCHIRICO.
Fidejussione – Obbligazioni future o condizionali – Previsione di
un limite massimo per il solo debito principale – Caducazione
della garanzia – Esclusione – Estensione del limite massimo della
garanzia anche agli accessori del debito – Sussistenza.
(codice civile, artt. 1938, 1942).
In relazione al contratto di fideiussione, la mancata previsione di un
limite la quale attenga ai soli accessori del debito principale non comporta
l’effetto della caducazione della garanzia, perché l’estensione della
limitazione prevista per il debito principale agli accessori è stabilita dalla
legge; ne consegue che, tutte le volte che la garanzia fideiussoria per
obbligazioni condizionali o future sia prestata con l’indicazione
dell’importo massimo garantito riferito al solo capitale, «oltre accessori e
spese», l’importo predetto va inteso come limite della fideiussione per
capitale, interessi ed ogni altro accessorio del debito principale.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III, 20 ottobre 2004, n. 20588 (Pres.
VITTORIA – Est. DI NANNI), in Banca e borsa, 2006, II, 138, con nota di A.
TUCCI.
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
23
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
Società di intermediazione mobiliare – Illecito del promotore
finanziario – Responsabilità della Sim per i danni arrecati dai
promotori finanziari – Sussistenza.
(codice civile, artt. 1228, 2049; l. 2 gennaio 1991, n. 1, art. 5).
Ai fini della sussistenza della responsabilità della società di
intermediazione mobiliare per i danni arrecati a terzi dai promotori
finanziari nello svolgimento delle incombenze loro affidate è sufficiente un
rapporto di «necessaria occasionalità» tra fatto illecito del preposto ed
esercizio delle mansioni affidategli, a nulla rilevando che il comportamento
del promotore abbia esorbitato il limite fissato dalla società, come si
desume dall’art. 2049 c.c., la cui portata è stata estesa dall’art. 5, 4º
comma, l. n. 1 del 1991 (nella specie, riferita a versamenti per duecento
milioni di lire, effettuati tra il 1990 e il 1992 da un risparmiatore a mani del
promotore e affiancati a un primo investimento per trentasette milioni di
lire andato a buon fine, la suprema corte ha cassato la sentenza di merito
che aveva escluso la responsabilità della Sim senza considerare che il
comportamento del promotore aveva ingenerato nel cliente l’affidamento
incolpevole che il suo investimento avesse avuto come destinatario finale la
Sim, restando irrilevanti, nel regime di cui alle normative citate, le forme
seguite dalle parti per i pagamenti, trattandosi di elementi secondari non
idonei a interrompere il nesso di occasionalità necessaria).
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III, 28 giugno 2005, n. 13906 (Pres.
VITTORIA – Est. TALEVI), in Banca e borsa, 2007, II, 437, con nota di C.M.
DE IULIIS.
Contratti bancari – Conto corrente – Delega – Poteri del
delegato.
(codice civile, artt. 1387 ss., 1852 ss.).
L’accordo tra il cliente e la banca in base al quale anche altro
soggetto (c.d. delegato) è autorizzato a compiere operazioni sul conto
corrente spiega unicamente l’effetto di vincolare la banca, per le operazioni
e nei limiti di importo stabiliti, a considerare alla stessa stregua di quella
del delegante la firma del delegato, e non comporta anche il conferimento a
quest’ultimo di un potere generale di agire in rappresentanza del delegante
per il compimento di qualsiasi tipo di atto.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 8 novembre 2005, n. 21641 (Pres.
OLLA – Est. RORDORF), in Banca e borsa, 2007, II, 1, con nota di A. TUCCI.
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
24
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
Contratto di borsa a termine – Compravendita a termine di titoli
azionari – Diritti accessori – Diritto di recesso – Trasferimento –
Momento rilevante – Maturare del termine.
(codice civile, artt. 1531-1533, 2437).
Responsabilità civile – Banca – Doveri derivanti dallo status di
soggetto appartenente al sistema bancario – Violazione –
Responsabilità extracontrattuale – Sussistenza.
(codice civile, artt. 1227, 2043, 2056; l. 19 giugno 1986, n. 289, art.
3).
Nel caso di vendita a termine di titoli azionari, il diritto di recesso
contemplato dall’art. 2437 c.c. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte
dal d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6, applicabile nella specie ratione temporis) a differenza del diritto di opzione e degli altri diritti presi in considerazione
degli art. 1531 seg. c.c. - non passa immediatamente in capo al compratore,
ma resta di spettanza del venditore fino al momento in cui, col maturare del
termine, questi non abbia perso la titolarità delle azioni; dai cit. art. 1531
seg. c.c. - destinati a risolvere specifiche situazioni di contrapposizione
d’interessi tra compratore e venditore in ipotesi di vendita a termine di titoli
di credito - non può infatti dedursi l’esistenza di una regola generale, in
forza della quale, nel caso di vendita a termine di titoli azionari, tutti i
diritti sociali si trasmettono immediatamente al compratore, con la sola
eccezione del diritto di voto menzionato dal 2º comma, art. 1531; né, d’altra
parte, è ipotizzabile l’applicazione analogica al diritto di recesso della
disciplina prevista per il diritto di opzione - che in pendenza del termine
compete al compratore, ai sensi dell’art. 1532 - trattandosi di istituti di
fondamento logico ben diverso; giacché l’uno - il diritto di opzione - è
destinato ad assicurare a ciascun socio la possibilità di mantenere la
preesistente percentuale di partecipazione in caso di aumento del capitale, e
dunque esprime un’esigenza di stabilità nel rapporto reciproco tra i soci;
mentre l’altro - il diritto di recesso - è finalizzato a porre termine alla
partecipazione sociale, consentendo al socio che dissente da determinate
decisioni della maggioranza, modificative dell’assetto della società, di
fuoriuscire dalla compagine societaria.
Nell’ordinamento giuridico vigente, pur non esistendo a carico di
ciascun consociato un generale dovere di attivarsi al fine di impedire eventi
di danno, vi sono molteplici situazioni dalle quali possono nascere, per i
soggetti che vi sono coinvolti, doveri e regole di azione, la cui inosservanza
integra la nozione di omissione imputabile e la conseguente responsabilità
civile; tale affermazione si attaglia, in particolare, alla disciplina normativa
che regola il sistema bancario, la quale impone, a tutela del sistema stesso e
dei soggetti che vi sono inseriti, comportamenti in parte tipizzati ed in parte
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
25
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
enucleabili caso per caso, la cui violazione può costituire culpa in
omittendo e, correlativamente, fonte di responsabilità extracontrattuale
(fattispecie di ritenuta responsabilità di una banca per aver rilasciato a
propri clienti una dichiarazione attestante la data dell’acquisto di azioni
operato in borsa per conto loro, senza specificare che si era trattato di
acquisto a termine con scadenza successiva alla data di adozione di una
deliberazione assembleare idonea a legittimare l’esercizio del diritto di
recesso - al quale la dichiarazione stessa risultava finalizzata - inducendo
così in errore i funzionari della società circa l’effettiva esistenza del diritto
di recesso in capo ai compratori, che ottenevano conseguentemente il
rimborso delle azioni).
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 maggio 2006, n. 11004 (Pres.
OLLA – Est. SCHIRÒ), in Banca e borsa, 2007, II, 731, con nota di M. DI
PIETROPAOLO (*)
Contratti bancari – Deposito pecuniario – A risparmio – Rilascio
di libretto di deposito a risparmio – Soggetto titolare del
rapporto diverso dal possessore del libretto – Qualifica di cliente
agli effetti degli obblighi di informazione gravanti sulla banca Spettanza.
(d.lgs. 1° settembre 1993 n. 385, art. 119; d.lgs. 4 agosto 1999 n.
342, art. 24).
Contratti bancari – Diritto di copia previsto dall’art. 119,
comma 4°, d.lgs. n. 385 del 1993 – Applicabilità anche ai
rapporti conclusi - Sussistenza.
(d. lgs. 1° settembre 1993 n. 385, art. 119; d. lgs. 4 agosto 1999 n.
342, art. 24).
Contratti bancari – Diritto di copia previsto dall’art. 119,
comma 4°, d.lgs. n. 385 del 1993 – Indicazione, da parte del
cliente, degli estremi del relativo rapporto – Necessità –
Esclusione – Indicazione degli elementi indispensabili per
l’individuazione dei documenti richiesti - Sufficienza.
(codice civile, art. 1375; c.p.c., art. 210; d. lgs. 1° settembre 1993 n.
385, art. 119; d. lgs. 4 agosto 1999 n. 342, art. 24).
Contratti bancari – Diritto di copia previsto dall’art. 119,
comma 4°, d.lgs. n. 385 del 1993 – Estensione al successore del
cliente – Sussistenza anche anteriormente alla espressa
previsione di tale estensione ad opera dell’art. 24, comma 2°,
d.lgs. n. 342 del 1999.
(d. lgs. 1° settembre 1993 n. 385, art. 119; d. lgs. 4 agosto 1999 n.
342, art. 24).
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
26
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
Ai fini dell'applicazione dell'art. 119, comma 1 e comma 4
(quest'ultimo come sostituito dall'art. 24, comma 2, d.lgs. 4 agosto 1999 n.
342) d.lgs. 1° settembre 1993 n. 385 (Testo unico delle leggi in materia
bancaria e creditizia) e nel caso in cui sia stato stipulato un contratto di
deposito bancario con rilascio di un libretto di deposito a risparmio, deve
considerarsi cliente della banca - avente diritto a ricevere per iscritto, alla
scadenza del contratto e almeno una volta all'anno, una comunicazione
completa e chiara in merito allo svolgimento del rapporto e ad acquisire
copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere
negli ultimi dieci anni nell'ambito del suddetto rapporto contrattuale di
deposito bancario - non solo il possessore del libretto di deposito,
legittimato al compimento delle operazioni riguardanti il titolo, ma anche,
se diverso dal possessore del libretto, il soggetto titolare del rapporto di
deposito, che, quale parte del rapporto contrattuale con la banca, può
comunque avere interesse ad acquisire la documentazione inerente alle
operazioni relative al suo svolgimento.
L'art. 24, comma 2, d.lgs. n. 342 del 1999 - che ha modificato,
sostituendolo, l'art. 119, comma 4, d.lgs. n. 385 del 1993 (Testo unico delle
leggi in materia bancaria e creditizia) - estendendo al successore a
qualunque titolo del cliente della banca e a colui che subentra
nell'amministrazione dei suoi beni il diritto, riconosciuto al dante causa, di
avere copia della documentazione inerente a singole operazioni bancarie
poste in essere negli ultimi dieci anni, ha reso esplicito, per il successore a
titolo universale, un principio già desumibile dall'art. 119, comma 4, d.lgs.
n. 385 del 1993, nel testo vigente antecedentemente alla modifica introdotta
dal citato art. 24, comma 2, in quanto il diritto di copia della
documentazione relativa a singole operazioni, riconosciuto in favore del de
cuius facente parte dei rapporti giuridici a questi intestati, si trasmetteva,
anche nel vigore della precedente normativa, al soggetto che fosse
succeduto universalmente al cliente della banca.
L'art. 119, comma 4, d.lgs. n. 385 del 1993, come sostituito dall'art.
24, comma 2, d.lgs. n. 342 del 1999, riconoscendo al cliente della banca, al
suo successore a qualunque titolo e a colui che subentra
nell'amministrazione dei suoi beni il diritto di ottenere copia della
documentazione relativa a singole operazioni poste in essere negli ultimi
dieci anni, si applica anche a situazioni soggettive che, se pur derivanti da
un rapporto concluso, non hanno ancora esaurito nel tempo i loro effetti,
con la conseguenza che detto diritto di copia è riconosciuto al cliente della
banca e al suo successore prescindendo dall'attualità del rapporto a cui la
documentazione richiesta si riferisce.
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
27
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
L’art. 119, comma 4, d.lgs. n. 385 del 1993, come sostituito dall’art.
24, comma 2, d.lgs. n. 342 del 1999, che riconosce al cliente della banca, al
suo successore a qualunque titolo e a colui che subentra
nell’amministrazione dei suoi beni il diritto di ottenere copia della
documentazione relativa a singole operazioni poste in essere negli ultimi
dieci anni, va interpretato, alla luce del principio di buona fede
nell’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.), nel senso che esso attribuisce
ai suddetti soggetti il diritto di ottenere la documentazione inerente a tutte
le operazioni del periodo cui il richiedente sia in concreto interessato, nel
rispetto del limite di tempo decennale fissato dalla norma, e che comunque
non è necessario che il richiedente indichi specificamente gli estremi del
rapporto cui si riferisce la documentazione richiesta in copia, essendo
sufficiente che l’interessato fornisca alla banca gli elementi minimi
indispensabili per consentirle l’individuazione dei documenti richiesti, quali
ad esempio i dati concernenti il soggetto titolare del rapporto, il tipo di
rapporto a cui è correlata la richiesta e il periodo di tempo entro il quale le
operazioni da documentare si sono svolte.
IV. DIRITTO FALLIMENTARE
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 19 gennaio 2006, n. 1060 (Pres.
LOSAVIO – Est. CELENTANO), in Banca e borsa, 2007, II, 565, con nota di G.
TERZINI (*)
Fallimento – Effetti sugli atti pregiudizievoli ai creditori –
Azione revocatoria fallimentare – Atti a titolo oneroso,
pagamenti e garanzie – Accreditamento di somme riscosse dalla
banca per mandato del cliente – Esclusione della compensazione
legale – Rimesse in conto corrente – Natura solutoria – Revoca.
(codice civile, artt. 1243, 1853; legge fallimentare, art. 67, comma
1°).
Fallimento – Revocatoria fallimentare – Conoscenza da parte del
terzo dello stato di insolvenza del debitore – Mezzo anormale di
pagamento – Revoca.
(codice civile, art. 2729; legge fallimentare, art. 67, comma 1°).
L'inclusione da parte di una banca nel conto corrente del cliente di
somme ad essa rimesse da terzi, per effetto di mandato all'incasso (sia esso
o non "in rem propriam") conferitole dal cliente medesimo, non realizza
un'obbligazione autonoma della banca, ex mandato di rimettere al
mandante le somme riscosse, ma, determinando, nell'ambito dell'unitario
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
28
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
complesso rapporto di conto corrente, una variazione quantitativa del
debito del correntista, non inquadrabile nello schema della compensazione
legale che presuppone l'autonomia delle reciproche obbligazioni, configura
secondo l'intento pratico perseguito dalle parti, o un atto ripristinatorio
della disponibilità del correntista, ovvero un atto direttamente solutorio
delle somme mutuate dalla banca al cliente ed addebitate nel conto, con la
conseguenza, in questa seconda ipotesi, che, sopravvenuto il fallimento del
correntista, quelle rimesse, in quanto atti estintivi di debiti, sono
assoggettabili a revocatoria, ai sensi dell'art. 67, comma 2°, l. fall.
In tema di revocatoria fallimentare, la qualificazione dell'atto o del
negozio o dei negozi collegati come mezzo anormale di pagamento, e la
valutazione degli stessi come indici presuntivi di scientia decoctionis, si
pongono su piani diversi e rispondono a finalità altrettanto diverse:
pertanto, non contrasta con alcuna regola di diritto la possibilità che
proprio la singolarità dell'atto e del negozio o dei negozi collegati, le
modalità specifiche della loro stipulazione e la sostanziale configurazione
degli stessi come mezzo anormale di pagamento siano assunti quali indici
della conoscenza dello stato d'insolvenza .
CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite, 28 marzo 2006, n. 7028 (Pres.
aggiunto CARBONE – Pres. di sez. PRESTIPINO – Est. MORELLI), in Giur.
comm., 2007, II, 567, con nota di G. GUERRIERI (*)
Fallimento – Azione revocatoria fallimentare – Vendita di
immobile – Revocabilità – Eventus damni in re ipsa – Coincide
con la lesione della par condicio creditorum – Destinazione
parziale del prezzo al pagamento di creditore privilegiato –
Irrilevanza.
(legge fallimentare, art. 67; codice civile, art. 2901).
Ai fini della revoca della vendita di propri beni effettuata
dall'imprenditore, poi fallito entro un anno, ai sensi dell'art. 67, l. fall.,
comma 2, l'eventus damni è in re ipsa e consiste nel fatto stesso della
lesione della par condicio creditorum, ricollegabile, per presunzione legale
ed assoluta, all'uscita del bene dalla massa conseguente all'atto di
disposizione. Per cui grava, in tal senso, sul curatore il solo onere di
provare la conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell'acquirente,
mentre la circostanza che il prezzo ricavato dalla vendita sia stato utilizzato
dall'imprenditore, poi fallito, per pagare un suo creditore privilegiato
(eventualmente anche garantito, come nella specie, da ipoteca gravante
sull'immobile compravenduto) non esclude la possibile lesione della par
condicio, né fa venir meno l'interesse all'azione da parte del curatore,
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
29
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
poiché è solo in seguito alla ripartizione dell'attivo che potrà verificarsi se
quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri creditori privilegiati, che
anche successivamente all'esercizio dell'azione revocatoria potrebbero in
tesi insinuarsi.
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 25 agosto 2006, n. 18550 (Pres.
PROTO – Est. PLENTEDA), in Giur. comm., 2007, II, 567, con nota di G.
GUERRIERI (*)
Fallimento – Azione revocatoria fallimentare – Pagamento –
Revocabilità – Eventus damni in re ipsa – Coincide con la lesione
della par condicio creditorum – Prognosi di capienza dell’attivo –
Irrilevanza.
Fallimento – Azione revocatoria fallimentare – Pagamento a
creditore privilegiato – Pronuncia di revoca – Insinuazione ex
art. 71 l. fall. – Reviviscenza della prelazione.
(legge fallimentare, art. 67; codice civile, art. 2901)
Ai fini della revoca del pagamento effettuato dall'imprenditore, poi
fallito entro un anno, ai sensi dell'art. 67, comma 2, l. fall., l'eventus damni
è in re ipsa e consiste nel fatto stesso della lesione della par condicio
creditorum, ricollegabile, per presunzione legale assoluta, all'uscita del
bene dalla massa conseguente all'atto di disposizione: per cui grava, in tal
senso, sul curatore il solo onere di provare la conoscenza dello stato di
insolvenza da parte dell'accipiens, mentre la circostanza che il pagamento
sia stato effettuato in favore di un creditore privilegiato non esclude la
possibile lesione della par condicio, né fa venir meno l'interesse all'azione
da parte del curatore, poiché è solo in seguito alla ripartizione dell'attivo
che potrà verificarsi se quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri
creditori privilegiati, che successivamente all'esercizio dell'azione
revocatoria potrebbero insinuarsi.
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
30
ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO
per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario
www.associazionegfcampobasso.it
A cura di
FEDERICO BRIOLINI
Associato nell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara
[email protected]
FRANCESCO ACCETTELLA
Dottorando di ricerca nell’Università di Roma “Tor Vergata”
[email protected]
(*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna.
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 febbraio 2008.
31
Scarica

Recenti pronunzie della Corte di Cassazione in materia di Diritto