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Numero 129
19 Novembre 2013
83 Pagine
EICMA 2013
Claudio Domenicali
“Dalla Superleggera
alla MotoGP ci
rimettiamo in gioco”
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Nico Cereghini
“Toccare le moto e
poi salirci fa bene”
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Prova
Honda SH Mode 125
si propone come entry
level a 2.650 euro
| Prova naked |
KTM
1290
Super
Duke R
da Pag. 2 a Pag. 13
All’Interno
NEWS: Indian Chief Classic e Vintage | Aeon Elite 400 e Urban 400 | Tacita T-Race | Vectrix VT-1 | CRP Energica EGO
MOTOGP: Marquez chiude in testa i test a Valencia | Rossi “Punto su Galbusera” | SBK: Laverty con Crescent Suzuki
KTM 1290 Super Duke R
PREGI
Guidabilità e motore
DIFETTI
Manovrabilità cambio in pista
Prezzo 15.650 €
Prova naked
L’alternativa
sportiva
La KTM 1290 Super Duke R impressiona
nei numeri: potenza e coppia sono da record.
Ma impressiona anche per l’immediatezza
con cui si lascia guidare sfruttando tutti
i cavalli. Un’alternativa alle super
sportive, a 15.650 euro
di Francesco Paolillo
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
della logica di funzionamento del ride-by-wire
che lavora in simbiosi con la gestione elettronica Keihin del bicilindrico, se da una parte ha
permesso il raggiungimento di prestazioni al top
della categoria (questo motore è il più potente
nel settore delle naked sportive), dall’altra ha
consentito un deciso miglioramento dei consumi, che grazie ai 18 litri di serbatoio, consentono
un’autonomia di tutto rispetto. L’esasperazione
delle prestazioni non ha però avuto ripercussioni
sugli interventi di manutenzione, che sono previsti ogni 15,000 km.
Media
Elettronica di pregio
L
a scheda tecnica che avevamo
letto prima di partire parlava
chiaro, o per meglio dire, sembrava il manifesto del delirio:
180 cv per 189 kg, una coppia da
autovettura, il tutto mescolato
e infilato in una naked bicilindrica! Forse che a
Mattighofen abbiano esagerato con la birra? Che
ci sia stata un’allucinazione collettiva dovuta a
qualche fungo raccolto nelle foreste austriache?
Niente di tutto questo, in KTM non scherzavano
e i numeri sono reali. Che cosa volete che passi
per la testa di chi si deve sedere in sella a cotanta bestia? Speriamo che vada tutto bene e preghiamo perché la sequenza di montaggio delle
ossa del viaggio di andata rimanga la stessa per
quello di ritorno! Arrivati in Spagna, a Estepona,
per la presentazione dinamica, siamo tutti sul
chi va là, ci si interroga su come possa essere gestibile tanta potenza, e soprattutto tanta
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La 1290 Super Duke R eredita dalla sorella Adventure il pacchetto elettronico, con le tre mappe motore, Rain, Street e Sport (la prima limitata
a 100 cv le altre due full power a 180 cv ma con
risposte del gas differenti), oltre al controllo di
trazione, MTC disinseribile. Anche l’ABS, Combined Bosh 9ME,che lavora in sinergia con pinze
monoblocco a quattro pistoncini Brembo M50 e
Prove
dischi da 320 mm di diametro (240 mm posteriore con pinza a due pistoncini) oltre a essere
totalmente escludibile, prevede una funzione
definita “Supermoto”, che svincola la ruota
posteriore dal sistema, in modo da consentire
eventuali derapate in inserimento curva, che con
il solo freno motore non sarebbero possibili vista
la presenza della frizione antisaltellamento.
Telaio e ciclistica
Il telaio è a traliccio di acciaio al cromo-molibdeno, così come il telaietto posteriore, con
quote ciclistiche tutt’altro che estreme, con un
cannotto di sterzo inclinato di 24,9°, e un interasse non particolarmente contenuto, 1.480
mm, numeri che però come leggerete più avanti non pregiudicano l’agilità della Super Duke R.
Un’altra importante novità è rappresentata dal
forcellone monobraccio in alluminio, sul quale
agisce un mono WP, privo di leveraggio, e totalmente regolabile, così come la forcella da
48 mm con le regolazioni della compressione e
coppia consentendo anche una guidabilità di livello. In conferenza stampa ci fanno subito capire che la “Bestia”, Beast era stato il nome del
concept presentato l’anno scorso a Eicma, è
tale solo nei numeri, ma che non servono né peli
sullo stomaco né polsi destri da pilota, magari
un po’ di buonsenso, quello sì. Ma analizziamo i
numeri della KTM 1290 Super Duke R, iniziando
dal motore. Il bicilindrico da 1.301 cc deriva da
quello che equipaggia la RC8 e l’Adventure 1190,
che però arriva a 1.195 cc, l’incremento è stato
ottenuto aumentando l’alesaggio da 105 a 108
mm con la corsa che passa da 69 a 71 mm. Aumentano anche i diametri dei corpi farfallati che
crescono da 52 a 56 mm, mentre scende il peso
dei pistoni di 47 grammi, pur avendo un diametro superiore di 3 mm. Anche l’albero motore è
completamente nuovo e la sua leggerezza contribuisce alle incrementate prestazioni in termini
di risposta alle aperture del gas. L’affinamento
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dell’estensione separate, una per ogni stelo, alla
quale però manca quella per il precarico. Nella
dotazione di serie è previsto anche un ammortizzatore di sterzo regolabile.
Così su strada
L’approccio con la 1290 Super Duke R non è
traumatizzante, anzi è stato sufficiente sedersi
in sella per ritrovare un minimo di tranquillità,
e mettere da parte la scheda tecnica che la descrive come una “Bestia”. La posizione di guida
è perfetta, e tutt’altro che da moto sportiva, le
pedane sono moderatamente alte, ma il busto
non è particolarmente inclinato in avanti, così
anche i polsi sono poco caricati. La sella non brilla per morbidezza, ma non è neanche un’asse di
legno, mentre i comandi sono leggeri da manovrare e regolabili nella distanza. L’altra sorpresa
è il bicilindrico da 1290, che gira al minimo quasi
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Prove
silenziosamente, e vibrando poco o nulla. Da
una “bestia” così ci saremmo aspettati ben altra tonalità di scarico e rumorosità meccanica
in abbondanza. Certo è sufficiente girare la manopola del gas per capire di che pasta è fatto,
e che gli 0-200 km/h dichiarati sono alla sua
portata (bisogna vedere se lo siamo anche noi).
Dopo che ci hanno ricordato innumerevoli volte
che i pneumatici posteriori sono nuovi (in primo
equipaggiamento sono montati i nuovi Dunlop
SportSmart²), perché nei due giorni precedenti
una serie di colleghi li ha letteralmente “stracciati” nel test su strada e in pista, partiamo con
il massimo della cautela. Ci ritroviamo su quella
che può essere considerata una superstrada, e
a mano a mano che passano i chilometri, siamo
sempre più confusi. Confusi dalla facilità con cui
stiamo portando in giro un allevamento di cavalli degno di un ranch in Texas. Tralasciamo che
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spettacolare, una sequenza infinita di curve più o
meno ampie, con un asfalto quasi perfetto, e dei
panorami che quando ci si riesce a distrarre dalla
guida per una frazione di secondo per goderne la
vista, sono un piacere per gli occhi. A portarci a
spasso è niente meno che Thomas Kuttruf, PR
& Media Communication Manager di KTM, che
ci sta ricordando a suon di pieghe il suo trascorso di pilota nell’IDM Supersport. La 1290 Super
Duke R si muove tra le curve con inaspettata agilità, senza che la stabilità venga mai meno, ma
la cosa che appare ancora più sorprendente è il
comportamento del bicilindrico. Riprende vigorosamente da regimi poco superiori a 2.000 giri,
e mantenendolo tra i 4.000 e i 6.000 giri c’è già
tanta potenza e tanta coppia da vedere il tachimetro salire con rapidità impressionante. Se poi
ci si spinge oltre i 7.000, si sente un cambio di ritmo repentino nel carattere del motore, che porta
l’ago del contagiri a raggiungere rapidamente
il limitatore a poco più di 10.000 giri. In tutto
Prove
questo il pilota è sempre protagonista e attore
principale, non è un pupazzo in balia della “bestia”, che rimane sempre perfettamente controllabile, anche in virtù delle ottime prestazioni
offerte sia dal controllo di trazione, sia dell’impianto frenante che passa quasi in secondo
piano, tanto è ben tarato e potente nelle decelerazioni. Passando da una mappatura all’altra,
premendo il pulsante del “setting” sul blocchetto sinistro (che qualche volta si incanta), ci si
accorge della diversa risposta alle aperture del
gas, con una maggiore reattività della mappa
“Sport”, e una linearità superiore della “Street”,
particolarità che la rende più gradevole su strada. Il confort non è un aspetto primario per questa categoria di moto, ma in ogni caso la “1290”
non si può considerare particolarmente scomoda, la sella sostiene bene, e le sospensioni, seppur discretamente rigide, permettono un buon
assorbimento delle asperità. Anche la protezione dall’aria poteva essere ben peggiore, invece la
stiamo viaggiando in sesta marcia a 130 km/h e
il bicilindrico trotterella a circa tremila giri (!), e
soprassediamo sul fatto che ad ogni variazione
di inclinazione del polso destro corrisponda una
ripresa vigorosa, il fatto è che la Super Duke 1290
si guida con naturalezza, e il suo motore se non
viene sollecitato, è davvero godibile. La strumentazione, con contagiri analogico e doppio display,
è ricca d’informazioni, velocità e consumi medi,
temperatura dell’aria e del liquido di raffreddamento, autonomia residua e altro ancora, ma il
parametro che bisogna davvero tenere d’occhio
è la velocità. Davvero facile trovarsi a viaggiare
più forte di quanto non si direbbe. Usciamo finalmente dalla superstrada e iniziamo a salire sulle
montagne che ci porteranno a Ronda, dove si
trova l’Ascari Circuit, il parco giochi di un facoltoso uomo d’affari che saltuariamente ospita le
presentazioni stampa internazionali. La strada è
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strumentazione “appoggiata” sopra al faro, riesce in parte a fendere l’aria e ad alleggerire il flusso che investe il busto, niente di miracoloso, ma
semplicemente apprezzabile.
Prove
KTM 1290 Super Duke R € 15.650
Tempi: 4
Cilindri: 2
Cilindrata: 1290 cc
Disposizione cilindri: a V di 75°
Raffreddamento: a liquido
Avviamento: E
Potenza: 180 cv
Coppia: 144 Nm
Marce: 6
Freni: DD-D
Misure freni: 320-320 mm
Misure cerchi (ant./post.): 17’’ / 17’’
Normativa antinquinamento: Euro 3
Segmento: Naked
ABBIGLIAMENTO
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SCHEDA TECNICA
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Casco Shark Race Pro Carbon
Tuta Spidi
Guanti Spidi
Stivali XPD
On Track
L’Ascari Circuit è un tracciato che permette di
esaltare le caratteristiche sportive della 1290:
saliscendi e allunghi da gas spalancato si alternano a cambi di direzione repentini da effettuare
in frenata o con ancora il gas in mano. Un gran
bel terreno di prova per la naked austriaca che
risponde colpo su colpo, dimostrandosi efficace
e con una ciclistica ben fatta. Il motore adesso
viene sfruttato in gran parte a regimi medio alti,
dove dimostra di essere davvero aggressivo.
Il cambio, che si è dimostrato preciso e rapido
nell’utilizzo stradale, messo sotto pressione,
mostra un po’ di ruvidezza negli innesti, e la
mancanza di un quickshifter inizia a farsi sentire.
Stabile e precisa sia nello stretto che sul veloce,
la Super Duke è meno impegnativa da guidare di
quanto si possa pensare, sarà l’equilibrio della ciclistica unito al comportamento del motore, sta
di fatto che la naked austriaca diverte affaticando poco. Una moto cosi prestazionale, su strada
e in pista, con una fruibilità quasi se non addirittura unica, è la prima volta che la proviamo.
Davvero un bel passo avanti, fatto da uomini che
fino a poco tempo fa vedevano solo la polvere e il
fango degli sterrati.
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Honda SH Mode 125
PREGI
Rapporto qualità prezzo
DIFETTI
Sospensione posteriore
Prezzo 2.675 €
Prova SCOOTER
A modo mio
La famiglia scooter Honda si arricchisce di un
nuovo modello a ruote alte che si ispira al best
seller di gamma: l’SH. Ma che si propone come
entry level a 2.675 euro
di Cristina Bacchetti
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Estetica e dotazione
In Honda si è lavorato per rendere il design compatto ed elegante: numerose le cromature e ottime le finiture, così come ci ha sempre abituato
la Casa giapponese. Gli indicatori di direzione
sono integrati nello scudo, il gruppo ottico posteriore è dotato di modanature laterali cromate. Particolare attenzione è stata dedicata alla
forma del retro scudo, ed è stata aumentata la
larghezza della parte anteriore della pedana. La
strumentazione prevede un tachimetro circolare centrale e tutte le spie di servizio, sulla destra
quella verde del dispositivo Start&Stop che rimane accesa durante l’utilizzo con Start&Stop
e lampeggia quando lo scooter è in stand by.
Troviamo poi l’indicatore del livello carburante,
il contachilometri e l’orologio; ai lati i tasti per la
Prove
visualizzazione delle informazioni. Le pedane posteriori sono retraibili e il portapacchi in alluminio integra le maniglie di sicurezza per il passeggero. Sotto alla sella, che si apre attraverso un
comodo tasto posto nel retro scudo, c’è spazio
per un casco integrale oltre che il tappo per il rifornimento e una finestra per il controllo del liquido refrigerante. Il gancio porta borsa e la pedana
piatta completano la capacità di carico del Mode.
Il blocchetto di accensione è dotato di sistema
antiscasso, di serie ci sono anche il parabrezza in
policarbonato, il paramani e il cavalletto laterale.
Ciclistica
Il telaio che equipaggia SH Mode è un tubolare
in acciaio con trave dorsale inferiore, che si serve di una solida triangolazione per collegare il
I
l primo modello di SH debutta sul mercato nel 1984, era la versione da 50 cc,
la prima di una lunga dinastia: il 125 a 4
tempi arriva nel 2001 e nel 2005 viene
introdotta l’iniezione elettronica PGMFI. Di seguito arriveranno le versioni
da 300 cc, l’ABS, la frenata combinata, il motore
eSP. Tutte evoluzioni che hanno reso SH, possiamo dirlo, lo scooter più amato dagli italiani:
un milione di unità prodotte, 550.000 vendute in
Italia. Tutto questo per dire, del nuovo arrivato
SH Mode… non chiamatelo “solo” SH! Honda lo
propone come un modello tutto nuovo, non un
allestimento né tanto meno un SH economico,
ma uno scooter che si presenta come entry level: facile, piccolo, leggero e che vuole completare la gamma dei pedana piatta Honda, andando ad infastidire la concorrenza, leggasi Piaggio
Liberty e Kymco Agility. Con il Mode abbiamo
avuto modo di percorrere diversi chilometri nella
splendida Sicilia, nel traffico di Palermo, in collina e sul lungomare.
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Media
telaio principale al sottotelaio posteriore. La forcella telescopica ha una corsa di 89 mm, mentre
l’ammortizzatore singolo laterale, con precarico
molla regolabile su cinque posizioni, prevede una
corsa di 75 mm. L’inclinazione del cannotto di
sterzo è di 27° e l’avancorsa di 68 mm, l’interasse di 1.305 mm. Ancora un po’ di numeri: 1.930
mm di lunghezza totale, 665 mm di larghezza e
1.105 mm di altezza; la luce a terra è di 145 mm
di luce a terra. Il manubrio permette un angolo di
rotazione di 46° per lato, con raggio di sterzata
di 1,9 m. Solo 116 i chili segnati dalla bilancia. bLe
ruote in lega leggera a cinque razze sdoppiate,
da 16 pollici all’anteriore e 14 pollici al posteriore,
calzano pneumatici da 80/90-16 e 100/90-14.
L’impianto frenante si avvale del sistema CBS,
ovvero di frenata combinata, con disco idraulico
anteriore da 220 mm e tamburo posteriore da
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WMTC sono di oltre 50 chilometri percorribili
con un litro di carburante. E in questo entra in
gioco il sistema Start&Stop: il primo scooter ad
adottarlo fu l’Honda @ 125 e 150 nel 2000, di recente l’abbiamo ritrovato sul PCX e sulla gamma
SH. Il sistema Start&Stop, disinseribile con un
pulsante posto sul lato destro del manubrio, permette un risparmio di carburante che oscilla tra
il 5 e il 7% nell’uso cittadino. Se attivato, il motore si spegne automaticamente dopo 3 secondi
di sosta al minimo dei giri, e riparte non appena
si ruota di nuovo la manopola del gas. Per far sì
che sia attivo bisogna assicurarsi che il pulsante
al manubrio sia impostato su “Idling Stop”, che il
pilota sia in sella e che la temperatura del liquido
di raffreddamento abbia raggiunto i 60°C e la velocità minima i 10 km/h.
Prove
La nostra prova su strada
La sella, posta a 765 mm da terra, permette
un facile appoggio dei piedi a terra; il manubrio
potrebbe risultare un po’ basso (990 mm) per i
più alti, ma la posizione in sella è comunque comoda e molto più spaziosa di quel che potrebbe sembrare al primo sguardo: le ginocchia non
toccano lo scudo e la pedana è ampia e piatta.
Lo spazio riservato al passeggero è comodo e
sicuro, grazie alle maniglie integrate al portapacchi. Al primo avvio stupisce la silenziosità
del motore in fase di accensione: merito dell’alternatore a controllo elettronico, che rende
pronto e silenzioso anche il funzionamento dello
Start&Stop. Il motore, meno brillante rispetto
a quello che equipaggia l’SH 125, pecca nello
spunto ma guadagna indubbiamente in quanto a
130 mm. Come funziona la frenata combinata?
Per evitare spiacevoli situazioni, soprattutto in
caso di fermate di emergenza, quando si va ad
azionare il freno posteriore l’impianto aziona anche un pistoncino dei tre che mordono il disco
anteriore, ripartendo la frenata in maniera più
sicura.
Motore e Start&Stop
Il propulsore che spinge SH Mode è lo stesso
che equipaggia l’SH125i (eSP monocilindrico a
quattro tempi, raffreddato a liquido) rivisto in
base alle caratteristiche di questo nuovo scooter
e quindi con un’erogazione più lineare e facile.
Eroga 11,4 cv a 8.500 giri e ha una coppia di 12
Nm a 5.000 giri. Come sull’SH il radiatore è stato
posizionato nella parte laterale del propulsore. I
dati relativi ai consumi rivelati durante un ciclo
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Prove
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ABBIGLIAMENTO
fruibilità e dolcezza dell’erogazione: nei primi
minuti, a freddo, può sembrare fin troppo blando, ma scaldandosi un pochino migliora decisamente le sue prestazioni. Anche nell’uso fuori
porta, tra curve e tornanti della salita al Monte
Pellegrino, il motore non si è smentito in quanto
a fluidità: nessuna incertezza e il giusto dosaggio
di cavalli per potersi permettere anche una breve
gita fuoriporta come la nostra. Sempre gradito
l’impianto frenante con sistema CBS, anche in
questa configurazione che, rispetto all’SH dotato di disco, prevede al posteriore un tamburo da
130 mm. Ottima per i meno esperti, comoda per
l’uso quotidiano in città, la frenata combinata rimane un’alternativa all’ABS, su mezzi di questo
target. Azionando la leva destra si attiva solo il
freno anteriore, azionando la leva sinistra si attiva il posteriore con altresì un piccolo intervento
dell’anteriore. Le rovinate strade palermitane e
la sella non proprio morbida del Mode ci hanno
impedito di apprezzare a pieno il funzionamento delle sospensioni, un po’ rigida la posteriore
e decisamente messe a dura prova durante il
nostro test. SH Mode 125 è già disponibile nelle
concessionarie a 2.650 euro in tre colorazioni:
bianco, nero e rosa con sella e rifiniture marroni
per le fanciulle più fashion. Il 4 e 5 ottobre avrà
luogo un open door nelle concessionarie Honda
per poterlo visionare dal vivo.
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SCHEDA TECNICA
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Prove
Casco Tucano Urbano
Giacca Spidi
Guanti Spidi
Honda SH Mode 125 € 2.675
Tempi: 4
Cilindri: 1
Cilindrata: 125 cc
Disposizione cilindri: Orizzontale
Raffreddamento: a liquido
Avviamento: E
Potenza: 11.4 cv (8.4 kW) / 8500 giri
Coppia: 12 Nm / 5000 giri
Marce: AV
Freni: D-T
Misure freni: 220-130 mm
Misure cerchi (ant./post.): 16’’ / 14’’
Normativa antinquinamento: Euro 3
Peso: 116 kg
Lunghezza: 1930 mm
Larghezza: 665 mm
Altezza sella: 765 mm
Capacità serbatoio: 5.5 l
Segmento: Scooter Ruote alte
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News
Media
I concept Yamaha al Tokyo Motor Show
di Edoardo Licciardello | Tante proposte, per lo più elettriche, con ogni
probabilità molto vicine alla produzione presentate dalla Casa di Iwata
nel massimo Salone nazionale
Y
amaha ha popolato il proprio stand
con tanti concept, più o meno riusciti
da un punto di vista estetico ma sicuramente indicativi della direzione
verso cui si stanno orientando le grandi Case
giapponesi nello sviluppo dei propri prodotti: il
divertimento, anche per le proposte dirette alla
mobilità alternativa, è sempre al centro dell’attenzione.
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PES1 – Passion Electric
Street Sport
La cosa traspare fin dal primo prototipo presentato (nella foto in apertura), una piccola sportiva elettrica che punta tutto sulla leggerezza,
solitamente tallone d’Achille di questo genere
di mezzi a causa del pacco batterie. Qui il valore si attesta un filo sotto ai 100kg, con un propulsore brushless a corrente continua dotato
atipicamente di un cambio (che può lavorare
tanto in manuale che in automatico). Il pacco
batterie funge da elemento stressato nel telaio, a
cui sono fissati forcellone e cannotto di sterzo. Il
motore è ospitato sotto il pacco batterie, e sotto
a tutto – dove ormai siamo abituati a vedere i silenziatori – troviamo il monoammortizzatore. Le
prospettive di produzione sembrano abbastanza
concrete, una volta fatti i conti con gli ammennicoli stradali. Il vero problema, in attesa di un’evoluzione tecnologica epocale, sta nell’autonomia,
essendo praticamente impossibile immaginarsi
una capienza rilevante da un pacco batterie tanto leggero.
PED1 – Passion Electric Dirt Sport
Prendete i concetti della sportiva e declinateli
a sospensioni alte: la PED1 condivide lo stesso schema tecnico (telaio, pacco batterie, motore e trasmissione) della PES1 con qualche
sostanziale differenza in zona sospensioni, dove
la forcella diventa a lunga escursione e il monoammortizzatore viene ricollocato in posizione
più tradizionale. Il peso qui è ancora più contenuto che sulla PES1, con poco più di 85kg fatti segnare dalla bilancia. Facile immaginarsi un valore
superiore per un’eventuale versione di produzione, dal momento che il concept visto qui è privo
di un po’ troppi dettagli quali… la sella.
eVino
Ve ne avevamo parlato nel nostro articolo sui
nomi più bizzarri di alcune proposte giapponesi.
Lo scooter Vino è regolarmente in vendita nel paese del sol levante, e non è difficile intuire cosa
sia successo nella versione eVino: il propulsore a
combustione interna è stato sostituito pari pari
da un’unità elettrica creando una proposta ad
emissioni zero che potrebbe entrare in produzione relativamente presto, grazie ad un propulsore
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News
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dalla massa estremamente contenuta. Massa
e dimensioni dei motori elettrici sono infatti da
sempre l’ostacolo più arduo da superare sugli
scooter, che tendono ad averli solidali al forcellone.
eKids
Una minicross elettrica con la stessa base tecnica dello scooter eVino, anch’essa con ottime probabilità di entrare presto in produzione: chi non
vorrebbe tornare bambino per godersi un mezzo
del genere anche nel giardino di casa, grazie alle
emissioni zero?
Bolt Café Racer
Unica proposta a combustione interna, paradossalmente la Café Racer su base Bolt è la proposta che Yamaha non ha la minima intenzione di
mettere in produzione, lasciandole il solo ruolo di
ispirazione per i customizer presi direttamente
di mira con la XV950 (Bolt, appunto, sul mercato statunitense). Il risultato non è affatto male, e
ancora più in linea con quel concetto Sport Classic introdotto da Yamaha per la propria omonima
gamma sul finire della scorsa primavera.
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News
performante Daytona, definendo quello stile e
quei contenuti tecnici ancora patrimonio della
naked di Hinckley. Stessa cosa era successa a
suo tempo con le sorelline minori: fu Carlo Talamo a togliere la carenatura dalle 600 (allora si
chiamava TT) rimaste invendute creando quella
che lui stesso battezzò “Baby Speed”. A Hinckley prestavano grande attenzione all’operato
di Talamo, e non passò molto tempo prima che
la Daytona 675 generasse l’attuale Street Triple.
Curiosamente stavolta il processo sembra avvenire in senso contrario: è la naked a nascere
per prima, dando poi successivamente vita alla
versione sportiva con carenatura integrale. Non
è difficile ipotizzare una sostanza tecnica in larga misura condivisa fra le due moto: il comparto
sospensioni nella foto spia appare un po’ risicato
(una forcella convenzionale un po’ striminzita) e
il freno a disco singolo lascia intuire prestazioni
non certo terrificanti, compatibili con la cilindrata di 250 a quattro tempi dichiarata da Warburton. La produzione sarà con ogni probabilità uno
sforzo coordinato fra gli stabilimenti Triumph in
Thailandia ed India, per meglio aggredire i mercati sudamericano e sud-est asiatico limitando i
problemi logistici e di dazi doganali.
Triumph, in arrivo una naked
e una sportiva 250
di Edoardo Licciardello | La sportiva annunciata a Milano, delineata nel
bozzetto che vi presentiamo, sarà la versione carenata di quella Street
già paparazzata qualche tempo fa in Spagna
I
nomi vengono dalla nostra fantasia, ma è difficile immaginarsi una nomenclatura diversa da quella tradizionale (per Triumph) sulle
due monocilindriche in arrivo: alla Daytona
250 presentata da Simon Warburton durante
la conferenza stampa di EICMA ci piace immaginare una Street Single in arrivo ancora prima,
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essendo stata sorpresa in configurazione piuttosto vicina alla produzione di serie - almeno
basandosi sulle immagini disponibili - durante
test privati in Spagna. L’uso di un’architettura
modulare è tipica di Triumph, che nei primi anni
90 creò la primissima Speed Triple svestendo
la Sprint 900 per poi proseguire con la ben più
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EICMA
Edgar Heinrich
“Ogni BMW ha il suo linguaggio formale”
di Edoardo Licciardello | Un interessante scambio di opinioni in
occasione di EICMA con il Capo del Design BMW, per parlare di
passato, presente e futuro per lo stile della Casa di Monaco
Edgar Heinrich, capo del design
BMW, è un appassionato motociclista prima che un designer
e si vede. Anzi, sarebbe meglio
dire si sente, se si ha la fortuna
di scambiare due chiacchiere
con lui, perché la competenza
e la passione con cui parla di
moto sono quelle di un appassionato vero, non certo di un
freddo professionista. EICMA,
dove BMW ha svelato le nuove
R1200RT ed S1000R, è stata l’occasione per parlare con
Edgar delle “sue” moto. Moto
che hanno aperto nuove frontiere tecnologiche ma anche
di design, tanto che non è difficile riconoscerne alcuni tratti
somatici in proposte della concorrenza. Abbiamo quindi chiesto ad Heinrich quale ritiene
che sia la moto che ritiene più
riuscita nella gamma BMW dal
punto di vista del design. «Non
so in che misura i nostri concorrenti ci prendano ad ispirazione, ma identificare la moto
più riuscita è molto semplice: è
la più imitata» Non c’è bisogno
di grande sforzo di immaginazione per capire di che modello
stia parlando. Ma la storia di
BMW è ricchissima di modelli
30
di grande fascino ed eleganza,
e viene spontaneo chiedere
quali Heinrich ritiene i più riusciti, e a quali si è ispirato nel
creare le sue linee. «Abbiamo
appena festeggiato i nostri 90
anni, ed è stata un’occasione
per ripercorrere la nostra storia
e guardare al nostro passato
più di quanto non avessimo fatto negli anni scorsi – è sempre
molto bello farlo, perché credo
che la storia di BMW sia piena
di modelli divenuti delle vere
icone, belli ed innovativi. Ce ne
sono talmente tanti che devo
ammettere di averne molti nel
cuore. Una delle mie preferite è
la R5 – il minimalismo allo stato
puro: c’è il motore e pochissime, semplici linee che collegano il cannotto al forcellone, eleganti e pulitissime. In tempi più
recenti adoro la K1200R, una
moto che nessuno si aspettava
da BMW – grintosa, cattiva, del
tutto irrazionale. In passato ci
sono anche stati molti modelli
o elementi stilistici che il pubblico non ha apprezzato immediatamente, ma che a lungo
andare sono diventati oggetti
di culto, magari nella seconda o
terza evoluzione»
In effetti la storia di BMW ha
diversi esempi di questo fenomeno. Guardando la gamma
attuale vale la pena di chiedere ad Heinrich quali ritiene
che siano quindi i modelli che
dureranno più a lungo e quali
invece verranno evoluti stilisticamente più a breve.
«E’ molto difficile da prevedere, soprattutto perché in BMW
lavoriamo per segmenti, e abbiamo diversi team – ognuno di
questi è composto da fuoristradisti, pistaioli, turisti, e ognuno
ha i suoi preferiti. E’ praticamente impossibile arrivare ad
una conclusione al nostro interno su quale moto sia più forte di altre dal punto di vista del
design, perché alla fine dipende
sempre dal punto di vista»
Avendo tirato in ballo il fuoristrada si pensa alla GS. Le
maxienduro sono le moto che
“tirano” di più nonostante da
un punto di vista stilistico affondino le loro radici in competizioni che ormai non hanno
più il fascino di una volta, e in
cui oggigiorno corrono modelli completamente diversi.
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a quelle di una naked»
Proprio la S1000RR è stata
considerata un forte allontanamento dallo stile tradizionale di BMW, in passato
legato a modelli dall’estetica
minimalista ed essenziale. Di
recente pare di assistere invece ad un’evoluzione verso
linee sempre più complesse…
«Non è del tutto vero: in effetti nella nostra gamma ci sono
esempi di tantissimi stili diversi.
Lavoriamo per segmenti: in
alcuni è necessario evidenziare elementi più tecnologici,
come sulla famiglia S1000,
in altre, come i nostri scooter
o le granturismo, è l’esatto
Da dove viene il loro successo?
«E’ vero, ci abbiamo riflettuto
diverse volte al nostro interno. Queste moto sono nate
con la Paris-Dakar: pensate ai
primi modelli G/S, con i loro
serbatoi giganti e quel boxer
che nonostante lo scetticismo
generale ha vinto tante edizioni. Quei concetti sono stati
portati sulle GS stradali, nate
come moto sportive capaci di
portarvi all’altro capo del pianeta che però, con il tempo,
sono diventate degli oggetti
lifestyle, degli status symbol
un po’ come i SUV a quattro
ruote. Ma credo che sia molto
32
importante che queste moto
siano rimaste coerenti con le
loro origini, perché al di là della soddisfazione personale che
si prova nel vedersi in sella ad
una moto di successo le radici,
quelle vere, restano. E si tratta
di moto che sono comunque
davvero capaci di portarvi fino
in Libia – l’equilibrio fra i fattori
razionale ed emotivo raggiunto
da queste moto è un fenomeno
davvero interessante»
Per una volta, però, la regina
dello stand BMW ad EICMA
non è una GS ma la naked
S1000R, moto che ben pochi
si aspettavano da BMW.
«Mi piace che pensiate sia una
moto inaspettata» scherza
Heinrich, facendo riferimento
alle anticipazioni che ormai da
più di un anno sono spuntate
sulla stampa di settore. «Di
fatto il pacchetto, i concetti di
base sono quelli della RR, da
cui mutua completamente la
sostanza. La linea è ovviamente molto diversa, anche se abbiamo voluto mantenere una
correlazione più diretta possibile con la superbike. Abbiamo
quindi preso i principali elementi stilistici dalla RR, lasciando le parti più tecnologiche in
grande evidenza, interpretandole con proporzioni più adatte
News
contrario – dobbiamo mantenere linee più pulite e fluide
possibili, nascondendo quasi
tutte le componenti tecniche.
La linea del GS è invece un
esempio di linguaggio formale
completamente diverso dal resto – lavoriamo sempre osservando il segmento e definiamo
lo stile che riteniamo più appropriato»
trasporto economico, non un
oggetto che deve regalare
emozioni.
La classe media che sta emergendo, per ora, si rivolge ancora quasi esclusivamente alle
quattro ruote – non c’è ancora
un grande mercato per proposte di prestigio, anche se la
situazione sta cambiando. E’
ancora presto»
Con la crescita dei mercati
asiatici viene spontaneo pensare che i loro gusti vengano
tenuti in sempre maggiore
considerazione.
«In realtà è ancora prematuro: si tratta di mercati ancora
poco sviluppati, dove le moto
sono per lo più un mezzo di
Un ultima domanda per la
concorrenza: quali sono le
proposte più interessanti di
EICMA, secondo Heinrich?
«E’ un’ottima domanda – sfortunatamente però non sono
ancora nemmeno riuscito ad
uscire dal nostro stand. Rifatemela domani…»
La linea del GS è invece un esempio di linguaggio
formale completamente diverso dal resto – lavoriamo
sempre osservando il segmento e definiamo lo
stile che riteniamo più appropriato
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«Le Fireblade sono moto supersportive pensate per un uso polivalente, pista compresa. Noi
ovviamente abbiamo sviluppato questi aiuti elettronici, ma
al momento riteniamo ancora
che questi modelli possano ancora farne a meno. In futuro vedremo, per ora non posso dire
nulla».
Teshiro Goto, Honda
“Le nuove 650 sono più facili e leggere”
di Maurizio Tanca | L’ingegner Teshiro Goto, Large Project Leader delle
Honda con motori a 4 cilindri in linea, ci parla dei nuovi modelli da 650
cc, “glissando” però riguardo all’attesa erede delle attuali Fireblade
Poco prima del recente EICMA,
oltre a Dave Hancock (capo
della pianificazione prodotto
e degli sviluppi commerciali di
Honda) e all’ingegner Yosuke
Hasegawa (leader dei progettisti dei motori V4) abbiamo
potuto scambiare due parole
34
anche con l’ingegner Teshiro
Goto, che attualmente è guida
il team di progetto dei motori a
4 cilindri in linea, e che nei primi anni duemila prese parte ai
progetti delle Goldwing e delle
supersportive CBR.
Ingegner Goto come mai anche sulle nuove Fireblade
modello 2014 non figurano i
controlli elettronici, che invece troviamo sulle altrettanto
nuove VFR800 e CTX 1300,
anch’esse non dotate di acceleratore ride by wire?
Tuttavia le Fireblade che corrono in Superbike sono dotate
di traction control…
«Si, è così…».
La nuova CBR1000RR SP che
vediamo qui, presenta alcuni miglioramenti tecnici che
la rendono ancora più adatta
per l’uso in pista. Sarà dunque questa la base della vostra Superbike per il mondiale
2014? Lo chiedo perché tutti
ci aspettavamo una replica
della RCV1000 che corre in
MotoGP…
«Mmhhh…Come ho già detto, la
Fireblade è nata per un utilizzo
polivalente, ovviamente, però,
ora stiamo pensando al futuro».
Che non riguarderà la Fireblade…
«Esatto».
Quando vedremo la nuova
superbike Honda, quindi?
Perché l’anno prossimo è qui
dietro l’angolo…
«Non posso dire nulla in merito».
Veniamo alle nuove “4 cilindri” piccole: come mai avete
realizzato due moto di media
cilindrata
completamente
nuove, anziché lavorare sulle
600 attuali, ovvero la Hornet
e la CBR600F?
«Come sapete, quest’anno abbiamo lanciato la CBR500 per
muovere il mercato in difficoltà. Per chi volesse qualcosa di
più, quindi, abbiamo pensato
che era giunto il momento di
elevare a 650 le cilindrate delle attuali 600, che hanno nuovi
EICMA
motori che abbinano un’ottima
coppia ai bassi e medi regimi e
un buon allungo: caratteristiche che aumentano il divertimento di guida sia in città che
fuori. E per farlo abbiamo progettato un motore più grosso
di 50 cc, ma anche molto più
compatto e leggero».
Ma creare modelli completamente nuovi non è molto più
dispendioso? Inoltre sembrerebbe molto più facile maggiorare un buon motore già
esistente, o no?
«Sì, sarebbe stato più semplice
per noi, però il nostro obiettivo
era assolutamente quello di
creare nuovi motori più compatti e leggeri».
Quindi di costruire anche
moto dimensionalmente più
compatte e facili…
«Esatto. Anche perché i nostri
motori 600 sono piuttosto pigri
ai bassi e medi regimi, anche se
in allungo non sono male».
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EICMA
Claudio Domenicali
«Dalla Superleggera alla MotoGP
ci rimettiamo in gioco»
Romano Albesiano
“Aprilia sarà protagonista
in MotoGP”
Claudio Domenicali, amministratore delegato di Ducati, parla con
Nico Cereghini della nuova Monster 1200, della filosofia Ducati,
della Superleggera - con il peso minimo di una SBK - e di come
si sta lavorando al progetto MotoGP in vista del 2014
Nico Cereghini intervista Romano Albesiano, responsabile dell’attività
sportiva Aprilia. Che racconta come a Noale si sta lavorando per
l’entrata ufficiale nella MotoGP nel 2016. Un programma di sviluppo
che inizierà nel 2014 concentrandosi prima sul motore V4
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EICMA
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Indian Chief Classic e Vintage
La nuova Indian Chief Classic è alimentata da un motore
completamente riprogettato, con 139 Nm di coppia. La versione
Vintage è superequipaggiata e richama lo stile più classico del marchio
L
a nuova Indian Chief Classic è una cruiser dura e pura, con richiami stilistici
storici che mascherano contenuti d’avanguardia. Infatti la Indian Chief Classic 2014 ha di serie l’accensione senza chiave,
ABS, cruise control, acceleratore elettronico.
Al pari di tutti i modelli Indian Chief del 2014, è
alimentata dal motore Thunder StrokeTM 111,
completamente nuovo e progettato da zero. I
138.9 NM di coppia, rappresentano un record
nella sua categoria, mentre il look richiama la
38
tradizione dei motori Indian, con contenuti e
tecnologie d’avanguardia. Il Thunder Stroke 111
è un V-twin di 49° raffreddato ad aria, con trasmissione a 6 rapporti e overdrive. Un’altra novità è rappresentata dalla Indian Chief Vintage,
una soft bagger, equipaggiata con borse morbide e dettagli artigianali. Le borse laterali sono
a smontaggio rapido e sono in morbida pelle di
elevata qualità. Frange in pelle, estremità dei paraurti cromate, marchio cromato in stile vintage
sul parafango anteriore e un comodo parabrezza
facilmente installabile e removibile, questi particolari sono un richiamo alla tradizione Indian.
Presenta le stesse caratteristiche di livello superiore che distinguono la Indian Chief Classic,
e ne esibisce gli stessi elementi iconici di design,
quali parafanghi modello valance, ruote a raggi,
pneumatici con fascia bianca, quadro strumenti
montato sul serbatoio e ampie rifiniture su tutta
la superficie. Anch’essa è alimentata dall’innovativo motore Thunder Stroke 111.
La versione
Chieftain presenta invece una carenatura montata sulla forcella con fanali integrati e parabrezza maggiorato. Le dotazione standard include
borse rigide dotate di serrature con controllo a
distanza, attacco a sgancio rapido, un impianto
audio ad alta potenza con connettività Bluetooth
integrata per smartphone e un sistema di monitoraggio della pressione dei pneumatici.
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EICMA
Media
CRP Energica EGO
di Mario Tonazzi | Il gruppo CRP si è presentato all’EICMA con la prima
superbike elettrica italiana, la Energica EGO. Monta un motore elettrico
da 100 kW di potenza e 195 Nm di coppia
I
l gruppo CRP si è presentato all’EICMA
con la prima superbike elettrica italiana, la
Energica EGO. Ulteriore step evolutivo rispetto al primo prototipo del 2011, la EGO
monta un motore elettrico da 100 KW di potenza
e 195 Nm di coppia.
Le batterie da 11,7 kWh prevedono un tempo di
ricarica standard di 3,5 ore, tempo che scende
a 30 minuti in modalità veloce, tramite apposita
colonnina di ricarica.
Le batterie hanno una durata di circa 1200
cicli. La dotazione ciclistica è di alto livello,
40
prevedendo l’impiego di cerchi Marchesini forgiati con pneumatici Pirelli Diablo Rosso2, freni radiali Brembo con ABS Bosch e un reparto
sospensioni con forcella Marzocchi da 43mm e
mono Ohlins, entrambi completamente regolabili. Telaio in traliccio di tubi d’acciaio e forcellone
in alluminio completano la dotazione tecnica di
questa moto, in grado di raggiungere i 240 km/h
limitati elettronicamente. Con un peso di 258 kg
l’autonomia si attesta su circa 100 km per una
velocità media di 100 km/h, mentre scende a circa 50 km nell’uso in pista.
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EICMA
Tacita T-Race
di Maurizio Gissi | Il giovane marchio italiano ha presentato al Salone tre
modelli da fuoristrada, tutti a propulsione elettrica, con base comune
T-Race e definizione cross, enduro e rally. Più un carrello porta moto
con pannelli fotovoltaici
T
acita è nata nel 2009, ha sede a Torino
ma è in Valle D’Aosta, nell’Incubatore
di Imprese Pepinières di Aosta, che
è nata la sua prima moto elettrica.
Tacita è il nome della dea latina del silenzio, ma
nell’ambiente del fuoristrada è una moto che a
modo suo vuole fare rumore. La T-Race ha partecipato al Merzouga Rally del 2012, prima moto
elettrica a farlo, e in occasione di Eicma 2013 è
arrivata la presentazione della versione di serie
da essa derivata. Che è stata declinata in tre
varianti: T-RC da cross, T-RE da enduro e T-RR
da rally. Esteticamente accattivante, T-Race è
42
costruita con ecoplastiche e può essere trasportata con un innovativo carrello porta moto rivestito da pannelli fotovoltaici in grado di alimentare anche altri servizi. Passando alla descrizione
tecnica, il motore della T-Race è raffreddato a liquido, come il controller, ed eroga una potenza di
picco di 36 cavalli (9 kW nominale) e una coppia
di 60 Nm. Gli accumulatori Li-po adottati sono
attualmente i più vantaggiosi grazie ai lori 167 Wh
per chilo di peso e sono garantiti per 2.000 cicli
di ricarica. La T-RC cross 3.3 ha capacità massima di 3.3 kWh, richiede da 1 a 3 ore di ricarica
a seconda del sistema utilizzato e l’autonomia
varia da 20 minuti a un’ora. Che si estende del
25% per la versione di capacità 4.0.
La T-RE enduro ha capacità di 5.3 kW e autonomia che varia da 30 minuti a 2 ore. La T-RR rally
sale a 10.6 kWh di capacità portando l’autonomia
da 1 a 4 ore.
Due le modalità di potenza: Eco e Sport, e si arriva a una percorrenza di circa 100 km su percorsi tecnici. La funzione Reserve Power si attiva
quando la carica residua è al 20% riducendo la
potenza. Ha cambio a 5 rapporti e frizione a comando idraulico, il telaio in acciaio al cromo molibdeno è integrato da una struttura posteriore
autoportante in alluminio.
La moto ha mozzi ricavati dal pieno, cerchi DID
da 21 e 18 pollici, forcella Marzocchi Shiver, piastre ricavate dal pieno in Avional, mono posteriore Ohlins (entrambe le sospensioni offrono
300 mm di escursione ruota) e fari a led. Il disco
anteriore misure 270 mm e 230 mm quello posteriore.
La piastra para motore è in alluminio e le “plastiche” sono in realtà costruite in fibra di lino e bio
resine. Per essere a impatto zero il più possibile. I
pesi e i prezzi delle diverse varianti non sono stati
comunicati.
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Media
EICMA
km/h. Le ruote sono da 16 pollici, con impianto
frenante a disco e Abs; i fari sono a Led e la strumentazione Lcd. Il VT-1 ha naturalmente il sistema di recupero d’energia in frenata (significa
ricaricare circa il 5-10%), oltre alla retromarcia,
mentre la trasmissione e il cambio sono privi di
manutenzione. Le batterie possono essere ricaricate in modalità plug-in, quindi collegando il
cavo posto sotto la sella a una normale presa di
corrente a 220 volt: per ricaricare tre batterie in
questo modo servono 3-4 ore, due per arrivare
all’85% della carica. Oppure le batterie si possono togliere rapidamente – hanno un manico per
il trasporto - per collegarle a una dock esterna
(prezzo circa 500 euro), o per essere sostituite
con altre già cariche. Il Vectrix VT-1 pesa 170 kg
con le due batterie standard, quindi quanto uno
scooter di media cilindrata, è stato disegnato
da Robrady Design (lo stesso del Vectrix VX-1 e
del prototipo di Superbike elettrica del 2008) e
può essere accessoriato anche per impieghi di
trasporto/consegna. Il VT-1 sarà disponibile da
maggio 2014 al prezzo di 7.500 euro.
Vectrix VT-1
di Maurizio Gissi | E’ il primo scooter elettrico equivalente alla categoria
125 (patente B) con batterie removibili. Ha 2 accumulatori sotto la
pedana, ma ne può ospitare fino a 4 per 180 km di autonomia.
Costa 7.500 euro
L’
americana Vectrix, che ha sede nel
Massachussetts, ha iniziato a occuparsi di veicoli elettrici nel 1996
ed è stata la prima a mandare in
produzione un maxi scooter a trazione elettrica.
Il nuovo VT-1, lanciato a Eicma, rappresenta un
importante salto in avanti dal punto di vista tecnologico. E’ soprattutto il primo scooter elettrico
equivalente alla categoria 125 (per poter essere
guidato con la patente B) con batterie removibili
44
al litio (LiMn204). Ha due accumulatori sotto la
pedana, ma ne può ospitare un terzo all’interno
del vano sotto sella, quello dedicato al casco, ed
eventualmente un quarto nel tunnel centrale,
coperto da un’apposita carenatura. Le batterie
sono da 48V e 28 Ah. Il motore raffreddato a
liquido ha la trasmissione con ingranaggi epicicloidali. Viene dichiarata un’autonomia di 90 km
con le due batterie di serie e si può quindi salire a fino a 180 km. La velocità massima è di 100
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EICMA
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Aeon presenta Elite 400 e Urban 400
Arriva sul mercato italiano la nuova versione del maxiscooter di Aeon
Elite che da 350cc passa a 400, riviste anche ciclistica ed estetica.
Anche il modello più cittadino, l’Urban, è aumento fino a 400cc
E
LITE 400
Arriva sul mercato italiano la nuova
versione del maxiscooter di AEON.
Capace di competere con la concorrenza per dotazione tecnica rimane competitivo
dal punto di vista del prezzo. Elite passa dunque
da 350 a 400 cc. L’upgrade proposto da AEON
non tocca soltanto il propulsore ma si “allarga” a
ciclistica e sovrastrutture, guardando al mercato
europeo.
Prezzo: 4.290,00 €
46
Arrivo sul mercato: Marzo 2014
URBAN 400
Anche l’Urban si guadagna il passaggio alla cilindrata 400, proponendosi come alternativa
maggiormente votata all’utilizzo metropolitano
rispetto al modello Elite. A differenza dell’Elite,
rivisto da AEON a tutto tondo, l’Urban 400 non
propone upgrade su carrozzeria e ciclistica.
Prezzo al pubblico: 4.290,00 €
Arrivo previsto sul mercato: Marzo 2014
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Motori in tutte le salse
Media
Prima di passare a qualche esempio particolarmente significativo, apparso negli anni Venti
del secolo scorso o poco dopo, è opportuno un
breve accenno ad alcune realizzazioni dell’epoca
eroica, ovvero del periodo antecedente al 1914.
In Francia era attivo il vulcanico italiano Alessandro Anzani, che ha per diverso tempo prodotto
ottimi motori con i cilindri a ventaglio. Nati per
impiego aeronautico, alcuni di questi tricilindrici
sono stati montati anche su moto da competizione. E non è mancato neanche chi ha realizzato
dei pezzi unici impiegando motori a cinque cilindri, sempre con architettura a ventaglio, e perfino un quadricilindrico a X! L’inglese Wilkinson
del 1909 con motore a quattro cilindri spiccava per essere dotata di un volante al posto del
Pagine di storia
consueto manubrio (alcuni altri tecnici hanno
fatto una scelta analoga, come l’inglese Lawson
per la sua moto del 1948 con carrozzeria di tipo
automobilistico). Con la colossale moto a quattro posti realizzata nel 1914 dal russo Schilovski,
presidente della società giroscopica di Pietrogrado, siamo addirittura ai confini del visionario.
Pare che potesse rimanere in posizione verticale
anche da ferma, purché il motore a quattro cilindri fosse in funzione, grazie alla azione di un
grosso giroscopio. E naturalmente effettuava le
curve sterzando la ruota anteriore e senza inclinarsi. Nel 1921 in Germania è entrata in produzione la Megola, con motore stellare a cinque
cilindri installato nella ruota anteriore. Non c’erano né frizione né cambio e il motore girava, anche se con velocità differente rispetto alla ruota,
Megola
Ner a Car
Massimo Clarke
Le moto fuori dagli schemi
Oggi le principali soluzioni costruttive sono largamente standardizzate,
ma in passato la situazione era ben diversa e nella storia della moto le
realizzazioni inconsuete non sono certo mancate
L’
evoluzione della tecnica ha
portato inevitabilmente a
una selezione, dalla quale
sono emerse le soluzioni
più vantaggiose ai fini delle
prestazioni, della razionalità costruttiva e/o del contenimento dei costi di
fabbricazione. Lo spazio per la creatività, specialmente in campo motoristico, negli ultimi anni
si è pressoché annullato. Al massimo infatti le
48
diversità che si possono riscontrare rispetto agli
schemi ormai consolidati e di impiego universale si hanno a livello di dettaglio, o sono costituite
da “variazioni sul tema”, comunque di modesta
entità. In passato però c’è stato chi ha sondato
strade realmente alternative e ci sono state non
poche moto davvero diverse, frutto di un estro
straordinario. E non si tratta solo di prototipi o
di esemplari unici; alcune sono state prodotte in
serie per diversi anni.
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quando la moto avanzava. Alle estremità inferiori
della forcella erano piazzati da un lato il carburatore e dall’altro il magnete di accensione. Dopo
avere realizzato alcuni prototipi con motori stellari rotativi, tanto a tre e quanto a cinque cilindri,
nel 1919 e nel 1920, il progettista Fritz Cockerell
ha iniziato la fabbricazione in serie della moto
a Monaco, costruendo un totale di circa 2.000
esemplari, gli ultimi dei quali nel 1925. Il motore di 640 cm3, chiaramente ispirato ai rotativi
stellari d’aviazione largamente impiegati nella
prima guerra mondiale, aveva la distribuzione a
valvole laterali ed erogava 14 cavalli. Il telaio dalla
caratteristica struttura era in acciaio stampato.
Posteriormente veniva adottata, in molte delle
moto prodotte, una sospensione con una balestra per ogni lato.
Della Megola è stata realizzata anche una versione da competizione.
Rivoluzione americana
Sempre nel 1921 l’americano Carl A. Neracher
ha realizzato una moto rivoluzionaria non solo a
livello di ciclistica, ma anche per quanto riguarda
la trasmissione. Chiamata Ner-a-Car, denominazione intermedia tra il cognome del progettista
e “near a car” (cioè “quasi un’automobile”), la
moto è stata prodotta tanto in Inghilterra quanto
negli USA. Inizialmente il motore monocilindrico
era a due tempi, di 211 cm3 (successivamente
portati a 285 cm3 nella versione inglese) e la
trasmissione era a variatore. Quest’ultimo era
costituito da due ruote di frizione disposte a 90°
una rispetto all’altra, che trasmettevano la coppia grazie all’attrito. La variazione del rapporto
si otteneva spostando la ruota condotta (dotata di una banda periferica in materiale d’attrito,
che poteva essere sostituita quando era troppo
usurata) lungo il suo albero, in modo da avvicinarla o da allontanarla dal centro dell’altra. Di
straordinario interesse era la parte ciclistica, che
prevedeva un telaio in lamiera stampata costituito da due elementi longitudinali collegati da traverse e un avantreno davvero innovativo, del tipo
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Pagine di storia
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Megola
con mozzo sterzante, collegato al manubrio da
una semplice tiranteria collocata sul lato destro.
Questa moto veniva particolarmente apprezzata
per la grande stabilità della quale faceva sfoggio
in qualunque condizione di marcia. Nel 1925 e
1926 le Ner-a-Car costruite in Inghilterra sono
state dotate di un motore a quattro tempi a valvole laterali di 348 cm3, prodotto dalla Blackburne, e di un cambio a tre marce fabbricato dalla
Sturmey-Archer.
La risposta europea
Nel 1925 a Berlino è stata fondata a Windhoff, che
due anni dopo ha realizzato la sua ammiraglia di
750 cm3 con motore a quattro cilindri in linea
longitudinale raffreddato a olio e con distribuzione monoalbero. A rendere straordinaria questa
moto era il fatto che era priva di telaio (soluzione
poi ripresa da alcuni altri costruttori). Il triangolo in lamiera nel quale era ricavato il cannotto di
sterzo veniva infatti fissato direttamente al motore, al quale erano vincolati anche i tubi di collegamento al perno della ruota posteriore. Questa moto, che disponeva di 22 cv a 4.000 giri/
min, aveva il cambio (a tre marce) in blocco. La
Windhoff 750 è stata prodotta dal 1927 al 1929.
Oggi pare che ne esistano due soli esemplari.
Una moto inconsueta che è rimasta in produzione per ben 15 anni (dal 1925 al 1939) è stata la
Bohmerland
Bohmerland, progettata da Albin Liebisch e costruita in quella che oggi è la repubblica ceca.
Era azionata da un motore monocilindrico con
distribuzione ad aste e bilancieri di 598 cm3,
con una corsa di ben 120 mm (l’alesaggio era
di 79,8 mm), che nelle ultime versioni erogava
circa 25 cavalli. A renderla straordinaria era la
parte ciclistica; accanto a una versione “corta”,
destinata al pilota più un passeggero, veniva infatti prodotta quella a tre posti, rimasta famosa.
Spiccavano inoltre le ruote a razze in lega di alluminio, largamente in anticipo rispetto ai tempi, e
i due serbatoi di carburante, collocati ai lati della ruota posteriore. Di recente abbiamo parlato
della Nembo, una incredibile moto a tre cilindri,
di recente realizzazione, caratterizzata dal fatto
di avere il gruppo testa-cilindri rivolto in basso.
Sul finire degli anni Trenta in Francia Marcel Guiget aveva adottato questa architettura per la sua
MGC 500 (la cilindrata è stata poi portata a 600)
a quattro cilindri in linea longitudinale, nella quale il serbatoio del carburante, in lega di alluminio,
era conformato e dimensionato in modo da fungere anche da elemento superiore del telaio.
E negli anni Cinquanta un tecnico ungherese
aveva ottenuto un brevetto, che qui mostriamo,
relativo a una moto con cilindro rivolto verso il
basso…
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e farsi subito una propria opinione. Poi magari
quella ragazza avrà l’occasione di cambiare idea,
di fare uno step in più; proverà dinamicamente la
Monster 1200 e scoprirà che, come mi assicura Claudio Domenicali, anche il più affezionato
monsterista “si convince immediatamente del
progresso, appena la moto si muove”. Ma toccare
la novità, montarci sopra e mettere le mani sul
manubrio, stabilisce un contatto che è diventato sempre più importante. Tant’è vero che per
salire sulle moto -alla Ducati come alla BMW e
alla Honda e in ogni stand- c’era da fare la fila.
Dal venerdì alla domenica andava in replica la
stessa scena. Ragazzi, ragazze, giovani uomini e
uomini fatti, persino quelli con i capelli grigi: tutti
intorno alle moto in un cerchio stretto e compatto, concentrati per non perdere il turno, rapidi a
montare in sella per non perdere tempo. Li ho osservati bene, ed era particolare come cercavano
immediatamente di isolarsi con la massima concentrazione: gli occhi fissi sulla strumentazione
C
come se vedessero la strada lì davanti, i palmi
delle mani sulle manopole, le dita a cercare le
leve, le ginocchia a muoversi per conto loro per
assaggiare le svasature del serbatoio. Ormai tutte le case hanno capito che presentare le novità
con grande evidenza, ma su un piano inaccessibile agli appassionati, vale zero. Va bene innalzare
sotto i riflettori un esemplare, e con la migliore
scenografia di contorno, però poi bisogna allinearne almeno altri tre a livello umano. I motociclisti amano il mondo virtuale, ma quando si tratta
di moto vogliono toccare, provare l’effetto che fa,
e per conoscere il gradimento di una nuova moto
bastava studiare il capannello dei visitatori che la
circondava.
E’ la passione che è fatta così, una passione che
si nutre del contatto fisico. E se sapremo coltivare questa passione, se riusciremo a lavorare
sull’abbattimento dei balzelli più pesanti come le
assicurazioni, avremo qualche chances in più di
uscire dalla crisi.
Media
Nico Cereghini
Toccare le moto e
poi salirci fa bene
iao a tutti!
Viva Marc
Marquez
che porta
energia
e sorrisi,
viva il Salone di Milano che
Le avete viste, all’Eicma, le code per salire sulle
ci dà una bella iniezione di
fiducia! Perché siete venu- novità? Erano solidamente ancorate al pavimento,
ti in tanti, mai visto tanta eppure buone per isolarsi alla ricerca delle
gente all’Eicma, e tutta que- emozioni più profonde. La passione, la crisi,
sta passione è contagiosa
e porterà bene. Certo, la l’ottimismo
crisi è sempre qui che morde –giustamente ce lo hanno ricordato anche compagno incerta mentre si metteva in posizioa Milano i cassintegrati della Husqvarna- e non ne, scuoteva il capo e scendeva. “Non ti piace?” le
basta l’ottimismo per uscirne. Però l’ottimismo ho chiesto io che me ne stavo in disparte a sonaiuta. Sicuro. C’è qualche immagine che ho foto- dare gli umori. “Preferisco ancora la mia Mongrafato nella mente la scorsa settimana nel gran ster” ha detto semplicemente lei. E ho pensato
casino della mostra. E una in particolare: una ra- che una delle cose più belle dell’Eicma è proprio
gazza che saliva sulla nuova Monster, guardava il questa: che si può salire in sella a tutte le novità
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Editoriale
I motociclisti amano il mondo virtuale, ma
quando si tratta di moto vogliono toccare, provare
l’effetto che fa, e per conoscere il gradimento di una
nuova moto bastava studiare il capannello dei
visitatori che la circondava
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MotoGP
Marc Marquez
“Sono sempre io, devo sempre
rifarmi il letto”
di Giovanni Zamagni | Il neo campione del mondo racconta le sue
sensazioni il giorno dopo la grande impresa. “Adesso sarà più difficile
fare una vita normale”
S
orridente, come al
solito, ma con una
consapevolezza
nuova: il giorno
dopo, Marc Marquez inizia a
rendersi conto di aver fatto
qualcosa di straordinario. «Mi
ci vorrà ancora un po’ di tempo,
ma capisco meglio quello che è
successo ieri», dice rilassato,
ma anche un po’ frastornato.
«Da ieri, da quando ho vinto il
titolo, ho dovuto fare tante di
quelle cose che forse oggi avrei
fatto meglio a salire in moto e
provare, incede di aspettare
domani e dopo domani» commenta divertito quando gli si fa
notare che conquistare il mondiale della MotoGP vuol dire
anche una quantità di impegni
inimmaginabile prima. «Me ne
sono reso conto, ma in fondo
è meglio così: significa che hai
vinto qualcosa di importante,
che hai fatto bene il tuo lavoro».
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“Sono sempre io”
La sua vita sta cambiando
velocemente, proprio con la
stessa rapidità con la quale
lui si è impadronito della MotoGP.
«Adesso sarà un po’ più difficile
essere un ragazzo normale, ma
questo era il mio sogno. E poi
ci sono i miei genitori a tenermi con i piedi per terra - spiega
ringraziando ancora una volta
i suoi familiari, Emilio Alzamora e tutti quelli che gi sono più
vicino -. Vivo ancora con i miei
genitori e mi devo sempre fare
il letto al mattino e sparecchiare il mio piatto da tavola: è così
anche per mio fratello Alex»,
svela quasi imbarazzato.
Non lo è sicuramente in moto,
anzi: per Pedrosa sembra
sempre al limite, lì lì per cadere da un momento all’altro.
«E’ stato così all’inizio della
stagione, poi, però, sono migliorato, ho più la situazione
sotto controllo. Ed è chiaro che
l’anno prossimo sarà difficile
riconfermarsi, perché in MotoGP arriveranno nuovi piloti,
perché Dani quando è in forma è praticamente imbattibile
e perché Jorge è fortissimo.
Anche la Honda può migliorare: a metà curva e in uscita la
Yamaha è più competitiva. Secondo me, nelle ultime gare, le
nostre moto erano equivalenti,
con punti forti e deboli che si
compensavano», sottolinea. In
fondo, se non c’era lui, il titolo
l’avrebbe vinto Lorenzo, con la
Yamaha…
“Ho bevuto…
Red Bull”
Prima di fare mattina alla tradizionale festa di chiusura del
motomondiale (“ho bevuto
solo… Red Bull”, prova a essere
credibile, senza riuscirci troppo) ha anche fatto in tempo a
rivedere il GP di Valencia.
«A un certo punto, volevo forzare, stare con Lorenzo, ma
poi mi sono imposto di stare
tranquillo: mi è costato, ma è
stata la scelta giusta», mentre
stamattina è rimasto perfino
stupito nel vedere tanti giornali, non solo spagnoli, con il suo
nome in prima pagina. «Solitamente non li leggo, ma quando
Emilio (Alzamora, NDA) me li
ha fatti vedere, sono rimasto
sorpreso: non mi aspettavo
tanta attenzione».
Un’impresa così merita un
regalo speciale, ma Marquez
non la pensa così.
«Ho già la BMW M6 (l’auto vinta grazie alle nove pole e ai risultati ottenuti in prova, NDA):
direi che basta quella. Ed è pure
gratis…».
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MotoGP
Valentino Rossi
“Punto su Galbusera”
di Giovanni Zamagni | Il nove volte iridato per la prima volta senza
Burgess. “La MotoGP è cambiata, contano di più i dettagli”
I
n una giornata nella quale i due piloti HRC non
sono saliti neppure in
sella, Jorge Lorenzo ha
continuato a lavorare sulla M1
2013, per poi provare la 2014
negli ultimi 15 minuti, migliorando subito la sua prestazione, l’interesse principale era
per il debutto di Cal Crutchlow
sulla Ducati (“non è né peggio
né meglio di quanto mi aspettassi, semplicemente diversa
dalla moto che ho usato fino
adesso” ha commentato il pilota britannico, che nel box ha
confermato, naturalmente, tutti i difetti evidenziati dagli altri
piloti) e per la “prima volta” di
Valentino Rossi senza Jeremy
Burgess al box, sostituito da
Silvano Galbusera. «E’ stata sicuramente una giornata emozionante, diversa, dopo tanti
anni (14, NDA) con Jeremy al
box. Conoscevo Silvano perché
con lui avevo fatto due test in
SBK (nel 2010, dopo l’infortunio alla gamba destra, NDA),
mi piace come lavora» dice Valentino.
Ma perché Galbusera?
«E’ stata una scelta umana
prima che tecnica: non ha
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esperienza in MotoGP, ma
punto su di lui. Sicuramente ci
vorrà un po’ di tempo di adattamento, ma mi piace. Per quanto riguarda il metodo di lavoro,
credo che adesso in MotoGP
siano molto importanti tutti i
dettagli, bisogna stare attenti
alle piccole cose.
Adesso, studiando i dati, si può
capire molto bene il comportamento della moto, cosa serve
per andare più forte. Jeremy
aveva un altro stile di lavoro,
si basava più sulle sensazioni
del pilota», giustifica così la sua
scelta.
Per quanto riguarda la M1
2014, il primo giudizio (confermato anche da Lorenzo) è
positivo.
«Si guida bene, ha un buon
motore e maggiore potenza
in uscita di curva, è un po’ più
stabile e sono stati fatti dei correttivi per limitare il consumo:
sono arrivato a 93 millesimi da
Jorge (1’31”257 per Lorenzo,
il più veloce dei test, 1’31”350
per Rossi, secondo, con Stefan
Bradl, terzo, a 0”494). La prima impressione è buona, ma
bisogna ancora lavorare».
Galbusera:
“Elettronica?
Come in SBK”
Per Galbusera il compito è
tutt’altro che semplice, non
solo perché dovrà sostituire
una icona del motociclismo,
ma perché dentro al box si trova meccanici australiani che
consideravano Burgess come
una sorta di “Dio”.
«E’ chiaro che ci vorrà un po’ di
tempo per integrarsi al meglio,
ma sono tutti dei super professionisti: non credo ci saranno
problemi».
Piuttosto riservato, quasi stupito di trovarsi qui, a fianco di
Valentino Rossi (“non ci credevo quando mi ha chiamato”),
Galbusera assicura che, dal
punto di vista elettronico, una
MotoGP non è poi troppo differente da una SBK.
«Non è che nella SBK ce n’è
così tanto meno: cambia la
centralina, cambiano i nomi dei
canali, ma alla fine sono simili.
Il mio compito sarà soprattutto quello di capire le esigenze
del pilota e tradurle in “dati”,
in interventi per migliorare il
rendimento della moto: spero
di poter dare a Valentino quello
che gli manca».
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MotoGP
Dall’Igna (Ducati)
“Due anni per tornare competitivi”
di Giovanni Zamagni | Il nuovo direttore generale di Ducati Corse parla
per la prima volta: “Ducati farà tutto quello che serve per tornare
vincente”
G
Gigi Dall’Igna è da oggi ufficialmente il direttore generale di
Ducati Corse: ecco la sua prima
conferenza stampa.
«Per me è una giornata particolare, è il mio primo giorno
come direttore generale di Ducati Corse: è una svolta importante nella mia carriera. Voglio
ringraziare Claudio Domenicali (amministratore delegato,
NDA) e il gruppo Audi che mi
hanno dato questa fiducia. Sicuramente arriviamo da stagioni convulse e complicate, ci
sarà parecchio lavoro da fare,
ma sono confortato dal fatto di
avere trovato a Borgo Panigale
uno staff di lavoro di alto livello
tecnico, che mi aiuterà a fare
quello che serve per riportare
la Ducati al livello che si merita
in MotoGP e SBK. Credo sarà
fondamentale unificare il lavoro delle due aree, con trasferimento continuo di informazioni. Sarà quindi questo il primo
intervento da fare: riorganizzare la struttura, con anche
un maggiore trasferimento di
informazioni tra il reparto corse e la pista: per riuscirci, bisogna dare a chi lavora in pista un
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ruolo importante anche a casa
e viceversa. La mia presenza a
tutte le gare aiuterà questo collegamento, ma va migliorato».
sull’organizzazione: diciamo,
però, che ci vorrebbero più
di sei mesi per un concetto di
moto completamente nuovo».
Dovranno essere fatti cambiamenti radicali sulla moto?
«Per me è difficile adesso affrontare questo argomento,
ma è chiaro che sarà fatto tutto
il necessario per tornare competitivi: la Ducati ha la capacità di rifare da capo la moto e
se sarà necessario lo farà. Nel
2014 la moto sarà diversa da
questa, ma, essendo stata fatta
da altri, non avrà ancora quello
che io ritengo importante per
vincere: debutterà nei test di
Sepang e da qui ad allora cercherò di capire se dovrà essere
modificata ulteriormente».
Hai già fatto un programma e
hai pianificato la struttura?
«Il reparto corse va migliorato
in maniera significativa, con
maggiore passaggio di informazioni tra pista e casa. L’importante, ripeto, è avere trovato a casa una struttura di primo
livello per elettronica, ciclistica
e motore».
Se iniziassi adesso a progettare una moto completamente nuova, quando sarebbe
pronta?
«A questa domanda avrei
potuto rispondere con precisione se fossi stato ancora
in Aprilia, perché ho creato io
quella realtà. Qui è tutto differente e bisogna intervenire
Ti sei posto o ti hanno posto
degli obiettivi?
«Nessuno mi ha chiesto di
vincere entro un anno, ma gli
obiettivi me li pongo da solo:
dico che due anni è un tempo
ragionevole per ridurre il GAP
con Honda e Yamaha».
I piloti non li ha scelti tu: cosa
pensi di Dovizioso e Crutchlow?
«Dovizioso l’ho “rincorso” per
tutta la mia carriera e adesso,
finalmente, è con me: sono
molto contento. Crutchlow non
lo conosco così bene, ha un
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MotoGP
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L’importante è avere trovato a casa una struttura
di primo livello per elettronica, ciclistica e motore
passato diverso dal mio, ma in
questo ultimo anno mi sembra
cresciuto molto: mi sembra
un’ottima coppia».
2014?
«Sì, è giusto lavorare anche in
quel settore e provare a essere
competitivi».
Vitto Guareschi ha lasciato
Ducati; ci sarà un altro team
manager, avete già individuato chi?
«Questo è un argomento che
deve ancora essere approfondito. Intanto posso dire che Paolo Ciabatti, oltre che responsabile del progetto MotoGP,
sarà anche direttore sportivo
sia della MotoGP sia della SBK,
come io sarò anche direttore
tecnico. Credo sia un cambiamento importante. In ogni
caso, quando servirà migliorare un aspetto, prenderemo
sicuramente il miglior tecnico
per riuscirci».
Perché hai lasciato l’Aprilia?
«Ho vinto tanto nella mia carriera, ma mi mancava la MotoGP:
la Ducati è uno dei pochi gruppi
europei che fa la MotoGP con
certe ambizioni».
Confermi che ci saranno tre
MotoGP e una “Open” nel
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La Ducati è molto legata a
certe tradizioni tecniche: le
dovrai mantenere?
«Ducati farà quello che serve:
se riterremo che servirà una
soluzione tecnica differente la
faremo».
Cosa pensavi della Ducati
quando eri in Aprilia?
«Come è umano che sia, gioivamo per i nostri successi, ma
eravamo più contenti quando
battevamo la Ducati».
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MotoGP
Marquez chiude in testa
i tre giorni di test a Valencia
E’ ancora Marquez il più veloce. Il neo campione del mondo ha chiuso
con un crono di 1’30.536, due decimi più veloce di Lorenzo. Il terzo
giorno, assenti le Yamaha ufficiali di Lorenzo e Rossi, Smith si è
piazzato secondo
U
n giorno di pausa per festeggiare il
Campionato e poi due giorni di lavoro senza sosta: in altre parole Marc
Marquez. Se è vero che il Campione
del Mondo MotoGP aveva deciso di prendersi il
lunedì libero, è altrettanto certo che nelle due
seguenti giornate il pilota Repsol Honda si è più
che guadagnato la pausa invernale. 133 giri totali
per il numero 93 che ieri aveva fatto segnare un
tempo di 1’30.536 e che oggi è stato in grado di
migliorarlo di quasi tre decimi. Oggi non erano
62
presenti le Yamaha ufficiali di Lorenzo e Rossi,
ma a tener alto il nome della casa del Diapason
è stato Bradley Smith, autore di un 1’30.598,
secondo assoluto e più rapido addirittura dello stesso Jorge Lorenzo (ieri 1’30.768). Stefan
Bradl (LCR Honda) e Dani Pedrosa (Repsol Honda Team) si confermano gli ultimi due in grado di
correre sotto la barriera dell’1’31, anche se questa volta è il tedesco a precedere lo spagnolo.
Parlando di spagnoli, si allarga la loro presenza
nella top6 perché oltre al sempre presente Alvaro
Bautista (GO&FUN Gresini) contiamo anche con
l’ottima prestazione di Pol Espargaro (Monster
Yamaha Tech3) che dal day1 a oggi ha migliorato il proprio crono personale di ben 1.6 secondi,
risultando già l’ottavo più veloce in generale. Tra
i piloti Ducati sorride Andrea Iannone, nono e più
rapido di entrambi i piloti ufficiali con Dovizioso a
2 decimi e Cal Crutchlow a 3. Davanti al duo ufficiale anche Aleix Espargaro con la Yamaha FTR
del team Forward Racing. Nicky Hayden, sulla
Honda PR, il miglior giro in 1’32”123.
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Test MotoGP
I verdetti di Valencia
Honda: Più avanti per il 2014
di Giovanni Zamagni | Cosa hanno detto i tre giorni che hanno aperto
ufficialmente la stagione 2014? Ecco l’analisi di quanto successo in
Spagna. La MotoGP tornerà in pista a febbraio, in Malesia
E’
razione.
sempre difficile valutare i test, ma
dopo i tre giorni di Valencia, che hanno dato il via ufficiale alla stagione
2014, è giusto fare qualche conside-
Marquez: Per nulla appagato
La prima posizione ottenuta da Marc Marquez
è tutt’altro che banale e scontata, perché dopo
aver conquistato un titolo della MotoGP, a soli 20
anni e 266 giorni, puoi anche sentirti appagato,
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non avere tutta questa voglia di salire in moto e
spingere al massimo, come se niente fosse. Ma il
bambino prodigio si diverte a fare quello che fa e,
soprattutto, ha una voglia continua di imparare,
di migliorare, di crescere e far diventare ancora
più competitiva una Honda con pochissimi difetti
e tantissimi pregi. Ottenuto – giustamente – il lunedì libero, da martedì Marc si è rimesso a lavorare a testa bassa, come se nulla fosse successo
appena 48 ore prima: Marquez è un campione
anche in questo.
Per quanto si è visto a Valencia, il primo prototipo della RCV2014 sembra più avanti del primo
prototipo della M1. In Yamaha hanno cercato soprattutto di migliorare la stabilità in frenata e il
consumo di benzina, punto cruciale per il 2014,
quando il serbatoio passerà da 21 a 20 litri. «Piccoli passi in avanti, per febbraio, però, mi aspetto grandi cambiamenti» ha sottolineato Jorge
Lorenzo, che chiede alla Yamaha uno sforzo superiore a quello fatto fino adesso. Anche perché
al box Honda si sono già viste due evoluzioni della RC123V per il prossimo anno: una identica a
quella già a provata a Misano e una modificata in
più parametri, tra cui, in maniera evidente, nella
“bocca” dell’air box e considerata da Marquez
migliorativa della precedente. «L’obiettivo è ottimizzare il comportamento della moto a centro
curva» ha sottolineato Shuehi Nakamoto, che ha
anche fatto sapere, chiaramente, di «non essere
minimamente interessato a una categoria dove
non si possano sviluppare i congegni elettronici»
MotoGP
e di «essere assolutamente contrario a un eventuale limite di peso pilota+moto» come avviene
in Moto2 e Moto3. Dichiarazioni “pesanti” per il
futuro della MotoGP.
Rossi: Nuovi avversari
Dopo un primo giorno positivo, Valentino Rossi
ha chiuso i test senza entusiasmare, con tante
difficoltà di messa a punto. Siamo solo all’inizio
del rapporto con il capo tecnico Silvano Galbusera ed è naturale che ci voglia un minimo di
adattamento, ma i risultati di alcuni avversari
devono preoccupare il campione di Tavullia. Al di
là di Bradley Smith, che ha chiuso il terzo giorno con un sorprendente secondo tempo («non
me lo aspettavo nemmeno io» ha commentato
il pilota del team Tech3), ma realisticamente,
perlomeno al momento, difficilmente in grado di
stare davanti, i due fratelli Espargaro – Pol con la
Yamaha che fu di Crutchlow, Aleix con la “Open”,
quindi con software Magneti Marelli, ma 24 litri
di benzina, 12 motori e la gomma extra morbida
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– potrebbero, in qualche occasione, diventare
pericolosi. Per il 2014, l’obiettivo di Rossi è stare
con “quei tre là”, ma Valencia ha confermato che
sarà tutt’altro che facile.
Ducati: Tutta da rifare
Il debutto di Cal Crutchlow sulla Ducati ha confermato quanto si sapeva da tempo: la Desmosedici deve essere rifatta completamente. Se ne
saranno persuasi – finalmente – anche i vertici
della piramide della Casa di Borgo Panigale, chi
era ancora convinto che la colpa fosse soprattutto – per non dire esclusivamente – dei piloti e
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MotoGP
che con Crutchlow sarebbe subito stato fatto un
netto passo in avanti. Non è così. «Abbiamo provato a rivoltare la moto come un calzino, ma non
abbiamo ottenuto alcun miglioramento; anzi, la
GP13 è perfino peggiorata» ha commentato con
la solita ironia Cal, che ha evidenziato gli stessi
problemi già denunciati da Rossi, Hayden e Dovizioso. «Ci vogliono più di sei mesi per costruire
da zero una nuova moto e un paio d’anni per tornare ai vertici» ha detto il neo direttore generale
Gigi Dall’Igna, che ha messo in mostra idee chiare e personalità. Ma il futuro prossimo si annuncia ancora una volta piuttosto difficile.
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Le foto più
spettacolari del
GP di Valencia
L’ultimo GP della stagione, quello che ha segnato
il primo titolo in MotoGP di Marc Marquez. Ecco
gli scatti più emozionanti del Gran Premio della
comunità valenciana
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Media
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Superbike
Ducati presenta la
squadra corse per il 2014
Marinelli viene confermato Direttore del Progetto SBK, Serafino Foti
ricoprirà il ruolo di Team Manager e Paolo Ciabatti Direttore Sportivo.
Il Team dipenderà direttamente dall’ingegner Luigi Dall’Igna
D
opo aver annunciato i due piloti ufficiali Chaz Davies e Davide Giugliano,
Ducati ha definito anche la struttura
operativa che scenderà in pista nella prossima stagione, pronta a confrontarsi nel
Campionato Mondiale Superbike 2014 con la Ducati 1199 Panigale. La squadra si chiamerà Ducati Superbike Team e sarà gestita direttamente
dal reparto corse di Borgo Panigale che potrà
contare sulla collaborazione di Feelracing, la
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stessa struttura con cui Ducati ha gestito il proprio impegno in SBK nel recente passato, ottenendo molti successi nel campionato per le moto
derivate dalla serie. Il Ducati Superbike Team
dipenderà direttamente dal Direttore Generale
di Ducati Corse, Ing. Luigi Dall’Igna, al quale si
affianca Paolo Ciabatti come Direttore Sportivo.
L’Ing. Ernesto Marinelli viene confermato Direttore del Progetto SBK Ducati, mentre Serafino
Foti ricoprirà il ruolo di Team Manager.
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Superbike
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Eugene Laverty
Con Crescent Suzuki nel 2014
Crescent Suzuki ha annunciato la firma con Eugene Laverty per la
prossima stagione. Anche William Dunlop con Suzuki al fianco di
Guy Martin nel team Tyco
L
averty, protagonista di un buon finale di stagione pensa già all’inizio della
prossima, quando inizierà una nuova
avventura con il teal Suzuki. Il pilota irlandese si unirà da subito alla squadra e già in occasione dei ter di Jerez il 25 e 26 novembre salirà
in sella alla Suzuki GSX-R. La squadra Crescent
Suzuki sta puntando in alto con un piano di sviluppo aggressivo per la GSX - R1000 Superbike,
al fine di aumentare ulteriormente il suo livello
agonistico nel 2014.
Eugene Laverty
«Sono felice far parte del Team Crescent Suzuki. Proverò la GSX- R1000 per la prima volta alla
fine di questo mese per capire meglio il nostro
potenziale. Sono davvero impaziente di scoprire
quello che posso fare con questa moto. Grazie a
Paul Denning e a Suzuki per aver creduto in me
. Darò il massimo per portare Suzuki sul gradino
più alto del podio!»
Paul Denning - Team Manager
«E’ una prospettiva entusiasmante per il team
Crescent Suzuki di esserci assicurati un pilota
del calibro di Eugene. Durante questa stagione
ha regolarmente dato prova di essere sempre
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determinato e di avere le capacità e la tecnica
per garantire risultati eccellenti. Eugene porta
a un diverso livello le aspettative della squadra,
ora tocca a noi metterlo nelle migliori condizioni
per fare il suo lavoro. Abbiamo fatto grandi passi
in questa stagione con la GSX- R , e con ulteriori sviluppi previsti per il 2014 sono convinto che
Eugene sarà in grado di ottenere il massimo potenziale dalla Suzuki».
William Dunlop con il team Tyco
Le novità Suzuki non sono finite, passando alle
road race, Tyco Suzuki ha firmato con il pilota irlandeseWilliam Dunlop che Sarà quindi il compagno di squadra di Guy Martin per la North West
200, il TT all’isola di Man e l’Ulster Grand Prix.
Parteciperà anche in una serie di gare nazionali
su strada e sarà partner di Martin nella Southern
100 nel mese di luglio.
William Dunlop
«So quanto sia veloce la Suzuki GSX – R600, l’ho
visto seguendo Guy Martin quest’anno alla Southern 100 ed i suoi risultati in Superbike nel Gran
Premio dell’Ulster parlano da soli. Non vedo l’ora
di iniziare».
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in gara, l’unica situazione che non avevo previsto
era quella che si è verificata. Ma appena Michael
ha passato Johnson ho capito che dovevo stargli
attaccato. Sono passato anch’io nello stesso giro
e ho lavorato per andare via - avrei preferito dietro a Michael per qualche giro in più, ad essere
onesto, ma alla fine è stato meglio così. Ho preso
la testa e ho provato a forzare, ma non credevo
che sarei riuscito ad allungare così tanto, penso
che abbia avuto un po’ di sfortuna con i doppiaggi» Rutter è stato preso in contropiede dalla fine
anticipata della gara, causata dalla caduta di
Harrison la cui Kawasaki è rimasta in traiettoria.
Il britannico non ha potuto quindi provare a conquistare la nona vittoria a Macau, dovendosi così
arrendere a Hutchinson. Soddisfazione per Gary
Johnson, per la prima volta sul podio dopo un avvio di gara molto brillante che gli ha permesso di
battere McGuinness. Ottima anche la prestazione di Lee Johnston, nono e miglior debuttante in
gara. Guarda la classifica completa
GP Macau
Trionfo di Hutchinson
di Edoardo Licciardello | Il rientrante trentaquattrenne inglese
conquista una splendida vittoria al Guia con la sua Yamaha del
team Milwaukee. Gara interrotta anzitempo per incidente
N
on sono bastati 18 mesi di inattività per far perdere smalto a Ian
Hutchinson: Ian, già capace ieri di
scalzare l’ultrafavorito Michael Rutter dalla pole position, anche in gara ha corso da
leone dando spettacolo. Solo quarto all’avvio,
Hutchinson si è rapidamente liberato di McGuinness e Johnson per poi mettere nel mirino
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Michael Rutter e passarlo rapidamente, prendendo subito dopo un piccolo vantaggio mantenuto
fino al traguardo. «E’ una delle vittorie più speciali
della mia carriera, con tutto quello che mi è successo - adesso spero di poter riprendere da dove
avevo lasciato tre anni fa» ha detto Hutchinson.
«Avevo studiato almeno una decina di piani per
qualunque eventualità mi si potesse presentare
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Capo Redattore
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Redazione
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Maurizio Tanca
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Marco Berti
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Aimone dal Pozzo
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Collaboratori
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Massimo Clarke
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Alfonso Rago
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